ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI * STORIA PATRIA VOLUME XXXVII GENOVA NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ PALAZZO BIANCO MCMV ■ . ■ . EMILIO PANDI ANI UN ANNO DI STORIA GENOVESE (Giugno 1506 — 1507) CON DIARIO E DOCUMENTI INEDITI GENOVA R. STABILIMENTO TIPOGRAFICO L. SAMBOLINÒ e FIGLIO Piazza S. Bernardo, N. 1. MCMV Proprietà Letteraria Estratto dagli Alti della Serietà Ligure di Storia Patria, Voi. XXXVII. AI MIEI CARI GENITORI CHE MI OFFRONO MIRABILE ESEMPIO DI OPEROSITÀ ο 0-0- QJ~l CL£1£LΟ -QJH O-Ω, o o ο,γχ ri_o. oo. o„o. ο. ο η_ο. ο_η η_η. ο .η η ο ο..η ο_ο._ο_η, η_ο η_η n_n.»j =:553Ρϊι?·5Β5 JjjUPiiaaPPi igraa Jg^gifacùac^ab^aft j5Kic,g i o < · ■ ’ - ο o ο <_» Ό u o (. )’ ό o ‘o o ù u oo ο ~o αυυ o cru cJXf ο υ ο ο ο o tjt'xj' ό~ο ο o o~o é $ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ φ ίζχ/ Lettore Studiando gli Annali di Bartolomeo Senarega (') prepararne una nuova edizione (2), avvertii che quell' ottimo, cronista, sempre chiaro, preciso ed equanime nell'esposizione deijatti, giunto al 1506, alla descrizione cioè dei torbidipopo-lai'i che per un anno intero tennero Genova agitata, sia che Γargomento fosse troppo denso di fatti, 0 che egli, come accenna nel suo scritto, per carità di patria ne parlasse a malincuore (3), non si trattiene a lungo su quegli avvenimenti pur tanto importanti e li descrive con fretta studiata. Gli è perciò, che per avere più ampie notizie, mi rivolsi alle carte dell'Archivio diStato, e. conosciuta l'esistenza d'un Diario manoscritto che riguardava per l'appunto codesto turbinoso periodo ( '), lo esaminai e mi (1) Commentarium de rebus genuensibus, ab a. i48S ad. a. i5i4, in L. A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, Tomo XXIV. (2) Nuova edizione dei RR. 11. SS. a cura di Vittorio Fiorini. (3) B. Senarega, op. cit., col. 581, dice: « Sed quam vellem sine culpa « gesta istorum temporum liceret sine annotatione praeterire ! ». (4) Questo diario è citato da A. Manno in Bibliografia storica degli stati della monarchia di Savoia, Voi. VI, pag. 95, n. 22622. su accorsi della sua g rande importanza ; poie he ]iu pagine, pur essendo scritte in rozzo italiano , rispecchiano fedelmente e chiaramente il confuso agitarsi di quei Uni pi. Della veridicità, dei fatti narrati nel Diario, vii sono accertato ricorrendo alla pura fonte ι/ti documenti ed ho tratto da questi tale copia di notizie da poter riempire le lacune lasciate dall'anonimo diarista e raccogliere altri particolari, sulle fortunose vicende di questo pe i lodo. Mi parve quindi non inutile fatica illustrare quell anno di storia genovese, pur avendo come guida il Diano, che presento insieme col mio lavoro, facendolo precedere da un cenno critico e seguire dai documenti che mi panerò più importanti. Nel porre termine a questa breve introduzione credo mio dovere di rivolgere i più vivi ringraziamenti al nostro Presidente Marchese Cesare Imperiale di S. Angelo, ed al Consiglio Direttivo che aderirono con squisita gentilezza a che venisse pubblicato negli Atti della Società questo mio lavoro a di attcstare la mia riconoscano al prof. Achille Neri pei saggi consigli datimi nel corso dell'opera. Genova, io aprile 1903. Emilio Pandiani CAPITOLO PRIMO La sollevazione popolare SOMMARIO Discordie tra nobili e popolari — Violenze dei nobili — Primi torbidi — Sommossa popolare e concessione della legge dei « due terzi » — Fuga di G. L. Fieschi — Elezione dei naovi Anziani e dei « pacificatori » — Il Fieschi ed i nobili nuovamente cacciati dalla città. — Ambascerie a Luigi XII, a Filippo di Clevcs e a Carlo di Cbaumont — Seconda ambasceria al Cleves in Asti — Il Clevcs arriva a Genova — Il Fieschi rientra in città — Sollevazione della plebe e terza cacciata del Fieschi — Si eleggono i nuovi Anziani — Politica del Cleves — Consiglio in S. Maria di Castello - Popolo grasso e popolo minuto — La Riviera di Levante tolta al Fieschi — Alfonso del Carretto riacquista il Finale — Ferdinando il Cattolico a Genova e a Pot tofmo — La plebe potente e prepotente — Riforme nelle elezioni c adunanza del 16 ottobre — Il Re di Francia esige la restituzione della Riviera di Levante — Elezione di otto tribuni — Il Cleves abbandona Genova — Editto contro i nobili — Ambascerie a Luigi XII e a papa Giulio II. — Nuove elezioni. Passa 1’ istoria , operatrice eterna , tela tessendo di sventure e glorie ; Carducci : Bicocca di S. Giacomo. ra appena cessata la peste che da due anni infieriva su Genova (1504-1505) e la città pareva ritornare alle pacifiche e lucrose occupazioni del commercio, quando un morbo assai peggiore scoppiò entro le sue mura. Le antiche discordie fra nobili e popolari, che hanno sempre formato la storia della vita interna di ogni grande città, si acuirono a tal punto in Genova da spingere la plebe a tumulti, a incendi, a saccheggi, e costringere infine il partito dei nobili a prendere la via deH’esilio. Discordie tra nobili e.popolari. Oneste dissensioni fra le due parti erano sorte da quando, per le migliorate condizioni economiche del popolo, alcune famiglie, essendosi acquistate per ricchezze accumulate, favore e potenza nella cerchia dei loro concittadini, incominciarono a gareggiare colle antiche famiglie nobili che allora tenevano il governo della città. Così tra i nobili ed i popolari ricchi erano nate acri invidie e forti inimicizie, che presto si mutarono in rivalità minacciose, in odi profondi. I nobili volevano mantenere il loro predominio sulle cose dello La sollevazione popolare 3 Stato, i popolari avere invece in esso una partecipazione più larga di quella che sino allora era stata ad essi consentita. In queste contese e in queste aspirazioni sono riposte le cause precipue delle civili discordie che tennero divisa per tanto tempo la città e la trassero quasi a rovina. Altre cagioni, sebbene di minore importanza, concorsero a rinfocolare le ire fra i due partiti. E, prima tra queste, credo debba essere stata la dominazione francese, a cui Genova soggiaceva dal 1499. I francesi inlatti, pei quali l'unico scopo della signoria era di smungere i loro sudditi, sia che ricavassero maggiori proventi, sia perchè, essendo retti nella loro patria da un regime aristocratico, si sentissero meglio disposti a favorire i nobili, certo è che permettevano a costoro di spadroneggiare. Gli offici civili divisi per metà tra popolari e nobili, erano in realtà retti da questi soltanto, perchè essendo più ricchi e più uniti, riuscivano facilmente a sopraffare gli altri e commettere soprusi e ingiustizie. I popolari, per contro, non potevano nè volevano tollerare d’essere inviliti e soperchiati, e instavano presso il governo francese che gli offici fossero divisi in tre parti: vale a dire che un terzo degli officiali pubblici fosse rappresentato dai nobili, un terzo dai mercanti e un terzo dagli artefici, e la loro insistenza appoggiavano su valide ragioni: 1. perchè essi erano in più gran numero dei nobili e pagavano tasse maggiori, 2. per la ragione storica, chè la città era stata governata lunghissimo o o tempo dai popolari, 3. perchè volevano che meglio si amministrasse la giustizia. 4 Anno l5o6 Violenze dei nobili. Non parlo di screzi per futili motivi, come quelli che avvennero per la processione del legno della Croce della famiglia Zaccaria, abbandonata per molti anni dai nobili e ripristinata dai popolari nel 1496, non senza contese tra crii uni e trii altri, nè delle controversie o O per questioni più gravi, come quella se si dovesse o no accettare la signoria di Pisa, sostenuta con gran calore dai popolari e combattuta aspramente dai nobili, i quali poi erano riusciti a spuntarla (‘); dirò invece (1) Queste cagioni di ostilità tra le due parti sono ampiamente esposte da: Bartolomeo Senarega, Commentarium Je rebus genuensibus ab a. i4SS ad a. /5/4, in 1.. A. Muratori, Rerum halicarum Scriptores, lomo XXIV, col. 581 e segg.; Agostino Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, illustrati con note da G. B. Spotorno, 3‘ Ediz., Voi. II pag. boy e segg.; in Jean d’Auton, Chroniques, avec des notes par Paul Jacob biblio-phile. Paris, Silvestre, i8J5, Voi. Ili, pag. 197 e segg. 11 Senarega e il Giustiniani aggiungono che i disordini furono fomentati da certi ricchi popolari i quali, dovendo sborsare grosse somme, speravano che, provocando qualche torbido, avrebbero potuto pagare di meno; dicono pure che papa Giulio II Della Rovere, savonese, dette esca alla sollevazione e lo vogliono provare col fatto che qualche mese innanzi che scoppiassero i torbidi genovesi, quei di Savona, essendosi recati a lagnarsi da lui, furono confortati a non crucciarsi, perchè tra poco Genova si sarebbe trovata in tali impicci da aver altri pensieri che di turbare il commercio dei savonesi. Ora, vero è che il Papa fu favorevole alla ribellione dei popolari contro i nobili; ma che fosse anche promotore dei disordini, non ci consta. Solo il cronista Alessandro Salvago, che fu an-ch1 esso contemporaneo agli avvenimenti e scrisse in francese una Cronaca di Genova che va dal 1100 al 1507 edita da Cornelio Desimoni in Atti della Società Ligure di Storia Patria, Voi. XIII, pag. 340 e segg., discorda dagli altri ed accusa i popolari di avere colla loro tracotanza olTeso i nobili ai quali si rifiutarono persino di pagare i debiti, e si scaglia contro coloro che, scrivendo la storia di quel periodo, sostennero essere la sommossa stata causata dai nobili. Ma è troppo evidente la sua partigianeria per la fazione nobilesca, La sollevazione popolare 5 che esasperava soprammodo gli animi dei popolari la petulanza di alcuni giovani nobili che avevano formato una società detta « la compagnia de lagno » perchè teneva nascosto sotto la veste un sottile pugnale, fatto venire appositamente da Milano e sul cui manico era inciso il motto: « castiga villani ». Costoro si divertivano a insolentire i popolari, a chiamarli villani e montanari, a maltrattarli e talvolta anche a ferirli ('■); che più ? il 20 giugno osarono, sulla piazza stessa di Banchi, il luogo più affollato e più centrale di Genova, alzar le mani e percuotere due popolari che avevano loro chiesto la restituzione di certe somme. I cittadini presenti, indignati, se ne risentirono; si chiusero le botteghe e si fu sul punto di dare di piglio alle armi; ma 1’ intervento del podestà Obertino Solaro e di altri uomini probi ed onesti, riuscì a calmare gli animi (2). da prestar fedo alle sue asserzioni. È pur vero che i cronisti popolari potrebbero lasciar adito al dubbio sulla veridicità dei loro asserti ; ma quando abbiamo la testimonianza di Jean d’Auton, cronista di Luigi XII e quindi per nulla affatto propenso a favorire i popolari, la quale conferma che la spinta al moto rivoluzionario venne data dai nobili, gli si può credere senza esitanza. (1) Vedi Senarega, op. cit., col. 582; Giustiniani, op. cit., pag. 6io; Jean d1 Auton, op. cit., pag. 201; Michel Giuseppe Canale, Nuova istoria della Repubblica di Genova, Firenze, Le Monnier, Voi. IV, pag. 3o6 e Diario pubblicato in Appendice. (2) Il fatto, secondo il Senarega, loc. cit. (e dopo lui il Giustiniani ed il Canale loc. cit.) sarebbe accaduto il 18 giugno; ma il Diario afferma che esso avvenne il 20 giugno e ciò è confermato dalle istruzioni agli ambasciatori inviati più tardi al re, al governatore di Genova ed a quello di Milano, vedi in Appendice, I)oc. VII. Il Senarega inoltre e con lui altri cronisti parlano di una sola questione sorta in quel giorno fra un notaio (Manuele Canale) ed un nobile di cui non si dice il nome, mentre il Diario accenna a due litigi: il primo tra il notaio 6 Anno ΐ5θ6 Un altro sfiorilo il figlio di Domenico Neerone tentò di o o o possedere la sposa del notaio Bernardo Raggio, poi, temendo la giusta pena, fuggì di città, ma vi ritornò indi a poco, e, venuto a parole con Peregro Leonardi popolare, lo stese morto. L’azione per se stessa già grave, divenne gravissima coll’ insulto fatto alla Corte, la quale, recatasi all’abitazione di lui « per fare qualche demonstratione de tanto excesso », la trovò custodita da altri nobili che le impedirono di entrare, gridando che non era permesso l’accedere in casa di nobili e che sarebbe incolto male a chi avesse osato varcarne la soglia ('). Altre violenze si aggiunsero alle Giuseppe Dernice e Martino Spinola di Luccoli, il secondo tra Manuele Canale ed il figlio di Stefano Cigala. Il d’Auton, op. c/i., Voi. Ili, pag. 201, confuse i due avvenimenti, facendo questionare Manuele Canale con Martino Spinola. E d’ uopo ricordare che nello stesso giorno, 20 giugno, il governatore di Genova, Filippo di Cleves, che si trovava allora alla corte di Francia, scriveva che « vedando che da alchuni iorni in qua sia eresiato in la cita una grande « licentia et presumptione de baterse l’uno cum l’atro de pugni, mascate et « percusione de diversa natura e portarsi arme de che ne segue grandi in· « convenienti » etc. etc., dava ampia libertà al Magnifico Messere Obertino de Solario, podestà di Genova, di far imprigionare e giustiziarei delinquenti. (Archivio di Stato in Genova Litterarum Reg. 47., lettera n. <)3). Quale differenza dall1 ordine dato cinque giorni avanti ( 15 giugno) a tutti i capitani, vicari, podestà, rettori, officiali ed università della Liguria di fare per tre dì consecutivi « fallodi e fochi in publico, sonar campane, fare processione de « religiosi accompagniate de voi cum tuti li homini de vostri lochi etc. etc. « pel mariagio novamenti concluso tra la Ser"’ Madonna Claudia figlia di « Luigi XII e MI” Mons.de Angouleme delfino de Franza »! (Archivio di Stato in Genova, Litterarum Reg. 46, lettera n. 191). (1) II fatto, narrato dal d’Auton,op. c/i.,Voi. Ili, pag. 202,6confermato e meglio lumeggiato nelle istruzioni all’ambasciatore diretto al re di Francia. Vedi in Appendice, Doc. VII. La sollevazione popolare / già accennate. Essendo stato cacciato da Genova per le continue spavalderie un certo numero di nobili, Obertino Solaro voleva proporre, (come si faceva sempre) che si dessero premi a chi svelasse i nomi di quelli che non avessero obbedito all’ ingiunzione del bando, correndo voce che alcuni fossero stati visti di notte per le vie della città. Ora il senato non soltanto non approvò tale proposta, ma respinse pure la domanda dei popolari che venisse informato il re di ciò che accadeva in Genova, coonestando la decisione presa, col pretesto che si dovesse attendere che cessasse ogni clamore prima di accusare qualcuno dinanzi al re ('). Allora il popolo scelse dodici capitani che sostenessero le sue ragioni dinanzi al luogotenente ed agli Anziani, ma i nobili opposero ad essi quattro deputati che provvedessero allo stato presente di cose, ed altri che preparassero armi e raccogliessero fanti (2). In tal modo il fermento cresceva di giorno in giorno e un fatto, che in sè non aveva eccessiva gravità, diede origine ad un secondo e più grave tumulto. (1) Bart. Senarega, op. cit., col. 583; Giustiniani, op. cit., pag. 611. (2) Diario, 27 giugno. In un « Memoriale de le cose accadute m lasu-blevacione de li populi de Genes » indirizzato dai nobili a Luigi XII (pubblicato da Leon G. Pélismer, Documents pour l’histoire de Vétablissement de la domination frangaise a Ge’nes. Atti Soc. Ligure di St. Pat., Voi. XXIV, pag. 534 e segg.) e di cui ci occuperemo più a lungo a suo tempo, si afferma che il luogotenente Roccabertìno consigliò i popolari di ridurre a quattro i dodici officiali della plebe. 8 Anno l5o6 Primi torbidi. Il 6 luglio un nobile, Bartolomeo Fieschi, contrattando in piazza S. Lorenzo un canestro di funghi con un contadino (l) di Val di Polcevera e non accordandosi con lui sul prezzo, si mise a dirgli le più crudeli villanie ed osò dargli « della mano sul viso ». Alle grida del percosso, accorse un suo parente, il macellaio Giacomo Ghiglione, e vivacemente rampognò 1' atto inurbano del Fieschi. Nel fervore della disputa, ecco sopraggiungere Gian Giorgio Fieschi ed assalire con un pugnale il Ghiglione, il quale, alla vista del ferro, si scansò e si mise a correre per il vico del Filo gridando : « arme, arme » ; giunto in capo ad esso, essendo riuscito ad afferrare un coltellaccio, lo brandì e si rivolse contro il patrizio che lo inseguiva da presso, costringendolo a ritornare indietro e a cercare rifugio in S. Lorenzo. Al fatto la città levossi a rumore; molti artigiani impugnarono le armi e i Fieschi avrebbero corso un serio pericolo, se la presenza, l’autorità e la parola del luogo-tenente Filippo Roccabertino non avessero persuasa la folla a non trascendere ad atti criminosi (2). Il Luogo· (1) In verità il Diario (6 luglio) dice che era una contadina, ma è il solo; gli altri cronisti parlano d1 un uomo, e ciò è confermato da un documento d’archivio (vedi istruzioni accennate) che dice: « uno chi vendeva fructi ». (2) Nei giorni che precedettero questi avvenimenti egli nontrovavasi in città; erasi recato ad Acqui per curarsi ed è perciò che vedemmo il podestà agire in vece di lui nella prima sommossa. L’episodio,'che abbiamo teste descritto, viene accennato da tutti i cronisti e narrato per esteso dal Diario (ò luglio). Il d’Auton (op. cit.. Tomo III, pag. 204-205) espone il fatto con una confusione grande di nomi e di date : egli fa risalire Γ avvenimento al 15 giugno; dice che il compratore era Visconte d’ Oria (quegli che venne ucciso più tardi La sollevazione popolare 0 tenente Roccabertino, spagnuolo d’origine,erastato paggio alla cortedi LuigiXI ed aveva seguito Carlo Vili nelle sue. imprese in Italia. Mandato poi a reggere Piacenza era indi passato a Genova come luogotenente del governatore Filippo di Cleves di Ravenstein, succedendo a Giacomo di Fonchexoles mortovi di peste nel i5°5 ( )· ^ Roccabertino, che per le sue doti di mente e di cuore si era accaparrato in brevissimo tempo le simpatie dei genovesi, vista la gravità dei fatti, capì che non si doveva attendere un solo istante ad agire risolutamente : pose subito in bando il Fieschi ed il Ghiglione e convocò un consiglio di sessanta tra i più influenti cittadini, scelti da ogni ceto, per vedere di comporre il dissidio (2). nella sollevazione del 19 luglio), che il fatto è accaduto nella piazza d Oria anziché a S. Lorenzo e che il Ghiglione, avendo contrattato prima del d Oria Γ acquisto dei funghi, voleva portarseli a casa, menare il d Oria li voleva per sé e che, insorta lite fra i due, si passò repentinamente ai fatti ed il Ghiglione stesso eccitò e diresse il popolo alla sommossa. Ma cronisti e documenti d1 archivio (istruz. citata) concordano nella versione accennata e nella affermazione che la sommossa scoppiò, non in quel giorno, ma il 18 luglio. (1) Bart. Senarega, op. cit., col. 58i. (2) È da avvertire che, mentre avvenivano queste cose, giungeva in Genova una lettera data da Tours il q luglio, in cui il re Lui i XII dichiarava di avere avute notizie dei rumori e novità accaduti in citta e che ciò gli era stato molesto « non desiderando al mondo cossa alchuna più che « la quiete e tranquillità de quelli chi li erano sottoposti » ; ma avendo poi saputo che la città aveva ripreso il suo solito aspetto, li esorta- a soltanto a vivere tranquilli. I Genovesi risposero (16 luglio) con grandi protesse di devozione e di obbedienza (Archivio ni Stato di Genova, Litterarum Reg. 47, lettera n. 111). A questo stato di cose accenna il Senarega quando scrive: « Ferunt Regem ad primum nuntium novùatis exorta graviter fuisse commo-« tum sed Rochabertini, Pacificat or a mque litteris lenitur » op.cit.. coi. 585. 10 Anno l5of) Sommossa popolare - concessione della legge dei « due terzi ». Il mezzo più efficace sarebbe stato di annuire alle domande dei popolari riguardo agli offici, ma il Senarega dice che il consiglio si tenne sulle senerali e nessuno o o oso parlare sull’ argomento. I nobili naturalmente non fiatarono, i popolari, non si sa perchè, attendevano che altri, fuori del loro partito, presentasse la proposta ; così tutto si risolse in vane ciance. Ma qui è d’uopo avvertire che v’ erano già molti del popolo pei quali anche 1 approvazione di questa nuova legge era passata in seconda linea, poiché avevano fermamente deciso di insorgere ad ogni costo, per mutare lo stato delle cose. È perciò facile ad immaginarsi che, appena si riseppe (iì> luglio) non essersi concluso nulla di positivo nel consiglio, la plebe, incitata dai suoi capi, Manuele Canale e Paolo Battista Giustiniani, andò gridando per le vie della città : « Francia, viva il popolo » e quella che in principio non aveva che l’apparenza di una semplice dimostrazione, si mutò ben tosto in sommossa. I popolari armati corsero in lungo e in largo la città e, nella piazza dei d’Oria, a S. Matteo, vedendosi beffeggiati da alcuni che dicevano loro di sembrare una compagnia di « battuti », stesero morto Visconte d’Oria e ferirono Agostino d’ Oria entrambi pacifici ed onesti cittadini ('). In questo mezzo scendeva dal suo palazzo (i) Senarega, op. citcol. 584; Giustinani, op. cit., pag. 615; il d’Auton, op. cit., pag. 205. aggiunge ai nomi dei due agitatori della plebe anche quello di Hricio Giustiniano. Il Diario narra un po’ diversamente il fatto, afferma che mentre i dodici capi erano « in palacio per poner qualche termine amicàbil- La sollevazione popolare 11 di via Lata Gian Luigi Fieschi per domare colla forza la sollevazione, ma si trovò impotente dinanzi alla folla minacciosa. Il regio luogotenente Roccabertino, poiché vide che il rumore era grande e non accennava a sedarsi, uscì per le vie solo, inerme, con un bastoncello in mano ed affrontò la moltitudine agitata cercando di persuaderla a deporre le armi. I popolari gli risposero che avrebbero obbedito quando fossero loro concessi i due terzi dei seggi in tutti gli uffici del comune. Egli, vedendo che cadeva la notte e temendo maggiori scandali e pericoli, impensierito dalle loro clamorose istanze, disse di riconoscere equa la domanda e promise che avrebbe accordato ciò che desideravano. 1 due cancellieri del comune, Bartolomeo Senarega e Raffaele Ponzone, compilarono in tutta fretta sulla piazza del Palazzo il proclama, in cui si dava solenne promessa di acconsentire ai desideri dei popolari ; essi stessi andarono a leggerlo per la città, indicendo pel»mattino seguente una pubblica adunanza per discutere la proposta (‘). I più assennati si tennero contenti della notizia e si ritirarono nelle loro case; ma il popolo minuto e Γ infima plebe, col favore delle tenebre, si diedero al più barbaro e completo saccheggio « mente dal populo alli Gentil Homini, Mons. Giov. Aloise da Fiesco vene in « palacio con homini ducento con le arme indosso » ed allora era corsa per la terra la voce che « Io populo era venduto a palacio » e da ciò la sollevazione. Ma questa affermazione appare partigiana quando si consideri che gli altri cronisti dello stesso partito popolare, dicono chiaramente che la sollevazione fu voluta dalla plebe. (i) Vedi Appendice, Documento I. 12 Anno ΐ5θ6 di molte case patrizie ('), sicché parecchi nobili fuiono costretti a lasciare in gran fretta la città e ritirarsi nelle ville e nei castelli che avevano nei dintorni di Genova, altri invece si rifugiarono nella ricca e ben munita dimora dei Fieschi in via Lata (2). Fuga di G. L. Fieschi - Elezione dei nuovi Anziani e dei « pacificatori ». Coll’alba del 19 luglio la plebe cessò di manomettere e di rubare e, coi popolari, convenne a Palazzo; ma essendo corsa voce che Gian Luigi Fieschi « comminava gente » nella sua abitazione, gli vollero imporre di recarsi tosto a Palazzo, e con poca scorta, altrimenti uscisse senza indugio dalla città. 11 Fieschi fece rispondere che vi sarebbe venuto, accompagnato da quattrocento uomini come guardia della sua persona. Allora la folla impaziente ed irosa si diresse al borgo di S. Stefano ed a via Lata per far pagar cara al Fieschi la sua tracotanza; ma egli nel frattempo abbandonava coi suoi partigiani la città, lasciando ben munita la porta dell'Arco, per proteggere la sua fuga. 1 popolari sopraggiunti si azzuffarono colle guardie del Fieschi e riuscirono ad occupare la porta ; vi furono feriti da ambe le parti e un morto, certo Cambialanza che era tra le guardie (!); indi tutta quella moltitudine 1 II Diario dì una lista delle case saccheggiate (18 luglio), ma sono poche in confronto alle cinquanta e più che i nobili affermarono essere state saccheggiate in quella occasione, (cfr. Memoriale etc. pubbl. da L. G. Pelissier· (2) Intorno al palazzo dei Fieschi in via Lata, cfr. Belgrano, Vitaprivata dii genovesi, pag. 23 e J. d’Auton, op. cit., Tom. II, pag. 221. (3) Cfr. Diario, 19 luglio. .La sollevazione popolare lei armata ritornò a Palazzo per eleggere i nuovi Anziani, secondo la legge promessa dal luogotenente Rocca-bertino. Questi aperse la seduta raccomandando ai cittadini di conservarsi fedeli al re e dicendo che era sicuro della loro devozione, dacché il giorno innanzi, percorrendo da solo le vie della città, aveva udito gridare da tutti « viva il re »; per rispetto 3-gli uffici, trovava giusto che si dessero due terzi dei seggi ai popolari ed un terzo ai nobili; vedessero poi essi se non fosse meglio aggiungere agli Anziani, che erano già in carica, tanti popolari quanti occorressero, o mutarli del tutto. Apertasi la discussione e interrogato \ incenzo Sauli del suo parere, questi prima rivolse parole di lode al re e di encomio al luogotenente per la condotta da lui tenuta durante il tumulto, indi espose in succinto le ragioni che credeva favorevoli a concedere ai popolari due terzi degli offici ; si dichiarò per la pronta elezione di nuovi Anziani e propose si eleggessero anche nove o dodici popolari chiamati pacificatori per 1 incarico che avevano di pacificare gli animi. Esortò infine che si facessero tridui, si celebrassero messe nei monasteri, si invocasse dagli uomini pii la clemenza di Dio e si distribuissero cinquecento ducati di elemosina ai poveri per propiziarsi il cielo. Approvate con acclamazioni e voci di giubilo le fatte proposte, Roccabertino si alzò di nuovo per dichiarare che egli rimetteva ogni pena e perdonava a tutti coloro che in quegli ultimi giorni si fossero levati in armi e fosse- U Anno l5o6 ro trascorsi ad atti di violenza ('). Indi con gli Anziani che stavano per scadere (2), procedette alla elezione dei nuovi che furono : Gio. Batta de Franchi Cocarello priore, Paolo Battista Giustiniani, Battista di Rapallo, Pietro Sauli, Bernardo Casella, Agostino de Ferrari, Donato di Marco, Bartolomeo Soffia, Francesco Cattaneo, Luchino de Marini, Angelo Centurione, Agostino Fornellino di Battista I nuovi Anziani montati a cavallo, andarono in compagnia del luogotenente per le vie della città seguiti dal popolo armato e, tra esso, si notavano circa seicento uomini di Sestri e di Val di Pol-cevera, accorsi in Genova al primo cenno della sollevazione per dare man forte al partito popolare. Giunti alla porta di S. Tommaso, gli Anziani congedarono i Sestresi ed i Poi ce ve raschi, tranne duecento che stabilirono di tenere a stipendio; poscia, tornati a Palazzo, mandarono una grida che ognuno deponesse le armi e « in manco di un’hora » dice l’anonimo del diario, (1) Diversorum Reg. 170, 19 luglio 15o6. Tutti i documenti da me raccolti e presentati in questo lavoro vennero tratti dalle carte dell’ARCHivio di Stato in Genova. Credo quindi inutile, dopo questa dichiarazione, di segnare ancora acconto ad ogni documento il luogo dove esso si trovi. (2) Non tutti gli Anziani « di vecchio » (come si diceva allora), parteciparono a codeste elezioni, che parte dei nobili non osò presentarsi; i votanti furono : Manfredo de Fornari, Gregorio de Marineto, Peregro di Goano, Stefano 1 aravagna, Oberto di Nazario, Stefano Testerà,Gerolamod'Oria,Benedetto Pinelli. Cfr. Diversorum Reg. 170. - 19 luglio i5o6. (3) Come gli Anziani, così tutti gli altri offici vennero di mano in mano mutati, giusta la decisione presa. II 3i luglio, ad esempio, troviamo eletti a officiali della Mercanzia, due mercanti, due artefici, due nobili; così pure, secondo il nuo\o provvedimento viene creato (15 agosto) il nuovo officio di Pisa. Cfr. Diversorum Reg. 171. La sollevazione popolare 15 « hanno desmisse tutte l’arme » e provvidero alla elezione dei dodici pacificatori, che furono : Cipriano de Mari, Domenico de Marini, Teramo di Ballano, Gerolamo di Facio, l·rancesco Saivago, Antonio Sauli, Gaspare di Goano, Agostino Pelavicino, Stefano Giustiniani (di Moneglia) Gio. Batta di Davagna, Giorgio di Zoagli, Agostino Foglietta ('). La giornata ebbe lieto termine, essendo ritornati in citta, i nobili fuorusciti con Gian Luigi Fieschi, il quale però dovette venirvi con pochissima scorta, mentre i popolari continuavano a occupare la porta dell’ Arco. Il Fieschi ed i nobili nuovamente cacciati dalla cri γα. La mattina del lunedì 20 luglio 1506 Genova pareva tornata alla quiete ; si aprivano le botteghe e si esponevano le mercanzie; le vie, le piazze e il mercato frequentatissimi e molti nobili erano a Banchi a trattare i loro affari, quando incomincia a serpeggiare per la città un confuso sussurro, un incrociarsi di notizie inquie -tanti: chi dice essere giunte da Chiavari certe barche cariche d’ armi che vennero scaricate in Sarzano e portate alla dimora del Fieschi in via Lata, chi giura d aver visto in Castelletto Ambrogio Fieschi discorrere guardingo col castellano ; altri sostiene che in Bisagno era (1) Cfr. Diversorum Reg. 170, e Diario, 19 luglio. È d'uopo notare che il Diario mette al posto di Domenico de Marini, il nome di Acelino Cattaneo. 11 giorno dopo, 20 luglio, il governatore con alcuni dei senatori e dei dodici pacificatori, adunatisi nella cappella superiore del palazzo del comune, elessero Giorgio di Zoagli e Gerolamo di Fazio, massari del detto ufficio. Cfr. Diroso rum Reg. 171. »6 Anno i5o6 giunto Michele Animanegra insieme con un « cappellaccio » Adorno (') e che in via Lata si radunavano soldati. Di mano in mano cresceva l’ansia negli animi, la fantasia ingigantiva i fatti ed ecco darsi da ogni parte I allarme; ecco il popolo armato gridare per le vie : *- Lrancia, popolo e fuori i cappellacci ». Anche questa volta il luogotenente Roccabertino cercò di arrestare Γ impeto tumultuoso della folla, ma vedendo inutile ogni tentativo, ne seguì il cammino o anche fu trascinato da quel torrente precipitoso verso via Lata ed assistette alla tuga del hieschi e dei suoi partigiani, mentre il popolo s’impossessava delle loro case e le fortificava. II diario aggiunge che il popolo volle in quel giorno che molti uomini di Sestri, di Polcevera e di Bisagno, tenuti in prigione per debiti verso lo Stato, venissero liberati per avere i loro conterranei porto valido aiuto ai popolari. La plebe, ornai fatta padrona di Genova, vi commise saccheggi e prepotenze tali che gli Anziani presero consiglio di frenarne gli impeti, ingiungendo a tutti i cittadini di deporre le armi e invitandoli a maggior rispetto della roba altrui; e a ciò essi si adoperarono con tutte le forze, anche per mostrarsi non indegni del governo che era nelle loro mani (J). \ / i) « Cappellaccio » era chiamato in Genova chi apparteneva alle quattro famiglie popolari: Adorno. Fregoso, Guano, Montaldo, unite in consorteria politica poco dopo la metà del sec. XIV per opporsi, col favore popolare ull altra consorteria delle quattro fanvglie nobili: Spinola, boria, Grimaldi e l'ieschi. \edi: G. Rkzasco, Dizionario del linguaggio Italiano storico ed amministrativo, pag, 04. Ricordo però che anche tra le famiglie popolari esistevano due partiti, uno dei quali sosteneva gli Adorno, l’altro i Fregoso. (2) Ctr. Diario, 29 luglio. La data del Diario è però errala, mentre la La sollevazione- popolare 17 Ambascerie a Luigi XII, a Filippo di Cleves di Ravenstein e a Carlo di Ci-iaumont d’Amboise. Ma ora bisognava dar notizia al re ed alle autorità di Francia di quanto era accaduto, cercando di propiziarsele con opportune dichiarazioni di fedeltà ; è per questo che il 21 luglio inviarono lettere a Luigi XII, informandolo delle insurrezioni avvenute e sedate, dandogli notizie della ripartizione degli offici e delle ragioni che l’avevano consigliata, lodando l’opera prudente ed assennata del luogotenente Roccabertino, facendo proteste di devozione, di fedeltà al re stesso annunziandogli che presto avrebbero mandato un ambasciatore vera è il 20 luglio; il diarista infatti afferma che in questa sommossa il popolo ottenne che fossero liberati dalle prigioni molti popolari di Sestri e di Polce-vera che vi si trovavano per debiti verso lo stato e ciò per ricompensa ai loro compaesani che in quella occasione avevano dato aiuto ai popolari; ebbene noi abbiamo trovato sotto la data del 20 luglio la grida del governatore il quale « havendo visto bona et grande demonstration di fede, reverentia et devotion « verso la Sacra Maestà del Christianissimo Re de li homini cossi de Sestri « da Ponente corno de la valle de Pulcevera » rimette e perdona « ogni « condennatione pecuniaria » e cioè tutti i debiti e le avarie che avevano verso il comune di Genova, sino all1 anno i5o4 incluso. La stessa grida si rinnova il 21 luglio per gli uomini di vai di Bisagno (Diversorum Filza, 63). Dunque se que' prigionieri erano stati posti in libertà il 20 o il 21, non occorreva liberarli il 29 luglio, nel qual giorno, come nei seguenti, non troviamo alcun atto che accenni a qualche sollevazione. Inoltre il Diario dice che in quel giorno furono messe a sacco la casa di Anfreone Usodimare a Banchi e quella di Francesco Lomellino a Fassolo, ora anche nel Memoriale dei nobili al re (Pélissier, op. cit.) si ricorda il sacco della casa di un nobile presso Banchi sotto la data del 20 luglio. Se si avverte inline che il giorno della settimana segnato nel Diano coincide colla nostra supposizione, poiché il 20 luglio di quell'anno cadeva in lunedi, si può concludere che nell’originale fosse scr tto 20 e che poi sia stato male interpretato. « l8 Anno i5o6 per congratularsi delle nozze della principessa Claudia e per esporgli quali fossero le condizioni interne della città. Altre lettere erano inviate al governatore di Genova Filippo di Cleves di Ravenstein, allora assente, i agguagliandolo minutamente dei fatti occorsi e delle cause che li avevano prodotti, assicurandolo che ormai la città era entrata nella solita calma e le condizioni di essa non si potevano desiderare migliori; altre erano spedite a Giorgio d’Amboise, cardinale Rotomagense (di Roano) legato apostolico in Francia, nelle quali, esposte in breve le ragioni della sollevazione popolare, lo si pregava di interporre i suoi buoni offici presso il re; altre ancora a Milano al Gran Maestro Carlo di Chaumont di Ain-boise, luogotenente generale del re di Francia « citi a montes » (al di quà delle Alpi), nelle quali, dategl succintamente le stesse notizie, lo si pregava di mandare 400 fanti per provvedere all’ ordine interno ( )· Il 23 luglio infine gli Anziani e i dodici pacificatori, a meglio chiarire le loro ragioni ed anche per conoscere quali fossero le intenzioni e i sentimenti dei francesi verso le due part', popolare e nobile, deliberavano, d ac- (1) Litterarum Reg. 47, lettere n. 114, ii5, 116, 117· La lettera al luogotenente generale pare giungesse a Milano in ritardo perchè al d’Amboise, che aveva chiesto notizie sullo stato della citta. si dovette riscrivere il 23 luglio, a un dipresso ciò che era stato scritto nella prima (ibid. lettera n. 118). Altre lettere vennero dirette (24 luglio) agli Anziani ed al Gonfaloniere di giustizia di Pisa, ricordando che il mutarsi degli ordinamenti interni, non avrebbe allentati i legami di buona amicizia tra Genova e la loro città (Litterarum Reg. 46, lettera η. 23o) ed altre (3o luglio) a Giulio II descrivendogli con una certa ricercatezza di stile, le origini della rivolta contro i nobili. (Litterarum Reg. 47, lettera n. 124). Vedi m Appendice, Doc. II. III. e IV. β La sollevazione popolare 19 cordo col luogotenente Roccabertino, di inviare Nicolò Oderico, dottore « in utroque >>, ambasciatore al re di Francia ('). In verità egli non partì subito e, sebbene si trovino al 31 luglio lettere al re con l’annunzio dell’invio dell’ambascieria e nel giorno stesso si ordini dagli Anziani la sospensione delle cause in cui abbia qualche parte Nicolò Oderico (2), pure si attese fino al 6 agosto a dargli le credenziali e le istruzioni pel suo officio (5). In questo stesso giorno si consegnavano lettere di credenza a Bartolomeo di Ceva, oratore inviato al governatore Filippo di Cleves di Ravenstein (4), e al dottore in legge Antonio di Lerici, mandato (1) Diversorum Reg. 1 y3. (2) La lettera si trova in Litterarum Reg. 4I, lettera n. 363; la « suspensio causarum » in Diversorum Reg. i~3 ed in Diversorum Filza 63. (3) Le credenziali sono in Litterarum Reg. 43, lettera n. 364 e le istruzioni in Instructiones et Relationes, 15oo-i 558, n. 2707 c. Il ritardo fu dovuto probabilmente al volere in quel frattempo riparare ad una accusa che i popolari attendevano sarebbe loro fatta e cioè di non avere impediti i saccheggi alle case dei nobili; perciò il 3 agosto venne emanato l’ordine di restituire entro tre giorni la roba rubata « in li tumulti seguì nuovamente in la terra », ché entro quel termine verrebbe rimessa ogni colpa; oltrepassato, si sarebbe proceduto colle debite punizioni (Diversorum, Filza 63). Nicolò Oderico partì certamente prima dell’ 8 agosto, trovandosi sotto questa data una deliberazione degli Anziani, la quale stabilisce che, essendo partito come legato al re 1’ illustre dottore Nicolò Oderico, uno dei tre sapienti del comune, sia surrogato fino al suo ritorno dal non meno illustre dottore Giacomo Senarega. Diversorum Reg. 173. (4) Il Giustiniani op. cit., pag. 617, afferma che Bartolomeo di Ceva era famigliare del Cleves. Egli fu scelto come legato al governatore di Genova nella stessa seduta in cui era stato nominato l’Oderico. Entrambi, se avessero rifiutato l’onorifico incarico, avrebbero dovuto pagare cinquecento ducati. Diversorum Reg. 173, 23 luglio. Le lettere patenti sono in Litterarum Reg. 43 lettera n. 367; le istruzioni in Iustructiones et Relationes, i5oo in i558, n. 2707 c. 20 Anno l5o6 a Milano al signor di Chaumont d’ Amboise ( ). Le tre istruzioni contenevano gli stessi ordini: gli ambasciatori dovevano esporre le cause dei moti popolari, dovute alle molte prepotenze dei nobili, poi dare ragione del mutato ordinamento negli offici e vedere anche di scusare i saccheggi della plebe nelle case dei nobili, addossandone la colpa a certi banditi entrati in Genova alle prime novità e confusi con la folla, aggiungendo che idi « homini da bene » erano riusciti a salvare o molta roba ; per ultimo far capire che In città era in « bona quiete », così che vi si teneva mercato ( ). Ma intanto i nobili fuorusciti ed il loro capo Gian Luigi Fieschi, che si era prima ritirato a Quarto e indi nel suo castello di Montaggio, non istavano inoperosi. Essi provvidero alle sorti della propria fazione, stringendosi in lega e, raccoltisi in Gavi, decisero di mandare il nobile Andrea d’Oria al re, come loro rappresentante e ditensore (3). Il d’Oria, seguendo le istruzioni avute, accusò al (1) Allo Chaumont avevano già mandato una lettera il 4 agosto nella quale, contrariamente alle prime dei 21 e 2? luglio, dove lo si pregava di inviare 400 uomini di rinforzo alle truppe di Genova, ora che egli aveva espresso il pensiero di venire in persona a rimettere Γ ordine nella citta, con molta premura e con mal dissimulata ansietà, lo si avvertiva che la sua presenza oramai non sarebbe stata più necessaria, essendo tutto ritornato alla calma e che da un apposito ambasciatore, che sarebbe partito Ira due giorni, avrebbe ricevuto più ampi particolari. Vedi in Appendice, Doc. VI. (2) Le tre istruzioni sono simili nel contenuto, tranne qualche leggiera variante. Le due per Nicolò Oderico e per Antonio da Lerici sono scritte in latino, quella per Bartolomeo di Ceva in volgare. Presento in Appendice (Doc. VII) quella per Γ Oderico, che è la più importante. (3) Ugo Assereto nella recensione de Gli ultimi giorni della Repubblica di Genova e la comunità di Novi per Ant. Fhan. Trucco in Giornale storico e letterario della Liguria, Anno 1902, pag. 26 ì e segg. pubblica un atto del La sollcvaz'one popolare 21 cospetto dal re il Roccabertino per la sua debolezza nel sostenere i diritti della nobiltà e ancora più per la predilezione che dimostrava verso il partito contrario ; ma il Ravenstein, che era egli pure a corte, « non volse si parlasse de li cativi comportamenti de dicto Monsignor Rochabertin, suo locotenente, dicendo che lui havia ad venire ad Genua e provecleria al tuto » ('). Nello stesso tempo il re, ricevute dagli Anziani e dal luogotenente lettere di ragguaglio sui fatti di Genova, aveva subito invitato le autorità genovesi a far deporre le armi ed attendere a rappacificare gli animi, annunziando anche di aver dato ordine al suo luogotenente o-enerale, Chaumont d’Amboise, di muovere verso Genova colla sua gente d’ arme e con « alcuni sapienti consiglieri del parlamento di Milano » ( ). Gli Anziani notaio Vesconte de Platono, cancelliere di Gian Luigi Fieschi, pel quale ci viene data notizia che il 3 agosto i5o6 si adunarono nel castello di Montoggio i nobili Giov. d’Oria « miles auratus », Cipriano de Mari, Nicola Spinola, Domenico Lercari q. S., Ansaldo Grimaldi, Gio. Batta -e Agostino Lomellino deputati da tutta la nobiltà per trovare il modo di rientrare in Genova; essi stabilirono a ciò una tassa da riscuotersi da ogni famiglia nobile. Veramente J. iVAuton, op. citTomo III, pag. 206-204 dice che venne inviato il dottore messer Stefano, nel quale riconosciamo facilmente Stefano Vivaldi che fu qualche mese più tardi capo d’una importante ambasceria di nobili, inviata alla Corte di Francia. Ma il d1 Auton si dovette certo confondere tra le varie ambascerie mandate a Luigi XII, poiché la notizia deirinvio di Andrea dOria è certissima, essendo data dagli stessi nobili nel già citato memoriale al re. (Pélissier, Documents pag. 536). (1) Pélissier, Documents etc. pag. 537. (3) Questa lettera è pubblicata da Charles Casati in Lettres Royaux et lettres missives relatives aux affaires de France et d'Italie. Paris-Didier 1877. La lettera è a pag. 16 ed ha questo indirizzo: « A nos chers et bien oo ed i Pacificatori, a tale notizia, s’ erano al frettati (2 agosto) a rispondergli che la città ornai era tranquilla e che non faceva d’ uopo Γ intervento del luogotenente generale ('). Le stesse notizie inviarono al d Amboise, che, si comprende chiaramente, non avevano molto desiderio di vedere (2). Seconda ambasceria al Cleves in Asti. Mentre erano intenti a questo carteggio, che in realtà occupava tempo parecchio per la distanza della corte di Francia da Genova, il governatore H-lippo di Cleves, si poneva in cammino verso la citta a lui affidata. Lo accompagnavano mille uomini di scorta ed alcuni consiglieri : Stefano Oliviero di Vienna, signore nel* parlamento di Grenoble, balco d’Aurillac e Stefano di Cernerieu, consigliere di giustizia (!). S incontro egli con altri due ambasciatori inviati dai nobili alla coite di Francia e li persuase a tornare addietro con lui « imperò havia commissione et ordine ad provedeie amez les anciens et officiers de la baillye de notre bonne ville et cite de Gennes. » data Turonibus (Montils les Tours), die doni. ι5ο6 — ΧΆΙ juillet. fi) Litterarum Reg. 46, lettera n. 234 11 carteggio tra il re e gli Anziani si può ricostruire cosi: questi gli scrissero il 21 luglio per informarlo degli ultimi moti, e siccome le lettere da Genova alla corte di l· rancia impiegavano da cinque a sette giorni, cosi il re dovette riceverle verso il 26; infatti in quel giorno egli rispose mandando gli ordini suddetti. I.a sua lettera dovè giungere a Genova tra il 3i luglio ed il 1. agosto, e ad essa fu risposto il 2 agosto. Quest'ultima lettera trovasi in Appendice, Doc,. V. (2) Litterarum Reg. 46, lettera n. 23. Vedi nota 27 e Doc. VI. (3) J, d’Auton, op. cit., Tomo III, pag. 207 e 208. La sollevazione popolare 23 al tuto » ('). Giunto egli ad Asti, sia che una leggiera indisposizione lo costringesse a fermarsi, o, ed è più probabile, che desiderasse, prima di entrare in Genova, di udire le due parti, vi si fermò a lungo e qui convenne la maggior parte dei nobili colla speranza di ottenere per mezzo di lui il ritorno alla città ed al potere; mentre i popolari inviavano prontamente altri tre cittadini: Demetrio Giustiniani, Vincenzo Sauli e Leonardo di Facio, i quali, sotto sembianza di essergli stati mandati incontro per rendergli omaggio a nome della città e di accompagnarvelo, dovevano impedire e combattere le mene del partito avversario ed esporre al governatore le prove, di recente raccolte, di trame da esso ordite per turbare la quiete dello stato. Veramente quelli dei nobili non erano che tentativi di rientrare nei loro possessi, ma si comprende che i popolari avessero tutto il loro interesse a raffigurarli come sovversivi e pericolosi alle vigenti istituzioni (J); perciò, oltre a danneggiare il partito nobilesco, essi dovevano altresì difendere le azioni del proprio ; avevano pure incarico, se mai si fossero incontrati col luogotenente generale Chaumont d’Amboise, di sostenere 1’ o-perato dei popolari, difenderli dall’accusa di sperpero (1) PÉLISS'ER, Op. CÌt. (2) Di dati precisi sui « delittuosi maneggi » dei nobili contro Genova, o, per dir meglio, contro i popolari, se ne riscontra qualcuno nelle istruzioni ai tre ambasciatori e cioè : Tessere discesi in Chiavari 100 fanti inviativi certamente dal Fieschi e l’avere il Fieschi stesso ordinato in tutti i luoghi della Riviera di Levante di stare pronti a prender le armi « et che niuno ciò fare presuma ad instantia de la cita ». 24 Anno i5oó di denaro e, se il discorso fosse caduto sulla causa dell’arresto del nobile Corsoda Mare, eseguito per ordine dell’ officio di S. Giorgio, spiegargli che ciò era stato fatto, perchè quegli ordiva un tradimento a danno dell’officio stesso, che era padrone dell isola di Coi sica, quindi aveva il diritto di trattenerlo in carcere; « la qualcosa non debe a loro signorie parere strania, siando epso officio de la importantia che è, et in vero se pò dire la anima di questa cita » ('). Inoltre si tracciava ai tre legati il modo di rispondere convenientemente ai quesiti che si sarebbe!o loto potuti presentare ; e qui l’istruzione delinea con tratti così precisi la condizione dei partiti in Genova, che io credo utile inscriverla alla lettera: «Insuper nè parso « ancora a proposito dirve che quando parlerete con lo « Ill.mo Mons. Governatore o sia etiam Monsignor de « Ihamon de la cosa de li officii li demonstrate cheli « popolari non hanno cercata la reformation de quelli per (1) Questo arresto si deve certamente riferire ad una congiura or ^ dai nobili per far sollevare la Corsica a danno dei popolari; il Sena re-, il Giustiniani accennano al fatto un po’ vagamente. Il primo scrive « | nlcI « aliae literae Joannis Pauli Lechani corsici interceptae, quibus, i.t I « facile fuit videre nobiles, indignatione contra plebem, non recusaturos, eti « incommoda patriae; quae statim dissimulatae compressaeque luerim « Praeterea dominus Capitis - corsi quia et ipse nobilis erat et de ar « De Mari, factus reus suspicionis, in Castellum Illicis recluditur » [Op-coi. 585). Il Giustiniani dice: « Si intese ancora che."per opera de’ nobili, (noan « Paolo di Leca era per eccitar tumulto in Corsica.... E perche ^1 ,·1'-« Mari, signor di Capo corso venne in suspicione ai popolari, fu rincln « nel castel di Lerice (op. cit. voi. II, pag. 617). I due cronisti non eollety chiaramente i due fatti per concomitanza di cause, ma questi sono cosi \ lineilo svolgimento della narrazione da lasciar credere che siano strettamente La sollevazione popolare 25 « emulare li nobili, con ciò siacosa che non li sia causa « de emulatione perchè in questa cità quelli chi se ihamano « Gentilhomini non sono più nobili che multi de quelli se connessi tra loro, e la notizia che troviamo nella istruzione pare comprovi il mio asserto. Ecco ora come A. P. Filippini nella sua Storia della Corsica, Pisa, MDCCCXXII, 2.a ed., Nicolò Capurro, Voi. Ili, libro V, p. 139 e segg.) narra il fatto: Rinuccio della Rocca, imparentatosi con Giacomo da Mare figlio del fu Simone e signore di Capo corso (era di origine genovese) incominciò nel i5o2 a combattere i genovesi in Corsica. Gian Paolo da Leca, il cui figlio Orlando era stato imprigionato a Lerici, d1 onde poi era riuscito a fuggire nel i5o3,per essere nell1 anno susseguente uccisoda certi suoi parenti, è un altro dei caporali corsi emulo di Rinuccio e suo nemico, che a tratti veniva in Corsica a combattere i genovesi, a tratti si rifugiava in Sardegna. Nel i5o4 Rinuccio mossedi nuovo guerra aigenovesi comandati da Nicolò d’Oria; ma fu sconfitto e fuggì in Sardegna. Giacomo da Mare aveva per possesso oltre al Capocorso anche Γ isola di Capraia; ma siccome questa era poverissima e non poteva pagare i balzelli da lui impostile, finì col ribellarsi. Allora egli si recò per domare la ribellione e vi fece gravissimi danni. In quel tempo un piovano della Capraia andò a Genova ed offerse all’ufficio di S. Giorgio l’isola a nome dei suoi conterranei. Pel momento 1’ ufficio di San Giorgio stimò di non accettare, per un riguardo a Giacobo che allora trovavasi a Genova, ma gli dette ordine di levare il campo dalla Capraia e diede incarico al governatore della Bastia di esaminare da qual parte fosse il torto. Mentre pendeva il giudizio che tenevasi a Bastia e pare non fosse molto imparziale e propendesse per Giacobo, questi fece aggredire e ferire il piovano, e, non contento, lo rinchiuse nel castello di S. Colombano in Corsica. Il governatore, sdegnato da cotesto modo di procedere, ordinò si rendesse il piovano ed informò l’officio di S. Giorgio, il quale mandò alla Capraia un suo podestà che ne prese possesso. Giacobo recossi tosto a Genova sperando, mercè l’aiuto dello zio carnale Gian Luigi Fieschi, di riavere l’isola; ma Genova, che allora era in mano dei popolari, avendo anche sentore che Giacobo favoriva i gentiluomini, lo prese e lo mandò prigione al castello di Lerici « dove stette « con gran suo dispiacere molti anni»: poscia, liberato per intercessione del Fieschi, riebbe il Capocorso. Sul rigore che esercitavasi nelle carceri di Le rici e sulla tortura fatta in esse a due compagni di Gian Paolo da Leca, vedi L. T. Belgrano nella sua me- moria — Un assassinio politico nel i49o —(Ranuccio da Leca) Atti Soc. Lig. di St. Ρλτ. Voi. 19, pag. 454 e 455 η. I. 26 Anno l5o6 « ihamano populari: nè per antiquità ne per sangue nè <·< etiam per honori o altre dignità consequite . nè epsi « populari, mancho nobili cha epsi ihamati Gentilhomini. « li quali, revera, se possano più tosto appellare tutu mei- « cadantj : ma questa essere più presto una division de « colori antiquamenti pervenuta da factione como è de « Ghibellini e Guelfi, et variatosi spesso le forme de li « gradi loro, secundo che sono occursi li regimenti de la « terra; non diciamo però questo perchè a la vera nobiltà « non se habia sempre quello debito respecto che si con-« viene » ('). Infine dettero incarico adessi di avvicinale il Fieschi nel viao-eio verso Asti e di scrutarne i pensieri o o e le intenzioni. Gli Anziani intanto scrivevangli di avere intercettate certe lettere dalle quali erano informati dei maneggi di lui e dei suoi partigiani e si lamentavano che egli minacciasse di continuo la pace della città e che si fosse allontanato da essa, dove ai nobili, almeno a quei pochi che erano rimasti, si usava tutto il rispetto loro dovuto e lo invitavano ad affrettarvi con gli altri il ritorno (“). Gli ambasciatori poterono raggiungere il Fieschi diretto egli pure ad Asti, ed avere un primo abboccamento con lui poco lungi dalla città e un altro in essa ed informarono gli Anziani di averlo trovato proclive al nuovo (1) Queste stesse osservazioni sono ripetute in una « Istrutio nova missa ]>. Nicolao Oderico» 8 -11 Agosto. Istruzioni e Relazioni, 2707 c. (2) Litterarum Reg. 46, lettera n. 239, 7-8 agosto i5o6. La sollevazione popolare 27 governo ('). Ma questi risposero che nutrivano poca fiducia nelle parole del Fieschi e rinnovavano le raccomandazioni di non perderlo di vista, di investigare se egli incendesse seguire il governatore a Genova e di mandare al più presto ed il più segretamente possibile notizie in proposito (2). Nondimeno ciò che più allora li angustiava era il timore che il signor di Chaumont non venisse egli stesso ad insediare i nobili in Genova ; gli è per questo motivo, come vedemmo, che gli avevano inviata (4 agosto) una lettera, avvisandolo che la città era nella massima quiete e che quindi non occorreva che egli si movesse. Il latore di quella lettera, Paolo Beraldo, aveva anche il compito di spiare gli intendimenti del luogotenente generale, di avvisarne gli Anziani e di attendere a Milano 1’ arrivo dell’ ambasciatore Antonio da Lerici (3), il quale sembra abbia adempiuto il suo officio con tanto senno e prudenza, da soddisfare pienamente gli Anziani; poiché questi Γ l 1 agosto si congratulavano vivamente con lui per l’opera prestata presso lo Chaumont e lo consigliavano, siccome il gran maestro accennava di andare in Asti, di accompagnar-velo per unirsi ai cittadini genovesi che là si trovavano; ma, poco dopo aver scritta quella lettera, giungeva l’avviso del Lerici che lo Chaumont, non si sarebbe mosso (1) Ciò è accennato nella lettera di risposta degli Anziani di cui si parla subito dopo. (2) Litterarum Reg. 46, lettera n. 244-i3 agosto 15o6. (3) Franzoni — Istruzioni ad ambasciatori: ms. delTAucuivto nr Stato in Genova n. G52 - 4 agosto i5o6. Anno l5o6 da Tortona dove già era giunto e cosi da questo lato • O o svanirono i loro timori ('). Non scemavano, dall altro le inquietudini per le minacce dei nobili, i loro pie-parativi guerreschi (’) e lo studio di ingraziai si il governatore. Il ricco carteggio tra Genova ed i suoi ambasciatori ad Asti ne è prova manifesta. Caratteristica è una lettera (13 agosto) degli Anziani e dei pacificatori a Filippo di Cleves, nella quale mentre gli dimostrano il grande piacere che provano per il suo prossimo arrivo, lo avvertono in pari tempo come essi vedano di mal occhio gli armamenti dei nobili genovesi presso di lui ed in una lettera dello stesso giorno esortano gli ambasciatori ad ottenere dal principe di Ravenstein che impedisca cotesti preparativi e ad accertarsi se il temuto Gian Luigi e gli altri nobili verranno o no col governatore a Genova (,3). Il 20 agosto gli Anziani ed i dodici pacificatori hanno notizie da Filippo di Cleves che li riassicura a non aver timore degli apparecchi guerreschi in Milano e in Lombardia; ma essi non se ne mostrano guari persuasi ; tuttavia, sapendo che il governatore è poco bene in salute, gli augurano pronta guarigione (') e il 21 agosto gli scrivono di compiacersi dell invio della (1) Litterarum Reg. 43, lettere n. 3y5 e 377, 11 agosto i5o6. Sembra però che il d’Amboise raggiungesse più tardi il Cleves ad Asti, perchè ciò é affermato a chiare note nel Memoriale più volte citato: pag. 537. (2) Litterarum Reg. 43, lettera n. 382, 18 agosto 1S06. (.3) Litterarum Reg. 46, lettere 25o-25i, 19 agosto i5o6. (4) Litterarum Reg. 46, lettera n. 2 53. La sollevazione popolare 29 sua gente d’arme e di esser lieti di saperlo convalescente e in procinto di partire alla volta di Genova ('). Il 23 gli mandano un’altra lettera complimentosa poiché sanno esser egli « per montare a cavallo de hora in hora » e informano gli ambasciatori che vengono spedite le copie di due lettere assai importanti, intercettate a certi nobili, affinchè le facciano leggere al principe di Ravenstein (2). Finalmente egli si mise in viaggio per Genova (!) e, procedendo con molta lentezza, giunse il 28 agosto presso la città, fermandosi a pernottare (4) a Campi in casa di Stefano d’ Oria. Genova si preparava a ricevere degnamente il suo governatore. Il Cleves arriva a Genova. Il cancelliere Bartolomeo Senarega scriveva un proclama in cui ordinava a tutti i cittadini, « sotto pena di dieci fiorini di multa », di trovarsi il domani a sera, sabato (29 agosto), al primo suono dalla campana grossa, sulla piazza del Palazzo con le loro cavalcature e le vesti più belle, per andare insieme col luogotenente, gli Anziani ed i dodici pacificatori, a ricevere ed accom- (\) Litterarum Reg, 46, lettera n. 256. (2) Litterarum Reg. 46, lettere n. 2 5g, 260. (3) Dovette partire probabilmente il 26 agosto giacché abbiamo una lettera scritta il 27 dagli Anziani e dai 12 pacificatori agli oratori, nella quale si accusa ricevuta di loro lettere scritte durante il cammino verso Genova. Litterarum Reg. 46 lettera n. 262. (4) Anche nelle lettere del tempo è ricordato che egli venne a Genova a suo agio. Cfr. Litterarum Reg. 46, lettera n. 265 più innanzi ricordata. 3o Anno l5o5 pagnare 1’ illustrissimo signor governatore (')· L accoglienza che Genova fece al Ravenstein fu certo molto cordiale; ma non sappiamo di sicuro come vi corrispondesse il governatore. Gli Anziani, scrivendone a Nicolo Oderico, affermavano bensì ch’eoli aveva fatto buon ’ o viso alle dimostrazioni del popolo (2); ma quella lettera può dar luogo a sospetti sulla veridicità dei latti, tanto più che il Senarega, cronista imparziale, riferisce invece aver il governatore ordinato agli Anziani ed ai pacificatori, che si erano mossi ad incontrarlo, di precederlo e questo averli avviliti assai perchè era segno che non li teneva nel debito onore. Egli poi procedette, separato da tutti gli altri ed entrò in città con aspetto burbero e minaccioso alla testa dei suoi mille uomini armati. (1) Ecco la parte più importante del proclama: « Se comanda a tuti « quelli citadini li qualli hano vel poteno haveire cavalcature, che domane « che sera sabato, al primo sono de la campana grossa se debiano statini « trovare in la piaza de palazio cum dite loro cavalcature et vestimente or-« nate per andare insieme cum lo Ill.mo Locumtenente et Magnifici Signori « Antiani ac dicti dodexe pacificatori a recevere et acompagnare lo prelato « Signore Governatore. » (Diversorum Filza 63, 28 agosto 15o6.) (2) Si scrive infatti che si ritardò a inviargli lettere « essendo ciascuno in « expectacione de la venuta de Mons. de Ravasteno, el quale è tardato in « baste qualche giorni per la straqua del camino per ripusarse alquanto e de « hasta qui venuto è poi a bel axio; hieri stete a Campi in casa del quon-« darn messer Lazaro. E ogii a hore XVIIII è intrato in la terra e li è stato « facto tanti e si grandi honori che se po dir in vero non troppo manco de « quelli che furono facti a la' Maestà del Re in la intrata sua. E se può « ancora dire esser stato retenuto da ogniuno come el messia. E sua excel-« lentia à facto tanto bona ciera e dimostrato tanta alegreza quanta mai in « altro tempo habia facto, vedendo tanto e si grande ardore d ogniuno verso « la Maestà del re e de la excellentia sua. » Litterarum Reg. 46, lettera n. 265, 29 agosto i5o6. Si ripete anche qui che la città è molto tranquilla ed è sempre devota al re. i La sollevazione popolare il Il diario non accenna a cotesta fredda accoglienza di fronte alle cortesie usate dai genovesi ; ma 1 accordo dei due cronisti nell’informarci che, appena giunto a Palazzo, fece erigere nella piazza altissime forche ed il palco della mannaia, ci convince che il Cleves, venuto col proposito di ristabilire l’ordine, non avesse voluto dare appiglio ai popolari di credere che egli fosse più propenso a favorire loro che i nobili ('). Il Fieschi rientra in città. Il governatore non aveva condotto seco il Fieschi, come si temeva; egli era venuto solo, senza che alcun nobile lo accompagnasse e così aveva compiuto un atto di savia politica, evitando disordini al suo ingresso in città. Ma non appena vi fu allogato ed ì suoi mille uomini furono acquartierati e le forche e la mannaia apparvero a salutare avviso dei facinorosi, eccolo invitare il Fieschi che aveva percorso la valle del Bisagno a rientrare in Genova e questi infatti, seguito da sessanta nobili, duecento fanti ed ottanta cavalli, il 30 agosto, vale a dire il giorno dopo, era nel suo palazzo di via Lata, (2) dove sua (1) Diario, data corrispondente. Il Senarega (op. cit., col. 585), erra il giorno dell'ingresso del Ravenstein a Genova, ponendolo al 15 agosto, mentre i documenti ed il Diario accertano essere avvenuto il 29 ; inoltre è incorso pure in errore nel computo delle forze che il Ravenstein aveva seco. Non erano infatti soltanto i5o cavalli, ma 25o, come afferma il Diano, i quali, sommati ai 750 fanti, danno la cifra precisa di mille uomini, dichiarata dal d’Auton, op. cit., Tom. Ili, pag. 207-208. (2) Anche qui il Senarega (op. cit., col. 585-586) e i cronisti posteriori errano nella data del ritorno di Gian Luigi Fieschi, che non avvenne il 31 agosto, ma il 3o, come dice il Diario ; e lo conferma una lettera inviata il I 32 Anno l5o6 principal cura fu di portare tosto a settecento il numero dei fanti, di provvedersi cT armi, di artiglierie e raccogliere gentiluomini intorno a sè. « Per la terra era una grande mormoracione ; lo governatore dava bone parole ». La folla era convinta che il Cleves stesse pei nobili e che Γ ingresso del loro capo ed i suoi preparativi guerreschi fossero una sfida minacciosa al nuovo 2 settembre dall' officio di Balia « super negotiis pisanis » all1 ambasciatore Antonio da Lerici ed altre spedite il 9 settembre dagli Anziani a Nicolò Oderico ed al re. Riguardo al numero delle truppe accompagnanti il Fieschi. e d'uopo avvertire che, nella lettera al re, gli Anziani fanno osservare che « minor compagnia era stato affermato per Mons. el nostro Governatore « seria per lui conducta » e invero nella lettera all Oderico si diceva che il governatore aveva promesso che il Fieschi « non haria seco ultra fanti CL « in duecento e cavali 25, o 3o. » 11 Senarega (op. cit.. ibid.J narra semplicemente l’entrata del Fieschi senza iar parola di questo ordine del governatore; il Salvago invece (op. citpag. 464-465) dice che appena il Ravenstein fu entrato in Genova « de « la mesme heure ordonna que Iehan Loys de Flesque fìt retour en la ville « et ainsi acompaignè d aulcuns nobles honnestement fut recuylly et receu ». Ciò è confermato dalle lettere del 9 settembre 15o6 all1 ambasciatore Oderico: « e iuncto in palacio, assai presto ne fece intendere che voleva el « di sequente intrasse Mons. meser Jo. Luvse per ricuperare in qualche parte « 1 honore suo ». e da quella dello stesso giorno diretta al re : « el dì seti quente (3o agosto) parse a sua excellentia fare intrare Monsignore meser « Jo. Luyse » (Cfr. Doc. X e XI). Ciò è pure accennato in un1 altra lettera del giorno 2 settembre al legato Antonio da Lerici, nella quale, dopo avergli notificato il ritorno del Ravenstein, dice « el signor m. Jo. Luise vene inviolata el di sequente la « domenica cum qualche poca gente de bona voluntà del prefato lllustr.mo « Gubernatore ». (Liti. Reg. 46, lettera n. 267). Jean d’Auton [op cit., Tomo III, pag. 208) non si pronuncia sulla responsabilità del Cleves; dice soltanto che Gian Luigi, sapendo che il Ravenstein era entrato in Genova e stimando or:.,ai non pericoloso il recarvisi, vi entrò con cinquecento-uomini. per pura sicurezza personale. La sollevazione popolare 33 governo ('); ma è da credere che il Cleves, non avesse scopo alcuno di favorire o l’uno o l’altro partito e che avesse ordinato il ritorno dei nobili in città per compiere un atto di giustizia verso i fuorusciti e col proposito di rappacificare le due fazioni. Il primo di settembre dovevano tenersi le elezioni dei nuovi Anziani e, secondo le norme approvate dallo stesso luogotenente Roccabertino, si sarebbero dovuti eleggere due terzi di popolari ed un terzo di nobili; ma il Ravenstein, vista la terra in gran fermento, i popolari abitatissimi e minacciosi non meno dei nobili, stimò O prudente consiglio di ritardare i comizi nella speranza che crii animi si sarebbero andati calmando; sicché il o 31 agosto emanò un ordine di proroga dei poteri agli Anziani ed ai dodici Pacificatori (2); ma con questo mezzo non riuscì nel suo intento. (1) Il Salvago (op. cit., pag. 465) afferma che il Ravenstein aveva deliberato di sorprendere alPimprovviso gli autori dei moti e di punirli ; ma da alcuni suoi famigliari ne fu impedito; così lo si credette corrotto dai doni dei popolari, ciò che non fu; solo il caso volle che egli ne seguisse la corrente. Queste accuse di corruzione sono presentate con dati molto precisi nel Memoriale dei nobili al re (Pélissier, op. cit., pag. 538); ma noi non crediamo che al suo primo entrare in Genova egli fosse già compro dai popolari; vedremo invece, sulla scorta di documenti d1 archivio, che codesto dubbio può aver ragione più tardi, nelPottobre, quando però i nobili erano già stati espulsi a furia di popolo dalla città. Ad ogni modo, nel momento presente, il latto di essere accusato da ambedue i partiti di favorire quello avversario, è la prova più bella che il governatore non appoggiava realmente nè Γ uno nè Γ altro. (2) Trovasi in Diversorum Filza 63 e se ne fa pure cenno nella lettera già citata del 2 settembre, alPambasciatore Antonio da Lerici: « li novi Antiani « non furono creati per bono respecto. Continuano in magistratu quelli che 34 Anno ι5θ6 Sollevazione della plebe e terza cacciata del Fiesciii. L’agguerrirsi dei nobili ed il loro numeroso concorso in via Lata, non lasciavano dormire sonni tranquilli ai popolari, i quali fremevano per timore di qualche bi utta sorpresa; alla fine non volendo più rimanere in tale stato d’ apprensione e per prevenire le mosse dei loio nemici, il 4 settembre 1506 si levarono in arme da un capo all’altro della città gridando: « Franca, viva populo, luora lo gatto » che era l’insegna dei Zieschi. Elessero quattro cittadini: Lazzaro de Franchi, Bernal do Castiglione, Stefano Morando e Francesco d Arquata, che si recassero a dire al governatore, il popolo non potere più a lungo tollerare che il Fieschi stesse in via Lata con tutta quella gente e che provvedesse a cac- « li erano ultimamenti e cossi continua l’officio de’ pacilicatori. » Litterarum Reg. 46, lettera n. 267). Il Senarega ricorda che alcuni sussurravano essere il governatore irresoluto nell’indire le elezioni per avidità di denaro, perchè così sperava di averne dagli uni e dagli altri; ma di codeste voci sparse sulla poca onestà del Cleves si dirà in seguito. Colla data del 3i agosto ricorderò un importante « instrumentum sindicatus facti in persona di Nicolai « de Oderico oratoris», il quale era incaricato di prestare a nome e vece del governatore, degli Anziani e del comune di Genova, giuramento di fedeltà a Claudia lìglia del re Luigi XII, sposata al duca Francesco di Valois, principe di Angoulème. Sono testimoni a questo istrumento Nicola di Brignole e Bartolomeo Senarega. (Istruzioni e Relazioni n. 2707 c.). Non è improbabile che un effetto benefico di queste nozze, sia la grazia di quaranta giorni accordata dal governatore a quelli che erano in carcere per debiti privati (Politicorum, Mazzo 3, n. 1C49, 3i agosto 15o6). Del resto già il 3 luglio, i carcerati alla Mala paga (il nome stesso della prigione indica chi vi fosse rinchiuso) avevano ottenuto il condono della pena di un mese per il regio matrimonio, condono che fu prorogato il 3 agosto per un altro mese, e, alla line di questo, come vedemmo, rinnovato (I decreti del 3 luglio e 3 agosto sono nei Diversorum Reg., 171). La sollevazione popolare 35 ciarnelo, altrimenti ci avrebbe pensato esso stesso Il Ravenstein a cosiffatta domanda volle rispondere con alterigia e con minacce; ma i quattro non si lasciarono intimorire ed insistettero con tale tenacia, che il governatore fu costretto ad assicurarli che prima di notte avrebbe provveduto ad allontanarlo. Licenziatili, montò a cavallo e, con cento dei suoi, cavalcò sino alla porta di S. Tommaso fingendo di andare a diporto, ma, in realtà, per vedere in persona quali intenzioni avesse il popolo minuto. Recatosi dalla porta di S. Tommaso alla piazza di S. Giorgio, da S. Donato a S. Stefano, dovunque s’incontrò con gente armata e disposta a venire alle mani, indi rientrò a Palazzo. Intanto gli Anziani con gli otto pacificatori (2) e molti cittadini si erano raccolti in piazza di Marino e, corsa voce che 1’« argenterò » del governatore (3) erasi recato a dire al Fieschi di munirsi e di rafforzarsi, mandarono tosto a chiamare al molo un figlio di Dorino Gioardo, va- ti) Bellissima in ogni sua parte e assai minuziosa nei particolari, è la descrizione di questa memoranda giornata nel Diario. (2) Propriamente si erano eletti 12 pacificatori; ma i quattro nobili, che dovevano formare il terzo di quegli officiali, non si erano mai presentati; così che in realtà officiavano soltanto gli 8 popolari. (3) Il Memoriale più volte citato (Pélissier, op. cit., pag. 537) ci dà notizia che questo «argenterò» era fiammingo e si chiamava Gualtero e lo accusa di avere, insieme col Roccabertino, persuaso il Cleves a favorire i popolari su promessa di una somma di denaro; « et esso Gontero hebe a dire ad uno « de nostri nobili: Voi altri gentilhomini, non volete dar niente, et per questo « non haverete gli offici ». δ'ό Anno ΐ5θό lente maestro di artiglieria, ordinandogli di collocare certi cannoni sul colle presso i macelli di S. Andrea e di bombardare via Lata, mentre si raccoglievano forze per l’assalto. Il governatore, impensierito di codesti preparativi, mandò il suo cancelliere Francesco dà Po-gliasca a invitare'gli Anziani e gli otto di venire da lui e cercò d’ indurli a deporre le armi, promettendo che, se al dimani il Fieschi non fosse partito, ve lo avrebbe costretto egli stesso. Gli Anziani si sarebbero torse rimessi ai voleri del governatore se non avesseio condivisa col popolo l’opinione che egli volesse proci a-stillare per dar tempo al Fieschi di ricevere aiuti; percio gli risposero senza ambagi che avrebbero deposte le armi solo quando il loro nemico giurato fosse uscito di città. Allora il Ravenstein, visti inutili i suoi tentativi, acconsentì al loro desiderio e disse che sarebbe andato in persona ad espellerlo, purché tutti giurassero di non far danno al Fieschi, alle sue robe e alla sua gente ed i popolari si ritirassero dal borgo. I rappresentanti del popolo fecero le promesse e riferirono la decisione ai cittadini in piazza di Marino. Ma ecco sopraggiungere il Pogliasca a chiedere da parte del governatore che si permettesse almeno che Filippino Fieschi rimanesse a palazzo con centocinquanta fanti; gli fu risposto che rincresceva loro assai, ma non volevano che restasse in Genova neppure uno della famiglia. Mentre avvenivano queste dispute, i Polceveraschi, a cui era stato dato al mattino 1’ ordine di passare in vai di Bisagno, erano giunti sulla cima dei monti che separano 1’ una valle dall’ altra; ma quei del Castellacelo, / La sollevazione popolare 37 che erano d’intesa coi nobili, appena li ebbero scorti, ne diedero avviso con due colpi di bombarda e coll’innalzare un segnale; allora soltanto i gentiluomini che si trovavano in via Lata si mossero. 11 governatore, montato a cavallo, recossi alla casa del Fieschi ed accompagnò Gian Luigi fuori di città sino al Bisagno, dove il Fieschi si congedò da lui e, con tutti i suoi, si diresse verso Quarto (‘). L’ onda impetuosa della folla si riversò alle porte per inseguire il fuggitivo, ma queste, chiuse e ben custodite da soldati, resistettero all’ impeto di quella fiumana che arrestossi urlando e tumultuando presso le mura. Intanto la po:ta dell’Arco si aprì a stento per lasciare adito al governatore che, a gran fatica, potè passare in mezzo a tutta quella moltitudine di gente armata e minacciosa e giungere a Palazzo (2). (1) Il Salvago (loc. cit.) narra il fatto un pò diversamente; dice che i5ooo popolari andarono ad assalire Gian Luigi Fieschi nella sua casa e che egli oppose una resistenza così valida, coi pochi uomini che disponeva, da rendere vani i conati dei popolari, i quali certamente sarebbero stati battuti, se il Ravenstein si fosse unito al Fieschi; invece il governatore, mar consigliato da’suoi tamigliari, ordinò al Fieschi di partire e questi dovette recarsi a Montoggio. — Cfr. anche il Memoriale (loc. cit.). (2) Il d’Auton (op. cit., Tomo III, pag. 211) dopo aver parlato della cacciata del Fieschi, aggiunge subito che nella notte una folla di 10.000 popolari cercò di raggiungerlo ad un luogo detto « Carle » (assai probabilmente Quarto) suo possedimento a sei miglia da Genova; ma invano, che egli era giù a Mon-to;;gio. In verità la folla non lo incalzò la notte stessa che fu espulso, ma più tardi e precisamente nella notte tra il 6 e il 7 settèmbre e nel giorno successivo. 4 38 Anno ΐ5θ6 Si eleggono i nuovi Anziani. All’alba del giorno successivo (5 settembre) si sparse la voce tra q-]i abitanti del borgo di S. Stefano che o o le guardie delle porte di S. Stefano e di S. Andrea, aventi una sbarra bianca, erano partigiani del Fieschi e che lo stesso segnale portavano quelle del governatore. Allora essi iti gran fretta si armarono ed assa- o lirono la torre di Sant’ Andrea, le porte dell Ai co e di S. Stefano, occupandole senza fatica e ponendovi a custodia i loro uomini ('). Il governatore, vedendo che le cose prendevano una cattiva piega, per placare gli animi esagitati anche dalle notizie che il Fieschi s’era fermato a Quarto e che gli giungevano rinforzi dalla Lombardia, ~ o o < > permise che nello stesso giorno si effettuassero le elezioni 1 o dei nuovi Anziani, purché ognuno deponesse le armi e riaprissero le botteghe. Tutti invece rimasero colle arnu celate indosso ed un’ altra volta s’imposero a lui che voleva mandare le cose troppo per le lunghe. Procedutosi alle elezioni, risultarono eletti anziani. Lorenzo Grillo, Simone Saivago, Fixi di Camogli, Gio. Batta Adorno, Ambrogio Lomellino, Giorgio di Moneglia, Bartolomeo di Rivarolo, Raffaele da Passano, Pietro Batta di Levanto, Stefano Morando, Leonardo Calissano. Essi adunaronsi il mattino seguente (6 settembre), ma erano assenti tutti i gentiluomini e mancava pure ( i ) Per queste ed altre benemerenze fu concesso ai due borghi di S. Stefano e di S. Andrea il privilegio di avere in perpetuo in ogni elezione di senatori un loro rappresentante. Cfr. in Appendice Doc. VII. La sollevazione popolare 39 Giorgio di Moneglia, il quale fu surrogato da Luigi di Odone e poi da Vincenzo d’Oliva: quel giorno stesso fu formato l’ufficio di Balia, che scelse sei capitani coll’incarico di raccogliere fanti per guardia della terra e questi furono: Brizio Giustiniano, Paolo da Novi, Francesco d’Arquata, Pantaleo Navone, Vincenzo Vinelli, e Pietro Calizzano (1). Benché il popolo fosse stato soddisfatto nei suoi desideri, non si acquetò ; ora voleva che il Fieschi, il grande nemico dei popolari, lasciasse Quarto; perciò la domenica a sera fu mandato avviso ai Polceveraschi, a quei di Sestri, di Voltri, di Arenzano, di porsi in armi e scendere, .durante la notte, in vai di Bisagno per marciare contro di lui. Gli ordini furono eseguiti, ma i nobili, che avevano poste le loro spie, uditi i due colpi di bombarda dal Castellacelo, lasciarono la notte stessa il paese, e, col Fieschi malato di podagra e colle famiglie dei gentiluomini, ancorché lentamente, si diressero alla volta di Recco. Ouella turba di eeute ^ o armata che, secondo l’anonimo del diario , ascendeva a circa seimila uomini, li incalzò fino a Recco; ma quando il Fieschi ebbe passata Ruta e fu nel territorio di RapaUo, facendosi notte, ritornò sulle proprie orme e si fermò a dormire fra Ouarto e il Bisagno. o (1) Sotto questa data Filippo di Cleves e gli Anziani inviavano una lettera patente a tutti i religiosi di Genova, raccomandando loro di pregare per la salvezza dello Stato. Sul foglio veggonsi le firme dei priori e delle madri supcriore dei monasteri di Genova colle curiose dichiarazioni di aver « presa visione » della lettera e di pregare per la pace cittadina. Cfr. in Appendice 40 Anno ΐ5θϋ Politica del, Cleves. A Genova nel frattempo erano avvenute altre novità; quella stessa mattina si era intercettata una lettela del nobile Angelo Ceba, riparato con altri in S. biancesco d’ Albaro, diretta a Savona, nella quale, fatto cenno della partenza forzata da Genova del Fieschi, si lamentava della mala fede del governatore, che in Asti aveva assicurato i nobili di rimetterli al potere e dopo era venuto meno alla promessa, esprimeva il dubbio che in questo mutamento avesse avuto molta parte il Roc-cabertino, amico dei popolari, il quale avrebbe con denari fatto mutar pensiero.al Ravenstein « percioche lo governatore per dinari faria ogni cosa » (')· Con tali irrefragabili prove della poca onestà del Ravenstein 1 popolari non frapposero indugi e si recarono subito dal governatore ; egli, veduto inutile il negare, dimise ogni orgoglio e si dichiarò pronto a fare tuttociò che al popolo piacesse, aggiungendo proteste di amicizia e offien- fi) Qualche documento d’archivio lascerebbe adito a dubitare non in giusta l’accusa di quel nobile. Ve n’é uno del 3i agosto i5oó nel quale gli Anziani « videntes dominum Gubernatorem cupere ut perficiatur opus so « lacij (?) iam diu inceptum, cupientes inhonestis quantum fieri possit gru « tiiicari excellentie sue » deliberano « ducatos centumquinquaginta ditto « operi » ed ordinano a Gaspare di Goano e Francesco di Arquata di regolar bene le spese. — Il 2 settembre troviamo il mandato di pagamento della suddetta somma ai due incaricati « super fabrica solacii quod construi facit « 111. d. Gubernator » (Diversorum Reg 170.). II 25 settembre 15o6 il go/ornatore domanda « pro quadam sua necessitate » una anticipazione di 4O0 scudi sul suo stipendio del gennaio venturo, che gli viene accordata (Diversorum Reg. 170). L’ 8 ottobre lo stesso Cleves domanda che gli si anticipi la paga del futuro anno 0 almeno Libre 1600. (Diversorum Reg. 17° λ Ora questi ultimi due atti danno motivo a dubitare che l’anticipazione non fosse chiesta per bisogno, ma con la mira di estorcere somme dai popolari. La sollevazione popolare 41 dosi persino di presenziare egli stesso un grande consiglio che dovevasi tenere nel pomeriggio in S. Maria di Castello perchè i popolari non volevano farlo a Palazzo; ma da ciò venne dissuaso, dicendogli che bastava la presenza del suo luogotenente ('). Consiglio in S. Maria di Castello. Così fu fatto: il Roccabertino aperse 1’ adunanza pronunziando alcune parole d’occasione, poi si lesse l’ordine del giorno che si può ridurre a questi termini : poiché le elezioni non si erano potute fare per certi « travagi » il 31 agosto, il governo aveva prorogato di qualche giorno il potere degli Anziani di vecchio e dei dodici pacificatori, ma il sabato 5 settembre, s’erano improvvisamente eletti i nuovi Anziani; ora si chiedeva al popolo di sanzionare tutta l’opera dei vecchi Anziani e dei dodici pacificatori e di confermare la creazione dei faxori (facitori? elettori?) e la elezione degli Anziani e degli officiali di Balia; si chiedeva inoltre che ai detti officiali si concedesse larga e grande balia « tanta quanta mai ufficio alchuno hagie havuo », e poiché dei dodici Anziani quattro (i nobili) non officiavano, si chiedeva che, degli altri otto, sei bastassero a rendere valide le deliberazioni. Apertasi la discussione, Raffaele de’ Fornari, prendendo la parola, loda la liberalità del luogotenente, propone che il consiglio ratifichi e confermi ciò che si era fatto dal 19 luglio in poi, dichiara che gli Anziani e gli altri officiali debbano essere sempre eletti secondo (1) Per maggiori particolari sugli ultimi avvenimenti qui descritti, vedasi Diario 5, ΰ, y settembre. 42 Anno 1Ó0Ó la riforma ormai approvata dallo stesso governatore, approva gli ampi poteri dati all’officio di Balia e la sua durata fino alle calende di febbraio, non accetta però che sei Anziani soltanto abbiano il potere di discutere e deliberare, ma solo di surrogare. Messe ai voti le proposte, sono approvate e rese leggi (')· H Roccabertino, prima di licenziare l’adunanza, fece noto che il governatore perdonava a tutti coloro che in quello scorcio di tempo avevano impugnate le armi e a quelli che avevano commessi malefici; ma desiderava che il popolo giurasse di nuovo fedeltà al re. E qui molti, senza che si fossero intesi prima sul loro parere, si alzarono dai loro scanni ammettendo eh’ era giusto rinnovare il giuramento; ma i più accorti ingiunsero loro di sedersi, dicendo che non vi era punto bisogno di giurare fedeltà, (i) Diversorum Reg. 170. Pel nome « Faxori », benché abbia cercato tale parola in tutti i dizionari storici e nei glossari medievali liguri non ho trovato alcun cenno su di essa; mi sembra dal contesto del discorso e dallo studio della parola che essa debba indicare degli elettori, persone scelte fra il popolo e aventi diritto a dare il voto; una specie insomma di suffragio limitato. Credo anche di riconoscerli nei trecento cittadini invitati all’adunanza. (Clr. Diversorum Reg. 170-An.i 5o6,7 settembre) «Cum ad conspectum 111.mi <· domini Philippi de Rochabertina Locumtenentis, IH.mi domini Gubernatoris « et Magnifici Consilii dominorum Antianorum communis Janue, Vocata fuis-« sent Magnifica et spectabilia Officia Balie, monete et Sancti Georgi que « in legitimo numero convenerunt ordinatiunque fuisset trecentum cives ser· « vatis coloribus iuxta formam nove reformationis citari debere in claustro « S.te Marie de Castello et aliqui ex ipsis diligenter perquisiti per targietas « inventi non fuerant et preter eos magnus in dicto claustro aliorum numerus « convennisset post aliqua verba habita per prefatum d. Locumtenentem ». etc. Anche in un atto del 10 settembre (Diversorum Reg. 171) si legge che gli Anziaii ed il governatore convocano, oltre agli officiali della Balia, della Moneta e di S. Giorgio, trecento c'ttadini. La sollevazione popolare 43 poiché alla fede una volta giurata i popolari non erano mai venuti meno e che, se quello fosse proprio un desiderio del governatore, attendesse che i gentiluomini rientrassero in città e così si giurasse tutti insieme, perchè essi, essi soli erano i veri ribelli alle leggi e al re; essendo cosa oramai nota che, a vendicarsi dell’onta patita, i nobili avevano promesso ai soldati il sacco della città, eccettuati quattro monasteri e S. M. di Castello, per tre giorni, ciò che sarebbe certamente accaduto se i popolari, specialmente il popolo minuto, non avessero con pronta e provvida decisione, espulso il Fieschi da Genova. Così ebbe termine in mezzo alla sovreccitazione degli animi la tempestosa adunanza ('). L’agire del governatore lasciò adito al sospetto che, col scendere della notte, egli volesse rifugiarsi in Castelletto; perciò, oltre a disporre guardie in ogni luogo, e sbarrare le vie di S. Domenico e di Piccapietra conducenti dal Palazzo al Castelletto, furono suonate a stormo per ben tre volte durante la notte, le campane per tener deste le scolte; sicché « lo governatore con tutta la sua gente stava con grandissima paura ». (1) Così dice il Diario ma, per riguardo al giuramento, pare che i popolari annuissero ai voleri del governatore; nella lettera infatti del 9 settembre a Luigi XII è detto che, sebbene non fosse necessario nuovamente giurare una fedeltà che era sempre stata conservata, pure, perche fossero meglio chiariti i loro sentimenti, avevano ordinato che per la domenica 13 settembre, si prestasse un nuovo giuramento, col patto che fosse lecito al popolo di prendere le armi ogni qualvolta occorresse e per la difesa della terra e per l’offesa contro i nobili ed altri che volessero turbare la citta. (C.r. Do: X). Non ci è dato appurare se q lesto giuramento fu veramente prestato dal popolo. \ \ 44 Anno l5o6 Poro LO GRASSO E POPOLO MINUTO. A questo punto nasce spontanea la domanda: a codeste gravi sollevazioni, a codesti violenti moti popolari aveva partecipato tutto il popolo senza distinzione ? Negli ultimi torbidi appare evidente che vi ebbe parte quasi soltanto l’infima plebe; il « popolo grasso x era ornai sazio di grida di guerra ; contento di aver fatti valere e vendicati i suoi diritti, si sentiva turbato da tanto frastuono d’armi ; ora desiderava di vivere in pace, voleva attendere ai suoi traffichi e conservare le ricchezze accumulate con tanti stenti ; inoltre doveva a poco a poco infiltrarsi in esso il timore che, ad una più vigorosa riscossa dei nobili, esacerbati dalle umiliazioni subite e dalle delusioni provate, la città non venisse di nuovo turbata e sconvolta e ad essi dovesse toccare la peggio. Per converso la demagogia imperava; l’infima plebe, che aveva prestata mano forte ad altri per difendere i comuni intei essi, fatta ardita e procace nei torbidi e nel maneggio delle armi, ora aspirava ad imprese guerresche; era fiera di aver rintuzzata la superbia del Fieschi facendolo fuggire davanti a sè; era conscia della sua grande forza dacché aveva visto il burbanzoso e superbo governatore piegarsi e cedere ai voleri di lei. Era adunque lei, era la marmaglia, quell’accozzaglia di gente detta per dispregio « le cappette » per le sue cappe rappezzate, stinte e sdruscite, composta di artigiani male in arnese, di cittadini scioperati, non padroni d’altro che di quei miseri cenci serrati alla vita da una povera cinta, quella che imperava, ed è appunto da questo tempo che appare La sollevazione popolare decisala divisione del popolo minuto dal popolo grasso ('). Non si deve però credere che nei suoi clamorosi successi questa folla petulante, riottosa, violenta, agisse da sola e di sua spontanea volontà, no, essa ebbe i suoi capi valorosi ed audaci che la spinsero dapprima alla rivolta poi ad imprese perigliose e dirò anche gloriose. La Riviera di Levante tolta al Fieschi. Cacciato il Fieschi da Genova, sorse, quasi come naturale conseguenza, il desiderio di togliergli anche il comando della Riviera Orientale, che egli teneva per consenso del re. A questo punto è bene avvertire che le due Riviere non dipendevano direttamente da Genova. Nelle città della Riviera di Ponente eravi un capitano, delegato dal Governo francese, il quale non aveva alcuna cura del territorio che era sotto la sua giurisdizione, anzi molto spesso non vi si faceva vedere che al momento di riscuotere il denaro dovutogli pel suo officio (5). (1) 11 Senarega (op. cit., col. 586) descrivendo la cacciata di Gian Luigi afferma che: « Qui arma sumpserunt soli artifices fuerunt. Nam mercatorum « maxima pars iam fessa domi se continuit, insolentiasque stolidae et vanae « plebis ferre amplius non poterant. Quorum mercatorum vitae quotidie mi-« nitabantur ». E nel documento X si ammette che furono « specialmente li minuti » a non volere in modo assoluto che il Fieschi rimanesse a Genova. Infine Io stesso Salvago op.cit.. pag. 467 afferma « Vray est que jà la insol-« lence du menu peuple estoit despite aux riches principaulx populaires, « et aucun deulx envys voyoyt ceste nouvelle esmocion a Tencontre du dit « de Flesque ». « Cappetta » dice giustamente G. Rezasco nel suo: Dizionario del linguaggio italiano storico ed amministrativo, era quello che in Lucca lo straccione, il ciompo in Firenze, l’uomo senza brache in Bologna, il cucito in Piacenza. (2) Un importante documento sui capitani della Riviera di Ponente e sulla incuria di essi, fu da me trovato nei Diversorum Filza 63 (vedi Appendice, doc. XXIV). Di esso parlerò più ampiamente nel capitolo secondo. Anno l5o5 Quella di Levante invece era nelle inani dei Fieschi. Perciò i capi-popolo fecero conoscere alla plelte quanto importasse che Genova ottenesse il comando delle due Riviere, poiché al vantaggio materiale si sarebbe aggiunto quello di togliere ai nobili l’occasione ed i mezzi eli vessare il governo del popolo, e così fu deciso, consentendolo il governatore, di inviare quattro commissari nella Riviera di Levante con mandato di levarne il comando ai Fieschi. La mattina dell’ 8 settembre due brigantini veleggiavano alla volta della Spezia e di Chiavari; su quello che dirigevasi alla Spezia erano commissari: Agostino de Ferrari ed Antonio di Albaro; su quello diretto a Chiavari : Manuele Canale e Gio. Batta Luxardo. I commissari per la Spezia, giunti a S Vito, sbarcarono per rendersi conto delle condizioni interne della città e per intendersi coi sindaci di essa che avevano fatti chiamare; ma le trattative con loro e col consiglio minacciavano di andare per le lunghe quando, presentatosi Giovanni di Biassa e proffertosi di prender la città senza colpo ferire, non trovarono difficoltà a permettergli la prova ; ed egli, avviatosi con dieci o dodici uomini, entrò senza alcuna opposizione nella terra, mentre quelli del partito opposto prendevano la fuga. Così la Spezia passò in potere dei commissari (9 settembre 1506), i quali provvidero subito a farsi mandare da Sarzana trenta balestrieri e cinquanta tanti per la guardia delle fortezze ('). Gli altri due (1) Nella lettera del 9 settembre, inviata a Nicolò Oderico (cfr. Doc. X'· lo si informa cY?, non potendosi più rattenere « lo impeto de’ populi » si era dovuto manJ ire il giorno prima (8 settembre), con piena conoscenza e La sollevazione populare 47 commissari non ebbero egual fortuna; trovarono in Chiavala una guarnigione di 300 uomini inviati da Gian Luigi Fieschi, che allora era a Fontanabona, sotto il comando di Anton Maria Fieschi, il quale non fu per nulla intimorito nè dall’arrivo del brigantino, nè dalle lettere che i commissari gli inviarono, anzi minacciò di impiccare consentimento del governatore, quattro commissari nella Riviera di Levante per toglierla al Fieschi e ridurla sotto il diretto dominio di Genova. Tutto ciò era scritto bensì nella lettera all’ambasciatore, ma non in q ella diretta al re, nella quale si accennava soltanto il vivo desiderio di Genova che, per la quiete della città, « la riviera di levante e altri lochi del comune » venis sero « reduti sotto la signoria de Monsignore il Governatore ». All’Oderico si diceva che, nel caso il re venisse edotto da altri dell’impresa della Spezia gli spiegasse che nella lettera direttagli non se n1 era fatto parola, perchè la strettezza del tempo impediva di ricevere notizie dai commissari inviati nella Riviera di Levante. In verità non si comprende la ragione di questo sotterfugio quando gli Anziani sapevano che il governatore stesso mandava egli pure al re il luogotenente della sua milizia « nominato Monsignore de la Cletta « per referire a boca a la Regia Maestà tuti li progressi seghuiti ». Forse si spiega col fatto che gli inviati impiegavano più tempo delle lettere a giungere a destinazione. L’Oderico infatti, partito il 6 agosto da Genova, non arrivò certamente a Blois che agli ultimi del mese, poiché la prima sua lettera, inviata dalla corte di Francia, porta la data del 1. settembre. Anche la scusa del tempo, che impediva di mandare notizie sulla spedizione nella Riviera, è mal trovata, poiché a Genova nella notte del 9 dovevano attendere di minuto in minuto le prime notizie; e queste dovettero giungere nel mattino del 1 o, essendo state spedite il giorno innanzi dai commissari, una all’ora XVI.a; l’altra alla XlX.a. Nella prima (che è tuttora conservata, sebbene in istato miserando, nei Diversorum Filza f>J) i commissari avvisano di essersi trattenuti a S. Vito, presso la Spezia, avendo inteso « in « castello e bastita esser da homini quaranta tuti subditi del Signore Jean « Luise ; nella terra esser da homini cento. » Il resto della lettera è quasi incomprensibile; manca totalmente il centro del foglio e sopravvanzano soltanto i due lati. Nell’altra, scritta dalla Spezia tre ore dopo, sonvi le notizie che ho esposto, ed è riportata in Appendice, Doc. XII. 4C' Anno ΐ5θό il messo se tosto non si fosse tolto dal suo cospetto. Ora è bene a sapersi che il io settembre si teneva in Genova un grande consiglio per deliberare sull’ aboliz’one della gabella del grano e sulla diminuzione di quella del vino; l’incarico di studiare la questione venne affidato a V incenzo Sauli, Demetrio Giustiniani, Angelo di Corvara e Manuele di Canale, i quali dovevano anche rivedere i debiti di S. Giorgio ('). Durante questo consiglio il gover- (i) Cfr. Diario, data corrispondente ; Senarega op. cit., col. 585 ; la relazione completa di questa seduta si trova in Diversorum Reg. 171. In questa relazione è detto che il governatore e gli Anz ani convocarono l’ufficio della Balìa, della Moneta e di S. Giorgio, più trecento cittadini e uttii consoli delle arti dilla città per deliberare i pieni poteri agli officiali eletti a diminuire le gabelle sulle vétto >aglie. I nobili, invitati dal priore del Senato, si erano astenuti dal presentarsi e perciò parlò sull'argomento Gerolamo Palmario che approvò la proposta di dare piena balia ai detti officiali e cosi questa passò come decreto. Il i3 se:tembre tre degli officiali eletti e cioè Demetrio Giustiniani, Vincenzo Sauli e Manuele Canale si presentarono agli Anziani per fare correggere alcune frasi del decreto predetto, poiché, senza queste modificazioni, non avrebbero potuto tener concilio in S. Giorgio. E perchè tali correzioni fossero ritenute valide, occorsero le firme di tre cancellieri: Nicola di Brignole, Bartolomeo Senarega e Benedetto di Porto. Ma, ritornando alla questione delle vettovaglie, ricorderò che nel Diversorum Reg. 170, 26 agosto, trovasi l’atto che instituisce questo officio. I nomi degli officiali eletti sono rimasti in bianco, ma l’atto è interessantissimo per la esposizione delle cause che gli dettero origine. Vi si dice infatti che il governatore e gli Anziani hanno avute richieste per la diminuzione di alcune gabelle che gravano sulle vettovaglie e da queste sulle persone povere « que id quod in dies acquirunt expendunt m Victu et substen ratione vite. » È stato loro rammentato « duram esse et crudelem cabellam marmariorum que non solum exigitur a pauperibus personis sed ab illis qui per mille labores et mille mortis pericula victum pro se et familns querunt; esse aliam cabellam pancogolorum que non solum pauperes sed miserabiles personas respicit que ad minutum panem, emunt ad fenestras» Nello stesso re, i;tro e sotto la stessa data vi è un atto pel quale Filippo di Cleves e gli Anziani, visto chele caratate durano da un decennio, La sollevazione popolare 49 natore si dimostrò assai propenso a favorire i popolari e giunse anche a proporre di inviare persona di sua fiducia, accompagnata da uno del popolo, a Gian Luigi Fieschi per intimargli di desistere da ogni impresa a danno di Genova e di licenziare le sue soldatesche. Ai popolari non dispiacque la proposta e scelsero a loro rappresentante Taddeo Pogliasca che partì coll’inviato del governatore e trovarono il Fieschi a Fontanabona giacente infermo nella casa di Rosso Leverone. L’inviato del governatore parlò a lungo e in segreto col capo della parte nobile, nè ci consta di che cosa discorresse; certo è che il Fieschi, dopo un pò di tempo, rispose ad alta voce ad entrambi che avrebbe rispettati i voleri del governatore. Quali voleri? deporre le armi? cessare da ogni ostilità? Gli eventi proveranno il contrario. Il venerdì, 11 settembre 1506, Filippino Fieschi partiva da Chiavari con venticinque cavalli, trecento fanti e cento uomini di Fontanabona dirigendosi contro la Spezia. Gli Anziani tentarono di scongiurare il pericolo, mandando il 13 settembre una lettera ai due commissari della Spezia per avvisarli delle mosse dell'avversario e raccomandar loro di resistere ad oltranza e di ricorrere per aiuti al capitano Pietro Gambacorta pisano, che da Genova doveva andare giusto allora a Sarzana per assoldar gente (‘). Ma era già volendone fare delle nuove per dare a ciascuno il giusto onere, eleggono un oiTìcio coirincarico di studiare le caratate e finire al più presto. 1 nomi degli officiali sono: Luca Gentile, Sisto Lomellino, Benedetto Saivago q. Giovanni, Ambrogio di Promontorio, Vincenzo di Oliva, Luca Giustiniani q. L., Gio-Batta da Lerici, (ìiov. Bochino, Leonardo Calizzano. (1) Cfr. Diversorum, Filza 6!, i3 settembre i5o6. A questa lettera ne era unirà un’altra pei sindaci e pel consiglio della Spezia colla esortazione di resistere al prossimo attacco di Filipp no Fieschi. 50 Anno l5o6 troppo tardi, che il 17 giungeva la notizia avere il Heschi occupata la Spezia e saccheggiate molte case, e i commissari essere stati costretti a ritirarsi a Portovenere ('). Al doloroso annunzio idi animi dei genovesi furono molto o o commossi. V’era chi sosteneva che. se i commissari della Spezia avessero avuti rinforzi, avrebbero potuto resistere, e chi riversava la colpa di non avervi provveduto a tempo su alcuni del popolo grasso e su certi artigiani che non volevano si eccedesse nelle spese; sembra però che la vera causa dipendesse dal fatto che le fortezze della Spezia, erano ancora occupate dalle soldatesche di Gian Luigi ('); comunque in ciò furono tutti d’ accordo, che fosse d uopo riparare all’onta patita e fu deciso di contrarre un grande prestito col banco di S. Giorgio per arrolare tremila fanti (1) Gli Anziani scrivendo nel giorno stesso (17 settembre) allOderico gli davano i seguenti particolari della occupazione della Spezia da parte del Fieschi : « s’ è avuto lettere da li nostri commissarij delaSpecia, ieri scritte « in Portovenere, per le quale advisano como aproximato Ms. Philippo al « dicto loco de la Speda cum assai grande numero de gente, 1 sciteno fora « de la Specia circa 3 00 e li rebutorno al primo; poi crescendo la gente del detto « Ms. Philippino cum P avantagio del loco, furono li nostri rebutati talmenti « che se mesino in fuga e non fa reparo potere retenere il loco. E li nostri « si ritraseno a maio salva tati » (Lettere Minis'.ri Francia, Mazzo 1, n. gen. 2177). (2) E1 bene avvertire che gli Anziani nelle lettere all1 Oderico, aggiungevano che si sarebbe certamente impedita l’occupazione della Spezia se non avessero promesso al Ravenstein di non ricorrere alla forza per respingere il Fieschi, prima d’una risposta dal re. Ed è doveroso l’aggiungere che ciò era stato scritto all’ Oderico anche il giorno prima, cioè quando non era per anco giunta la notizia dell’insuccesso. Genova, scrivevano allora gli Anziani, non si è mossa, giusta la promessa, contro il Fieschi « ben che se seria « potuto, usando la forza, farlo retrahere, ma se pur (il Fieschi) vorrà pro-« cedere avanti, se provederi al bisogno sotto quello meglior modo parirà « necessario » (Lettere Ministri Francia, Mazzo i, n., gen. 2177). Troppo tardi s’era pensato ai soccorsi ! La sollevazione popolare 51 forestieri (’) e corrispondere ai desideri espressi dai due commissari a Portovenere, i quali avevano scritto che per riprendere la Spezia occorrevano buone artiglierie e buoni artiglieri. Da Sarzana, dove poi eransi recati, riscrissero informando il comune dei preparativi che colà si facevano per armare fanti (2). A Genova intanto re-quisivansi le artiglierie dalle navi ancorate in porto, per unirle a quelle che si avevano e, una settimana dopo che la Spezia era caduta in potere del Fieschi, tutto era pronto per la rivincita. Infatti la sera del 24 settembre partivano a quella volta due galee, una barca da nave carica di artiglieria e qualche brigantino (3). Sulle galee erano imbarcati i commissari, Bartolomeo de Franchi Luxardo e Simone Giovo a cui era stato data una istruzione che doveva servire anche per gli altri sei inviati nei giorni (1) Vedi Diario, 17 settembre. (2) Cfr. Diversorum, filza 63, 20 settembre i5o6. l)i fanti ne furono armati i5oo in quei giorni. Diario, 2 5 settembre. (i) In questo stesso giorno 124 settembre) usciva una lunga grida comminante molte pene pei nob'li e pei fautori di nobili. Il Diario ne dà un sunto largo ed accurato ; ma cita soltan'o alcuni nomi dei banditi. Io ho rinvenuto nei Diversorum, Filza CJ, l’originale del proclama e da esso tolgo i venti nomi dei nobili e favoreggiatori di nobili banditi da Genova. « Proclama di bando di nobili o fautori di nobili. Li nomi de li quali Banditi sono: 1. Andrea Garaventa — 2. Berthomè Amandoresi - 3. Philippo Aman-doresi — 4. Simon Scarpa, li altri — 5. Pelegrin Scarpa, li altri - 6. Babilan Serexino — 7. Joannetin da Montobio — 8. Menegolo maraggian — 9. Cro ziglia — 10. Beneitin Cangialanza — 11. Ilieronimo Tasorello — 12. Matheus Mochonexi — :3. Abraam de Rochataglia - 14. Stevanino de Fontanabona dicto rosa — i5. Ilieronimo de Fontanabona — 16. Menegolo de amigheto 17. Ihecheto de avancino - 18. Negrin de Montobio — 19. lo lìglio Conte de Fontanabona — 20. Perrin de Arato. 52 Anno ΐ5θ6 precedenti (‘). L’ istruzione si rivolge subito a questi dicendo che siccome essi medesimi aveano giudicata non molto difficile l'impresa della Spezia se si fossero provvedute le cose necessarie; così il comune inviava le due galee ed il brigantino di Marco Jambone con artiglici ic, polveri ed altri « inzegni a quelle necessari » insieme col maestro Ambrogio Gioardo valente artigliere. Nelle dette galee v’erano pure tre comandanti pisani di cavalleria leggiera, molto esperti nelle armi e ciascuno di essi aveva sotto di sè venti soldati. L’istruzione contiene ancora qua e là ripetute esortazioni di usare molta prudenza e di badare a custodire le artiglierie (77): ni a ( i Ί Istruzioni e relazioni, 2707 c. Alla line dell’istruzione si ricorda che ' fi// 11 · sulle galee vennero caricati 100 lancioni, 16 casse di passadori, 000 ro 1 di filo da balestre e 70 corazze e che tutto sarà distribuito ai soldati che lo pagheranno sul loro soldo. — Segue un inventario di tutte le munizioni rac colte nelle navi, che credo non inopportuno presentare al lettore, come esempio d’un armamento del tempo. (Instructiones et Relationes 2707 c. -4 settembre). die ΧΧΠΙΙ dicti inventario de diverse munitione mandate a la Spezia cossi cum le galee corno cum altri vascelli. E primo: Tragioni doi de corda per tirare 1 artagiaria carrigati in la barca de nave in peizo eant. 1I1I n. XXXX111 peci II. Poi . ere Barrili X carrigate in la galea Da/ania nec deducto le tare eant. X, lib. LXXV1I bar- X’ petre LXV per li canoni desgrossiate in la dieta galea Davania pet. LXV. petre de petra a n. CXV per canoni carrichati in la barcha de la nave, petre CXV. Coffe a n. XXXXVIII carrigate in la barcha predicta, colf. XXXXVIII. Lanterne a n. XXIIII carrigate in la dieta barca, pec. XXIIII· Petre di ferro coliate (sic) grosse XXIII carrigate in dieta barca, pet. XXIII. Badillli XXIIII manichati carrigati in dieta barca, badili XXIIII- Sape manichate XI carrigate in dieta barca, sape XI Picocie manicate carregate in dieta barca, pec. VI La sollevazione popolare 53 di prudenza e di bellici strumenti non ve ne fu bisogno, perchè la flotta di Genova giunse alla Spezia (25 settembre) quando già il Fieschi, avuto sentore dei grandi preparativi fatti a Sarzana ed a Genova, s’era ritirato a Beverino, lasciando guarniti il castello e la bastia. Il 26 settembre presi anche questi, fu subito deciso di muovere contro Chiavari, l’ultima piazza forte del partito fieschino che rimanesse ancora nella Riviera Orientale ('). La spedizione fu accortamente combinata e Genova vi impiegò il maggior contingente di forze che le fosse possibile Infatti, mentre le milizie raccolte a Sarzana movevano dalla Spezia per via di terra alla volta di Chiavari e le galee le seguivano costeggiando, Genova inviava per mare Battista Cipollina e Battista Tasistro ad occupare Sestri Levante con duecento fanti (2); alcuni commis- Piconi manichati in dieta barca, pec. X. Pichete per pichare petre in dieta barca pec. VI Balotole de piombo cum li soi dadi de ferro in dieta barca pec. CCCXYI Dadi de ferro in dieta barca pec LXXVIII Brandoni XII de cera carrigati in li leudi de portofino pec. XIII Candelle de sepo (sego) mazzi XXXXI1II in uno barrile in dicto leudo bar. 1. Pali de ferro VI carrigati in dicto leudo pec. VI Le artegliarie sono canoni IV e colobrine sexe cum le carrete e tuti li loro aparati (1) Il 26 settembre 15o6 i commissari mandavano dalla Spezia avviso che sarebbero andati subito contro Chiavari; nello stesso giorno ne spedivano un secondo « ora quarta noctis » in cui correggendo il primo asserto, annunziavano la partenza per Chiavari la mattina seguente e che alla Spezia sarebbero rimasti i commissari B.irtolomeo de Franchi e Simone del Giogo con 200 soldati e chiedevano rinforzi per questi ultimi. (Diversorum Filza 63, 26 settembre). (2) Vedi in Appendice, Doc. XIII. 5 54 Anno ΐ5θ6 sari poi, che si erano recati già da qualche giorno in vai di S tu ria e in vai di Castiglione per raccoglici e fanti, si tenevano pronti ad accorrere al bisogno. Lia un accerchiamento completo. Prima di venire alle mani la Repubblica inviava due commissari : Luigi 1 entema e Pantaleone de Franchi a Chiavari per chiedere 1 obbedienza al comune in modo pacifico ('); ni a anche qui i due commissari non trovarono più il nemico ( ), chè nella notte precedente Antón Maria Fieschi, con tutte le sue soldatesche , comprendendo inutile la resistenza, aveva lasciata la città. Così il 28 settembre Luigi Pentema e Pantaleone de Franchi potevano scrivere dalla stessa cittadella di Chiavari al governatore ed agli Anziani che la città si era sottomessa e che vi avevano posto a presidio cento fanti dei duecento inviati a Sestri (’). In tal modo alla fine di settembre il popolo minuto aveva sottratta completamente la Riviera di Levante al Fieschi. (1) Vedi le istruzioni date ai due commissari pubblicale da ArturoFkr-retto nella « Illustrazione Storica della strofa: Rapallin sottaera gatti Sotto e porte di sordatti » ecc. ecc. pag. 12-14. (Genova Tipografia Casamara, 1902). (2) Essi portavano seco le lettere patenti che incominciavano cosi: « Essendo « riducte tutte le Rivere a la obedientia de la Christianissima Maestà del Re « e de lo excelso comune de Genoa: et essendo solo Chiavari contumace, « habiamo electo et per la virtù de la presente elegiamo li prestanti homini « Lodisio de pentema e Pantaleone de Francis commissani nostri exhibitori « de le presente per transferirsi al dicto loco de Chiavari et da voi predicti « presidenti, conseglio e popolo rechiedere la obedientia in nome nostro e « lo dominio et signoria del dicto loco et recevere la detta obedientia »; seguono minacce di guerra se non si ubbidirà alla ingiunzione. Politicorum Mazzo 3 [ 1649, 2 7 settembre i5o6. (3) Diversorum Filza 63, 28 settembre i5o6. La sollevazione popolare 55 È vero che a Rapallo e a Chiavari restò sempre un nucleo di partigiani di quella famiglia e che si ebbe di quando in quando qualche avvisaglia tra questi e i popolari, ma furono fatti di non molta importanza per la storia generale della Liguria ("). Alfonso del Carretto riacquista ii, Finale. A questo fervore di conquista successe una breve sosta per approntare i festeggiamenti al Re d’Aragona Ferdinando il Cattolico che, nel suo viaggio verso Napoli, doveva passare anche per Genova. Si erano eletti dodici deputati per accoglierlo degnamente (2); ma non erano riusciti ad avere dalle casse dello stato i denari occorrenti per le spese, perciò il 28 settembre, nella imminenza dell’arrivo, si dovette ricorrere ad un imprestito dai banchieri e la obbligazione di questo venne assunta dagli stessi dodici deputati, come era solito fare l’ufficio della moneta ed altri'in simili frangenti ; veniva inoltre ipotecato anche il « diritto della Spagna » (3). L’avvici- (1) Cfr. Arturo Ferretto, op. cit. (2) I nomi di questi dodici deputai sono : Bricio Giustiniano, Lazzaro Piccinotto, Battista Scalia, Gerolamo Logia, Quilico Cavallo, Lorenzo Cattaneo, Gerolamo Sauli, Teramo Centurione, Francesco Saivago, Gerolamo Giudice, Ralfaele Raggio, Ansaldo Lomellino. Diversorum Reg. 170, 29 settembre. (ì) Cfr. Diversorum Reg. 170. La deliberazione del prestito fu fatta il 28 settembre, ma l'obbligo che i deputati ai festeggiamenti dovevano accollarsi per debiti fatti pel comune pare non fosse molto accetto a due di essi, Ansaldo Lomellino e Lorenzo Cattaneo, che tentarono esimersene, senonchè gli Anziani, nella seduta del 29 settembre, decisero che essi pure dovessero portare lo stesso tributo degli altri e quindi fossero tenuti come obbligati ai banchieri. Questi banchieri, come vedesi in un altro atto registrato nello stesso registro Diversorum 170, 29 settembre, erano Anfreone Usodimare, Antonio Sauli, Gio. Batta Adorno, Pietro Sauli, Andrea Ciceri, Acelino Saivago, Marco Grimaldi, Cristoforo Spinola ed i tigli del fu Lazzaro dOria. 56 Anno ΐ5θ6 narsi della flotta aragonese a Genova diede occasione ad Alfonso del Carretto di rioccupare in un modo veramente curioso il suo marchesato di Finale, del quale lo aveva spodestato il fratello Carlo Domenico, vescovo d’Angers, innalzato alla porpora cardinalizia da papa Giulio II. Il cardinale, dimorando a Roma, aveva lasciato a Finale il Fratello d. Luigi, il quale appunto in quel tempo, attendendo di ora in ora il passaggio della flotta aragonese dinanzi al borgo, vegliava anche la notte in lieta compagnia, composta specialmente di nobili fuggiti da Genova, per accogliere onorevolmente e piestare il dovuto ossequio ai reali di Aragona, se questi fosseio scesi a terra. Pareva quasi certo che essi dovesseio giungere a Finale la domenica 27, invece si ebbe notizia a Genova che vi sarebbero giunti il lunedì 28. Allora Alfonso del Carretto che era in città, ove doveva essere tenuto in grande estimazione, poiché nel 1501 elcl stato affidato l’incarico di domare i Corsi ribelli al dominio della Repubblica, pensò di approfittare di questo ritardo, e della poca vigilanza che vi doveva esseie allora al castello di Finale, e, chiesti aiuti a Genova dietro promesse di rimanere fedele al govèrno eli essa, con 400 uomini, imbarcati su diversi lendi e brigantini, si diresse alla volta di Finale. Arrivatovi nel cuoi della notte, egli divise la sua gente in due squadre, delle quali una marciò verso il borgo, Γ altra, da lui capitanata, salì al castello preceduta da un uomo recante in mano una torcia accesa. Giunti dinanzi al castello gridarono di aprire chè vi era il signore. Quelli di dentro, La sollevazione popolare 57 di nulla sospettando, spalancarono le porte, e così venne preso il castello ed il borgo da cui fuggì a gran fatica, d. Luigi « che vegiava in gaudeamus » ('). Ferdinando il Cattolico a Genova e a Portofino. Il 30 settembre tutta Genova era in festa pel prossimo arrivo della (lotta aragonese. Giungeva da Napoli a rendere onore al suo re, il gran capitano Ferdinando Gonzales che aveva conquistato il reame di Napoli alla corona di Spagna. Tre dei dodici cittadini deputati pei festeggiamenti movevano incontro alla flotta per presentare al re le felicitazioni della città e la preghiera di voler discendere a riposarsi e a ricevere l’omaggio e le dimostrazioni di gioia dei cittadini (2). Il 1. ottobre la (1) Cfr. Diario: 27 Settembre: Il Guicciardini nella sua Storia d'Italia curata da Gio. Rosini, Capolago, Tip. Elvetica, 1836, Tom. Ili, pag. 209 dà queste notizie : Il cardinale di Finale si chiamava Carlo Domenico del Carretto ed era fratello di Fabrizio, gran maestro di Rodi, di Alfonso I, favorito di Massimiliano imperatore, di Luigi vescovo e conte di Cahors. Negli « Elogi dei Liguri illustri » Genova, Tip. Ponthenier 1846, si trova anche un Elogio di Fabrizio del Carretto (Tomo 1. pag. 3 i8)scritto da Antonio Brignole Sale,che magnifica le virtù ed i fatti gloriosi di questo nobile signore, eletto nel 1513 gran maestro della religione di Rodi. Nelle note vi sono copiose notizie sulla 'amiglia del Carretto e da esse ci risulta che Alfonso fu primogenito dei figli di Galeotto a cui succedette nel Marchesato di Finale. Massimiliano I, lo creò Vicario dell1 Impero. Ebbe per moglie in prime nozze una milanese di casa Simonetta; nelle seconde una Cibo, nipote di papa Innocenzo Vili, la quale sposò, dopo la morte di lui, Andrea dOria. Carlo Domenico del Carretto, più conosciuto sotto il titolo di Cardinale del Finale, servì il re di Francia Luigi XII; Giulio II gli diede la porpora nel i5o5; mori nel 1513. (2) I tre deputati furono: Lorenzo Cattaneo, Gerolamo Giudice e Lazzaro Picchiotto. Le lettere credenziali da consegnare al re, si trovano in Litterarum Reg. 4711823 ; le istruzioni, nell1 opera già citata del Franzoni (Archivio di Stato di Genova, Ms. n. 652, pa0\ 1170. 58 Anno l50ò flotta era in vista di Genova ; la citta aveva fatti gran dissiini apparati per accogliere degnamente i teali ; si erano allestiti sontuosi appartamenti per ospitai li e si era fatto incetta di molte vettovaglie pel seguito, nel tempo della loro dimora (I). lutto il clero e le autorità, avviatisi in grande pompa al porto per fare un ìicevimento solenne, attendevano allo sbarco il re e la regina pei quali era stato approntato un magnifico baldacchino. La folla accorsa era tanta che « dalla piazza dello Molo fino in cima ad esso non saria potuto gittaie in terra una grana di grano »; ma 1 attesa fu vana, che i reali non scesero a terra (2). Lo smacco per i popolari non poteva essere più grave; essi ebbero motivo a supporre che i gentiluomini ed il governatore , i quali erano andati fin sopra Sestri Ponente incontro al re, lo avessero dissuaso a scendere a terra. Da parte sua il re doveva avere delle forti ìagioni per non mettere piede in Genova; la città checché ne dicessero i popolari, non era nè calma nè tranquilla. È vero che quasi cotidianamente gli Anziani mandavano lettere e messi al re di Francia con proteste di (1) In Diversorum Filza n. 6j, 3o settembre, trovasi l’ordine a tutti i rettori, podestà ecc. delle Riviere di inviare a Genova tutto il pesce che potranno raccogliere. (2) Vedi maggiori particolari in Diario, 3o settembre i506. Gir. pure la cronaca del Salvago, op. cit., pag. 46C. Il Senarega, op. cit., col. 587, da la stessa notizia, mi erra la data delPavvenimento. Secondo lui la flotta aragonese entrò nel porto di Genova « primo die Kalendas Decembris »■ Naturalmente il Giustiniani (op. cit., pag. 621) ripete Terrore, ma i documenti da me portati provano a esuberanza che la data giusta è quella del Diano. La sollevazione popolare fedeltà e di obbedienza e con assicurazioni della più grande quiete interna, ma i fatti non corrispondevano alle parole, poiché Γ infima plebe ed il popolo minuto erano sempre agitati. In tali condizioni Ferdinando il Cattolico, che, in quel periodo di tempo, era in tregua con'Luigi XII, doveva pensare che sarebbe tornato gradito al re di Francia non accogliere gli omaggi di una città poco obbediente al suo governo e che altrimenti, avrebbe forse potuto far nascere il sospetto di volere approfittare della occasione per allettare ed attrarre a sè gli irrequieti spiriti genovesi (‘). Il domani (2 ottobre) lo flotta aragonese volgeva le prore verso Portofino dove, in causa dei venti contrari, fu costretta a gettare le ancore e fu là che i genovesi portarono al re tutte le vettovaglie che avevano preparate pel suo arrivo e che egli accettò con grato animo (J). La sua dimora a Portofino si protrasse più di quello che egli avesse previsto, anzi fu là che gli pervenne il 5 ottobre la notizia della morte di suo genero Filippo, re di Castiglia, a cui aveva lasciato la cura del reame d’Aragona, e l’anonimo diarista ricorda essersi colà re- (1) Sembra che i genovesi approfittassero realmente della sua venuta in Genova per offrirgliene la signorìa. Non abbiamo doc-unenti per provarlo, ma è certo che alcuni mesi dopo il re di Napoli affermò agli ambasciatori di Francia e di Genova che una tale proposta gli era stata fatta. Cfr. Diario 2 e 5 febbraio 1507. (2) Non gli fu portato però il ricco baldacchino o pallio che era stato ordinato pel suo arrivo. Esso fu invece consegnato ai Priori della devozione di S. Gio. Battista affinchè lo custodissero in nome pubblico per ornare la cappella del Precursore ed onorare altre reliquie nelle processioni. Diversorum Reg. 166, 9 novembre i5o6. (,0 Anno l5o6 cati da Genova « diversi'calzolari con drapi neri » e di averne venduti assai ('). Continuando a soffici) e i venti contrari, gli Anziani inviarono (io ottobre) al 1 e I ei clinando i tre cittadini : Gerolamo Palmaro, Piancesco Spinola e Gerolamo Botto per fargli omaggio, offrirgli i propri servigi, condolersi della morte del geneio, e tenergli compagnia fino a tanto che Sua Maestà non avesse dato ordine di levare le ancore ('). La plebe potente e prepotente. In Genova le cose andavano ognora più abbuiandosi. Il popolo sempre sospettoso e pronto a vedere (1) Cfr. Diario, 5 ottobre; Cronaca del Salvago,pag· 4-66i Annali del Senarega col. 587. L’arciduca Filippo aveva sposata Giovanna figlia di Per dinando e di Isabella la Ca'tolica nel 1496, all’età di 17 anni. Ambedue salir no al trono di Castiglia, ceduto loro da Ferdinando, nel i5o4, ma il giovane re di Castiglia morì in Burgos il 25 settembre i5o6. La morte di Filippo fu da alcuni attribuita a lento veleno, da altri ad altre cagioni. Giovanna, che era già stata attaccata da malattia mentale, perse completamente la ragione in seguito alla morte prematura dello sposo e non la riacquisto più mai. Morì nel 1 555. (Cfr. Mariana, Historia de Espana, Lib. 27, cap. 23). (2) Istruzioni e Relazioni, n. 2707 c. L’istruzione pei tre ambasciatori incominciava: « Vedendo perseverar li tempi contrari alla partenza del Re, de Portofino, più de quel che prima estimavamo ecc. ecc. ». I tre ambasciatori dovevano fra le altre cose fargli anche osservare che se si fosse fermato a Genova sarebbe stato assai meglio che a Portofino. Questa istruzione si trova pure ricopiata nel Ms. del Franzoni n. 652, ma vi è errore- nella data, cioè 10 settembre invece di 10 ottobre e nel nome Dotto anziché Botto. Nei Diversorum Reg. 170, adì 29 ottobre 15o6 trovasi un mandato di pagamento di Lire 12 pei dodici deputati « ad excipiendum Serenissimum Regem aragonum » per le spese fatte da Gerolamo Botto e Gerolamo Palmario inviati a Portofino « ad visitandum prefatum Serenissinum Regem » Non si sa di preciso quando il Re Ferdinando abbia lasciato Portofino, ma è noto che egli giunse a Napoli il 29 ottobre 15o6 (Iacopo Nardi — Storici della città di Firenze, pag. 422). La sollevazione popolare 61 in ogni fatto tradimenti e macchinazioni di nobili, si faceva più violento e più bestiale nelle sue collere. L autorità stessa del governatore era profondamente scossa, dacché s’era scoperto (11 settembre) aver egli tenuti sino allora nascosti in S. Domenico quattrocento e più venturieri mentre si era sempre creduto che avesse licenziate tutte le truppe mercenarie, ritenendo solo trecento uomini per guardia della sua persona. Il popolo minuto fu sul punto di tagliare a pezzi le soldatesche e lo stesso governatore, se egli non lo avesse tosto calmato col far partire i venturieri. Ma correvano anche voci di trame di certi « cappellacci » Adorno ed appunto il 4 ottobre si era arrestato un tale Paolo della Costa, il quale , prima che arrivassero a carpirgliela, aveva ingoiato una lettera che teneva nascosta sotto il basto di un mulo. Condotto in piazza dei Cigala, dove i dodici officiavano nella loggia dei setaiuoli, benché sottoposto alla tortura, non riuscirono a cavargli una parola di bocca; allora fu deciso di trarlo in via Lata dove avevano preso alloggio il marchese di Marassi e Giovanni di Biassa con seicento fanti forestieri, ma giunse in buon punto un ordine del governatore di condurlo a Palazzo, che spettava a lui il giudicarlo, e così fu salvo; non si salvò però dalle furie di una turba di artigiani il dottor Corrado Soffia che, nella stessa piazza dei Cigala, fu preso e colpito a morte perchè veniva da Serravalle Scrivia, luogo degli Adorno. Da questi segni non dubbi della sfrenata potenza della plebe si può arguire in quali miserevoli condizioni sì trovasse Γ intera città. 62 Anno l5o6 Il σ-overnatore, o volesse salvare ancora un simulacro ' £> di potere, o fosse stato comprato coll oro, assecondava le inconsulte e temerarie aspirazioni di essa tentando solo di frenarne le violenze: e, siccome ebbe sentore che mirasse a togliere al Fieschi anche Montaggio, egli intervenne e chiese al comune se avesse diritti da vantare su quel castello, chè egli era pronto a sostenerli e a rivendicare tutte le terre usurpate da altri al comune ed a mandare una grida per costringere i gentiluomini fuorusciti a rientrare in città e, per contro, bandire tutti quelli che fossero designati dall’ ufficio di Balìa. Filippo di Cleves non faceva certo di suo arbitrio queste promesse, ma spintovi dal minaccioso contegno della moltitudine e perciò possiamo spiegarci come il 6 ottobre siasi tenuto consiglio per eleggere sei cittadini che, insieme col «Overnatore, stabilissero le misure da pren- o dersi contro il Fieschi che continuava ad agitarsi ed a tenere abitata la città, mentre nel consiglio stesso si >5 leggeva una lettera del luogotenente generale signor di Chaumont in cui si minacciavano guai ai genovesi se avessero tentato di prendere Montoggio o altri castelli del Fieschi (J). Nello stesso giorno venivano eletti quattro capitani cioè : Bricio Giustiniani, Bernardo di Castiglione, Pietro Calissano, Gregorio da Tenile, a ciascuno dei quali erano dati cento fanti forestieri per guardia della città, coll’ordine di procedere contro i delinquenti ed i sediziosi, multarli, metterli in bando, i'i) Cfr. Diario ai giorni suaccennati. I sei eletti erano: Benedetto Ponzone. Raffaele di Recco, Paolo de Franchi di Burgaro. Bartolomeo di Romeo. Gerolamo Sauli. Battista Scalia. Diversorum Reg. 4-3.6 ottobre ι5οθ. La sollevazione popolare 63 confiscarne i beni e mandarli al supplizio ('). E nella speranza di un migliore assetto di cose, si emanava (7 ottobre) una grida di remissione generale delle colpe passate, coll’ammonizione però di badare a non fallire più per l’avvenire. L’8 ottobre i quattro capitani comparivano colla loro gente ed il 9 entravano già in funzione , andando a sciogliere un assembramento di plebei in S. Maria di Castello ; ma anche questo debole tentativo di restaurazione dell’ ordine ebbe breve durata. Riforme nelle elezioni — Adunanza del i 6 ottobre. In mezzo a questi dolorosi avvenimenti venivasi maturando l’idea di un mutamento nella forma delle elezioni per gli offici civili e nelle norme per adirvi. Il progetto delle riforme , elaborato dal 6 al 15 ottobre, fu il 15 stesso presentato dai capi-popolo al governatore per la sua approvazione. In verità egli non si mostrò molto disposto ad approvarle e ad accordare la convocazione di un gran consiglio; ma la tenacia con cui essi sostennero le loro ragioni, le proteste e le minacele perchè egli mostravasi ancora titubante, lo costrinsero ad approvarle e ad acconsentire. 11 grande consiglio si tenne adunque il 16 ottobre e vi accorse moltissimo popolo. La commissione, incaricata di riferire in ordine alla nuova forma di governo popolare, propose che tutti gli offici civili fossero retti da trentasei cittadini che avessero raggiunta Γ età di quarantacinque anni e che tra questi si scegliessero i dodici Anziani, gli officiali (1) Diario,'6 ottobre; Litterarum Reg. 4>, (j ottobre i5o6. 64 Anno ΐ5θϋ della moneta e gli altri magistrati ; che ogni anno ne venissero estratti a sorte sei e surrogati da sei altri nuovi eletti; che la carica durasse sei anni e gli uscenti non potessero essere rieletti per altrettanti anni ; infine che tutti gli officiali fossero stipendiati e dovessero (sembra) restare in permanenza giorno e notte a Palazzo. Apertasi la discussione, alcuni sostennero che si dovevano ridurre gli anni di età richiesti per adire alle cariche, altri volevano più breve la durata dell officio, altri ancora discutevano sulle modalità delle elezioni, sicché la confusione era grandissima e si perdeva il tempo in vane ciance. La moltitudine impaziente rumoreggiava sodamente sulla piazza ; ai lazzi di qualche spirito ine-quieto rispondeva con risa smodate e con alte gliela. Il consiglio stesso era agitato, convulso. Ottenutosi con molto stento un po’ di silenzio, il notaio Giovanni Battista Ferrari propose che si eleggessero subito dal Senato diciotto cittadini ai quali fossero dati ampi poteri fino al prossimo gennaio per decidere sui punti più controversi: la durata cioè delle cariche e 1 età pei adire ad esse; per rispetto poi alla elezione dei futuri officiali, che si scegliessero cento cittadini di partito nobile, i nomi dei quali venissero posti in un sacchetto ; altri cento nomi di popolari mercanti si ponessero in uh secondo sacchetto ed in un terzo duecento nomi di artefici da ridursi poi acento colla sorte. La scelta dei nomi doveva essere fatta dai diciotto ; la sorte avrebbe deciso quali cittadini avrebbero coperto le cariche principali dello stato. Le proposte di Gio. Batta Ferrari vennero La sollevazione popolare 65 accettate a voti unanimi e fu dato ordine al cancelliere Senarega di formarne un decreto ('). Che cosa pensava di tutto ciò il governatore? L’anonimo diarista non ne fa alcun cenno, ma in un registro di archivio, dove è riportata per estenso la relazione del consiglio si legge, dopo le decisioni suddette, che « eodem instanti » il magnifico sig. Nicolò di Guidobono, dottore in leggi e vicario clell’ili.mo sig. governatore, volle far osservare che le deliberazioni prese non avrebbero avuto valore di legge se non dopo l’autorizzazione regia e col beneplacito di sua maestà. I senatori invece risposero che tale osservazione non era da tenersi in conto, poiché quanto si era stabilito nel grande consiglio era di per sè valido, essendo fatto su deliberazione del governatore e dei senatori (2). Questo ci dimostra come il governatore non fosse punto soddisfatto della piega che prendevano le cose, ma che ormai non poteva più opporsi alla volontà sfrenata della folla prepotente. Ed ecco il 17 ottobre il consiglio procedere senz’altro alla nomina dei diciotto cittadini per la riforma degli offici. I nomi degli eletti furono : Pietro Gentile q. Pietro, Battista de’ Vivaldi, Gerolamo Centurione, Giovanni Italiano q. P., Marco de’ Grimaldi, Francesco Salvago q. A., Gerolamo Palmario, Bernardo de’ Franchi Jula, Giacomo (1) Cfr. Diario. La relazione della adunanza è in Diversorum Reg. n. 166. (2) Cfr. Diversorum Reg. 166, 16 ottobre. 11 Consiglio dovette essere imponente. Inatti perchè tutti potè sero sedere,si ricorse alle panche della chiesa di S. Domenico ; ciò viene ricordato dal « sub-cancellario Dominichino Riccio » per le spese fatte « pro solutis camallis qui portaverunt bancas ab « ecclesia Sancti Dominici in palatium pro consilio celebrando et deinde « reportarunt ». Diversorum. Reg. iGC, ìy ottobre i5o6. 65 Anno ΐ5θ6 de Sovrani di Andora, Demetrio Giustiniani, Stefano di Moneglia, Vincenzo Sauli, Raffaele di kecco, Ambrogio de Zerbi, Gio. Batta de Ferrari, Bernardo Gatto, Simone Navone, Raffaele di Oneto ('). Non si fermarono qui; nella notte stessa partivano da Genova due galee con duecento fanti comandati dai commissari : Giacomo Giustiniani e Francesco d’Arquata, con 1 ordine di scendete ad Albenga e muovere contro Pieve di Teco, usurpata al comune dal nobile Luca Spinola ('). Questi duecento uomini che salpano silenziosi dal porto di Genova per togliere ad un nobile il dominio di un paese alle pendici delle Alpi liguri non sono che il primo accenno a maggiori imprese, l’avanguardia di un podeioso spiegamento di forze che avrà per iscopo di sottometteie alla repubblica, dopo la Orientale, anche la Riviera Occidentale. E perciò era duopo di fare le cose possibilmente alla chetichella e all’insaputa del re Luigi XII. (1) Diversorum Reg. 166,17 ottobre. Gerolamo Palmare» era stato eletto in luogo di Pelegro di Goano, infermo. (2) Cfr. Diario 17 ottobre. — Albenga è una importante citta sulla Riviera di Ponente e dista poco più di So kilometri da Genova. Non lungi da Albenga tra le Alpi liguri apresi un’ampia vallata nella quale sorge I ie*e di Teco. Il Giustiniani, contemporaneo agli avvenimenti che noi narriamo così parla, nei suoi Annali (Voi. I, pagg. 36 e 39), di questi due paesi. « Albenga, luogo di nobili, è convenzionata con la repubblica ed ha molti « privilegi e lor medesimi si eleggono il podestà, cittadino Genovese». «Pieve « di Teco è cosa d'importanza, murata e silicata (selciataj con una fortezza « e contiene più di trecento case con belli portici. » Prosegue dicendo che era governata dall'Ufficio di S. Giorgio per autorità di un capitano che « vi manda ogni anno, quale amministra giustizia al paese circostante » ma ciò accadde dopo il 1512, anno in cui, dagli Spinola, passò al suddetto ufficio. — Giustiniani, ibidem pag. 65o. La solIevaz:one popolare 6? Il re· di Francia esige la restituzione della Riviera di Levante. Questi, per il bene che nutriva a Genova, aveva dapprima accolto assai graziosamente l’ambasciatore popolare Nicolò Oderico (') ed aveva ascoltate benignamente le spiegazioni sugli ultimi avvenimenti (2), sanzionando più tardi con lettere patenti la legge per la quale ai popolari venivano concessi due terzi dei seggi negli offici (3) ed assicurando il popolo che avrebbe (1) In una lettera di Nicolò Oderico inviata da Blois il 4 settembre e pervenuta a Genova solo il 16 ottobre, si legge che, il giorno innanzi, il re gli aveva dafo udienza, ascoltandolo con volto sereno e non permettendogli che parlasse genuflesso. (Lettere Ministri Francia, Mazzo 1, n. gen. 2177). (2) Tra essi non abbiamo ancora accennato ad un interessante episodio: Ottaviano, Giano ed Alessandro Fregoso che si trovavano a Roma al tempo della prima cacciata dei nobili (20 luglio), tentarono, pare per istigazione di questi ultimi, di prendere il mare e recarsi a Genova ove la loro presenza avrebbe certo provocati seri disordini, ma il Papa, amico dichiarato dei popolari, aveva mandate le sue navi ad inseguirli e farli ritornare indietro. (Senarega op. cit., col. 585). I nobili poi dettero a credere al re essere stati i popolari a invitare Ottaviano di Campofregoso a Genova e perciò Luigi XII se ne lagnò forte con POderico, il quale tuttavia riuscì a persuaderlo che erano stati i nobili a chiamare il Campofregoso « et che a instantia de popolari era stato revocato et prezo de mandato summi pontificis » come egli stesso sapeva da lettere giuntegli da Roma; e, per meglio provare che tutti i disordini provenivano dai nobili, Γ ambasciatore gli aveva presentato la lettera del Fregosino ; sicché il re parve quietarsi. (Lettere Ministri Francia. Mazzo 1, n. gen. 2177. Lettera inviata da Blois il 17 settembre, giunta a Genova il 16 ottobre. (}) Lettere Ministri Francia. Mazzo 4, n. gen. 2177. Lettera inviata da Blois il 21 e giunta a Genova il 29 settembre. Nella lettera teste accennata POderico assicurava gli Anziani che avrebbe sollecitato l’invio delle lettere patenti della regia conferma per gli uffici e gli anziani; ma il 3o settembre era costretto a riscrivere che malgrado tutte le sue sollecitazioni non era riuscito a farle spedire prima d’allora. Monsignor Robertet, segretario Anno l5o6 fatto deporre le armi ai nobili ed impedito qualunque tentativo di perturbamenti ; ma riguardo al desiderio dei genovesi di unire le Riviere a Genova, sotto il comando di un solo governatore (desiderio che gli era stato già espresso chiaramente dagli Anziani nella lettera del nove settembre e che Nicolò Oderico era stato incaricato più λ-olte di ricordaroli e di ottenere''/, dichiaro che voleva o · meglio ponderare la cosa « per non far preiudicio ad alcuno » e che gli Anziani « specificassero da qui (<-hi) volevano levar tali lochi e che lochi » ('). Ma noi sap- di Luigi XII, gli aveva detto che al domani le avrebbe mandate alla corte, che dal 2> settembre era partita per Bourges. L’Ambasciatore si affrettava però di mandar subito una copia di quelle lettere, ricavata da una minuta del segretario. (Lettere Ministri Francia ibid.) (i) Nell’ ultima parte della lettera, POderico scrive aver cercato di per suadere il re della grande utilità della avocazione al governo di Genova delle due Riviere, ma non gli parve cosa facile convincerlo. Il giorno sue cessivo all’invio di questa lettera, POderico ne ricevette tre altre, una datata dal 16 e le altre dal 17; nella prima gli Anziani rii ornavano sull argomento che stava loro tanto a cuore, dicendo: « siamo certi mai deba paci care « la terra se tuta la rivera non sia reduta al Comune sotto la Signoria e « Governo de Monsignore Ill.mo nostro Governatore». Gli raccomandavano di tentare ogni via per ind- rre il re a condiscendere a questo loro desiderio e qualora gli sembrasse tempo propizio facesse capire essere desiderio generale di occupare tutti gli altri luoghi della Riviera di Ponente. Ciò veniva ripetuto nella lettera del 17 settembre. A codeste richieste POderico rispondeva di non aver potuto parlarne al re, perchè questi era partito il mattino dopo ricevuta la lettera. Questa lettera veniva mandata per Gio. Batta Bonfante, l’inviato degli Anziani, ma POderico, avendo nello stesso giorno l’occasione di scrivere colla posta del re, non volle mancare di inviare anche con questa un messaggio, pur essendo breve e riferendosi al già scritto. Ripeteva qui che il re aveva ordinato che le lettere patenti si mandassero con la sua posta al governatore di Genova e finiva coll’assicurare che Luigi XII era ottimamente disposto verso il Comune. — Vedremo come questa fu l’ultima volta in cui potè scrivere notizie cosi confortan'i. Le due lettere scritte il giorno 3o settembre giunsero a Genova P8 ottobre. (Lettere Ministri Francia Mazzo 1. n. gen. 2177 . La sollevazione popolare 69 piamo già come i popolari avessero senz’ altro incominciato ad impossessarsi della Spezia e di Chiavari. Sicché allorquando il re venne a sapere della conquista delle dette città, rimase indignato e la sua indignazione giunse al colmo, quando gli venne riferito che il comune rifiuta-vasi di consegnare quei luoghi al governatore. Gli Anziani e l’ufficio di Balia in seguito alle lettere di Oderico, giunte il 16 ottobre e partecipanti l’ira e lo sdegno regi, il giorno seguente scrivevano al re mostrandosi addolorati di aver recato dispiacere a chi volevano sempre onorare e rispettare, gli facevano larghe proteste di fedeltà, lanciavano contumelie contro coloro che mettevano male nelle relazioni tra il re stesso e Genova e finivano coll annunziargli che avrebbero presto mandato un altro ambasciatore ad informarlo delle vere condizioni della città ; non facendo alcun cenno neppur lontano della restituzione delle terre conquistate ('). Lettere di egual tenore spedirono all’ Oderico (2), il (1) Infatti il 18 ottobre vennero scelti come oratori al Re, ì due cittadini Nicola Giustiniani e Agostino Foglietta e nello stesso tempo si elesse Andrea de Ferrari ambasciatore al gran maestro Chaumont d’Amboise. Il 26 ottobre troviamo il consueto atto « contra pericula » nel quale si promette agli ambasciatori di risarcirli delle spese e dei danni che potranno incontrare durante il viaggio, (Diversorum Reg. 173). Il 27 ottobre se ne annunzia al re, a Filippo di Cleves ed a Nicolò Oderico la partenza entro quattro giorni (Lettere Ministri Francia, Mazzo I); invece il 3i ottobre non più essi, ma altri ambasciatori partivano verso la corte di Francia. Il Foglietta però fu inviafo con un altro cittadino ambasciatore al Papa. (2) In queste lettere v’era pure un rimprovero per Γ Oderico, perchè si fosse allontanato qualche giorno dalla corte per andare a Parigi. Gli Anziani erano venuti a conoscenza di ciò da due lettere del re al governatore, nelle quali Luigi XII aveva manifestato il suo malcontento per l’assenza 6 ~0 Anno l.5o6 quale, mentre quelle erano in via, ne scrisse una seconda ripetendo che il re era indignatissimo per la. detta occupazione e che faceva « terribile menatie » e voleva assolutamente che i luoghi toiti al Fieschi si rendessero al governatore, e si deponessero le armi « et questo « facendo le signorie vostre, resterà Sua Maesta « tacito et persevererà in la sua solita clementia et afec « tione »; dopo altre notizie ('), l’Oderico finiva raccomandando agli Anziani di accontentare il re e di inviargli schiarimenti sulle condizioni interne di Geno\a. Questa lettera giunta in città il 20 ottobre dovette dell'Oderico « non parendoli tempo che essendo la citta in el grado che la si trova vi dovesti alontanare ». A codeste lagnanze 1 Ouerko rispedendosi in una lettera del 29 ottobre i5o6; ma essa ha la Laria co e consunta da non potervi raccapezzare quasi nulla, tuttavia il con en essa, si può arguire da un’altra del 1 novembre i5o6, ma la di e < debole e di così poco interesse che crediamo non meriti la pena -riportata. Tutto cotesto cartegg'o tra 1 ambasciatore di Francia e gli -si conserva in Lettere Ministri Francia, Mazzo I., n. gen. 2177· ( i ) L’Oderico infatti annunzia, tra 1 altro, che per chiarir meglio « S. M. manda a le S. V. Ambasciatore Mons. Domino Michaelo Rmonea-« politano agregato al gran consiglio di S. M. el quale è molto pru ^ a et docto et de grande autorità apreso S. M. et vene gii in questa te « principio de questo felicisimo stato, per consultore del prefato Ill.mo « bernatore » e manifesta la speranza che la venuta del Riccio sarà un per la patria: raccomanda di fargli onorevole accoglienza per cattivar: . l’animo. Noi però non abbiamo trovato alcun documento, o cenno qualsiasi che ci provi che questa ambasceria sia realmente avvenuta. Ci verrà tuttavia dato d'incontrare di nuovo il Riccio, quando Luigi XH, riacquistata Genova, si farà prestare solenne giuramento di fedeltà dal popolo geno.ese. La lettere delPOderico, spedita da Bcurges il i3 ottobre, giunse a Genova il 20 dello stesso mese, e, come tutte le precedenti, è indirizzata: « Ill.mo et ex.so Regio « lanuensi Gubernatori. Mag.cis Antianis ac officio (Baylie) ex.si communis « Ianue (Lettere Ministri Francia, Mazzo 1.) La sollevazione popolare 71 certo, insieme colla precedente, fare grande impressione sulla cittadinanza, poiché era la prima volti, che il re si mostrava così adirato contro i suoi sudditi, e possiamo credere, senza tema d’ingannarci, che il popolo grasso sia ricorso a tutti i mezzi per indurre il popolo minuto a farne consegna, ma indarno. A scuotere maggiormente gli ottimati del popolo, venne in proposito una lettera del re stesso diretta al governatore con nuove minacce di punizioni gravissime se presto non si fosse ottemperato ai suoi ordini. Che fare? Si tentò un colpo di mano sulla plebe·. La sera del 22 il governatore, gli Anziani, la Balia, l’Ufficio della moneta di nuovo e di vecchio e i tre ambasciatori ch’erano stati inviati al Cleves, quando esso si trovava in Asti ('), si radunarono in consiglio a Palazzo e, data lettura della missiva regia (2), presero in esame la condizione delle cose presenti, chè, da un lato li minacciava il pericolo d’una rivolta popolare, dall’aìtro li urgeva l’ira del re: due forze ugualmente temibili : sentiti i pareri di tutti, si decise alla (iì Secondo la relazione dell’adunanza (Diversorum Reg. 170), essi erano Bartolomeo di Ceva, Demetrio Giustiniani e Vincenzo Sauli. Il Diario invece dice che erano presenti i quattro ambasciatori che andarono incontro al governatore in Asti ed avrebbe ragione perchè, come vedemmo fu mandato prima il Ceva e subito dopo partirono altri tre : Demetrio Giustiniani, Vincenzo Sauli e Leonardo di Facio per ossequiare il Cleves ad Asti; sicché gli ambasciatori erano quattro. Noi però propendiamo a dar maggior fede al documento d’Archivio e credere che il Fazio non fosse tra i presenti. <2) Dalla relazione surriferita veniamo a sapere che essa fu inviata da Bo irges il 17 ottobre e da una lettera degli Anziani, diretta al re (27 ottobre) apprendiamo che arrivò a Genova il 21, caso notabile di rapidità di corrispondenza, dovuto alla ben organizzata posta regia, poiché di solito le lettere deU’Oderico agli Anziani impiegavano non meno di una settimana. Anno l5o6 fine di consegnare i luoghi tolti al Fieschi nelle mani o O del governatore e di dare incarico al cancelliere l>ar- o tolomeo Senarega di scrivere ai commissari e ai castel- o lani perchè se ne facesse la consegna ( )· Ι|Ί quella stessa notte si inviava d’ urgenza una lettera al re Luigi XII per notificargli la decisione presa nel consiglio ed assicurarlo nello stesso tempo della grande fedeltà dei suoi sudditi e della somma quiete della città (2). Le stesse notizie comunicarono al! Oderico, avvisandolo che la consegnasi era dovuta differii e sino allora in causa degli umori della plebe sempre fissa nell’idea che, allora quando quelle terre fossero restituite al Governatore, questi le avrebbe subito consegnate al Fieschi. Gli si faceva inoltre un breve cenno dell invio a Pieve di Teco dei commissari e di « qualche poca gente » collo stesso fine delle precedenti spedizioni, ma col proposito, appena ottenuta la fortezza ed il paese, di consegnarli del pari al governatore (’)· Questi e (1) L1 atto dice queste testuali parole: « examinata re, cim 11 « revera Maiestatis regie, huic periculum tumultus populi eos \a >- ^ « et utraque res multi momenti esse crederetur, deliberaverunt ea « resignari debere dicto Illustri Gubernatori nomine regis ». Dtv-.>s°ru" Reg. 170, 22 ottobre i5o6). Si noti però che nello stesso a»to si a prendere che la consegna delle due ciità e dei due castelli verrebbe atta dapprima ai tre cittadini, ex ambasciatori al Cleves, i qi ali li avrebbero poi offerti al governatore. (2) Lettere Ministri Francia, Mazzo 1. Curioso il modo di accertare che v1 era quiete nella città: « se tene giuditio e se punisse li deIii. aveva procurato a Genova « grandiss'mi carrichi e impedimenti »; anzi pe i danni inferti dal Grimaldi a certi spngnuoli, v’erano già state in Sp ^ delle rappresaglie contro i genovesi. Oltre a ciò aveva latto « infiniti ^ ai liguri delle Riviere e riscuoteva « in facie nostra » (cioè in faccia genovesi) la tassa del due per cento che diveniva poi del quattro pe sue continue prepotenze; Monaco infine apparteneva ab antico ai geno\ ed era stata occupata ingiustamente dalla famìglia Grimaldi. Trovansi p accenni in lettere del i novembre agli officiali delle Riviere (Littera Reg. 47, lettere n. 145-146) e nella istruzione (12 novembre i5o6) commissari genovesi mandati nella Riviera Orientale per la spedizione Monaco (Diversorum Filza n. 63, pubblicata da Giuseppe CalligAris . ar 0 di Savoia e i torbidi genovesi del ι5ο6-οη), in Atti Soc. Lig. St. Patr Voi. ΧΧΙΠ pag. 631. (0 Si riferisce certo a questo fatto un proclama (18 febbraio i5o6)contro Luciano e gli uomini di Monaco, inibente ai genovesi di comperare cosa alcuna di una preda fatta dal signore di Monaco su certi sudditi del re Spagna. (Calugaris, op. cit., pag. 631, n. 3) ed una lettera (20 febbraio 15o6) di Luciano Grimaldi al Ravenstein. (Vedi Lettere Principi alici Re pubblica di Genova, Mazzo 11, n, 2787), nella quale non si parla degli Spa gnuoli, ma di un’altra impresa del Grimaldi stesso. In questa lettera e^Ii dichiara al Ravenstein di aver rilasciato libero un galeone da lui catturato; ma siccome i genovesi affermavano che il carico di allume che vi si tro vava apparteneva a loro, mentre il proprietario del galeone aveva dichiarato appartenere ai Fiorentini, così egli invia Matteo Grimaldi a Genova per ve dere se i genovesi dicano il vero e dar loro soddisfazione; ma « ultra L’assedio di Monaco Veramente il governatore non aveva avuto il tempo di far ciò, così i popolari potevano dare all’ impresa il carattere di una esecuzione dei regi voleri giungendo persino a sperare che egli, il re, 1’ avrebbe aiutata e favorita ('). Essi inoltre dovevan pensare che, caduta Monaco e domata con tanto vigore una delle famiglie nobili più potenti, tutte le altre che spadroneggiavano sulla riviera, avrebbero senz’ altro ceduto. Il desiderio adunque di abbattere la prepotenza dei Grimaldi, occuparne la rocca ed il fortissimo baluardo, incutere rispetto e terrore agli altri nobili, acquistare onore e stima presso la corte di Francia, riaffermare la potenza del governo popolare e avvantaggiare la repubblica nei suoi commerci, erano i motivi che spingevano questo », scriveva : « intendo sonno facte querele assai che la galera nostra « fa danni ad gente assay , dico Genoesi, de il che resto in verità cum « admiratione ; non nego già che qualche volta non habiàno preyso qualche « vino et altre cose molto legiere tochando victualie sed quanto hano prevso, « per pocha roba sia stata, el scrivano de la gallea ne ha semper facto « podicia a li patroni de li vaxeli, quali quando sonno stati chi a Monaco « ho semper acceptato omni podicia et sotisfactala ben apieno et a bona « giera et questo è vero corno Io evangelio, ne altramenti ritroverano quando « volerano intendere el proprio. Et quando a casu li siano persone sia pati troni a li quali havesseno facti danni de li quali non habia noticia, veti gnando da me, me offero satisfarli per fin ad uno denaro » e finiva col dire che in avvenire avrebbe ordinato al capitano, patroni ed altri officiali di non prendere neppure « uno veyro d’aqua su qual vasello de la nactione « li habia capitare a le mane ». Pur tenendo debito conto delle difese del Grimaldi, noi troviamo in questa lettera una prova esplicita delle angherie commesse sulle navi che frequentavano i dintorni di Monaco. (i) Questa vana speranza è accennata nelle istruzioni ai due nuovi ambasciatori diretti alla corte di Francia, 12 novembre i5o6. Vedi in Appendice, Doc. XIX. 94 Anno ΐ5θ6 alla grande impresa. Impresa veramente ardita, ohe riassume lo sforzo supremo della plebe conti o il paitito dei nobili, quasi una sfida audace lanciata da essa ai superbi gentiluomini che la sprezzavano; una prova di che cosa fossero capaci, a quali impeti bellicosi potessero giungere quelle « cappcttc » che i nobili ciedevano ignave. La costanza nel sacrifizio di vite e di denaio, nella fede di raggiungere la méta tanto agognata, dimostrò ancora una volta la forte tempra e la tenacia dei liguri. L’assedio di Monaco segna il periodo_più glorioso del governo del popolo; dopo, le forze esauste piegano dinanzi alle rinascenti energie dei nobili. La spedizione di Pieve di Teco. Venendo alla narrazione degli avvenimenti diio subito essere mio avviso che, prima ancora di muovere contro Pieve di Teco, Genova pensasse già a Monaco e giungo anzi ad affermare, come ho accen nato teste, che quella piccola spedizione fu latta ad arte, a fine di mascherare i grandi preparativi per l’altra. Vedemmo, nella notte del 17 ottobre, imbarcarsi per Albenga duecento fanti, comandati da Giacomo Giustiniani e Francesco d’Arquata, diretti contro Pieve di Teco, usurpata al comune dal nobile Luca Spinola, e dove gli abitanti si erano già sollevati ('); il 26 partivano pure a quelli volta altri 400 uomini comandati dal capitano Pietro Gambacorta per dar mano L’assedio di Monaco Q5 all impresa « perchè abenchè li popoli fusseno in « nostro favor , lo castello se teniva forte » e il giorno dopo (27 ottobre), tornate a Genova le galee, si caricavano su di esse « sette peli de canoni grossi « de metalo et altri minuti, per mandar in detto loco « della Pieve, abenchè in detto loco non fosse di bi-« sogno tanta artegliaria (') ». Questa osservazione dell’ anonimo diarista, congiunta colla notizia arrivata più tardi che 1’ artiglieria non venne affatto usata per la espugnazione del castello e che alla Pieve vennero soltanto trasportati due cannoni grossi e qualche pezzo di artiglieria di minor calibro (2), avvalora la nostra opinione che, contemporaneamente alla spedizione di Pieve di Teco. si pensasse all’altra contro Monaco (3). (1) Cfr. Diario, 26-27 ottobre 15o6. Abbiamo anche una lettera spedita il giorno stesso (27 ottobre) dalla Balia ai commissari della Pieve, ànnunziante la partenza delle artiglierie e degli uomini addetti ad esse, con munizioni e denaro, ed esortante a dar presto fine a quella impresa. Cfr. Doc. XVIII. (2) Codeste notizie si trovano in una lettera (7 novembre 15o6) ad Ambrogio Gioardo del quale si farà cenno più innanzi; la lettera è pubblicata da G. Saige op. cit., Tomo II, pag. 48. (3) Documento indiscutibile che i genovesi pensassero a Monaco prima ancora di muovere contro Pieve di Teco, sarebbe una istruzione data a due commissari il giorno 10 ottobre i5o6 di recarsi a raccogliere truppe e denari nella Riviera di Ponente per Γimpresa contro Monaco; ma questa istruzione che trovasi fra quelle raccolte dal Franzoni (Arch. St. in Genova ms. 652) ebbe certo errata la data che si deve correggere col 10 novembre; altri errori di data si riscontrano in questa raccolta, ad es., l'istruzione ai tre inviati al re di Aragona, che era a Portofino, che nell'originale è del 10 ottobre, viene assegnata dal Franzoni al 10 settembre; aggiungasi pel caso presente che mentre alla data 10 ottobre non troviamo alcun documento che si riferisca 96 Anno l5o6 Così, senza che i Grimaldi se ne accorgessero, si era raccolto ad Albenga, vale a dire a mezza via dalla rocca dei Grimaldi, un nerbo di truppe ed un deposito di artiglierie destinate a formare il primo corpo di attacco. Il castello della Pieve, pochi giorni dopo, cedette agli assalti delle truppe genovesi (') e i valligiani che le avevano accolte con entusiasmo (2), e che poco prima avevano osato rispondere fieramente ed un po ironicamente ad una lettera del Trivulzio, minacciante gravi punizioni se la valle avesse rifiutata obbedienza « al magnifico Ms. Lucha Spinola infeudato da quel « ducato e dominio regio » prestarono con giubilo il giuramento di fedeltà a la « excelsa comunità » di Genova come ai loro « veri signori (3) ». a questo invio, vi é invece una lettera del io novembre (Litterarum Reg. n· 47) ln cui si parla di mandare in quel giorno due commissari (e sono gli stessi della istruzione) per la Riviera di Ponente e altri due per quella di Levante ; inoltre Γ originale della istruzione che viene data il 12 novembre a questi ultimi (pubbl. dal Cau.igaris, op. cit., pag. 631 ) è identica a quella del Franzoni. Sicché non v1 ha dubbio che la data sia errata. (0 La notizia giunse in Genova il 4 novembre. Cfr. Diano, data corrispondente. (2) In una lettera del 27 ottobre la Balìa, notificando alPOderico la presa della Pieve, aggiunge che furono « recevuti li commissari per noi mandati « cum tanta espectatione festa e iubillo che l’è una cosa incredibile, per « esser stato come dicano quelli popoli molto male tractati da chi li gover-« nava »; ma confessa che « le fortesse non se erano ancora date e per quelle « avere se li è facto leoportune provisione ». (Cfr. Lettere Ministri Francia, Mazzo 1. N. 2177). (3) La lettera del Trivulzio e quella'del comune di Pieve di Teco sono da me pubblicate in Appendice. Doc. XVI e XVII. - Quella del Tri-\ ulzio è piena di burbanza; ricorda agli uomini della Pieve i loro doveri verso lo Spinola e ingi .nge loro di starsene cheti che, quando avvenisse il contrario, cosa che egli non crede possibile, provvederebbe a dar loro una tale L’assedio di Monaco 97 Preparativi di guerra contro Monaco. Occupata la Pieve, Genova volse tosto le sue mire più lontano. Il 7 novembre scriveva al maestro Ambrogio lezione da accorgersi di essere caduti in grave errore. Quei di Teco gli risposero fieramente di essere innanzi tutto sudditi « de lo excelso comune di Genoa » il quale aveva voluto che la valle delPArroscia ed il paese della Pieve tornassero sotto il suo diretto dominio èd essi avevano « deliberata-mente, cum consilio, facto quelo al che il debito loro stringeva ». In seguito si leggono queste parole : « humilmente se ricomandemo a le Signorie « vostre », ma poi, come troppo rispettose, furono cancellate. Quelle parole cassate sono la nota caratteristica di questa lettera; direi quasi che esse volessero signilìcare che si tirava un frego alla autorità fino allora forzatamente rispettata. Si avverta che la lettera di cui parlo non è una copia; essa fu evidentemente preparata per essere spedita, essendo su carta piegata a modo di missiva coll’indirizzo a suo luogo e coi segni del sigillo; la cancellatura di quella frase obbligò certo a ricopiarla perchè fosse spedita al Trivulzio. E qui credo opportuno ricordare che i nobili, nel loro più volte citato Memoriale (pag. 5 Ì8) al re, sostennero essere stato il Ravenstein la causa della perdita di Pieve di Teco, perchè avendo Luca Spinola chiesto aiuti a Milano « fu scrito per « dicto Monsignor de Ravasteno che non durassero fatica ad mandare, « impero per nullo modo (i Genovesi) non li manderevano alch no ad « prenderla, e sotto talle fraude s’é perduta ». Non ci è però dato di appurare la verità di cotesta accusa. Sa la Pieve ricorderò per ultimo che nei Diversorum Filza 6 i, v’è un doc .intentò che ci fa noto come tra il 16 e 17 dicembre 15o6 vennero stabiliti, in 16 articoli, i patti pei quali la Pieve e la valle delPArroscia ritornavano sotto il comune di Genova dopo una captività di quasi settantasette anni durante i quali avevano patite gravezze intollerabili, iatture ed estorsioni terribili. Inlìne, si decideva tra i Sindaci di Pieve di Teco e di Castellania: « Primum ad extinguendum et abolendum execrandum nomen « factionis guelfe et gibelìne nemo deinceps utatur eo nomine : videlicet « tues tallis et tallis factionis. Insuper quod electio consulum et consiliari-« orum de cetero non fiat per factiones guelfe nec-gibeline, sed ad quarteria « et capiantur illi homines et eligantur qui credebuntur esse sulficientiores. Item « eligantur duodecim iuxta modum suprascriptum qui rixas que orirentur « inter homines totius vallis occ.ixione factionis suprascripte guelfe et giti beline studeant componcre et pacificare »· 93 Anno ΐ5θ6 Gioardo, che «'ià era ad Al ben sa dove aveva accorri- 7 o o pagliate le artiglierie ('), incaricandolo di studiare un piano per la espugnazione di Monaco, fare il calcolo insieme col capitano Gambacorta, di quanta artiglieria e fanteria fosse di bisogno ed inviare il progetto a Genova che avrebbe provveduto ; avesse però presenti le artiglierie e le munizioni già inviate ad Albenga ed alla Pieve e non adoperate, e curasse che non avessero a patire danni ; trattenesse la fanteria alla Pieve fino a nuovo ordine e mantenesse su ciò un rigoroso segreto ( ). 11 9 novembre si avvisava l’ambasciatore Oderico che era stata decisa la guerra contro Monaco e gli si espo-nevano tutte le ragioni che avevano spinto a questo passo, ma non se ne faceva alcun cenno in una lettera diretta lo stesso giorno al re (5). Il io mandavansi lettere patenti a tutti gli officiali delle due riviere annunziando che u l’è piaxuto al nostro Signor Dio dal qualle pro-« cede ogni bona inspiratione de disponergli animi nostri « poi molti anni, de recuperare il nostro loco de Monaco « lo qualle iniustamenti ne he stato occupato da questi « de Grimaldo e iniustamenti posseduto e de levarsi tal « ignominia da dosso e danno e recuperare le chiave de « lo nostro paese (4) ». « Per dare forma alle cose » il 12 novembre si inviavano nella Riviera di Lavante i due (1) Ci è dato saperlo da una lettera scritta, il 27 ottobre i5o6, ai commissari alla Pieve. Cfr. Appendice : Doc. XV11I. (2) Questa lettera è pubblicata da G. S/hge, op. cit., Tomo II, pag· 4$· U) L una e l’altra sono in Lettere Ministri Francia, Mazzo I., n. gen. 2177· (4) Cfr. Litterarum Reg. 47; le lettere portano i nn. 145, 146. L’assedio di Monaco 99 commissari Battista di Pino e Gio. Ratta di Portofino ed in quella di Ponente Bartolomeo Prezenda e Raffaele della Porre colla missione di esporre ai popoli le cause della guerra e di farli persuasi che essa fosse di grande e diretta utilità per tutti poiché, distruggendo quel covo di pirati, si sarebbe riattivato il piccolo commercio tra i vari paesi ed il traffico colla vicina Provenza. In tal modo si dovevano allettare i rivieraschi a favorire con tutti i loro mezzi l’impresa ('), e colla stessa data del i 2 novembre si scrivono lèttere ai singoli luoghi della Riviera di Ponente, chiedendo il loro appoggio; cosi agli Anziani di Savona ed al signore di Finale si domandano aiuti e s’invitano i podestà di Varazze e di Stella a mandare qualche loro concittadino a Genova per conferire sulla grande spedizione (J). Il giorno dopo (13 novembre] erano inviati i due nuovi ambasciatori al re di Francia con istruzioni assai precise sul modo di contenersi circa la questione di Monaco (5). Nello stesso tempo si requisivano tutte le artiglierie delle (1 ) L1 istruzione ai commissari mandati nella Riviera di Levante è pubblicata da G. Calugaius, op. cit., pagina 631. In quella per la Riviera di Ponente, di cui già parlammo a pagina y5, N. 3, gli Anziani li avvisavano di incominciare il loro officio da Savona, che pel territorio tra Savona e Genova s1 era già dato ordine ai sindaci di venire in città. Essi dovevano dunque entrare innanzi tutto in Savona a chiedere aiuti, benché la sapessero poco benevola verso Genova, poi proseguire per la Riviera di Ponente; dal Marchese di Finale, che probabilmente non avrebbe potuto dar denari per la povertà degli abitanti e per essere da poco rientrato in possesso del suo dominio, accettassero soldati, specialmente balestrieri. (2) Litterarum Reg. 47, le lettere portano i nn. 147, 148, t5o. (3) Cfr. pag. 91, n. 4. 100 Anno l5oó navi promettendo di renderle o di pagarle, se avar iate, dopo l’impresa (' ), e si spedivano (15 novembre) lettere a Bartolomeo de Franchi-Luxardo commissario della Spezia, a Bertono di Ortesieto e Battista di Solario, commissari di Levanto, a Luigi di Pentema e I anta leone de Franchi a Chiavari, ordinando che da ciascuna di quelle città venissero staccati cinquanta fanti « de li più apti alla guerra e più galiardi » ed inviati a Genova ove si darebbe loro la paga e « se man derano in loco dove ultra la paga poterano far qualche goadagno » (2). I commissari di Pieve di leco per Ο O \ / 1 contro scrivevano (12 novembre) che gli uomini asso (1) La Balìa di Genova, con atto del 14 novembre i5o6, da a Pereg di Portofino pieni poteri sulle città di Rapallo, Santa Margherita e Porto , ed egli, munito di tale autorità si reca a ritirare dalla na\e di Raffae e Lomellino, ancorata a Rapallo, una colubrina grossa con le relative munizion , ma in un atto del 19 novembre Peregro riferisce che non gli s’ volle c segnare la colubrina (Cfr. Diversorum, Reg. n. 173). In altro atto novembre i5o6 troviamo Γ ordine di restituire a Tomaso Lercan jn^ colubrina del peso di 10 cantari ed un cannone di metallo di 31, dei quali prima fu consegnata ai patroni delle galee, il secondo mandato a Mon. (Diversorum Filza, 63). p... (2) Le lettere si trovano tutte in uno stesso foglio in Diversorum i' 63, e sono all1 incirca dello stesso tenore. Sembra però che col togliere cin quanta fanti a Levanto, si togliesse tutta la guarnigione, poiché nella lettera é scritto che si ha bisogno « de quelli cinquanta fanti che haveti li cum voi ». Cr?do debba attribuirsi alla partenza di questi fanti un ^ mandato di pagamento di L. i5o, a Francesco di Sarzana, connestabile, « infra so u « tionem stipendii peditum octuaginta per eum Januam conducendorum « tam ex Levanto quam aliunde ». (Diversorum, Filza 63, 26 novembre). Ricordo di passaggio che qualche giorno prima (12 novembre i5o6) si era inviato alla Spezia il nuovo castellano della bastita della Spezia, Pantaleone di Taxistro, che veniva a sostituire Gregorio di Fexino. (Diversorum Filza, 63). L’assedio di Monaco lol dati si lagnavano per le paghe e non si potevano più trattenere e volevano andarsene alla scadenza del loro impegno che finiva il 22 novembre ('). Probabilmente ad essi non era per anco nota la nuova spedizione decisa dal comune, ma già il 14 novembre il loro capitano Pietro Gambacorta, che aveva nel frattempo ricevute lettere dal capitano Tarlatino, scriveva agli Anziani che attendendo ordini dalle loro signorie non si muoveva dalla Pieve ; mandava però il suo segretario a Genova perchè gli fosse saldata la paga (2) . Infatti il 18 novembre Genova inviava ai commissari della Pieve i seguenti ordini tassativi : dessero la paga ai soldati, e, subito dopo, il Gambacorta alla testa dei suoi fanti partisse per Albenga ; non lasciassero alcuna guarnigione a Pieve di Teco, provvedessero alla custodia del castello come a loro sarebbe parso meglio ( anche questo è indiscutibile* argomento che la mossa contro la Pieve era stata soltanto una finzione) e da Albenga il Gambacorta, coi fanti e coll’artiglieria, movesse verso Ventimiglia e vi attendesse il resto delle truppe col capitano Tarlatino, comandante generale dell’esercito genovese ; i commissari prendessero col Gambacorta le opportune cautele perchè nessuno dei fanti o dei loro capi potesse fuggire e, al caso, dessero una buona (1) In questa lettera Giacomo Giustiniani e Francesco if Arquata annunziano anche di mandare Γ inventario del castello di La Rocha. (Diversorum Filza 63). (2) La lettera è alquanto sgrammaticata; si vede che Fautore sapeva usar meglio la spada della penna. Benché non sia di molto valore, la pubblico 8 102 Anno ΐ5θ6 punizione per infrenare gli altri; Gian Malia eli 1 egli prendesse nota del numero dei fanti e la spedisse a Luigi di Bervey, scrivano del comune, nominato prov veditore della spedizione (') . lì qui è degno di mtn zione un fatto abbastanza singolare perchè, mentre questi ordini erano in via, i commissari stessi dalla Pie\e seri vevano (19 novembre 15°^) una lunSa ^etl:eia ^ Anziani dissuadendoli dalla rischiosa impiesa a erano accinti, poiché il Gambacorta ed altre pe pratiche di Monaco avevano unanimamente dichia doversi respingere l’idea di codesta spedizione, la q^ sarebbe costata assai e non avrebbe mai avuto un fine, specialmente in quella stagione poco piòpizia, > se il comune era proprio d’avviso di lanciai si avventura, attendesse almeno la primavera, eie tempo si sarebbero potute fare altre conquiste nore importanza, con minore dispendio di forze e g qui integralmente, perchè è Γ unico documento che ci rimane di ^q ^ importante personaggio: « Maglifici domini observandissinn. L « lettere dal Capitano Tarlatino [a] istimare che al presente io non m 1 « trasferire di costà per bisogni di V. S. e cossi dalli commessarij, per « cagione m’è necessario mandare questo aportatore, Giovanni mio « liere, da V. S. per alcune ocorrentie, maxime per saldare la mia ^ « xione; pregho quelle gli dieno fede come a me proprio. E ci quanto · · « faranno col dicto Giovanni ne sarò contentissimo, alle quali di continuo^ « offero e recomando. A di 14 di novembre i5o6, da la Pieve. Strv « Petrus de Gambaci.rtis, excelsi Comunis Janue gubernator Armorun (Diversorum; Filza 6ì, 14 novembre). (1) Nei Diversorum Filze 63-64 s' trovano appunto i ruolini di qje·' fanti. La lettera di cui abbiamo ora parlato, è nella Filza 63; veramente essa non ha l’indirizzo, ma dal contesto si capisce agevolmente che è diretta L’assedio di Monaco 103 giore certezza eli riuscita Non sappiamo se e come rispondessero gli officiali della Balia; certo è che della lettera non se ne fece mai alcun cenno. I I Grimaldi e il duca di Savoia. A Monaco intanto non erano rimasti inoperosi. Già dall’ 11 novembre il Grimaldi aveva scritto una lettera urgente al Governatore di Nizza, pregandolo di volere accogliere nel porto di Villafranca, più sicuro di quello di Monaco, le galee monegasche, avvisandolo pure che spediva un corriere a spron battuto al duca di Savoia per chiedergli soccorsi (2), e ciò poteva e doveva fare perchè egli era vassallo del duca per undici parti di Mentone e Roccabruna (3) , era quindi naturale che si rivolgesse a lui prima che ad altri. Nelle lettere al duca datate dal 12 novembre, lo stesso ai commissari di Pieve di Teco. Tra le istruzioni v’è anche quella di cercare di raccogliere nella valle della Pieve buon numero di balestrieri per l’impresa « et maxime a loro speize conio farano tuti li altri loci de la riparia; ordi-« nando che stagheno parati et in ordine ad ogni nostra petitione >. (1) Ed i commissari ne suggerivano una: la Signoria di Oneglia, tenuta da donna Pereta d’Oria, era minacciata dalle mene del conte di Tenda e di Renato « gran bastardo » di Savoia, signore di Pietralata, i quali cercavano di impadronirsene. Genova doveva evitare che vicini tanto pericolosi si insediassero nella Riviera, perciò il connine poteva aiutare donna Pereta a cacciarli mentre più tardi avrebbe potuto impossessarsi della signoria dei d’Oria. Cfr. Appendice, Doc. XX. (2) Cfr. E. Cais de Pierlas : Documents inédits sur les Grimaldi et Monaco et leurs relations avec les ducs de Savoie. Turìn, Bocca, 1SS5, pag. 94; ripubbl. dal Saige : op. cit., T. IL, Doc. CCCXXXI, pag. 49. (3) Cfr. Calugaris, op. cit., pag. 53 3 e Gustavo Saige, op. cit., Introduction. 104 Anno ι5θ6 giorno cioè in cui i genovesi' dichiaravano apertamente la guerra, si scorge che il Grimaldi ceicava di convin cerio che se gli avesse inviato qualche aiuLO, sarebbe tor nato di reciproca utilità; Mentone e Koccabiuna infatti, assai vicine a Monaco, correvano serio pericolo di es sere occupate dai genovesi con grave danno del duca il quale, se aveva fino allora fornito Mentone del sale della sua gabella di Nizza, non lo avrebbe potuto per l’avvenire colla occupazione della terra da pai te dei genovesi; invece se Monaco fosse stata oppoituna mente soccorsa, non ne avrebbe risentito alcun danno ( ) E per essere più sicuro dell’effetto della sua lettera, Grimaldi mandò alla corte di Savoia il proprio fratei * " / ^ \ T1 cl LI C cl vescovo di Grasse, a sollecitare gli aiuti ( )· s’interessò subito della cosa, mandò a Genova (~o vembre) il suo scudiero Bartolomeo Usili ione ad monire gli Anziani che non tentassero alcuna nov ·ι*1* circa a Mentone e Roccabruna « li quali coi tiene al presente il signor Luciano de Grimaldis ragione di homagio et feudo »; gli Anziani gli fecero rispondere che essi non avevano mai avuto alcun pen siero di venir meno di rispetto al duca, o di recarg i (1) Questa lettera al duca di Savoia, unita a quella, che, per avere 8^ giore appoggio, il Grimaldi spedì nello stesso giorno al grande scu ier Carlo Π, Giano di Duyn, signore della Val d’Isére, sono pubblicate da Cais de Pierlas, op. cit., pag. 94-97, e studiate in ogni parte da G. Calli garis, op. cit., pag. 537-541. (2) Cais de Pierlas, op. cit., doc. pag. 95-98. L’asse'Jìo di Monaco 1θ5 danno; che i l0ro sforzj erano diretti contro Monaco, che i loto antenati avevano fabbricato e a lungo posseduto e su cui vantavano diritti ratificati da imperatori, mentre allora era governato da nn uomo da tutti odiato, per avere a tutti nociuto e recato gravissimi danni. Per ciò essi speravano di non averlo contrario in quell impresa. Volendo venire anche a trattative, chiesero all Usillione se avesse avuto il permesso di entrare in negoziati, ma avendo questi risposto di no e di non volerlo neppure richiedere, gli dichiararono che presto avrebbero mandato un loro ambasciatore al duca; così lo scudiero « re infecta » ritornò alla corte (26 novembre) (‘). Primo imbarco di truppe. Gli Anziani, come non erano rimasti turbati dalla lettera dei commissari della Pieve, così non lo furono da un’ altra del 26 novembre, ricevuta da Albenga, con la notizia che il Gambacorta coi suoi non era ancora partito per Ventimiglia in causa della mancanza di denari (2); essi erano ancora tutti intenti ai preparativi della grande spedizione (■), avevano già eletti come loro commissari, cioè rappresentanti del governo del comune fra le milizie, i cittadini Paolo Battista Giustiniani, (1) Tutto ciò è esposto nella istruzione al Veneroso (29 novembre i5o6) pubb. da G. Calligaris, op. cit., pag· 633. (2) Diversorum, Filza 63. (3) Il 2 5 novembre i5o6 gli Anziani avvisavano il comune di Voltri della prossima venuta del 'commissario Battista di Monteverde, incaricato di provvedere alla spedizione di Monaco. (Litterarum, Reg. 47, lettera n. 153). 106 Anno l5o6 Manuele Canale, Agostino Castiglione e Antonio Si· vori (') ed il 27 novembre incominciavano ad inviare un primo nucleo di fanti, comandati dal Castiglione e dal Canale, alla volta di Ventimiglia ( )· I ('ue com missari avevano una succinta istruzione sulle cose da farsi in quei giorni: innanzi tutto si ricorda\a loio che la celerità di azione è il primo requisito della ^nei 1 a, e tanto più lo era in quel caso che la breve durata c essa avrebbe portato un risparmio nelle paghe dati, poi si veniva ai particolari: durante il λia.->.->i° 1 Ventimiglia, uno dei commissari doveva prendeie ad Albenga portando seco 500 ducati , abboccai.' Francesco dArquata e sentire a quanto salisse il 1 stito da lui contratto per le paghe ai fanti asso stendere colla più grande diligenza i ruolini delle trupf affinchè non vi fossero inganni sul numeio e distrib il resto della paga; Francesco dArquata tornasse c j alla Pieve, e il commissario proseguisse con le PI per Ventimiglia, dove si sarebbe raccolta giorno p giorno nuova fanteria sotto gli ordini del Gamba e, quando fosse giunto il comandante generale tino, si cominciasse la guerra. Si dovevano dappri 1 η Γ 7 7\. 1 dUG e presto occupare, o con patti, o con la castelli di Mentone e di Roccabruna, perchè il duca (1) Le patenti di nomina (27 novembre) sono pubblicate da G. Saige, P cit., pag. 57-58. Si deve però correggere la indicazione del Registro Litte rum in cui si trovano: invece di n. 48 è n. 46, e la lettera e a n. 2/ (2) Cfr. Diario, data corrispondente. L’assedio di Monaco 107 Savoia aveva mandato a dire per mezzo dell’Usillione che i due paesi spettavano a lui « hire Jeudi » e, benché gli si fosse data adeguata risposta pel suo inviato, e al domani si facesse conto di mandare Bernardo Veneroso a giustificare il loro operato, pure era meglio accelerare, affinchè il duca non frapponesse ostacoli; raccomandavano in ultimo di impedire alle soldatesche di recare danni nel territorio della repubblica e nemmeno a Mentone e Roccabruna, se questi si fossero resi ('). B. Veneroso ali-a corte di Torino. Il 29 novembre Bernardo Veneroso partiva per Torino con le istruzioni in proposito: in esse, riassunta la questione sulle terre di Mentone e Roccabruna, si incaricava l’ambasciatore di ottenere la concessione di occupare temporaneamente quei che luoghi, poiché, essendo vicinissimi a Monaco e sulla via che vi conduce, non si poteva prendere questo senza esser padroni di quelli ; il Veneroso doveva dare al duca tutte le assicurazioni che i castelli gli sarebbero restituiti nelle stesse condizioni in cui verrebbero occupati e guardarsi bene dal far cenno dei diritti che Genova poteva vantare su di essi affine di togliere anche la parvenza di dubbi sulle oneste intenzioni dei genovesi ; se poi non avesse potuto raggiungere il suo scopo colle buone, presentasse una dignitosa protesta, ricordando il diritto fi) Cfr. Franzoni, Ms. cit., istruzione 27 novembre i5o6. 1θ8 ' Anno l5oó dei crenovesi di entrare in quei luoghi che eiano nel di- . . stretto e nella giurisdizione loro « come iOct eie sono intra Corvum et Monachum. » ('). Ora dalle istiuzioni date ai commissari contro Monaco il 27 novembre, cioè due giorni prima di questa ambasceria, possiamo agevolmente arguire che il Veneroso era mandato senza che si avesse fondata speranza sulla riuscita dei suoi ne goziati, ma più che altro per trattenere il duca le truppe avrebbero al più presto e in qualunque modo occupati i castelli di Mentone e Roccabruna. A Genova continuavano con alacrità gli armamenti, tutti gli atti degli ultimi giorni di novembre e primi di dicembre parlano della fiera lotta conti Monaco. Il comune non si curava è vero di paga soldati di guarnigione a Chiavari (2), ma deliberava si destinassero 25000 lire per le spese della glande sf dizione (5); faceva molte agevolezze alle navi che a\ (.) Istruzioni pubbl. da G. Calligaris, op. cit., pag. 633. Foi^u^“® castelli non erano assolutamente necessari per prendere Monaco, ma che i Genovesi non potevano stare tranquilli col continuo timore assaliti alle spalle da coloro che vi si sarebbero potuti raccogliere, stessi non se ne fossero impadroniti. (2) Ecco un biglietto dei commissari di Chiavari al comune di Cen ^ « Magnifici et prestantissimi domini, li fanti cridano et diceno che non p « deno così stare non obstante le libre trcxento pagate chome per le no « precedenti vi habiamo scripto; pregamo ergo V. S. si dignano prò « a li dicti fanti de lo resto de la paga perchè altramenti seria dubios « non restasemo sensa quelli; non alia nisi che ad solitum si ricomandiam « a le S. V. Clavaro, 3o novembre i5o6. (firmato) Lodixius Pentema « Pantaleo de Francis ». (Diversorum Filza 63). (3) Cfr. Diversorum Reg. 173, 3o novembre i5o6, « De inveniendis « L. 25.000 et eas expendendis (per la spedizione di Monaco). L’assedio di Monaco 109 sero trasportato grano, farina e legumi al porto di Genova ( ); imponeva a tutte le città rivierasche una tassa per le spese dell assedio (2) e all’antivigilia della partenza (2 dicembre) assegnava al capitano generale Tarlatino ed ai quattro commissari le loro mansioni, i loro diritti, i limiti di comando (?); eleggeva (3 dicembre) Ambrogio Gioardo ingegnere della impresa (') e Luigi di Bervey « provveditore del comune al campo » (s). Lettere di N. Oderico ambasciatore alla corte di Francia. In mezzo a questa ansia, a questa febbre di preparativi di guerra (6), giungeva agli Anziani una lettera (1) Cfr. Litterarum Reg. 47, lettera n. 165, 3o novembre i5o6. (2) Pubbl. da G. Saige, op. cit., II, pag. 5g, 1-6 dicembre i5of>. (3) Cfr. G. Saige, op. cit., pag. 63. (4) L’atto della elezione di Ambrogio Gioardo fu pubblicato da G-. Saige, op. cit., pag. 58-59. È da avvertire però che ^ nella indicazione del Reg. v1 è un errore di stampa; invece di Litterarum 48, si legga Litterarum 46. Il testo poi è incompleto poiché il Saige non avvertì che esso non era stato finito di trascrivere dall1 amanuense e che nel registro rimaneva il foglietto della minuta col resto dell'atto, e siccome la parte non pubblicata contiene qualche particolare curioso e la data precisa delPatto, credo non inopportuno ripubblicarlo. Cfr. Appendice, Doc. XXII. (5) Il Bervey era stato sino allora pubblico scriba « et executore de li « negocii del Magnifico O.hcio de balia »; nella sua nuova carica doveva aver cura delle munizioni, del \ ettovagliarr.ento e delle paghe alle truppe. « Per sua mercede, aggiunge il documento, può ritenere li capi soldi cossi « de la gente sino a qui a nostro stipendio conducta, como-de ogni altra « che de qui avanti se conducesse». (Diversorum Filza 63,3 dicembre i5o6). (6) Pubblico qui una breve missiva scritta in questo tempo (2 dicembre) dal Tarlatino ad un magnifico Ms. Aluyse, nel quale credo riconoscere Anno l5o6 delI’Oderico (scritta tra il 20 ed il 22 novembre 1506), nella quale descriveva a lungo la cattiva impressione avutasi alla corte, di Francia dalle ultime notizie. Il re era ognora più adirato per la mancata restituzione delle citta della Spezia e di Chiavari, già tante volte invano richieste ('); anche Giorgio d’Amboise, legato pontificio presso detta corte, era indignatissimo del procedere dei genovesi e a lui, Oderico, che, appena ricevuta la lettera inviata da Genova il 9 novembre, erasi recato a fai gli osservare quanto fossero calunniose le notizie sparse dai nobili sulla grida del 26 ottobre per il loro ritorno in città f2J, aveva parlato « con tanta indignatione Luigi (Aloise) di Bervey; è l’unica lettera che abbia trovato scritta dal Tar latino, essa getta uno sprazzo di luce sugli affrettati preparativi della spe dizione c )ntro Monaco. « M.co Ms. Aluyse, Vi mando per el Rosso presente « latore el ricordo che mi restò hiersera et anco vi fo intender che quelli « tanti forestieri sono stati qua questa matina per intender quello che hanno « a far; si che a me parerla non si dovessino lassare partire: pure, di t.icto « me rimeto in v. m. perchè non li posso dar più parole. Ceterum vi prego « mi mandiate per ricordo quello eh’ o a fare questa mattina, o venir gin « o far altro. Ex violata, die i decembris, MDVI, {firmato) Vester Tarlati-« nus Capitaneus ». Diversorum Filza 63. (1) Al Pandolfìni che gli era venuto a riferire certe mene dei genovesi con Pisa, egli aveva risposto di lasciarli fare, chè darebbe loro « una ba stonata ». e li concerebbe cosi bene che avrebbe .avuto a meravigliarsene. (Desjardins: Negoctations etc., Tomo II, lettera 24 novembre i5o6). (2) I nobili infatti asserivano che quella grida imponeva loro di ritornare in città sotto pena che, passato il termine concesso, « possiano esser morti « senza punitione e confiscato loro beni » e perciò avevano mandato a corte Andrea Spinola per impetrare la revocazione della grida (lettera di N. Oderico, 22 novembre; Cfr. Lett. Min. Francia, Mazzo I); ma gli Anziani a\ evano subito rettificata la notizia, mandando al re (9 novembre) una copia dell editto e prò ostando contro le voci calunniose (Lettere Ministri Francia, Mazzo I). L’assedio di Monaco 1 11 « quanta si posa dire, parlando ad alta voce et audien-« tibus id alquanti del consiglio et altri generali et se-« cretarii principali de la corte, dicendo inter alia quoti « deridebamus S. M.tem. et che eremo rebelli et quod « nichil boni aserebamus nisi verba et che Mons. lo « Ill.mo Locumtenente era sforzato a far quello che le « S. V. volevano et che de questo era ben avizato da « persone che avia mandato costì ad intendere et che « la Maestà del re li veneria in persona ad intendere « la verità et che faria cognoscere che non patiria « essere desorrato ». A questa sfuriatacela l’oratore ge ■ novese affermava di avere risposto con molta fermezza e dignità, difendendo i popolari ed affermando che essi avevano sempre dimostrato grande riverenza al governo del re; ma pare che anche Luigi XII prestasse poca fede alla devozione genovese, poiché nell’udienza del 20 novembre, oltre alle reiterate minacce se non gli consegnassero le città della Riviera di Levante, aveva aggiunto che l’esercito mandato dai popolari contro Monaco si sarebbe trovato di fronte anche ai suoi soldati, avendo già dato ordini in proposito al gran maestro ('J. L’Oderico capì che aduggiavansi nubi minacciose sopra la sua città e, venuto a sapere dell'imminente arrivo del governatore di Genova a Blois, (21 novembre) (1) In realtà, Bernardo Veneroso, durante il viaggio di ritorno da una sua ambasceria a Torino (11 dicembre), incontrò ad Annone astese ottanta fanti « chi se dicevano esser per Monacho » e Poste del castellano gli disse pure che lo Chaumont vi avrebbe inviati alcuni arcieri. Cfr. lettera ai Anno l5o6 gli mosse incontro per due leghe e, lungo la via, si studiò di persuaderlo ad aiutare i suoi concittadini ( ). Il Cleves, avuto il giorno stesso un lungo colloquio col re, cenò la sera col legato pontificio, ed il mattino seguente (22 novembre) potè riferire all Oderico di avei trovato esdi pure il re molto risentito contro i geno vesi tanto che aveva già scritto al gran maestro « eie « dovese componere maior exercito per venire a ea « stigare questo populo » (2); ma che egli era riuscito commissari 12 dicembre, in Saige, op. cit., Tomo II, pag· ('^· La mos^ dei Genovesi contro Monaco aveva provocato una reazione nella corte Francia rispetto ai rapporti con Luciano Grimaldi. Infatti, mentre dopo uc cisione del fratello gli era stato tolto il feudo di Ventimiglia, ora, che veniva assalito dai popolari, egli rientrava in grazia e riceveva (28 novembre) grado di ciambellano del re. (Cfr. G. Saige, op. cit., Introd. pag· XLVII, XLIX)· (1) Il Ravenstein che aveva lasciata Genova il 25 ottobre avrebbe dovuto già da tempo trovarsi alla corte di Francia; ma per una « indispositione « sopravenutagli anti la gionta a Lione » era stato costretto a procrasti nare il suo arrivo. (Cfr. lettera dell Oderico citata a pag. 110, n. 2). (2) Tale ordine era già risaputo dai nobili fuorusciti i quali ne gioivano, sperando di potere in breve rientrare in città. Fra le carte d’Archivio trovai una lettera spedita in quei giorni al marchese Gerolamo Malaspina dal co gnato marchese di Mulazzo, la quale accenna appunto a codeste speranze. « Al magnifico messer Hieronimo Marchexe Malaspina da Mulazio cognato « honorandissimo. Magnifico cognato: Ve advisso corno chi se tene per certo « che la Maestà de re volle meter in casse li Gentilhomini de genua et « corno li signori franzessi cum grande exercito veneno a la vota de genua « per fare questo effecto, et questo so de bono loco, et questo procede per « la defensione qualle è stato tra li signori Francessi et lo papa per Bologna. « Sì che non serebe fora de propoxito de stare atento et dare havisso unde « è necessario et bisogna. Dateme havisso del successo de le cosse per lo « presente messo. Ad V. S. me offro et ricomando». Die 24 de novembris « i5o6. El cordialle cognato » (Diversorum, Filza 63). L’assedio di Monaco 113 a calmarlo ed a convincerlo di mandargli un contr’or-dine. (') Partenza dell 'esercito. Tuttavia non le regie minacce, nè le proteste del duca di Savoia rimossero i genovesi dai loro propositi; il diario infatti dice : « s’è deliberato che se il re e « tutto il mondo insieme ne volesse contradire alla « impreza, che per niente non se desiste » ed il 4 dicembre veniva senz’altro imbarcata tutta la fanteria alla volta di Monaco (2). L’accompagnavano due commissari del comune con istruzioni più particolareggiate di quelle che già avevano avute i due colleglli partiti qualche giorno prima per Ventimiglia. In queste era riconfermata ai commissari ampia podestà su tutte le milizie e su tuttala Riviera di Ponente, ma erano consigliati \li lasciare al capitano Tarlatino assoluta libertà; ad essi pure si raccomandava grande celerità nell’azione; non disgiunta da una certa cautela e prudenza: « la « celerità al presente la indichiamo necessaria principal-« nienti per la admonitione quasi in forma di protesto a « noi faeta per lo Ill.mo duca di Savoia, a voi nota ». E « per questa stessa ragione era necessario « tenere modo « di occupare Mentone e Roccabruna o per via de « compositione e quieta, 0 per forza, come in altra (1) Notizie desunte da una lunga lettera delPOdcrico agli Anziani, scritta parte il 20 e parte il 22 novembre ed inviata da Blois. Cfr. Lett. Ministri Francia, Mazzo I, n. gen. 2177. (2) Cfr. Diario : j-4 dicembre. 114 Anno ι5θ6 « instructione si contiene »; badassero a tener difesa l’artiglieria « cum grande sicurtà e cautella e quella non exponere a periculo alcuno », e prendesse]o consiglio col maestro Ambrogio Gioardo e col capitano Tarlatino « dove la si haverà a descarrichaie e piantare »; replicando che « per l’amore de Dio se li abbia extrema advertentia »; mandassero infine esploratori per notizie e, appena giunti a Ventimiglia. facesseio « le mostre » di tutte le compagnie. Si ricordava ancora che « in questa cavalcata >> era parso meglio che le Riviere pagassero il loro tributo in contanti piuttosto che in soldati, tranne Ventimiglia che erasi offerta ed obbligata di dare 300 uomini a sue spese sino al ter mine della guerra. L’ istruzione finiva con le seguenti parole, che rispecchiano le rosee speranze dei geno vesi: « in la oppugnatione de Monacho, quando^ occur « resse o occurrerà de dare la bataglia vogliamo ha « biate arbitrio balia et promettere e pagare, de poi « la opera, sino a la summa de ducati cinquecento a « quelli de li primi che intrerano dentro per forza, « cioè al primo uno tanto, al secondo e al terzo sue « cessive sicondo che parirà al capitaneo e sicondo le « forme che se sono solite tenere in bataglia in tali pe-« riculosi assalti » ('). (1) Cfr. Politicorum, Mazzo III, n. 46. Queste istruzioni vennero consegnate il 2 dicembre. Colla partenza dell’armata contro Monaco si collega un atto abbastanza interessante del governo, il quale, avendo udito esservi chi offriva di consegnare ai genovesi entro ventidue giorni la rocca dei Grimaldi, purché gli fossero consegnati, ad opera compiuta, mille ducati e che, non riuscendovi, ne avrebbe egli stesso sborsati duecento, pare avesse L’assedio di Monaco 115 Nel di stesso che partiva la flotta, giungeva a Genova la notizia che a Recco era sorta una grave contesa fra Adorni e Fregosi con un morto e alcuni fer:ti, e pare che le cose volgessero ' in peggio perchè fu necessaria una grida del governatore per vietare, a accettata la proposta. L’atto è così concepito: « Illustris et excelsus « dominus Regius Januensis Gubernator etc. et Magnificum Consi-« lium dominorum Antianorum Communis Janue in legitimo numero « congregatum. Auditis prestantibus viris Manfredo de Furnariis et Georgio « Judice, duobus ex quattuor deputatis supra expeditionem adversus Mona-« chum, exponentibus esse quemdam, quem nominare non liceat, qui offerat « intra dies viginti duos dedere arcem et seu oppidum Monaci in potestatem « excelsi communis Janue; si re peracta, solvantur ei ducati mille, ea etiam « condictione, ut si ipse promissum non servaret, teneatur solvere ducatos « ducentos, re examinata, considerantes quam parvo precio res tam ardua « et tam difficilis expediri possit, et cupientes, quantum in se esset, ut ad « effectum perducatur, omni iure ac via, quibus melius et validius potuerunt, « statuerunt ac decreverunt in sententiam suprascriptam, remittentes totam « curam eius rei suprascriptis quattuor deputatis, qui promittere possunt « dictos ducatos mille ac solvere nomine comunis, opere perfecto, et reliqua « omnia facere in predictis que fieri possunt per ipsum Magnificum Se-« natum de sua plenitudine potestatis». (Diversorum Reg. 17J, 4 dicembre 1 5o6;. Credo di avere modo di riconoscere in cotesto innominato un Antonio Lanteri di Ventimiglia, prima molto devoto ai Grimaldi poi avverso. Egli, durante la loro dominatone in Ventimiglia, aveva difeso gli interessi della sua città, come rappresentante di essa, nelle liti coi Grimaldi, liti che diseutevansi in Genova. (Cfr. G. Saige, op. cit., Tom. II, Introd. pagg. XXI e XXXVI; G. Rossi, Storia della città di Ventimiglia ed. 1888 pag. 160)? Ora in una lettera inviata il 12 dicembre dalla Balia ai commissari al campo (Saige op. cit., T. II. pagg. 65-67) si trova : « S’è inteso ancora « le pratiche movute per el Lanterio, le quale quando haveeno fondamento « non se hano a desprexiare e quando ve fusse porto tale pratica quale « vi dovesse dare lo effecto e che non patisse dimora, al nome de Dio la « poterete exequire. Ma quando la fusse d’altra sorte vo'anter ne dareti aviso « per le poste, quale debano esser messe e subito ne hareti la risposta ». Anno l5o6 quei del Bisagno e dintorni di accorrere a Recco ( ). Provveduto a ciò, gli Anziani, senza dare alcuna importanza ad altre lettere minaci del re, adunai ono un consiglio che studiasse il modo di raccogliere denari per la spedizione, e fu deliberato di procurarne con qualunque mezzo, dandone incarico ad una speciale commissione. (2) Intanto Γ 11 mungevano da Pisa tre brigantini ed o o una saettia nella quale v’ erano due magnifici pezzi di artiglieria, mandati dai pisani per l’assedio di Monaco e che ripartirono il giorno successivo con Luigi di Bervey, nominato, come è noto, provveditore delle milizie e che recavasi a raggiungere il suo posto, dopo aver aneli’ egli ricevute le debite istruzioni in cui è 1 limo- li Saige deduce da queste parole che « Antoine Lanteri servait é0almen « avec activité la cause de Monaco par ses démarches dans tonte la Riviere (op cit., Introduci, pag. LUI). Io, per contro, crederei di riconoscere nelle oscure frasi della lettera la prova del mio asserto. Ricorderò che, sebben' il Lanteri fosse e prima e dopo Γ assedio scelto dai Grimaldi per nussion fiduciali, pure quando Luciano Grimaldi fu assassinato (22 agosto 1523) egli tenne una condotta molto equivoca, avendo aiutato a fuggire da Monaco gli assassini: Bartolomeo dOria,signore di Dolceaqua, Gio. Batta Barraban di San Remo ed altri partigiani dei dOria (cfr. G. Saige, PaS- e (1) Diversorum Filza 63, 4 dicembre. La grida incomincia : « siando *« stato qualche controversie de arme a Recho et circumstande tra li abitanti « di dicto locho et circumstantie per raxone de parte, et intendando che « in Besagno et in li burgi de la cita et altri loci se mete in ordine gente « in arme per andar in dicto loco... » si proibisce a costoro di partire c a chi fosse già in cammino, si ordina di tornare indietro. (2) Cfr. Diario, 4 e 7 dicembre e vedi pure la deliberazione del Banco di S. Giorgio per l’impresa di Monaco, 12 e i3 dicembre i5o6, pubblicata da G. Saige, op. cit., pagg. 67-72. L’assedio di Monaco 117 vata la raccomandazione di fare grandi economie ('). Nel dì stesso (12 dicembre) partiva una lettera ai quattro commissari, dalla quale ci è dato arguire che già si fossero occupati Mentone e Roccabruna, poiché in essa il comune, lodandoli del fatto compiuto, li rimproverava tuttavia dello sperpero delle munizioni dei due castelli, delle quali si sarebbe in seguito forse dovuto rendere conto al duca, nel caso di un probabile accordo, e annunziava loro il ritorno di Bernardo Veneroso da Torino. (2). Sdegno di Carlo di Savoia. L’ambasciatore genovese era giunto infatti con un inviato del duca (3), il signor di Chatillon, e pare avesse assicurati gli Anziani che Carlo II acconsentiva alla richiesta dei genovesi per la temporanea cessione dei due castelli, purché glifossero resi nelle condizioni primitive, dopo la presa di Monaco. Ma è assai strano il fatto che lo Chatillon smentì completamente le asserzioni del Veneroso, dicendo che il suo signore non solo non dava alcun consenso alle richieste dei genovesi, ma voleva ad ogni (1) Cfr. Diario, 11-12 dicembre. L’istruzione (9 dicembre) è pubblicata da G. C alligaris, op. cit., T. II, pag. 636. (2) Questa lettera è pubblicata dal Saige, op. cit., T. II, pag. 65. (3) Sono in dubbio sulla data precisa, perchè Cì. Calligaris, (op. cit., pag. 54y, nota 1.) con un calcolo accurato verrebbe a stabilire 1’ arrivo a Genova fra il 1 o e 1’ 11 dicembre, mentre nel Diario da me pubblicato la notizia è data in modo da esser incerti per l’u 0 pel 12 dicembre. Io propenderei per l’i i dicembre; ciò concorderebbe coi calcoli del Calligaris. 9 ιι8 Anno ΐ5θ6 costo che essi ciesistessero dall impresa ( ). Ora io sono di parere, come già il Calligaris, (2) che dappiima il duca fosse propenso a patteggiare e ne avesse fatto cenno al Veneroso, ma poi, dopo la paitenza dei due ledati, essendo giunta a Torino la notizia che i feeno ir vesi avevano già occupati i suoi due castelli senza attenderne il chiesto assenso, avesse inviato un conieie a raggiungere lo Chatillon, con ordini conti ai i ai pie OO o i cedenti. Certo si è che Carlo di Savoia ruppe lazioni diplomatiche con Genova, si vendicò dell auda ce conquista di Mentone e Roccabruna anestando ti i genovesi che passavano pel Piemonte e impadronenc delle loro robe, e raccolse milizie per mandarle in aiuto Monaco (’). Il comune cercò di placarne 1 ha e, gendo di ignorare le rappresaglie e i bellicosi piopos’’ di lui e di credere che le cose stessero jome le av e\ a anni ziate il Veneroso, gli spedì una lettera (15 dicembie) (1) Questo curioso incidente è narrato nella istruzione del 17 dice a Bernardo Veneroso (cfr. G. Call-garis, op. cit., pagg· 640-642) td e ] accennato nel Diario, 11 dicembre. (2) Op. cit., pag. 552 e nota. (3) Il 12 dicembre i5o6 Bartolomeo Usillione partiva da Tonno p Avigliana e Susa a « detenir et prendre les Genevoys et leurs marcvin « passant par les pays de mondict seigneur, pour ce que les dicts Genevoy « faysoient guerre au seigneur de Monigue » ed avevano occupato « Menthon « et Roquebrune, terres et iurisdictions de mondict seigneur ». (0*r. G- >Αι'_ ligaris, op. cit., pag. 565, nota 1.). Queste notizie venivano comunicate ai commissari a Monaco nella lettera del 14 dicembre pubbl. dal Saige, op■ cit-, pag. 72. La stessa notizia é riferita dal Diario (16 dicembre), il quale ay giunge che il duca raccoglieva due mila fanti per mandare a soccorrere Monaco. L’assedio di Monaco 119 beandogli il rinvio dell’ ambasciatore per meglio sentire quale fosse la sua volontà ('). È davvero curiosa, come osserva lo stesso Calligaris, la clausola aggiunta all’istruzione, che se mai il Veneroso mentre era in cammino, avesse inteso che Monaco fosse caduta, ritornasse indietro (2). La salda convinzione dei Genovesi nella facile oppugnazione della rocca non ci deve però destare grande meraviglia, poiché le rapide conquiste dei mesi precedenti dovevano aver fatto nascere nei popolari una così straordinaria fiducia nelle loro forze, da sperare che l’impresa contro Monaco fosse affare di poco momento e si dovesse ridurre ad un vigoroso assalto della fortezza ; tanto è vero che, come vedemmo, essi avevano già parlato di ricompense da distribuirsi ai primi che mettessero piede sulle mura e, pochi giorni dopo, scrivendo ai commissari, raccomandavano loro di fare presto e di dire ?1 Tarlatino che lo avrebbero adeguatamente compensato se avesse condotto a termine con celerità l’impresa (5). Pur troppo vedremo che, dinanzi alla fiera, ostinata resistenza del Grimaldi, essi dovettero ricredersi della loro prima opinione e subirne i danni. (1) La lettera al duca, le credenziali e l’istruzione al Veneroso, sono pubbl. dal Calligaris, op. cit., pagg. 639-642. (2) « E se per camino intendeste che Monicho fosse preso da li nostri, « ve ne tornerete indereto ». Trovasi nell’istruzione al Veneroso, ora citata. (3) Lettera 14 dicembre ai commissari presso Monaco. Cfr. G. Saige, op. cit., pag 72. 120 Anno ΐ5θ6 Ambascerie di nobili e di popolari a Luigi XII. Accennammo come gli Anziani, tutti assolti in questa lotta, accogliessero con una certa indifferenza e noncuranza le lettere minacciose del re (4 dicembre) , ma quelle dellOderico, giunte il 12 ed il 17 dicembre, portavano nuove tanto sinistre e gravi che non poterono a meno di esserne impensieriti. Dalla prima (spedita il 2 dicembre) erano informati che il giorno innanzi erano arrivati alla corte di Francia « li quatro mandati da li nobili, con cavali XXV e V muli da cartagii, asay bene con ordine, tra li quali è Euzobio secretario de lo M.co d. Io. Lodisio » ('), e che perciò 1’ 0-derico si era affrettato a chiedere udienza al ie e su[. plicarlo a non voler prestare fede alle paiole dei bili senza che avesse udito anche gli oratori popola ’ che dovevano arrivare tra pochi giorni, e che il reg aveva risposto che non avrebbe ammessi alla sua p senza gli ambasciatori dell’attuale governo, se prm non si fossero resi Chiavari e la Spezia ( ), ne^ annunziava che il 4 dicembre i legati dei nobili eran stati ricevuti con grandi onori, « siandose levata Maestà et stando in pede » e che Stefano Vivaldi aveva pronunciata una orazione contro la « sediziosa plebe » accusandola di avere inferto danni gravissimi alla nobiltà e, tessendo la storia degli avvenimenti, (1) I quattro ambasciatori dei nobili erano: Antonio Spinola, Lorenzo Lomellino, il giureconsulto Stefano Vivaldi e Gian Giacomo d1 Oria. C r. Senarfxja, op. cit., col 588. (2) Cfr. Lettere Ministri Francia, Mazzo 1., n. gen. 2177. L’assedio di Monaco 121 aveva ricordato come due ambasciatori inviati precedentemente dai nobili alla corte, fossero stati persuasi a ritornare in patria col governatore che avrebbe rimesso 1 ordine nella città; invece le cose erano andate molto diversamente e perciò ora presentavansi altri quattro per supplicare la Maestà Sua a voler punire i colpevoli ('); ì’Oderico aggiungeva che il cancelliere regio, lodatili della loro inalterata fede verso il re, li aveva assicurati che sarebbero uditi un’altra volta con maggiore considerazione e non sarebbe mancata la soddisfazione ad essi dovuta. Egli allora, perchè non rimanesse nei presenti l’impressione dolorosa delle parole del Vivaldi, supplicò il re che, essendosi pubblicamente offeso l’eccelso senato ed il popolo genovese, gli fosse concesso di pubblicamente giustificarlo; ciò che ottenne. Qui ci dispiace di non poter riferire per intero la prima parte dell orazione pronunziata dall’Ode-rico, poiché il documento che la contiene è più degli altri di questa interessante raccolta di lettere, ridotto in brandelli e riesce impossibile decifrarlo. In seguito si scorge che egli difese con molto calore ed accortezza i popolari, dimostrando che fra essi vi erano stati e v’erano tuttora grandi uomini e spettabili famiglie che per gloria, antichità ed anche per nobiltà eguagliavano ( 1 ) Fu certamente questa ambasceria che presentò al re Γ interessante Memoriale da noi più volte citato. (L. G. Pélissier, Documents etc., pag. 534). Lo deduciamo dal fatto che vi si parla già della presa di Pieve di Teco, mentre si accenna appena all1 inizio del blocco di Monaco. Da altri cenni si viene alla, persuasione che il Memoriale fu scritto alla corte di Luigi XII e presentato da questa ambasceria. 122 Anno ΐ5θ6 non solo ma superavano quelle del cosidetto partito dei nobili i quali, in vero, non erano che una fazione separatasi per dissensioni dalle altie famiglie nobili, discusse poi le lagnanze da essi mosse pei le ingiurie e i danni sofferti e dimostro che erano stati piuttosto i nobili ad offendere continuamente i popolali, coi loro frequenti ed atroci insulti avevano prc la sollevazione nella quale alla fin fine non stato che un morto e, se erano avvenute ìubciie, tutto si era fatto ammenda restituendo ogni cosa. Oue sta lettera, scritta il 5 dicembre, ha un post sci iptur del 9 in cui lOderico dà notizia che la sera precedente erano giunti gli ambasciatori popolari, e che al matti del 9 egli aveva domandato udienza per essi, man eragli stato possibile ottenerla (')· Questa 1 ciazio giunse a Genova quando già oli Anziani avevano \ parata una lettera per lOderico e pei due nuovi ^ gati alla corte, avvisando questi ultimi di non ave cevuto da essi che una sola missiva da L' '■> che però, da lettere pervenute al luogotenente, erano informati del. loro arrivo alla corte di Francia, ce-l’accoglienza fatta dal re ai nobili e della difficoltà essi incontravano ad ottenerne udienza; colla stessa o nazione ripetevano di persuadere il re a non ave a male se le castella non fossero peranco state cons gnate, che ciò non era stato possibile per le condizior interne della città, che per converso Genova eia sempre affezionata a lui e che tutto il potere, tutta 1 autoi ita, era (1) Lettere Ministri Francia; Mazzo i, n. gen. 2177. L’assedio di Monaco 123 ridotta nelle mani del luogotenente « e più giorni pas-« sati s’è annullato li capitani e non resta in la cità « se non quelli de la piacia, chi sono sotto sua si-« gnoria ». In un post-scripturn poi del 2 1 dicembre davano a conoscere di aver ricevuto la lettera dell Oderico recante le notizie sulla critica condizione dei nuovi ambasciatori popolari e avvertivano che il comune avrebbe cercato di smuovere il re dal suo proposito; lodavano infine la risposta « molto accomodata » del-l’Oderico all’orazione di Stefano Vivaldi, consigliandolo anche, ove mai i nobili avessero avuto a lagnarsi di non poter tornare alle loro case, di protestare che ciò era falso, poiché il comune non solo aveva concesso loro ogni agevolezza, ma con pubbliche gride li aveva esortati a rientrare in città, ed invitavano inoltre 1 Oderico a voler pregare il re di fare in modo che essi ritornassero alle loro dimore, poiché restavano fuori soltanto per macchinare continuamente contro la quiete dei cittadini (‘). Ambasciatori popolari al Pontefice. Mentre il governo popolare di Genova riceveva aspri rabbuffi e minacce dalle due corti di Savoia e di Francia, 1 suoi ambasciatori avevano assai benevola accoglienza presso il papa; il 10 dicembre infatti essi scrivevano di essere stati benignamente accolli e che ( I ) lbid. Nel giorno stesso (21 dicembre) scrivevano al re, al governatore di Genova ed al legato apostolico, raccomandando loro vivamente che i nuovi ambasciatori venissero ascoltati e promettendo che in avvenire avrebbero fatta la regolare consegna delle fortezze. 124 Anno ΐ5θ6 il pontefice offriva loro aiuti e dava consigli per il bene della repubblica; anzi il 17 il PaPa stess° scnveva ai genovesi confortandoli a star bene uniti, a non aveie timore di nessuno, chè, se fosse sorta qualche contesa fra essi ed il re, avrebbe egli accomodata ogni cosa ('). I fatti che seguirono diranno che molti fuiono gli in coraggiamenti, ma pochi in verita gli <ιρΡ°<->&' dal papa ai genovesi, i quali, troppo fiduciosi nell aiu to di lui. non usarono spesso di quella prudente poli che era loro tanto necessaria (')■ Un altro fedele amico ed alleato i genovesi Γavevano in Alfonso del Carret che, come è noto, mercè il loro concorso aveva r q stato il suo feudo; egli approvava 1 impiesa conti naco, aveva dato qualche buon consiglio in J 1 (1) Cfr. Diario, 17 dicembre e lettera del 21 dicembre ai tream^s“* tori presso la corte di Francia, in cui oltre la detta notizia, si ag-,» per gratitudine verso Sua Santità si é prorogata la sospensione contro i Savonesi per tutto Panno 15oy (Lett. Ministt i Fi ancia, (1) Anche il Senarega (op. cit., col. 589) osserva che il P°n " molte promesse che poi non seppe mantenere. Il Sai.vago (op. ci , p^ va più oltre; dice che Giulio li sostenne i popolari per odio vers ^ ^./70 poiché egli era di oscuri natali, e pel piacere di vedere Genova 1 ^ a sedizioni e ruine, venendo egli da quella Savona che eri stata invidiosa della prosperità di Genova. Queste però sono accuse^ ^ da odio di parte. È bensì vero che il papa fece poco, ma non pote c ^ più di fronte alle minacce di Luigi XII. A mezzo febbraio 1507 il ^ Francia diceva all’ambasciatore fiorentino Frane. Pandoltìni. « Ho « sapere al papa, che ov’egli prenda le parti dei Genovesi, immantinen « ricondurrei a Bologna Giovanni Bentivoglio. Mi basta una mia sola « tera ed il Bentivoglio mi doverà per giunta 100.000 ducati. In verita 1 « papa Rovere vien da una razza di contadini; bisogna pressarlo alle spai e a col bastone ». (desjardins, op. cit.} II. pag. 220). L’assedio di Monaco sito, era stato solerte nell'avvisarli dei preparativi guerreschi del duca di Savoia, ma era troppo debole aiuto contro le forze coalizzate di Francia e di Savoia ('). Mentone e Roccabruna. 1 ornando alla spedizione che sciolse le vele per Monaco il 4 dicembre, dirò subito che non abbiamo notizie molto precise del suo arrivo a Ventimiglia; tuttavia,, consideraia la gravezza del carico che aveva seco e il tempo impiegato dalle spedizioni successive, si può a un dipresso stabilirlo fra il giorno 7 e Γ8. Pervenuta che essa fu a Ventimiglia, ebbe per suo primo obbietto la conquista dei castelli di Mentone e di Roccabruna, il primo dei quali doveva avere maggiore importanza dell'altro, avendone il predecessore di Luciano, Giovanni II, nel 1504, restaurate le fortificazioni e reso, a testimonianza d’un contemporaneo: « bellissimo, ben parato di tapissarie et mobili che in quelle parte non era il simile » (2), testimonianza comprovata dallo stesso Luigi di Bervey, il quale deve senza dubbio accennare a Mentone allorché parlando della resa, dice essergli stato riferito che « non era castello meglio nè più (1) Cfr. in Appendice Hoc. XXV. (2) G. Saige, op. cit. pubblica un contratto (fi marzo i5o3) tra Giovanni Grimaldi ed un muratore, pel prolungamento d’un bastione di quel castello. (Tomo II, pag. 3o). I lavori furono terminati nel i5o4 come annunziava una bella iscrizione in versi latini posta al disopra della gran porta dell1 e-difìcio e pubblicata da Gerolamo Rossi nella sua Storia della città di Ventimiglia 2.a Ediz. pag. 463, Le parole citate nel testo si trovano nel « Libro de la progenie et vita de li illustrissimi segnori de Monaco » pubbl. da G. Saige, op. cit., Tomo 11, pag. 824. Anno l5o6 ornatamente munito » ('). Ora nè l’uno nè 1 altro avevano forze sufficienti da resistere all’esercito invasore; cosi, quando esso, senza alcun rispetto alle bandiere sabàude sventolanti sulle torri (2), chiese che si rendessero, gli abitanti non indugiarono un istante a consegnai ne le chiavi. Allora le truppe genovesi, non frenate da alcuna restrizione dei loro duci, la cui debolezza fu assai biasimata dagli ottimati, si abbandonarono al saccheggio, al bottino di arredi, di armi e di artiglierie e a fare tale scempio delle vettovaglie che la piccola guarnigione, più tardi collocatavi, ebbe a soffrire penuria di viveri e delle cose più necessarie Avvenuta l’occupazione, si mandò Gasparo Giudice (1) Cfr. in Appendice Doc. XXVili. (2) Cfr. Istruzioni a Bernardo Veneroso pubbl. da G. Caixigaris, op. cit, pag. 653. (») Manuele di Canale, uno dei commissari, in una sua lettera del 1 ^ dicembre ai quattro officiali deputati in Genova all1 assedio di Monaco, avvisava che, venendo verso San Remo, aveva trovato a Roccabruna la guarnigione di 12 uomini comandata da Luchetto Canale priva di ogni cosa « corno sereiva vitualie e artagiarie e cossi de uno bombarderò e « o trei balestrieri » e l’aveva provvista di qualche poco di vettovaglie; che lo stesso aveva fatto pei dieci uomini comandati da Ambrogio di San Sai vatore che guardavano il castello di Mentone « in lo quale non era se non « le mure cum qualche poche bombarde »; li esortava quindi a mandare rinforzi di uomini e di vettovaglie, poiché le guardie vi stavano mal vo^ lentieri, forse per timore di essere maltrattate dagli abitanti « peroché quelli « de Mentone e Rochabruna sono molto afectionati a dicto signore di Monicho ». Cfr. in Appendice Doc. XXIV. Altre notizie sui due castelli, insieme con molti lagni sulla imprevidenza dei comandanti genovesi tro vansi in Appendice. Doc. XXVI e XXVIII e in G. Saige, op. cit., Tomo II, pag. fi5-Gtt. Nella stessa opera (pag. Lì!) il Saige, seguendo una relazione inedita dell’asscd o, afferma che i genovesi incendiarono Roccabruna, ma ciò non è provato da alcun documento genovese. L’assedio di Monaco 127 al governatore di Nizza per avvisamelo ed assicurarlo che, giusta i patti che si sarebbero conclusi fra il duca di Savoia e Genova, i due castelli verrebbero restituiti non appena Monaco fosse espugnata. Le notizie dell’inviato irritarono il governatore, il quale uscì in parole gravi e in propositi minacciosi, ma alle proteste del Giudice che Genova intendeva rimanere in pace col duca e che non l’avrebbe mai rotta, se non costrettavi dalla forza, parve acquetarsi; disse però che entro due giorni si sarebbe recato alla Turbia ed avrebbe fatto conoscere i suoi intendimenti ('). Le forze genovesi a Monaco. il io dicembre l’esercito genovese era sotto le mura di Monaco (2). Vediamo ora di quale contingente di forze disponessero entrambi gli eserciti. Jean d’Auton ci dice che quello genovese doveva avere da 12 a , 14 mila uomini cosi distribuiti: tre o quattro mila soldati di ventura, la maggior parte di Pisa e Lucca , pochi di Alessandria, Piacenza e dintorni ; circa tre mila genovesi, ed ottomila paesani delle riviere ; ma egli sbaglia di grosso. Noi sappiamo da documenti attendibilissimi che Genova aveva approntato un esercito di soli quattro mila uomini e cioè : mille fanti forestieri, mille cinquecento della città e altrettanti della Riviera (1) Cfr. in Appendice Doc. XXIV. (2) Questo giorno viene riferito nella relazione inedita di cui si servì il Saige per la sua introduzione (pag. LII) e nel « Libro de la progenie et vita de li illustrissimi signori di Monaco » pubbl. nello stesso volume del Saige, pag. 82 5. 128 Anno i5o6 di Ponente ('). L’artiglieria constava di due cannoni pisani, di cui già tenemmo parola e che eran designati coi nomi di Bufalo e Drago (2); di 22 pezzi di grosso calibro che lanciavano palle di ferro a forza di smeri-glioni e di molt’ altra artiglieria minuta (’)· Capitano generale della spedizione era il Tarlatino che aveva per luogotenente il Gambacorta; di pari grado erano 1 quattro commissari del comune. Il d’Auton riporta pure alcuni nomi di capitani delle varie schiere come un Jean de Las, basco, un Manuele del Castellacelo, lombardo, un marchese di casa Sforza, parente del signore Ludovico ed un Renato Guyton di Tours. Invero io ho trovato un Ianoto Basso, ispano, che potrebbe identificarsi col primo nominato dal d’Auton ed un conte Bergamino che, nelle storie fiorentine del Machiavelli, é detto condottiere del duca di Milano, e cosi (1) Cfr. in Appendice Doc. XX. Vedremo che più tardi essi giunsero ad un massimo di 6000, che dirò assai poco. (2) Veramente Jean d'Auton (op. cit., Tomo IN pag. 217) che èl unico a darne notizia, li chiama francesemente: Bulile e Lizard. Bullle è presto tradotto in Bufalo, Lizard invece non si incontra nel dizionario francese ; credo però di riconoscerlo nel moderno Lézard, lucèrtola, ramarro. Ma il nome d’un si modesto animale non si confa ad un grosso cannone che aveva un compagno dal nome così fiero; perciò ho tradotto con Drago, che, come tutti sanno, era creduto dagli antichi una enorme lucertola eruttante fuoco ed il nome venne dato assai spesso alle prime artiglierie. ( 0 Cfr. Jean η’ΑυτοΝ, op. cit., Tomo 111 pag. 219. Di questa artiglieria era comandante Ambrogio Gioardo ed aveva sotto di sé: 25 bombardieri, 10 maestri d'ascia, 10 scarpellini per far palle di pietra, 5o addetti al traino delle artiglierie, sotto il comando di due prefetti; 10 uomini a guardia del Gioardo e delle munizioni ed un maestro ferrario 0 fabbro. Per chi fosse curioso di conoscere le loro paghe, veda in Appendice Doc. XXI. L’assedio di Monaco pure ho trovato una compagnia del Castellacelo, ma oltre ad essi devo ricordare che v’erano come capitani di truppe, un Grego e un Greghetto Giustiniani, un Lazzaro Bacigalupo genovese e Gasparo Giudice ventimi-gliese (‘). A cotesto apparato di forze di terra doveva necessariamente non andare disgiunta una flotta pel rapido trasporto di uomini e munizioni da Genova al campo. Il d’Auton afferma a quest’uopo che si armarono una caracca, due galee, due grosse barche e cinque brigantini con molte altre piccole imbarcazioni, ma anche qui egli pecca per eccesso, perchè nell’istruzione data ai commissari prima di partire per Monaco è ricordato che essi avranno ai loro ordini due scalee e tre bri-gantini (2). Le forze dei monegaschi. Il Grimaldi per contro aveva con molta cura e diligenza vettovagliato e fortificato la sua rocca, nella quale, se non aveva da contrapporre a: nemici ugual (1) J. d’Auton (ibidem) erra quando dice che il Tarlatino ed il Gambacorta comandavano i pisani, mentre i quattro commissari guidavano i genovesi. Noi vedemmo chiaramente come il Tarlatino fosse stato eletto duce supremo, mentre i commissari ne erano i consiglieri, ma con pari autorità. Così pure erra di grosso quando afferma che in questo periodo di tempo sia avvenuta l’elezione a Doge di Paolo da Novi. 1 nomi dei capitani delle truppe genovesi si trovano nei documenti XXVI-XXVII-XXVIII e XXXVIII. Il Bergamino è ricordato dal Mach'avelli , Istorie fiorentine, libro Vili, cap. XXXV. (2) Cfr. Istruzione del 2 dicembre 15o6, in Politicorum, Mazzo 3, n. 46. V’è però da aggiungere un quarto brigantino di Pisa che il comune aveva preso a servizio per compiacere il capitano Tarlatino. C r. lettera 12 dicembre pubbl. da G. Saige, op. cit., Tomo II, pag. 65. I ΐ3θ Anno 150Ó numero di fanti, disponeva però di maggior numero di potenti artiglierie. V’erano infatti, secondo il d Auton, enea óoo uomini, dei quali 200 erano suoi e 250 erano soldati originari di Francia, Spagna, Piemonte, Lombardia e Toscana; Carlo d’ Amboise, luogotenente generale del re di Francia « citra montes » a cui il Grimaldi s’era rivolto per aiuto, aveva ordinato al governatore di Savona Yves ci’Allègre di inviare dieci uomini d arme e venti arcieri sotto il comando del luogotenente Jean de Sainte-Colombe e dell’alfiere Arigoys, basco ; Gian Giacomo Trivulzio ne aveva egli pure mandati dieci, v’erano poi molti gentiluomini, parenti ed amici del signore di Monaco, accorsi a difenderlo. Ma ciò che formava la più salda difesa del paese era la ìoccia su cui esso ergevasi e la potentissima artiglici ia, 22 grossi pezzi « toutes à roues » e altri 318 di medio e piccolo calibro ai quali erano addetti trentadue cannonieri e sessanta archibugieri. « Ainsi étoit » conclude il d’Auton, « la place de Monigue gamie, et si tres-« forte, que pour y entrer n’y avoit qu’une passee -< d’étroite avenue, Dont des quatre parts d icelle, eto-« ient les trois environnées de mer, et l’autre ceinte eie « haute rocher encis d’amont jusques en bas; la quelle « attendoit en cette manière la venue du siege desdits « génevois » ('). Il comandante supremo della piazza era Bartolomeo Grimaldi fratello di Luciano. (1) J. d’Auton, op. cit., Tomo III, pag. 320^221. L’Assedio di Monaco 131 Prime avvisaglie. All apparire delle truppe genovesi, egli volle tentare di prenderle in un agguato: mandò fuori delle mura un centinaio d uomini quasi volessero attaccare battaglia, ed intanto fece preparare molti pezzi di artiglieria per colpire i nemici se si fossero avanzati. I genovesi attaccarono con impeto le soldatesche monegasche, le quali indietreggiarono per attirarli sotto il tiro delle artiglierie ; ma quelli, accortisi in tempo delle miccie accese, si arrestarono evitando la strage. Prima di porre in opera l’assedio, essi intimarono al Grimaldi di arrendersi e questi rispose arditamente che avrebbe saputo difendere la sua piazza in modo « que jà vilain par force n’y mettroit le pieci dedans »; dopo ciò i genovesi mandarono un araldo il quale, a suon di tromba davanti alla fortezza, promise un premio di 3000 scudi a chi avesse ucciso il signore di Monaco, ed un secondo di cinquecento a chi avesse messo fuoco alla polveriera della fortezza ('). Cosi incominciò l’assedio di Monaco (2). L’esercito genovese, posto il suo accam- (1) idem, ibid. pag. 223-224. (2) Per la descrizione di questo assedio mi sono valso quasi unicamente di documenti di Archivio ed in ispecie delle lettere inviate dai commissari al comune. 11 Diario mi servì per annodare i vari fatti. Consultai anche la cronaca del d’Auton che, pur esponendo una narrazione veritiera dei fatti, non va esente da alcune inesattezze. Trovai un valido aiuto nel lavoro più volte citato del Saige per la copiosa raccolta di documenti genovesi rife-rentisi ai tempi di cui discorre e per una rapida, ma precisa descrizione dell’assedio, che l’autore fa flntrcd. al Temo li pag. XLIX-LV) e che dice d’avere desunta da una Relazione su di esso che si trova negli Archivi di quel Principato (A. 23. n. 8) e che egli non potè pubblicare cogli altri documenti perchè fu ritrovata troppo tardi. Il Saige però avverte in una nota 132 Anno ι5θό paniento di fronte alla rocca, sul lato orientale del porto, precisamente sul poggio che ora è allietato dai superbi villini di Monte Carlo ('), ben presto si accorse che non doveva soltanto fronteggiare le foize degli oppidani ma difendersi alle spalle da quattiocento uomini occupanti il poggio della Turbia ('), appai tenente alla contea di Nizza, i quali, pur non avendo ancora dimo strato un atteggiamento ostile, davano a divedere di OO parteggiare apertamente coi monegaschi, poiché, notte tempo, dalle alture impendenti su Monaco, li avvisa vano, con alte voci, deH’arrivo di truppe sabaude e francesi in loro aiuto. Non era neppure ignoto al (pag. L, .iota 2) che questo relazione è una trascrizione in lingua P,u ^ dema (come dice lo stesso trascrittore) di una relazione più antica ® di poco posteriore alPassedio. Essa ha molti punti di contatto colla zione del d’Auton, ma in qualche particolare è più completa, in q altro meno; il Saige conclude che non sembra che Γ una sia stata ^ncj0 sull1 altra, ma che procedano entrambe da una medesima fonte. Desi e di farmi anch1 io un1 idea di questa relazione scrissi al signor Saige, conservatore degli archivi del palazzo di Monaco, pregandolo di dare qualche ragguaglio su quella relazione e dirmi se era bene farne tr una copia. Il signor Saige gentilmente mi rispose (25 novembre 1 j 4 che questa relazione non è che un discorso ditirambico pieno di retonc , scritto probabilmente al principio del secolo XVII e che non ha per stesso alcun carattere d1 autenticità, ma fu redatto su documenti che dov s vano esistere allora. Il signor Saige aggiunge : « J1 en ai tire tout ce qui « me paraissait avoir une valeur précise »; il resto è « entierement vide e « faits précis ». Perciò egli mi consigliava di non darmi ad ulteriori inu ricerche ed io mi sono attenuto al suo consiglio. (1) Cfr. G. Saige, op. cit., Tomo II, Introd., pag. LII. (2) La Turbia è ricordata dalPAlighieri nel Purgatorio, Canto IH· Tra Lerici e Turbia, la più deserta, La più rotta ruina è una scala, Verso di quella, agevole ed aperta. L’assedio di Monaco 133 campo che i parenti dei Grimaldi raccoglievano milizie a I enda e che al soccorso di Monaco erano diretti anche cinquecento guasconi che, per deludere il nemico, facevano correr voce di muovere contro Penna. Così l’impresa dal suo inizio appariva più aspra e difficile di quello che se lo fossero immaginato i genovesi; i quali troppo fidenti nella loro fortuna o piuttosto, ignari della saldezza della rocca, non avevano pensato di provvedere il loro esercito di tutto il necessario; perciò, dopo qualche giorno, si dovette inviare Manuele di Canale a fare incetta di viveri e raccogliere reclute ‘fra i rivieraschi, anche sapendo che erano « homini che uno soldato ne valeria dexe ». Questo era ancora poco in confronto al grave problema delle paghe, che alcune compagnie, le quali al quindici dovevano riscuotere i loro stipendi non erano state soddisfatte, e il Bervey era tuttora in viaggio; non doveva però essere lontano da Monaco se il Canale, il 15 dicembre, scriveva da S. Remo di aver scorto alcuni brigantini che veleggiavano verso ponente sui quali pensava vi fosse il provveditore delle milizie e mostravasi pieno di buona speranza che, pagate le soldatesche, cesserebbero i malumori e si sarebbe tosto dato l’assalto alla rocca(‘). Ma furono vane speranze, chè lunga, triste e difficile fu la preparazione a codesto assalto e un’eco dolorosa delle molte e gravi difficoltà incontrate ci è giunta dalle lettere spedite dai commissari. Queste lettere che quat- (1) Cfr. in Appendice· Doc. XXIV. 10 134 .Anno ΐ5υ6 trocent’anni or sono partivano dal campo genovese tra il confuso agitarsi delle truppe e il rombo delle artigliere e recavano a Genova, ansiosa della vittoria, entusiasmi e sconforti speranze e delusioni, notizie di scontri favorevoli e di malumori tra le file, di minacce e diserzioni, ci offrono ora il mezzo di lumeggiai e d una luce tutta nuova questa spedizione che costò alla citta tanti sacrifici. Lettere dal campo. Luigi di Bervey arrivò dunque al campo, come accennò il Canale, la sera del 16 dicembre, dopo una traversata lunga e penosa pel tempo incostante e per la difficoltà di rimorchiare la barca che trasportava 1 artiglieria; giuntovi di notte non potè presentarsi subito ai commissari ed al capitano, ma gli riuscì di vedete i^ maestro bombardiere, il quale gli pailò non senza &ra lamentele, del numero insufficiente di bombardieri e dell’indisciplina dei suoi dipendenti, e ciò tanto dispiacque al Bervey che gliene mosse rimprovero. Codeste notizie egli comunicava il giorno dopo agli officiali della Balia siemealla relazione di ciò che aveva fatto nel gioì no 17· Al mattino egli si era recato agli alloggiamenti del capitano e elei commissari,, dove aveva trovato solo 1 aolo Battista Giustiniani; Agostino da Castiglione era partito per Genova e Manuele Canale, come vedemmo, era nella riviera; D. Ambrogio (di S. Salvatore), che eia di guardia a Mentone e Roccabruna giunse ben tosto; visitato il campo, egli non era stato punto soddisfatto del posto occupato dalla artiglieria, che gli pareva troppo L’assedio di Monaco 135 discosta dalle mura; adunatisi, poi tutti nel padiglione aveva fatto palese la proposta della Repubblica di prorogare sino al primo di gennaio la distribuzione degli stipendi alle truppe, ma i capitani ed i soldati non ne vollero assolutamente sapere; quindi egli invitava la Balia ad affrettare l’invio di denari poiché colla somma affidatagli poteva soltanto soddisfare coloro ai quali il termine della paga era già scaduto al 15, mentre con altri mille scudi avrebbe accontentato le compagnie che dovevano riscuotere il 24 dicembre; per le altre poi si sarebbe potuto aspettare fino a gennaio. Ma siccome si voleva dar presto battaglia, era savio consiglio che il 24 si desse la paga anche a queste, chè « mal se potereivamo valeire de dicti soldati in tal effecto » essendo essi « molto fredi et resteivi ad non metersi a nissuno periculo dubitando non ghe correse la paga. » E questa loro freddezza impensieriva il Bervey per tema che disertassero, come lo impensieriva la notizia che quello stesso giorno erano giunti alla Turbia cinquecento francesi, detti « guasconi », miserabili venturieri, non meno degli altri pericolosi alle forze genovesi minacciate pure dal governatore di Nizza ('). E’ ben vero (1) Il Saige (op. cit., Tomo II, pag. LIIi seguendo la citata Relazione, afferma che i genovesi s1 erano impadroniti della Turbia, ma ne furono sloggiati colla venuta (18 dicembre) delle truppe del d’Allègre. Ciò però è contrario alle notizie date dai nostri documenti. In quanto alle forze francesi il Saige parla di 700 fanti, il d’Aaton (op. cit., T. Ili, pag. 225) di 600, ed il Diario afferma (18 dicembre) che a Genova era giunta la notizia che se ne raccogliessero milleduecento. Ma questa cifra è certo effetto delle voci popolari: le prime due sono più sicure e si accordano colla cifra data qui dal Bervey e quella di 600 fanti che si trova nel Doc. XXX. 136 Anno ΐ5θ6 che si era saputo da alcuni nizzardi che essi volevano rimanere neutrali, ma ciò non bastava a renderli tran quilli, che cera anche il duca ili Savoia che faceva preparativi guerreschi, perciò si chiedevano munizioni e uomini, e questi ultimi piuttosto forestieri clic del paese, poiché i soldati genovesi erano indisciplinati, petulanti, inetti ad ogni bisogna e, quando non se ne ti( di forestieri, scegliessero almeno quelli delle tre pode sterie. Il Bervey avvisava inoltre che al campo transi arruolate una compagnia di pisani ed un altra data da certo Ianoto Basso (Basco?) spagnuolo, | « se non fosseno alcune lancie spesate d( simi « tura, le quale sono quelli se metono ad ogni I) » « et fano animo a li altri, le cose anderiano Riguardo alle munizioni poi, egli aveva riscontra^ con grande sua meraviglia che, pure non essendo* stato alcun combattimento, si era fatto un gran sci | di verrettoni e di filo da balestre tanto che di j casse ne erano rimaste sette soltanto e « (l* 0 • v rateilo de lo filo da balestre non ghe ne resta | niente > cosicché si era costretti a negarne a colo che ne facevano domanda. Il maestro bombardiere chi deva un gran rifornimento di polvere che sarebbe stati assai necessaria quando si fosse dovuta usare tutti l’artiglieria, ma anche 1’ artiglieria dava gran pensiero per collocarla convenevolmente; si era scelto un giar dino presso il castello dove eransi costrutti i ripari op portuni ('), ma bisognava portarla su barche nottetempo, (i) Questo giardino si doveva estendere assai probabilmente nella conca esistente tra il castello di Monaco ed il poggio di Montecarlo e verrebbe L’assedio di Monaco 137 forse per evitare le offese dell'inimico, e la notte del 16 non era stato possibile il farlo per l’improvviso arrivo ilei guasconi, e neppure nella successiva, poiché, come scriveva il Bervey (i8 dicembre), la barca, per il peso, non si era potuta accostare alla spiaggia ed era con-venuto spingerla indietro, trascinare le artiglierie nelle ore del mattino al campo, per tentare di tirarle poi sul-1 imbrunire «. quamvis cum maior difficultà » al luogo donde avrebbero potuto appoggiare l’assalto della rocca; ed anche quando si fossero collocate a posto, il Bervey temeva di non poter dare subito 1’ assalto perchè la fanteria non si sarebbe voluta esporre a pericoli senza la riscossione degli stipendi; bisognava quindi distribuire a tutti la paga « perciò che ne staria cum migliore animo et mancheria lo suspecto de la diffidentia de non averla ». 11 povero Bervey che da tre giorni si affannava a provvedere a tutto, e scriveva che dal momento che era giunto al campo non aveva avuto tempo di spogliarsi, come poteva accontentare tutti se gli mancavano undicimila cinquecento ducati per le paghe, non computando gli stipendi dovuti al Tarlatino, al Gambacorta, al Gioardo e ai loro uomini ? Questo stato di cose pernicioso al buon ordine, alla disciplina delle truppe avide di denaro, lo angustiava assai; ma ciò che più lo corrucciava era il contegno poco cor- così a trovarsi nella località segnata d.il Saigf., il quale, seguendo la relazione inedita, dice che i genovesi >< construisirent une mute pour dc-« scendre leur artillcrie dans la piaine de la Condamine, au fond du port, « d’où ils ouvrirent un leu violent sur la place ». (op. cit., Introd. pag. LII) l3S Anno i5oò retto dei suoi concittadini; «li nostrati et presei tini li marcheixi et altri de quelle parte » gli davano le maggiori noie ; essi già due volte s erano levati a rumore protestando fieramente che, se entro il lunedì (21 dicembre) non avessero riscossa la paga intei a, avrebbero lasciati i loro posti di guardia alla artiglieria, per col mo di sventura, l’artiglieria non era pet anco stata messa a suo posto per l’inabilità e 1 imprevidenza del « magnifico ingegnerò > Ambrogio Gioardo, a cui mancavano e gli uomini dell’arte e gli arnesi ad essa necessari; fortunatamente tra i pisani venuti all assedit v’era il provetto « maestro Iusto bombarderò » il qua e, insieme con altri suoi concittadini avevano prestato l’opera loro e si sperava nella notte successiva di col locarla a debita distanza dalle mura. Ma anche qui cera un guaio: era occorso dare a lui ed ai suoi un lauto stipendio e si era pure dovuto pagare quel anotto tt i suoi uomini d’arnie e tener presente che, se egli avesse condotte a fine certe pratiche, di cui si farà cenno in appresso, sarebbe stato necessario dargli un giusto compenso. Le milizie mercenarie. Tutto questo sciupio di denaro dava la febbre al buon Bervey il quale esclamava: « Mi crepa l<> corc « de convegnere fare tante speize, sed seando conducti « seria male non regere questa impreiza e supportare « ogni cosa, et Dio voglia mi possia regere cum tanti « affanni supporto, perciochè nè dì nè nocte mai posso » (poso). Pure in mezzo a tanti pensieri, a tante ansie L’assedio di Monaco l3Q per le spese eccessive, anch’egli era d’accordo coi suoi colleghi che era d’uopo far sacrifici e sobbarcarsi a spese più ingenti per guadagnare alla propria causa un forte nucleo di mercenari che dicevano di essere stati mandati per soccorrere Monaco. Costoro erano quei quattrocento che il popolo, come è noto, aveva fatti espellere da Genova quando si accorse che il governatore li teneva nascosti in S. Domenico, ed i nobili li avevano assoldati per mandarli in soccorso di Monaco, dando a ciascuno un ducato col patto che, poco lungi da Monaco, avrebbero avuta la paga; invece quando essi giunsero presso il campo genovese offersero ai popolari, col pretesto di non essere per anco stati pagati dai nobili, di entrare nel loro esercito. 11 capitano Ianoto Basso aveva aperte le trattative che erano poi state continuate del commissario Paolo Battista Giustiniani il quale, avuto un abboccamento col Famiglio, capo dei detti avventurieri, aveva pattuito l’ingaggio con uno stipendio di 150 ducati per lui e da otto a dieci per ognuno dei suoi uomini; e pel desiderio e bisogno di concludere presto l’arruolamento, i genovesi si erano persino indotti a dare un acconto di 300 scudi al « sub-capitaneo » di detta compagnia, come pegno della somma che si sarebbe sborsata in seguito. Il Bervey, che aveva dovuto consegnare la somma, non se ne lagnava e neppure era malcontento degli obblighi contratti sperando di vedere indebolite le forze dei nemici e conturbati i piani del Grimaldi, ma troppo presto si accorse di aver commesso un « risico > nel dare denari a gente poco sicura e a traditori, poiché il capitano Famiglio ed i suoi non si attennero ai patti e passarono ai servigi del figlio del governatore di Savona, signore d’Allègre, giunto allora allora al.a Iurbia ( ). Mentre il Bervey spediva queste notizie, Paolo Battista Giustiniani la sera stessa (20 dicembre) a tre ore di notte comunicava con dolorosa sorpresa agli officiali deputati per l’impresa di Monaco (J) che poco prima eransi presentati al capitano ed ai commissari tutti i capi della fanteria protestando di non volere che si trainasse l’artiglieria nel giardino, altrimenti se ne « anderano con Dio >; se era singolare la pretesa lo era di più la ragione che li moveva e cioè la paura dei nemici. Co desti mercenari, pei quali la guerra era un mezzo di vivere, esponendo al minor rischio possibile la propria vita, incominciavano ora ad essere in ansia, p chè le soldatesche della Turbia facevano correre \oce di aspettare altre fanterie inviate dal signor de Sérenon dalla Provenza (’) ed alcuni « piemontesi > del duca di Savoia (<); i loro capi e specialmente 1 ti) Tutte queste notizie sono tratte dalle lettere del Hmt> puf in Appendice Do, XXVI-XXVH-XXVHl e da. Diano alla data ,, , (2) Era stato formato un apposito officio per I impasa 1 1 « 1 deputati erano: Battista di Cavo, Giorgio Giudice. Manfredo, Foman c . -mone Amandola. (Cfr. Sa.o, 0,. cit. Tomo II, Doc. CCCXXXVI pag- ( 3^ Signore di Sérenon era Luigi di Villeneuve, marchese di Trans. (4) I rinforzi infatti vennero: il d’Auton (op. cit., Γ. IH, P»H· * ricorda che presso la Turbia, un po’ al di sopra, v’era una «.Ida torre duca di Savoia, dove si trovava una forte guarnigione di piemontesi, q ■ dettero anch’essi molto filo da torcere ai genovesi. Anche .1 Giom* · Storia delle Alpi Marittime (Moti. Hist. PJt. SS. col. 1207) rammt. che il duca di Savoia aveva inviato « buon numero di soldatesche Turbia ove « aiutava delle necessarie provvisioni gli assediati ed incorno a « in molti modi gli assalitori ». L’assedio di Monaco 141 figlio del signore d’Allègre propalavano di aver lettere del re Luigi XII e del duca di Savoia in cui proibivano a tutti i loro sudditi di dare aiuto 0 di favorire in modo alcuno i genovesi. In verità egli stesso, il Giusti-mani, non annetteva molta importanza a codeste voci, perchè sino a quel momento le spie genovesi sparse nei dintorni non avevano riferita alcuna notizia allarmante, ma se ne fidava poco e pregava le signorie di Genova a volersi informare dalle persone di fiducia che avevano presso le corti di Savoia e di Milano, come stessero le cose e che facesse Gian Giacomo Trivulzi. In ultimo riferiva agli Anziani una notizia giunta poco prima e che confermava le minacce del d’Allègre; infatti le galee genovesi recavano in queU'istante da Villafranca la nuova che il governatore di Nizza aveva dichiarato di voler essere in guerra col comune di Genova. Agostino ι>λ Castiglione e Ferro della Pria. Occorrevano dunque pronte misure da parte di Genova per opporsi a tanto pericolo ed i commissari supplicavano il comune d’inviare al più presto denaro, truppe da opporre a quelle già venute ed alle venienti e vettovaglie in gran copia perchè i francesi della Turbia avevano ormai chiuso il passo a quelle dell’in-terno ('). Tutte queste notizie non giunsero certamente inaspettate a Genova, dove già il iS dicembre era venuta la nuova che il signore d’Allègre apparecchiava (1) Cfr. iti Appendice, l>oc. XXIX. 142 una spedizione in soccorso di Monaco e. per contrapposto, s’erano subito fatti imbarcare 100 fanti e deliberato di assoldare 500 balestrieri da inviare al campo; ma l’arrivo del commissario Agostino da Castiglione, che recava strane notizie, aveva messo a rumore e commossa la città e pel momento distratta l’attenzione da Monaco. Egli conduceva seco un tale, chiamato « berrò della Pria » (Nicola Ferrano di Pietra Ligure), il quale era venuto al campo, mandatovi dal signore di binale, con una lettera di credenza e varie altre indirizzate a due dei commissari: Paolo Battista Giustiniani e Manuele da Canale, al patrono d’una galea Gasparo di Goano, ad un tal Greghetto Giustiniani che aveva 400 fanti ed un’ultima diretta a San Remo. Ora tutte queste lettere contenevano cose sospette ed erano inviate a persone di parte Adorno ('). Pare che il Castiglione esagerasse l’importanza di cotesti scritti perchè Manuele Canale, uno dei commissari, avuto sentore che egli recavasi a Genova per accusarlo, si affrettò a scrivere agli Anziani che egli non aveva neppure viste le lettere incriminate e che supponeva fossero in risposta ad una sua, scritta quattro 0 cinque giorni prima al signore di binale, nella quale, avendo saputo che il suo territorio era minacciato da un esercito di nobili — quello stesso che si preparava per Monaco — lo confortava a stare di buon animo che, appena la milizie genovesi fossero riuscite ad espugnare Monaco, sarebbero accorse ad aiutarlo. Annunziava agli Anziani di averla scritta perchè Anno l5o6 (1) Diario, i8 dicembre. L’assedio di Monaco ' 143 era venuto a sapere dal messo, che a Genova erasi deliberato, nel caso che davvero i nobili marciassero contro l’inale, di « serrare le buttege e andarge per dexe o doxe iorni a dare soccorso » e finiva, non senza una certa punta d’ironia, dicendo che il Castiglione aveva preso il pretesto di quelle lettere per lasciare il campo, pieno di disagi e di pericoli, e tornarsene 111 città; pur tuttavia appariva dal complesso che il Canale aveva timore dell’ accusa di voler aiutare i «cappellacci >\ molti dei quali eransi allora rifugiati a finale ('). La lettera del signor di Finale non doveva in realtà contener nulla di grave; il bervey infatti,scrivendo di aver incontrato sopra S. Remo il Castiglione, affermava che questi gliela aveva fatta leggere ed a lui era parso che « per quella 11011 si avessi a partire » (’). Ciò non pertantd nella città sorsero contese e grida partigiano ; il Ferro fu sottoposto a torture per indurlo a palesare i segreti che doveva conoscere, ma egli disse soltanto che erasi colà recato per comprare due colubrine ed altri arnesi di guerra nel caso che la cittadella di Monaco fosse caduta. A salvarlo da più gravi tormenti giunse in buon punto una provvidenziale lettera del suo signore, nella quale eranvi tali prove della affezione di lui alle vigenti istituzioni che il senato decretò, suH'innocenza del padrone, di usare qualche riguardo al suo servo e di giudicarlo in botto tnodo (5) (1) Cfr. in Appendice, Doc. XXIV. (2) Cfr. in Appendice, Doc. XXVI. (3) La lettera del signor di Finale è pubblicata in Appendice, Doc. XXV il nome del servo che in dialetto era Ferro de la Pria (Pietra Ligure) viene U4 Anno l50(5 Malgrado tutte codeste prove , fu deliberato nello stesso giorno di sostituire i commissari sospetti con due nuovi cittadini, Giorgio di Zoagli e Benedetto Cere-sa; ma neppure essi soddisfecero alla maggioranza perchè, sebbene scelti, come di legge, uno dai l'regoso e l’altro dagli Adorno, non si equivalevano nella attività politica: il Zoagli, Fregoso, era troppo tepido, mentre il Ceresa era un partigiano troppo arrabbiato degli Adorno; perciò il giorno dopo (19 dicembre) furono eletti in loro vece Teramo di Ballano e Bernardo Castiglione ('), scelti tra gli officiali della Balia. Costoro andavano a Monaco non come colleglli ili quelli che già vi si trovavano, ma come supremi comandanti, con autorità di dimettere subito dal loro officio gli altri commissari o di adibirli per quel mese in ciò che loro paresse meglio; dovevano lasciare al capitano 1 arlatino ampio potere sui soldati e sulle cose pertinenti al suo officio, anzi erano pregati di fargli sempre buon viso e di trattarlo con tutti i riguardi ed assicurarlo che, se le cose sarebbero andate bene, la repubblica avrebbe saputo dimostrargli la sua riconoscenza ; lo sollecitassero a procedere « con più celerità e cautella sia possibile » Per non andare incontro a nuove spese, poiché le presenti erano già gravissime; si clava ai commissari ampia facoltà di far pratiche per ottenere col denaro la consegna di Monaco, pur badando a non interrompere nel frat- mutato nella lingua dotta curiale in Nicolaus Ferrarius come si legge nella nota del senato posta in calce alla lettera del signor di Finale. (1) Cfr. Diario, 18, 19 dicembre. 1 L’assedio di Monaco 140 tempo 1 opera di espugnazione del castello a fine di non rimanere poi colle mani vuote; si avvertivano che Giorgio di Zoagli avrebbe loro consegnati, prima della partenza, ί denari per la nuova paga d’un mese alle truppe; si raccomandava in ultimo di tenere a segno quelle genovesi e le rivierasche che sarebbero venute tra poco ad aumentarne il numero. Queste le istruzioni date a loro il 20 dicembre, da cui emerge chiaramente quanto stesse a cuore ai genovesi la buona riuscita della impresa nella quale erano impegnati la loro reputazione e il loro onore ('). Essi avevano infatti deliberato di « fare tanta gente quanta si poteva » e avevano mandata una grida che « ogniuno chi volesse toccar dinari, ne venisse a prender » (in altre parole, assoldavano milizie); avevano pure ordinato a tutti i banchieri di tenere aperti i loro banchi « con li loro cassieri e scrivere e pagare fino alla terza festa di Natale, festa o non festa, sotto pena di ducati cento applicati all’ officio di Monaco » (’) ; inviavano nella Riviera di Ponente i commissari Gaspare de Franchi e Raffaele della Torre, i quali, cominciando da Pietra Ligure, anelassero di paese in paese e convincessero quelle popolazioni a dare aiuti ili tutte le specie; avevano pieni poteri di cambiare, là dove credessero bene, il tributo pecimario in tanti uomini atti alle armi purché si obbligassero di stare al campo sino a guerra finita e di sostenere tutte le spese; se invece ai due commis- {1 ) Queste istruzioni vennero pubblicate da (ì. Cai.lioaris, op. cit., pag. <>42. (2) Cfr. Diario, 19 dicembre. 146 Anno l5o6 sari paresse meglio di esigere le tasse dalle cl iverse comunità ed assoldare coi denari ricavati un certo numero di uomini (la paga per ognuno ili questi non doveva però sorpassare le Lib. S), (l) tacessero a loro talento, In questo mentre i genovesi mandavano senza indugi munizioni e vettovaglie al campo. Era una gara, dice il diarista, tra i cittadini, nell’oftrire denari e milizie, popolo minuto e popolo grasso, tutti s’interessavano alla buona riuscita della guerra ed ogni giorno partivano navi cariche di grano, di farina e persino di pane già cotto, alla volta dell’estrema Riviera (2). Ma la concordia era solo apparente; v’era sempre 1’ animosità di parte che lacerava internamente la città e ne divideva le forze. Quante volte si era tentato di porre fine alle conti se ra gli Adorno e i Fregoso, altrettante esse erano risorte, nel '1 giorno stesso in cui il diarista rileva con piacere 1 comune interesse dei cittadini per l’assedio di Monaco, deve far notare che nella città il partito bregoso ha voluto mutare i cancellieri di Palazzo e quelli ili · an Giorgio perchè erano tutti di parte Adorno, così furono scelti quattro cittadini dell’uno e quattro dell altro partito per « regolare li offici » (’), segno non dubbio che i Fregoso in quel momento erano prevalenti. Il -1 dicembre Teramo di Baliano e Bernardo Castiglione (1) Cfr. Diversorum Filza fii. Le lettere patenti vennero loro date il ,(J dicembre; l’istruzione il 20. Oltre al provvedere denari e fanti per l'impresa, i due commissari dovevano anche aver cura di rassicurare le popolazioni della Riviera che, preso Monaco, non si sarebbero imposte altre tasse. (2) Cfr. Diario. 20-21 dicembre. (3) Ved. in Diario, 21 dicembre, i nomi degli otto eletti. L’assedio di Monaco 147 partivano per Monaco preceduti da una lettera della Balia al Tarlatino ed agli altri commissari, annunzian-te il loro arrivo e l’ordine che tutti avrebbero dovuto obbedire ad essi (') ; il 22 ne arrivava una scritta da Paolo Hattista Giustiniani, in cui dopo molte circonlocuzioni e lunghe considerazioni riusciva a dire che ad espugnare la rocca di Monaco, sarebbe occorsa una forza di molto superiore a quella che disponevano; che i capitani Tarlatino e Pietro Gambacorta, radunati a consiglio, con tutti i commissari, con Gaspare di Goano e Luigi di Bervey, e interrogati se fossero in grado, con gli aiuti che stavano per giungere, di condurre; a termine l’impresa, avevano risposto facendo osservare in quali condizioni si trovavano, che, oltre ad assediare la città, dovevano ormai tener fronte agli avventurieri accampati alla Turbia, quindi erano necessari altrettanti soldati da contrapporre ; se poi si voleva stringere da vicino la fortezza, bisognava collocare 1 artiglieria « al luoco deputato » (probabilmente in quel giardino di cui già si è fatto menzione) e allora faceva d’uopo difenderla con certo numero di fanti dalla parte ili Ponente, vale a dire dalla parte di Nizza e sulle montagne vicine per impedire qualche irruzione improvvisa; ma, dividendosi le forze, scemava la potenzialità del campo che aveva invece bisogno di un forte contingente di truppe per la difesa dell’artiglieria minuta ed in special modo per dar battaglia a tempo opportuno; perciò, tutto considerato, credevano abbisognassero tre (1) Lettera del 20 dicembre pubbl. da G. Saige, op.citT. II. pag. ~3. 148 Anno l5o6 mila fanti, coi quali si poteva sperare « con lo aiuto de Dio » di fare bene e presto, altrimenti c era da temere che le cose andassero in lungo e volgessero in peggio. La lettera raccomandava agli officiali della balia di essere solleciti, che, come avevano detto gli stessi Anziani, « il tempo potria parturir molte cosse le qua 1 sariano contrarie > ('); nella scelta dei fanti ricorda vano di preferire i forestieri e, se non tosse stato pos sibile trovarne al momento, ricorressero anche a quelli delle podesterie purché fossero buoni e disciplinati, e non bravacci e partigiani arrabbiati come alcuni che già si trovavano al campo; in fine scegliessero il men male possibile e celermente; fatta poi domanda di nuovo approvigionamento di polvere, perchè molta se ne era consumata nei tiri dei giorni precedenti, e cos pure di una nuova provvista di passatori per 1 strieri che erano cresciuti di numero, di tavole e t.i\ Ioni da porsi sotto alle artiglierie e di altro legno pe aggiustarne le ruote, poiché alcune, essendo state struite per artiglierie da nave, erano molto fragili si erano spezzate; il Giustiniani nella sua lettera accen na pure ad un fatto d’armi di una certa importanza e dice che il giorno innanzi, nelle ore del pomerigi,* i fanti della Turbia avevano assalito i genovesi e che l’attacco era stato fatto unicamente per distrarli dal (1) Tali parole erano infatti state scritte in una lettera del 14 dicembre ai commissari. Gli Anziani raccomandavano in essa « de uzare ogni diligente « per mettere fine a Γ impreza perochè il tempo po’ partorire de molte « cosse non buone ». G. Saige, op. cit., Tomo II. pag. ~i- L’Assedio di Monaco 149 1 arrivo contemporaneo di certi aiuti e cioè di « fanti L perfino in LX homini tutti yhopetieri et balestrieri » che, venendo da Nizza, entravano indisturbati in Monaco. Erano milizie che, per quanto s’ era inteso, inviava Gian Giacomo Trivulzio per ordine degli amici di Ansaldo Grimaldi (') e con esse erano entrati in Monaco anche il signore della Motta e Manuele di Gattières (*); aggiungeva che l’anima di tutto questo movimento in favore dei monegaschi era il fratello di Luciano Grimaldi, Agostino, vescovo di Grasse, il quale era sempre a Nizza o alla Turbia (’) ed aveva dato ai sessanta testé accennati il resto della paga e pare avesse pure pagato gli avventurieri della Turbia con due scudi ciascuno (probabilmente per l’aiuto prestato all’entrata delle soldatesche in Monaco), ma molti di essi non li avevano neanche voluti e gridavano e m.i-nacciavano, forse perchè a loro sembrava troppo esigua la ricompensa ; dopo questi avvenimenti, continuava il (1) Ansaldo apparteneva alla famiglia dei Grimaldi di Genova ed aveva sposato la figlia di Luca Grimaldi d'Antibes. Per maggiori notizie, cfr. G. Saige, op. cit., Indice dei nomi. (2) Il della Motta era stato a Genova col governatore (Cfr. Diario, 24 dicembre). Manuele di Gattières era ceriamente un Grimaldi poiché un ramo di questa famiglia era signore di quel luogo. Nel Doc. XXIV è nominato un ’< Jacheto de Grimaldo dicto de Gatera » che è poi il Francesco Grimaldi di Gattières al quale è diretta una lettera pubbl. dal Saige op. cit. T. II. pag. 41. Vedi anche errata-corrige in fondo al detto Tomo. (3) Anche il Saige, (op cit., Introd. pag. LUI) attingendo alla Relazione citata, ricorda che Agostino, vescovo di Grasse, si mise da Nizza in relazione cogli officiali reali della Provenza, mentre sua sorella ]■ rancesca aveva fatto di Dolceacqua il centro delle informazioni che venivano dal milanese. 11 l50 Ann) l50(3 Giustiniani, i commissari genovesi avevano presa decisione che poteva parere inconsulta; avevan fatta ricaricare tutta l’artiglieria ili grosso cali molta parte di quella piccola sulle barche, lascia^ ^ al loro posto soltanto sei pezzi, e le rag'0111 . ,· · ηι·η al suo erano due : prima, che l’artiglieria non ^ posto poiché si sarebbe dovuto collocarla nel k . i > ocef*ndovi con* presso la mura; secondariamente percne.es· • c · ipHa Ί urbia, tinuo pericolo di scaramucce coi tanti u . , n rhe doveva era meglio levarla per valersi della truppa . . ti non siano restare a ditenderla ('), In verità, sebbene soverchiamente importanti le ragioni acino » ^ le accetterebbe per buone, ma il diario ci inl()l ^ tutt’altra era stata la causa di quell imbai cu. pr 1 1 .i ff*|"i (22 di stesso che il Giustiniani scriveva la sua L' dicembre) erasi sparsa pel campo la voce chi in • il ny.ni, e cosi i partiti si erano levati in armi e venuti ane ‘ ■ _ •i . . .r* fitto caricare il capitano per maggiore sicurezza aveva l’artiglieria sulle barche; ma alla sera, essendo ij munizioni da guerra e con esse probabilmente rassicuranti, la si era di nuovo scaricata )· Le milizie in gravi condizioni. j(Jea Questo fatto basterebbe da solo a darci un delle continue apprensioni in cui doveva essere 1 ese (1) Cfr. in Appendice, Doc. XXX. (2) La voce delle lotte intestine di Genova doveva peri) essere ■ * molto insistente se qualche giorno dopo era giunta a Genova la notizi che il capitano aveva fatto impiccare uno spagnuolo che voleva entrare w Monaco per avvisare gli assediati delle condizioni interne di Genova. Diario, 26 dicembre. L’ussedio di Monaco 1.5l cito genovese; venuto per assediare Monaco, si era trovato invece chiuso fra le mura della valida fortezza ed il campo della Turbia e minacciato dal governatore di Nizza; le comunicazioni con Genova poco sicure per terra, poiché si passava per territori infeudati a nobili, avversi ai popolari ed alla impresa da essi tentata , non dovevano neppure essere molto sicure per mare, essendovi sempre da temere qualche mossa improvvisa delle galee del Grimaldi, che eransi ritirate a Nizza ('); l’insieme stesso delle milizie non denotava alcuna compattezza; le mercenarie pensavano a far denaro e tener cara la loro vita, le altre, composte di uomini raccolti in città e nelle Riviere, che formavano il contingente maggiore e che avrebbero dovuto essere più disciplinate ed interessate al buon esito di co-desta lotta, erano invece agitate e turbolente. I commissari hanno spesso da lagnarsi che i loro concittadini portino l’odio di parte, causa di disordini e di liti fin sotto le mura di Monaco. I rivieraschi poi, molto probabilmente tutti poveri contadini poco atti alle armi, appena giunti al campo, col favore della notte, prendevano la via dei monti e non si facevano più vivi, o se restavano tra le file s’ impaurivano talmente appena udivano un colpo di bombarda, che non era (i) In una lettera ai commissari (12 dicembre) Γufficio di Balia li avvisa che « se intende una delle galee de messer Luciano esser stata tirata in « Villafranca. Il perchè vi se dice che cum ogni industria vediate se possi- • bile fusse prenderle tutte doa 0 bruxarle perchè seria grandementi « al proposito ». (Cfr Saige, op. cit., pag. 66). Il desiderio di Genova non fu peri) soddisfatto. 152 Anno *50^ possibile adibirli ad alcun servizio, così soltanto pochi di loro erano stati messi come scolte sui monti \ ici ( Almeno i capi fossero stati lodevoli !, ma nt 11 ^ mostravansi degni dell’alto officio che coprivan .. . » i _ cenza inisu- fatto d’essersi posti in una impresa cosi ardua ■ j· in breve rarne le difficoltà e colla persuasione eh p ·.„ jaiia natura ora aver ragione di una fortezza munita «· ^ ^ del luogo e validamente difesa, ci dà indizio completa assenza di pratica militare; se p ^ ^ ^ giunge che molti commissari erano stati loro traffici lucrosi per andare a tenere in o ' ' »· · -ila quale una soldatesca turbolenta, infida, traditrice, * { γγο occorrevano invece uomini esperti dalla mano r„,, Gli *tcSSl era più che prevedibile una disastrosa un · . ,.... j; coesistenza officiali che ora diremmo di contabilità e < ■ ^ non conoscevano bene le loro mansioni; 1-uig·( 1 ^ cancelliere dell’officio di S. Giorgio, divenuto d ui * ^ provveditore deeli stipendi alle truppe e di _ . . .. attribuzioni altre spese adempiva, è vero, le sue nuove · con tanto zelo da meritarsi le lodi dei coniinissar. ^ era già vecchio e quindi incapace di sostenere le del campo (2); un certo Battista di Chiavali, che si era mai occupato di farine e di forni, lo dice j, stesso in una sua lettera, era mandato a V entimig per cuocere il pane alle truppe, poiché la signoria era-finalmente accorta essere faticoso e mal sicuro inviar (i) Cfr. in Appendice, Doc. XXX. ^ i2) In una lettera (4 genn. 1507) dei due supremi commissari leggasi « Lodisio (de Bervey) fa bene e dilligentementi lo officio suo cum _ « fatiche et travagi, maxime attesa la età soa ». Gir. Appendice Doc. λ L’assedio di Monaco 153 ogni giorno da Genova ('); e non basta, anche l'illustre ingegnere Ambrogio Gioardo, a cui eia stata affidata la direzione di tutta l’artiglieria, dava segni non dubbi eli essere impari alla sua missione, e, per coronare l’opera, c’era l’eterno antagonismo tra gli Adorno e i Fregoso pel continuo timore che un partito prendesse sull’altro troppa autorità. Minacce dei nobili fuorusciti; Genova e Savona. Tutto questo al campo; in Genova grande ansia per le notizie poco liete, fuori di Genova i nobili che ordivano congiure a danno del nuovo governo ed aiutavano i nemici pur di potere tornare padroni della repubblica. I popolari infatti sapevano che i gentiluomini raccolti in gran numero a Savona avevano assoldati a difesa di essa, 700 fanti e 1 50 cavalli (’)ecercavano di soccorrere in tutti modi i Grimaldi di Monaco; ed è senza dubbio a questo armeggio che si riferisce una lettera, mirabile per finezza non disgiunta da una certa ironia, che il comune di Genova (27 dicembre) scrisse al governatore signore d’Allègre. In essa si rilevava il fatto che in Savona molti nobili cercavano di porre ostacoli all’impresa di Monaco « tanto iusta et honesta et tanto desiderata se potria dire da tutto el mondo > e incominciata « con saputa del Christianissimo Re nostro (1) La lettera è del 1. gennaio 1507 (Diversorum Filza Γ14Υ e tra l’altre dà questa notizia: « et perchè siate advizati ad compimento, se fa ogni n iorno da mine cinquanta in sessanta de pane ». Si raccomanda di mandare presto « da ducento in trecento mine de grano a ciò che non man-u chasse v’etoalia a lo campo ». (2) Cfr. Diario, n dicembre. Signore e del suo qui Locumtenente » (si noti la destrezza della frase, era vero che il re ne era informato, ma non si dice che egli la disapprovasse). °^re a ciò era noto agli Anziani che il signor d Allègre a\e va manifestato al Roccabertino il timore che dopo la presa di Monaco i genovesi intendessero di volgere le armi contro Savona, e di questa vana paura vano le più alte meraviglie, esclamando parere Imo assai strano che si potesse credere che essi assalire luoghi soggetti a Genova ed alla maesti « de lo quale noi siamo subiecti e vogliamo e con fine ironia lo consigliavano che, se avesse principio a qualche spesa per la difesa di Savona contro i genovesi, tralasciasse pure di continuarla, lettera muta tenore e ammonisce il d Allègre a voler impedire le macchinazioni dei nobili contro la quie di Genova, poiché, se non si asterranno, vi si saprà porre rimedio, ma nel post-scriptum ritorna 1 ironi^ i. Anziani, avendo saputo che un uomo del d Allegre aveva trovato difficoltà ad acquistare in Genova dozzine di lancioni, avevano tosto ordinato che ne fos sero caricate tre dozzine sulla prima barca libo r dei consiglieri del duca (’). Il principio del nuovo anno 1507; i.’assai i" 111 2 GENNAIO. Così ebbe fine in Genova il 15°^· principio del nuovo anno portava con sè molte ansie, molte appren sioni. Le fiere inimicizie coi nobili fuorusciti, le conte se colla corte sabauda e con quella di l· rancia davano molto da pensare ai reggitori dello stato. L impresa di Monaco assorbiva forze preziose e denari moltissimi senza un accenno a sortire un lieto fine e sì che nel gennaio si era ancora in un periodo di grandi illusioni sulla facile oppugnazione della rocca! Basti ricordare che i due supremi commissari erano partiti con 1 ordine di bandire, appena giunti al campo, che conquistato Λ 0 naco, se ne permetterebbe ai soldati il sacco (eccettua tane l’artiglieria) e si sarebbe dato ad ognuno il doppio della paga; invece nelle loro prime lettere agli officiali della Balia, essi dovevano riconoscere la mirabile difesa (1) Diario, 26 dicembre. (2) Diario, 28 dicembre. A questa data è pure riferita In notizia d un abhoc camento avvenuto pochi giorni prima tra i commissari genovesi al campo ed 1 governatore di Nizza, Claudio de Pallud, conte di Petite Pierre, barone dt Varambon per tentare un accordo col duca di Savoia, riguardo nlla presa di Monaco. I patti proposti dal Pallud si possono leggere nel Diario; ma e certo che essi non furono accettati. L’assedio di Monaco 157 del castello, esprimere dubbi sulla brevità dell’assedio e descriverne una giornata disastrosa. Infatti il due gennaio l’artiglieria, collocata finalmente presso le mura e difesa da appositi ripari, aveva incominciato sui primi albori e tuonare contro le mura e gli spaldi, aprendovi, dopo una trentina di colpi, una larga breccia; ma le artiglierie della fortezza, messesi a tirare con veemenza e rapidità al traverso dei pezzi genovesi ne rovinarono gli affusti e, oltrepassando i ripari, colpirono a morte alcuni bombardieri e recarono tale scompiglio fra essi e gli uomini addetti ai cannoni, da costringerli a sospendere il fuoco e a ritrarsi. I commissari riconoscevano che i ripari erano stati mal costrutti, ma non si era potuto fare di meglio per la scarsità dei cosidetti « guastatori » e per la poca valentia e mala disposizione dei soldati delle compagnie, i quali rifiutavansi di fare quei lavori, dicendo di essere soldati e non zappatori: questi, scrivevano tristemente i commissari, erano gli aiuti dei rivieraschi che colla loro venuta avevano fatto credere sufficiente il numero degli armati, mentre non erano che d’ impiccio e senza di loro si sarebbe potuto provvedere altrimenti. Notificavano che nella prossima notte avrebbero rafforzati i ripari e aggiustate le artiglierie, avendo fatto grande ricerca di guastatori, ma confessavano altresì apertamente che 1 ’ impresa sarebbe stata più lunga e più ardua di quello che si fosse prima immaginato, non potendo mantenere intorno a Monaco un blocco così serrato da impedire l'ingresso al castello di milizie ausiliarie e ciò specialmente dalla parte del mare, perchè legaleeed i brigan- 158 Anno 1507 tini genovesi che avrebbero dovuto meglio vigilare, si rifugiavano troppo spesso nel porto di Villafranca non appena spuntava, durante la crociera, il pericolo di qualche burrasca. La lettera passa indi alla grave questione delle paghe. Erano trascorsi pochi giorni dacché si era portato una forte somma per le mercedi che scadevano alla fine del mese e già si doveva pensare a chiedere altri fondi per le compagnie il cui contratto scadeva ai quindici poiché, come sempre, avrebbero chiesto qualche tempo prima se si rinnoverebbe la ferma, e siccome si sarebbe dovuto riconfermarle, era d’uopo accontentarle; ma, dando le paghe a loro, anche gli altri soldati le avrebbero volute; cosi i padri del comune dovevano provvedere in tempo « perche li soldati non voleno parole ». Tristi e dolorose condizioni de’ tempi ! ; si doveva dipendere da una miserabile genia di banditi che divoravano colle loro pretese le risorse d'uno stato e, al momento di mostrare il proprio coraggio, ricusavano di battersi 0 passavano al campo avversario 0 si arrendevano al primo urto: questa stessa lettera ci offre pure notizie interessantissime sui vari personaggi che erano al campo: il capitano Tarlatino e Pietro Gambacorta erano degni di gran lode, mentre il maestro Ambrogio Gioardo, il famoso bombardiere a cui Genova aveva concesse tante prerogative nominandolo « inzegnero » delle artiglierie, era impari al suo grado; anzi 1 due commissari sarebbero stati per prendere qualche provvedimento energico se la sua grande imperizia avesse recato danno alla impresa, ma siccome L’assedio di Monaco i5q v erano al campo altri artiglieri pratici e ben disposti, che facevano anche la parte di lui, così avevano pensato di passarvi sopra. Intanto era d’uopo provvedere a supplire gli artiglieri morti e feriti, ed i commissari suggerivano di mandare quello di Castelletto ed un maestro Andrea Merello da Sestri; infine chiedevano con grande istanza che inviassero altre persone per aiutarli nel disbrigo delle varie e molteplici facen-del campo ('). Nel tempo stesso Luigi di Bervey informa 1 officio addetto all’impresa di Monaco degli avvenimenti della giornata, ripetendo su per giù le cose dette dai commissari: anch’egli esprime la sua meraviglia e lo stupore di aver trovato il nemico assai più forte di quanto sì era dapprima creduto, dà ordini pel rifornimento delle munizioni, si raccomanda d’ inviare buoni artiglieri per riparare alla nullità di Ambrogio Gioardo e de’ suni compagni, loda invece 1’ opera dei commissari, del capitano Tarlatino, di Pietro Gambacorta e di Domenico Greco, e propone agli officiali della Balia di inviare a tutti costoro una parola di encomio (’). I danni arrecati dalle artiglierie monegasche non si poterono riparare con tanta prestezza come i commissari avevano creduto e la causa del ritardo fu la grande penuria di guastatori che furono ricercati dappertutto; mentre Manuele Canale era invialo a tal uopo perla Riviera, i commissari scrivevano (1) Cfr. in Appendice, Doc. XXXII. (2) Cfr in Appendice, Doc. XXXIII. ifio Anno ΐ5θ7 a Gaspare de Franchi e a Raffaele della Torre, che, come vedemmo, raccoglievano danari e milizie nella Riviera di Ponente (20 dicembre), raccomandando ad essi ed a Gerolamo Alsate, commissario ad Albenga, di reclutarne senza badare a spese; ne fecero richiesta persino a Genova perchè se ne radunassero da duecento a trecento e li inviassero « cum loro sape et badili » al campo e pregavano che si facesse presto perchè le artiglierie genovesi tacevano e dal momento che 1 ri pari erano « quasi discoperti » avevano dovuto retro-spingerle per evitare che venissero smontate e rovinate dal tiro dei nemici, ciò che pare fosse avvenuto ili qualche cannone, perchè i due commissari avvisavano di essere « quasi certo » che « lo peso de Piza e la nostra colum-« brina non harano malie et poterano andare aprcso « a far loro debito semper che serano misi al suo loco ». Nel frattempo erasi cercato di impedire, o almeno di rendere più difficili e pericolose le comunicazioni colla città assediata, facendo occupare da alcune truppe 1 monti dominanti le posizioni di Monaco; ma anche per questi soldati occorrevano armi e munizioni; si chiedevano perciò 60 archibugi con un grosso munizionamento di pallottole ('). Malgrado tali precauzioni il campo (') Cfr. in Appendice, Doc. XXXIV, Questa notizia viene riferita anche dal Saigf, che dice : Il fallait reconnaitre le necéssité d1 un investissement “ plus rigoureux. Tarlatino établit des relranchemcnts sur Ics hauteurs « des Moneghetti et celles a l’ouest de ce plateau avec de fortes batteries « destinées à ha'tre ce cote de la place dit de Serravnlle que les assiégés « cro\ aient avoir suffìsamment défendu par l’escarpement et une contremine L’assedio di Monaco 161 era di frequente messo a rumore dall’irrompere dei fanti della Turbia che attaccavano scaramucce, nelle quali pur troppo c’era sempre da lamentare qualche perdita (‘). Il 5 gennaio poi vi era stata una vera azione combinata fra quei della Turbia e gli assediati. Verso il merìggio i primi piombarono improvvisamente sul campo mentre i monegaschi irrompevano con una luriosa sortita contro le artiglierierie genovesi, riuscivano ad inchiodare quattro bombarde e avrebbero fatto (li peggio se non fossero accorsi i genovesi e non li avessero costretti a ritirarsi (J). Il Saige, accennando a questo fatto d’armi, aggiunge che se i soldati di Giacomo d’Allègre non fossero stati colti da panico, quella sortita sarebbe forse bastata a far desistere i genovesi dall’assedio; ora se è vero che i nemici abbiano ottenuto un vantaggio, poiché i cannoni inchiodati rimasero inservibili per un mese (’), è fuor di dubbio altresì che Genova preparava con ardore e in gran fretta soccorsi al suo esercito e non avrebbe così facilmente deposte le armi. 0 places en avant de la muraille ». (ì. Sa ge. Op. cit., Tomo li. Introduzione pag. UH. (i> Ad esempio, in una scaramuccia del J gennaio veniva ucciso un certo Pietro Francesco « speciario » che apparteneva alla « compagnia de * li speciari ». Cfr. in Appendice, Doc. XXXIV (2) Cfr. Diario, 8 gennaio. (i) Cfr. G. Saige, op. cit.. T. II. Introd. pag UH. Il d’Auton pure (op. cit., Tomo ΙΠ, pag. 226) parla di questo avvenimento ma erra nel segnarlo al due gennaio. Probabilmente chi gli espose gli avvenimenti di Monaco confuse il giorno in cui le artiglierie genovesi furono smontate dal fuoco dei nemici, con quello nel quale vennero inchiodate le quattro bombarde. 1Ó2 Anno 1507 Il maestro « inzegnero » Merello e l’arkesto del Gioardo. Infatti Battista Tasistro e Battista Cipollina, inviati ad arruolare soldati in Lunigiana ed altrove, erano tor-nati ai primi di gennaio con 400 uomini, alcuni dei quali partirono il 4, altri il 6; con questi fu pure spedita grande copia di sacchi di lana che servissero a proteggere le artiglierie; partiva pure il maestro * inzegnero » Andrea Merello (') che, giunto a Monaco Γ8 gennaio, consegnò ai due commissari le lettere del comune nelle quali doveva esservi senza dubbio 1 ordine d’arresto del Gioardo perchè, appena le ebbero lette, lo fecero salire sulla galea del Goano, mentre si mandava per un brigantino che era presso Ventimiglia, atfinchè lo trasportasse a Genova (3). 11 Merello intan to procedeva ad una specie di inventario del materiale e prendeva nota di ciò che gli occorreva, da questa operazione risultò che egli chiedeva cose gì*1 date al suo predecessore, il quale più volte aveva di chiarato di avere tutto in ordine mentre in realta ap (1) Cfr. Diario, 5 gennaio, e nota relativa in cui dimostro che I·1 P* tenza avvenne il 6. (2) In Litterarum Reg. 5o, sotto la data — 6 gennaio i5oj ~~ Ir(,',isl un ordine del comune a tutti i patroni di galee, brigantini, ccc. ecc. di ul bidire ai due supremi commissari per l'impresa di Monaco; molto proba bilmente fu recato al campo dallo stesso Merello e servi per dare autorità ai commissari di emanare gli ordini opportuni alla flotta, come quello di portare a Genova il Gioardo e di esercitare maggiore sorveglianza nell·1 crociera. Leggiamo infatti in una lettera dell18 gennaio che i commissari fanno « ogni instantia a li capitani de le galee e brigantini a fare lor de-« bito e talmente che non entrano alchuni in Monacho ». Cfr. in Appendice, Doc. XXXVI. L’assedio di Monaco 163 pativa dall inventario che ne mancavano molte. Mandando a Genova la richiesta delle munizioni necessarie, t commissari accennavano pure ad altre ruberie del Gioardo, il quale aveva fatti pagare per conto suo, in piocinto eli partire per Monaco, molti uomini che poi non si erano trovati al servizio (') e finivano col dite che per insipienza, o per paura, o per deliberato proposito il Gioardo aveva sempre voluto piocrastinare ad eseguire gli ordini che gli venivano dati, e, benché si tosse ricorso a promesse e a minacce, non si era ottenuto mai nulla da lui. Questo riferivano i due supremi commissari e noi, a maggiore conoscenza delle vicende di questo illustre bombardiere , aggiungeremo subito che egli fu mandato a Genova sul bri-gantino di un certo Benedetto e insieme con lui, dice il diario , furono inviati due gentiluomini, nei quali crediamo di riconoscere un Pasquale Lomellino ed un Luigi d’Oria, arrestati per sospetti a S. Remo dai commissari della Riviera ili Ponente ; essi tnun- 1 » sero il 13 gennaio a Genova, donde furono poi tradotti nelle carceri del castello di Lerici (5). 11 Gioardo in verità non scompare dalla scena dei nostri avvenimenti; lo vedremo più tardi, negli ultimi giorni del governo popolare, uscire dalle carceri di Lerici, chiamato dal doge Paolo da Novi a prestare la sua opera per (t) <.fr. in Appendice, Hoc. XXI, la lista dogli uomini addetti alle artiglierie, che il Gioardo presentava il 29 novembre, cioè prima di partire per Monaco. (2) Cfr. Diario, i3 gennaio e in Appendice Doc. XXXVI. la difesa della città ('). Ritornando all’assedio di Mo naco, diremo che Γ8 gennaio non si eia pei ^ tuto raccogliere un numero sufficiente di gus ricostrurre i ripari delle artiglierie, ma si sperava ^ ne il giorno seguente da 150 a 200 raccolti co g . · . · u; e a questi dissima fatica e pagati a prezzi assai a -ivate si sarebbero aggiunti i soldati delle compa*,11 poco prima, i capi delle quali avevano accet' ^ nire « cum loro gente cum la sapa in mano ^ como i guastadori » a condizione s intende . rial/are una compenso; con tali aiuti si sperava buona volta i ripari nella notte del 9 ( )■ Genova e il duca di Savoia. I fanti della Turbia continuavano le loro in e scaramucce coi genovesi, talora infliggend 1 ^ tal’altra avendone la peggio, come nello sco ^ Γ8 gennaio nel quale, se dobbiamo prestar ec®.a^. parole dei commissari, 30 rimasero feriti me-tr (1) Per no'izie sulla famiglia dei Gioardo e specialmente s ^ Cfr. Fed. Alizew, Notijk dei Professori del disegno in Ligio ^ Scultura, pag. 404-420 dove si troverà pure qualche no.izia Pantaleo Merello, altro fonditore di bombarde (pag- 4°9)· (2) Arrivando questi rinforzi, era cresciuto il contingente e nostra genovesi. Infatti il Diario (8 gennaio) dice : « Si estima siano t e a « gente a soldo appresso a cinque millia ». Dunque i quattro mi ■. ^ ^ dell’inizio della spedizione erano aumentati di un migliaio; ma era sernp numero troppo esiguo in confronto ai tremila che chiedeva il Taratili P la buona riuscita dell1 impresa! L’assedio di Monaco l6.5 novesi non se ne ebbe che uno solo ('); a proposito della Turbia si era risaputo che il 6 gennaio il governatore di Nizza aveva emanata una pubblica grida che tutti gli uomini di età fra i 17 ed i 70 anni dovessero prendere le armi e recarsi a difenderla ; ma i Nizzardi non avevano voluto ottemperare all’ordine, dicendo di non voler marciare contro i genovesi, se non per comando del loro duca (2). In verità gli Anziani, per non farsi troppi nemici e per non dare al duca di Savoia alcun pretesto di indire la guerra sino allora soltanto minacciata, si mostravano molto circospetti. Così quando nel porto di Villafranca, seguendo forse gli (1) A questo fatto probabilmente si riferisce il d’Auton, quando narra che, essendosi Giacomo d’Allègre recato per certi suoi affari a Nizza, lasciando alla Turbia una guardia agli accampamenti, i genovesi, venuti a conoscenza di ciò, avevano assalita la Turbia « et combien que bien fùt « par les gens dudit seigneur de Millau défendue, si fut-elle emportée, et «.les gardes prises et mises à sac » (op. cit., Tomo III, pag. 227). Il Saige, seguendo sempre la sua Relazione, accenna allo stesso avvenimento e dice che « pendant une absence de Jacques d’Allègre les Génois avaient enlevé « la Turbie et passé au fil de l’épée les cente trente hommes qui y étaient « restés ». (op. cit., Tomo II, Introd. pag. LIV). In verità i genovesi non parlano di una vittoria così importante e questo fatto unito all’altro che il d’AuTON e il Saige, pur non esprimendosi con precisione, sembra vogliano farla succedere verso la fine di febbraio 0 i primi di marzo, fa nascere il dubbio che non vi sia una sicura corrispondenza fra 1’ avvenimento narrato da essi e quello accennato dalla lettera dell’8 gennaio. Perciò faccio le mie riserve, parendomi strano che un fatto di tanta importanza, come quello della presa della Turbia, non sia neppure lontanamente accennato nel Diario. (2) Questa grida era stata ordinata dal duca di Savoia, il quale, visti inutili gli ordini precedentemente dati al governatore Claudio de Pallud di mobilitare l’esercito generale in tutta la contea di Nizza, perchè anche allora i cittadini avevano ricusato di assoggettarsi ad un dovere tanto gravoso, l66 Anno 1507 ordini ducali emanati in quei giorni ( ) di no ministrare vettovaglie, nè prestare aiuto in qualsiasi modo ai genovesi, anzi di arrestare quelli che fossero trovati sul territorio ducale « una cum bonis suis furono sequestrate sopra una nave che proveniva dalla Spagna e scaricate le merci del genovese Filippo di Facio, essi, scrivendone al duca di Savoia, dell’affare nei termini più cordiali, affettando di re che il re fosse sempre loro amico ed augurai di veder presto restituita la roba al genovese, fecero alcun cenno di rappresaglie, come si usava allora, anzi gli mostrarono che il comune di enou si studiava di evitare che lossero danneggiati diti di lui e perciò avevano ordinato a certi g ^ che avevano trattenute le pecore di alcuni uomi ^ Monte regali » (Mondovì) come vendetta de ^ ^ sequestrate a Villafranca, di consegnarle tos riscrisse al governatore di raccogliere l’esercito, rilasciandogli ' ’ .j di tale incarico e dandogli pieni poteri. (Cfr. lettera inviata ^ ^ ^ 27 dicembre i5o6, pubbl. da G. Calligaris, op. cit., Doc. X, P‘g contro essendo però indicato in quella lettera che l’esercito dovtsst m volere i genovesi, i nizzardi potevano a buon diritto protestare di ^ rjscrisse far guerra ai genovesi se non per ordine del duca; ecco perchè il altre lettere al suo governatore di Nizza, ordinandogli di volers ^enjs ai genovesi per le violenze commesse da essi « inimico impetu e ^ « manuum conatibus in certa loca, nonnullos quoque subditos no. ^ « mencionate patrie nostre Nycie », ma nel tempo stesso diminuendo ^ ^ pretese sulle forze da approntarsi dai nizzardi e accontentandosi che^ ^ massero ottocento uomini « qui quidem numerus... videtur conVenlIpoC necessariam dicte patrie nostre defensionem ». (Calligaris, op· Clt·' l, pag. 646). « necessariam dicte XL (1) Cfr. G. Calligaris, op. cit., Doc. XII, pag. 648. L’assedio di Monaco 167 padroni ('); un’altra volta furono i commissari a dimostrare la loro prudente ed accorta politica: il 7 gennaio, essendosi recato al campo un certo Ceva di Bozolo che aveva l’appalto pel trasporto del sale da Mentone, al ducato di Savoia e avendo chiesto ad essi un salvocondotto per poter scaricare a Mentone due vascelli provenienti da Nizza e un altro per i mulattieri che dalla Savoia venivano a caricare il sale a Mentone, gli risposero che non essendo in guerra col duca non faceva d’uopo di salvocondotto, che tuttavia, affinchè egli fosse più sicuro, davano la loro parola d’onore che sarebbe libero nel suo traffico e perciò non credevano necessario rilasciargli uno scritto (2). I genovesi infatti potevano senza scrupolo dire che non erano in guerra col duca, perchè, sebbene egli avesse inviate milizie alla Turbia per danneggiarli nella loro impresa contro Monaco e avesse ingiunto al governatore di Nizza di radunare truppe, pure le relazioni non erano rotte (’); anzi essi speravano ancora che le trattative del Veneroso sarebbero riuscite a buon fine e verrebbero ritirate le milizie dalla Turbia. I commissari stessi chiedevano continuamente come procedessero i negoziati, per essere liberi una buona volta dalle molestie delle truppe ducali, ma, come vedremo, essi du- (1) Cfr. in Appendice, Doc. XXXV. (2) Cfr. in Appendice, Doc. XXXVI. (3) In questo la corte di Savoia imitava la politica che Genova aveva consigliata dianzi ai suoi commissari al campo, cioè di tentare degli accordi, ma non intralasciare Γ opera delle armi. 168 Anno l507 rarono a lungo e per tutto il tempo dell assedio se alcun buon risultato pei genovesi. Il 5 gennaio Bernardo Veneroso, tornando sua missione, comunicava agli Anziani i seguenti \ i.° il duca di Savoia voleva una cauzione di cer ducati perchè gli fossero ritornati « in pristi castelli di Mentone e Roccabruna; 2. piendeie come lo aveva prima dal signore di Monaco, 3 presente di diecimila ducati. Codeste notizie ce ' nisce il Diario, ma da una lettera scritta poco l gran cancelliere ducale si viene anche sapete lo II aveva negata udienza all ambasciatole ,-,e " e che i consiglieri della corte lo avevano tratta ' poco onorevolmente da indurre il governo pubblica a ritirare il suo rappresentante e invece un messo con una lettera al gran car chiedendogli se persistesse ancora nell opinione festata al Veneroso. Non abbiamo modo di con quale fosse questa opinione, ma se badiamo 1 ^ esposti dal Veneroso non v'ha dubbio a crederli de dallo stesso gran cancelliere. Ora da tutto ciò a [ p risce evidente che quantunque il duca avesse tron le relazioni coi genovesi, spintovi dal re di Fran (*), non ricusava tuttavia dal patteggiare con essi p avere una buona somma di denaro; i genovesi capivano dove tendessero le mire del duca. « prò on (1) ÌIarin Sanudo, nei Diari, trae da lettere giunte il 29 dicembre Venezia da Blois, la notizia che re Luigi XII non ha ancora udito i quatt oratori genovesi del partito dei nobili; « immo a scrito in Savoia, vo t « Zenovesi molestar il Signor di Monaco, lo aiutino « (Voi. VI, col. 517)· L’assedio di Monaco 169 pacis » si mostravano inchinevoli a codesti patti, pur sapendo che se avessero dovuto versare le forti somme richieste, si sarebbero trovati in gravi impicci. L’Impresa di Monaco assorse tutte i,e forze dello STATO. L’impresa di Monaco assorbiva tutte le forze dello stato; vedemmo come si fosse ricorso ad una tassa imposta ad ogni paese delle Riviere, ma anche quel denaro, che del resto era difficile a riscuotersi date le condizioni dei luoghi e dei tempi, non bastava, nè bastavano le ingenti somme che nel volgere di poche settimane aveva sborsate il grande istituto di credito, il Banco di San Giorgio. I commissari scrivevano che, distribuite tutte le paghe, erano rimasti senza denari e costretti a far debiti (‘). Il comune prometteva che presto avrebbe inviato Antonio di Bervey con 1200 scudi e intanto indicava alcuni agenti dai quali avrebbero potuto avere certe somme, ma i commissari rispondevano che su costoro vi era poco da sperare. Gio. Batta da Chiavari non poteva mandar nulla da Ventimiglia e Gerolamo di Alzate aveva sborsata parte dei 350 ducati di Albenga a Gaspare de Franchi per pagare i guastatori (2) ; per colmo di sventura Genova (1) Cfr. in Appendice, Doc. XXXII-XXXIII-XXXIV. Molti mesi dopo la fine dell1 assedio di Monaco vennero a galla i debiti allora contratti. Nel luglio 15o~ Luigi di Bervey chiedeva con instanza che fosse estinto con pubblico denaro un prestito di 100 scudi da lui contratto quando era commissario al campo per soddisfare alle paghe. (Cfr. Calligaris, op. cit., Doc. V, pag. 638). (2) Cfr. in Appendice Doc. XXXVI. 170 Anno 1507 stessa attraversava una crisi che poteva esseie esiziale al suo governo se non l’avesse scampata la concordia dei cittadini. . Nuove minacce dei nobili ; Ottaviano Fregoso. I nobili rifugiati a Savona che avevano visti riuscire vani tutti i loro tentativi di rientrare in città colla forza ed erano esasperati dai facili trionfi dei popolari sulle Riviere e dal prolungato assedio di Monaco , avevano deciso, per consiglio di Andrea d Oria, di provocare dei gravi disordini nell’interno della città e, sapendo che nulla avrebbe destato in essa maggiore coni mozione che l’arrivo di uno dei capi delle due parti, avevano inviato Andrea d Oria a Bologna per indù Ottaviano Fregoso a porsi a capo del moto sovversivo (’). Egli non esitò ad accettare e preparò buon numero di fanti e di cavalli per 1 audace tentativo (i) Lorenzo Capelloni, (Vita del Prencipe Andrea dOria, Ve Gabriele Giolito de Ferrari, 1565, pag. 18), racconta che i nobili, desider di soccorrere Monaco, chiesero ad Andrea dOria di aiutarli coi suoi con: g e con la sua esperienza. Andrea che era stato a Nizza ed aveva consti che Monaco era attaccata da forze importanti, propose tre mezzi per tog i il blocco alla città: i. chiedere aiuti ai Francesi, ma l’aiuto dei Francesi e^ « lento e freddo »; 2. raccogliere milizie e inviarle contro gli assediami ci avrebbero certamente sgombrato senza combattere; 3. cercare di introdurre a Genova un capo partito, Ottaviano Fregoso ; la sua fazione si sollevo rebbe e scoppierebbero contese fra Adorni e Fregosi. I nobili accettarono quest1 ultimo mezzo. Il Salvago pure (op. cit., pag. 472) dice che durante Tassedio di Monaco « les nobles exillez, pour mectre de plus en plus trouble « entre les dits populaires menerent praticques avec Octavien Fregoze de « faire esmocion en la ville; et sur ce le faict fut concluz». Il Senarega (op. cit., col. 589) dice solo che Ottaviano e Giano Fregoso vennero a Genova « paucorum nobilium suasu ». L’assedio di Monaco 171 Genova non tardò a scoprire le mene dei nobili intercettando alcune lettere di Tommaso Borgaro a Giovanni d’Oria e perchè il governo popolare, conquistato con tante lotte, con tanti sacrifizi, non avesse per dissen-zioni intestine a cadere, tutti, incominciando dagli officiali dello stato fino agli umili gregari delle arti, si riconciliarono solennemente e decisero di restare uniti nel comune pericolo (‘). Il Fregoso intanto, lanciata Bologna contro il volere del pontefice che ne aveva avvisati i genovesi raccomandando loro la concordia (’), si diresse alla volta della Spezia. L’8 gennaio infatti il commissario Bartolomeo de Franchi Luxardo scriveva agli Anziani che Ottaviano e Gian Maria Fregoso erano o-iunti a Borehetto di Vara con fanti e cavalli. Allora gli o o Anziani deliberarono d’inviare tosto Bernardo Veneroso e Stefano Morando quali commissari con pieni poteri nella Riviera di Levante, di avvisare nel tempo stesso quelli della Spezia e tutti gli officiali della detta Riviera del pericolo imminente, ed infine intimare ai due capi-partito ed a Giovanni di Biassadi uscire senza indugio dal territorio (3) e convocarono un consiglio (9 gennaio) per vedere come trovare denaro e per la impresa di Monaco e per « lo mantegnimento di questo felicissimo stato ». (1) Diario, 3-4 gennaio 1S07. (2) Diario, 9 gennaio. Il papa era riuscito’una prima volta ad impedire ai Fregoso di venire a Genova e di ciò si parlò a pag. 67, n. 2; ma questa volta pare che gli sia stato impossibile trattenerli. Accenni a precedenti tentativi dei nobili per mettere a Genova un «capelazo» si trovano in Diario, ottobre. (3) Cfr. Litterarum Reg. 47, lettere n. 179, 180, 181, 1S2. Esse sono tutte datate dalPS gennaio, perciò il diarista erra nel collocarle al 9. 172 Anno 1507 Datone incarico all’officio di Balia, furono eletti Raffaele Fornari, Stefano di Moneglia, Angelo Coi vaia e Raffaele Raggio che, insieme col luogotenente, si assumessero per tre mesi l’obbligo di spendere e provvedete acchè nessun detrimento venisse alla repubblica ( ). Nella notte giungeva la risposta dei due Fregoso. Essi annunziavano di venire per far del bene alla loto patria, per mantenere la sacra Maestà del Re e che tia poco avrebbero date in persona più ampie spiegazioni. Due gride contro i nobili; gli Adorno. Non ci è dato sapere con precisione se fu in seguito al consiglio tenutosi o all’arrivo di questa lettera che vennero emanate 1’ 8 gennaio 15°7 ^ue Sr'c^e che lumeggiano a meraviglia lo stato degli anum, certo si è che una di esse notificando che chiunque « mova contro el presente regime e contro la impreisa « che fa questa inclita repubblica contra Mons. Lu « ciano de Grimaldo occupatore de Monaco caze in « pena de rebelione e confiscatione de tuti li soi beni » mirava a colpire il Fregoso ed i suoi seguaci, che venivano appunto a turbare il regime popolare e distorta dalla impresa (2); seguiva una deliberazione del giorno stesso che affidava ai tribuni di ricercare e seque strare i beni di Luciano Grimaldi posseduti in Genova (’), quasi ad affermare in modo lampante che i popolari (1) Cfr. Diario, 9 gennaio e B. Senarega, op. cit., col. 589. (2) Diversorum Filza 64, 9 gennaio 1507. In calce alla grida si legSe· « in actis Raphaelis Ponzoni cancellarii ». (3) Questa deliberazione trovasi in Diversorum Reg. 175,9 gennaio 15°7 ed è così concepita: « Balia data sp. Marco de Terrili et sociis contra bona L’assedio di Monaco l?3 peiseveravano nei loro propositi di abbattere gli usurpatori di Monaco. L’altra grida vietava ai genovesi di recarsi a Savona « sensa lo bolentino (sic) de « li sp.li Marco da Terrile et compagni, sotto pena de « ducati L.ta e chi non podesse pagare dieta pena da « esser tormentato sino in trei tracti de corda » (') e tendeva a colpire la città che era rifugio dei nobili fuorusciti e donde era partita l’idea di mandare i Fregoso. Il governatore di Savona rispose tosto con uua forte rappresaglia. Il 10 gennaio infatti giungeva notizia che diverse barche partite il giorno innanzi per « d. Luciani de Grimaldis occupatoris Monaci. — 111. et ex.sus d. Philippus « de Cleves et Regius Admiratus et Genuensis Gubernator et Magnific m « Consilium d. Antianorum communis Genue in legitimo numero com-« gregatum, cum certiores facti fuissent d. Lucianum de Grimaldis « occupatorem loci nostri Monaci habere pecunias res et bona ac « debitores in presenti civitate, videntesqie eum noie relaxare huic « reipublice dictum locum Monaci eidem reipublice nostre spectantem et rem-« publicam istam pro recuperando dicto loco multas pecuniarum summas « impendisse et impendere, itaque commiserunt spectatis viris Marco de Ter-« rili, Paulo de Novis et sociis deputatis etc. ut diligenter studeant inquirere « omnia bona quomodocumque spectantia et pertinentia dicto d. Luciano « eaque restringant ac debitores exigant et dicta loca et pecunias deponant « penes e. Baptistam Rebuffum et Stephanum Cazellam duos ex ipsis deputatis. 0 Deinde ipse Magnificus senatus decernet quod ex ipsis bonis disponere « volet ». (1) Diversorum Filza 63, 9 gennaio 1507. II Diario cita queste due gride al 10 gennaio e le pone in modo da far quasi parere che esse siano come una conseguenza delle notizie giunte nello stesso giorno: ma noi abbiamo visto segnata sugli originali delle gride la data del 9 ed a questa dobbiamo attenerci benché le gride parrebbero più spiegabili là dove le pose il diarista. Si potrebbe anche mettere d1 accordo le due date supponendo che le gride siano state scritte la sera del nove e bandite il giorno dopo. Notiamo il lieve errore delFAnonimo che aumenta di uno i tratti di corda pei contraffattori alla seconda grida. 174 Anno 1506 Monaco con 600 fanti e munizioni, avendo dovuto riparare in causa del mal tempo a Noli a Vado ed a Savona, il signore d’Allègre aveva tosto alleggeiita delle munizioni la barca ancoratasi a Savona ( ) (che però restituì il dì seguente « perchè tutti Saonesi erano malcontenti ») e, disarmati i fanti, aveva pubblicato un bando che nessuno trattasse con essi e uscissero subito dal territorio (') Un’altra notizia assai più grave giungeva la stessa mattina; i due commissari Bernardo Veneroso e Stefan Morando scrivevano da Chiavari che i Fregoso eran giunti il giorno innanzi (9 gennaio) a Sestri Le^ vante con 400 fanti in circa e che a quattro ore notte Ottaviano, imbarcatosi, era partito per ignota des nazione. Gli annalisti affermano concordemente che eg ^ entrò certamente in Genova e vi si tenne nascosto, Diario invece asserisce che passò la domenica ( 10 genna a Sampierdarena, dove raccolti i suoi partigiani, ten di persuaderli a prendere le armi, e porre ostacoli al ( 1 ) Le munizioni prese dal Governatore di Savona consistevano Diario, 10 gennaio) in grandi ruote per artiglierie, in provviste di p° archibugi, zappe e badili; proprio tutto quello che avevano chiesto 1 missari : é appunto per questa perdita che si dette nel giorno stesso ^ rico ai tribuni di vedere se certe ruote di bombarde che si trova\an palazzo di Vialata, potessero servire al bisogno ; « quod si cognoverm « lacere ad propositum nostrum eas capere possint et Mpnacuni mi « prò dieta expugnatioae ». (Diversorum Reg. 175-10 gennaio i5o7> a irequenza di questi incarichi ai tribuni si può facilmente arguire che fossero i principali e più costanti sostenitori della impresa di Monaco. (2) Diario, 10 -11 gennaio. L’assedio di Monaco 175 impresa di Monaco, ma si dovette accorgere che i più erano favorevoli ad essa e non volevano turbare la città in tali frangenti, sicché, imbarcatosi di bel nuovo nella notte fra il 10 e Γ11, si diresse verso Sestri Levante ('), ma all’altezza del promontorio di Portofino il vento e il mare agitato gli impedirono di doppiare quel capo pericoloso ; fu costretto a riparare a Camogli, dove, sconosciuto, abbandonò il suo leudo ed alcune armi, e stimò gran fortuna aver salva la vita. Nella notte stessa (11 gennaio) i suoi fanti, lasciata Sestri Levante, movevano alla volta di Borghetto di Vara (J) e gli Anziani ordinavano a tutti i pubblici officiali della Rivie- (1) Alessandro Salvago (op. cit., pag. 472) racconta la cosa un po’ diversa-mente: « Et secretement entra icelluy Octovien dedans la dite ville avecques « certain petit nombre de gens, où puis qu’il fut, craignant de sa vie, n’osa « mectre à execucion ce qui avoir esté concluz et deliberé et ainsi se partit « sans aucune chose faire ». Il Senarega {op. cit., col. 58()1 espone in brevi parole tutto Γ episodio e dice che « Octavianum et Janum Fregosos, pau-« eorum nobilium suasu, in Orientalem oram pervenisse et collectis aliquot « suae factionis hominibus, apud Burgettum consedisse, indeque occulte urii bem intrasse, sed cognita plebis constantia, quinto die abiisse ». Questi cinque giorni comprendono tutto il periodo di tempo in cui i Fregoso erano rimasti nel territorio genovese, ed il Senarega stesso, poco dopo, fa capire che i due capi-partito erano stati un sol giorno a Genova. Il Capelloni, (op. cit., pag. 19) dice che Ottaviano cercò di vedere i suoi pajtigiani, di far loro capire che, coll1 aiuto dei nobili, otterrebbe vittoria, ma i suoi amici « turati « gli orecchi, non fecero dimostrazione alcuna, ma non vollero pur vederlo »; Ottaviano dimorò tre giorni a Genova, poi, vedendo inutile la sua presenza, ripartì per Bologna. Ricordiamo che in realtà il Fregoso si fermò un sol giorno, e neppure a Genova, a quanto sembra, ma a S. Pier d’Arena. (2) In una lettera (14 gennaio 1507) del comune ai due commissari Luigi di Pentema e Pantaleone de Franchi si annunzia loro che « a li XI « li Fregosi pasavano Sarzana male in ordine et cum pocha gente ». (Litterarum Reg. 47, lettera n. 190). Anno 1507 ra Orientale di mandare una grida promettendo 500 ducati a chi avesse fatto prigione Ottaviano Piegoso, altrettanti a chi avesse arrestato Gian Maria e 200 pei Giovanni di Biassa «echi prenderà alcuno di quelli hano « levato arme in soa compagnia li serà facto bono « beveraggio e tractamento » e sembra mandassero anche un’altra grida proclamando ribelli del re coloio eie avessero preso le armi coi detti Ottaviano e Gian Mai ia Fregoso (‘). A Sestri Levante poi, dove si sup poneva vi fossero dei loro partigiani, scrivevano (14 gennaio) che « vogliando dar forma a lo pacifico de quello loco » erano inviati due commissari « Cosma della Murta e Vincenzo di Ripairolo, borghesi di Clavari », ai quali gli abitanti dovevano prestale in tutto e per tutto obbedienza (2). Il tentativo dei Fregoso, benché fosse fallito, aveva lasciato degli stia-scichi (3); i capi-parte degli Adorno, Girolamo della Torre, Cristoforo Bertolotto e Ambrogio del Conino, non appena ebbero sentoredella loro venuta, erano accorsi da Finale con buon nerbo di seguaci per non lasciarsi sopraffare dagli avversari; i Fregoso per contro, che avevano visto fallire il tentativo dei loro capi, non (1) Litterarum Reg. 47, lettera n. 186. (2) Litterarum Reg. 47, lettera n, 191. (J) È molto probabile che a questo tentativo dei Fregoso sia dovuta la lettera mandata (12 gennaio 1507) ai monaci di S. Benigno, nella quale si notifica di aver udito che nel convento si tengono adunanze di secolari che sono contrari al comune ed al re, e perciò vengono proibite. Fa stessa lettera venne mandata ai frati di S. Teodoro, della Consolazione, della Certosa, ecc. ecc. Cfr. Litterarum Reg. 49, lettera n. 6. L’assedio di Monaco vollero neppure che gli Adorno tenessero tanta gente armata presso Genova e recassero armi in casa di 1 )omenico Adorno; per questo erano venuti a parole e sarebbero passati anche ai fatti se non fosse intervenuto il luogotenente, il quale ingiunse ai capi della parte Ador no di lasciare tosto la città. Essi, poiché il mare era in burrasca e non osavano tornare a Finale per via di terra, si ritirarono a Sampierdarena. La città non rimase per ciò quieta. In questo me/,zo il vecchio Baldassarre Lomellino della parte fregosa. arrestato e messo alla tortura, avendo svelati gli intrighi e i nomi di vari amici di Ottaviano a Sampierdarena e a Genova rimise in agitazione la città; vi furono altri arrestati che poi, per le insistenti pressioni dei Fregoso, furono rimessi in libertà ('). Ritornata le calma, Genova rivolge tutte le sue CURE ALL’IMPRESA DI MONACO. Ritornata la calma, gli Anziani rivolsero tutte le loro cure all’impresa di Monaco. Essi avevano ottenuto (il gennaio) che il banco di S. Giorgio «facesse fede in li banchi » di L. 80000 per la spedizione e cosi avevano assicurata la paga ai soldati (2); il ^scrivevano ai due supremi commissari che, giusta il desiderio (1) Cfr. Diario, dal 10 al 14 gennaio. Il Sknarega (op.cit., col 589) parla anch’egli dell’arresto del nobile Baldassarre Lomellino e dice che questi non negò di essersi trovato con Ottaviano Fregoso « die, qua urbem in-« gressus est » e confessò altre cose che furono dal Roccabertino denunziate al re. (■2) Diario. Data corrispondente. 178 Anno l507 da essi manifestato, avevano eletti altri sei commissari due dei quali Simone di Promontorio e Gerolamo di Salvo, sarebbero senza indugio partiti portando con se L. 9000 ('); il 15 gennaio infatti essi salpavano alla volta di Monaco, dove trovarono le artiglierie pronte e 1 · \ in buon ordine ma con gran penuria di polvere, a ciò fu provveduto il 20 gennaio (') e col carico partì puie una lettera dell’officio di Monaco e dei Tribuni, tra i quab era nominato per primo Paolo da Novi ( ) m cui si movevano fiere rampogne ai capi delle società di artefici genovesi che erano all assedio, perchè si lamentavano insistentemente di non essere pagati, dando così un brutto esempio ai soldati mercenari ('), il 21 scrivevano che si approntava altro denaro e che altri due commissari, Raffaele di Recco e Demetrio Sauli, avrebbero portate altre 10000 lire (5); essi infatti par t:rono il 23 con un brigantino e due leudi di Camog i (6). Intanto ritornava in Genova (22 gennaio; Gerolamo (1) Cfr. G.Saige, op. cit., Tomo II. pag. /3. Nello stesso giorno (i4Se naio 1507) i tribuni inviavano essi pure una lettera ai commissari lodi done Γopera e avvisandoli dell'invio dei due nuovi commissari, di mun zioni e di denari e in un post-scriptum raccomandavano il collega Battista Cipollina (Litterarum Reg 49). (2) Cfr. Diario, i5, 18, 20 gennaio. (3) Noto il particolare, perchè è la prima volta che troviamo Paolo da Novi nominato primo fra i tribuni, posto sempre occupato da Marco Terrile; e questo può ritenersi come un indizio che Paolo da Novi era tenuto in maggiore stima tra gli altri colleghi. (4) Cfr. G. Saige, op. cit., Tomo II, pag. 74-/5. (5) Cfr. Litterarum Reg. So, lettera n. 5. (6) Cfr. Diario, data corrispondente. L’assedio di Monaco dì Salvo, uno dei commissari partiti il 15, nè ci è dato sapere la ragione del ritorno; il diarista, come accade sempre quando le cose non vanno come si vorrebbe, esprime il dubbio che vi sia sotto qualche tranello ; tutto è in ordine laggiù, l’artiglieria pronta, i ripari solidissimi, i cinque o seimila fanti pagati ; che si sta dunque ad aspettare? (') Anche a noi riesce alquanto difficile chiarire questo fatto, poiché tra le carte d’archivio non trovammo nulla in proposito; tuttavia potremo un po più innanzi esporre la nostra opinione; ora volgiamo il nostro sguardo alle condizioni esterne della repubblica. Dalla corte di Francia giungevano (18 gennaio) notizie sconfortanti : gli ambasciatori genovesi annunziavano che, mentre ad essi non era stata accordata udienza dal re, gli oratori dei gentiluomini l’avevano ottenuta ed avevano offerto a Luiofi χπ centomila du-cati perchè mandasse un esercito contro la città e che il re aveva dichiarato di esserne disposto; intanto in Lombardia si proibiva di portar grano a Genova ed anzi a Serravalle si erano fatti scaricare i muli avviati in Liguria (2). Altre due gride contro i nobili. Il governo popolare, inasprito da codeste notizie, lanciò contro i nobili altre due gride: la prima (22 (gennaio) citava Ottaviano e Giano Campofregoso, Do- (1) Cfr. Diario, data corrispondente. (2) Cfr. Diario, 18-22 gennaio. I.a notizia della proibizione di portar grano a Genova è data anche da B. Senarega, op. cit., col 589. l8o Anno lóo6 menico Lomellino (') e Giotrino Cattaneo a comparire • * 1 personalmente, entro sei giorni, dinanzi al Vicario cu cale ed al giudice dei malefici, sotto pena di ribellione o , . e confisca dei loro beni (2); la seconda del 23 ingiun geva a tutti i nobili di rientrare in città colle loio « masnate » entro quattro giorni, protraeva il termi ne fino a dieci giorni per coloro che distavano dalla città almeno cinquanta miglia ; ordinava inoltre nobili residenti in Genova di non allontanai si nè man dare via cosa alcuna senza licenza di Marco Teri ile compagni, vale a dire senza il permesso dei tribuni del popolo (« li quali sono otto tutti artigiani » coni menta l’anonimo) e finiva col proibire qualsiasi paiola di sprezzo contro il partito dei nobili, per evitare ogni dimostrazione ostile verso quelli che sarebbero nen trati (’), Ma a dir vero non vi fu bisogno di tali precau zioni perchè le ingiunzioni non ebbero alcun effetto, anzi direi contrario; infatti certi gentiluomini, special mente della casa Spinola, che erano a Quarto, pare lasciassero quella terra proprio in quel tempo (25 g'en naio). Il governatore di Savona ne contrappose natu ralmente un'altra minacciando pene gravissime a tutti 1 nobili rifugiati in Savona se avessero lasciata la città ( )· (1) Subito dopo la partenza da Genova di Ottaviano Fregoso (notte 10 gennaio), Domenico Lomellino si era affrettato a raggiungerlo per pregarlo a rimanere nelle vicinanze perchè stavano per arrivare i capi del partito Adorno (Cfr. deposizione di Baldassarre Lomellino in Diario■, gennaio). (2) Cfr. Diario, data corrispondente. (3) Cfr. Diversorum Filza 64; Diario 23 gennaio. Il Diario ha qualche lieve inesattezza nel numero dei giorni concessi pel ritorno dei nobili· (4) Cfr. Diario, 25 gennaio. f L’assedio di Monaco l8l Primi accenni di una spedizione del re di frangia contro Genova. Mentre accadevano questi fatti in Genova, in Francia si stava apprestando una spedizione contro i sudditi ribelli. Luigi xn, punto soddisfatto del modo di comportarsi del Ravenstein, aveva deciso di muovere egli stesso, in marzo, a punire i genovesi, 0, come tratto tratto ripeteva, a dar loro « una gran mazzata ». Con un esercito di 10000 fanti, con tutti i suoi gentiluomini e con l’aiuto che gli avrebbe prestato la fortezza di Castelletto, occupata dalle truppe francesi, egli sperava di raggiungere il suo scopo e riuscire vittorioso, sicché all’ambasciatore fiorentino Pandolfini che gli chiedeva se avrebbe fatto pagare ai genovesi le spese per le truppe assoldate, egli, sorridendo, rispondeva : « loro ne pagheranno maggiore parte che voi non credete, che sono ricchi ed io, fatto che avrò le mie preparazioni e la spesa, non sono per perdonare loro perchè cosi è conveniente ». Più tardi (11 gennaio) parendogli che affrettare il giorno della partenza sarebbe stata savia risoluzione, assicurò lo stesso Pandolfini che sarebbe disceso in Italia il giorno dopo la Candelaia (e cioè il 3 febbraio). Intanto aveva ordinato che quattro galee si recassero a Villafranca, ove si sarebbero unite colle due del Grimaldi ('). Ora se il popolo minuto di Ge- (1) Tutte queste notizie sono tratte dalle lettere che il Pandolfini, ambasciatore fiorentino presso la corte di Francia, inviava ai Dieci. Cfr. Dksjar-dins, Neg. dipi, de la Franco aree la Toscane, Tomo li, lettere del 14, 21, 3o dicembre i5o6; 2, 11 gennaio i5oy. 182 Anno 1507 nova non ebbe che molto tardi notizia di cotesti preparativi, le autorità certo non ne dovevano essere igna re: la grida che ordinava (19 gennaio) a tutu i cala fati e maestri d’ascia di non lasciare la città senza li cenza dei Tribuni, l’ingiunzione a quelli che erano fuo ri di ritornarvi entro quindici giorni, Γ ordine del 23 gennaio ai podestà, rettori, ecc. della Riviera di Ponen te di non permettere che si asportasse dai singoli luo ghi qualsiasi sorta di legname ('), sono prove convin centi che esse volevano parare il colpo alla chetichella, per evitare paure intempestive e tumulti in città, fatti quando il 25 gennaio si \?enne a sapere da rispondenze dal campo che a Villafranca si arma\a « due barrichie » per recare soccorso a Monaco « pe la terra ci fu grande mormoracione » e si volevano per co trapposto far salpare subito due navi ; ina alcuni del p polo grasso non trovavano la cosa tanto urgente , tenne però un gran consiglio a Palazzo per concert re come trovare il denaro occorrente alle spese Pe difendere la città e per armare alcune galee. Paolo de Novi, interrogato allora del suo parere, dichiarò eh er< necessario opporsi con tutte le forze agli inimici della repubblica ed esortò l’officio di Balìa a trovare da 100 a 150 mila ducati per allestire 25 galee ( )· (1) Ambedue i documenti si trovano in Diversorum Filza 04. (2) Cfr. Diario, 25 gennaio; la relazione del consiglio si trova anche in 1 versorum Reg. 175; in essa è detto che Paolo da Novi propose pure dare incarico al senato di ringraziare il pontefice pel suo interessamento alle sorti di Genova. 11 papa invero aveva mandato, per mezzo degl ambasciatori genovesi, una sua lettera al comune esortando tutti a stare L’assedio di Monaco 183 ogni parte ferve il lavoro pei soccorsi a Monaco; il dì stesso parte un brigantino con due commissari che poi tano denari al campo ed è armata la grossa nave di Nicolò d Oria che salpa la notte successiva (26 gennaio), avendo a bordo i commissari Nicolò Cicogna e Giovanni Monteborgo ('). Le notizie da Monaco giunsero il 30, ma non soddisfecero punto; benché le bombarde grosse avessero tirato 600 colpi e rotto buon tratto delle mura,icommissari si mostravano ancora indecisi a dare l’assalto alla fortezza; si può quindi facilmente immaginare l’impressione dolorosa prodotta da questo ritardo, dopo tanto affannarsi, dopo tanta fatica, uniti ed a « prendere quello che era loro » (Diario, 22 maggio); e poco dopo giungeva un altro suo breve nel quale ripeteva ai genovesi di star tranquilli, e uniti e di non temere di nulla, che egli aveva scritto al suo legato in Francia. (Diario, 24 gennaio). Lo stesso Paolo da Novi scrisse poco dopo (27 gennaio) a nome dei suoi colleghi, al capitano Tarlatino, esortandolo vivamente a dar battaglia poiché la città desiderava con ardore il fine della guerra. (Cfr. G. Saige, op. cit., Tomo II, pag. 75-76). Dai fatti precedentemente accennati si viene a concludere che ormai il potere era nelle manidei tribuni, tra i quali primeggiava Paolo da Novi. Essi però non seppero tenere in freno alcuni capi-popolo, come Paolo Battista Giustiniani, Manuele Canale e Giacomo Ghiglione, che commisero soprusi, prepotenze e saccheggi, senza che fossero molestati. (Cfr. Diario, 27-28 gennaio). (1) Diario 26 gennaio. Al patrono della stessa nave si era mandato Γ11 gennaio l’ordine di spiegare immediatamente le vele (non sappiamo da quale luogo) per Genova e condurre seco i due vascelli che erano colla stessa nave. (Litterarum Reg. 49; lettera n. 5). Quest1 ordine, dato Γ11 gennaio, viene a confermare il mio asserto che a Genova già da tempo si sapesse che cosa si preparava a Villafranca e si cercasse di ripararvi. L’elezione dei due commissari sulla nave di Nicolò d’Oria trovasi in Litterarum Reg. 49, lettera η. 15, 2 5. gennaio 1507. L’invio di questa nave è accennato anche in un postscriptum della lettera di Paolo da Novi al Tarlatino già ricordata. i84 Anno 1507 mentre si sperava di cogliere ormai il frutto tanto sospirato ! L’anonimo dice che «la caosa del ritardo non si può intendere»; mala dovevano certo sapere gli Anziani, ι quali il giorno seguente scrivevano a Gaspare de I ran chi e a Raffaele della Torre, commissari nella Riviera di Ponente, lamentandosi fortemente delle diserzioni dal campo di intere compagnie, la maggior parte di geno vesi, e ordinavano loro le più vituperose e severe punì zioni per quei disertori che avessero potuto prendere, in special modo se fossero stati di Genova ; gli stessi ordini impartivano a tutti i pubblici officiali dei singoli luoghi della riviera ('). Era dunque la defezione dei soldati che faceva dif ferire l’assalto (!). Ouasi ciò non bastasse a turbare li le menti e gli animi, gli ambasciatori alla coite t Francia scrivevano da Lione che erano stati licenziati senza avere ottenuta udienza e mettevano in guardia i loro concittadini che al signor di Chaumont era stata affidata la cura delle cose in Genova, e che vi sarebbe venuto a capo di un grande esercito (3). I GENOVESI DICHIARATI RIBELLI A LUIGI XII IL SALAZAR in Castelletto. Di giorno in giorno, le notizie divenivano più gravi. II 2 febbraio una lettera del pontefice li informava di (1) Cfr. Doc. XXXVII. La lettera degli Anziani ai rettori dei paesi della Riviera di Ponente trovasi in Litterarum Reg. 47, lettera n. '206. (2) Anche nel Diario si accenna a questo fatto, ma un po1 più tar 1 (2 febbraio). (3) La lettera giunse a Genova il 3o gennaio (Cfr. Diano). L’ussedio di Monaco aver saputo dal legato alla corte di Francia che il re era stato edotto dal suo ambasciatore a Napoli che il popolo genovese, aveva offerto a Ferdinando il Cattolico, passando per Genova, il dominio della città e questi l’aveva rifiutato ; aggiungeva che il re, alla notizia, « era (( intrato in tanta amaritudine che non era nisuno li « potesse parlare di questa terra »; il 5 un’altra lettera di F'ranco de Ingiberti (che gli oratori genovesi, partendo dalla corte papale, avevano lasciato quale « solicitator ») confermava la stessa notizia con l’aggiunta che il re aveva mandato un suo fido al campo coll’ ordine di levare l’assedio e che i genovesi non solo non avevano obbedito, ma avevano persino minacciato di ammazzare il regio inviato ('). Per queste ragioni e per quella precipua che essi non avevano mai voluto restituirgli le riviere, il re era fermamente deciso a dichiarare i genovesi ribelli. Tale decisione era pure confermata da lettere venute da Milano, e, come minaccioso annunzio di questo nuovo stato di cose, ecco Gerolamo Fieschi, tiglio di Gian Luigi, seguito e difeso da buon nerbo di fanti e cavalli, rientrare nei suoi possessi di Montoggio dove, appena giunto, chiama certi mulattieri, che si erano recati a Casella ed a Croce e dintorni a fare incetta di grani, e li ammonisce di non arrischiarsi più a venire in quei (1) Cfr. Diario, date corrispondenti. Il diarista riferisce queste notizie senza confutarle, perciò noi potremmo ritenerle per vere. Si noti però che in una lettera (8 marzo) ad Andrea Ciceri i genovesi tentarono difendersi da tali accuse. Cfr. Doc. XXXVI. luoghi, poiché sarebbero fatti prigionieri e verrebbero sequestrate le robe loro ('). Ma un’altra minaccia più grave assai sovrastava alla repubblica entro le stesse sue mura ; la fortezza di Castelletto, mirabile opera di arte militare che si elevava proprio nel centro della città e la dominava colle sue salde ed alte muraglie (2) era rimasta in potere di una guarnigione francese sotto il comando di Pietro di Salazar, e mentre fino ai tempi di cui discorriamo non aveva mai dato occasione di occuparsi di essa, ora incominciava ad impensierire i genovesi. Da qualche giorno si notava che si riforniva di munizioni, di vettovaglie e di legnami per ripari (’) , poi si venne a sapere che vi entrava anche molta gente ; il 30 gennaio , arrestati due villani uscenti dalla fortezza e interrogatili, risposero venire da Montaggio ed avere accompagnati undici uomini che, a quanto avevano inteso, erano lombardi e ingegneri. La cosa destò rumore e questo crebbe pochi giorni dopo (4 febbraio) perchè una compagnia di 40 uomini era entrata nel Castellacelo , altra solida fortezza posta sulla stessa falda su cui sorgeva il Castelletto, ma alquanto più in alto, e per l’arresto avvenuto in Bisagno di dieci francesi intenti a raggiungere il forte. Qualcuno, servendosi della sovraeccitazione degli animi, cercò di spingere ( 1 ) Cfr. Diario, 2 febbraio. (2) In J. d’Auton, op. cit., Tomo III, pag. 253, evvi una bella descrizione del forte di Castelletto. (3) Cfr. Diario, 22 gennaio. L’assedio di Monaco 187 il popolo alle armi, ma non vi riuscì. I Tribuni non stettero inerti ; mandarono subito in Val di Polcevera ed in Val di Bisagno ad avvisare gli abitanti che se mai venisse presa altra gente consimile, la spogliassero e danneggiassero. Ed ecco, subito il giorno dopo (5 febbraio), i Polceveraschi intercettare quattro some di farine e tre di pane dirette al Castellacelo, mentre i Bisagnini arrestavano presso San Gottardo, Ouilico di Negro, Luchino de Marino Castagna e Antonio Fieschi diretti a Montaggio. I Tribuni, forse per salvarli dal furore della plebe, li condussero in casa di Anfreone Usodimare a Banchi, e poiché Luchino era uno degli officiali di S. Giorgio ed ivi si doveva deliberare per certa somma di denaro, vollero che vi si recasse anch'egli, ma, rimandato il consiglio al domani, i tre gentiluomini, data sicurtà, furono rilasciati (1). Tentativo fallito di restituire le Riviere al re. lutto questo agitarsi minaccioso alle porte di Genova, tutte queste notizie incalzanti d’ora in ora, se da un lato eccitavano la plebe bellicosa a rimanere sempre più ferma nei suoi propositi di lotta, dall’ altro dovevano suonare come ammonimento severo alle orecchie dei cittadini di più. elevata condizione e di più larghe vedute , sulla gravità del momento. È perciò che approfittando di una lettera in cui il papa stesso consigliava la restituzione delle Riviere assicurando che, (1) Cfr. Diario, 3o gennaio, 40 febbraio. 1 SS Anno 1507 egli avrebbe fatto in modo di ottenere dal re che il Ravenstein ed il Fieschi non venissero a Genova, la sera del 5 febbraio, in una grande adunanza a 1 alazzo, alla quale erano convenuti tutti gli offici ed una numerosa « compagnia », formatasi il 13 gennaio in S. Sii0 e composta di artigiani di tutte le arti, senza distin zione di colori, « tutti homini da bene » aggiunge ^ a nonimo, e detta la « Compagnia di Jesus » ( ), S1 presentò la proposta di restituire le Riviere al re pei tentare di placarlo. Chiestone il parere a quelli della compagnia, dissero che, essendo artigiani di varie aiti, dovevano prima conferire coi loro consoli e soltanto dopo che ogni arte avesse votata la proposta, avrebbero potuto rispondere. Ma il dimani, appena fu noto ciò che era stato proposto, tutto il popolo si levò a rumore ed esasperato pure daH’annunzio che un manipolo di circa 200 uomini, la maggior parte liguri, tornando da Mo naco, era stato assalito presso Savona dai soldati del d’Allègre i quali ne avevano uccisi e depredati parecchi, fu lì lì per dar di piglio alle armi, ma tornò alla calma probabilmente quando apprese che la sera si sarebbe domandato al Banco di S. Giorgio un prestito di cinquanta mila ducati per l’impresa di Monaco (*). H gi°rn0 ( 1 ) In quei tempi s1 erano formate parecchie compagnie : Il Diario ri corda oltre a questa, la compagnia della Trinità; Bartolomeo Senarega ne cita altre: quella di S. Giovanni Battista, quella della Vergine Maria, della Pace, della Concordia, etc. (op. cit., col 587). (2) Cfr. Diario, fi febbraio. La deliberazione di quella sera del Banco di S. Giorgio è pubblicata da G. Saige, op. cit., Tomo II, pag. 77-79· L’assedio di Monaco seguente, che era la domenica 7 febbraio, una gran folla di artigiani si raccolse in S. Maria di Castello per decidere sulle Riviere e sulla elezione dei Tribuni. Il risultato era da prevedersi : furono riconfermati gli stessi e fu stabilito che le Riviere non si riconsegnassero finche Monaco non fosse caduta, perciò si proseguisse l’assedio con la più grande alacrità ; inoltre, fu deliberato consenziente in tutto la Compagnia di Gesù adunatasi nella « casaccia » di S. Maria di Castello, di rimettere nelle mani del Pontefice ogni questione interessante la città, affinchè egli decidesse a suo talento. Il colpo di mano del Salazar. Sull’ imbrunire dello stesso giorno accadde un caso veramente inaudito : mentre una folla di devoti era raccolta nella chiesa di S. Francesco di Castelletto per udire i vespri, il castellano aveva fatto circondare la chiesa dai suoi soldati, dichiarando prigionieri tutti quelli in essa convenuti ; indi, lasciate libere le donne, aveva condotti gli uomini in fortezza. Al dimani rimise in libertà i nobili eccetto dodici, che trattenne insieme con quarantasei popolari, obbligandoli a girare una macina da mulino a forza di braccia e nutrendoli di pane ed acqua ('). I popolari, indignati di questa mala azione (1) Cfr. Diario, 7-8 febbraio; Bart. Senarega, op. cit., col. 589; J. d’Auton, op. cit.. Tomo III, pag. 238-240. Quet’ultimo erra il giorno dell1 avvenimento poiché lo fa accadere Γ 8 invece che il 7 febbraio. Marin Sanudo (Diari, Voi. VI, col. 55o), traendo la notizia di questo fatto da una lettera da Milano (20 febbraio) dice che Roccabertino, avendo inteso i genovesi aver tolti certi carriaggi ad alcuni francesi, «ha ritenuto alcuni in Castelletto». 100 Anno ’5θ7 del castellano e più ancora della ingente somma che egli chiedeva per il riscatto, si recarono tumultuando dal governatore e lo indussero a interporre i suoi buoni offici presso il Salazar. Egli infatti mandò subito a Ca stelletto due Anziani, con due della Balìa ed il su0 scu diero Giannotto per chiedere spiegazioni al Salazar, ma questi rispose averlo fatto per rappresagli3· perche alcuni villani avevano derubato sei uomini diletti al castello per la via dei monti ; allora gli inviati osser varongdi che se gli uomini e le munizioni avessero o o , percorso la via solita e non quella di Montoggio, e non fossero stati condotti da gente fieschina, ciò non sarebbe accaduto ; nondimeno si offersero a ri sarcìrne i danni purché rimettesse in liberta i Pn gionieri; ma il Salazar non volle intendere nè patti ne ragioni, sicché furono costretti a mandare al Chaumont il loro concittadino Lorenzo Gioardo « speciaro » per chiedergli giustizia ('). È molto facile arguire che non fosse soltanto quella la causa perchè il castellano aveva latti prigionieri quei popolari ; il d’Auton infatti ci m forma avere il Salazar risposto al Roccabertino che egli aveva diritto di presa sui genovesi, essendo stati essi i primi a far la guerra ed occupare i possedimenti del re, perciò non li avrebbe resi che per ordine espresso del suo re (2). Ma queste ragioni non era bene che (1) Cfr. Istruzioni e Relazioni Politiche, n. 2707 C, 8 febbraio ι5θ/· (2) Op. cit, Tomo III, pag. 240. Si potrebbe anche dare che il Salazar avesse atteso Γ ultimo responso del popolo alla domanda di restituire le Riviere ed appena conosciutone l’esito negativo, si fosse affrettato a punire 1 genovesi della loro disobbedienza al re, L’assedio di Monaco ìgi fossero dette dai genovesi, mentre con quella data si poteva spiegare il loro modo di agire come un legittimo sdegno contro il Salazar, che faceva condurre munizioni e uomini di nascosto dal paese dei Fieschi. Con tutto ciò anche 1’ ambasceria al Chaumont riuscì a nulla e il castellano ritenne presso di sè quei miseri fino a che la città non ricadde sotto la dominazione francese. Genova incetta artiglierie per Monaco. Tutta questa lotta e tante paurose minacce tenevano desti gli animi ed erano quasi uno sprone al popolo minuto per raggiungere 1’ agognata mèta del possesso di Monaco. Vedemmo il sei febbraio nell’adunanza in S. Giorgio essersi deliberati cinquanta mila ducati per la fatale impresa ; ebbene, due giorni dopo (8 febbraio) si mandava Alerame di Bozolo sur un leudo di Camogli con denari,polvere ed altre provviste (‘); si scriveva a Pisa chiedendo che fossero vendute a Genova le munizioni da guerra che la città aveva in serbo e venisse dato in prestito « uno cannone ferrerò » (2), si dava pure incombenza al tribuno Battista di Solario di recarsi sulla nave Negrona per vedere « illos cano-« nes, petras ferreas et pulverem aliasque munitiones » che avrebbero potuto servire alla spedizione di Monaco (3). Era un affaccendarsi meraviglioso per provvedere ai bisogni del campo, dal quale l’otto febbraio era arrivata la notizia che « uno camerero dello duca di (1) Cfr. Diario, data corrispondente. (2) Cfr. Litterarum Reg. 5o, lettera n. 9. (3) Cfr. Litterarum Reg. 48. 1Q2 Anno 15oy Savoia » aveva licenziati tutti gli avventurieri che si trovavano alla Turbia e a Villafranca, ordinando loro di non mai più tornare ; invece il 10 correva voce in Genova che gli stessi venturieri, calati alla volta di Monegheto per impossessarsi dell' artiglici ìa genovese, erano stati vigorosamente respinti con gravi perdite. Questa notizia era la vera ; 1 anonimo che afferma essersi fatti in quella mischia circa duecento prigionieri, riferisce una cifra poco esatta, probabilmente esagerata nel passare di bocca in bocca; in verità 1 prigionieri presi nella fortunata fazione, erano solo 63, che i commissari deliberarono di mandare a Genova come glorioso segno di vittoria. Al momento però dello imbarco, accadde una scena abbastanza curiosa: molti capi di compagnie e soldati si posero sulla traversia della nave gridando e protestando che non volevano che i prigionieri partissero, forse perchè speravano, tenendoli presso di sè. di ricavarne qualche somma pel riscatto, allora i commissari, ad evitare questioni, ne trattennero dieci che sembravano di miglior casato ed avvisarono gli officiali di Balìa che inviavano gli altri 53 sotto la responsabilità di Battista Magnano ('); al quale però venne più tardi dato l’ordine di calarli a Savona, avendo la plebe di Genova manifestato il tristo proposito di volerne fare scempio e di tagliarli a pezzi ( )· Questo piccolo fatto d’ armi alimentò la speranza nel- 0) Cfr. G. Calligaris, op. cit., Do c. XVI, pag. 652. (2, (,fr. Diari), 14 febbraio. L’assedio di Monaco 193 1 animo dei genovesi, i quali, affascinati dal lontano miraggio d una vittoria decisiva, continuarono a far incetta di armi e di armati ('). In questo mezzo dobbiamo ricordare un ultimo conato del governatore di piegare i genovesi a restituire le Riviere al re ma fu tale la furia della plebe urlante sotto le finestre del palazzo che non si dovevano rendere se non per ordine del papa, a cui era stata deferita ogni quistione riflettente il bene della repubblica, che nè quel giorno fi6' febbraio), nè il successivo, si potè tenere consiglio. Il 17 però assistiamo ad un fatto nuovo: trecento artigiani, visti gli eccessi a cui correvano alcuni dei loro compagni, si radunarono nella cappella degli Scrivani in S. Lorenzo e decisero di scegliere tra loro alcuni volenterosi che si prendessero la cura di pacificare gli animi e subito ne elessero dodici ; altrettanti ne scelsero i mercanti dopo essersi raccolti (18 febbraio) nella medesima cappella, insieme coi dodici artigiani già . eletti (2). Nuove trattative col duca di Savoia. E qui torna opportuno riprendere la parola sulle relazioni di Genova col duca di Savoia. Ricordiamo (1) Cfr. Diario, i5 febbraio. Dello stesso giorno é un ordine a Stefano Ne-grone di consegnare ai commissari Ludovico di Pentema e Pantaleone Tonso tutte le artiglierie e le munizioni della sua nave. Ai commissari si dà l’ordine di prendere la detta artiglieria sulla nave che si trova a Portofìno e di farla caricare su una 0 due barche per Genova. Litterarum Reg. 49, lettere n. 3 i-32. (2) Cfr. Diario, 16, 17, 18 febbraio. Λ 194 - Anno l507 che in una lettera scritta dai genovesi 1 11 gennaio 1507 al vescovo di Mondovì, gran cancelliere ducale, pur lamentando il modo poco cortese usato verso il • \ loro ambasciatore, e dichiarando che appunto per ciò non credevano decoroso inviarlo di nuovo, essi facevano capire che non sarebbe riuscito loro discaro di riannodare le trattative bruscamente interrotte. Sembia che anche Carlo II di Savoia avesse desiderio di non romperla coi genovesi, poiché, prima ancora che pervenisse la lettera accennata, inviava il 10 gennaio il suo scudiero Bartolomeo Usillione ad essi a prendete « qualche composicione » ('), ma non si sa di preciso quali accordi siansi presi; certo è che le cose si appia narono, poiché il 19 gli Anziani mandavano una let· tera assai cortese e deferente al duca, annunziandogli che tra poco sarebbe partito per Torino il Veneroso, non appena si fosse rimesso dalla malattia che 1 aveva colto di ritorno da una missione in Riviera ( )· Questa lettera fu probabilmente portata dallo stesso Usillione, che lasciò Genova il 20; ma il Veneroso non potè partire così presto come gli Anziani speravano ; la sua malattia durò parecchio tempo, sicché il consiglio credette opportuno avvertire il duca della cagione (1) Cfr. G. Calligaris, op. cit., pag. 566 e Diario, 14 gennaio, in cui si ann inzia che due giorni prima (12 gennaio) era giunto un ambasciatore del duca. (2) Li lettera è pubblicata dal Calligaris, op. cit., Doc. XIV, pag. 65o. Il Veneroso, come vedemmo, era stato invialo nella Riviera di Levante per opporsi alle mene di Ottaviano e Giano Fregoso. L’assedio di Monaco 1Q5 di così lungo ritardo, dicendogli che non se ne mandava un altro, perchè il Veneroso conosceva bene quei negoziati, mentre ad un nuovo legato sarebbe occorsa una lunga istruzione ('). Finalmente il 17 febbraio egli era in viaggio per Torino (2), con mandato di appianare le diverse cagioni di contesa e in primo luogo di sapere quale somma Genova dovesse sborsare perchè il duca s’impegnasse a proibire che dai suoi possessi, e specialmente dalla Turbia e da Nizza, non si mandasse alcun aiuto a Monaco, assegnando come limite massimo sei mila scudi, dei quali duemila sarebbero pagati a vista, gli altri dopo la presa della fortezza. Riguardo a Mentone e Roccabruna, l'ambasciatore doveva assicurarlo che i genovesi non volevano vantare alcuna ragione su di essi e che avrebbero volentieri riparata l’offesa recata alle bandiere ducali, facendovele rimettere ; e siccome il duca dava molta importanza ai due castelli per gli utili che ne ritraeva per la gabella 0) Cfr. lettera al duca di Savoia, (1. febbraio i5o7), pubbl. dal Calligaris, Doc. XV, pag. 651. (2) L’anonimo diarista afferma che il Veneroso partì il 19 febbraio, ma noi crediamo che egli sia partito il 17; sono infatti del 17 le commendatizie (pubbl. dal Calligaris, op. cit., pag. 656) ed il decreto « contra pericula » (in Diversorum F'iza 64). Inoltre abbiamo una lettera del \ ~ febbraio scritta dagli Anziani ai due ambasciatori Nicolò Oderico e Simone di Giovo in cui si dice « Discessit hodie a nobis e. Rernardus Venerosus quem de-« stinavimus pro causis publicis ad prefatum Illustrissimum dominum ducem « illique commisimus ut procuret dictum salvum conductum impetrare ». I due ambasciatori che tornavano dalla corte di Francia avevano infatti scritto da Saluzzo (i3 febbraio) di essersi ivi trattenuti per non avere ancora ricevuto il salvocondotto dal duca di Savoia. (Litterarum Reg. 49, lettera n. 37). Anno l507 del sale, così il Veneroso doveva in segreto cercare di convincerlo che se la riscossione di detta gabella fosse affidata all'ufficio di S. Giorgio, egli ne avrebbe goduti maggiori vantaggi (*). Come procedessero e si svolges sero queste trattative, non ci è dato conoscere, ma è certo che neppure esse raggiunsero il loro scopo. In questo tempo giungevano (23 febbraio) a Genova le risposte del pontefice ai quesiti propostigli . egli, esoi tati innanzi tutto i popolari ad essere concoidi, li con sigliava ad armare galee e raccogliere fanti pei 1 impiesa di Monaco e li confortava a non temere di nulla e per u guardo alle Riviere non pigliassero alcuna ìisoluzione finché egli non avesse ricevuto risposta dal re ( )· Tristi condizioni dell’esercito genovese. Era proprio quello che più si conformava ai desi deri dei popolari. E’ vero che il campo era rimasto per qualche giorno sprovvisto di polvere, tanto da non potersi usare le grosse bombarde, e ognora più f irnI nuiva il numero dei soldati, sia per le frequenti diser zioni , sia perchè qualche compagnia ligure , termi (1) G. Calligaris, op. cit., pag. 56y, n. 4, osserva che in questa istiu zione é accennato essere la quarta che viene data al Veneroso, mentre, pei documenti a lui noti, sarebbe risultata la terza. Infatti egli non cono sceva delle precedenti ambascerie che quella del 29 novembre e quella del 19 dicembre. Noi possiamo aggiungere, sulla scorta del Diario, che il Veneroso, tornato il 26 dicembre dalla seconda ambasceria, riparti una terza volta per Torino il 28 dicembre e ritornò a Genova il 5 gennaio. L1 ambasceria del 17 febbraio è dunque precisamente la quarta. (2) Cfr. Diario, 2] febbraio. L’assedio di Monaco 197 nato il suo periodo di servizio, ritornava in città, ma i genovesi eransi dati con nuova alacrità a raccogliere gente, e preparare munizioni, ed appena il mare, da parecchio tempo agitato, volse a bonaccia, spedirono (24 febbraio) polvere, artiglieria e circa mille fanti. Essi pero non avevano un’idea chiara e precisa dei bisogni e delle miserrime condizioni del campo ; ma a renderli persuasi giungeva una lettera dei commissari (25 febbraio) nella quale si lamentavano che proprio i genovesi fossero quelli che offrivano al campo il tristo esempio della defezione e citavano tra questi un Lazzaro Baci-galupo che , avendo a torto ferito il conte Bergamino, se ne era andato con tutti i suoi e con trecento soldati di altre compagnie ; la compagnia del Castellacelo poi, malgrado avesse promesso di rimanere sino al 26, se ne era ita nella notte del 21, traendo seco quasi tutti i militi di Lombardia e Monferrato ; la compagnia del Greco era più che decimata, i suoi fanti da trecento erano ridotti a quaranta ; erano inoltre partite coi loro capi le compagnie dei Lombardi e così il campo era giunto ad un numero tanto esiguo di uomini che i commissari non ardivano neppure di notificarlo ai loro concittadini ; rimaneva una sola speranza nel pronto arrivo delle « sequelle » ('), non essendo sino allora venuta al campo che una compagnia di Ventimiglia, forte di 185 uomini, condotti da Gaspare Giudice e (1) Eran > i rinforzi che dovevano mandare i passi rivieraschi in aiuto dell' esercito genovese e che in questo momento dovevano sostituire quelli già partiti. '4 » ις)8 Anno 1507 pagati a sue spese per dieci giorni di assedio ( ), perciò i commissari attendevano con grande impazienza 1 soccorsi, che, se fossero tardati d’un sol giorno, stimavano impossibile il potersi più a lungo sostenere, « e quando hodie », così scrivevano « non foseno hic conducti per mare aut « per terra conio habiamo ordinato, se iudicamo quasi « desperati totaliter da ogni remedio ». La lettera continua con queste commoventi parole : « a noi bisogna « cum le lacrime a li oyhij tuto notificare a le magni « ficencie vostre e per parte nostra, id est de noi Ka « faelo de Recco, Alarame di Bozolo in compagnia di « Lodisio e cum noi dicto D. Gasparo se farà tuto « quello sera in facultà nostra poter fare in regersi, « cum metere etiam le vite nostre ad ogni periculo », lodavano il coraggio e l’abnegazione del Tarlatino e di Pietro Gambacorta, i quali non solo combattevano da valorosi colle loro truppe ed esponevano a gravi peri coli la loro vita, ma avevano persino sborsati pei 1 im presa i denari che eran loro rimasti, e i commissari ave vano ragione di dire: « in loro resta quella poca spe ranza la quale anchora ne tene vivi ». Annunziavano pure di aver scritto ai capitani delle galee di venire a Monaco per potere consigliarsi anche con essi sulla gravissima situazione e di aver deciso, su proposta del (1) Il 18 febbraio i5o~, il governatore e gli Anziani, uditi dal cotnmis sario Teramo di Ballano ritornato dal campo sotto Monaco, gli at» va' lore e di devozione compiuti dal vantimigliese Gasparo Giudice, gli decretavano la cittadinanza genovese, estensibile ai suoi discendenti 'Litterarum Reg. 5o, lettera n. 11). L’assedio di Monaco 199 capitano e di messer Pietro, di mandare a Genova Alarame di Bozolo perchè chiarisse meglio a voce il vero stato delle cose e sollecitasse ciò che occorreva. Ebbene, cpiesta lettera che rivela colla depressione d’animo dei commissari, direi quasi lo sfacelo, la rovina dell’impresa, ha in calce un post-scriptum che, come un raggio di luce fra le tenebre, fa dimenticare tutto il male accennato dianzi ; il nemico ha tentato una improvvisa sortita ed è corso all’assalto delle artiglierie genovesi, ma ha trovato una resistenza sì forte da esser costretto a ritirarsi, lasciando cinque prigionieri ('). Nel laconico annunzio scritto di tutta fretta, appena avvenuto lo scontro, si sente palpitare la gioia di quei prodi genovesi (2) ; ma queste erano fortune effimere, non cangiavano punto la condizione delle cose e forse la lasciavano più triste e desolata pel timore e quasi la certezza d’una prossima grave sconfitta ; infatti pochi dì poi gli stessi commissari facevano sapere che al campo non si trovavano più di 700 fanti ; « vero è », aggiunge il diarista , « che la provixione ultimamente « mandatoli non era ancora gionta » (3), ma è altresì (1) Il Diario, 2 5 febbraio, dice che in quella sortita « fumo 16 da morti « e prexi queli di Monaco ». Probabilmente il d’Auton accenna a questa sortita nel Voi. Ili, pag. 228 della sua cronaca e la fa succedere ai primi di marzo, ma quando si badi alla grande somiglianza tra le due descrizioni ed al numero eguale di prigionieri, si può anche sorvolare al lieve divario tra gli ultimi di febbraio ed i primi di marzo. (2) La lettera è pubblicata in Appendice, Doc. XXXVIII. (3) Cfr. Diario, 27 febbraio. La lettera giunta in quel giorno a Genova doveva essere stata inviata da Monaco il 2 5 febbraio, poiché, come sappiamo 200 Anno 1507 vero che mille uomini non erano sufficienti ad avvan taediare di molto le condizioni dell eseicito. 00 Paolo da Novi commissario al campo. Oramai si era alla fine del dramma. E qui 1 documenti d’Archivio, che certo dovevano essere molti e im portantissimi, sono in grande parte scomparsi. I orse una mano gelosa 0 pietosa li sottrasse alla nostra curiosità perchè non rivelassero gli ultimi aneliti d una spedizione che era costata tanto cara ai genovesi e che aveva formato l’orgoglio del governo popolare. Possiamo pero affermare che realmente Paolo da Novi e Silvestro iu stiniani vennero inviati in quell ultimo periodo commis sari al campo e che vi rimasero sino a che fu lev ato l’assedio dalla fortezza inespugnata. Infatti il 4 niarz0 troviamo una decisione del comune che sospende cause nelle quali ha qualche parte Paolo da Novi, che si trova già sotto a Monaco insieme con Silvestro Giustiniani (') ed il 15 dello stesso mese è inviata ci volevano due giorni per compiere il tragitto fra i due luoghi e Percl non potevano essere giunti i rinforzi genovesi i quali, essendo partiti 1 ~4 da Genova, dovevano arrivare a Monaco il 26. (1) Benché il documento sia per sé stesso di poca importanza, lo pub blico per intero, in rigaardo al personaggio. (Diversorum Reg. >74i 4 marzo 007): « Pro Paulo de Novis 111. et excelsus dominus Philippus « Cleves Ravasteni dominus Regius admiratus et Januensis Gubernator et « Magnificum Consilium dominorum Antianorum communis Jamie in legi-« timo numero congregatum, scientes elegisse Paulum de Novis et Sil vesti trum Justinianum commissarios profectos in castra contra Monacum e « censentes equum esse ut cause dicti Pauli suspendantur id circo eas sus-« penderunt, tam de q ibus actor est, quam reus usque ad eius reditum et « deinde per dies tres. Ita tamen quod incipiant ea die qua Janua recessit ». L’assedio di Monaco 201 una lettera a lui ecl ai suoi colleghi coll’ordine di rimandare a Genova certe artiglierie di Benedetto dell’isola, padrone di un brigantino ('). E’ assai probabile che queste artiglierie non fossero spedite subito, poiché si era nei momenti più perigliosi dell’oppugnazione e si doveva certamente avere avuto sentore dei preparativi di un esercito che sarebbe marciato a levare l’assedio a Monaco. Infatti il 12 marzo l’officio di Balìa scriveva al Tarlatino, il quale aveva cercato in lettere precedenti (6 marzo) di giustificare le lungaggini dell’assedio, assicurandolo che egli godeva tutta la stima del comune ; cercasse soltanto di sollecitare in ogni modo la fine dell’impresa*per calmare l’impazienza della plebe a stento (1) Pubblico anche la seguente lettera per la ragione già detta e perchè nella lettera si parla delle artiglierie collocate a Moneghetto. « Antiani Communis Genue, Spectatis viris Paulo de Novis et sociis « commissariis nostris-Spectati viri per che senio speso instè da Bene-« dicto de Lisora (dell’ Isola), patrono de lo brigantino, che ge facemo « consignà la so altagliaria la quale lui dice essere stata missa sopra « monegeto, per tanto ve cometemo che visto la presente lettera mandati « cum lo primo passagio la dieta altagliaria la quale lui dice che ne bizo-« gna grandemente per li facti de lo suo brigantino, et perchè noi non senio « se lui ge ha altagliaria alcuna, parlati cum Io. Bapt.a de Davania a lo « quale epso Benedicto dice haver consignata dicta altagliaria e se pui co-fi gnosceti la dieta altagliaria de epso benedicto esser necessaria in li facti « nostri scrivetine quanti peci sono et quanto a vostro estimo pono \altre « e avizatine e se non ne bisognasi cum grande necessita omnino reman « dati dieta altagliaria perchè non è onesto che uno povero io\eno chi ha « servito lo comune nostro, a lo quale in questo se ge a debito, ge sia a « tenuto le sue cosse sensa le quale lui non po fare li facti soi. Data Gonne « die XIII Martii MDVII ». Litterarum Reg. 48. 202 Anno 1507 fino allora repressa e per evitare anche il pencolo di qualche complicazione col soprag'giungere di aiuti aji assediati, e in tutto il resto della lettela oli 1 ipet di « volere una volta fare l’ultimo conato » che «. Genova v’era bisogno di lui e de’ suoi soldati ( ). H '5 . · 1’ T) poi si raccomandava ai commissari della Riviera nente che, essendosi dato ordine al campo pei definitivo della fortezza, si inviasse a quella volta quanta più gente fosse possibile, ma nel medesimo tempo s apparecchiati a prendere le armi contro chiunqu nisse a turbare « li facti nostri » (2). È l’annunzio del a bufera vicina. Ma donde veniva e chi guidava nemici? L’esercito era stato formato ad Asti, co 4 fanti e 100 cavalieri, comandati da Yves d Allègr , governatore di Savona che, proprio il giorno 15 > dava ad assumerne il comando e il giorno f 7 era S" in marcia su Monaco. Da Genova intanto dava in gran fretta l’ordine di dare l’estremo assalto alla fortezza e, quando questo non fosse riuscito, barcare tosto le artiglierie (5). Ultimo assalto contro Monaco. In verità in questi ultimi momenti gli assediatiti mo strarono un coraggio degno del più grande encomio , le loro artiglierie, concentrati i fuochi contro un sol punto, lanciarono per tre giorni e tre notti tale grandine di (1) Cfr. Saige, op. cit., Tomo II, pag. 79-80. (2) ld. ibid. pag. 81-82. (3) Cfr. Diario, 16-17 marzo. L’assedio di Monaco 203 proiettili da atterrare più di cento tese della muraglia ed aprirvi una larga breccia. Preparata così la via, le truppe, nella notte fra il 19 ed il 20 marzo, si lanciarono furiosamente all’assalto ; ma i monegaschi sostennero 1 impeto eroico difendendosi mirabilmente e disperatamente, e sebbene i genovesi giungessero a piantare tre bandiere sulle mura, dopo cinque ore di lotta corpo a corpo, dovettero ripiegare. Miglior sorte non ebbe l’assalto tentato dalla parte del mare, affine di distrarre le forze monegasche dall’attacco principale, poiché la piccola armata, composta di barche coperte, brigantini ed altri battelli (il d’Auton dice che erano 20), sbarcò i suoi uomini all’entrata del porto, presso una torre detta « lo Sperone », ed essi si accinsero subito alla scalata, ma gli assediati li ributtarono e, con colpi di artiglieria ben diretti, colarono a fondo le loro imbarcazioni. Così, trovatisi tra il mare e le mura, senza alcuna via di scampo, si ritrassero al riparo dietro una grossa torre, dove, dopo la sconfitta delle forze di terra, furono orribilmente massacrati. Questo episodio narrato dal d’Auton, è meglio chiarito dal Diarista, il quale afferma che mentre le galee rimorchiavano una nave (certamente carica di soldati) per accostarla al castello, il commissario Giovanni da Monteborgo, forse per salvare quelle dai colpi delle artiglierie nemiche, aveva tagliato con una piccozza la gomena di rimorchio, sicché la nave era rimasta in balìa delle onde e dei nemici: questo improvviso ritirarsi delle galee dal combattimento, aveva, secondo i genovesi, impedito che arridesse loro 204 Anno ι5θ7 la vittoria ('). Ciò spiega lo scoppio d’ indignazione della plebe, appena ebbe notizia che il Monteborgo ed il suo collega Nicolò Cicogna erano giunti da Monaco o o c* e sbarcati nella Darsena (23 marzo); essa accorse furibonda per vendicare su di loro l’onta della sconfitta e, trovate chiuse le porte incominciò a « scarenare » le mura, ma giunse in buon punto un forte drappello di armati che li salvò dal furore popolare e li condusse a Palazzo in mezzo alle grida minacciose del popolaccio. Le forze genovesi riparano λ Ventimiglia. Da Monaco intanto scrivevano che alla Tuibia era giunta così gran moltitudine di gente che non si poteva rimanere più a lungo sotto le mura della citta ('), che l’artiglieria era già in salvo sulle imbarca zioni e nella notte della domenica, 21 marzo, 1 eseicito si sarebbe ritirato a Ventimiglia; il comune perciò avvisasse cosa si dovesse fare in seguito. Genova rispondeva ai commissari ed al capitano di non partirsi assolutamente da Ventimiglia e di scegliere quel partito a loro pai esse migliore, di fortificare i castelli di Mentone e di Roccabruna, 0 di abbatterli. Per riguardo a Monaco poi (0 Per maggiori particolari sull’assalto di Monaco, si può leggere la splendida descrizione che ne fa il d’Auton, op. cit., Voi. Ili, pag. 232-237; anche G. Saige, op. cit., Tomo II, Introd. pag. LIV ci dà qualche particolare traendolo dalla Relazione più volte accennata. In quanto alla data del combattimento, il Saige lo assegna alla notte tra il 19 ed il 20 marzo e noi siamo d’ accordo con lui, poiché il Diario alla data 22 marzo annunzia che sabato (20 marzo) fu data baftaglia a Monaco. (2) Erano gli aiuti che il duca di Savoia mandava all’ esercito di Yves d’Allègre. Cfr. G. Calloaris, op. cit., pag. 577-578. L’assedio di Monaci) 205 tentassero di «tenere tutto quell’assedio che a loro sembrasse ». Oneste ultime parole sarebbero di colore oscuri) se non ci fosse noto che nello stesso consiglio, in cui si concertava la risposta da darsi ai commissari, si deliberava anche di mandare a chiedere allo Chaumont un salvocondotto per potergli inviare due ambasciatori da Genova a presentargli quattro proposte e cioè: di continuare 1 assedio di Monaco, di impedire a Gian Luigi Fieschi di abitare nel genovesato, di mantenere gli offici come allora erano composti ed infine di concedere ai cittadini genovesi gli offici delle Riviere. Il Diarista non lo dice, ma io credo che sotto queste domande, le quali hanno molta apparenza di proposte, si offrisse la consegna delle Riviere (al re di Francia. Certo è che appena il popolo ebbe sentore (24 marzo) che si voleva inviare ambasciatori allo Chaumont, o perchè vi vedesse un tentativo subdolo di cedere agli ordini del re, 0 ricordasse 1 affronto che il d’Amboise aveva fatto ad un’altra ambasceria, rimandandola senza riceverla, o desiderasse di romperla una buona volta col prepotente governatore, non volle assolutamente saperne e costrinse il consiglio a revocare la presa deliberazione. Anzi, il giorno seguente (25 marzo) fu pubblicata una grida proibendo a qualunque arte di mandare ambasciatori allo Chaumont perchè s’era deliberato « di fare bona guerra alli inimici » ('). Ma che cosa si pensava di fare per Monaco e per l’esercito accampato a Ventimiglia? L’idea, (1) Cfr. Diario, 23, 24, 2 5 marzo. 20Ó Anno l50/ il proposito di continuare l'assedio erano ormai stati messi da parte e di fronte all'esercito del d’Allègre non c’era che da prendere u na risoluzione : salvare la Riviera; perciò la Balìa il 25 marzo scriveva a Paolo da Novi e a Silvestro Giustiniani, che si trovavano ancora coi soldati genovesi a Ventimiglia, dando loro facoltà di fortificare 0 minare Mentone, raccomandando però di munire bene Ventimiglia e poi di tornare al più presto a Genova, dove erano attesi con vivo desiderio ; si recassero nel viaggio ad Albenga per punire i riottosi partigiani dei nobili e vi lasciassero, se a loro sembrasse, una guarnigione, ma non molto numerosa, perchè Genova aveva gran bisogno di truppe; d’altronde Albenga era vicina alla Pieve, che aveva 1111 forte presidio (*) ; in ultimo vedessero se convenisse aiutare i Toirarìesi che volevano assaltare certi castelli dei nobili (2). Fine dell'impresa. E poiché qui ha fine la impresa contro Monaco, aggiungeremo che le forze del d’Allègre, liberata Monaco, ritornarono sulle orme dell’esercito genovese ; Mentone, dove era rimasto come castellano Gregorio (11 Forse v’erano ancora 5oo uomini mandativi il 18 marzo, quando si dubitava che Yves d Allègre andasse contro Pieve invece che contro Monaco. Ltr. Diario, data corrispondente. (2) Cfr. Litterarum Reg. 49, lettera n. 100. Per la storia di Toirano ricordiamo che il 3i marzo no7 si scriveva da Genova ai comuni di Pietra e Ciustenice raccomandando di prestare man forte a quei di Toirano, \en>o i quali la Repubblica nutriva molta affezione, perchè fedelissimi. (Litterarum Reg. 45). L’Assedio di Monaco 207 Servelo con 34 uomini provvisti eli artiglieria e munizioni, si arrese senza colpo ferire a patto d’aver salve le robe e le persone ; ma pare che la condizione non losse poi mantenuta e che tutta la guarnigione fosse spogliata ; a Ventimiglia invece i resti delle milizie genovesi (circa 800 uomini) comandati dal capitano e dai commissari resistettero valorosamente, malgrado la grande disparità di numero, all’attacco dell’esercito francese e così la città rimase ai genovesi. (') L’ esercito del governatore di Savona passò oltre, e vedremo come conquistasse passo passo tutta la Riviera e si arrestasse poi a Savona. Il 29 marzo entravano nel porto di Genova le navi cariche delle artiglierie mandate contro Monaco, e il 31 giungevano due galee da Ventimiglia sulle quali molto probabilmente ritornavano Paolo da Novi e Silvestro Giustiniani (2). Così ha fine 1 impresa di Monaco che segna il periodo più laborioso della rivoluzione di Genova e che tenne per quasi cinque mesi a sè rivolti gli animi dei cittadini. L’impresa fallì col fallire dei moti popolari ; la ritirata delle truppe genovesi dal campo precede di un mese il ritorno della citta sotto il dominio dei francesi e dei nobili. (1) Queste notizie, riferite dal Diario al 29 marzo, giunsero probabilmente colle navi che riportavano l’artiglieria dal campo ; sicché, sempre secondo il calcolo già altre volte usato sulla durata del percorso, la difesa di Ventimiglia avvenne senza dubbio prima del 27 marzo. (2) Diario, date corrispondenti. Γ CAPITOLO TERZO Fine del governo popolare (Paolo da Nov^i e Luigi XII) SOMMARIO Nuove forme di governo; il Roccabertino lascia Genova — Un’ambasceria allo Chaumont d’Amboise — La città dopo la partenza del Roccabertino — Il Salazar incrudelisce contro i prigioni nel Castelletto. — Persecuzioni contro i nobili — Prime avvisaglie contro il Castelletto — Dichiarazione di guerra alla Francia — Vigoroso assalto al Castelletto — Condizioni della Riviera di Ponente — Paolo da Novi eletto doge — Carattere di Paolo da Novi — Dimostrazione navale del Pregent — Il d’Allègre e la Riviera di Ponente — L’esercito francese ai confini della repubblica — Genova si prepara alla difesa — La Riviera di Levante e i Fieschi — L’esercito francese in vai di Polcevera — Jacques la Palice inizia la battaglia — Sconfitta dei genovesi — Ambasciatori genovesi al campo nemico — Gerolamo Corso e i genovesi alla riscossa -— Notte di terrore e di fuga — Solenne ingresso del re di Francia - Licenziamento delle truppe — Predominio dei nobili; arresti e supplizi di popolari — Il giuramento solenne — Demetrio Giustiniani condannato a morte — Luigi XII lascia Genova — Nuove prepotenze del Salazar — Ambasciatori al re di Francia — Atrocità dei nobili — Arresto di Paolo da Novi — Morte di Paolo da Novi. Nuove forme di governo; il Roccabertino lascia Genova. avvenimenti esterni, dalle imprese gloriose ma poco fortunate, nelle quali erasi gettato con veemenza del suo animo gagliardo il popolo genovese, passiamo a studiare le condizioni interne della città, il succedersi di nuove forme di governo, gli ultimi eroici conati d’una rivoluzione che doveva cedere alla forza delle armi, ma che pittava il seme di future rivendicazioni. Vedemmo che il 9 gennaio si era creato un altro ufficio, in sostituzione a quello di Balìa, composto di quattro cittadini che dovevano esercitare la carica per quattro mesi e provvedere insieme col luogotenente alle spese della città ('); ebbene il i.° febbraio, neppure a un mese di distanza, codesto ufficio era abolito e veniva nuovamente incombenzato il vecchio ufficio di Balìa a cercare denari e provvedere a tutto ciò che era necessario ( ) > pochi dì poi, il 28 febbraio, si sentì il desiderio di rimutare e si procedette alla elezione di 12 popolari de- vi) Cfr. Diario, (lata corrispondente e Senarega, op. cit., col. 589. (2) Cfr. Diario, data corrispondente. Fine del governo popolare nominati « seniori » ('); ma un mutamento più grave doveva accadere in quei giorni nel governo. Il luogo-tenente Roccabertino che aveva saputo con tanta saggezza reggersi e governare in mezzo a quel continuo succedersi di tumulti e lotte partigiane tra popolari e nobili, egli che aveva tentata ogni via per tenerli concoidi e uniti alla casa di Francia alla quale aveva sempre fatto vedere, che, almeno apparentemente, la città era ligia al governo da lui rappresentato (2), ornai stanco di tutti quei dissidi, di tutte quelle lotte, aveva deciso di ritirarsi da Genova. Secondo il d’Auton la cosa sarebbe proceduta nel modo seguente: Luigi XII, per cooperare alla difesa del Castelletto, aveva mandato a Genova un « usciere di camera », Allabre de Saule, il quale, giusta (1) Cfr. in Diano, 28 febbraio, i nomi dei seniori. (2) Fu certo ispirata da lui la grida che ordina di non gridare che « Francia, Francia » e se si vuol gridare « Viva il popolo » bisogna che si faccia precedere la parola « Francia » (Diversorum Filza 64). « MI)VII die XV febbrarij — Precona preco comunis etc. Parte Illu. et « ex.si d. Philippi de Cleves etc., Regii Admirati et genuensium guberna-« toris et Magnifici Consilii d. Antianorum communis Genue. Se comanda « che non sea persona alcuna de che stato grado et condition se sia che « de qui inanti non ose ni presume de cridare cossi de dì corno di nocte « salvo: fransa, fransa, et chi vole dire: Viva populo debia prima dire: fransa « e viva populo, sotto pena de pagare dexe ducati de oro applicati a le « speise de Monaco et chi non porà pagare denari debia aveire doi tracti « de corda per ciascaduno et ciascaduna volta che sarà contrafacto, et se « sarà garsono de haveire XXV paté et a la pena pecuniaria sia obligato « lo padre per lo figlio et lo maistro per lo fante ». In Actis Rapkaelis « Pontoni Cancellarii, die ea Antonius de panexio retulit se hodie proclamasse « et publicasse suprascriptum preconium cum tubicinibus in locis consuetis « civitatis ». Anno 1507 lo stesso d’Auton, avrebbe usate tutte le precauzioni per non essere scoperto ma il diarista, non appena 1 Allabie arriva (27 febbraio), è pronto a darci notizia che un inviato del re è giunto per « revedere le fortezze come stavano fornite ». Egli adunque, presentatosi al Rocca-berti no, gli fece vedere l’ordine regio di consegnargli le guardie del Palazzo (circa 300) e di paitiie immediatamente per Milano. Il luogotenente gli fece osservare che non gli era possibile eseguire sull istante cotesti ordini che, se mai le guardie avessero lasciato il Palazzo, i genovesi avrebbero potuto credere che il re diffidasse e volesse troncare ogni rapporto con essi ed allora egli, Roccabertino, e quanti francesi erano in città avrebbero corso serio pericolo della vita. LAllabie non volle sentir ragioni; disse che non v era tempo da pei dere, che era mestieri condurre le guardie al Castelletto prima che fosse dichiarata apertamente la guerra tra fran cesi e crenovesi, ed aggiunse che il re riteneva che il Roc o ’ 00 cabertino colla sua gente si fosse di già quivi rifugiato come gli era stato ingiunto. Onesti allora pregò 1 Alla re di concedergli almeno due 0 tre giorni per trovare modo di uscire dalla città e salvarsi dal furore popolare, ma egli fu irremovibile. Recatosi indi in Castelletto, mostiò al Salazar il regio decreto che lo nominava capitano di S. Francesco, cioè del convento de’ Francescani che er-gevasi proprio ai piedi della cittadella, donde potevasi prestar man forte al castello; i due capitani, dopo breve consiglio decisero di chiamare presso di loro il Roccabertino per trattare con lui dei comuni interessi; ma egli non ottemperò all’ invito. Allora, per timore di provocare le ire Fine del governo popolare 2 13 della plebe, gli ordinarono di mandare senza indugio le guardie al castello, ed egli rispose che non lo avrebbe fatto se non quattro giorni dopo. Un ambasceria allo Ciiaumont d’Amboise. In questo mentre fece la proposta ai popolari d’inviare ambasciatori a Chaumont d’Amboise, promettendo che egli stesso ve li avrebbe accompagnati; essi accettarono e, dopo quattro giorni (2 marzo), il Roccabertino e gli ambasciatori lasciavano Genova diretti a Milano. Ma, continua il d’Auton, il Roccabertino prima di muoversi aveva spedito una lettera al luogotenente generale annunziandogli che partiva conducendo seco gli ambasciatori genovesi ; e quegli a volta di corriere rispondeva di non avere alcun ordine nè facoltà di trattare, nè tampoco di udire gli ambasciatori; perciò, udita la risposta, essi ritornarono sui loro passi, e il Roccabertino proseguì indi-sturbato la sua via ('). Questa l’opinione del d’Auton, ma dallo spoglio di alcuni documenti possiamo dare una versione alquanto diversa su codesta ambasceria ed illustrare alcuni fatti che la precedettero. L’ambasceria partita col Roccabertino il 2 marzo era stata decisa fin dal 30 gennaio, non appena cioè era giunta la notizia che lo Chaumont d’Amboise avrebbe mosso contro Genova a capo di un forte esercito, e, a prendervi parte, erano stati eletti: Gio. Batta Lazania, Giuseppe Dernixe, Gio. Batta Cocarello e Lazzaro Pichenotto, gli stessi (tranne il Co- (1) Cfr. J. d’Auton, op. cit., Tomo III, cap. XII, pag. 238 e segg. i5 214 Anno l507 carello, rimasto a Genova) che partirono poi col Roccabertino ('). ì\Ia perchè si era atteso tanto tempo? La ragione la troviamo in una lettera del comune al cittadino Andrea Cicero, che aveva accompagnato il Roccabertino a Milano (2). Noi sappiamo che in seguito al doloroso fatto del 7 febbraio commesso dal Salazar, era stato mandato al d’Amboise Lorenzo Gioardo, e che contemporanea mente il luogotenente inviava il suo scudiero Giannotto, ora questi ritornò colla risposta del governatore che ordi nava al Roccabertino di tenersi pronto a partire non appo na gliene fosse giunto l’avviso, e con lui sarebbero andati ο o , gli ambasciatori genovesi. I popolari però non si eiano acquetati alla lettera del governatore, e desiderosi di co noscere bene i suoi intendimenti e giustificarsi del loro operato, avevano mandato una staffetta a Milano perchè il d’Amboise meglio spiegasse il suo pensiero ( ). La ri sposta si fece attendere un po’, e quando giunse era così <( strecta e sì consulta )) che chiunque avrebbe < più (lì Cfr. Diario, data corrispondente. (2) Cfr. in Appendice Doc. XXXIX e si noti che la lettera equiva ad una istruzione per questo cittadino che aveva 1 incarico di parlare Chaumont ; ma essa lettera acquista maggior valore anche pel fatto, c 1 , pur essendo diretta al Cicero, era stata indirizzata allo stesso Chaumor colla preghiera di consegnargliela. Siila famiglia Cicero vedansi le interes santi notizie raccolte da Francesco Podestà1 nel suo lavoro: « La pesca 1 corallo in Africa » etc. Genova, Sordo-Muti. 1897. (3) Fu probabilmente quando si mandò questa staffetta che si scrissci0 le lettere commendatizie pei quattro oratori. Esse sono del 17 febbraio ed è dello stesso giorno il « decretum contra pericula » per gli stessi. Cfr. Lit terarum Reg. 48, lettera n. 17 e Diversorum Filza 64. Fine del governo popolare 215 presto differito de mandare che altramenti » ; molto piobabilmente essa conteneva l’ordine al Roccabertino di pai tire e agli ambasciatori genovesi di accompagnarlo ( )> ;Ji è pei ciò, dicono gli Anziani, che «havutala coni· medita de la compagnia del... Locumtenente » mandarono gli ambasciatori. Ma, arrivati questi a Serravalle, essi non osarono proseguire più oltre ed entrare nel territorio lombardo, ancorché fossero col Roccabertino; non v’è dubbio che nel viaggio fosse giunta loro notizia che il d Amboise aveva arrestati tutti i popolari genovesi residenti a Milano, che s’era fatto dare sicurtà di 4000 ducati e di (( parere mandatis » (2). Era quindi poco prudente, anche per gli ambasciatori, avventurarsi in territorio così mal sicuro ai loro concittadini; fermatisi pertanto a Serravalle, mandarongli a chiedere, per mezzo del Roccaber- (1) Il Salvago (op. cit., pag. 472) afferma che il Roccabertino per non aver noie nel lasciare Genova si fece mandare una lettera dallo Chaumont con 1 ordine di recarsi a Vienna e di condurre seco una ambascieria Genovese per trattare degli interessi della città. I Genovesi accettarono e partirono col Roccabertino ma quando fu giunto in paese sicuro, scoperse loro il gioco e così gli ambasciatori ritornarono sui loro passi. (2) Questa notizia riportata in Diario il 5 marzo, è comprovata dal Sìnudo (Diari, libro VII, col. 25) il quale al 4 marzo riferisce la notizia ricevuta da Milano dal segretario Nicolò Stella che « è sta a Milan publicà « un bando che niun non ardisca soto gran pene portar oro ni arzento a « Genoa et è sta trovato uno cavalaro con ducati 4000 qualli erano di ze-« noesi e li portavano a Zenoa; li son stati tolti et batuto il cavalaro » e non finirono qui le misure prese in Milano contro i popolari Genovesi : lo stesso Sanudo riporta in data 8 marzo (ibid., col. 27) che « A Milano « si è fatta una grida : chi aveva roba 0 denari di Genovesi popolari si « venisse a presentare e dare in nota » ed erano venuti a porsi in nota « per circa ducati 5o.ooo. 216 Anno l507 tino, se potevano procedere oltre senza affanni ( ), ma non ebbero il tempo di attendere la risposta, perchè, molestati quivi da alcuni giovani nobili genovesi, dovetteio andarsene alla volta di Novi, dove furono così male accolli dalla * compagnia » del signor d’Allègre, che furono costretti a far ritorno (7 marzo), per la via di Gavi, in città (J) L’S marzo veniva spedita aci Andrea Cicero la lettera dalla quale traemmo le notizie sulla poco foitunata ambasceria genovese; in, essa lo si pregava di voler chie clere scusa al d’Amboise se gli ambasciatoli erano stati obbligati a ritornare a Genova prima che giungesse la sua risposta e di vedere se si potesse venire ad un ac comodamento, giacché, malgrado le continue vessazioni da parte dei ministri francesi che divenivano ogni dì più provocanti, la città si manteneva sempre fedele e devota al suo re. Eppure, con tanta fedeltà, il comune doveva con stupore e con dolore far notare che lo stesso d Arr.boise permetteva tante molestie e non porgeva ascolto che ai nemici di Genova, tanto che a corte non solo si era creduto per qualche tempo che il tentativo dei Fregoso fosse opera dei popolari, ma avevan prestato fede alle voci corse di proposte fatte a Ferdinando il Cattolico di cedergli il dominio della città, mentre più tardi si era visto che tutto ciò non era conforme al vero. In ultimo la lettera (1) Cfr. Diario 5 marzo. Anche il Sanudo (ibid-, col. 31-Ϊ2) riferisce da lettere spedite da Milano il 9 marzo la notizia che gli oratori genovesi avevano cercato di ottenere un salvacondotto dal Gran Maestro ma, avutolo, non si erano presentati; e la lettera aggiungeva che probabilmente avevano mutato di proposito, ma vedremo invece che furono costretti a mutarlo. (2) Cfr. Diario, C-7 marzo. Fine del governo popolare 217 accenna a minacciosi preparativi che si facevano da ogni banda contro Genova, preparativi che essa attribuiva soltanto ai nobili e ciò per potere ammonire indirettamente il luogotenente regio che Genova si preparava a ricacciare gli invasori, sempre s’intende, « per poterse mantegnire sotto il felice stato regio » ('). La città dopo la partenza del Roccabertino. La lettera, non si può negare, era ben pensata e studiata, ma non fece alcuna breccia sull'animo dello Chaumont, tutt’altro che disposto ad essere benigno. Partito il Roccabertino, le guardie del Palazzo ebbero 1 ordine di ritirarsi in Castelletto. Nella notte infatti del 2 al 3 marzo, eentoventisette di esse ubbidirono; le altre, (circa duecento), preferirono restare col capitano Averluch (un tedesco che portava le insegne del Ravenstein), al soldo ed al servizio dei genovesi. Quelle che erano salite al castello passarono sotto il comando dell’Allabre, il quale prese possesso del convento di S. Francesco, espellendone tutti i frati, tranne sei pei servizi divini, e vi si fortificò (2). Grande fu la sorpresa dei cittadini quando, alla dimane (3 marzo), appresero la notizia che a Palazzo non vi erano più guardie e che si erano ritirate a castello, e pare che molti, impensieriti assai da codeste novità, si preparassero ad abbandonare la città, perchè (1) Cfr. in Appendice, Doc. XXXIX. L’ultima parte della lettera tratta anche delle male azioni del castellano di Castelletto, ma di queste parleremo più innanzi. (2) Cfr. Diario, 3 marzo ; Senarega, (op. cit., col. 5ρο) e .1. d’Auton, [°P· cit., Tomo 111, pag. 247-249). 2lS Anno l507 la mattina stessa esciva una grida che vietava a chiunque di lasciare Genova, o di portar via cosa di qualunque genere senza il permesso degli Anziani , ed esortava tutti i cittadini a non temere di nulla per quello che era avvenuto « de qualche pochi soldati franciosi, li quali « per vano timore hanno lasciato el palatio », avendo la città tuttora il suo luogotenente regio con tutte le sue prerogative, stessero quindi di buon animo e perseverassero nella « devotion regia et prompteza al mantem-« mento et conservation del stato suo felicissimo » ( ) La grida non era bugiarda circa al luogotenente ; il Roccabertino infatti aveva ceduto il comando al dottore Stefano Cernerieu, il quale però non tenne molto a lungo (i) Ecco il testo della grida: « MDVII die 111 Martij. Preconate sos « preco communis etc. Per parte de li M.ci S. Locotenente regio et segnoi « Antiani de lo comune de Zenoa. Se comanda che non sea persona alcuna « habitante in la Citae borgi et sotteborgi de Zenoa, de che grado stado et « condiction se sia, chi olse ne presume da la dieta citae et borgi partirse « ne etiam trar i’ora di quella robbe de che generation si voglia senza expressa « licentia de li prefati M.ci segnoi Antiani sotto pena de perdere tutti li « beni loro confiscati et applicati ex nunc al M.co officio de la balia de lo « dicto Comun de Zenoa. Et perchè questa matina è seguita la novità « che ogniun intende de qualche pochi soldati franciosi, li quali per vano « timore hanno lasciato el palario: se dice et notifica a ciascun che per « questo non se ha da prendere alcuno invaghimento, ne manco partirse da « la solita devotion del Christianissimo Re Signor nostro : perchè in palatio « non se manca di Locotente regio con bona forma de poter fare ìusticia « et adoperare la auctorità sua, seandosi etiam data opportuna provision a « tutte le cosse necessarie. Siche ogniun staga de bono animo et persevere « con tutta diligentia ne la dieta devotion regia et prompteza al mantem-« mento et conservation del stato suo felicissimo. Per Benedictum de portu « Cancellarium - MDVII die III Martii Antonius de panexio cintracus comunis « retulit proclamasse per loca publica et consueta civitatis cum tubicinibus ». (Diversorum, Filza 64). Fine del governo popolare 219 1 onorifico incarico, poiché, intimorito nel vedersi così solo, risolse di andarsene e la notte seguente partì anch’egli per Milano ('). Entriamo così in un periodo di incertezza nel quale i genovesi non si dichiarano ancora apertamente contro la dominazione francese, ma si sente che il popolo è stanco persino di quella parvenza di rispetto e di ossequio pel governo regio, e si scorge che ogni ora, ogni (1) Cfr. J. n1 Auton, op. cit., Tomo III, pag. 248. — 11 Senarega (op. cit., col. 590) osserva che i Genovesi mantenevano sempre una certa reverenza verso il re poiché, quando tutti gli ufficiali regi lasciarono Genova, essi « Iudicem ad maleficia deputatum (nam solus ipse remanserat) praetorem « urbis constituerunt » e in questo giudice ci vien fatto di riconoscere il Cernerieu che era stato consigliere di giustizia a Seine e di là condotto a Genova dal Cleves, probabilmente colle stesse mansioni. — Ma nelle nostre ricerche d’Archivio abbiamo trovato anche un altro regio luogotenente successore del Roccabertino. Infatti in un atto del 18 marzo 1 boy (Litterarum Reg. 48, lettera n. 31 ) possiamo leggere la seguente intestazione : « Hiero-« nimus de Anguisolis de Placentia, legum doctor, Regius Locumtenens et « consilium Antianorum comunis Genue »; la stessa si può leggere in un altro atto dello stesso giorno (loc. cit., lettera n. 32); ma poco dopo, il 20 marzo, troviamo una lettera (loc. cit., lettera n. 34) in cui gli Anziani, « cum « spectabilis dominus Hieronimus de Anguisolis legum doctor, vicarius « tribunalis sale superioris, ad patriam suam iturus et inde ad nos, ut a;'-seruit, reversurus sit » pregano i Genoati e gli amici di essi a concedergli libero passaggio « et alia comoda ». Da questi documenti si potrebbe infe· rire che dopo il Cernerieu si volle eleggere un nuovo regio luogotenente nella persona di questo vicario di tribunale, il quale dovette presto accorgersi della poca sicurezza della sua posizione se chiese di andarsene dando affidamento però che sarebbe tosto ritornato; ma non temiamo di errare, credendo che, liberatosi da quella pericolosa situazione, si sia guardato bene di recarsi nuovamente a Genova. Ritornando al Senarega, benché vi possa essere, come si vede, qualche incertezza fra le due persone, noi crediamo che egli si riferisca al Cernerieu, poiché nel periodo citato accenna manifestamente ad ufficiali regi ed il Cernerieu, più che il dottore di Piacenza, meritava tale titolo. 220 Anno i507 giorno, ogni nuovo avvenimento portano inevitabilmente alla guerra contro la Francia. Il partito popolare aveva fino all’ultimo cercato di persuadere il re ed 1 suoi ministri che esso non sentiva alcuna animosità contio di loro, ma solo contro i nobili; invece e re e niinistn avevano sempre prestato poca fede alle loro iterate pioteste di devozione, e in verità non avevano tutti i torti, come potevano credere alla devozione di chi per mesi e mesi rifiutavasi di restituire le riviere al suo re ? L vel° c^1c il popolo non voleva consegnargliele pel timore che egli le cedesse di nuovo ai nobili, ma il re, da parte sua, non poteva accontentare i popolari e inimicarsi i nobili che pur rappresentavano la parte più ricca e più potente di Genova ! Se egli li avesse abbandonati, sarebbe andato incontro a pericoli più seri per riprendere la città perchè i nobili gli avrebbero saputo opporre troppi ostacoli e, mentre ora offrivangli una forte somma di denaro pei rientrare nei loro diritti, avrebbero potuto, se egli si fosse rifiutato ad aiutarli, ricorrere a Ferdinando il Cattolico. 1 popolari invece avevano prese le cose un po troppo alla leggiera; essi si erano sempre illusi di poter guada gnare l’animo di Luigi XII, ma gli ultimi avvenimenti avevano dato il tracollo alle loro speranze. Genova intanto era in mano della plebaglia sfrenata, prepotente, rissosa, ladra, sanguinaria; di giorno in giorno crescevano i tumulti, i saccheggi, gli eccidi; i pochi nobili rimasti nei dintorni erano perseguitati, malmenati, le loro case messe a ruba; ieri un Pantalino di Bruges, bravo degli Adorno, assaliva e tentava di uccidere Teramo Centurione, oggi cinque miserabili, accusati di favorire i Fieschi, venivano Fine rie! governo popolare 221 impiccati a Palazzo ('); col favore della notte si perpetravano delitti e furti audacissimi ; i cittadini ne erano atterriti. Il Salazar incrudelisce contro i prigioni nel Castelletto A tanti mali si aggiungeva 1’ opera nefanda del Salazar. Il 24 febbraio egli aveva incominciato a bombardare la città lanciando su essa cinque 0 sei colpi di artiglieria, e lo stesso aveva fatto nella notte del 5 e nel mattino del 6 marzo. Provocava così l'indignazione di tutta la cittadinanza, indignazione che aumentò Γ8 marzo quando, avendo mandato un salvocondotto a Raffaele di Montaldo e ad un altro cittadino, perchè si recassero a visitare i loro parenti, li fece loro vedere « tutti reposti in fondo de una turre, carcere acerbis-« simo » nel quale v’erano « homini de hanni octanta « et septanta et uno con doi figlioli » e disse loro che, se entro il domani gli facevano fede di 6000 scudi, li avrebbe tolti dal fondo della torre e rimessi in luogo migliore, altrimenti li avrebbe impiccati. La città era oltremodo indignata contro quest’uomo crudele, inumano che si compiaceva di chiamarsi « el principe de li diavoli », mentre, per converso, nutriva una certa simpatia per Allabre de Saule, che mostrava di disapprovare le prepotenze del Salazar, e di volerlo rimuovere dalle sue azioni crudeli e disumane, ma era inutile (J). Dopo tre (1) Cfr. Diario, 27-28 pennato, 6-7 marzo. — B. Senarega (op. cit., col. 590) afferma che essi furono fiottati dalle finestre del Palazzo. ('■>) Cfr. Diario 24 febbraio; 5, 6 marzo e Doc. XXXIX. 222 Anno 1507 giorni il castellano osò ripetere le stesse richieste e allora gli fu risposto adeguatamente che impiccasse pure i suoi prigionieri, che i genovesi non gli avrebbero dato denaro alcuno finché non li avesse rilasciati liberi. Quegli ricominciò a tirar colpi e non furono pochi come per lo passato, anzi durarono tutto il giorno fino a notte, e danneggiarono nel porto diversi galeoni e ne mandarono a fondo due, mentre gli altri furono salvi traen-doli a ridosso del ponte Spinola ('). Il danno e la pioggia dei colpi spinsero il comune a scrivere in fretta al bombardiere Gregorio Gioardo per invitarlo ad accelerare la costruzione delle artiglierie che gli erano state ordinate e a inviargli un messer Iacobo Pegorella di Brescia a O O prendere la forma dei proiettili per fabbricarne ( ); la (1) Cfr. Diario, 11 marzo i5o7. Anche B. Senarega (op. cit., col. 589-580) ricorda le pretese del Salazar pel riscarto dei prigionieri e le .sue crudeltà ed aggiunge che « nullum offensionis genus intentatum reliquit, « nec aliud magis querere visus est, quam ut in ultimam desperationem « induceret; constansque opinio bonorum omnium fuit, ipsum in causa fuisse, « ne cum Rege compositae res fuerint, fessis maxime omnibus ». (2) Siccome la lettera ha qualche interesse storico, credo opportuno pubblicarla per intero. Essa trovasi in Litterarum, Reg. 49, lettera n. 7 1 — « Egregio viro Gregorio Joardo concivi nostro amantissimo. Egregie « concivis nobis amantissime, Noi hamo deliberato scrivirvi la presente letti tera et farvi grandissima instantia che quanto più presto podeti accelerate « de finire la artalaria quale haveti a fare poiché noi se trovemo solicitati « da lo castellano de castelleto lo qoale hodie ha incomensato a trahere et « è necessario che vui vi dimostrati bon genuese e fati officio bono e « presto da vero genuese et vi instemo ne advisati in che tempo essa ar-« tileria sarà in ordine : propterea vi mandamo messer Jacobo Pegorella « de brexano lo quale vene a prehendere la forma de le ballotole per fa-« bricarle et vi faciamo instantia etiam ne advisati dove se possiamo va-« le re de ferro usao peroche nen ometteremo cosa alcuna et supra tuto Fine del governo popolare 223 plebe poi, esacerbata dalle rovine prodotte dalle bombai de, il j 2 marzo levossi a rumore e si diresse al Castellacelo, lo assaltò e lo prese senza molta fatica, fece scempio dei venti soldati che eranvi a difesa e di tre donne in esso ricoverate ('). Il Castellacelo venne così occupato dai genovesi che vi posero due commissari : Pantaleone Semino e Gerolamo Bosio, sostituiti subito dopo da Galeotto de Ferrari e Sebastiano Cicheri con 50 soldati, con l'ordine di non allontanarsi mai dalla fortezza, eccetto dieci « iterum ve instemo et cxhortemo tanto quanto possiamo che in nomine « domini finite più presto sia possibile epsa arteliaria ; si datine adviso se « in genua è maistri da fabricare epse ballotole anco in altre parte che se « ne possiamo valere. Dote Janua die XI Martii 1507 ». Lo stesso giorno usciva una curiosa grida che proibiva di portare calze del colore di qualche partito. « MDVII die XI Martij. De mandato 111. d.ni regii Januen. « gub.ris et M.ci consilj D. Antianorum communis Janue. Se commanda ex-« pressamenti ad ogni persona de che grado, stado, o conditione se sia che « non olse ni presume portare calse in piede de che capellatio se voglia o « de chi fecesse o far volesse officio de capellatio, sotto pena de trei tratti « de corda usque ad ultimum supplicium inclusive. Item sub simili pene « se comanda a tuti li carsolari de la cita de Genoa et ad ogni persona « chi havesse facilità de poter fabricar calse che non olse ni presume fare « de diete calse corno de sopra s’é dicto. In cancellarla Pauli de Cabella ». Diversorum Filza 64. (2) Il ii’Auton, degno di fede poiché diee di aver raccolte le notizie del fatto dall1 unico superstite del massacro « Nicola de Noyers, Laonnois », narra l’avvenimento con qualche particolare di più e con qualche lieve dille-renza. Secondo questi, i genovesi stettero tutto il giorno a trarre colle artiglierie sul Castellacelo. 1 pochi difensori sotto gli ordini del capitano Regnatili de Nouaille non poterono resistere a lungo, perchè mal vettovagliati e mal muniti, per ciò si arresero a patto di avere salva la vita e gli averi. I genovesi acconsentirono, ma quando li ebbero nelle mani li tagliarono a pezzi. Sono orribili i particolari di questo massacro descritti dal d' Auton (op. cit., Tomo III, pag. 251-252). 224 Anno 1507 uomini per i bisogni della guarnigione, e che tutti dovessero rientrare la notte ('). Indi a poco, non so se per spavalderia o per minaccia, si mandò un fante allo Chaumont per « farli intendere lo trare del Castello e la preza del « Castelazo », ma quegli, appena ebbe scorsa la. lettela, la buttò in mezzo alla sala « corno indiavolato » e licenziò il corriere senza dargli risposta alcuna (2). Nello stesso giorno che si dava l’assalto al Castellacelo, Giovanni e Lazzari no Bacigalupo erano inviati a prendere il castello di Portofino, e, due giorni dopo (i 4 marzo) se ne mandavano altri due, probabilmente Anfreone de Francis e Oberto Canale, per la stessa impresa, la quale, per verita, non fu nè lunga nè difficile, perchè il 16 giungeva la nuova che il castello si era reso a discrezione (’); esso era di poi consegnato a Luca di Pietra ('), e quasi nello stesso tempo si arrendeva a patti il castello di Ventimiglia (s). Persecuzioni contro i nobili. La plebe ora cercava armi, artiglierie, uomini, denari per difendere la sua terra natia, la sua città minacciata da tutti e, più specialmente, da’ suoi stessi concittadini, dai nobili, dei quali pochi erano rimasti entro le sue mura, e su quei pochi essa riversò tutto il suo livore e tutta la sua animosità. (1} Litterarum Reg. 49, lettere n. 72, 73, i3 marzo i5ny. (2) Diario, 14 marzo. (3) Diario, date corrispondenti. (4) Litterarum Reg. 48, lettera n. 35, 23 marzo \5oy. (5) Diario, 19 marzo. Fine del governo popolare 225 Il io marzo, una grida affidava ai due tribuni, Battista de Solaris e Giuseppe Dernixe, il compito di ricercare e requisire tutte le armi che si trovassero nelle case ed ordinava ai nobili di darle in nota ad essi ('); il diario ci apprende che moltissime ne vennero trovate nelle dimore dei gentiluomini e presso Giovanni Ceba; il i 2 un’altra grida intimava a tutti quelli che sapevano dove fossero armi di nobili, di notificarlo entro due giorni e di darne l’inventario a quattro deputati (2); sei altri dovevano fare una lista dei nobili dimoranti in città e nelle vicinanze, e imporre a ciascuno di essi una cauzione in denaro, che avrebbero perduta se si fossero allontanati ; inoltre dovevano chiudere e custodire in luo^o sicuro coloro che non potessero pagare, dichiarare ribelli e confiscare i beni di coloro che fossero fuggiti e promettere cento ducati a chi fosse riuscito a prenderli (’). A pochi giorni di distanza, (19 marzo) ecco un altro editto che costringeva molti nobili sparsi nei dintorni a rientrare in città, e dava ordine ai pubblici officiali delle due Riviere che entro tre giorni, bandissero tutti i nobili genovesi che si trovassero nei singoli paesi. Questa volta, cosa degna di nota, le pene inflitte per disobbedienza non venivano minacciate ai nobili, bensì ai pubblici officiali (4), perchè non è inverisimile che il comune temesse che i capitani, po- (1) Diversorum Filza 64. (2) Diario, 12 marzo. Cfr. ivi i nomi dei quattro deputati. (3) L’atto si trova in Diversorum Reg. 174, 12 marzo. I sei eletti erano: Battista di Solario, Giuseppe Dernixe, Leonardo Calizzano, Cristoforo Ca-sana, Vincenzo Nigrino, Lorenzo Gioardo. (4) Cfr. in Appendice Doc. XL. 226 Anno l50/ desta, vicari, rettori, ecc., rivieraschi tenessero mano di nascosto ai nobili, ed è perciò, io credo, che in questi giorni assistiamo al frequente invio di uomini fidati nella Riviera di Levante che, come è noto, non era mai stata molto favorevole al governo popolare. L’ii marzo, Leonardo Merello e Gio. Batta di Portofino sono eletti commissari alla podesteria di Rapallo e Fontanabona; Opizzino di Vernazza è mandato a Castiglione; il 15» Galeotto de Ferrari e Marco da Passano a Recco; Gio. Agostino Carrega e Francesco Daniele a Moneglia ; Paolo Bernardo e Gregorio d’Arena a Sestri ('). Intanto arrivavano a Genova soldati e munizioni; erano giunti «. uno caporale dignissimo in arme » chiamato Gio. Anc rea Corso, con più di 300 fanti, e poi altri 500 dalla Corsica, da Roma forti provviste di salnitro, di polveri, di munizioni e di armi; in città si requisiva tutta 1 artigliciia che si poteva trovare (2). Il 13 marzo si pubblicava una grida che nessuno « senza expressa licentia del Magnifico « Senato, sotto pena della forca », osasse parlamentare col castellano, il quale aveva chiesto, il giorno prima, un colloquio con qualcuno che sapesse parlare in francese, 1 * non si mandassero lettere, nè si pagassero denari, ne dessero sovvenzioni di alcuna sorta a quelli di Castelletto (5). 1 genovesi non volevano più assolutamente tiat- (1) Litterarum, Reg. 48; lettere n. 24, 25; 28, 3o, 33. (2) Diario, i3, 18, 22 marzo. (3) 11 Diario riferisce questa grida al i3 marzo ed infatti essa venne pubblicata in quel giorno; ma dall’originale rileviamo che venne redatta il giorno prima, e cioè nel giorno stesso in cui era stato assaltato e preso il Fine del governo popolare 227 tai e col Salazar, che si era mostrato così perfido e così crudele; per contro avendo Allabre de Saule chiesta, poco dopo, la stessa cosa, gli risposero con una lettera assai gai bata, che si era cercato chi volesse salire al castello, ma « attento li portamenti del castellano » non si eia ti ovato chi si fidasse di recarvisi, perciò proponevano che scendesse egli, 0 mandasse un uomo di sua fiducia, assicurandone la più assoluta incolumità personale ( ). Pare che non si riuscisse a nulla e che le relazioni Castellacelo. « MDVII die XII Martii. Preconate vos preco comunis. De manti dato Magnificorum dominorum Antianorum et prestantissimi officii balie « excelsi comunis Janue, se fa publica crida et commandamento ad ogni « persona de che grado, stado et condition se sia che non olse ni presume « haver parlamento cum quelli de castelleto ni mandare ambasiade sive « lettere ni etiam pagar denari aut subvenirli de quavis sia cossa sensa ex-« pressa licentia del M.co Senato sotto pena delaforcha. — Die XIII dicti " martn. Franciscus de Solario preco publicus communis retulit se hodie pro-« clamasse per loca publica civitatis in omnibus contratis sonitu tubarum « alta et intelligibili voce ». Diversorum Filza 64. (1) « Al Magnifico Monsignor Alabre de Saules. Magnifico Monsegnor, « noi non havemo facta più presto resposta a la vostra lettera perchè speli ravamo poterve mandare qualche persona a parlarvi corno ne rechedevi: « ma, attento li portamenti del castellano, non s’è trovata persona chi se « fide de venirli et per questo ve dicemo che se voi 0 altro per voi vole « descendere fora del castello et venire in loco dove li nostri possino com-« parere senza suspecto nè timore, che siamo presti a mandare a parlare « con vostra Magnificentia o con qualcuno altro mandereti, offrendovi de n assicurarve cossa per scriptura et lettere de bono et ampio sàlvocondutto, « corno etiam de compagnia de gente, benché la Magnificentia vostra et « ogni altra persona chi representasse signo del Christianissimo Re signore « nostro sia sempre in questa cita et per tutto lo Genoese securissima. Et « cossi per virtù de la presente assecuremo la persona vostra 0 sia de quello a 0 quelli mandereti, dando a voi 0 a chi vegnirà pieno e ampio salvocon-« ducto di poter venire et retornare al Castelleto salvo et securo senza im-« pedimento ne molestia alcuna. Datis Janue die XV Martii MDVII. Antiani « excelsi communis Janue ». Litterarum Reg. 5o, lettera n. 17. 22S Anno l507 col Salazar si andassero peggiorando, poiché si giunse persino a proibire a tutti di passare per le contrade attigue a Castelletto dopo Γ « Ave Maria », avendo le. guai die lordine, dopo quell’ora, di uccidere chi vi ponesse piede (‘). Prime avvisaglie contro il Castelletto. Il 19 marzo incominciamo a sentire il prin.o rumoi d’armi intorno alle mura del Castelletto : le guardie dei popolari si azzuffano con quelle poste a difesa di S. Francesco, le incalzano ed arrivano a dar fuoco a « lo ie-stello >, cioè alla palizzata difensiva posta innanzi alla porta della fortezza(*). Il lieve scontro era costato soltanto un morto ad ambe le parti, ma spronava i cittadini a prepararsi ad altri e più gravi cimenti. Si ordinava infatti ai conestabili di passare in rivista i loro uomini e di riferirne il numero ai loro gonfalonieri e che tutti stessei o O pronti in armi (5); il giorno stesso fu emanata una grida, ripetuta il 23 marzo, ordinando pel 26, e poi per la fine del mese, a tutti gli abitanti delle tre podesterie , del Bisagno, della Polcevera e di Voltri, di venire a Genova con le loro famiglie e con ciò che avevano: « arnexi, robe, strame, farine, biave, vino et ogni altra vituaria », (1) Diversorum Filza 64. i5 marzo 1507. (2) Cfr. A. Guglielmotti: Vocabolario Marino e Militare, alla voce « Restello » 0 Rastello. (-i) Diario, 19 marzo. I conestabili erano capi di una «contrada» la quale era una sezione della « Compagna ». Per maggiori schiarimenti cfr. G. Rezasco : Dizionario storico ed amministrativo. Fine del governo popolare 229 sotto pena di cadere in disgrazia degli Anziani ('); nei giorni seguenti si ingiungeva a tutti gli officiali delle tene della Riviera di Levante di mandare in città tutte le navi cariche di grano che approdassero ai loro porti e lo stesso ripetevano ai patroni e nocchieri di dette navi (2). Mentre il comune volgeva il pensiero alle vettovaglie, non dimenticava le munizioni da guena. Sollecitava Matteo de Porta ad apparecchiare le «pietre ferree» che gli erano state commesse per le artiglierie e gli ordinava di mandarne 25 ogni volta che fossero pronte (5), si raccomandava anche per la fabbrica di certi cannoni, e inviava a Voltri il maestro Jacobo di Brescia « fabricator de ferramenti », per avere da quelle ferriere ferro, rame e carbone (4). Dichiarazione di guerra alla Francia. Si era in quel periodo di tempo di cui parlammo già sul finire del capitolo precedente, durante il quale i popolari « arrabbiati », oppostisi all’invio di ambasciatori allo Chaumont, avevano fatto uscire, il 25 marzo, quella grida (1) (ili originali delle due gride si trovano in Diversorum, Filza 64. La prima notifica che Leonardo di Fazio e Matteo di Burgaro provvederanno le stanze; è pure interessante per la relazione del banditore il quale enumera i paesi dove lesse la grida. Il venerdì 19 marzo la proclamò « in loco « Vegerìj, Pontedesimo, Morigaio, Bulsaneto, Riparolio superiori et inferiori, « Corniliano, Sancto petro arene »; il sabato, 20 marzo, « in Bisanne et « eius burgis.... Vernatia, ad Robur, Plano Quinti, Nervij et in loco Sexti « videlicet in duobus burgis ipsius ». (2) Litterarum Reg. 48, lettere n. 3(j, 40; 24 marzo. (3) Litterarum Reg. 49, lettera n. 9^ 21 marzo ι5θ/. (4) Ibidem, lettere n. 98, 99; 25 marzo. 16 23ο Anno 1507 ordinante che non se ne dovesse più parlare, poiché il Magnifico Senato, l'ufficio di Balìa ed i 1 ribiini avevano deliberato di bandire la guerra ai loro nemici. Ma la fiera decisione non fu presa che tre giorni dopo, quando i genovesi erano ormai esasperati dal lungo e terribile bombardamento del Salazar e dalle notizie che il re muoveva contro Genova a capo del suo esercito ed il d Aliègre ricuperava la Riviera di Ponente. Il 2S marzo adunque si tenne un gran consiglio a Castello (si badi. non a Palazzo, ma a S. Maria di Castello, luogo dove predominava l’elemento popolare e dove si erano sempre prese le deliberazioni più gravi) e veniva stabilito di fare buona guerra al re e di prendere in ogni modo il Ca stelletto. A ciò furono eletti sei capitani : Matteo Borgaro. Vincenzo Pellissone, Antonio di Corniglia, I aolo Giudice, Andrea Giustiniani e Simone Navone, deputati a dirigere i lavori di approccio e di offesa al castello; fu data loro ampia libertà di comandare quanti uomini volessero, di requisire cavalli e legname, di imporre anche gravami, quando loro sembrasse utile ('). L’anonimo non accenna come sia stata accolta dal popolo grasso e dalla pai te meno coraggiosa dei popolari la fiera risoluzione, ma lo si arguisce facilmente da quello che segue nel Diario. « al doppo disnare fu una grandissima moltitudine di « gente a palacio , con deliberatione di tagliare a pezi (1) Cfr. Diario, data corrispondente e Politicorum Mazzo III. Nel Diano invece di Andrea Giustiniani e Simone Navone troviamo Simone Giustiniani e Pantaleo Navone: naturalmente io ho preferito quelli desunti dalla pura fonte dell’ originale. ine del governo popolare 231 «una frotta di populo grasso con alcuni artegiani ade-« icnti a loro ». £Πι dunque la prepotenza e la forza bruta della plebe che imperava, che si imponeva alla assennatezza di pochi. Così quella sera venne sancito a Palazzo ciò che si era deliberato a Castello, ed uscì la gliela che dichiarava solennemente la guerra al re di Plancia, 1 assedio del Castelletto e la distruzione di tutte le insegne della sovranità regia a Genova. Le cause principali perche si indiceva la guerra erano: i. non aver voluto il re dare udienza agli ambasciatori del popolo; 2. aver fatto bandire i genovesi come ribelli e confiscati i loro beili ; 3. aver dato soccorso a Monaco ('). È indescrivibile con quanto ardore la città provvedesse ora alla propria salvezza! Per aver denari ordinò a tutti i cittadini di portare i loro argenti alla zecca, dove Pelegro di Goano ed ? 1 tri deputati li avrebbero ricevuti (2); per raccogliere milizie mandò una grida che tutti dovessero star pronti in armi ed obbedire ad ogni richiesta dei loro conestabili e dei loro gonfalonieri; alle artiglierie prov- (1) Diano, 28 marzo; nello stesso giorno si spediva ai commissari della Spezia ed a quelli di Chiavari l’ordine di abbattere al più presto tutti i ostelli di q ielle cittli e dintorni per evitare il pericolo che cadessero in mano dii nemici. Era inviato all’ uopo in ambidue i luoghi Giov. Antonio di Chiavari. Il 5 aprile si ripeterà a Giov. Picaluga e Leonardo de F ranchi, commissari di Chiavari, Γ ordine di abbattere il castello « atteso che basta « a noi li chori de tuti » (Litterarum Reg. 49, lettere n. io5, 106, 118). (2) Di consimili ordini se n’erano dati prima e ne vennero dati dopo. Il 17 febbraio se ne trova uno di portare tutti gli ori ed argenti lavorati in zecca, dove verranno pagati soddisfacentemente, e viene ripetuto il 2 aprile. L’ano e l’altro si trovano in Diversorum Filza (>4 ed è nel secondo dove si parla di Pelegro di Goano. 232 Anno l507 vide scaricando senza indugi quelle che erano giunte da Monaco ('). Contro le truppe del d Aliègre, che minacciavano tutta la Riviera Occidentale, inviò (30 matzo) un castellano a Ventimiglia ed un commissario, Antonio Trucco, a S. Remo; il primo aprile mandò due galee con 300 uomini ad Albenga avvisando Gerolamo di Alsate che presto ne sarebbero partiti altri 200 ( ). Comunicò la decisione di questa spedizione a tutti i commissari sparsi per la Riviera, perchè stessero di buon animo, ed allo stesso fine li avvisò che, per lettele giunte da Roma e notizie pervenute da altre parti, v era a credere che non vi fosse alcun pericolo di complicazioni, k perocché la Maestà Regia non ge vole spendere uno « dinaro e tutto quello che s’è facto fino chi. sono dinari « di nobili et per conclusione, debellato quello campo « chi è in Rivera, non est dubitandum et questo pei « adviso et conforto vostro (’) ». Ma occorievano ben (1) Diario, 29 e 3o marzo. (2} La lettera alFAlsate si trova in Litterarum Reg. 49' 2 aPnle· Nell° stesso Registro e alla stessa data si trovano le patenti di elezione Gaspare de Franchi e Raffaele della Torrea capi di quei fanti e si esortane ad inanimire i riv'ieraschi perché perseverino nella devozione a Genova. Proprio due giorni prima (3i marzo) era stato condotto a Geno\a un tale di Villanova di Albenga, colto mentre da Dolceacqua portava lettere di L ..ca Spinola, Gio. d'Oria e di altri gentiluomini cittadini di Albenga; queste Ict tere contenevano cose segrete ; forse davano notizie dell avvicinarsi dell e sercito francese e incitavano alla rivolta contro i popolari : il misero mes saggiero fu impiccato nella notte al balcone del podestà. Cfr. Diario, data corrispondente. (3) Una di codeste lettere fu inviata a Luigi di Bervey, commissario a Ventimiglia: in essa, oltre alla notizia suaccennata, lo si avvisava che eransi caricate provvigioni e munizioni per Ventimiglia ed erano stati eletti due F'ne rie' governo popolare 233 altre milizie che quei miseri 500 fanti e questa lettera di conforto contro un esercito invasore ! Vigoroso assalto al Castelletto. Mentre il comune pensava di tener fronte a tante minacce , fervevano i preparativi per dare l’assalto al Castelletto, assalto che era della più grande importanza per la sicurezza della città. Benché la fortezza da qualche anno sia stata rasa al suolo, basta osservare il luogo dove si ergeva per convincersi della sua straordinaria potenza ; esso torreggia proprio sul cuore della città che si stende ai suoi piedi, ed è facile capire quale pericolo sovrastasse allora su Genova. La cittadella era difesa all’intorno da bastiglie e bastioni, muniti di buona artiglieria; l’uscita principale era dirimpetto alla porta della chiesa di S. Francesco, separata da essa soltanto per una breve china, molto in pendenza e disagevole; anche la chiesa e l’attiguo convento erano in ottima posizione, ben fabbricati e sorretti da grosse, forti e salde mura. I francesi, come accennammo, avevano saputo approfittarne, fortificandoli e rifornendoli di artiglierie e soldati. I genovesi per contro avevano chiuse e sbarrate tutte le vie e i vicoli conducenti al castello; avevano fortificato alcune case intorno al convento ed aperte comunicazioni nuovi commissari; un’altra consimile fu spedita a Giacomo Giustiniani e a Pantaleone di Arquata con l’aggiunta che avrebbero potuto, al caso, servirsi aneli'essi delle forze mandate ad Albenga; una terza a Giov. Picaluga e Leonardo de Franchi commissari di Chiavari ( Litterarum Reg. 49, 2 aprile 1507). 234 Anno l507 tra esse per poter giungere al coperto sotto le mura di quello, e avevano poste in vari punti della citta le loro artiglierie per convergere i fuochi sul castello. Dalla parte del Bisagno infatti, in una località detta « Pavia » erasi costruito un riparo, dietro il quale tu collocato il famoso Drago ; Bufalo, 1’ altro grosso cannone pisano che aveva già servito all’assedio di Monaco, fu trainato verso S. Rocco, in un luogo dove anticamente esisteva un castello (') e quando tutto fu a posto, riusciti vani alcuni tentativi di dar fuoco al Castelletto o di farlo saltare con mine sotterranee, s’incominciò la giostra dei cannoni, dapprima debolmente, poi a mano a mano crescendo, finché il 4 aprile 1507, giorno di Pasqua, ebbe principio il vero duello fra le artiglierie. I grossi cannoni dei popolari non lasciarono un istante di pace alle milizie del Salazai, anzi un proiettile, entrato in una .torre ove si trovava il capitano Allabre, lo ferì insieme con tre de’ suoi. Il cannoneggiamento durò intensissimo per tutto il lunedì di Pasqua e produsse effetti disastrosi : le torri, il convento e la chiesa di S. Francesco, donde i francesi tiravano attraverso a fori praticati nelle muraglie, furono in gran parte smantellati e abbattuti, e la « casaccia » di S. Francesco fu messa in fiamme ed abbandonata dai soldati, forse perchè non la potevano più difendere ( )· Mentre ferveva questa lotta accanita, entravano in Genova i soldati delle tre podesterie a dare mano forte ai cittadini : erano uno stuolo numeroso, da cui furono scelti (1) Cfr. J. d’Auton, op. cit., Tomo III, cap. XIV, pag. 253. (2) Id. ibid. cap. XVII pag. 275. Fine rie! governo popolare 235 600 tra balestrieri e schioppettieri con qualche « imbra-satoie »; gli altri ebbero licenza di tornare alle loro case. La mattina del 7, al clangore delle trombe ed al rullo dei tamburi sonanti all'assalto, una gran turba di gente si lanciò contro le mura del convento di S. Francesco e per le molte breccie penetrò nel primo giardino e vi rizzò centinaia di scale per fare impeto nel ridotto. Ma se 1 assalto fu vigoroso, la resistenza fu forte e risoluta, sicché, dopo una mischia sanguinosa durata fino a notte, 1 genovesi furono costretti a ritirarsi subendo gravissime perdite, specialmente per le fogate costrutte dai francesi, i quali, a quanto afferma il diarista, si erano valsi delle tombe per empirle di polveree far saltare in aria quelli che vi passavano sopra ('). Il giorno successivo ricominciò più gagliardo il bombardamento della fortezza e presto se ne videro gli effetti, che il 9 aprile i francesi dovevano ritirarsi anche dal convento, dandolo alle fiamme (J). (1) Id. ibid. cap. XVIII. pag. 280. Cfr. Diario, 5, 6, 7 aprile. A questo assalto sono collegate due gride: la prima del 7 aprile che ingiunge a tutti i cittadini aventi le loro case « senza le loro masné le dehiano dentro da « vespero fare dispaihare et dentro da dieta ora de vespro debiano presenta « le ihave de diete caze in cancelleria de Raphael Ponsono cancellerò.... « altramente se ge intrerà perché bisogna che se alogie li homini de tre " poistarie, et se haverano danmo sarà colpa loro per soa desobedientia ». La seconda, dell’8 aprile, dice « cum ciò sia cossa che a le orecchie de li « prefati Magnifici Signori (Anziani) sia pervenuto corno beri sera a la line « de la bataglia siano stati svaiixati alchuni forestieri et cossi Genoesi da « alcuni tristi, la qual cossa è stata a tuti molesta », volendo severamente punirli si comanda a chi sappia chi essi siano di denunciarli entro 24 ore. (Entrambe le gride sono in Diversorum Filza 64). (2) Diario, data corrispondente. 236 Anno 1507 Condizione della Riviera di Ponente. Mentre Genova lottava strenuamente dentro le sue mura, altri nemici più temibili la minacciavano di fuori; tutta la Riviera di Ponente nei primi di aprile era caduta a poco a poco in mano del governatore di Savona. Il 4 aprile giungeva la notizia che S. Remo e Taggia avevano aperto le porte all’ esercito invasore ; il 7 che Porto Maurizio si era resa e le ora stata imposta una taglia di 8000 scudi ed i francesi avevano impiccato Gasparo de Franchi, uno dei commissaii ( ). Allora fu d’uopo opporsi in Albenga all’avanzarsi delle forze nemiche, e Genova incaricò (8 aprile) i due commissari: Raffaele della Torre e Gerolamo di Albaro di dirigere la difesa e incorare i cittadini ad aver fiducia, chè sarebbero dal comune risarciti dei danni sofferti ( ), ma fu inutile ogni tentativo, chè il 9 aprile i nemici eiano già in Albenga. A questo pericolo di per sè grave ag-gfiuncrevasi l’arrivo della flotta francese, comandata dal C> o Pregent, la quale, dopo essere apparsa dinanzi a Monaco, quando già il campo genovese aveva levate le tende, veleggiava verso Genova per unirsi alle quatti 0 Scalee e alle due fuste, inviate in aiuto dal re di Napoli, c> e che già avevano dato segno di essere in via e non lontane, avendo catturato presso monte Argentaro una fusta genovese (5). E non basta; in Lombardia un grande (1) Diario, data corrispondente. (2) Litterarum Reg. 48, lettera n. 41. (3) Diario, i, 3, 9 aprile. Il 10 giungeva la notizia che le due flotte si erano riunite. Fine drl governo popolare 23/ - — 1 ——| esercito era pronto ormai a marciare contro Genova ; il re stesso era sulle mosse per scendere in Italia a pilline i libelli ("), e, per colmo di sventura, il 3 aprile Gian Luigi Fieschi era partito con 4000 uomini da Milano, per riacquistare i suoi possessi nella Riviera di Levante (2). Genova si trovava in mezzo ad un cerchio di ferro; non restava che una via di scampo aperta ai suoi prudenti ed assennati cittadini : venire cioè amiti consigli, ad una pronta sottomissione ai voleri del re di Francia. Il Senarega afferma che, appunto in questo frangente, giunse in città un nunzio, mandato dal cardinale del Carretto, per consigliare i genovesi a sottomettersi al re, il quale li avrebbe perdonati, ma la plebe ed i tribuni furono irremovibili (’). Ora mentre la questione tra le due parti si discuteva e s’ incaloriva e minacciava di farsi tanto seria che dalle parole vibrate e pungenti si era lì lì per venire alle mani e snudare i pugnali (10 aprile), « cum maxima omnium admiratione » ecco alcuni cittadini sollevare in mezzo alla calca un vecchio popolano e gridare : « Viva il Doge ! Viva Paolo da Novi ! ». (4) La (1) Il 3o marzo, (Cl'r. Diario) Carlo de Fornari, genovese, residente a Milano, portava a Genova la notizia che in Lombardia si preparavano 20 mila uomini per muovere alla volta di Genova. L’ambasciatore fiorentino Pandolfini scriveva (2 aprile) da Grenoble, dove Luigi XII era arrivato nel suo viaggio verso Γ Italia, che il re pensava sopra ogni altra cosa all1 impresa di Genova. (A. Desjard^ns — Negociations diplom. etc.. Tomo II, pag. 2 32. (2) Diario, 6 aprile. (3) B. Sf.narega, op. cit., col. 590-591. (4) li. ibid. e Diario, 10 aprile. 239 Anno l507 folla attonita, dapprima guarda e tace, poi, ricordando le gloriose gesta dei primi dogi popolari e sperando che potessero rinnovarsi insieme colla insigne magistratura, acclama unanime. Paolo da Novi doge. Paolo da Novi non è a noi sconosciuto: lo vedemmo già nella sommossa popolare del 7 settembre, quando con altri cinque capitani fu scelto ad arrolare fanti per la difesa della repubblica; lo vedemmo il 24 ottobre nel novero dei tribuni a poco a poco segnalarsi mostrandosi ardito sostenitore del popolo, succedendo a Marco 1 errile nella autorità di capo lista dei Tribuni stessi; lo vedemmo commissario al campo di Monaco nel momento più critico dell’assedio: indiscutibile prova della grande fiducia che egli godeva presso i suoi concittadini; ed v \ infatti, nell’ultimo assalto di Monaco, si comporto cosi magnanimamente da meritare gli encomi del cronista d’Auton, avverso ai popolari ('); ma più che 1 aureola di gloria, fu 1’ indubbia sua violenza di partigiano che spinse la plebe a designarlo all'alta carica; così il vecchio popolano, tintore di seta, il 10 aprile 1507 venne acclamato Doge della repubblica di Genova. Gli storici del tèmpo, forse per dar maggiore risalto all’avvenimento, aggiungono parole curiose : il Senarega dice : « qui modo « unguibus immundis inter vilissimos versabatur, pur-« pura et serico circumdatus, potius quam ornatus, iura « populo dabat »; ed il Saivago: « qui jà soulloit servir (1) Op. cit., pag. 274. Fine rlcl governo popolare 23q « poui meccanique à chascun maindre Gennevoys de la « cité de Gennes (flit) creé seigneur due et maistre (') ». Gl* studiosi moderni hanno invece modificata in gran parte 1 opinione che Pàolo da Novi fosse un povero tintore di seta : alcuni documenti attestano che egli fosse di condizione agiata e possedesse varie case e « luoghi » nelle compere di S. Giorgio, che però fosse così illetterato da non essere capace di fare la sua firma (2). Egli era oriundo dalla famiglia dei Cattanei di Novi ed era figlio o o di Giacomo tintore d’indaco e di Giorgetta Novi, sua seconda moglie. Pare che questi avesse più figliuoli tra i quali: Paolo e Giovanni, essi pure tintori in seta. Paolo nel 1464 si unì con Bianchina Terrile del fu Marino ed ebbe da essa tre figli : due maschi, Antonio e Domenico, ed una femmina, Francesca, che andò sposa con Battista Carmagnola, negoziante in seterie. Non è ben noto l’anno di nascita di Paolo da Novi : il Saivago afferma che egli toccasse i sessanta quando venne acclamato doge (3), perciò potrebbe essere nato verso il (1) Op. cit., pag. 476. (2) Cfr. su Paolo da Novi e sulla sua parentela lo studio di Pasquale Ant. Sbertoli : « Cenni sul Doge Paolo da Novi in rettificazione degli errori « degli istorici genovesi », pubblicato in « Giornale degli studiosi» anno 1871, 7 gennaio; ed il lavoro più recente di Marcello Staglieno: « Intorno « al Doge Paolo da Novi e alla sua famiglia r, in Atti della Soc. Lig. di St. Pai., Voi. XIII, pag 489. Francesco Podestà nel suo volume sul Colle di S. Andrea, (Atti cit., Voi. XXXIII, pag. 99) cita un atto dal quale appare che Paolo da Novi aveva in affitto una bottega « sub palatio archiepiscopale >·. (il Op. cit., pag. 476. Il d'Auton lo chiama in più luoghi, vecchio, anziano, « vegliardo » ma non gli dà mai una età precisa. Lo Sbertoli, op. cit., afferma ch’egli avesse.ottanta anni; ma non ci dice da qual lonte abbia attinto la notizia, che a noi sembra poco attendibile. 240 Anno l507 1447; ma allora l’anno delle sue nozze, che furono celebrate nel 1464, coinciderebbe col diciassettesimo di sua età, ciò che mi sembra alquanto improbabile; se invece supponiamo che egli si sia sposato verso 1 venti anni, avremo nel 1444 l’anno della nascita ; perciò venendo ad una media, potremo stabilire che sia nato fra il 1440 ed il 1445 , ed io sarei più propenso a scegliere quest’ultima cifra, che ci darebbe Paolo da Novi doge ad una età meno grave c quindi più confacente a sopportare il peso d’una carica così elevata. Carattere di Paolo da Novi. Le qualità morali dell’uomo risultano dall atto della sua elezione; egli viene lodato come « virum gravem, « integrum et timentem Deum »; e più innanzi si osserva che per la sua « virtute, prudentia, ac probitate, « facit ut ab omnibus ametur et observetur » ; a queste sue doti noi potremmo aggiungere che, malgrado gli anni, doveva essere ancora forte, attivo, intraprendente. L bensì vero che non bisogna mai fidarsi troppo delle eccellenti virtù che si riscontrano in un uomo quando esso sale ad alti onori, ma è pure innegabile che egli non le smentì durante il suo breve dogato. Convocatosi adunque un gran consiglio « in salam magnam Palatii » dove intervennero 4000 popolari, a ore 16, « ante pran-« dium », venne acclamato doge Paolo da Novi ; poi, seguito dal popolo minuto, fece a cavallo il giro della città e per le vie e le piazze di Genova, il popolo « magna « ovatione et pieno ore » confermava la scelta fatta a Palazzo. Intanto eransi convocati il Senato, l’officio di Fine del governo popolare 241 Balìa, i I ribuni ed altri cittadini « quorum sententiae, « cum discussae fuissent, una voce omnes dixerunt a Deo « omnipotenti et misericordi concessum nobis fuisse hunc « Pastorem et ideo ad dignitatem Ducatus eum promo-« vendum esse ». Indi Giacomo da Castiglione, priore del Senato, disse la consueta orazione inaugurale al nuovo doge, raccomandandogli di render giustizia a tutti i cittadini colla massima rettitudine, di osservare i capitoli e le consuetudini degli Artefici di Genova e di cercare di aumentarli e migliorarli, infine di far distruggere, non appena il popolo l’avesse presa, la fortezza del Castelletto. Paolo da Novi giurò di far tutto questo, ed allora insieme con la spada gli furono consegnati tutti gli offici: i cittadini presenti gli promisero fedeltà ('). Ora vediamolo all’opera. Nello stesso giorno egli pubblicò una grida che ad ogni angolo di « carrogio » fosse messa una catena assai robusta e munita di tre chiavi. Le catene dovevano barrare le vie, forse per porre ostacolo all’irrompere di truppe nemiche ed impedire le cariche della cavalleria (2); rinviò a Chiavari Leonardo de Franchi, commissario, il quale era forse venuto a Genova a riferire sulle poco felici (1) L’istrumento della elezione del nuovo doge, da cui traemmo parte delle notizie accennate trovasi in Diversorum Reg. 174, 10 aprile e fu già pubblicato da Michei.-Giuseppe Canale nella sua « Nuova istoria della Repubblica eli Genova », Voi. IV, pag. 319. (2) Il Diarista ascrive questa grida all’11 marzo; in realtà, secondo risulta dall’originale (Diversorum Filza 64), essa fu redatta il 10 aprile; forse fu proclamata il giorno dopo. 242 Anno .'507 condizioni della città che reggeva ('), e probabilmente gli affidò una lettera pei due commissari diSestri Levante: Paolo Bernardo e Gregorio di Arena, con 1 ordine che gli dessero aiuto con la loro fanteria (2); scrisse agli abitanti di Portovenere. i quali sempre, attraverso i secoli, si erano mantenuti fedeli a Genova, qualunque governo vi fosse in essa (5). offrendosi di mandare a loro ciò che avrebbero chiesto a difesa del paese e incaricandoli di assicurare quelli della Spezia che Genova avrebbe pagati tutti i danni che avrebbero potuto soffrire dai nemici della patria/4). Una lettera infatti spedita il dì stesso e diretta a tutti i popoli rivieraschi prometteva che « se a le case « et possessione loro, pro defensione del popolo genueise, « fosse facto alcuno danno da nostri inimici » sarebbero risarciti in tutto e per tutto, e affinchè potessero « stai « de bono animo faciando quella guerra chi se convene « contra nostri nemici » li invita\fa a condurre a Genova le loro mogli, i figli e i loro beni « et cossi ne fateti m) Ciò si deduce dalla lettera inviata dal doge al comune di Camogli-« Egregi viri nostri dilectissimi. Lo spettabile Leonardo de Francis, commis « sario nostro de Clavaro, a nostro nome vi requirera che per securta sua « lo accompagnate fino a Sancta Margarita. Noi vi commettemo corno a « figioli obedienti faciate quello ve requirera e lo accomodate de una caval-« catura peroche se transferre a dicto loco de Clavaro per cosa importante. « Data Janue die X Aprilis 007 ». (Litterarum Reg. 49, lettera n. 126). (2} 7Z.fi., lettera n. 127. (3) Cfr. il mio lavoro: « Gli statuti di Portovenere » Tip. Sordo-Muti, Genova 1901. (4) Litterarum Reg. 49, lettera n. 128. Nel poscritto, dato Γ11 aprile, i Portoveneresi erano avvisati che si mandava loro un barile di polvere e tre casse di verrettoni per loro difesa e si incitavano di nuovo a perseverare nella loro devozione F ine del governo popolare 243 « piacere ad acceptare quello vi offerirne de bono core »('). ìiovveduto che ebbe alle cose esterne, Paolo da,Novi rivolse il suo.pensiero più specialmente alla città. Innanzi tutto otdinò che tutti i nobili che erano in essa senza le loro ((masnade », abbandonassero le case e le lasciassero libere per potervi alloggiare le famiglie che dalle tre podesterie sarebbero venute a rifugiarsi a Genova , essi poi riparassero in due case per ogni piazza (2); compiè quindi un atto di molta avvedutezza, rilasciando in libertà tutti i prigionieri politici (’), tra i quali troviamo il cannoniere Ambrogio Gioardo, che, appena liberato, ricevette 1 ordine di recarsi incontanente da Lerici a Genova, perchè, col fratello Gregorio, provvedesse alla difesa della città ('); infine chiese per sè una guardia di 500 fanti per metà cittadini e per l’altra di forestieri ; ma il Con- fi) Litterarum Reg. 45 aprile. L'atto della eiezione dei due ambasciatori che è Γ ultimo di Paolo da Novi e del governo· popolare è pubblicato in Appendice. Doc. XLI. 2Ó4 Anno 1507 li ricevette e con lui incominciarono a discutere i patti della resa. Ma ecco d’un tratto sollevarsi un grido d’allarme e ricominciare la zuffa. Il d’Auton afferma essere stati i genovesi i primi ad attaccare i francesi che erano dalla parte della Lanterna ; il diarista per contro scrive che « al-1’ hora del disnare in circa » era corsa voce per la città che i francesi si dirigevano verso il Castellacelo e che la loro cavalleria si era spinta fino alla porta di S. Tommaso ; così si era venuto alle mani. Chi il vero responsabile ? Forse la colpa non fu ne degli uni nè degli altri. Le milizie belligeranti erano a tale contatto presso la Lanterna, dove trovavasi la cavalleria francese e sulle alture dove i francesi erano poco lungi dal Castellacelo e dalla bastìa di Pino occupata da’ genovesi, che non è strano supporre che un piccolo urto abbia riacceso il conflitto. Giacomo Corso e i genovesi alla riscossa. I genovesi che fino allora non avevano provveduto ad eleggere un vero e proprio comandante in capo, lo scelsero nella persona di Giacomo Corso, il quale, gittate un gran ponte alla Chiappella, con grande impeto e furia riprese le posizioni di Capo di Faro e di S. Benigno; altre milizie salendo sull erta, riguadagnarono i gioghi e ancora una volta le insegne della repubblica apparvero minacciose sulle creste delle montagne dinanzi al nemico. Soltanto il gran bastione era rimasto in potere dei francesi, mentre da un lato e dall’altro tutta la dorsale della catena era di nuovo occupata dalle forze genovesi, distese Fine del governo popolare 265 in tre linee. Sebbene fosse già trascorsa buona parte del giorno, il re decise di attaccare subito ; i suoi soldati presero a guadagnare 1' erta dal lato che si stendeva sotto il bastione. I genovesi, a loro volta, intenti a impedire che le forze si unissero, avanzarono contro quelli che salivano e si azzuffarono; vista la cavalleria Albanese lanciata sul fianco loro, la assalirono ; ma questa dopo una leggiera carica finse di cedere, di ritirarsi e attrasse i genovesi in una imboscata, che fu ad essi veramente disastrosa. I pochi superstiti lasciarono libero il passo alle truppe vittoriose che incalzavano da ogni parte. 11 nemico grosso e disciplinato prevaleva sul valore e sull’impeto disordinato del popolo ('). « Stando in questa scaramuzza » dice 1’ anonimo diarista, rientravano in Genova, accompagnati da un (i) Diario, 26 aprile; J. d’Auton, op. cit.. Tomo HI, cap. XXIII, pag. 329 e segg. Anche qui il d’Auton, affermando che il re giunse a Rivarolo il mattino del 2 5 aprile, è in errore e ciò in conseguenza di aver fissato il giorno della partenza dell’esercito da Pontedecimo il 24 (Cfr. nota p. 259). Il Senarega invece erra di un giorno in più, facendo cadere la seconda giornata di combattimento il 27 anziché il 26 aprile. Noi, pigliando le mosse dalle notizie del Diario e dalla testimonianza d’un documento d’archivio che conferma l’invio degli ambasciatori al campo francese nella notte del 25, stiamo per la data del 26 aprile; in ciò siamo appoggiati dalla lettera che più \olte citammo del Pandolfini, inviata il 27 aprile, in cui si legge: « Ieri che fummo a di XXVI, dopo lo arrivare del Re e di poi mio, in sul « mezzogiorno si scoperseno per e poggi e per il colle che andava al bali stione otto o diecimila fanti genovesi e con la loro bandiera si condus-« sero un quarto di miglio lontano dal bastione e, scaramucciando con li « Francesi per più di tre ore, tennero ciascuno ben forniti i suoi poggetti. « E genovesi, spinti da Francesi si ritrassero all’ ultimo senza alcuna loro « vergogna e si ridussero al Castellacelo con perdita d’alcuni uomini da « ciascuna delle bande ». (Desjakdins, op. cit., Tomo II, pag. 240). 266 Anno 1507 araldo del re, gli ambasciatori popolari, i quali annunziarono che Luigi XII metteva a condizione della resa che si mandasse fuori di città tutta la fanteria mercenaria, si restituisse il Castellacelo e si andasse a chiedergli misericordia. Le dure condizioni vennero accettate « quan-« tunque fossero molti tristi che non volevano ». Notte ni terrore e ni fuga. La notte scendeva sulla città, la quale, per tema che da un momento all’altro le truppe francesi entrassero al saccheggio e alla distruzione, era piena di paura e di terrore. Tutti i cronisti ci descrivono con parole compassionevoli questa notte di ansia e di spavento. Le donne fuggivano nei monasteri, gli uomini nei conventi portando seco le loro robe ; lamenti e strida risuonavano dovunque ; per le vie passavano frotte di fuggiaschi, i quali, stimandosi poco sicuri entro la città, si ritiravano nelle borgate vicine a Genova o si dirigevano verso luoghi più lontani. Le milizie mercenarie, abbandonate le insegne, partivano in fretta e in furia; tutti i capi del partito popolare, anziché provvedere alla quiete de’ cittadini e al minor danno della Repubblica, si dileguavano dinanzi al nemico ; « non se potria estimare », dice il diarista, « tutta quella notte e la matina, la moltitudine delle « gente andorno via, che circa la terra è restata sola, « intro 1’ andare fora e ascondersi nelli monasteri ». Nel disastro fu gran fortuna per la città se non venne data al saccheggio delle soldatesche, poiché il re con atto di somma clemenza, visti domati i ribelli, fatta Ϊ ine d^l governo popolare 20/ cessare la pugna e fatte occupare le alture dalle sue truppe, a\eva proibito agli svizzeri ed ai venturieri di scendere in città ('). Il martedì mattina, 27 aprile, Genova inviò al re di Francia che era rimasto al Boschetto, quattro ambasciatori : Battista di Rapallo, Stefano Giustiniani, Antonio Sauli e Raffaele Fornari ; neanche questa volta volle udirli e li rimandò al cardinale Giorgio d’Amboise ed al signor di Chaumont i quali erano a Campi, in casa di Lazzaro dOria, dove accoltili, non vi fu d'uopo di discutere a lungo i patti, chè furono costretti a rendere la città a discrezione (J). La resa di una città come Genova, giudicata assai valida 1 o e torte, destò la più grande meraviglia ne’contemporanei e tutti vollero dire la loro : 1' ambasciatore fiorentino Pandolfini esclamò in una sua lettera: « e così è intera-« mente terminata 1’ impresa di Genova con grandis-« sima viltà dei genovesi ed onore estremo del Cristia-« mssimo ; » il d’Auton ci dà notizia del «rande stuoore o 1 del papa e del re di Aragona; il Sanudo, dei veneziani (3). (1 Diario, 26 aprile ; Rart. Senarega, op. cit., col 592; J. ir Auton, op. cit., Tomo IH, pag. 34] e Tomo IV, pag. 8. (2) Su questa data d' I 27 aprile si accordano il d'AuTON che pone l'arrivo della seconda ambasceria al « mardì au matin » e cioè al 27 aprile, ed il Pandolfini che afferma che in quel giorno ritornarono gli ambasciatori genovesi « rimettendosi liberamente nella discrezione di questa maestà ». 11 diarista, alla notizia dell1 invìo degli ambasciatori, pone la data del 26 aprile, ma questo non è che un lapsus calami dovuto al fatto che, nella Ioga del narrare, pone Γ una data dietro l’altra senza badarvi. Il Senarega, (loc. cit.) perseverando nell'errore pone il giorno della resa di Genova al 28 aprile. (3) Pandolfini , lettera citala; .1. d’AuTON (op. cit., Tomo III, pag. 34S) Sanudo: Diarii. Voi. VII, Jo aprile. 268 Anno l507 In Francia, all’improvvisa e inattesa vittoria si ebbero esplosioni di irrefrenabile gioia e i poeti andarono a gara a celebrarla e a renderla più illustre presso la posterità ('). Il dì stesso della dedizione della città vi entravano alcuni inviati del re, i quali, vedendo quei di Castelletto manomettere le case vicine alla fortezza, vollero impedire che facessero danni maggiori ; ma pare, secondo l’anonimo, che quelli non se ne curassero, come non tralasciarono dal fare rimostranze a colpi di artiglieria fino a che non fu tolto lo stendardo del comune che sventolava accanto al regio sopra la torre del Palazzo (J). Essi dettero ordine di rifare tutte le insegne regie cancellate e distrutte allorché venne bandita la guerra; fecero murare tutte le porte e i portelli della città tranne quelli di S. Andrea e di S. I om-maso, perchè i venturieri e i ladri non saccheggiassero le case dei cittadini e incominciarono aci assegnar gli alloggi alle truppe in procinto di entrare. Il 28 aprile una prima grida comandò che ognuno portasse senza timore le sue robe a casa, si aprissero le botteghe e che (1) Ricordiamo che il d’Auton stesso scrisse una poesia sull’avvenimento (op cit., Tomo IV, pagg. 54-58); molte altre pubblicazioni consimili vennero fatte in quei tempi; ad alcune di esse accenna Cornelio de Simonì nella prefazione alla sua edizione della cronaca di Alessandro Salvago (ρα^.3/3-3^<)·, altre sono ricordate nel Rrunet agli articoli Conqueste et lettres, Tomo II, pag. 226, III, io3o. Molte di queste manifestazioni poetiche della presa di Genova vennero da me ricercate e compulsate e tra poco pubblicherò il risultato de1 miei studi. (2) Diario, 27 aprile. Il fatto dello stendardo genovese é narrato anche dal d1 Auton, ma in modo un po' diverso ed è posto al tempo dell1 assalto al bastiglione genovese. (Cfr. d'Auton, op. cit., Tomo III, pag. 322). Fine del governo popolare i soldati non osassero far danni ; poi una seconda che si tenesse mercato e che tutti pagassero quanto fosse il costo della merce (‘); si notificò in pari tempo a tutti gli officiali ed ai popoli della Riviera di Levante die la città « si era riconciliata » col re di Francia, il quale 1 aveva ricevuta « a la sua bona gracia ». e siccome era prossimo l’ingresso del re e di tutto il suo seguito in Genova, si comandava di portarvi al più presto ogni genere di vettovaglie, che tutto sarebbe stato pagato « cortesementi al suo prexio » (2). Solenne ingresso del re di Francia. Quando parve che a tutto si fosse provvisto, disposta in luoghi opportuni 1’ artiglieria , accantonata la cavalleria sulla strada da porta S. Andrea a Palazzo, Luigi XII, sicuro del dominio della città, il 29 aprile fece il solenne suo ingresso (3). 11 magistrato fi) Nel Diario queste gride, per la stessa svista accennata, sono poste sotto la data 27 aprile. Gli originali delle due gride che trovansi in Politicorum Mazzo III , portano la data del 28 aprile; inoltre nel documento di cui parliamo nella nota che segue e che è aneli1 esso del 28 aprile, si accenna alle dette gride come mandate nella mattina stessa. (2) Cfr. in Appendice, Doc. XLII. Questo ordine non bastò a soddisfare alle richieste della corte e delPesercito francese, chè il 3 0 aprile Carlo d1 A m-boise dovette inviarne un secondo raccomandando di portare mercanzie, vettovaglie e specialmente vino a Genova. Diversorum Filza 64. (3) In questa data concordano il Diario (data corrispondente), il Sf.na-rsga (op. cit., col. 592) ed il Pandolfini (Desjarhins, op. cit., Tomo II, pag. 341). Il d1 Auton (op. cit., Tomo IV, pag. 4) scrive che il solenne ingresso avvenne il giovedì 28 aprile; ma il giovedì in quell1 anno corrispondeva al 29. Quindi, pur sbagliando il giorno del mese, egli concorda cogli altri. Il Salvago (op. cit., pag. 479) pone Γavvenimento al 27 aprile; ma lo stesso Desimoni riconosce in nota che si tratta certamente d1 un errore. 270 Anno 1507 degli Anziani e 40 dei più ragguardevoli cittadini gli mossero incontro fino alla chiesa di S. Teodoro; erano tutti vestiti di nero, col capo scoperto ed i capelli rasi ; appena furono al cospetto del re, s’inginocchiarono e gridarono : misericordia ! poi lo precedettero fino alla porta. Il corteo era così formato: precedevano 100 svizzeri, veniva appresso il numeroso stuolo dei signori francesi ed italiani ; dopo, i deputati genovesi, il gran scudiere, i tamburi e le trombe, che suonavano allegramente, indi il re armato di tutto punto e dietro a lui cinque cardinali (1), poi Carlo d’Amboise, il capitano vincitore, con in pugno la spada, seguito da 200 gentiluomini della casa del re ed infine una grande caterva di fanti armati. Quando il lungo corteo ebbe passata la Lanterna e si trovò dinanzi a Genova, le artiglierie del Castelletto e quelle della flotta franjo-spagnola, ancorata nelle acque del porto, spararono colpi di salve, e qui l’anonimo afferma, ed il Canale ripete , che Luigi XII giunto alla porta di S. Tommaso « arrancò lo stoco e l à datto in « la porta e dice : superba Genova, te ho guadagnato « con l’arme in mano ». Una cavalcata di cento gentiluomini con a capo Luigi e Filippino Fieschi, gli fece onorata accoglienza in piazza Banchi doride poi si diresse alla chiesa di S. Lorenzo ove un numeroso stuolo di vergini biancovestite, piangendo gli chiesero ad alta voce mi- 1) Il d’Auton (op. cit.. Tomo IV, pag. 7) ne dà soltanto quattro; il liiurio (loc. cit.) cinque; il Sai.vago (op. cit., pag. 480) sette; ma il Diario e nel giusto poiché nell’atto del giuramento di fedeltà dei genovesi (11 maggio) che lesesi in Appendice (Doc. XLV) si parla appunto di cinque cardinali. Fine del governo popolare seiìcordia, sicché il re parve profondamente commosso; uscito di chiesa, andò a Palazzo. Nel meriggio, deposta I armatura, recossi cavalcando a diporto sul molo e forse allora ebbe agio di osservar meglio il luogo dove da tempo aveva deciso di far costrurre una fortezza che tenesse a freno gli spiriti turbolenti de’ genovesi ('). Intanto in vari luoghi della città rizzavansi le forche ed usciva una grida che intimava a tutti i cittadini di consegnare, entro otto giorni, le loro armi, delle quali fu così pronta e copiosa la consegna che, dopo un grande bottino fattone dai francesi e dai tedeschi, fu opportuno, con un altra grida , invitarli a presentare soltanto una lista delle armi che ciascuno tenesse presso di sé, e a far portare in Castelletto le artiglierie grosse e piccole. Nel giorno stesso si chiedevano al comune 30.000 ducati per licenziare gli svizzeri, ma la città era tanto dissestata e dissanguata che per racimolarli fu necessario imporre a molti cittadini una tassa di 50 ducati e (1) La descrizione di questo solenne ingresso è in parecchi autori; Cfr. J. d’Auton, op. cit., Tomo IV, cap. XXV, pag. 4; B. Senarega, op. cit., col. 592; A. Salvago, op. cit., pag. 479-480; Pandolfini, Desjardins etc. Tomo II pag. 241 e segg. Già dalle lettere del Pandolfini, scritte nel febbraio, emerge Γ intenzione del re di erigere un nuovo castello in Genova e si scorge anche Porigine del nome che gli venne dato in seguito. Infatti, in data 8 febbraio, il Pandolfini scrive alla Signoria che i francesi « entreranno in Ge-« nova (di che non fanno alcun dubbio) e imbriglieranno i ribelli » in modo da impedire altre rivolte; il Robertet ha parlato di « non so che nuova fortezza « senza specificare dove <>. In altra lettera del 16 febbraio, lo stesso ambasciatore scriveva che il re aveva intenzione di sopprimere il banco di San Giorgio e di « fare un buon castello ove al presente è il Fanale». A.Desjar-hins, Neg. dipi, etc. Tomo II, pag. 216-221. Il nuovo castello fu infatti eretto presso il aro e prese il nome di Briglia, perche (lo asserisce anche il Senarega) doveva imbrigliare la plebe turbolenta. Anno 1507 più (‘). Messi così in libertà gli svizzeri, venne la volta delle truppe tedesche, le quali, sebbene per la loro indole rapace fossero state trattenute fuori delle mura urbane, tuttavia misero sossopra e rubarono a man salva nelle tre podesterie e partirono conducendo seco muletti stracarichi di roba; ma al passo dei Giovi le attendevano diversi montanari, i quali le assalirono e depredarono di quanto avevano seco; i superstiti però, giacché qualcuno di essi era caduto, si vendicarono poi incendiando quei pochi villaggi che ancora non erano stati bruciati all’ inizio della guerra ( ). Anche i francesi, malgrado il regio divieto, dilapidavano i cittadini e quei di Castelletto facevano di peggio, li arrestavano per chiedere forti somme per il riscatto; cosicché il governo, il io maggio, fu obbligato a mandare una grida invitando i soldati a pagare ciò che compravano e a non danneggiare la roba altrui, minacciando la pena di morte a quelli che osassero uscire dagli alloggiamenti dopo il tramonto del sole ; per contro ordinava ai cittadini di non uscire di casa appena annottasse, chè, se alcuno fosse stato derubato o malmenato non gli sarebbe stata resa giustizia (3). Predominio dei nobili; arresti e supplizi di popolari. I nobili rientravano nei loro antichi privilegi, riavevano la maggioranza nei pubblici offici e ricominciavano a comandare. A prova di ciò basti leggere i (1) Diario, 1 e 5 maggio; J. n1 Auton, op. cit., Tomo IV, pag. 14-15. (2) Diario, 3. ). maggio e d’Auton, loc. cit., pag. 1 5-16. (!) Diario, 5, 0, 10 maggio. Fine del governo popolare 273 nomi dei componenti la Balìa e gli Anziani, essi sono gli Spinola, i Fieschi, i Lomellini, i dOria, i Grimaldi, i Negrone, i Marini, i Cattaneo, ecc., che stanno accanto ai nomi popolari dei Battista di Rapallo, Battista Botto, Raffaele de Fornari, Lazzaro Pichenotto e qualche altro. Lo stesso è degli altri offici a cui , è bene avvertire, se 11 era aggiunto uno nuovo: « l’officio delle Ruberie » avente 1’ incarico di far restituire quanto era stato rubato durante la sollevazione popolare ('). Questi i prodromi di rappresaglie non lontane: correvano già voci di arresti, di liste di proscrizione compilate, sembra, dai gentiluomini : Batino d’ Oria, Battista Spinola, Giacomo Centurione e Giacomo Lomellino ; erano già stati presi ed imprigionati : Gerolamo Buzalino, Andrea e Giacomo Carbone e Luigi di Bervey, il noto provveditore delle truppe ; le forche e le mannaie giustiziavano i malvagi e quelli che avevano infierito contro i soldati francesi alla presa del Castellacelo ; si faceva scempio dei loro corpi, che spaccati a mezzo e lacerati erano appesi ed esposti nei luoghi più centrali e più frequentati, sulle piazze, sui canti delle vie e presso le porte della città, ad ammonimento ed a ludibrio (2). • II, GIURAMENTO SOLENNE. Il 10 maggio usciva un’ altra grida : ordinava a tutti i genovesi, dai 17 ai 70 anni, di trovarsi il domani a Palazzo per giurare fedeltà al re, e faceva (1) Diario, 4, 6, 7 maggio. (2; Diario, 8 maggio. .). d’Auton, op. cit., Tomo IV, pag. 24. 2?4 Anno 1507 nello stesso tempo note le imposizioni regie per punirli della ribellione al suo governo; dovevano cioè : 1 sborsare 200.000 scudi per le spese di guerra e 40.000 per la costruzione di un nuovo castello presso la Lanterna ; 20 pagare tutte le spese per la residenza di una guarnigione di 200 fanti, oltre ai 200 che già gravavano sul bilancio dello stato; 3° impegnarsi infine di tenere armate tre galee a spese di Genova e delle Riviere ('). L’ii maggio adunque fu fatto il solenne giuramento : sulla piazza del Palazzo era stato costrutto un gran tavolato sul quale ergevasi un palco col trono coperto da un ricco baldacchino. 1 cronisti magnificano la sontuosità dei drappi e dei panneggiamenti su cui campeggiavano in ogni parte i gigli d’oro, 1 insegna della casa di Francia. 11 re sedette sul trono e tutto intorno idi facevano corona i signori e i cardinali ; sulla gran Ο o (1) Diario, io maggio. L’atto che contiene la promessa dei geno\esi di pagare 200.000 scudi al re di Francia fu pubblicato da Michel-Giuseppe Canale nella Nuova istoria della repubblica di Genova,\ro\. IV, pag. 33o. Il Diai 10 {loc. cit ) afferma che oltre a questi v’erano le Riviere che ne dovevano versare 60.000. Abbiamo trovato nei Diversorum Filza 64, un atto del 13 maggio pel quale un certo numero di cittadini, di cui vengono fatti i nomi, si obbliga di versare una somma ivi indicata, diversa, a seconda dei mezzi di cui ognuno di essi dispone, per sopperire alla tassa di guerra imposta da Luigi XII. L’ atto nel quale vengono promessi i denari pel nuovo castello, per la guarnigione e per le galee è da me pubblicato in Appendice. Doc. XLIV. Per le spese di fabbrica del nuovo castello a capo di l'aro essi obbligavansi di pagire quarantamila scudi. Promettevano anche di dare ad ogni uomo della guarnigione la paga di franchi cinque (id est librarum octo Januinorum) al mese. Perciò, siccome la guarnigione era di 400 uomini, il comune doveva pagare ogni mese franchi 2000 e cioè lib. 3.200. La spesa per ogni galea era di scudi 3oo mensili, da ripartirsi tra Genova e le Riviere. Il capitano delle tre navi era tenuto ad esigere dalle Riviere la parte di denaro che esse dovevano sborsare. Fine del governo popolare piazza era affollata la gente tenuta a segno dai soldati regi. Un re d’armi, «de par le roi», impose silenzio ed allora si avanzò al cospetto di Luigi XII l’oratore del popolo Giovanni da Lerici che, gettatosi in ginocchio e ringraziato ad alta voce il re a nome della cittadinanza di aver liberata Genova dalle gravi perturbazioni del dominio della plebe, gli chiese quattro grazie: ili perdonare ai popolo genovese i suoi trascorsi ; di rimettere la multa di 100.000 ducati inflitta alla città per gli errori commessi, di confermarle i privilegi, grazie, esenzioni , già prima goduti ; di liberare i cittadini rimasti prigioni in Castelletto e di dare un saggio governatore alla città, affinchè avessero di nuovo sviluppo e incremento i commerci e le industrie e pacificamente si trattassero gli interessi del comune. L’oratore finì la sua orazione citando il detto del salmista : « Cor contritum et humiliatum, rex, ne « despicias ; amen ». A nome del re parlò il napoletano messer Michele Riccio, scagliandosi da prima con grande veemenza contro i genovesi ribelli, rammentando loro che il re li aveva sempre beneficati ed essi avevano invece corrisposto colla ingratitudine e colla ribellione ; indi, magnificando la bontà e la potenza regie, rispose alle domande dell’oratore : il re perdonava a tutti i genovesi i delitti di lesa maestà e gli altri commessi sino a quel giorno; erano compresi nella grazia anche coloro che si erano allontanati ila Genova, purché vi ritornassero entro un mese e comparissero dinanzi al governatore per giurare nelle sue mani fedeltà; ne erano invece esclusi quelli che in 276 Anno l507 seguito sarebbero nominati ; era condonata a Genova la multa di 100.000 scudi ; rispetto ai privilegi sua maestà voleva fossero laceri e bruciati; però dopo avei prestato giuramento si sarebbero letti quelli che il ie avrebbe di nuovo concessi: riguardo ai prigionieri di Castelletto, il Riccio rispondeva che sua maestà avi ebbe dato incarico ad alcune persone di vedere se fosseio o no prigioni di buona guerra e assicurava in ogni caso che sarebbero trattati bene. Finito il discorso, si lessero 1 nomi di coloro — erano settantasei — che, non compresi nel perdono generale, venivano dichiarati rei di lesa maestà, ribelli, disubbidienti al re e si ordinava che fossero confiscati i loro beni ('). Indi cancellati, lacerati e bruciati i libri dei vecchi privilegi ne furono concessi altri che in qualche parte sono simili ai precedenti, ma in molti punti hanno subito delle gravi modificazioni ed aggiunte (2) ; per ultimo messer Riccio annunzio che il re aveva scelto per governatore di Genova Rodolfo de (1) I nomi di questi settantasei banditi possono leggersi in Canale, op. cit. Voi. IV, pag. 332; nel Diario, 14 maggio; e nel Doc. XL1II pubblicato in Appendice. (2) I privilegi che vennero bruciati in quel giorno erano stati concessi dal re n^ll1 ottobre del 1499 quando Genova accettò il governo di Luigi XII e sono pubblicati in Appendice al lavoro del Belgrano: Della dedizione dei Genovesi a Luigi Xll re di Francia. (Miscellanea di Storia Italiana, Voi. I.) nonché nella raccolta dei Documents pour l’histoire del’établissement de la do-mination francaiseà Ge'nes(i498 i5oo), pubblicata da Lkon G. Pélissier negli Atti della Soc. Lig. di St. Pat., Voi. XXIV, pag. 483. Io pubblico in Appendice (Doc. XLV) questi nuovi privilegi che, pur conservando qualche titolo di capitolo simile agli antichi, sono per gran parte rimaneggiati o completamente mutati nel testo. Alcuni capi’oli poi vennero tolti, altri aggiunti di sana pianta. Fine del governo popolare 277 Lannoy, bai I ivo d’Amiens. Egli subito dopo, messe le mani sugli evangeli, giurò di essere fedele al re e di esseie imparziale nel rendere giustizia; dopo lui, saliti sul paleo i 40 officiali del comune (12 Anziani, 12 della I>alìa, 8 della Moneta, 8 di S. Giorgio) giurai ono anche essi, e tutto il popolo di Genova alzò le mani gridando : Francia, Francia! ('). Demetrio Giustiniani condannato a morte. Nello stesso giorno giungevano due brigantini col Grimaldi, signore di Monaco (2), e dalla Lombardia gran numero di guastatori per la costruzione del nuovo (1) Questa cerimonia del giuramento viene descritta con maggiore o minore ampiezza da tutti cronisti da noi conosciuti. Primo fra tutti, il d’Auton ci riporta persino il testo dei discorsi di Giovanni di Lerici e di Michele Riccio (op. cit., Tomo IV, cap. XXVII, pag. 25) poi il Diario, 11 maggio; B. Senarega, op. cit., col. 5r)3; A. Salvago, op. cit., pag. 480; G. Pélissier, nella sua raccolta di documenti già citata, pubblica a pag. 541 un atto dell1 11 maggio, che intitola erroneamente « Acte de fidelità de la Banque de Saint Georges ». Esso è invece la ratificazione scritta della promessa di fedeltà fatta al re da tutti gli offici di Genova e cioè dagli Anziani, dalla Balìa, dalla Moneta e da S. Giorgio, a nome del popolo genovese. Il Pélissier trasse questo documento dalla Biblioteca Brera di Milano, ma di esso trovansi anche copie in un ms. della Biblioteca Berio di Genova (n. 1 Gy) e nell1 Archivio di Stato di Genova (n. 118). L’atto del perdono concesso nello stesso giorno dal re di Francia ai Genovesi è pubblicato dal Canale op. cit., Voi. IV, pag. 331, e trovasi in Politicorum Mazzo 3, n. 51 ; ma esso venne estratto « ex volumine concessionum et privilegiorum « per Christianissimam maiestatem Regiam comuni Janue concessorum » « e siccome è appunto il primo capitolo dei nuovi privilegi, così viene da me ripubblicato insieme ad essi. (2) Riguardo alle traversie che attendevano Luciano Grimaldi da quel momento presso la corte del re di Francia, vedasi G. Saige, op. cit., T. II, Introduci., pag. LVI e segg. >9 27S Anno 150/ castello presso la Lanterna e incominciavano le rappie- saglie. Si dava alle fiamme e si abbatteva in Ioitoiia la casa di Paolo da Novi, trovandovi in un ripostiglio gioie e denari del valsente di oltre duemila ducati ( ), veniva arrestato Demetrio Giustiniani, uno dei settan tasei banditi e, dopo breve giudizio, condannato alla pena del capo. Il giorno dopo tutto era pronto per la sua decapitazione e gran folla di popolo si tiovava raccolta sulla piazza del Molo per assistere al doloroso spettacolo, quando giunse la nuova che 1 esecuzione era rimandata; allora corse voce che il Giustiniani, uomo assai facoltoso, fosse riuscito a riscattare la sua vita, ed invero egli tentò di offrire a Luigi XII la somma di 40.000 ducati, ma il re fu irremovibile ; il 13 ma.%no’ giorno dell’ Ascensione, il Giustiniani veniva condotto al palco ferale ; il misero capo, mozzo dalla mannaia, fu infisso sulla punta di una lancia che venne piantata sulla torre del Molo (2). Luigi XII intanto riceveva le più festose accoglienze dai nobili, ai quali dimostiò il suo affetto, la sua amicizia, sedendo persino a mensa in casa di alcuni di essi (5); visitava le fortezze della (1) Diario, data corrisp. ; B. Senarega. op. cit., col 5gi. (2) Diario, i2, 13 maggio; B. Senarega, op. cit., col.5y3; J. d Auton,op.iit., Tomo IV, p. 55-56. Noto come curiosità che per l’esecuzione del Giustiniani non fu usata la scure, ma una vera e propria ghigliottina che viene descritta assai minutamente dal d'AuTON. Ugo Assereto (recens, cit. in Giornale cit., pag. 2/5) afferma che molti popolari condannati a morte si riscattarono con denari. Fra questi ultimi fu un Parentuccelli di Sarzana della famiglia papale. (3) Il 12 maggio era andato a banchetto dai Fieschi e qualche giorno prima (8 maggio) a cena da Battina, vedova di Giovanni Ceba Grimaldi, dove era stato servito da giovani gentiluomini vestiti colla divisa del re. (Cfr. Diano, date corrispondenti). ine del governo popolare 279 città, vedeva sorgere dalle fondamenta quel castello che da lui stesso era stato ideato (') ; poi, dopo aver rinnovato 1 ordine ai cittadini di consegnare a Palazzo tutte le armi che avessero, veduta la città queta e tranquilla, pensò bene di lasciarla, ingiungendo che lo seguissero a Milano quattordici cittadini del popolo grasso e artigiano che avevano avuto qualche parte nella sollevazione popolare· tra essi furono: Luigi di Bervey, lei amo ballano, Bernardo di Castiglione, Pelegro di Goano, Gio. Batta de Ferrari, persone a noi note (2). Luigi XII lascia Genova. All alba del 14 maggio il re col suo seguito moveva da Genova alla volta di Milano ; 1’ accompagnò fino a Busalla una pioggia così torrenziale che in bieve la Polcevera e la Scrivia ingrossarono minacciosamente e strariparono inondando le valli e travolgendo nelle loro acque vorticose alcuni uomini della scorta reale e molte cavalcature (’). Due giorni dopo, (1) Per innalzare questa nuova fortezza si minacciò persino di abbattere la Lanterna e pare che si incominciasse a scalzarla, ma poi venne sospeso l'insano proposito (Diario, i3 maggio). (2) 1 nomi dei quattordici cittadini si possono leggere nel Canale, op. cit., Voi. IV, pag. 333, nel Diario 13 maggio e nel Doc. XLIII che contiene l’ordine mandato il i3 maggio ad essi di accompagnare al domani il re a Milano, ma subito dopo viene la concessione di prorogare la loro partenza da Genova fino al 17 maggio. Infatti il Diario segna la loro partenza da Genova alla mattina del 18 maggio e ricorda anche che Giacomo d’Andora (uno dei quattordici) potè rimanere a Genova, avendo i suoi creditori ottenuto che egli non partisse. (1) Diario, data corrispondente. Qui il diarista fa osservare (e lo aveva già notato il 2 3 marzo) che invece si era passato un inverno dolcissimo con lutti gli alberi fioriti ed una quasi totale siccità:» è mep di 10 che non è Anno ΐ5θ“ 16 maggio, anche il luogotenente generale Chaumont d’Amboise con la maggior parte delle sue milizie lasciava la città e per evitare che vi si fermassero venturieri e soldati di rapina, mandava una grida intimando ad essi di uscire dalle mura entio tie 01 e, pena la forca (‘). Genova così rientrò nel suo stato normale. 1 nobili imperavano - e, sotto 1 egida del governatore francese, incominciarono un accurata li-cerca dei popolari sbanditi; si mandarono gride con 1 01-dine di svelarne, sotto pena di ribellione, i nascondigli, e si fecero indagini sulle loro sostanze per confiscai le, furono sequestrati i pennoni e le bandieie fatti « al tempo de viva populo » , e non si permise alcun assembramento superiore a quattro persone (2). A podestà venne rieletto Òbertino Solario astese, a vicario, Bernardino Guacio di Valenza, e tutti gli altii offici della città e delle riviere furono distribuiti a gentiluomini e a chi li serviva Il cardinale di binale riprendeva al fratello il dominio del finalese (4), il figlio di Luca vi ito vinti volte ». J. d1 Auton descrivendo la partenza del re da Genova [op. cit., Voi. IV, pag. 59 e 60) parla anch’ egli della pioggia torrenziale caduta quella mattina e dei danni recati non solo alle salmerie, ma anche agli uomini che accompagnavano il re. L'autore stesso confessa di non aver mai avuto maggiore paura « car j’en vis plusieurs, par où me falloit « passer, étant à la merci des vagues et entre autres, un nomine maitre « Pierre Charron, des secretaires d-i roi, le quel fut noyé entre Busale et « Bourg ». ( 1 ) Diario, data corrispondente. (2) Diario, 14, 22, 29 maggio. (3) Diario, 17, 18, 19 maggio. In Diversorum Reg. 17.S, 17 maggio v’è il giuramento del podestà e del vice-governatore. (4) Diario, 19 maggio. Fine del governo popolare 281 Spinola 'ioccupava, presentando regie lettere, la Pieve, senza che il capitano Tarlatino che ancora vi si trovava, tentasse di opporglisi colle poche sue milizie (') ; due signori, Antonio Pallavicino e il figlio di Gian Luigi Pieschi, si contendevano il territorio della Spezia; il il primo 1 aveva occupato dopo il riacquisto di Genova da parte del re (3 maggio); il secondo glielo aveva tolto (19 maggio) con l’appoggio dei Bertolotti, mettendolo a sacco; ma indi a poco doveva anch’egli cedere dinanzi alle forze di Galeazzo Pallavicino sostenute dal Biassa e ritirarsi a Portovenere. Entrambi i pretendenti, affermando di aver ricevuto l'investitura, per così dire, della città dal re di Francia, accendevano odi, fomentavano liti che, per fortuna di quei luoghi, il 22 maggio si assopirono mercè l’intervento di due commissari francesi, 1 quali, recatisi alla Spezia, riuscirono ad accomodare le cose in modo che nessuno dei due avesse a lamentarsi, e « questo hanno fatto per potere più a comp.-mento scodere la taglia » a^muiure non senza malizia o 00 o il diarista (2). Nuove prepotenze del Salazar; ambasciatosi .al re di Francia. 11 castellano di Castelletto, co’ suoi sgherani, proseguiva le scellerate sue gesta: alle ruberie, alle arsioni delle case attorno alla fortezza, alle angherie usate ai prigionieri tenuti per tanto tempo chiusi in orride (1) Diario, 1 fi maggio. (2) Diario, date corrispondenti. 282 Anno 1507 carceri egli ora aggiungeva Γ empietà. Recatosi col governatore Rodolfo di Lannoy, ad accompagnare 1 ambasciatore del pontefice, Gio. Giordano Orsini, in S. Lorenzo per vedere la famosa « scodella » o piatto in cui vuoisi sia stata posta la testa del Battista, essendo entrati nello stanzino delle reliquie , il custode si permise di osservare che ciò non era lecito. Allora 1 ambasciatore e il governatore « gratiosamente » si ritrassero subito; non così il Salazar, che uscì « dicendo de « grandissime minaccie e parole ingiuriose e dice che « faria ancora portare via detta scodella » e se ne andò irato e furibondo ('). Ma oltre all’empietà, furono le sue prepotenze che misero al colmo 1 indignazione dei cittadini così da costringerli a inviare Gio. Batta de Francis, Gio. Pio de Marini dottore in utroque ambasciatori al re. Essi dovevano parlargli innanzi tutto del « minare de le case che sono circum-« stante el castello » poiché il castellano, non contento di abbattere « quelle case de la prima ruga incomin-« ciando dal principio, da la chiesia de Santo Francisco « de longo fino al loco commune, quale ruina faceva « tanta e si ampia piazza che a iudicio de ogniuno la « fortezza del Castelletto ne restava securissima », ne abbatteva altre « e andando apresso corno l’ha comin-« ciato ne anderia per terra una bona parte de la « città », e dirgli che, lagnatisi col Salazar di tanta distruzione, avevano avuto per risposta che egli ciò faceva per ordine del re; quindi lo pregassero di segnare un (i) Diario, 21 giugno. Fine del governo popolare 283 limite a questi abbattimenti e di risarcire con un estimo onesto quelli che ne erano stati danneggiati. Avvertivano poi che alcuni cittadini s’erano presentati al comune asserendo che i ministri del Salazar avevano consigliati i proprietari delle case minacciate ad unirsi in società e a costruirne una a loro spese da donarsi al castellano « che mediante quella » avrebbe cessato le mine; ma i padri del comune fingevano di non volere prestar fede a coteste insinuazioni. Gli oratori poi dovevano presentare al re le lagnanze degli abitanti il villaggio delle Chiappe, molestati dagli uomini di Castelletto, e di quelli di Capo di Faro, per le prepotenze che usavano gli addetti alla costruzione della nuova fortezza, la quale sembra procedesse con grande alacrità, essendo salito a più di mille il numero di guastatori ed arrivando ogni giorno dalla Provenza barche cariche di materiali e di vettovaglie (') ; fargli inoltre rimostranze circa il modo di comportarsi del fiero castellano, il quale aveva sempre tergiversato alle frequenti e instanti domande dei proprietari di navi di restituire le artiglierie che, per ottemperare alle gride, avevano portate a Castelletto e di cui ora avevano assoluto bisogno per riattivare i commerci, non potendo le navi, senza Γ aiuto di forti artiglierie, attentare di percorrere i mari infestati da navi corsare ; lo informassero altresì che dopo tanto tempo, dopo tante trattative e suppliche, soltanto il 29 maggio si era ottenuta la scarcerazione di quei miseri e innocenti cittadini, arrestati 1' 8 febbraio in S. Fran- (1) Diario, 18, 19, 29 maggio e 5 giugno. cesco ; ma che per ottenerne la libertà, avevano dovuto sborsare 6000 ducati con la promessa di pagarne altri 4000 entro un mese ('), chiedessero perciò che fosse almeno condonata la somma che rimaneva da pagarsi; impetrassero la rimozione di Giovanni d’ Oria dal governo di Albeno-a, avendolo egli ottenuto contro i privilegi della città stessa, e infine ottenessero la concessione di aprire trattative col duca di Savoia per il commercio fra i due stati (2). L’ anonimo diarista accenna alla partenza deH’ambasceria, avvenuta il 4 giugno, ma non ci dà altra notizia in proposito, ed e gran fortuna per noi che qui ci venga in soccorso un documento d’Archivio, dal quale possiamo argomentare il risultato di essa. Su questo foglio le domande degli ambasciatori, scritte calligraficamente, sono disposte una sotto Γ altra in modo che tra esse vi sia un certo intervallo, ed è appunto in questi spazi vuoti che furono scritte da altra mano « currenti calamo » le risposte del re. Noi non vorremmo presumere troppo, ma crediamo di riconoscere in questo documento, il foglio stesso che fu portato al cospetto del re e sul quale vennero stese affrettatamente le risposte brevi e concise da lui date. Per ciò che riguarda adunque alla prima domanda : di segnare un limite all’abbattimento delle case, o lasciarlo determinare dal governatore si risponde : « Fiat » ; pel compenso da darsi a quelli che ne erano stati danneggiati : « Fiat existimacio, qua facta, gubernator (1) Diario, data corrispondente. (2) Questo documento si trova in Istruzioni e Relazioni, n. 2707, C, e porta la data del 2 giugno 1507. Fine del governo popolare 285 « factat feri, satisfacionem dictis personis » ; per la punizione dei malfattori di Castelletto e di Capo Faro: « Scribatur domino Gubernatori et domino d'Espy » ('); per la restituzione delle artiglierie ai singoli proprietari: « Scribatur Gubernatori quod provideat iuxta concordata « m articulis factis Genue » ; per il permesso di commercio cogli stati del duca di Savoia : <· Concordent cum Domino Duce Sabaudiψ que de ipsis conqueritur »(2); per la remissione dei 4000 ducati da pagarsi pel completo riscatto dei prigionieri di Castelletto: « Nihil »; infine per la rimozione del d’ Oria : « Nihil » (5). 11 re adunque non concedeva il condono della rimanente somma da pagarsi e negava la rimozione di Giovanni d’ Oria da Albenga ; accettava invece tutte o ’ le altre preghiere ; sgraziatamente, come si vide in seguito, le rimostranze fatte furono inutili, e vane le promesse del re. Infatti il 28 giugno gli Anziani scrivevano agli stessi ambasciatori tuttora presso il re d’ informarlo che « non obstante la ordinatione Reoia » o il Salazar, forse approfittando dell’ assenza del governatore, recatosi a Savona per fare omaggio al re che eravi giunto da poco pel famoso convegno col re di Spagna (') , continuava nelle sue prodezze e aveva (1) Il Signore di Espy era Paul de Beusserailhe, maestro artigliere francese che era stato preposto alla costruzione e fortificazione del nuovo castello. (J. d'Auton, op. cit, Tomo IV, pag. 53). (2) Per le trattative fra Genova ed il Piemonte, ved. Cai.ugaris, op. cit., pag. C>oy e segg. (3) l ’atto si trova in Istruzioni c Relazioni n. 2707 C, ed ha la data del 22 giugno 1507. (4) Cfr. Abate, Cronache Savonesi, Savona, Bertolotto 1S97, p. 22 e segg. 286 Anno l507 ordinato di porre mano a rovinare cinque o sei case nella contrada della Maddalena ('); e pare non avesse per anco sfogato tutto il suo odio contro i genovesi , se il 20 luglio i proprietari di navi movevano forti lamentele perchè non venivano loro restituite le artiglierie. Invano l’ufficio di Balìa ordinò a Marco Portunario, a Carlo Spinola e ai quattro deputati ad esigere i debiti del comune di udire i lagni dei cittadini, di investigare e dare il loro parere (2); invano si sparsero lacrime, si fecero rimostranze e querele; la prepotenza francese non aveva orecchie per sentire, nè occhi per vedere. Atrocità dei nobili. Arresto di Paolo da Novi. I nobili gareggiavano in ferocia. Oggi appiccano un giovinetto non ancora ventenne, per aver sottratto da un naviglio eli Gian Ambrogio Fieschi tanta roba pel valore di 20 soldi ; un altro giorno viene giustiziato il giovine Giovanni Maria di Turrio che teneva in Genova il gioco della palla, denunziato dalla vedova di Domenico d’ Oria, signora di Oneglia, poiché, come bandito, erasi rifugiato colà nella speranza che gli amici dei d’ Oria lo avrebbero protetto (’) ; altre , altre vittime (1) Litterarum Reg. 5o, lettera n. 27. Lettere dello stesso tenore vennero inviate anche al governatore Rodolfo di Launay « apud Saonam ». (ibid'ettera n. 28). (2) Diversorum Filza 64. li) Diario, 12 giugno. Tra l’altro ci si racconta pure una curiosa liberazione: un cavaliere aveva arrestato « in lo carrogio de Pera » un certo Giov. Maria di Pentema e, probabilmente per non scendere da cavallo, lo aveva (Ferrato pei capelli e lo voleva condurre alla volta di Vialata; ma giunto dietro la chiesa dei Servi, vicino ad un pozzo, alcune donne che Pine del governo popolare 287 cadevano sotto la mannaia del carnefice per l’odio dei nobili contro i popolari! Tuttavia pareva non potessero esseie soddisfatti che colla morte di Paolo da Novi. Ì! doge popolare fu ricercato per mare e per terra; il 1 giugno finalmente, eccolo prigioniero a Genova. Non ci consta di preciso nè come, nè dove, nè quando sia stato ai restato ; di certo vi è soltanto questo, che egli fu ti adito da un certo Corsetto; ma intorno al modo i cronisti discordano tra loro. Vi è chi dice che il Corsetto, abitante in Pisa, presosi l’incarico di trasportale sur un suo brigantino il doge a Roma, l’abbia per Soo ducati venduto ai francesi, che lo tradussero a Genova ('); altri afferma che Paolo da Novi, fuggendo a Roma sopra un piccolo naviglio, sia stato preso da un pirata corso, detto Corsetto e consegnato al capitano dell’armata francese Pregent per la somma già detta (■) ; altri invece narrano che il doge popolare si sia rifugiato in Corsica e che per il tradimento di un corso, che percepì dal Pregent 200 scudi, sia stato a lui consegnato (5); altri infine racconta che il doge, direttosi dapprima verso Bologna, abbia poi per vani timori raggiunto Pisa, e di lì navigando si trovavano li presso s’erano lanciate per liberare l'arrestato ed una, più pronta delle altre, aveva tagliato colle forbici i capelli di Giov. Maria il quale si era subito dato alla fuga, mentre « li cappelli (sic) restorno in mano del cavalero ». La burla però non ebbe lieto fine perchè il Pentema venne bandito, e tre di quelle donne vennero messe in prigione. Questo fatto accadde il 14 giugno. (1) Diario, 1. giugno. (2) B. Senarega, op. cit., col. 5p3. (3) J. d’Auton, op. cit., Tomo IV, pag. 76. 2SS Anno l507 verso Roma sia stato catturato da un corso chiamato Corsetto già suo soldato, e sia stato venduto da costui o , ai francesi ('). Questa mi sembra la interpretazione che più si avvicini alla verita. La sua fuga in Coi sica accennata dal d’Auton è poco verosimile, un uomo accorto, prudente e previdente come I aolo da Novi, non doveva rifugiarsi in una piccola isola, soggetta al governo di Genova, in continui rappoi ti con ο a ' . essa, facile ad essere sorvegliata dalle galee francesi, e minuziosamente visitata dalle loro pattuglie, non è però difficile spiegare 1’ errore del d’Auton; egli deve aver appresa la notizia un po’ alterata per la lontananza del luogo dove avvenne 1’ arresto e, pensando che il traditore era un corso, o almeno si chiamava Corsetto, abbia creduto che 1’ arresto fosse avvenuto in Corsica (2). L’ultima versione è invece più verosimile poiché era giusto che il grande popolare cercasse ìifugio a Bologna, città soggetta al papa, il quale si eia sempre dimostrato amico del partito del popolo ; quando poi cambiò proposito per ragioni che non possiamo indovinare. 1’ unica via che gli rimanesse sicura era quella di Pisa, la fedele alleata dei genovesi; ma qui lo attendeva il tradimento di un Corsetto da Pisa, (’) un famoso (1) Giustiniani, Annali etc., Voi. II, pag. 6ì5. (2) Potrebbe anche darsi che avendo avuto notizia d1 una spedizione del Pregent in Corsica chè sappiamo esservi stato inviato per trattare con Ranuccio da Leca, ribelle al comune di Genova, (cfr. Diario 3 maggio e nota) abbia fuso i due avvenimenti, supponendo che fossero tra loro connessi come causa ad effetto. (3) Ugo Assereto (recens, cit. in Giorn. cit. pag. 2j3) ci dà molte interessanti notizie su questo Corsetto patrono di un brigantino e tristamente famoso per le sue gesta. Fine del governo popolare 2S9 pirata spadroneggiante nel mare tra la Corsica e la loscana, il quale lo consegnò ai francesi. Morte di Paolo da Novi. Il 16 giugno fu il giorno fatale della decapitazione di Paolo da Novi ('). 11 palco fu innalzato dinanzi al Palazzo e fu preparato il ceppo e la mannaia. Paolo da Novi circondato da una fitta siepe di armati , coperto da una misera veste vecchia e sdruscita, con le mani legate dietro le terga, fu condotto dalle carceri del Castello al Palazzo, dove gli venne letto il « processo ». Egli era dichiarato ribelle della sacra maestà del re e reo del delitto di lesa maestà: i.° per aver condotto le truppe contro Monaco e causata la morte di molti ; 2.0 per aver eccitato il popolo a non rappacificarsi col re; 3." per aver combattuto contro le truppe regie e aver procurato così la morte ad altre molte persone. Egli era perciò condannato al taglio della testa : il suo corpo squartato doveva essere appeso sulla porta del-l’Arco, sulla torre del molo, sulla porta di S. Tommaso e su quella dell’Acquasola ; la testa, confitta su di una (1) La descrizione della morte di Paolo da Novi può leggersi in B.. Senarega. op. cit., col. 5g3, 594 e in d’Auton, op. cit., Tomo IV, pag. 76-80. Pare che quest’ultimo assegni la esecuzione di Paolo da Novi al 5 giugno, ma I’Assereto, (op. cit., pag. 276) propone un mutamento di punteggiatura pel quale ii periodo verrebbe a significare che il Doge fu decapitato il quinto giorno dopo la promulgazione della sentenza (Après la sentence par la justice donnée, le cinquième jour, du mois de juin). Chi narra mirabilmente quella triste scena è il nostro diarista. — Michel-Giuseppe Canale che non aveva mai in precedenza dato segno di conoscere il Diario, copia in questo punto alla lettera la suddetta narrazione. 2Q0 Anno l50y lancia, sulla torre del Palazzo. Udita la terribile condanna, il vecchio doge fu fatto salire sul palco, e qui l’anonimo diarista ci descrive come si presentasse la piazza agli occhi del condannato. Tutto lo spazio libero era stipato di nobili, di popolo, di artigiani e di gente armata. A quel mare di teste e a quella immensa folla, tra cui si trovavano coloro che lo avevano creato doge e portato in trionfo, e quelli che lo avevano bandito e ora lo traevano a morte , il grande e securo spirito popolare rivolse la sua parola, i suoi ultimi consigli. Chiese dapprima perdono se avesse recato ad alcuno qualche dolore e invitò tutti a pregare per 1’ anima sua ; poi raccomandò alla plebe di restare sempre unita, di ubbidire al re e di non fidarsi troppo nè dei nobili, nè del popolo grasso, pel quale egli si trovava a quegli estremi; indi rivoltosi al carnefice gli disse che facesse presto il suo ufficio; s’inginocchiò, mise il capo sul ceppo ed in un istante passò all’eternità. Delle sue membra si fece orribile scempio, come imponeva la condanna. Il capo, lasciato per due. giorni sul palco, fu poi infisso su un’asta sulla torre del Palazzo ('). Così finiva Paolo da Novi, il più attivo, il più fervido, il più intelligente dei popolari durante la lotta contro i nobili. Il popolo, nominandolo doge, volle premiare la tenacia di lui nel dirigerlo e nel difenderlo ; caduto il dominio popolare, doveva piegarsi e cadere altresì la sua (ij Marcello Staglieno nel suo studio intorno al Doge Paolo da Novi op. cit., pag. 41J2 ha esumato dal registro d1 un cancelliere la nota della spesa per la esecuzione di Paolo da Novi, che fu di lire sette e soldi dieci. ί*ine del governo popolare 01 a- Ora, mentre le misere carni del doge, idolatrato popolo, imputridivano in quattro parti della città e la testa dominava dalla cima della torre Genova tutta, C'è* nova sua, il popolo indifferente tornava agli usati lavori allietava delle accoglienze che si sarebbero fatte tra pochi giorni al re di Spagna, che moveva verso Savona per abboccai si col re di hrancia ('). Il sangue sparso dai martiri della libertà, del pensiero e dell’azione fu sciupi e fecondo; forse quello di Paolo da Novi, gridando vendetta, spinse di nuovo alla riscossa il popolo genovese, allorché cinque anni dopo sorgeva minaccioso e Sl scoteva di dosso la dominazione straniera. ' V i - APPENDICE ' . ι J . . ' Cenni critici sul Diario degli anni 1506-07. qualche dotto studioso di cose genovesi non fu ignota l’esistenza del presente Diario; Cornelio de Simoni infatti, nella sua edizione della « Cronaca di Genova » di Alessandro Saivago, lo cita sovente per correggere gli errori di data in cui il Saivago stesso è incorso; Giuseppe Calligaris, riferendosi al de Simoni, ne fa cenno in una nota al suo lavoro su « Carlo di Savoia e i torbidi genovesi del 1506-07 »; Arturo Ferretto nella « Illustrazione storica della strofa: Rapallin sottaera gatti etc. » ne dà aneli’ egli qualche notizia, ma tutti e tre questi autori attinsero dalla medesima copia del Diario, da quella cioè esistente nella biblioteca Beriana, mentre in Genova ve ne sono altre due migliori, una all’Archivio di Stato e l’altra a quello Civico municipale. Antonio Manno nella sua « Bibliografia degli stati della Monar- Cenni critici chia di Savoia » (') accenna pure ad una copia esistente nell’ Archivio di Stato di Torino; ma benché si sieno fatte le più dilìgenti ricerche, non si potè ritrovarla (2). Venendo ora a discorrere di ciascuno dei tre manoscritti, dirò che quello dell’ Archivio di Stato appartiene al fondo Federici ed è contrassegnato dal n. 118; ha una rilegatura moderna in cartone e misuia mm. 295x431. Il manoscritto cartaceo è difeso da una carta di guardia ed è di pag. 22 numerate da una sola parte, tutte benissimo conservate, tranne le prime un po’ sciupate ai margini dall’ umidità e dai tarli. La scrittura sembra della fine del 500, è un corsivo poco curato e talvolta non facile a interpretarsi. Le pagine hanno un largo margine superiore ed inferiore e anche sul lato sinistro dove, accanto al testo, leggonsi i sommali molto accurati dell’argomento che vi si tratta, sommali che però non continuano oltre la carta 4 verso. La nat-razione prosegue senza alcun « a capo » sino alla fine della carta 19 verso, nella quale il Diario ha termine. Nella carta seguente (20 recto) è trascritto il giuramento di fedeltà prestato dai genovesi al doge Pietio Campofregoso (eletto nel 1450), con le promesse da lui fatte al popolo (5), indi un « Registrimi Cronicarum (1) Voi. VI, pag. 95, n. 22622. (2) Recatomi a Torino per collazionare il testo del Diario colla copia ivi esistente non fu possibile rinvenirla. La indicazione del catalogo che si riferiva al Diario è stata cancellata con un tratto di penna e furono m rut-tuose le ricerche fatte dall’egregio signor cav. Sforza, capo archivista, il quale anche poco tempo fa, gentilmente mi scriveva non essergli stato possibile ritrovare il manoscritto. (3) Cfr. in Appendice, Doc. XLVI11. sul Diario degli anni 1606-07 297 di Genova » (sic) in cui sono narrati in ordine cronologico un po sconnesso i fatti della storia genovese dal 1 100 al 1449 che parvero all’autore più degni di memoria ( )■ Questo «Registrimi» finisce a carta 22 recto. Tra il verso di questa e il recto della carta di guardia, vennero inserite 14 pagine (2) di minor formato e numerate da una sola parte, che, sino alla carta 10 r. contengono i privilegi concessi dal re Luigi XII a Genova nel maggio del 1507 (’). Sul verso della carta 10 sta scritto: « Capitoli fatti col Re Christianissimo l’an-« no 1507 quando prese la cita per forza, cavati da « una copia antica appresso il M.co Giuseppe Marti-« gnone » e sotto: « notande» La c. 11. è tutta occupata da due lunghe colonne di nomi dei « Mercadanti 0 sia populo grasso » e degli « Artefici e populo mi-« nuto che furono di fattione li anni de 1506 e 1507 « che fu il viva populo di Genova » (4). La c. 12. contiene la trascrizione di un lungo passo del diario (13-14 maggio) che riporta i nomi dei banditi da Genova; la c. 13. un altro passo (18-19 maggio) e, subito dopo, la notizia dell’arresto (1 giugno) di Paolo da Novi e del suo supplizio (15 giugno); dopo i|uesta, una lista delle famiglie nobili elette durante il governo popolare (1) Cfr. in Appendice Doc. XUX. (2) Sono 14 e non 18 come afferma il Federici nel catalogo delle opere consegnate in eredità al comune di Genova e come ripete nell’angolo superiore a sinistra della prima facciata. (3) Cfr. in Appendice Doc. XLV. (4) Cfr. in Appendice Doc. XLVI. 2C)H Conni critici per un terzo degli offici ai quali, come è noto, non parteciparono essendo fuori di città. (') Il manoscritto, dell’Archivio Civico di Genova appartiene al fondo Pallavicini e porta il n. 881-1152; è legato in pergamena e misura mm. 353x243. Sul dorso è scritta la vecchia segnatura A-10 e poi il titolo « Narratione delli anni 1506 e 1507. Seguita... », il resto è coperto dalla scheda che reca la nuova indicazione del catalogo; sul lato superiore della copertina, in alto, altre antiche indicazioni: «Se 7.a, c. 3, n. 17 ». Aprendo il ms. troviamo una carta di guardia, indi un’ altra sul cui recto si leggono le seguenti parole: « In nomine Domini ac D. Μ. V. e P. C. Gio. Batt. « 1597 a 25 di agosto, in Genova a F'asciolo. Histo-« ria del successo de anni de j 506, e 1 507 a Genovesi « trascritto fedelmente da una copia che mi fu datta « da un Gentilhomo Genovese per mezzo del Sig. Giu-« Ho Pasqua quon. Alessandro, nella quale si vede molti « e vari accidenti occorsi a quei tempi alla nostra Re-« pubblica, amaestramento a posteri di schiffare tutti quei « mali e altri che si possono credere che debbono av-« venire quando la Plebe prende ardire di dominare « con tanta ignoranza le città, perchè non ne può riu-« scire se non rovine morti e sachegiamenti che tra-« boccano in maggiore servitù e giogho più tirannico « come è sempre seguito. Di Giulio Pallavicino q. A-« gostino q. Francesco q. Tobia scrisse ». (1) Cfr. in Appendice Doc. XLVII. sul Diario degli anni l5o6-Q7 2Q0 Sul recto della pagina seguente è scritta questa lettera: « All’illustre signor il sign. Giulio Pasqua, « mio signore osservandissimo. Con l’opra e mezzo di « V. S. ebbi da quel Gentilhomo, la quale desiderava « assai, la relazione del successo occorso Γ anno del « 1506 e 1507 alla nostra Repubblica, la quale sebbe-« ne 111 parte liavea visto e per historia e stampati e « a mano, con tutto questo niuna di esse mi ha così « compitamente soddisfatto come questo, havendo egli « nello scriverla tenuto minutissimo conto di quanto se-« guiva di giorno in giorno e de hora in hora, cosa « che porgie a chi la leggiera grandissimo piacere, come « I10 sentito io nel copiarla e leggerla, havendo ciò « fatto più di una volta; ringrazio donque V. S. e le « ne terrò quel perpetuo obligo che per me si potrà « maggiore. Tra tanto gli la mando. V. S. la legga e « insieme mi tenga per suo come sono; le bacio le « mani, che N. S. la conservi nella sua santa gratia. « Di Fasciolo alli 20 di Agosto 1597. Di V. S. 111.ma « aff.mo et obb.mo Giulio Pallavicino q. Agostino ». 'Dopo altre due carte incomincia il Diario col titolo « L’anno 1506 »; esso occupa 35 carte non numerate alla fine delle quali sono scritte queste parole: « Laus « Deo ac D. Marie Virginis et P. S.to Io. Baptiste, (< ‘597- a 5 di Agosto 1597 in Genova. Io, Giulio Pal-« lavicino, ho trascritto » e più sotto: « detto Giulio « Pallavicino q. Agostino q. Francesco q. Tobia. » Il volume finisce con 5 fogli in bianco; la scrittura accurata ed uniforme è tutta di una mano. La copia della biblioteca Beriana è in un volu- 300 Cenni critici me di « Miscellanea di cose riguardanti la storia di « Genova » (D bis 3. 8. 14); il volume, oltre al diario, contiene altri documenti interessanti il periodo di storia da noi studiato e dei quali non ci sembra inutile dare notizia. Il i.° documento che si incontra nella miscellanea è l’istruzione data (30 settembre 1506) a Lorenzo Cattaneo, Gerolamo Giudice e Lazzaro Picchiotto incaricati di recarsi incontro al serenissimo re d Aragona. Il 2.0 documento non tratta di cose inerenti al nostro argomento; il 3.0 è l atto col quale Genova (10 maggio) promette di pagare duecentomila scudi al re di Francia, per ottenere il perdono da lui concesso 1 1 1 maggio. Alla fine, la niano stessa che copiò il documento scrive: « ^ Benedictus Dominus Deus patruum « nostrorum qui eripuit nos de manu Gallorum et ab « insidiis eorum Ligures liberare dignetur per infinita « secula seculorum. Amen, Anien ». Il 4.0 documento contiene la prima metà del diario, e più precisamente la narrazione degli avvenimenti del 1506 e dei primi giorni del 1507, che è interrotta al sabato (9 gennaio) alle parole: « lo tenore della resposta era che haveva-« no visto la sua lettera, alia quale non davano re-« sposta altrimenti loro erano ivi in favor del stato. » Dopo due fogli bianchi numerati, troviamo il documento 5.0 che ci dà il resto del diario; la calligrafia però è di altra mano assai più recente , inoltre la narrazione non prosegue dal 9, ma si ripiglia dal i.° gennaio, ed ha per titolo « Anno 1507 ». Questa seconda parte è di 60 pagine numerate soltanto sul recto, sul Diario degli anni 1006-07 3oi aventi largo margine verso l’esterno, con scrittura a lettele grandi ed in righe distanti l’una' dall’altra. Il 6. ha sulla carta di guardia la data: « 1507, 31 maggio » e contiene un bell’esemplare dei privilegi concessi dal re Luigi XII dopo la riconquista di Genova; consta di 48 pagine non numerate; le intestazioni dei capitoli ed il loro numero d’ordine sono scritti in inchiostro rosso, il testo in nero ed in fine v’è l’indice o « Iabula Privilegiorum per Regiam Maiestatem Civitati « Janue concessorum ». Il documento 7." ci offre un’altra copia dei privilegi, è di 22 carte non numerate, la scrittura è chiara e corretta, i capitoli si succedono senza titolo e numerazione. Passando ora allo studio critico dei tre manoscritti, dirò subito che quello della Beriana è senza dubbio una copia del ms. dell’Archivio di Stato. Ce lo prova il fatto che in tutti i punti dove le pagine di questo sono mutile per lacerazione, il ms. della Beriana presenta pure una lacuna. A conferma di ciò potrei citare moltissimi esempi, ma mi contenterò di pochi soltanto. Nel ms. della Beriana è scritto (6 luglio) « con un « pugnale lo p... » e questa lacuna corrisponde ad una piccola mutilazione nella prima pagina del ms. dell’Archivio di Stato; così la lacuna della Beriana (18 luglio) « tra li altri fu... Vesconte d’ Oria », quella del 30 agosto « diece milia cantara... presa », del 4 settembre « non li ossavano... e che lo governatore » ed altre coincidono perfettamente con lacerazioni del ms. dell’Ar- 302 Cenni critici chivio di Stato. La prima metà del diario contenuto nella Miscellanea è dunque una copia esattissima di detto manoscritto; chi invece ricopiò 1 altra metà, pur seguendo costantemente l’argomento del diario, ne modificò il testo, usando parole, frasi e costrutti modei ni e forse ebbe dinanzi a sè una copia del Diario divei sa dalla precedente perchè, dopo aver seguito il diario fino all’ ultimo, si ferma a narrare sommariamente le vicende dell’incontro del re di Francia con quello di Spagna in Savona; fa commenti sulla breve durata dell amicizia ira i due re, muove accuse a quei di Savona per avei cercato di mettere in cattiva luce i genovesi al cospetto di re Luigi XII, per ottenere da lui nuovi privilegi, accenna brevemente all’ abbattimento delle case fatto dal Salazar attorno a Castelletto ed all’audace fiuto del Sudario e termina rivolgendo grandi lodi al governatore Lannoy, di cui rimpiange la partenza ed accenna al suo successore, il signor della Rochechuart. Queste notizie, che non si riscontrano nelle altre due copie, devono essere state aggiunte da chi era contemporaneo ai fatti, poiché l’ultimo copista, essendo vissuto in tempi molto posteriori all’ epoca del Diario, non aveva ragione alcuna di scrivere le lodi del Lannoy. In verità io non stimai doveroso di ricopiare quelle poche notizie aggiunte, avendo constatato che sono già riportate colla stessa abbondanza di particolari, dagli annalisti del tempo, Senarega e Giustiniani. Le altre due copie del Diario, benché presentino qua e là qualche differenza, sono tra loro tanto somiglianti, da poter dire che entrambi hanno attinto dalla stessa fonte, lei o j] lris dell’Archivio di Stato sembra scritto da un amanuense scorretto e indotto mentre quello dell Ai chivio Civico è assai più accurato; il fatto poi che molte lacune del ms. dell’Archivio di Stato sono chiai ite dal ms. del Civico e viceversa, è prova evidente che uno non è copia dell’altro. Si avverta inoltre che, quantunque il ms. del Civico abbia omesso parecchie parole, ciò non lede in nessun modo il senso del periodo, anzi lo rende più agile e più intelligibile; si devono però rimproverare ripetute omissioni di due o tre righe, che sono certo dovute alla distrazione del copista perchè hanno sempre per causa il ritorno a breve distanza di parole o frasi identiche come; « A dì detto..., banco « di S. Giorgio, etc. ». Del resto, prove indiscutibili che i due ms. derivino da una stessa fonte sono gli errori e le lacune comuni. Entrambi i copisti sbagliano nel- lo scrivere 29 luglio, invece di 20, come doveva essere nell originale; scrivono che il governatore era venuto con o « Vra e trionfo » (25 Ottobre 1506) ricopiando e imitando graficamente una parola che essi stessi, senza dubbio, non capivano ; Γ uno e 1’ altro lasciano lacunoso il periodo (6 aprile): « S’è ordinato che quelli de Bezagno fornizeno « la bastia de... »; e l’altro (23 aprile): « etiam è venuto « un caporale romano, inimico di francesi quale ha « nome .... ». Volendo ora discorrere delle qualità intrinseche del Diario, dirò a chi voglia sentire il profumo delle cose antiche: imprenda a leggere quelle pagine.Esse sono un ritratto fedele dei tempi, degli avvenimenti e degli uomini che vi presero parte. Le lotte cittadine, gli odi dei partiti, le incon- 304 Cenni critici suite deliberazioni della plebe sediziosa, audace e prepotente, ma inesperta così dell’arte di governare come di guerreggiare , i sacrifizi di vite e di denaro fatti dalla grande e superba città per raggiungere i suoi fini, sono descritti con mirabile vivezza da un uomo del popolo. 1 suoi scatti, Γ indignazione che sente per le male azioni dei capi-parte (27 gennaio), i suoi dubbi atroci « dubito « non li sia de’ grandi traitori » (22 gennaio i5°7) perchè ritardavasi l’assalto a Monaco; lo scetticismo per la pacificazione dei Fregoso e degli Adorno che prevede effimera ; l’esclamazione (31 ottobre 1506): « e « meschina questa terra ! » alla notizia che i nobili mandino un « capelazo » a Genova ; « Dio voglia che « avvenga bene, di che ne dubito assai » (4 novembre 1 506); « Dio voglia si li possa perseverare, quod non « credo » (20 novembre 1506), provano a esuberanza che 1’ anonimo diarista è un fervente partigiano del popolo. Se poi vogliamo indagare quando 1’ anonimo si sia accinto a scrivere il suo Diario , dobbiamo presupporre che egli abbia dovuto innanzi tutto conoscere, lo svolgersi dei primi fatti e l’importanza della sollevazione per decidersi poi a prenderne nota, e perciò egli non dovette scrivere subito appena scoppiò la sommossa, ma sibbene qualche mese più tardi e ne abbiamo una prova nel fatto che, mentre descrive con molta accuratezza le prime giornate della sollevazione come quelle che erano rimaste più impresse nella sua mente, non ha che poche linee pei fatti successivi dell’ agosto e pare si affretti per giungere ai primi di settembre. Sembra appunto che ai primi di settembre egli abbia incorniti- sul Diario degli anni 1506-07 3o5 Ciat0 a stendere regolarmente il suo diario , perchè di η ' 1 1U1 tl narrazione procede più sicura ed esente da lacune di tempo. V’è solo da notare qua e là qualche ritaido nel segnare gli avvenimenti, ma a volte è neces sar 10 f)tM Vedere come riuscissero gli eventi. Dal 12 a 1 ^ c^cembre evvi un cenno di rilassatezza; così pure ai primi di gennaio del 1507 sembra che l’anonimo abbia ripreso il filo della sua narrazione il sette 0 ^ otto gennaio, che parla troppo spesso di fatti avvenuti 1 « indomani » ; ma eccettuate queste brevi soste, si scorge chiaramente che egli segue giorno pei gioì no a notare come si svolgano «di avvenimenti : O o 1 suoi timori, le sue ansie, le apprensioni per fatti che non avvennero o non ebbero alcuna grave conseguenza, ne sono indizio manifesto. Talvolta, nel precipitare degli eventi, come nel periodo dell'ultimo assalto a Monaco, nell elezione di Paolo da Novi, e nella presa della città, g ■ 01 dini, le gride, gli avvenimenti si susseguono a sì bieve intervallo da costringerlo a darci notizie alla rinfusa, e allora se non ci venissero in soccorso i documenti, alcune potrebbero farci cadere in qualche sbaglio, specialmente per rispetto ai giorni a cui 1 fatti si riferiscono. E’ naturale poi che il diarista si fermi più a lungo sulle vicende cittadine e de-scnva con accuratezza i molti concili tenutisi in quel volgere di tempo, ai quali certo deve avere anche egli partecipato , perchè non ha mai errato nè frainteso e le sue relazioni sono in perfetto accordo con quelle tramandateci dai notari; qualche volta s’indugia su cu-'riosi particolari, come l’accenno alla gran copia di gam- 3o6 Conni critici beri bianchi raccolti presso il ponte degli Spinola, o all’inverno assai mite del 1507, mentre per contro si mostra troppo parco 0 quasi digiuno di notizie nei rapporti tra Genova e le corti di Francia e di Savoia, così da aver bisogno delle fonti di Archivio, per esserne meglio informati; ma, ripetiamo, egli è esauriente nella relazione degli avvenimenti interni. E’ per merito dell’anonimo se questa sollevazione popolare, quasi sconosciuta o soltanto accennata per la grande e bella figura di Paolo da Novi, il doge popolare che sostenne con superba audacia la causa del popolo, e difese la repubblica nella sua legittima e intera libertà, assume un’importanza indiscutibile per conoscere a fondo la storia ligure. Poiché, fatta eccezione dello splen-dido episodio del dogato popolare, pochi avevano notizia di cotesti moti civili, che preludono e preparano a breve distanza 1’ eroica sollevazione che ricaccerà per sempre i francesi da Genova ; pochissimi conoscevano l’infausto ma non inglorioso assedio di Monaco. Chi infatti se ne è occupato sul serio ? Solo il d’Auton contemporaneo agli avvenimenti e il Saige dei tempi nostri, lo hanno studiato con intelletto d’amore. Essi trattarono bensì con ampiezza di particolari questo interessante periodo storico, ma conobbero soltanto le gesta degli assediati e queste posero in evidenza; degli assedianti e delle loro vicende poco dissero perchè poco era loro dato di sapere. Del resto anche i cronisti genovesi ne parlarono per sommi capi, e forse non ne fecero parola per proposito, perchè l’impresa non aveva avuto un esito felice per i loro concittadini : ma ai giorni sul Diario degli anni ΐ50ΰ-07 3oy nostn la storia non ammette negligenze o trascuranze pei patrio sentimento: la storia è la scienza delle azioni, è la maestra della vita; ogni sventura toccata ai nostri padri è ammaestramento e scuola per noi : la ricerca del vero sta sopra ad ogni preconcetto, ad ogni pietoso silenzio ; la storia non è tanto utile per contenere il passato (pianto perchè vi si legge 1’ avvenire. Lo stile del Diario non è buono, nè pretende di esserlo; è prettamente popolare, è rozzo, gli manca affatto il lenocinio della frase; qualche volta la narrazione difetta di precisione e di chiarezza perchè l’anonimo, contemporaneo agli avvenimenti, crede di essersi sufficientemente spiegato, tace o sorvola su particolari che gli paiono inutili, mentre a noi sarebbero necessarissimi. La grammatica pure è poco rispettata e i periodi informi; basti leggere questo: « Costoro li parlorno molto largo e stimono poco le sue minace, dove che in ultimo li respose » e l’altro del 7 settembre 1506; nia bisogna tener presente che chi scrive è un uomo del popolo; così qua e colà incontrasi qualche vocabolo difficile a spiegarsi, ma questo è dovuto alla lontananza dei tempi; neppure si deve ascrivere a colpa all autore se ignaro delle cose di corte fa sì che il re di Spagna (2 ottobre 1506) risponda come un semplice borghesuccio ai legati genovesi recatisi a Portofino per complimentarlo; se alla notizia che il Cleves lascia Genova, fa dire ai popolani che « se ne andasse pure in sua malora »; lo stile è l’uomo. L'anonimo non è solo un popolare (7-8 settembre 1506), ma uno del popolo minuto, che vede poco volentieri il governo e il governatore 3oS Cenni critici francese (3 dicembre 1506, 27 marzo. 11 maggio 1507)1 è uno che odia i nobili « li quali vorriano che li populi mi-« miti stesseno male insieme e se tagliassero a pezi « l’uno con l’altro » (17 marzo 1507) e vorrebbe tagliare a pezzi il popolo grasso ( 1 7 settembre 15°6) > anzi è 1111 « arrabbiato » perchè sopprimerebbe anche qualcuno del popolo minuto (11 settembre 1506). Dicemmo testé che egli è minuzioso nelle notizie che si riferiscono all’ ambiente in cui vive e che è scarso in quelle di fatti che succedono fuori di Genova, e ciò e spiegabilissimo; egli espone soltanto ciò che sa per aver udito a dire; nessuna notizia di carattere segreto; anche quando parla delle artiglierie mandate a Pieve di Teco, non fa cenno alcuno alla possibilità che dovessero servire ad altro fine; una volta sola egli scrive (il 5 dicembre 1507! « è venuto nova e io habio havuto le let-« tere conio in Aste li populi levati in armi, ecc. » ma non fu cosa d’ importanza ed è pure incerto se fosse vera. Benché sia un popolare ed un « arrabbiato » pure è amantissimo della patria e della religione (31 ottobre, 4 e 20 novembre 1506); deplora i saccheggi, le violenze di qualche plebeo (27 gennaio, 6 e 10 marzo, 11 e 13 aprile), e quando si avvede che ogni speranza di resistere alle truppe francesi è vana, chiama tristi coloro che vogliono un inutile spargimento di sangue (26 aprile 1507); ma non è sempre imparziale. Da uno studio accurato sul diario apparisce che, per quanto egli procuri di non manifestarlo, più d' una volta si rivela partigiano dei Fregoso. Egli cerca sempre di metterli in bella luce, fa notare che Sono i più forti e nello sul Diario degli anni l506-07 stesso tempo i più devoti alle leggi ed all’ordine (20 lim\C 4 ^'c· J5o6). Dell’ audace e inonesto tentativo dei 1 i ego so (1 χ gennaio 1507) parla poco e senza alcun malevolo commento, dice anzi che Ottaviano Fregoso « con ingegno e pericolo » scampò dai camogliesi; dice che Antonio Sivori è del « colore Fregoso » ed è « homo che è bene voluto da homini » (22 marzo 1507); il notaro Francesco de Camogli è « la magior testa di popolo avesseno li Fregosi » calunniato sempre da quelli dell altro « colore » ed « è venuto a scolparsi a Palazzo « con una bellissima compagnia d’amici de’ Fregosi ». (11 genn. 1507). Non basta; egli narra che per indagare sul tentativo dei Fregoso ormai fallito, fu imprigionato Baldassarre Fornellino (12 gennaio) « e lo misseno perfino alla corda, quantunque 'fosse omo antiquo » e questi (13 gennaio) « per uscir de tormenti » palesò gl’intendimenti di Ottaviano Fregoso ma. « mentiva per la golla. » lei contro non può celare la sua animosità ogniqualvolta parla degli Adorno (21 die. 1506); dice che a questo partito sono affigliati in maggior numero quelli che appartengono al popolo grasso; quando Agostino Castiglione viene da Monaco a Genova per denunziare le presunte trame degli Adorno e del signore di Finale, tace della lettera del Carretto che prova la sua innocenza; se parla dei capi parte degli Adorno, non si rat-tiene dal dire che essi sono « con una compagnia di tristi » tutti banditi ed armati sino ai denti, perciò i Fiegoso 1 icori 0110 al governatore per farli « slo^cnare » Mi pare quin li che 11011 sia imprudente l’asseverare che ! anonimo fosse del partito Fregoso. E il nome del dia- 3ιο Cenni critici rista? Noi non possiamo precisarlo, crediamo pero che siano da escludersi i due cronisti di quei tempi: Bartolomeo Senarega e Antonio Gallo perchè erano troppo illustri latinisti per non saper usare in modo più garbato la lingua italiana : inoltre non sarebbero stati così ai denti partigiani del popolo minuto. La questione insoluta del nome non esclude l’importanza intrinseca del Diano, l’esposizione chiara e veritiera dei moti civili del 1506 e 1507; e come io feci tesoro del Diario per studiale le vicende della sollevazione popolare, così altri potranno trovare in esso ampia materia di studi filologici e toponomastici, notizie intorno alla storia del costume e del giure. Nella pubblicazione del Diario ho seguito la via segnatami dai più dotti di me, e ho scelto fi a le due co pie dell’ Archivio di Stato e deli’Archivio Civico la lezione che mi parve migliore, prendendo dall una e dall’altra la notizia storica più corretta e più sicura, non dimenticando di esporre in nota le varianti di qualche importanza che mutavano un fatto o un nome. Ho curato pure che il testo conservasse intatto il sapore dell antichità, ritoccando soltanto la punteggiatura e l’ortografia per renderne più facile e più spedita la lezione, e 1 ho corredato di alcune annotazioni dove mi parve opportuno spiegare qualche costrutto un po’ difficile e correggere qualche errore di data. I documenti che se guono il diàrio sono scelti tra quelli che mi parvero più utili a chiarire qualche importante avvenimento, 0 a recare contributo di notizie interessanti sui punti più salienti della storia di quell’anno, come ad es. l’assedio di Monaco. In ultimo vengono i privilegi concessi ai sul Diario degli anni l5o6-C>7 8enovtsI Ja Luigi XII nel maggio 1507, i quali, sebbene nell intestazione dei vari capitoli sembrino identici a quelli eia lui elargiti nel 1499 e pubblicati già da L. 1. Belgrano e dal Pélissier, pure nella sostanza si allontanano e non di poco dai precedenti. Nel poi re fine al mio lavoro, prego il lettore, di usarmi un poco di indulgenza per gli errori che mi fossero sfuggiti nella faticosa trascrizione dei documenti, pensando al grave compito che mi. sono assunto nella ricerca di tali notizie, sì che potrei appropriarmi senza ostentazione la divisa: sudavi et alsi. _ » ® ® W A\ A A Λ A Λ A ■ ' '.· <>vmwTTTtcnjiTT-iMim^^iW?m . ^ ^ * * * + * i I $ $ $ Q $ 'j ? $ $ $ $ Diario degli anni 1506-1507.0 In lo nome de Cristo, in l’anno de 1506 in lo tempo dii Christianissimo re di Pranza, del detto anno lo populo della nostra città, obprobiato dalli nostri gen-tilhomim per tale modo che non era nisuno del populo chi presumesse contrastar con loro e già anni fa non era nisuno del populo chi havesse litigio avanti d’al-cuno magistrato con gentilhomini che potesse haver ragione, in questo anno fu fatto una compagnia de giovani gentilhomini la quale compagnia haveano preso nome « la Compagnia de l’Aguo » tutti portavano un pugnale ìongo de doi palmi in circa fatto a modo d’uno ago; se li havevano fatto condure da Milano; in lo manico haveano uno motto che dicea : castiga villani. Non era homo di populo chi avesse da contratare niente con alcuno gentilhomo, lo minor dispregio che li diceva era : villano, e li havevano la mano sopra il viso. A di 20 de Zugno del presente anno in Banchi Gioseppe da Dernixe notaro demandando certi denari a Martino Spinola de Lucuri, lo detto Martino li disse diversi dispregi e li menò uno calzo; un altro genti- o (1) Tutte le parole che in questo Diario si troveranno chiuse tra parentesi quadre furono da me aggiunte per precisare date 0 spiegare parole di non facile interpretazione. 314 Anno l5o6 lhomo diede uno buffetto a Giovanni Vorrella ( ) de doi giorni avanti. Quello giorno medesmo eh eia .dii 20 in sabbatO, Manuele de Canale in Banchi , domandando certi denari a! tiglio del q. Stefano Cigala, lo quale li disse diverse villanie e dispregi e li meno un buffetto, per le quali cose il populo s è risentito e fecino serrar botteghe, e ne andò una grande moltitudine a palacio dove uno locotenente de Mons. Filippo de Revasten, chi era governatore, che si chiamava Rochabertino, che era Novarese (2), homo scortissimo, ha fatto prendere detto Cigala e ponere in prigione dove le cose se scoteranno e ha bandito detto Cigala, doi giovani Cattanei e un altro Giuria , che tutti haveano dati schiaffi e le cose se acquetorno. Altro sabbato vegnando, che fu alli 27 [Giugno] fu datto da altri gentilhomini delli schiaffi a certi altri o del populo, per tale modo che lo populo s è resentito grandissimamente, e grandi e piccoli, e perchè era grandissima divisione et odio in lo populo da Adorni e Fregosi s’ è quietato 1 odio e la parcialità e se congregò grande moltitudine de homini in la piazza delli Giustiniani e ivi fecino conseglio e feceno XII capitani de populo che fosseno con lo locotenente e Antiani e vedesono di prendere qualche termine che lo populo non fosse così sofocato e dispregiato dalli gentilhomini: Il nome de’ capitani sono questi : Antonio Sanii, Stef-fano Giustiniano, Francesco de Camugli, Domenico Adorno, Theramo Ballano, Bartolomeo da Ceva, Simon da Mandora, Giacomo Dernise, Stefano de Capriata, Rafaele de Fornari, Antonio d’Albaria. Li gen- (1) Il ms. delPArch. Civico ha: Bonella (2) Errato per: Navarese. Cfr. in proposito pag. 9. Diario 315 tilhomini, inteso questo, hano fatto quatro capitani che possino spendere e fare quello che parrà a loro ; il nome loro sono questi : Luca Spinola de S.to Luca, Gio. d Oria, Gio. Ambrogio da Fiesco, Angelo Ceba; poi hanno fatto certi altri deputati de fare provigione de somma d’ arme e retenire loro amici. L’ altro sabbato vegliando a di 6 di Luglio, essendo una donna di Poncevera in S.to Lorenzo che vendeva uno cavagno de fonzi, uno Bartolomeo da Fiesco li volse comprare ; non possandose acordare, li disse molti dispregi, poi li ha dato della mano nel viso. Uno che se chiamava Giacomo Gigione maxelaro, uxito di Poncevera, li disse non la dovesse battere, chè li era sua parente ; alhora è uscito fuora Giovati Georgio da Fiesco e asaltò detto Giacomo con un pugnale ; lo quale Giacomo è fugito per fino in lo capo della strada del fillo, cridando : arme arme ; poi ha arrancato uno pugnale e s'è volto verso detto Gio. Georgio lo quale è fugito in la chiesa di Santo Lorenzo e subito molti artexani hanno prexo l’arme in mano: con gran fatica le cose se aquetorno. A di 18 [Luglio] iti sabato, essendo li dodeci capi in palacio per poner qualche termine amicabilmente dal populo alli gentilhomini, Monsignor Gio. Aloise da Fiesco vene in palacio con homini ducente con le arme indosso ; la nova è andata per la terra che lo populo era venduto a palacio. Subito lo populo s’ è levato in arme, tanta moltitudine e sì presto che pareva una meraviglia, cridando: Franza, viva populo; dove quella cera [sera] fu ferito diversi gentilhomini ; tra li altri fu morto Vesconte d’ Oria da diversi tristi, e ferito Agostino d’Oria, li quali èrano homini più presto pacifichi clic altro. Li gentilhomini, chi è andato fuora, chi se 316 Anno l5o<5 ascose ; la notte, stando la terra in arme, fu posta a sacho tutta la casa di Ansaldo de Grimaldo , tutta la casa de Cataneo Gentile, figliolo del quondam Petro Falamonica, tutta la casa del q. Nicolò Lomelino de Banchi, tutta la casa di Michaele Imperiale, tutta la casa di Giofro Cataneo, tutta la casa di Agostino Cataneo, a Genova e in villa , e diverse altre ne furono arrobate qualche parte; lo giorno è venuto adosso e se quietò lo rubare. La domenica mattina [19 Luglio] sono andati in Pa-lazo e hanno ordinato di dare provigione alli officij e regulare la terra acioche se deponesse Γ arme. E venuto nova che Mons. Giovan Loise da Fiesco commulava gente in violato ; lo locotenente de lo governatore e li capitani li maftdorno a dire che volesse venire a palacio con sei o otto, o vero andasse fuori della terra ; non facendo questo, anderiamo con le armi in mano a scasarlo fuora; ha mandato a respondere venirebbe a palacio, ma voleva 400 homini per guardia della sua persona. Questa cosa si è divulgata per la terra ; subito lo populo, la maggior parte, se aviaggiò alla volta del borgo di Santo Stefano e de Violato. Detto Mons. Giovan Loise con certi gentilhomini, che la note sono retirati in Violato, sono andati fuora e hanno lasciato la porta del Ercho ben fornita, dove lo populo ge arrivato e per forza d’ arme lo presero. Li furono diversi feriti ; è morto uno Cambialanza che era in detta porta, poi hanno fornito detta porta con tutte l’altre e violato. In Palazo se comulò grandissima moltitudine de cittadini de populo con le robe in dosso e fu fatto consilio dove hanno deliberato de far eletione nova de Antiani, li quali fosseno quatro gentilhomini, quatro mercadanti e quattro artexani e cosi hanno fatto tutti Γaltri offitii 3i? e novo, che andasseno per terzo, e così hanno passato , C (|Uc11'1 domenica mattina hanno li Antiani, li nomi quali sono: Sorleono Lomellino, Francesco Cattaneo, ^Centurione, Luchino Castanea de Marino, Donato e ai co, Gio. Batta Cocarello, Petro Sauli, Paulo Banca Giustiniano, Batta de Rappallo, Bernardo Cazella, Augustino de Ferrari, Bartolomeo Soffia ('). Da poi che hanno fatto questi antiani in far de quali è intervenuto Geronimo d’Oria e Benedetto e Gio. Pinello (2), li quali erano Antiani de vegio, li detti Antiani de novo sono montati a cavalo con lo locotenente in compagnia e andorno con tutto il populo armato, con una grande parte delli homini de Sestri e della valle di Poncevera, li quali senza indugione alcuna come hanno inteso la teira essere in arme, sono venuti da sescento con le armi in dosso in favor del populo ofierendose da dissette sino in settanta [anni\ prendere 1’armi e scorsero la teria pei fino alla porta di Santo Tommaso e ivi hanno dato licenza a quelli di Sestri e di Poncevera. Ordinorno al 1 i loro campioni che ne ritengano ducento per la terra, alli quali hanno datto stipendio; poi man· domo una crida che ogniuno dovesse deponer le arme sal\ o H deputati e in manco di un’hora hanno desmisso tutte Γ arme ; poiché sono retornati a Palazo hanno fatto dodcci conservatori; li nomi loro sono: Augustino Pallavicino q. Petri, Cipriano de Mari, Francesco Sal-;ago, Acelino Cattaneo, Stefano de Monelia, Antonio (') Nell atto originale di questa elezione (cfr. Diversorum Reg. 170) in 1 fio 1 Sorleono è scritto il nome di Agostino Lomellino e invece di ™nca Giustiniano, quello di Paolo Battista Giustiniani. La lista esatta di questi Anziani si trova a pag. 14. U) Altri Anziani « di vecchio » presero parte a queste elezioni ed i loro orni sono citati a pag. 14, n. 2. Manca però quello di Giov. Pinelli. 318 Anno ΐ5θ(5 Sauli, Gasparo de Goano, Georgio de Zoalio, Giero-nimo de Facio, Augustino Foglieta, Theramo de Ballano e Gio. Batta Davagna ('). Dopo se mandò a dire a Ms. Gio. Aloise se voleva entrare dentro con poca gente, o quello voleva fare ; s'ò contentato venire con poca gente, perfino quella sera è tornato dentro e li rezeno la porta de l’Erco. L' altro giorno che fu lune a di 29 [20 Luglio] (') se posse banchi e molti gentilhomini sono retornati e venuti a Banchi; dopo in l’hora de banchi s’ è mormorato per la terra corno alla mattina, per tempo, erano venuti de verso Chiavari e quelle parti certe barche carrighe d’arme, le quale hanno discarrigato a Sar-zano e condute in Violato ; ancora era stato visto andar quella mattina Ms. Giovan Ambrosio Fiesco in Castelletto con certi gentilhomini a parlar al castelano ; in Besagno era gionto Michaele Animanegra (3) con un capelacio Adorno; in Violato se cummulava gente. In un punto s’è butato una voce: viva populo, arme arme. In manco d’una hora fu tutta la terra in arme e molto magiormerite che non fu la prima; non era homo de populo che non fosse armato o poco o assai, vecchij e giovani cridando : Pranza, populo e fora ca-pelazi. Non se potria estimare la gente che s’ è armata quello giorno, e andorno una gran parte con lo lo- to Il documento originale deH’elezione non li chiama conservatori ma pacificatori e nella lista differisce per un nome da questa del Diario. Cfr. pag. 15, n. i. (2) La data 29 luglio è errata. Cfr. pagg. 16-17 n 2· (3) Si chiamava propriamente Michele Cichero, ed era macellaio. Francesco Podestà nel suo studio : Il colle di S. Andrea in Genova lo nomina a pag. 209-210 perchè fu il primo che chiese nel 1498 alla Signoria il permesso di costruire una bottega sotto la porta di S. Andrea. Nei'documenti è onorato del titolo di « strenuo » per aver militato in servizio del Comune. — Pel significato della parola « capelacio » cfr. pag. 16, n. 1 . Diario 3lQ cotenente alla volta eli Violato e casorno fora Ms. Gio. Aloise; fornirono Violato e la porta de l’arco, la casa di Giovani Ambrosio da Fiesco, quella di Domenico de Mai ino e certe altre case de Carignano. Quel giorno ha libeiato diversi ch’erano in prigione, per la vita etiamdio, perchè li homini di Sestri e di Poncevera, li quali haveano grandissime condemnacioni e ancor doveano dar dinari assai per le loro avarie de vechio, per le quali erano ogni giorno straciati, perchè s’e-rano passati bene per lo populo furono assoluti e liberati da 1 avarie eli vechio e condemnacioni. Quel giorno sono intrati assai di queli di Bisagno in favor del populo. Quella mattina fu rnisso a sacho a Banchi la casa di Ms. Anfreono Uzo di mare, la casa di Ms. 1 rancesco Lomelino de Fassolo. Al dopodisnare man· domo la crida che ogniuno dovesse deponere l’arme, salvo li deputati. In uno punto ogniuno le desmisse, pet modo non pareva che non se fosse mai manezato arme, Ms. Gio. Aloise se n’è andato a Quarto, nel (|'ial loco erano diversi gentilhomini, specialmente della casa Spinola; da poi fra quatro o cinque giorni se n’è andato a Montobio con diversi gentilhomini e ivi sono stati diece giorni e di poi se aviorno parte alla volta de Milano dove era Mons.r de Giamon , quale è locotenente de qua da monti della sacra maestà del 'e di Franza ; Ms. Giovan Aloise è andato a Dartona. In la terra il populo ha deliberato diversi ambasciatori: in prima il spettabile Ms. Nicolò de Oderigo che è andato alla sacra maestà del re ; il sp. Ms. Antonio de Lerexo è andato a Milano davanti a Monsignor de Giamon. Fu deliberato Vincenzo Sauli, Dimitrio Giustiniano; Bartolomeo di Ceva, Leonardo cie Facio che andorno da Mons.r de Ravasten; lo quale è intrato 320 Anno ΐ5θό alii 29 di Agosto, il giorno di S. Giovani degolacio [decollato in sabato dentro da Genova'con 250 homini d’arme da cavalo e da 750 fanti. Tutta la terra li sono andati incontro con le robe in dosso e perchè ha dormito la sera avanti a Campi, in casa de Stefano d’Oria, li Antiani li andorno incontro fino a l’acqua di Poncevera. Li era una gran compagnia d’hominì a cavalo, molto abiggè [abbigliati'], tutti vestiti a una livrea, uno farso di tafetale stretto alla francese: g-entilhomo ni-suno non li è andato incontro. In quel giorno s’è piantato in Palacio uno grande par de forche, con uno zeppo e una manera [mannaia]:Questo giorno è venuto nova d’uno corsaro Turcho, chiamato Jamali, con due galere e tre fuste ha investito una nave venetiana ch’era partita dal nostro porto perchè uno Gio. Francesco Palavicino Γ haveva presa in Levante con una sua barcha, la quale era de porto [portata] de diece millia cantara; l’ha presa in canale di Piombino e li ha tagliati tutti a pezzi salvo doi che sono scampati a nodo; da poi l’abnizò·. La domenica alli 30 [Agosto] è intrato Ms. Gio. Aloise con 60 cavali e fanti 150; da poi che fu in Violato incominciò a farsi forte moltiplicar de gente, condure in detto loco assai artigliarle, grandissima provigione d’ arme, multiplicar de gentilhomini, con tutavia dar denari a gente. Per la terra era una grande mormora-cione ; lo governatore dava bone parole. E lo lunedì l’ultimo del mese [31 Agosto] che se dovea far li Antiani, lo governatore non volse che se faces-seno e refermò la Bailia al beneplacito a queli ch’erano fatti. Per la terra era una grandissima mormoratione, sia per lo far delli Antiani, sia per lo fortificar del Violato, sia per li gentilhomini ch’erano fuori e le loro donne butavano parole molto sanguinenti. Diario 321 Do venere mattina 4 di Settembre, a hore 16, miraculo- samente in un punto, senza che li fosse ordine alcuno, la teri a s e levata in arme; in un punto tutto aseme, da un capo al altro, tutto lo populo fu con le arme indosso, tutti gridavano : Franza e viva populo, fuora lo gatto. (') E perchè se haveva qualche sospetto in li otto del populo che regevano, li quatro gentilhomini non volseno mai officiare nè venire alla terra. Elegerno quatro che andasseno a parlar al governatore e farli intendere che lo populo non voleva che in alcuno modo stesse in Violato con quella gente e se non lo cacciava via, che lo cacierebono loro con le arme in dosso, li quali quatro furono questi : Ms. Lazaro de Franchi, Ms. Bernardo de Castdiono, Ms. Stefano Morando, Ms. Francesco d’Arquata. Li quali andorno a proferire tale parole al governatore ; a li quali respose parole * brusche, che li dicesse, dicevano che ogni cosa anderà bene nonostante che parlasse bruscamente, come faceva alli 8 non li ossavano respondere e che lo governatore voleva far quello voleva il populo (e tutto era il contrario) che li menasasse e non se incalavano dir niente. Costoro li parlorno molto largo e stimano poco le sue iriinacie, dove che in ultimo li respose che, prima che fosse notte, daria termine a ogni cosa, che lo faria partire; e lui, montato a cavalo con qualche cento delli suoi è andato perfino alla porta di Santo Tomaso, mostrando di andare amicabilmente per la terra e a quello s’ è potuto poi comprehendere era andato per vedere come era in ordine il populo, (i) Il grido « fuora lo gatto » voleva dire: Fuori i Fiesclji, perchè essi portavano quelPemblema sul cimiero dell’elmo. Cfr. 0. Foglietta , Dell' I-storie di Genova, trad. da Frane. Serdonati, Genova 1617, pag. 597. 322 Anno l50Ó dove trovò da palacio sino alla porta di Santo I omaso le strade ben piene de giovani ben in ordine d arme e ben disposti ; di ritorno ritrovò la medesima gente 10 doppio moltiplicata ; ha trovato in la piaza de Santo Georgio la compagnia del molo, che erano da 600 in circa, tutti bene in ordine, con le loro bandiere; li ha tatti destendere e passar di longo ; è andato poi in Santo Donato dove ha trovato benissimo fornito con bellissima gente; è andato poi al borgo di Santo Stefano, dove trovò da s*ri milia homini bene in ordine, con uno bellisimo penone destesso a mezo borgo che havevano fatto di novo in mezo Santo Stefano , da una banda 1’ arme del re e da 1’ altro 1’ arme di Ra-vasten , se n’ è ritornato a Palacio; e da poi è venuto in la piaza de Marino dove erano recluti li Antiani con 11 otto e molti cittadini uno che dice haver visto 1 argenterò del governatore haver mandato a dir a Ms. Gio. Aloise che se facesse forte; subito s’è mandato a chiamar al molo uno figliuolo di maestro d’armi Gioardo, c> lo quale è dignissimo maestro d’artegliaria e li fu datto ordine di poner certi canoni in ordine e tirare 1 artigliarla alla cola [la Colla'] (') sopra li maxelli di S.to Andrea e de quivi bombardare il Violato e poner in ordine la gente e darli la batalia. Lo governatore ha mandato subito Francesco da Pigliasca, suo cancellere, in piazza de Marino, che andasseno perfino a palazzo li Antiani e li otto, che lui voleva ad ogni modo mandar via Ms. Gio. Aloise. Li sono andati li Antiani e li richiese che ogniuno desmettesse 1’ arme, che li prometteva che (1) Francesco Podestà1 nel suo libro Jl eolie di S. Andrea, parla anche di questo luogo. Diario 323 l’undomani matina, se non fosse andato via, che lui in persona anelerebbe a caciarlo e questo dava longe [temporeggiava] solamente perchè fosse arrivato tutta la loro gente, per poter far lo loro fatto ordinato. Li fu risposo che lo populo per niente non voleva deponere l’arme, perfino che questo non fusse fuora; in ultimo de diverse parole, disse che era contento di montar a cavalo e andar lui a mandarlo fuora; ma voleva che tutti loro le dessero la fede che non si sarebe fato danno a lui, nè a sue cose e gente e che facessero retirare la gente di borgo. Li promissono che se lo mandava via quel giorno, che non li fariano male alcuno e ritornorno in la piaza de Marino e referseno dette parole. Assai presto gionse Pigliasca, suo cancelliere, e richiese per parte del governatore che Ms. Filipino da Fiesco restasse in palazo con 150 fanti; li fu resposo che li rincrescevano assai, di quelli ch’erano, non volevano che restasse dentro della terra alcuno di loro. In quel medesmo vene la nova che li ponceveraschi, alli quali fu mandato a dire perfino della mattina dovesseno passar alla volta di Bisagno, erano gionti in li monti; quelli di Violato havevano ordine con queli del Castelazo che, se vedevano li ponceveraschi, che li facesseno segnale. Lo Castelazo ha tirato doi colpi de bombarda, ha posto una vela ; subito li gentilhomini, che erano in Violato, se ne andorno via. Lo governatore è montato a cavalo, è andato alla volta di Violato e ha accompagnato Ms. Gio. Aloise sino in Besagno, lo quale se aviagiò con tutta la sua gente e alogiò a Quarto; esso havea da 50 cavali, da 600 a 700 fanti boni. La furia della gente è andata grandissima alla volta delle porte per andarli appressò ; ma le porte erano bene fornite, serrate coiì assai chi li restalavano non uscisseno foia , lo 324 Anno l5o6 governatore tornò dentro e con fatica poteva passare dalla porta de l’Arco per fino a Palazo, per la moltitudine della gente bene armata, ch’era comulata; sopravenne la notte dove se fece le bone guardie. Al sabato mattina [5 Settembre] fu detto a quelli del borgo che coloro che erano in la porta di Santo Andrea, in la porta de l’Arco, Santo Stefano, che erano appresso 300, erano a peticione del gatto, perchè tutti quelli del gatto haveano una sbarra bianca e tutti quelli del governatore il simile. Tutti quelli del borgo, senza far altrimenti intendere alla terra, se posero in arme e assalirono la torre di Santo Andrea, la porta de l’Arco e Santo Stefano; subito le hanno prese e le fornirono. La nova è venuta per la terra ; subito ogniuno s’ è posto in arme; lo governatore mandò a dire che voleva dire questo; diceno che la terra stava interdetta non essendo Antiani, nè officii e che costui era a Quarto e che intendevano che tutavia de verso Lombardia li venivano gente e che non volevano star in questo; al hora dice eh’ egli era contento de fare li Antiani ; che se andasseno a palazzo che se fariano e che ogniuno deponesse l’arme e ■se aprissero le botteghe. Fu deliberato aprire le botteghe e ogniuno stava con le sue arme sotto robe e parevono de lo niente. L’ Antiani andorno a palazzo per far lifaxori ('); lo governatore dava tutte quelle longe fosse possibile poter dare, digando che per fare le cose giuridiche voleva li fusse 200 cittadini delli megliori, (1) Sulla voce « fascori » ved. pag. 41 e 42 n. 1. Rileggendo ora attentamente le linee che seguono nel Diario vedo di non aver errato nella mia supposizione poiché anche qui si parla di scegliere un certo numero di probi cittadini e più sotto si legge che furono essi che ^elessero gli An-zjani. 32.5 C0SI &ent^loiriini como d altri, ch’era del parlar impossi--H e, con altre longe. La nova s’è spantegata per la terra; su nto datto fu ] arme in mano a ogniuno. Inteso lo .^ove*natole questo, ha lasciato far li faxori; fatto li (axon, subito prima che partiseno de quivi feceno li Antiani, li nomi de quali sono : Laurenzo Grillo, Tixi de Camogli, Ambrogio Lomelino, Simon Saivago, Gio. batta Adorno, Gieronimo de Moneglia, ma poiché in-teseno che era partito dalla terra con la sua famiglia, hanno ordinato se sorroge uno in suo loco: ms. Lo-dixio de Odono. Bartolomeo di Riparolio, Pietro Fiatta de Levanto, Leonardo Carixano, Rafaéle da Passano, Stefano Morando; perfino dé quella sera hanno lasciato tornare a fornire le porte e le poste al governatore; niente d' manco 1 ordine è grande per tutta la terra, con bone guardie. ha domenica matina [6 Settembre] sonato la campana grossa, e li Antiani andorno a sedere ; li mancava li gentilhomini e Gieronimo de Moneglia e sorrogorno in suo loco Vincenzo d’Oliva; avanti che se partisseno de lalazzo, hanno fatto l’officio della Balia, ma li genti-Ihomini non sono comparsi , li quali dies dexie Γ uncinano che fu lo lunesdì [7 Settembre] hanno fatto sei capitane!, che dovessero far alcuni fanti per guardia della terra, li nomi delli quali sono : ms. Brizio Giustiniano, ms. Paulo da Nove, ms. Francesco d’Arqua, ms. Pantaleo Navon , ms. Vincenzo Vinelli e Petro Calisano , et hanno fatto provigione per le guardie. Alla domenica sera se mandò alla valle de Ponce-vera che se ponessero quella notte in arme e passaselo alla voli a del Bizagno ; il simile hanno mandato a Sestri e Veltri. Li ponceveraschi per fino di quella notte passonio più de doa millia alla volta de Besagno. o o 326 Anno ’5θ6 ms. Gio. Aloise che haveva le sue spie al Castellano, che se li ponceveraschi passavano li dovessino fai cignale (segnale), lo Castellazo ha tirato doi colpi de bombarda; ms! Gio. Loise s’ è levato a quatro hore di notte con tutto lo suo campo e se aviagiò alla volta di Recco e perchè lui era molto travagliato quel giorno dalla ma-grania e dalla podagra etiamdio li erano in compagnia certi grentilhomini con le loro donne, non facevano troppo camino. . Alla mattina che fu lo lunedi [7 Settembre] vigilia di nostra Donna di Settembre, per tempo, li ponceveraschi si trovorno in Bisagno in lo quale loco s’ è comulato grandissima moltitudine de gente e se avioi no appress ms. Gio. Aloise; tuto quelo giorno capitato una grandissima moltitudine da Arensen in qua, e tutti s’ aviorno appresso, per forma che se trovavano più de sei milita homini. Dalla terra li fu mandato grandissima provi-gione di vituarie appresso a detta gente, li quali se guitorno ms. Gio. Loise fino a Recho. Lui con la sua gente ha passato Rua e, perchè li sopraveniva la notte adosso, retornò la nostra gente e vennero alogiare fra Quarto e Bisagno. Quella medesma notte, perche m la terra se dubitava che lo governatore non se tirasse in Castelletto, s’ordinò de grandissime guardie e fecceno de molti sbarri, maxime per le strade de dove se andava da palazo verso lo Castelletto, e specialmente per la strada de Picapria e de Santo Domenico. Quella notte per tre volte hanno sonato la stromia per tutta la terra e se poseno in arme solamente per far star la gente in ordine e svegliata. Lo governatore con tutta la sua gente stava con grandissima paura ; la mattina per tempo s’ è preso una lettera del nobile Angelo Ceba eh’ era in Santo Francesco , in lo quale loco s’ erano I Diario 327 1 etilati diversi gentilhomini, lo quale Angelo scriveva a suo figlio eh era a Savona e Γ avisava come al ve-nerdi, a hore 16, il populo s'è levato con grande tumulto e de giorno e hore de quelo era seguito lo avisava distinta mente e specialmenti eh’ erano statti molto inganati e abatuti dalla partenza di ms. Gio. Aloise de Viorato e eh’ erano restati inganati assai, che, quando lo governatore fu venuto, non li ha-vesse tornati in pristino delli offici, come erano restati d acordo in Aste e non havesseno fatto l’executioni che li havevano promisso ; dubitavano che non fusse contaminato da denari, atento che Rochabertin·, chi era suo locotenente, era savio e cativo e che manteneva lo populo ; e quelo era statto qui [che] li aveva fatto prendere altra opinione per dinari , perciochè lo governatore per dinari faria ogni cosa e, se li avesse voluto attendere le promisse, lo haveria potuto fare con quela gente eli e esso haveva e quele di ms. Gio. Aloise, perchè si era ditto largamente in lo viso al governatore. Non se dubitano d’ altro, salvo che lui ne tradisse, corno era la verità, e per diverse lettere presse de gentilhomini e per dare a tuttavia li gentilhomini dinari in Lombardia e in Aste, se conosceva veramente ne tradiva. Se li fu portato detta littera e se li fu detto che, se dubitava fosse cosa fiticia, che si aveva colui che 1’ havea scritta in Santo Francesco ; mandasse per lui e se chiarirà a compimento. Alhora, vedendo che era scoperto, con parole alla paleze, non so alla secreta, prese la volta, che lo vedeva la bona disposicione che haveva il populo verso dii re, e che se deliberava di fare tutto quello voleva il populo e che voleva mandar via tutta la gente d’ arme e fantaria, non tenire salvo quelo voleva il populo, e de perseguitare ms. Gio. Aloise, 328 Anno l5o6 secondo pareva al populo, e perchè dopo disnare era ordinato di fare consiglio generale in Santa Maria di castello , perchè non se contentavano di farlo in palazzo, veniria lui in persona a castello con quatro o sei servitori famigli, come vorranno loro. Li risposeno che mà era dito a osjniuno che se trovassino in detto o loco e che bastava a sua signoria che mandasse il suo locotenente. Lo dopodisnare s’è fatto detto consiglio, dove era grandissima moltitudine de capi de casa; quivi è venuto Rochabertino, dove espose de belle ragioni e grande offerte per parte del governatore: che -aia signoria se contentava et affermava tutto quello o era fatto per lo populo e refermava li Anciani passati e li dodece. tutto quello havevano fatto ; refermava li faxori e li Anciani novi e 1’ officio della Bailia e a loro dava e rafermava la bailia secondo il costume della terra e se offeriva far tutto quell lionor e favor del populo, perdonando a ogniuno chi havesse preso arme in questa felice impresa, e a ogni maleficio fatto da-poichè che si era levato 1’ arme, e ha richiesto li fosse giurato di novo la fedeltà. Alchun senza pensamento, Pietro Batta Giustiniano e certi altri, senza essere chiamati , sono levati in piede e disseno che era ben fatto e volleno andar per giurare. Li fu risposto che stessero a sedere e lasciassero respondere a chi voleva parlare, fu resposo per alcuni che non era bisogno giurale fe deità, atteso che li era statta giurata una volta e che non erano mai stati rebelli del re, ma che pareva cosa honesta che la dovessemo giurare tutti ; aspettar che li gentilhomini fossero tornati alla terra, li quali erano stati ribelli del re e tutti insieme giurassero detta fedeltà, avisando ogni persona che ii gentilhomini, per vendicarse, s’ erano contentati di dar lo sacco per tre Diario 32g giorni alli soldati e gente d’arme, non excludevano salvo quatro monasteri de monache e Santa Maria di castello. Una parte del populo lo grasso havea noticia di questo caso, era atterriti e, parte haveano preso partito, parte stavano in qualche pratiche e chi ne ha liberato è statto la volontà di Dio, che. ha inspirato lo populo menuto che, contra la volontà del populo grasso, hanno preso 1’ arme e con tanto amore e velocità che non è persona al mondo che lo potesse credere. Perfino di quella sera, vigilia di nostra Donna, s’è butato una gallerà in mare; quello giorno s’è murato tutti li portelli, così delle ville, come de altri lochi in Carignano. Lo martedì mattina, alli B ili Settembre, s'è mandato uno bregantino con ms. Agostino de Ferrari e Antonio d’Albaro commissarij in la Riviera di Levante per parte del governatore e Anciani a levar 1’obe-dienza a ms. Gio. Aloise, li quali andorno alla Speza e subito la levorno. Lo figliolo di ms. Baldassaro da Biassa li è entrato dentro con moltitudine di gente. Un altro bregantino con Manuele da Canale e Gio. Batta Luxardo mandorno a Rappallo e Chiavari e perchè ms. Gio. Aloise, corno fu a Rapallo, s’ è retirato in Fontanabona e ivi ha fatto testa e ha mandato a Chiavari Antonio Maria da Fiesco con 300 fanti, quelli commissarii hanno mandato uno a Chiavari con la lettera del governatore e Anciani ; presseno quelo con grande minasse de volerlo apicar e lo mandorno via. Tornato che fu li bregantini, s’è butato 1 altra galera in mare e hanno ordinato uno conseo-ljo a in Palazo per lo Zobia alli IO [Settembre] a hore 22, dove s’è regiuto di dare queste due galere e, perchè erano molti che pare meritarle de haver queste due galere, fu qualche contencione e non se detteno. S’è regiuto di levar 33ο Anno l5o6 la rabella di grano e diminuire la gabella del vino, la quale non s’era venduta per la interdicione de la tena e fu datto cura a ms. Vincenzo Sauli, ms. Dimitri Giustiniano, ms. Angelo de Crovara drapero, ms. Manuele Canale notaro a riveder li desbiti di S. Geoigio e levare delle gabelle più o manco corno parrà a loro, in quelo consiglio è intervenuto il governatore , lo quale disse de bellissime parole con la bocca , ma a mio giudicio, credo che in lo cuore fusse tutto il contrario. Esso dice che lui in persona voleva essere in tutto quello fosse honore e utilità del populo, con molte alti e parole a tale proposito e dice che voleva mandare uno delli suoi a ms. Gio. Loise e commeterli volesse desistere dalla impresa e dare licenza a soldati e gente d’ arme, e voleva che andasse uno della terra con lo suo. Se li è mandato Thadeo de Pigliasca, li quali tro-vorno ms. Gio. Loise in Fontanabona malato in letto, in casa del Rosso de Le verone. Quel del governatore li ha parlato assai in segreto e quelo che se può intendere fu che dice forte che faria tutto quello vorrà lo governatore. Il venerdì [Il Settembre] passato mezo giorno, è capitato qui, sopra lo porto, tre galere e due fuste bene in ordine, che venivano da verso Cicilia, da quale non se hebbe troppo parlamento, che ebono a dire che andavano a cercare re di Spagna, che passava a Napoli e perchè, se così fosse, non bisognava che venisseno qui, lurono prese assai a sospetto e più che se intrato uno poco di marino e subito se levorno e se posseno a proezare e se ne andorno a Portofino. Alla notte se n’ è fugito un sottocomito che era de Nervi e dette aviso che quelle galere haveano più de 80 homini per galera de superfluo e che erano asoldati di dinari de Diario 331 gentilhomini. Ne fu grandissima mormoracione ; benché ogni notte se facessero le guardie bonissime , tutta volta se radopiorno ; Γ altre restorno in Portofino. Quel giorno s’ è discoperto che in Santo Domenico che lo governatore, quando è venuto, lo ha fornito, e si pensavano per !a terra havesse mandato via tutti, salvo 300 per la guardia, ne era ancora in detto loco 400 e più che erano de ventureri, che erano venuti per lo sacho. Lo populo minuto fu per andare a tagliarli a pezzi ; ma furono aquietati da diversi, digando non era bene scandalizzarse con lo governatore, lo quale, per ogni modo, 1’ altro giorno li vuoleva mandar via ; niente di manco ogniuno de populo minuto desiderava tornassero sull’ arme, per tagliare a pezzi detto governatore; quello sabato [12 Settembre] se sono datte dette due galere, l’una a Gasparo da Goano, 1 altra a Gio. Batta Da\ 'agna. La domenica mattina per tempo [13 Settembre] sono andati una gran parte di detta gente. A dì lune 14 [Settembre] se fece consiglio in Santo Georgio e hanno deliberato levar la cabella delli marinari ; lo grano che pagava cinque soldi e tre dinari per mina, redurlo a doi soldi ; lo vino forestero e de Rivera che pagava lira una e soldi tre per mezarola, redurlo a soldi quin-deci ; quello delle ville e lombardo , che pagava sol. 14, redurlo a sol. 10. A dì 17 [Settembre] è venuto nova, corno Filippino da Fiesco haveva asaltato la Speza, gera intrato dentro e haveva sachegiato diverse case. Li commissarij che Γ erano andati fora alla Speza a Porto Venere , e con effetto se avessero havuto modo di far 5 00 fanti haveriano preso lo castello e Filippino de Fie-sco non li saria intrato. Gionto che fu la nova di 332 Anno l5o6 detta perdita, fu una grande mormorata per la terra e fu per ponersi in arme, o tagliar a pezi alcuni di populo grasso, che, a mio giudicio, saria stato di necessità con sei o otto artexani. che oviavano ogni giorno il spendere in quello faceva di grande necessità. Visto la necessità del spendere, andorno in S.to Giorgio, lo quale ha fornito 1’ officio della Bailia de lochi 1500 e Γ officio de 44 ne ha comprato mille a L. 55 per loco e s’ è deliberato di fare tre millia fanti forastieri. A dì domenica [20 Settembre] s’ è mandato a prendere sopra la nave de Lercaro, sopra la nave di Saivago, sopra la nave di Lomellino, sopra la nave de Franceschi, che erano nel porto, artiglieria di metalo, pezi a numero 16, tra canoni e farconi; etiamdio havevano dell’ altra assai. A dì giove [24 Settembre] mandorno una crida e hanno bandito per nome Gierolamo Tassorello, Scarpa Amandoresi, Menegolo Maragiano, Gorsigia Feresino, in somma erano vinti uno, per nome, e ogniuno chi prendesse uno di costoro vivo guadagneva ducati 25, e morto 10 : etiam ogniuno che havesse tocco dinari da ms. Gio. Aloise da Fiesco, chi avesse preso arme contra la sacra maestà del re di Franza et lo populo di Genova, intra doi giorni dovesse haver spedito il paese di Genova sotto la medesma pena; etiamdio che non fosse alcuno chi portasse arme, nè divise de cape-lazzi ; etiamdio nominare, nè praticare con capelazzi, sotto la pena de quatro tratti di corda e ogni altra pena corporale e pecuniale in arbitrio delli dodece, li quali se potevano dire otto perchè li quatro gentilhomini non officiano ; e chi manifestereva tali, guadagnava ducati diece e sariano tenuti secreti. Quella sera a horc doe di notte sono partite le due galere con una barca Diario 33i ila nave, in la quale era de molta arteglieria e cinque bei ganti ni e andorno alla volta della Speza, in lo quale luoco arrivorno Γ undomani a mattina. A ()ì 25 [Settembre] è venuta la nova come in Sarzana s erano fatti 1500 fanti, pagati per lo populo. Ms. Filippo da Fiesco quale era in la Speza con fanti 500 pagati, inteso questo, ha fornito bene lo castello e la bastita e abandonato la terra , e s’ è retirato a Beverino. A dì domenica 27 [Settembre] è venuto la nova conio haveano preso lo castello e la bastita della Speza ; quel giorno, a hore 4 di notte, ms. Antonio Maria da biesco, che era a Chiavari con homini 400, ha abandonato detto loco et è andato in montagna. Re di Spagna che haveva maritato la figliola in 1’ arciduca . figliolo dell’ imperatore, che lasciò lo reame di Spagna, passava in lo reame di Napoli con velie 46 fra nave e galere in le quali aveva tre navi grosse di Genova, cioè la nave de Negro d’ Oria, Imperiale e de Furnarii. Quel giorno domenica [ e per qual tempo ; dove fu grandissima confuxione, per tal forma clic era già circa notte e non s’ era concluso niente. La moltitudine s’ è incomensato a levare con mala intencione ; è tornato a montar sopra Joannes Baptista de Ferrarijs, notaro q. Rolandi e ha recordato che a lui pareva far 400 insachetati, li quali fosseno fatti per li XII: sei agionti per li Anciani : cioè 100 mercadanti, 100 gentilhomini, 200 artexi, perchè sono più numero, li quali se debano polisare (') e ponerli in sachetti ; poi siano tirati sopra per uno garzone pi-colo, e a cui Di») darà la sorte colui resterà; lo tempo non possa passare sei anni e manco se parrà a questi XVIII li quali lo debano assotigliare ; infra questo mezo faranno Γ insachetati secondo le loro coscienze. Lo populo tuto unanimiter, ninno contradicente, dice che era ben fatto, che e’ stava bene e che se facesse uno de- ( 11 Credo che significhi: pnlibare e cioè scrivere in polizze. 340 Anno i'hV) creto e così fu latto per man ili Bartolomeo Senarega: lo populo se partì bene contento. A ili 17 | Ottobre | a hore 2 ili notte se partirno le galere che portano fanti 200 con doi commissari! domino Giacomo Giustiniano e Francesco d Arquata che doveano descenderli in Albenga per andare alla Pieve perchè lo nob. Luca Spinola la teneva usurpata al comune e già li popoli erano solevati. A dì 19 [Ottobre] fu fatto conseglio in Santo Giorgio ad instanza dell’ officio della Balia per trovar lochi ióoo per li loro bisogni in defensione della terra, e fu deliberato ili darli. A dì 22 d’Ottobre, a hore 4 di notte in circa, li Anciam, lo officio della Moneta di novo e di vecchio, con li 4 ambasciatori, che andorno incontro al governatore in Aste, ( ) erano insieme in conseglio a l’alacio che hanno latto uno decreto senza farne noticia al populo e deliberemo ili dare le Riparie in posan/a del governatori:. A dì 23 I Ottobre) venere, questa cosa fu intesa per la terra, dove fu menazato alcuni di detti officiali d esser tagliati a pezi, dove al dopodisnare tornorno a I a-lacio dove s’ è congregato in sala grandissima moltitudine di artesiani, li quali, vedendo che a hore 23 sonate non se prendeva restretto nisuno. a furia in sino da l’alacio, cridando : viva populo, e ogniuno ha preso 1’ armi in mano. Coloro chi erano in conseglio, inteso (juesto, revocorno detto decreto <: ne hanno fatto un altro che tutte le Rivere restassero in mano del populo e subito ne mandorno una crida per tutta la terra. A quello modo aquietorno lo populo, lo quale già una parte haveva l’arme indosso. Quella sera di notte s e (1) Sul numero degli ambasciatori presemi veti. pag. 71, n. 1. D'ario 341 congregato in la logia del borgo di Santo Stefano più de 200 borghesi, li quali tutti giurorno sopra lo croce-fisso e nostra Donna di non parlare di parte alcuna e tutti esser per contra a cui parlasse de capelazi e s’ è ordinato per 1 un domani di fare uno consiglio a Santa Maria di Castello, tutto d’artexani. A dì 24 I Ottobre), sabbato la mattina s’è congregato più de doamilia artexani in chiostra a Castello e tutti erano malissimo contenti della ordinacione fatta lo giobia sera. In fine de molti argomenti s’è deliberato otto, artexani tutti : doi del borgo di Santo Stefano, doi di Santo I omaxo, quatro della città, li quali ogni giorno dovessero essere a Palacio con costoro che haveano lo governo e dovesseno intendere tutto quello seguiva alla giornata, e, se li era alcuna cosa che importasse che la dovessero fare intendere universalmente alla brigata, a quali ponessino nome tribuni plebei. Deliberato questo, s è mandato a chiamare alcuno de’ Sauli e Giustiniani, delli quali è venuto Vincenzo Sauli che fu uno delli imbasciatori al governatore, e Gierolamo Sauli, Dimitri Giustiniano savio cativo che fu un altro ambasciator con sei o otto e se li referseno quello se li era deliberato e tutti ne restorno contenti. Dimitri ha fatto de grandissime scuze quello havevano fatto a bon fine e la coloriva con belle parole e ragione, e a mio giudicio non ne accettavano alcuna e dice detto Dimitrio che lo 00- o vernatore haveva detto volesse partir ; quelo ne paria a tutti loro ; ogniuno rispose se ne andasse in sua ma-l’hora. A mio giudicio tanto quanto le cose fusseno statte in combugio ') haveria voluto fosse statto qui perchè li era quemadomdum in prigione. (1) forse = in combutta; in confusione. 342 Anno l506 A dì 25 [Ottobre] domenica per tempo, detto governatore s’è partito con qualche vinti cavalcature de cittadini e qualche 200 fanti che lo compagnoni*), et eia venuto con lira \urrà\ (') e trionfo, e se paitito tanto più da tristo conio e’ et meritava. Quando fu arrivato sopra Zovi, d. Aloisio arrivo a Buzala. A dì 26 [Ottobre] lune se mandò una crida per parte del governatore e tribuni plebei che tutti li gentilho-mini, ch’erano dentro delle tre podestarie, dovessino esset venuti alla terra con le loro masnate fra sei giorni, e queli erano larghi infra 50 miglia doveSseno esser infra giorni diece con le loro masnate alla teria, sotto pena de ducati 200. Itern se comandava che non fosse nissuno sotto pena de ducati 200 che ossasse contratar; ne cui li dovesse dar pagar, ne scrivano de banco scrivete alcuna partita de gentilhomini che non hanno le loro masnate alla terra. A dì detto, a hore 2 di notte, s e paitito lo capitano Gambacurta pizano lo quale era capitaneo de tutta la fantaria; è andato con 400 fanti alla volta della Pieve ; montorno sopra tre barche e andorno a descendere a Albenga perche abenchè li populi fusseno in nostro favor lo castelo se teniva forte. A dì 27 [Ottobre] venuto le nostre galere e in le quali de subito se carrigato sette pezi de canoni grossi de metalo ed altri minuti per mandar in detto loco della Pieve, a benché 111 detto loco non fosse di bisogno tanta artegliaria. A dì 31 [Ottobre] sabato, a hore 16 in circa, è andato una crida per parte del governatore e Anciani e li nove (1) Tatti i tre ms. hanno qui una parola alquanto indecisa: Ora o Vra. Io credo di poter interpretare questa parola col noto motto ut rci^ ibrido di trionfo, comune anche allora alle soldatesche di ventura. Diario 34.3 fatti quel venerdì a dì 30 del presente in Santa Maria de Castello, tutti artexani, alli quali haveano posto nome ttibuni della plebe, che non fosse alcuno del color nobile che osasse trare sua mercancia nè robe di qual ragione si voglia, sotto expressa licenza delli tribuni, sotto pena di perder detta roba e ogni altra pena in arbitrio loio; etiamdio comandano che non fosse alcuno de color de populo, mercadante, artigiano, marinaro, nè di qual grado si voglia, che, sotto suo colore, cavava alcuna cosa del color nobile, sotto pena de scuti 25 e ogni altra in arbitrio loro e, perchè lo termine delli nobili ch’erano dentro delle tre podestarie passava, lo prorogorno perfino a martedì per tutto lo giorno a dì 3 novembre e li altri fino alli X, incomensando dal dì che è andato detta crida e, passato lo detto termine, l’ariano diligente cerca e procederiano all’esecutione di quello haveranno noticia. Li gentilhomini havevano fatto grande conse-glio a Arquata e havevano datto ricapito a dinari e havevano ordinato di mandare ambasciatori al re e a móns. de Jamon, lo quale era con tutta la gente d’arme e fantarie in Piaxentina, lo quale [andava] alla volta di Bologna, in favore del papa che li era a campo. Etiamdio mandorno ambasciatori al papa e tutto facevano per ponere qui uno capelazo e, a giudicio mio, credo che non mancherà, e meschina questa terra. A dì 3 di Novembre, venuto l’ordinario di Milano , e per le lettere di Milano avizano come lo papa haveva havuto Bologna, in questa forma cioè : che li venetiani, li quali havevano tutta la loro gente d’arme alle frontere, havevano consentito alla detta impresa, con questo che lo papa non doveva procedere più avanti de Bologna, d. loannes Bentivoglio, con tutti li suoi, usciva fuori, salvato li beni e persone ; etiamdio avizano che lo papa 344 Anno l5of) haveva confermato la legataria di pranza a mons. di Roano per anni cinque e faceva doi cardinali francesi e un altro a instanza de mons. de Iamon. ( ) A dì 4 | Novembre | questa mattina è venuto nova conio la nostra gente erano alla Pieve, haveano havuto 10 castello e perfino a qui in la terra non li è ancora ordine alcuno di governo, grandissima confusione in far 11 XII e li offici]. Dio voglia che avenga bene, di che ne dubito assai. Alli 12 INovembre] sono partiti doi ambasciatori per Franza, d. Paulo Borgaro e Simone de Iugo. Li gentilhomini havevano mandato un ambasciciia al ìe, li quali ambasciatori se partirono da Savona; un alti a al papa, costoro sono partiti da Arquata, e Gierolamo d’Oria e Battista Spinola a mons. de Jamon, lo quale è nostro inimico perfido, attento che alias, a la rota de Franza, lo padre e avo con uno suo barba di detto mons. de Jamon, li furono morti e sepolti a S. Benigno. Questo giorno è venuto nova corno d. Gio. Aloize era cittato in Franza. Mons. de Ravasten governatore, eh eia partito, era andato de longa alla volta de Franza. A dì detto, li XII della logia, disnati con li sei agionti, andorno in senato con li Anciani di compagnia, presono l’insachetati cioè cento gentilhomini e la metà della volta fregosa e la metà della volta adorna , cento de populo grasso similmente acoloriti e ducento artegiani, perchè sono più numero e intervenendo doi frati di Castello e doi del Monte, li quali hanno tirato sopra cento polise delli insachetati artegiani e, senza vedere quali fossero, li bruxorno; dipoi alogorno detti sachctti in una cassetta e li frati portorno le chiave. (i) Cfr. a tale proposito Pastor, Storia dei papi, Voi. Ili, pag. 524· Diario 345 A di 13 | Novembre| retornorno insieme e li detti frati hanno tirato sopra 120 coloriti, li quali hanno fatto 72 li citati e subito mandorno a citare detto numero ; conio hebeno 60 coloriti li detti 60 restorno soli a far gli officii. Li altri 12 restorno alla rescoza perchè, perfino al numero de 120, serano tirati per polise a sorte ; 10 resto hanno fatto a balotori e li 12 restorno alla rescosa, perchè, se se abalotorava alcuno che fosse apar-tenuto ad alcuno che fosse delli 60 fino in 30 grado, poter sorogare ; e quella sera, mostrando l’animi più pardali che mai se fosse visto, hanno fatto dodeci Anciani, 11 nomi dei quali sono : Joannes Jacomo Spinola, Laurentio Cataneo, Gierolamo de Negro Lerexei, Domenico Calvo, Luca Giustiniano de Moneglia, Bartolomeo de Varixio, Gerolamo Sauli, Petro de Prementorio, Giacomo de Castiliono drapero, Pelegro de Bergamo, Joannes de Vultabio, Bernardo Ragio notaro. A dì 14 I Novembre ] hanno fatto l’officio della Moneta che havesse cura dell’officio di Mare e delle Virtute, cioè Agostino Lomelino q. D., Lazaro d’Albaro e Lazaro de Camogli ; li padri del comune ch’avessero cura delli Me-strali, cioè Antonio de Serra, Simon Vigna e Gio. Batta de Leonardi: li sindacatori Barnaba Cigala, Antonio d’Oliva e Pantaleo Tontinis. A dì 20 I Novembre I perchè le parte se accendevano per li contegni \che\ usavano queli del color adorno e de populo grasso, per che la magior parte sono di questo color, li animi se accendevano in le parte e quelli del color fregoso se incomenzavano a resentire, lo color adorno ebe afano e quello giorno fu fatto un conseglio a Castello e ivi ha giurato ogniuno de lassar le parte de Adorni e Fregozi e Guelfi e Ghibellini e ogniuno 346 Anno l5o6 tirar a un voler, che Dio voglia se li possa perseverare, quod non credo. A dì 21 [Novembre] sono partiti li ambasiatori per andar al papa. A dì detto s’è compito de dar l’officii li consoli della Ragione, l’officio de Banchi che supliva l’officio delle Monete, e l’officio delli Rotti, l’officio della Mercancia, che supliva alla Gazaria. A dì 25 [Novembre| giorno di Santa Catarina, li XII sono acettati e incomenzano a officiar; li mancava per gentilhomo Domenico Calvo. A dì 27 INovembreI s’è incomenzato a inviare la fantaria alla volta di Monaco per prenderlo; s’è mandato doi bergamini a Piza per prendere certi canoni de ar tegliaria. A dì 3 di Dicembre s’è fatto uno scortino a palazo de diversi cittadini e s’è letto una lettera de d. Nicolò de Oderigo, che avizava corno re non voleva se prendesse Monaco e, se se li mandava, converria li fosse datto soccorso. Etiamdio il duca de Savoia havea mandato uno ambasciatore, digando che Mentono e Rocha-bruna, che teniva il s.r de Monaco erano soi e non voleva se prendesseno. S’è deliberato che se il re e tutto il mondo insieme ne volesse contradire alla impreza, che per niente non se desiste e se deliberò Bernardo Venerozo che l’indomani se partisse con lettere al duca di Savoia; etiamdio che l’undomani se desseno dinari e se compisseno perfino in somma de tre millia fanti fo-rastieri. A dì detto è venuto nova corno d. Aloisio era partito accompagnato da gentilhomini assai, eh’ erano andati in Franza. A dì 4 di Dicembre venere sono partite le galere con tutta la fantaria e sono andati alla volta di Monaco. A dì detto era ordinato di far consiglio a Palacio, per le- Diario 347 gere certe lettere del re che scriveva se dovesse dare le Rivere e le fortezze in mano del governatore ; non li fu numero e se ordinato per lo lunedì. A dì detto una questione che s’era apiziata in diversi parenti se li era mandato doi commissarij: d. Simon Bigna e Francesco da Recho, li quali sono andati quivi a Reco ; haveano de già acordato quelli della parte fregosa e fatoli dismettere (') l’arme e quando fumo per praticar l’acordio con quelli d’Axereto, per parte Adorno, uscirono fuora tutti bene a ordine con balestre e spingarde e altre arta-giiarie e amazorno Batta de Marentia e ferirno diversi altri. A dì 5 [Dicembre I sabato è venuto nova, e io ne habio havute le lettere, corno in Aste li populi levati in arme contro de francesi e li erano stati feriti molti francesi. A di 7 I Dicembre | lunedi s’è fatto consiglio e la posta fu che, per esser l’impresa di Monaco di importanza corno è, e dubitando che la paga datta non suplisse, pareva bene de dare ordine a dinari, acciochè per simile impresa per dinari non vene a manco. S’è deliberato a ogni modo di dar ricapito a dinari e che li Antiani la commettessono a cui pareva a loro per quelli modi che fosse possibile se dovesse dar recapito a dinari. A dì detto è venuto nova che lo campo andava a Finaro, cioè li frattelli del signore che erano fora. Li amici de Adorni misseno una gran fuga per la terra in voler andar a dar soccorso, dagandoli tremoglia, che quella gente era fatta di dinari de gentilhomini e che, prezo binale, anderiano a desconzare [ sconciare, rovinare] l’impresa de Monaco. Li fu resposto, se lo signore de Finale haveva paura di perdere la signoria consignasse (1) Il ras. dell’Ardi, di Stato ha : desmontare. 348 Anno ι5θ6 le fortezze a San Georgio che li faria bono partito e se prendereva l'impresa. Inteso questo hanno cambiato parole e tramavano infra loro darli socorso e questo facevano perchè quello loco era stato sempre lo refugio loro, perchè quelli che sono fora sono con la santità di nostro signore, li pare siano sopra l’altra volta ('). A dì I I | Dicembre 1 sono venuti tre bergamini da Piza con una barca o seatia, in la quale erano pecij doi d’artigliaria bellissima che tiravano petre da ferro 1 uno parmi i S, l’altro panni 19. L’undomani mattina [12 Dicembre] li mandorno alla volta di Monaco. A dì detto Bernardo Veneroso, ch’era andato al duca di Savoia, è venuto quel giorno con un personagio del detto duca , lo quale duca li ha datto bellissime parole (2) de non impachiarse delle cose di Monaco, attesoché detto signor di Monaco haveva morto suo fratello signore e haveva l'altro fratello minor (5) l’havea murato in muro e non haveva salvo tanta luce quanto potesse prendere lo mangiar; etiamdio arobava ogniuno che potesse arobare ; lo suo che ha mandato in senato expose lo contrario: che lo signor voleva intender questa differentia e farebbe restituire quello avesse arobato e per niente non voleva consentire che si prendesse (4). A dì 16 [Dicembre] è venuto lettere de Franza, corno re non voleva se prendesse Monaco.' etiamdio voleva che le Rivere tornassero in mano del governatore ; per (1) 11 ms. dell’Arch. di Stato ha: vita. (2) È sottinteso : dicendo esso duca di non volersi... etc. (3) Il ms. dell’Arch. di Stato ha: l’altro fratello magior minor.... etc. (4) L’anonimo non è molto chiaro in questo lungo periodo; per la spie- gazione di esso rimando il lettore a pag. 117-118. 340 la terra li era grandissima mormoracione ; etiamdio è venuto nova conio lo duca di Savoia haveva astalato (') tutti li mercadanti nostri e loro robe e mercancie e faceva dua millia fanti per mandare a soccorrere Monaco. A dì 17 | Dicembre | lo suo homo che haveva mandato s è partito e è tornato in sua compagnia Bernardo Vene-roso ; etiamdio quello giorno sono venute lettere del papa che ne confortava che stessimo ben insieme e che non havessimo affano de nisuno ; stando bene insieme e se fosse alcuna differentia fra noi e il re, che lui accomoderebbe ogni cosa. A dì detto Rochebertin ha fatto de grandi protesti, se non le daveno le Rivere. A dì detto s’è fatto conseglio in Santo Georgio e hanno deliberato lochi i 700. A dì 19 f 18 Dicembre I (*) s’è fatto l’officio de Santo Georgio, cioè Batta Cigala, Lichino de Marino, Castanea, Simon Saivago, Benedetto Giambono, Antonio Giocia, Johanne de Passano, Simon de Amandora, Johanne Batta de Illice, Francesco de Rocha. A dì detto fu una grande mormoratione per la terra delle cose delle Rivere, e tutti li minuti deliberemo più presto tornar sopra le arme che dare le Rivere in mano di Ravasten. Etiamdio quel giorno venuto nova erano in ordine 1200 fanti e se ne facevano delli altri a instanza de nions. d’Alegro per andar a soccorrere Monaco ; subito hanno fatto imbarcare fanti 100 che erano pagati, che li mandorno ; e s’è deliberato per (1) 11 ms. delPArch. Civico ha: «assaltato»; io però preferisco il verbo « astalare », perchè più usato nel Diario e, in questo caso, piùproprio. Esso non si trova nei lessici di lingue medio-evali ; in genovese significa « domare »; nel Diario poi ha sempre il significato di arrestare, catturare, sequestrare. (2) Ambo i manoscritti incorrono nelFerrore della data 19 invece di 18, errore più strano del precedente (29 luglio) poiché qui la vera data 19 segue immediatamente nel Diario. l’undomani dare dinari perfino in 500 balestreri e man-dargeli ('). A dì detto, Agostino de Castigliono, ch’era uno delli commissarij ch’era a Monaco, è venuto a Genova e ha menato con lui uno che haveva nome lo berrò della Pria, homo ricco, savio e cativo, lo quale era mandato dal signor di Finale in campo a Monaco e haveva una lettera di credenza con cinque altre lettere, una a Petro Battista Giustiniano, un’altra a Manuele de Canale, eh erano doi delli commissarij; un’altra a Gaspero de Goano, patrone d’una galera, un’altra a uno che dicono lo Gregetto Giustiniano, che haveva fanti 400, e un altra che andava a Santo Romulo, le quali lettere contenivano cose sospettosissime, attesoché a tutti quelli haveano scritto erano sopra la volta adorna e alli altri commissarij non haveva scritto niente ; etiamdio per la lettera di credenza non si poteva pensar altro, salvo li fusse de grande trame. Per la terra ne fu grande mormora -cione e contese e li detteno della corda ; ma fu bene instruto, perciò non ha confessato altro, salvo che era andato per comprare doe coìombrine. balestre, sanitrio, rodelle e altre artegliarie se se prendeva Monaco. Interrogato che denari haveva per comprare dette cose, haveva scuti 37 che non bastavano alle spese. Ini deliberato quel giorno di cambiare detti commissarij de Monaco e deliberarno Giorgio de Zoagli e Benedetto Cerexa ; ne fu grande mormora per la terra, perchè Benedetto Cerexa era partexano arabiato de Adorni e Giorgio de Zoaglio era huomo pacifico, quantunque fosse sulla volta Fregosa. A dì 19 [Dicembre] sabbato fu circa per mettersi la (1) Il ms. dell’Arch. Civico ha omesso tutta la parte del Diario compresa fra il primo « A di detto » ed il secondo. I )iario 3.51 Una su lamie; tutavolta Idio ne ha agiutato; s’è c!e-libeiato cambiar detti commissarij eletti e s’è deliberato I hei amo da Italiano e Bernardo da Castigliono , com-missaiij a Monaco; lo spettabile d. Gaspare de Franchi e Rafaele della I orre commissarij per tutta la Rivera di I onente. Sè mandato una crida che ogniuno chi volesse tocar dinari, ne venisse a prendere; s’è deliberato fai e tanta gente quanto se poteva; etiamdio s’è mandato una crida per parte delli Anciani e officio di Monaco, che tutti li bancheri dovessero tenire li loro banchi con li loro casseri e scrivere e pagare fino alla 3a festa di Natale, festa e non festa, sotto pena de ducati cento, aplicato all officio di Monaco. Questo giorno è venuto lettere delli nostri ambasciatori ch’erano in Franza, corno ie non ha\?eva voluto dare udienza alli nostri ambasciatori, perchè non havevano consignato le Rivere al governatore e che haveva dato audienza alli gentilhomini eli erano andati nell’audienza ; a caso se li trovò lo sp. d. Nicolò Oderigo nostro primo ambasciador, lo quale ha fatto lo debito suo honorevolmente e reprobò tutte le loro parole, taliter che restorno tutti confusi e la sua contradicione fu accetata da tutta la corte. A dì 20 [Dicembre] domenica s’è mandato artagliarie assai, cioè prie di ferro e seitami. mine 400 di grani e fantarie alla volta di Monaco. A dì 21 [Dicembre], lune, lo giorno di Santo Tomaso non se potria estimare l’unione, amor se mostravano con effetti in tutto lo populo e specialmente in li minuti ; tutte arte se offerseno chi de dinari, chi de fantaria, alla impresa de Monaco e tutti davano dinari; il simile quelli di populo grasso davano dinari. S’è carigato queld giorno grandissima somma de farina e pane fatto, e mandorno tuto alla volta di Monaco ; quelo giorno se sono partiti 352 Anno ι5θ6 li doi commissarij, fatti di novo, per Monaco, con gran-sima somma de dinari per renovar la paga a^' soldati e comissione de mandar uno bando in campo conio davano lo sacco di Monaco alli soldati, excluso 1 aitigliaria, e una paga servita, conio l’haveano presso. A dì detto, perchè li canceleri di Palazo erano tutti su la pai te Adorna, il simile canceleri e scrivani in Santo Geoigio ; etiamdio a molti altri offitij non era salvo adoi neschi, per lo favor haveano havuto li anni passati, s è deliberato far 8, cioè quattro per parte, che havesseno a regolare li offici; s’è congregato in Santa Maria de Castello grandissima moltitudine su la volta Adoi na e deliberorno Bricio Giustiniano, Ambrosio de Promontorio, Stefano Morando de Capriata e Leonardo Merello. In Santo Domenico, s’è congregato grandissima moltitudine su la volta Fregosa e deliberorno per la loro parte Gio. Batta de Franchi Cocarello, Benedetto Giambono, Grj-gorio de Terrile e Agostino de Ferrari notaio. Etiamdio è venuto nova che li gentilhomini, chi sono la magior parte a Savona, hanno fatto 700 fanti e 150 cavai, per la goardia di Savona. Quelli ventureri ch’erano in Santo Domenico, 400 de loro haveano tocato uno ducato per uno, per andar a dare soccorso a Monaco con condicione, che, quando fossino nelle confine eh Monaco, di donarli la paga. Quando fumo alle confine finzeno, a modo de traditori, come sono, de acordarse con lo nostro capitaneo, atteso che non li era dato la paga promissa ; lo capitaneo con li commissarij li accordorno e li dettono uno scuto per homo perfino che la paga fosse giustrata da Genova. Lo nostro capitaneo li volse compartire in diverse compagnie, perchè non se ne fidava , alla notte se ne fugiteno e andorno alla I urbia, che è dello duca di Savoia. Ί 'iario 353 A dì 24 [Dicembre] venuto nova dalli nostri di Monaco, conio sono stati alle mani con quelli di’ erano alla lurbia e non hanno potuto deviare che non fosse intrato m Monaco uno mons. della Motta francese, che stava qui in la piaza, con lo governatore; è intrato con qualche homini, ■ sessanta in circa e questo fu Martedì alli 22 [Dicembre]; etiamdio fu butato una voce in lo nostro campo, conio in Genova erano in arme da parte a parte. Lo nostro capitaneo, per più sicurtà, ha fatto carrigar 1’artagliaria in barca. Alla sera le arrivò uno mandato con saitami e pietre di bombarde e, se li avanzava della provixione, se li mandava ; tornorno a descaregar Tartagliarla. In campo erano 1200 homini e haveano pagato, s’è datto li denari per 2300 infra Lo-disio de Brevei che li era cancelere e altri conio li hanno arobato li denari. A dì detto uno Pantalino da Semino ha datto, da nostra Donna delli Locoli, uno pugno a Gazale da Camilla e per la terra ne fu grandissima mormoratone ; taliter, se non fusse statto le nove erano venute da Monaco, sarebbe statto qualche garbuglio per la terra. A dì 26 [Dicembre] alla mattina è venuto uno bregantino de verso Monaco delli 24 a hore 23 delli nostri commissarij e rafermano lo detto di sopra con gionta che lo nostro capitaneo haveva apicato uno spagnolo, che voleva fugire a Monaco a avizarli conio a Genova erano da parte a parte; etiam avizavano come alla Turbia erano cinque gentilhomini di Genova, cioè doi della casa Grimalda, doi della casa d’Oria et uno da Fiesco, che davano dinari per socorrere Monaco. Lo nostro capitaneo haveva fatto uno borgo de legnami e ivi non mancavano d’ogni refrescamento e vituarie. A ili detto è venuto Bernardo Veneroso, mandato al duca di Savoia, lo quale 354 Anno l5i| per ogni modo se mostrava nostro mimico e haveva richiesto certa somma de fiorini all; suoi populi per fare gente per socorrere Monaco. A dì 28 |Dicembre] sono venute lettere delli nostri commissarij , conio lo governatore de Niza haveva richiesto parlamento ,cnn li nostri commissarii e là era andato una galera Bernardo de Castegliono e Petro Battista Giustiniano, lo quale governatore li ha· richiesto che Monaco se debba spianare e non mai più riedificarlo, nè che se debbia mai più scodere dritto alcuno e che Mentono e Roccabruna restono dello governatore sotto le forme che haveva il signore di Monaco: etiamdio lo duca di Savoia possa prendere lo sale sotto la forma prendeva e per sua fatica li fosse fatto presente duna gioia; esso se offeriva de fare che lo duca non impedirebbe l'impresa di Monaco; non se li dete resposta altrimente ; etiamdio avizavano corno la nosti a gente erano statte alle mani con quelli venturieri, che haveano morto una frotta. Quello giorno se tornato a mandare Bernardo Veneroso al duca di Savoia, con ampia bailia della comunità, per acordarse con quelli patti che a lui parrà e donare alcuni presenti a certi suoi principali, secondo a lui parrà. Perla nostra terra la parte è gran-demente accesa alla paleza e alla secieta e ogni giorno si fanno dei grandi scortini. A dì 3 di Gennaro 1507, questi giorni passati era stato mandato Batesto Tasistro in Lunixiniano (') per fare 200 fanti e Batesto Sepolino per fare altri 200 fanti. Quel giorno a di 3 detto Battista Sepolina è venuto con fanti 600 e si dice venivano 1 undomani perfino in 1200. Tutti erano homini delle castelle delli Spinola e dello Bosco (1) Il ms delPArch. di Stato ha: Luxiniano. Diario 355 e quele langhe, dove per la terra ne fu grande inorino· i anone e geloxia delle parte, per forma che volse esser glande rovina in la terra; ma Dio ne ha agiutato. S’è mandato via parte di quella gente ; lo resto se imbar-corno 1 undomani e se mandorno a Monaco. Quella sera se prese una lettera che scriveva Tomaxo Borgaro a d. Joanne d’Oria e incolpava diversi che non sapevano niente e li avisava dovessino venire ad ogni modo con uno capelazo Fregozo ; per quel respetto l’undomani mattina die lune 4 [Gennaio] se fece congregaccione in Senato de diversi cittadini privati con tutti li altri offici e se tornò a reconciliare li animi e disposeno di star tutti bene insieme; il simile fecceno tutte le arti. In quelo giorno sono venute lettere di Monaco corno lo castelo haveva desparato de grande artegliaria e guastato tutti li nostri ripari e danneggiato diverse persone. L’undomani |5 Gennaio] li mandorno di molti sacchi di lane con altra fantaria e un altro maestro inzegnero ('). Ouelo giorno sono venute lettere dalli nostri ambasciatori che sono dalla santità di nostro signore, che avisavano come sua santità ne confortava stessemo uniti insieme e che prendessimo lo nostro e che non avessemo affano de niente; che lui acordereva ogni cosa con re. Delle cose da noi a savonesi ne confortava le accordassimo infra noi e loro. A dì 5 | Gennaio] è venuto Bernardo Veneroso dal duca de Savoia, lo quale requere cautione bone de cento millia ducati, di tornare in pristino Meutone e Roccabruna conio li era, etiandio di prendere lo sale conio (i) Le truppe coll’ingegnere non partirono il 5 gennaio, ma il 6. Infatti in una lettera dei commissari dell18 gennaio (Cfr. Hoc. XXXVI) si accusa ricevuta della lettera portata dal nuovo maestro ingegnere Morello e scritta dal comune il 6 gennaio. 356 Anno ι5θ7 lo haveva con lo signore di Monaco e uno presente di diecemillia ducati. Die 6 [Gennaio] è venuto Battista 'I asistro solum con fanti 200 come era la sua compagnia ; se ne havesse voluto in Lurixiana (') migliara, li harebbe avuti. A dì venere 8 [Gennaio] sono venute lettere delli nostri commissarij di Monaco, come quelli eli Monaco, martedì, di mezo giorno, erano usciti fora e scoizeno per- ' o m fino alle nostre bombarde e ne inchiodorno quattio e in quello ponto quelli della JTurbia se calorno e furono alle mani con la nostra gente. Si estima siano della nostra gente a soldo appresso a cinque millia ; etiamdio haveano presocon lo bregantino de Piza sopra Monaco ( ) Francesco de Fiesco, fratello del cardinale da Frigus (3) e Giofredo Lomellino, che fa fare una nave a Santo Petro d’Arena s’erano partiti giorni quatro da S. Pier d Arena, con uno leudeto per andare in Provenza ; niente di manco alcuni dicono che andavano a Monaco con la paga da dare alli soldati. Etiamdio questo giorno è venuto nova conio d. Ottaviano de Campofregoso era venuto al Bor-geto \Borghetto di Vara] con moltitudine di gente e cavali; alcuni dicono che vene per l’impresa di Genova ; altri dicono che va a prendere Suvori [Suvero] con certe altre castelle che li apartengono. A dì 9 [Gennaio] sabato s’ è fatto conseglio in Palacio perchè zobia die 7 se fece conseglio in Palazo per (1) Il ms. dell’Arch Civico ha: Liixuriana. (2) Il ms. dell’Arch. di Statoha : « sopramano « in luogo di «sopra Monaco ». (i) Il ms dell’Arch. di Stato ha: cardinale d’Agliges o Aglignj. In questa parola sembra essere la radice dell'altro vescovato che reggeva Nicolò Fiesch.. Sappiamo infatti da Angelo Rehondini : Cardinali Liguri, pag. 14, che Nicolò Fieschi fu vescovo di Agde e di Frejus in Francia. Alessandro VI lo innalzò all’onor della porpora presbiterale nel noi. Morì nel 1524. Diario 357 dar ricapito a dinari per l’impresa di Monaco e s’è deli-bei ato die in lo consiglio parimente se legesse uno breve della santità di nostro signore come havevo inteso dalli nostri ambasciatóri: d. Ottaviano da Campofregoso d’es-serse partito con gente per venire a Genova e che 1 haveva fatto contro sua volontà e ne confortava stes-semo bene insieme. Il simile n’avizavano li nostri ambasciatori; poi la posta del conseglio fu che l’altro giorno lo conseglio che se fecce per trovare dinari per l’impresa di Monaco, adesso per le cose che occorreno era di neccesità trovare dinari e potriano occorrere alla teria. S è deliberato che 1 officio della Balia havesse la cura di trovare denari per l’impresa di Monaco e perla provigione della terra e che li Antiani con lo loco-tenente e li offici, prima che se partisseno de sieme, deponesseno quelli cittadini che fosseno officio per tre mesi li quali havesseno cura in compagnia del locotenente de spendere e dare provigione in tutte quelle cose che pareva a loro di neccesità. Perfino di quella sera si deliberemo Rafaelo de Fornarij, Stefano de Moneglia, Angelo Crovara, Rafaelo Ragio ; li doi in la voltaAdorna li sono ben disposi ; li altri doi sono homini piani che non se conoscono bene che colore se tengano. Ouel giorno s’è mandato doi commissarij in la Rivera di Levante per la venuta che haveva fatto d. Ottaviano e Janus de Campofregozo. Etiamdio li Antiani e lo loco-tenente mandorno una tragietta a detti capelazi e li scrisseno che, vista la presente, dovesseno espedire il paese genovese ('). A 5 hore di notte lo locotenente hebbe nova resposta di eletta lettera ; lo tenore della (1) Queste lettere si trovano in Litterarum, Reg. n. 47, 1823, e portano la data dell'8 gennaio : qui dunque il diarista ha errato di un giorno. 353 Anno l507 resposta era: che havevano visto la sua lettera, alla quale non davano resposta, altrimenti loro erano ivi in favore del stato e mantenere la sacra maestà del re ed in breve veneranno qui de prèsentia e conferiranno ogni cosa a bocca più a compimento. A dì IO [Gennaio] domenica sono venute nova come certe barche che partirno hieri con fanti 600, su una barca erano certe rode grande dacavate (') per artesiana grossa, sei tartei polvere, baili, sape, archibugi e altre municioni, dette barche, per lo tempo, erano andate m Voe [ Vado], alcuna a Nori [Noli]] quella della .mininone con da 20 fanti in circa, era andata a Savona, e che mons. • d’Aleo-ro, che è governatore di Savona, haveva presso detta munitone; etiamdio alli fanti haveva spoliato le arme e mandato lo bando che nisun non dovesse dar recapito alcuno a’ fanti che avessero toccati denari dalla comunità di Genova, e che subito dovessero expedire il paese. Etiamdio questa mattina erano venute lettere dell, nostri commissari, chi erano a Chiavari, conio detti capela/,. erano venuti a Sestri di Levante con fanti da 400 in circa e a 4 ore di notte, d. Ottaviano era imbarcato e non sapevano per dove. Alcuni dicono essere secreto in questa terra. Questo giorno è andato una cnda che non sia nisuno che ossasse dar alcun favore a Luciano de Grimaldo, lo quale tene occupato Monaco al comune ; etiamdio non sia nisuno chi volesse andare contra alla sacra maestà del re e del populo, sotto pena di rebel.on ; etiamdio non fosse nisuno chi osasse andar a Savona, senza lo boletino delli tribuni, sotto pena de ducati 50 e quatro trati de corda ( )■ (1) 11 ms. dell1 Arch. Civico ha : rodelle grande decaxate. (a) Nell’originale delle due gride la data è segnata al 9, non al ioj a questo proposito vedi pag. 17^ n· 1 ■ Diario 359 A ili II I Gennaio] lune è venuto nova como mons. d’Ale-gio aveva relaxato (') le municione, che aveva preso, perchè tutti Saonesi erano malcontenti; etiandio è venuto nova coma detti capelazi e gente, che erano venuti a Sesti i de Levante quella mattina se partirono e retornorno alla volta del Borgetto; d. Ottaviano quale era venuto in la terra secreto, visto l’animo delli suoi amici, che la maggior parte erano disposti in prender Monaco e star bene insieme, questa notte s’imbarcò. Quando fu sopra lo Codemonte [Porlofino], lo ventò e lo mare li ha datto contrario per modo li fu necessità di andar a Ca-mogli. In lo quale loco li fu levato il leudo con certe rodelle, cioè balestre de martinetto e certe partexane che aveva. Lui, con ingegno e pericolo, scapò, non essendo conosciuto. Etiandio questa notte fu preso uno vilano, 10 quale diceva che andava per parte di Gerolamo figlio di d. Giovanni Aloise a parlare a Francesco de Camogli, notaro, lo quale era la magior testa di populo avessero 11 bregosi, era molto odiato da l’altro colore, erano giorni fa ogni giorno lo calumniavano di qualche cosa. Questa matina detto Francesco è venuto a palazo con una bellissima compagnia d’amici de’ Fregosi, e lui volle apurare la verità. Cercorno d’avoltarla e la vol-torno di andare a casa di Paulo de Fiesco. Questa sera s’è fatto consiglio in Santo Georgio; 1 officio della Balìa ha requesto che l’officio di Santo Georgio li facesse fede in li banchi de L; 80 mila per l’impresa di Monaco e se li deliberorno. A dì 12 [Gennaio] fu preso Baldasar Lomelino e lo misseno perfino alla corda, quantunque fosse omo antiquo. Ha confessato d. Ottaviano essere statto dome- (i) Il ms. dell’Arch. di Stato ha: relocato. 36ο Anno i5Q7 menica a S. Petro d’Arena e aver fatto parlamento con diversi partegiani ; li aveano detto che pei niente non voleano prender l’armi e che se n’ era tornato; etiam che Domenico Lo melino s’ era partito e andatoli appresso con bona so min,a de dinari per fai non se partisse dal paese, perchè ieri è arrivato de verso Finale, Gierolamo della Torre, uno Christoffino Beito-rotto, uno Ambrosino del Connio , tutti cavi de pai te Adorna, con una compagnia de tristi, li quali tutto insieme portavano le arme. Fu preso per 1 altra parte grande sospetto e amiracione atteso che erano tutti banditi e venuti con sì grande compagnia in la terra, tutti con l’arme, e poiché in casa de Domenico Adorno, questo giorno se li portorno sei casse di veretoni fatti, de partexane e altr’arme, l’altra parte s e resentita e furono in prendere le arme ; tuttavolta deliberorno de farlo intendere prima al governatore, cioè al locotenente, lo quale li ha mandati a chiamare e li commise dovessino partire. Li quali disseno che, per terra, non se incalavano andare ; ma, corno fosse bon tempo in mare, che se partiriano e andorno alogiar a S. letto d Arena , niente di manco li sospetti erano grandi. A dì mercordl 13 [Gennaio] tornorno a dar della corda a detto Baldasar, lo quale era già vechio, e li diceno che volevano che confessasse se detto d. Ottaviano haveva havuto pratica con alcuno de populo e in casa de cui era statto esso. Per uscir de tormento dice che aveva avuto pratica con grandissima quantità d amici e delli migliori e che era desceso in una casa al molo e se o mentiva per la golla. A ore \ di notte ha mandato a domandar Petro Marengo e lo ha fatto detenire in Palazzo. L’undomani matina ha mandato a domandare Antonio Ferro ed un altro, tutti amici de Fregosi, e che 361 stavano in lo molo e li ha fatti detenire in Palacio. Quel giorno s’è congregato grandissima moltitudine d artegiani, la compagnia de J esus in Santo Siro e hanno fatto tutti insieme, così d’uno color come dell’altro, e se chiamava la compagnia de Jesus. Quel giorno è venuto uno bregantino dal nostro campo di Monaco e ha portato quello maestro Ambrosio bombarderò con doi gentili homini, li quali mandorno tutto insieme in lo castello di Lerixe. A dì 14 [Gennaio] tutti l’amici de Fregoxi erano indiavolati per lo restalar (') de quelli a palacio, dove alla sera li ha relasato e li ha fatto dar sicurtà de « parére mandatis ». Era venuto doi giorni fa uno ambasciator dal ducca di Savoia che voleva prendere qualche com-posicione. A dì 15 [Gennaio] s’è partito uno bregantino con doi altri commissari, cioè : Gerolamo de Salvo e Simone de Premontorio, che sono andati al nostro campo con somma di denari per dar la paga. A dì detto fu citato Stefano Spinola di S. Luca per parte delli tribuni, lo quale era a Cornigliano; è homo savio e cativo. Como fu a Palaso lo hanno restalato e li hanno fatto dar sicurtà de L. 2000 de « parere mandatis » ; etiamdio hanno fatto dare si-gurtà a Vincenzo Bolasca de scudi 200 de « parere mandatis », lo quale pareva che la voleva prendere per lo detto Stefano. (1) La voce : restalare 0 rastalare ha nel Diario il significato di : arrestare, imprigionare. Credo venga dalla frase : chiudere in restelli 0 rastelli (cancelli). Il Guglielmotti, nel suo Vocabolario Marino e Militare classifica un verbo Rastrellare, che dice significare in senso figurato : Pigliar checchessia alPingrosso, saccheggiare ; questo verbo ha la stessa origine del nostro, ma noi crediamo che « resta'are » sia da interpretarsi come abbiamo già detto. fi 302 Anno l507 Alli 18 [Gennaio] sono venute lettere dalli nostri ambasciatori di Franza, come non haveano potuto havet audienza e che li gentilhomini havevano havuto bona audienza e che haveano offerto cento millia ducati al ie, che mandassi qui uno exercito e lo re era contento mandargelo ; etiamdio sono venute lettere da Monaco come tutta l’artegliaria era in ordine d ogni cosa , ma che li mancava la polvere ; non havevano salvo X bai ili di polvere. Ma poiché hanno cercato meglio ne hanno trovato ancora 20; non manca mai ladri e traditori. Adì 19 [Gennaio] s’è mandato una crida, che tutti li calafatti, e maxime d’assia, non se dovessero partire de casa loro per andar fuora del paese, sotto pena de scudi 100, e ogni altra pena in arbitrio dello offitio ( ) deputato; etiamdio tutti quelli erano fuora, infra 15 giorni, poi che hanno havuto noticia della detta crida, fosseno retornati a casa loro. Adì 20 [Gennaio] s’è mandato una saetia carrega de polvere e altre municioni al nostro campo. A dì detto s’è partito uno ambasciatore del duca di Savoia che havea mandato qui. A dì venere 22 [Gennaio] s’è mandata una crida a sono di tromba per parte del vicario ducale e giudice di male officio, deputati dal locotenente, li quali citano d. Ottaviano e d. Ianus de Campofregoso, Domenico Lomelino e Jofrino Cattaneo che, intra giorni sei, com-pareno inanzi d’elo personalmente e non per procuratore, sotto pena di rebellione e confiscatione de’ loro beni. Etiamdio li citano per l’indomani, in tertiis, passati li sei giorni, a dar la loro sentenza. A dì detto è venuto (1) Il ms. dell'Arch. di Stato ha : del (ìsco. 363 Gerolamo de Salvo, che è uno delli commissarij ; non si è ancora potuto intendere quello sia venuto a fare; dubito che non li sia de grandi traitori, attento che l’artegliaria è tutta in ordine e li ripari fortissimi, da 5 in 6 millia fanti pagati e non se sa che lavoro se faci. A dì detto sono venuti li nostri ambasciatori dalla santità di nostro signore, con sue lettere, lo quale ne conforta che stiamo bene uniti insieme e che prendemo quello che è nostro e che non habbiamo affano de cosa alcuna, che sua santità non ne abandonereva. De Lombardia è venuto nova, come ne hanno serrato le trate del grano e a Sarravale (') hanno fatto descarigare li muli che venivano. In Castelletto se fa de grande mo-nicioni de farina, risei, vini, carne salate e altre muni-cioni e legnami per far ripari. A dì 23 [Gennaio] è andato una crida, che infra sei giorni che tutti Ji gentilhomoni, quali sono dentro delle tre podistarie debano venire a Genova con le loro masnate e quelli chi son fora, infra 15 giorni, sotto pena de ducati 200 aplicati all’opera di Monaco ; etiam che che non sia nisuno del colore nobile che vadi fora di Genova, nè cavare cosa nisuna senza licentia delli tribuni, li quali sono otto, tutti artigiani, solto la medesima pena e di perder dette robe ; etiamdio che non sia nisuno che presuma de dire parola alcuna in dispregio ad alcuno del colore nobile, sotto pena de scuti diece e quatro trati de corda; lo padre sia obligato per lo figliolo, lo maestro per lo fante (2). A dì detto s’ è ii) II ms. dell’Arch. di Stato ha: Sarrana le etc. • (2) Nell’originale della grida (Diversorum Filza n. 64) si parla di 4 giorni invece che di fi pei nobili vicini a Genova, e di 10 invece che di 15 per quelli distanti da Genova 5o miglia. partito uno bergantino con doi leudi di Camogli, chi hanno portato doi altri commissarij al nostro campo, cioè : Dimitrio Sauli e Rafaelo da Recho con lo resto della paga da dar alli soldati. Non se potria estimare l’abondanza delle vitualie a bono mercato sono in lo detto campo; lo vino moscatello a io dinari la pinta; altri vini dignissimi, a cinque denari, di Provenza ottimi. A dì 24· [Gennaio] è venuto uno breve dalla santità di nostro signore che ne confortava che dovessimo stai-boni e insieme e non avessimo affanno di cosa, alcuna e che sua santità aveva scritto al suo legato, che è in Franza, il bisogno e che ne fosse con la sacra maestà di re. A dì 25 [Gennaio] se dice certi gentilhomini, e specialmente della casa Spinola, che erano a Quarto, s’erano partiti e andati via ; e a dì detto è venuto lettere da Monaco e avizano come a Villafranca se armano doe barrichie per andare a socorrere Monaco. Per la terra ci fu grande mormoracione e volevano spedire una o due barrichie. Alcuni de populo grasso lo reprovavano. A dì detto se fece consiglio a Palazo: la posta fu sia per l’impresa di Monaco, che importava quanto ogniuno vedeva, o sia per provigione della terra, era di neccesità di dar ricatto a dinari, etiamdio per congratular la santità del nostro signore, delle differenze di Savona mettere qualche termine e, audito li pareri de diverse persone, fu concluso sopra il parere di d. Paulo da Nove, uno delli tribuni della plebe, lo quale dice che li pareva di dar recapito a 150 mila ducati per fare 25 gallere, e, per ogni modo, l'officio della balìa trovasse detti denari ; etiamdio per fino a quella notte s’è expedito una nave per mandar a Monaco. A dì detto se partito un altro bergantino con doi altri, che hanno portato dinari al Diario 365 campo. A dì detto s’è inteso che a Savona, dove è la magior parte delli gentilhomini, era andato una crida, che tutti li gentilhomini che erano a Savona, non si dovessero partire sotto gravissime pene. Etiamdio in detto loco era arrivato lo governatore d’Aste ; la causa non se intendeva. · A dì 26 [Gennaio] è partito a ore 3 di note una nave d’Oria de porto de 20 mila cantara, e andata alla volta di Monaco per goardia. A dì 27 [Gennaio], mercore, Paolo Battista Giustiniano e Manuele de Canale, non contenti de quello hano fatto dal principio di questa impresa perfino al presente giorno, vedendo che non hano più credito in li homini da bene hanno cumulato una notabile compagnia de tristi, così d’uno colore come de l’altro, e questo giorno andorno da 40 in circa e disnorno in Bezagno. in una taverna che è in lo piè del ponte di S. Agata, dove è uno olmo grande. Dapoi che sono disnati an-dorno a armarse e ivi intrano in casa de diversi olenti- c» lhomini , rompeno porte, balconi e prezero gaiine e caponi, etiam hanno fatto de grandissime desolacioni, per la qual cosa ne fu una grandissima mormoratione; etiamdio la note vegnando Giacomo Ghigione con certi suoi compagni preseno Francesco Spinola, detto lo moro, a Cornegiano in casa soa e lo stralatavano a Rivarolo. A dì 28 [Gennaio] essendo il vicario della sala d’alto per dare una sentenza, è venuto detto Paulo Batta che li disse diverse parole ingiuriose e menade per farlo removere de far giusticia ; tutta volta se li trovorno de homini da bene che li feceno animo e non ha mancato de dar la sua sentenza. A dì sabbaio 30 [Gennaio] è venuto nova da Monaco conio le bombarde grosse haveano tirato 600 corpi e Anno 1507 hanno roto uno pezzo di muraglia; tutta volta non se elegevano di dar la bataglia, la caosa non se può intendere. A dì detto è venuto lettere de Lione, conio li nostri ambasciatori erano statti licentiati senza bavere havuto audienza e mons. de Jamon veniria per governatore con grande exercito ;· etiam è venuta nova conio mons. d’Alegro, governatore de Savona, haveva fatto dare sicurtà a certi de « parere mandatis ». A dì 30 de matina per tempo, certi chi stavano in le Chiape hanno visto uscire tre vilani della porta del Castelletto; li aspettorno e ne presero doi, li quali menomo in Palazo, lo terzo è fugito ; quelli doi confessorno havere acompagnato XI homini eia Montobio in Castelleto, li quali, a quelo haveano inteso, erano forestieri, tutti lombardi e ingegneri, e quelli doi erano vilani de Montobio lo terzo era uno chiamato Menio-lieto de Senarega che sta o o a Stagien; quello è fugito; per la terra lì era grandissima nior-moratione ; lo castello de pochi giorni in qua l’hanno benissimo fornito de municione ; etiam hanno deliberato Gierolamo Parmaro e Agostino Foglieta remandarli alla santità di nostro signore ; etiam hanno deliberato quatro ambasciatori a mons. de Jamon cioè: sp. m. Gio. Batta Lazania, Josefe Dernixe, Jo. Batta Cocarello, Lazaro Pichenoto; tutto s’è scritto alla santità de nostro signore e non se manderà ambasceria alcuna che non se habi resposta da soa santità. A dì lune, primo di Febraio, s’è fato conseglio a Palazo e hanno deliberato di desmettere l’officio delli quatro: Rafaelo de Fornari e compagni, e hanno datto possanza all’ofncio della Balìa de vechio dovessino trovar dinari, per quella via parrà a loro ; etiam dovessero dare principio provigione a tutto quello era di necessità. A dì 2 [Febbraio] è venuto nova como heri è arrivato 307 detto Gieronimo figlio di d. Gio. Aloize a Montobio , lo quale era venuto de Franza con diverse gente e cavali ; etiam che li mulateri che di lune, primo di febraro, erano andati alla Cazella e Croxe e altre langhe per grani, li era stato dato comissione che non andassero più, che sariano prezi e arrobati ; etiam quel giorno è venuto un breve dalla santità di nostro signore che ne scriveva, corno era avizato dal suo legato de Franza, che l’ambasciatore del re, qual era a Napoli, haveva parlato con re e li aveva detto come, quando era qui, lo populo li aveva voluto donare questa terra, ma che lui non Γhaveva voluta acetare ; dove re era entrato in tanta amaritudine che non era nisuno li potesse parlare di questa terra ; etiam sono venute altre lettere de diverse persone di Milano, che rafermano che a Milano si diceva che ne doveano cridare rebelli del re, ne confortava che dovessimo stare uniti insieme; per la terra ne fu una grandissima mormorata e s’è fatto uno scortino in la piasa de Marino e s’è ordinato poner uno per cen-tenaro sopra tutta la mercancia , acciocché se potesse trovare dinari presti ; etiam questo giorno è venuto nova di Monaco, corno tutti li genovesi se ne venivano lì , restavano soli li forastieri e che le cose andavano come Dio voleva, erano in posanza de ladri e traditori. A dì 4 [Febbraio], alla matina, la terra se volse ponere in arme et erano alcuni particolari di quelli ch’erano cagione di questa tribulatione che infogavano la brigata e questo per da 40 ch’erano intrati in lo Castelazo ; etiam quelli di Bizagno, passato mezzogiorno, hanno preso X altri francesi che volevano intrare in detto Castelazo e li menomo a Genova, dove Roccabertin li ha mandati via ; poi li tribuni mandorno in Pulcifera e in Bezagno a farli intendere se vegnivano gente di 36$ Anno ΐ5θ/ sopra che li davano licentia, li arrobassero e dannegias-seno. A di 5 |Febbraio] venere quelli di Poncevera hanno preso 7 some, cioè : quattro di farina, tre di pane, che andavano al Castelazo ; quelli di Bizagno hanno prezo alla matina per tempo da Santo Gotardo , d. Quilico de Negro, Luchino de Marino Castanea e Antonio da Piesco, li quali andavano alla volta di Montobio e li hanno menati a Genova, dove li tribuni li hanno conduti a Banchi, in casa de Anfrono Usodimare e pei che Luchino era dell ufficio di Santo Georgio et erano per trovare dinari, lo condurno in S. Georgio, e ivi s’è deliberato di fare conseglio per l’endomani ; poi hanno relaxato detti tre gentilhomini con sigortà. Quel giorno e venuto un messo, che haveano mandato alla santità di nostro signore e ha portato una lettera de Franco de Ingiberti, lo quale, quando li nostri ambascia-tori sono partiti, 1 hanno lasciato « solicitator », lo quale avisava, come era stato con la santità di nostro signore, lo quale li avea ditto come lo suo legato li avizava corno re per ogni modo ne voleva per ribelli suoi, per non havere voluto darli le Rivere , etiam per quello era avizato dal suo ambasciatore che è a Napoli, che li avizava corno re de Napoli li aveva dito, quando egli era qui lo populo li voleva dare questa terra ; etiam che aveva mandato uno suo a Monaco a commettere che levassero lo campo perchè voleva Monaco per lui, che non 1 haveano voluto fare più presto ; haveano mena-zato di amazare lo suo homo e ne haveva fede di scrivano e testimonij e per questi respetti ne voleva per libelli ; etiam avizava che pareva lo meglio alla santità de nostro signore che se li dovessino dare dete Rivere, che lui ved.ria di fare con re che Ravasten nè don Diario Jo. Loize non veneriano a Genova ; per dove alla sera se fatto uno scortino in Palacio de tutti l’officij, conci-tadini privati e feccino citare una compagnia che s’era fatta d uno grande numero d’artegiani e diverse arte, tutti homini da bene, che se chiamava la compagnia de Jesus e ivi esposero se pareva lo meglio dare dette Ri-vere al re per mitigarlo. Quando domandorno a quelli della compagnia , resposero che loro erano artexani di diverse arte, che loro la scortoneriano con li loro consoli delle loro arte e per quelli li saria dato resposta. L· alli 6 [Febbraio], perchè alla sera fu esposo quella posta de dar le Rivere, alla matina se spantegò la nova, dove tutto quello giorno non so chi fosse, salvo opera divina, che retegnisse non se prendesse l’arme in mano, e più che vegliandosene da Monaco una certa compagnia da circa 200, essendo a Savona, appresso lo castello dello Sperone, furono assaliti da homini de mons. d’Alegro e fumo morti alquanti e desvaligiati. La magior parte erano homini nostrati et per tatti questi respetti fu la terra per prendere l’arme. A dì detto, alla sera, si fecce consiglio in Santo Georgio, e s’è deliberato 50 millia ducati per l'impreza di Monaco, la quale Dio sa conio l’è stata manegiata per mano di ladri e traditori. Adì 7 [Febbraio], domenica, se fecce uno scortino a Castello, dove era grandissima moltitudine de artegiani e ivi se refersono tutti a confermare li tribuni e de non dare le Rivere perfino che non fosse preso Monaco e per niente non desmetere quella impreza; etiam remettere le nostre cose in la santità de nostro signore che li pone qualche termine. Il simile, quella compagnia di Jesus, che sono grandissimo numero d’artegiani, che ivi feceno scortino in la cazaza di Santa Maria de Castello, e sono concorsi in simile opinione de remettere le nostre cose 3 70 Anno 1507 in la santità di nostro signore. A dì detto, lo castellano di Castelletto ha fatto serrare li sbarri di S. Francesco e retenuto tutti coloro che erano in S. Francesco ; di poi, mandato abasso tutte le donne, li homini li ha fatti andare in Castelletto. A dì 8 [Febbraio], lo castellano ha lasciato andare la magior parte delli gentilhomini ch’erano 62, e retenuto 12 ; queli del populo, che erano da 46 in circa, li ha retenuti tutti. Quello giorno se è spedito Laurentio Gio-vardo speciaro e se è mandato con lettere avvizare di questo caso a mons. de Jamon ; a Savona sono stati in arme et è uscito fuora da Saona circa 300, così d’uno colore come de l’altro, perchè lo governatore di Savona si voleva far dare sigortà de « parere mandatis ». A dì detto sono venute lettere delli nostri commissarij che sono a Monaco, conio era capitato uno camerero dello duca di Savoia, che aveva fatto partire li ventureji ch’erano alla Turbia et a Villafranca, con bando la forca non dovesseno tornare ; etiam quella barca che haveva carregato refrescamente per andare a Monaco, la facevano descarrigare e che lo governatore de Niza haveva requesto parlare con li commissarij. Quella sera se li mandorno uno leudo de Camogli con Alarame di Bozolo, o · che li ha portato denari, polvere et altra provigione. A dì IO [Febbraio], è venuto nova, e fu vera, che li ventureri se calavano alla volta di Monegeto per prendere quella artagliaria che gli era ; dove la nostra gente si sono posti all’opposito e li rompirno e ama-zorno parechi e prezeno appresso 200. A dì detto la terra fu in grandissimo travaglio, perchè era venuto Paolo Borgaro ch’era uno deH’ambasciatori ch’erano andati a re, lo quale dice che mons. de Jamon e d. Gio. Aloizo erano gionti in corte e haveano trovati genti- Diario 371 lhomini assai che andavano alla volta d’Aste, con altre cose particulari. Per lo qual tutta la terra stava con grande malinconia e se cercava per dare provigione a fantaria e mandare delle altre provigione a Monaco. Lo castelano di Castelletto teniva ancora tutti quelli di populo havea prezo domenica. Alli II [Febbraio] s’ècomulato a Rivarolo più de 200 canioni (') di Poncevera, de Sestri e Voltri e de Bezagno e ivi disnorno insieme e deliberorno tutti de venire a morire con lo populo e ordinorno una bandiera, e ognipotestaria hebbe la sua, in la quale hanno dipinto la Trinità ; etiam ordinorno (2) di deputar 12 per potestaria, che ogni giorno debano venire 6, cioè doi per potestaria, a Palacio a intendere quello si faceva. A dì 13 [Febbraio] è venuto nova conio mons. de Jamon era a Cazale di Monferrato e d. Gio. Aloize e ivi se congregavano tutti li gentilhomini. A dì 14 [Febbraio] è venuto uno bergantino da Monaco e dicevano che erano 10 giorni che le nostre bombarde grosse non haveano tirato per necessità di polvere, etiam che mandavano qui li ventureri, che haveano prezo e. perchè intesero che li popoli minuti erano disposti, se venivano qui, de tagliarli a pezi, mandorno a com-metere fossero calati a Savona. A dì 15 [Febbra'o] è venuto nova che Francesco de Pigliasca, canzelero de Ravansten, era andato de qui a Saona per uno servicio di detto governatore e che mon- (1) Così scrivono l'uno e l'altro ms., la parola potrebbe spiegarsi come « cagnoni » che ancor ora si nsa per « bravacci » gente risoluta; io però propenderei per crederla una errata interpretazione del nome « campioni » che abbiamo già trovato il 19 luglio e che ci sembra debba indicare: caporioni popolari. (2) Il ms. dell’Arch. di Stato ha: deputorno, ordinorno di deputar. 372 Anno 1507 signor d’Alegro l’haveva fatto ponere in castello ; etiam quello giorno s’è mandato Simon Caniacio e Nicolò Picaluga a Bologna a fare fanti per mandare a Monaco, e qui etiam si è scritto a Luca e a Piza. A dì detto è arrivato uno bregantino da Piza con 200 petre de ferro de bombarda, con provigione de polvere; etiam qui se ne lavoro alle teste e di lavoro. A dì 16 [Febbraio] lo governatore ha fatto citare diversi cittadini per fare uno scortino ; etiam haveva fatto citare una quantità di bravi ; e s’è spantegato una voce per la terra che voleva le Rivere , etiam voleva confinare detti bravi. Quella matina andorno grandissima moltitudine di gente a palazo, con grandissime parole mena-zorie, digando non volevano se desseno le Ri vere, salvo con ordine della santità di nostro signore ; nè etiamdio non volevano al presente fusse confinato nisuno, e lo conseglio s è retardato per detta comulatione ; etiamdio si è deliberato fare otto galere, e perfino quello giorno hanno datto dinari. Adì 17 [Febbraio], mercordi. se tornato davanti al locotenente quelli eh’ erano citati per le cose delle Rivere ; si e tornato a comulare in Palacio grandissima o moltitudine de populo minuto e grandissime minacie de tagliare a pezi chi parlava di dare le Ri vere al governatore; per onde detto consiglio non s’è fatto. A dì detto, alla matina, s’è comulato in Domo, in la capella de li scrivani, appresso da 300, tutti artegiani e cavi di casa, così de l’uno colore come de l’altro, e ivi or-dinorono 12, cioè 6 per colore, che avessero cura de pacificare la terra, li nomi de’ quali sono Gieronimo de Honeto, Gieronimo Delfino, Giacomo de Rapallo, Gio. Batta de Illice, Agostino de Ferrari, Petro Marengo, Andrea Buzalino, Pantrdeo Navone. Stefano Morando, Diario 3?3 Leonardo de Facio, Manuel de Canale e Laurentio de Garibaldo. A dì 18 [Febbraio] s’è comulato in la capella delli scrivani certa somma de mercadanti con li 12 artegiani e ivi esposeno che li pareva bene ellegere altri tanti mercadanti in compagnia loro, aciochè non paresse volere partir 1 ongia dalla carne e la carne da l’ongia ; sono contentati et elegerono Tomaso Giudice, Stefano de Moneglia, Bernardo de Franchi, Bartolomeo de Zoalio, Oberto de Lazario, Giovani de Passano, Stefano Giustiniano, Pelegro de Goano, Ambrosio de Promontorio, Rafael de Furnarij, Antonio Sauli e Gabrielo Adorno; etiam sè deputato 4 alla seca (') a recevere argenti per fare batere moneta e ogniuno cheli consegnava argenti, li ne facevano lochi (,azioni di banca) e li ragionavano L. 46 l’uno. Se n’è portato ogni giorno assai ; li nomi delli deputati a ricevere argenti sono Dimitrio Giustiniano, Oberto de Lazario, Lodisio de Bagnasco, Bartolomeo del Cavo. A dì 19 [Febbraio] s’è tornato a mandar Bernardo Veneroso al duca di Savoia, con dinari. A dì detto s’è mandato 300 fanti a Chiavari (*). A dì 23 [Febbraio] sono venute lettere dalla santità di nostro signore che ne conforta che stiamo bene uniti insieme e che andiamo appresso a quello che habbiamo inconmenzato, cioè de fare le galere e de fare fantaria e prendere Monaco e non habbiamo affano di cosa alcuna ; della cosa delle Rivere non ne facciamo altro perfino che la santità habia resposta da re. È in ordine bona provegione de polvere, de pietre de (1) Il ms. delPArch. di Stato, errando, ha interpretato invece di «4 alla seca », « e alla sera ». 2) 11 Veneroso non partì il 19 ma il 17 febbraio come dimostrammo a pag. 195 n. 2. 25 374 Anno l507 ferro e de dinari e fanteria per mandare a reforsare lo campo di Monaco, nè se aspeta salvo bontempo in mare. È venuto nova corno uno castello in Lombardia, chi è alle confine de’ Tedeschi e de’ Venetiani, s’è ribellato contra de’ Francesi e si erano renduti bona somma de gentilhomini milanesi, chi erano fuora usciti e che se ordina di fare certi pezzi di artagliaria grossa; è venuto da verso Niza la nave de Giustiniano e di Bor-garo, carreghe di sale, ma per dubio del castello, le hanno mandate in Golfo. A dì 24 [Febbraio] giorno di Santo Mathia, lo tempo se fatto bono, e s’è carrigato in una barca la polvere e artegliaria con fanti icoo, in circa, e la mandorno alla volta di Monaco. A dì detto sono partiti doi ambasciatori e andati alla santità di nostro signore : cioè Domenico Adorno e Agostino Foglietta. A dì detto, l’ordinario che veniva da Venetia e da Milano è statto restalato a Dartona con le lettere e dinari che portava. Lo castelano ha tirato 5,06 colpi d’altagliaria con le petre e ha dato una in Morsento, in casa d’uno tesitore, e in Violato e in altri lochi ; se non fosse la cosa di Monaco, il populo harebbe fatto stranie novità, ma tutto se comporta per l’impresa di Monaco ; monsignor de Jamon ne ha fatto bandire in tutta la Lombardia per ribelli. A dì 25 [Febbraio] è venuto nova da Monaco, corno quelli di Monaco erano usciti fuora per inchiodare le bombarde ; li nostri si sono aveduti e furonno alle mani e fumo 16 da morti e prexi queli di Monaco. A dì detto s’è stracato da S. Marco perfino al ponte delli Catanei grandissima quantità de gambari bianchi morti. A dì 27 [Febbraio] è venuto qui uno de re, ch’era andato per la Lombardia a revedere le fortezze come Diario 375 stavano fornite; etiam era venuto a revedere qui; etiam la matina la compagnia de Jesus, con tutti li consoli dell arte , havevano fatto scortino a castello e ordinato a uno conseglio, che se dovea fare al doppo disnare a Palacio, fusse cambiato l’officio della Balìa; al doppo disnare non fu numero a Palacio e non s’è fatto lo con-seglio, peronde ne fu una grandissima mormoracione nel populo minuto. A dì detto è venuto nova da Monaco, come non se trovavano più de fanti 700 ; vero è che la provixione ultimamente mandatoli non era ancora gionta. A dì 28 [Febbraio], domenica s’è fatto conseglio a Palazo e s’è cambiato l’officio della Bailìa e s’è fato dodeci ceniori [seniori] del populo, li nomi de’quali sono: d. Laurentio Grillo, Federico Imperiale, Anseimo (‘) Cattaneo, Lodixio Cibo, Gio. Batta Cocarello, Dimitri Giustiniano, Oberto da Lazaro, Gio. Batta Sauli, Francesco d’Arquata, Lodixio da Bagnasco, Vincenzo Currero, Bernardo Gallo. A dì detto Roccabertino ha mandato una crida che tutti quelli che dovessero havere da lui, se andassero a pagare, che voleva andare a Milano. A dì 2 di Marzo Roccabertino s’è partito ; è andato in soa compagnia tre ambasciatori a mons. de Jamon, cioè lo sp. m. Gio. Batta Lazania, Lazaro Pichenotto e Giosepe Dernixe, uno delli tribuni. A dì detto è venuto nova, conio la santità di nostro signore era partito da Bologna e andato alla volta di Roma. Quella notte a hore X in circa , poiché fu partito Roccabertino , tutta la gente chi era in palacio sono partiti e andati in Castelieto. L’endomani a mattina s’è mandato per la Rivera di Levante, per tutti li cavi de parte, che ven- (1) Il ms. delPArch. Civico ha: Accelino. 370 Anno 1507 gano alla terra; è venuto nova conio la santità di nostio signore haveva lasciato governatore a Bologna nion-signor d. Laurentio da Fiesco. A dì 5 IMarzo] è venuto nova, come mons. de Jamon ha fatto astalare tutti quelli di populo che erano a Milano, e li haveano prezo li loro liberi e li haveano fatto dare sicurtà de 4 millia ducati de « parere mandatis » ; etiam è venuto nova, corno li nostri ambasciatori erano ancora a Saravale; haveano mandato a mons. de Jamon, se poteano andare securi. Quella notte, a hore 6, Castelletto ha tirato doi mortaretti; l’uno ha datto appresso Banchi, in casa di Serra, l’altro in la piassa de Squar-ciafici, in lo canto de Paris de Fiesco; etiam ha tirato 6 colpi d’artaglierie ; hanno datto in S. Catarina e a S. Siro. L’endomani mattina, alli 6 [Marzo], hanno deruato (') in porta nova dallo bagno certe caze ; lo populo li voleva fare opposito, ma per le cose di Monaco, comportava ogni cosa. A dì detto s’è fatto franco la podestaria de Voltri e quella di l’oncevera e de Bezagno; è venuto nova come li ambasciatori erano partiti da Serravaie e andati a Nove. A dì detto fu preso uno prette di S. Laurentio, che mandava una lettera a Savignone a Gio. Gieronimo da Fiesco, e l’haveva posta in corpo a uno pezo, la quale lettera conteneva de quanti avizi seguivano alla terra e li confor fortava dovessino venire presto, attentoche alla terra non li era polvere, nè fantarie e, se stavano troppo, che sa-rebono provisti dalla santità di nostro signore, di polvere e fantaria ; etiam l’avizava de molte altre cose. S’è mandato la copia della lettera alla santità di nostro signore ; etiam s’è mandato Gregorio da Bozolo in la (1) Π ms. delPArch. di Stato ha: derrivato. II verbo significa: abbattere. Diario 377 Rivera da Ponente, a cordare diversi gaiioni, Uno Pan-talin Bruges, chi era bravo, amico de Adorni, ha asaltato Theramo Centuriono e li ha menato d’uno ronchono; esso cadette e non l’ha afferrato salvo del asta. A dì 7 [.Ylarzo| domenica, quelli di Bezagno hanno prezo uno Menighetto de Senarega che stava a Stagien et era una gran spia di cl. Gio. Aloize ; etiam hanno prezo uno detto Gorzigia, un altro Monconexi ('), un altro Davancino e un altro da Caorsi, tutti della famiglia di d. Gio. Aloize ; corno . furono a palazo, subito tutti cinque, senza confessare, li hanno apichati. A dì detto li ambasciatori, che andavano a Jamon, se ne sono retornati in pressa, perchè dubitavano di non essere restalati. A dì 8 [Marzo] fu fatto uno officio: cioè cl. Bricio Giustiniano, Gio. Batta de Leonardi, Agostino de Ferrari, notaro, e Stefano de Capriata ; questo a cura di acordare le quistioni delli homini delle Rivere, potestarie e della terra, e spendere dinari, e dare a cui pareva loro. A dì IO jMarzo] hanno fatto fare treguadaGio.de Biassa alli Bertorotti per doi mezi, acordano de molte differenza. Questa notte fu arrobato doe botteghe sotto la Riva ; de quelo per la terra ne fu grande mormora-tione, attentochè perfino a qui, a benché (2) siamo' con l’arme in mano, niente di manco, quanto pei anobare e amazare, è parsuto essere in una religione. A dì detto, hanno prezo arme assaissime in casa di diversi gentilhomini, e specialmente in casa de sig. Gio. Ceba, li prezeno grandissima somma j etiam s e fatto conseglio in S. Georgio e deliberorno 50 ni i 1 a ducati. (1) 11 ms. delPArch. Civico ha: Moconexi. (2) 11 ms. delPArch. di Stato, invece di « a benché » scrive « a banchi » ma questa interpretazione è da respingersi senz'altro. 37S Anno 1Ó07 A dì II [Marzo], iove, lo castellano ha fatto fare rescatto a quelli di populo che haveva in castello e a ciascuno ha fato la sua taglia; erano insomma doa millia scuti ; ma non li voleva relaxare, salvo che li prometteva farli bona compagnia ; se li è fatto risposta che li appellasse e facesse quello li piacesse, che se non li relasava non li volevano dare uno dinaro, e lo doppo disnare incominciò a tirare artagliaria in quantitate e mortaretti e bombarde perfino a notte ; detteno in diverse parte della terra, hanno tirato molti colpi in lo porto dove erano diversi gaiioni e ne hanno butato in fondo doi; l’altri hebbeno bono socorso, sono retirati a redosso a ponte delli Spinola ; etiam s’è fatto franco la Rivera di Ponente per anni 10. Tutta quella notte lo castello ha tirato molti colpi di mortaretto e bombarde, per la quale cosa tutta la terra ha prezo de grande desdegno. A dì 12 [Marzo] è andato grandissima moltitudine di gente al Castelacio, così della terra corno di quelli di fora, e per forza hanno prezo detto Castellazo, in lo quale loco erano 23 homini bonni e donne quattro, e li hanno tagliati tutti a pezi. A dì detto, s’è mandato a prendere 10 castello di Portofino ; Castelletto quel giorno non ha tirato mortaretti, ha tirato certi pochi colpi d’artagliaria. A dì detto, è andato una crida per parte delli Anciani, che tutti quelli che sapevano dove fosseno arme del colore nobile, sotto pena di scuti 25, infra doi giorni, le dovessero havere manifestato e datte per inventario a Thomaso Giustiniano, Lanzarotto Berraxi, Petro Gui-zano, Batta Merello e Nicolò Schiavina per suo notaro deputato a ricevere dette arme. A dì 13 [Marzo I lo castelano ha requesto di havere parlamento con qualcheduno che sapia parlare franceze; 11 fu resposto che lui non haveva fede e non se trovava 379 nisu no che se volesse fidare de lui ; se mandato una crida, non fosse nisuno chi presumisse di parlare con alcuno di Castello. A dì detto è arrivato uno caporale, dignissimo in arme, chiamato Gio. Andrea Corso, con più de 300 boni fanti. A dì 14 [Marzo] s’è partito doi commissarij e andati a Portofino, in lo quale loco, perfino a venerdì sera, se li era mandato Giovani e Lazarino Bacigalupo con certa fantaria per rendere lo castello. A dì detto è venuto uno fante, lo quale s’ è mandato venerdì sera a mons. de Jamon a farli intendere lo trare del castello e la preza del Castelazo , lo- quale mons. , le-giuto che hebbe la lettera, l’à butata a meza sala, corno indiavolato ; ha mandato via detto correro senza resposta. In lo palacio de Milano non se partivano giorno e note li 8 gentilhomini nostri deputati alla guerra. A dì 15 [Marzo] s’è mandato una crida, che ogniuno che haveva artagliaria, 0 sapesse dove ne fosse, la dovesse manifestare, sotto pena di perdere dette arta-glierie, e in ogni altra pena, in arbitrio delli deputati. A di 18 [Marzo| s’è trovato artagliaria de metalo in quantità, ascoza ; a dì detto è venuto nova, corno lo castello de Portofino s’era reso a patti; etiam è venuto nova, corno mons. de Aiegro (era governatore a Savona) s’è partito hieri e andato in Aste, per andare capitano della gente che mandano per disconsciare l’impreza di Monaco. De qui s’ è mandato a batando a Monaco e datoli comissione che per ogni modo questa settimana facessino quella forza possino fare e, se non lo potranno prendere, sercano per ogni modo di carrigare 1’artagliaria in barca. A di detto, s e cambiato li tribuni e ne hanno fatto delli altri de novo. A dì 17 [Marzo] è venuto nova de verso Roma, corno 38ο Anno 1507 veniva uno capitano, etiam che veniva fantaria, polvere e sanitrij ; etiam è venuto nova che s’era partito da Aste quatro millia fanti e cento homini d’arme, per andare a dare soccorso a Monaco. A dì 18 [Marzo] s’è mandato 500 fanti alla Pieve, perchè se dubitava che quella gente, che se dice che vanno a Monaco, non andasseno alla Pieve ; etiam quello giorno sono venuti doi bergamini e una barca da Roma con cantara 350 de sanitrij. A dì 19 I Marzo] è venuto nova, conio la nostra gente haveva prezo lo castello di Ventimiglia a patti. A dì detto fu apichato uno giovane de Camogli e, perchè era di bona gente, l’apicorno in prigione ; c’erano una compagnia de giovani più de 20, de boni parentadi, che arrobavano, e questo li ha manifestati; s’è trovato scale grandissime, paferri [fiali ferrei], leve, scopelli, grimaldelli e altri ingegni assai. Quello giorno, quelli chi erano alle guardie, si sono apizati con quelli di S. Francesco e li saltorno perfino alle mura e li bruxorno lo restello (') e morto d’ima parte e l’altra ; etiam s’è ordinato che tutti li connestagij dovessino rivedere tutti li homini delle loro connestagiarie e riferirli alli loro confalonieri deputati; etiam che ogniuno dovesse star prompto a ubedire con le sue arme alli loro confalonieri; etiam s’è mandato per le Rivere chi dovessino bandire tutti li gentilhomini chi erano in dette Rivere. A dì 22 [Marzo], sabbato è venuto nova (2) come hanno dato bataglia a Monaco e che montorno tre bandiere (1) Per la voce « restello » cfr. pag. 228. (2) La parola « sabbato » non va riferita al 22 aprile, perchè questo giorno del mese corrispondeva quell'anno ad un lunedì: deve invece intendersi unirà alla notizia che viene subito dopo e costruirsi così: È venuto nova come sabbato etc. *· 38ι su le mura ; ma perchè l’armata di mare non s’è accostata, fu di neccesità tornare in dietro. A dì detto è venuto uno galione di Corsica con fanti 500 ; etiamdio è venuto de verso Roma doi bergantini, uno carrigo de polvere, l’altro con diverse balle di ferro e arme bianche. A dì detto uno predicator, de l’ordine delli servi, induto da alcuni, per quello se può comprehendere, li quali vorriano che li populi minuti stesseno male insieme e se tagliasseno a pezi l’uno con l’altro, hanno fatto che detto predicatore dice in lo bergamo [pergamo] quella mattina, che s’era fatto una compagnia de più de 500, la quale era una compagnia del diavolo; li quali haveano tocato soma de dinari da gentilhomini e che doveano tagliare a pezzi diversi de populo. Così corno alcuna somma de artegiani havean fatto una compagnia che si chiamava la compagnia de Jesus, certi altri haveano principiato un’altra della Trinità, e questo è una chi era quella del diavolo ; e questo faccevano, perchè volevano ponere in gelosia l’uno con l’altro; dapoi di detta predica li Anciani e officio di Balìa hanno fatto serrare le porte della terra e fato prendere da 8 chi erano di detta compagnia, e li hanno fatto ponere in restretto ; etiam mandorno a citare Antonio da Sivori, lo quale è del colore Freeoso et è homo che è bene voluto da homini assai <_> del detto colore e volseno intendere se era di detta compagnia; poi l’hanno licenziato; il simile hanno fatto a diversi altri amici de Fregozi. A dì 23 [Marzo] è venute lettere da Monaco, come era arrivato gente assai alla Turbia, per modo che lo nostro campo ne se ellegeva di stare più a Monaco e che haveano tirato l’altagliaria in salvamento e che domenica notte (') veniranno a Vintimillia e li avizaseno quello (1) Il ms. delPArch. Civico ha: mattina. 382 Anno 1507 volevano che facessero ; etiam mandato li doi commissari delle navi : Γ uno havea nome Gio. de Monteborgo , l’altro Nicolò Cicogna; quelo Gio. de Monteborgo, dicono quelo giorno hanno datto la bataglia a Monaco, le galere remorcavano la nave per acostarla al Castello , lui con uno picocino ha tagliato lo remorcò e, per quello, hanno perduto Monaco. Come furono gionti , si sbar-corno nel darzenale e ivi li hanno tenuti perfino passatto mezo giorno; se incomenzato intendere per la terra, s’è comulato grandissima «ente e incomenzavano a scha- O o rinare le mura del darzenale per tagliarli a pezi ; lo Palacio 1’ ha inteso, e mandorno una gran compagnia de armati e li hanno fatti condure in Palacio. Non è homo, per vechio chi sia, che se ricordi havere mai visto uno inverno sì bello, nè più dolce, quanto è statto questo; non s’è conosciuto fredo, nè manco tristo tempo; tutto questo inverno sono statti arbori fioriti. Etiam questo giorno s’è fatto conseglio a Palacio e s’è deliberato di scrivere alli commissarii e capitaneo, che per niente non se parteno da Vintimiglia, e se a loro pare di fornire Mentono e Rochabruna, o de minarla, la remettono a loro, e che per Monaco tengano tutta quella obsidione parrà a loro ; etiam s’è deliberato di mandare a prendere uno salvo condutto per mandare li ambasciatori a Jamon, li quali ambasciatori havessero questa instru-cione, che noi vogliamo che li officij restasseno come sono, etiam che potessero preseverare in la obsidione di Monaco, etiam che d. Gio. Aloize non dovesse habitare in lo genovese e che li officii non se dovessino vendere, che li officii delle Rivere li dovessino dare a cittadini. A dì 24 [Marzo] in la terra fu grandissima mormoracione e fu per metterse in le arme, per la deliberatione Diario 383 di mandare li ambasciatori a Jamon ; visto questo, re-vocorno la detta deliberatione di mandare li ambasciatori a Jamon ; alla sera a hore doe di notte lo castello ha incomenzato a tirare mortaretti molto grossi e perfino a 4 hore di notte in circa, pareva che havessero lo tempo scarso a tirare sempre de longo. A dì 25 [Marzo] s’è mandato una crida, corno non se mandava più ambasciatori e che ogniuno stesse in ordine e che s’era deliberato di fare bona guerra alli inimici. A dì 26 [Marzo] a hore tre di notte in circa, lo castello ha tornato a tirare mortaretti, corno la sera avanti e con l’agiuto de Dio, quantunque habbi fatto gran darmagio, non s’è fatto male a persona alcuna. A dì 27 [Marzo] al giorno tirorno diversi colpi d’ar-tagliaria ; lo populo tutto , maxime lo minuto, era in grandissima ira e solicitavano di ponere 1 artagliarie contra il castello; li traditori che hanno principiato questi travagli, sono in lavoro a marcire (') {corrompere] questo e quello altro per prendere qualche compo-sicione e lasciare lo castello integro. A dì 28 [Marzo], sabbato, alla matina s’è fatto uno consedio a Castello, e ivi s’è deliberato de fare bona o guerra con re, e di prendere ad ogni modo lo castello (J) e se fatto 6 capitanei, deputati a prendere lo castello; far fare ripari e dare ordine a l’artagliarie e fare tutta (ij II ms. delPArch. Civico ha questo verbo, mentre quello delPArch. di Stato ha una parola quasi incomprensibile che si potrebbe con molto stento spiegare col verbo : convertire. Io preferisco la prima versione perchè più sicura e avvalorata anche dal fatto che ancora oggi si dice in genovese « oeggia marsa » per dire persona corrotta. (2) A scanso di confusione tra i due significati che il nome « castello » ha in questo Diario ho deciso di scriverlo.colla iniziale minuscola quando indica Castelletto, colla maiuscola quando indica la località su cui sorge S. Maria di Castello. Anno 1507 quella provegione e solicitudine a far detta deliberatione ; li nomi de quali sono: Simon Giustiniano, Mathia Bor-garo, Paulo Giudex, Pantaleo Navone, Vincendo Peli-sono e Antonio de Corniglia ('); al doppo disnare fu una grandissima moltitudine di gente a Palacio con deliberatione di tagliare a pezi una trotta di populo grasso con alcuni artegiani aderenti a loro ; ma subito tu mandato fora una crida di questo tenore : a nome di Dio e di sua Madre e del glorioso Batesto e del cavalero Santo Geòrgie e tutti l’altri benedetti Santi, per parte delli Anciani e officio della Balìa del comune, se fa manifesto a ogni persona, corno per non havere voluto re dare audienza alli nostri ambasciatori, etiam per haverne fatto cridare in li soi paesi per rebelli e prendere li nostri beni, etiam per haver dato socorso a Monaco e per molte altre giustificationi, che se potrebeno dire, s’è deliberato havere guerra bandita contra di sua maestà e di debelare lo castello e scazare tutte le sue arme dove saranno ; etiam s’è mandato doi delli tribuni a fare venire la nave con tutta l’artagliaria ch’era a Monaco. A dì 29 [Marzo] è venuto nova, come quella gente ch’erano andati a dare socorso a Monaco, erano venuti a Mentono, in lo quale loco era restato castelano uno Gregorio Serveto, con homini 34, con debita provigione de artagliaria e munitione; subito come quella gente furono ivi, hanno havuto parlamento e, senza colpo, se sono renduti, salvo le robe e le persone ; si dice di poi li hanno arrobati tutti ; etiam detto campo è andato alla volta di Ventimillia, in lo quale loco era lo nostro ca-pitaneo [e\ li commissarij che erano a Monaco con fanti 800 in circa ; quantunque detto campo fosseno quatro (1) Sui nomi dei sei capitani \ edi pag. 23o, n. 1. N Diario 385 millia e cavali assai, eletti nostri uscirono fori alle mani con loro, e ne amazorno io e prezeno 6 con uno capi-taneo franceze, al quale haveano tagliato una gamba, e li trovorno adosso scuti 800. e fatto ancora recato d’al-tretanti ; a dì detto sono venute le navi de Monaco, hanno conduto l’artagliaria, subito corno furono sorte, incomenzorono a descarigarla; etiam è andato una crida per parte delli Anciani e officio di Balìa, che tutti quelli che portavano argenti in secha di marco, li sariano pagati a ragione di s. 43 l’oncia e li dariano lochi scritti a L. 45 ; lo logo con la paga di magio, cui voleva page li darebbeno di questo anno a soldi 15 la libra, cui voleva scrita di banco li prenderiano li argenti a soldi 47 l’oncia A dì 30 (Marzo] è andato una crida, che tutti li con-faloneri e connestagi dovesseno andare al doppo disnare a Palacio, e li fu datto comissione che tutti dovesseno obedire al capitaneo ; etiam s’è mandato uno castelano a Vintimiglia con farine e provigioni (') e victuarie ; etiam s’è mandato uno commissario a San Remo, Antonio lo Trucho. A dì detto, alla sera tardi, è venuto Carlo delli Fornè, che tene casa a Milano per Andrea Cesaro, Raffaello de Fornarij e Stefano Giustiniano, lo quale è venuto con lo salvocondotto di Jamon e dice che li nostri ambasciatori andasseno che sariano visti volontieri ; etiam se diceva che a Milano si faceva provigione de più de 20 millia homini per venire qui e confortava non se dovesse andar così rigidamente contra re ; che se prendesse qualche partito. A dì 31 [Marzo] fu menato a Genova uno chi era de Vellanove d’Albenga, lo quale veniva da Dolceaqua (1) Il ms. delPArch. di Stato ha: con far altre provigioni. 386 Anno 1507 e haveva diverse lettere di Luca Spinola e Gio. d Oria e altri gentilhomini, adrizati a diversi cittadini di Albenga e l’avizano de molte cose che importavano detti homini di Albenga in secretto ; sono sempre statti in secretto alla devocione de gentilhomini. Detto homo preso, l'api-corno alla notte al balcone dei podestà. A dì primo d'Aprile è andato una crida che non fosse nisuno così terrero come altro, che presumisse uscire fora di Genova, nè mandare robe senza licentia, sotto pena di rebelione e di perdere dette robe, e chi li trovasse di fora, li posia amazare o robare e non incorrere in pena alcuna. La cagione è statta perchè Theramo de Ballano e alcuni altri del popolo richi, sercavano d’an-darsene via alla secreta. A dì detto, s’ è datto galere otto : una a Batta Giustiniano, un’altra a Matteo Borgaro, Petro Ambrosio Boccio ('), Marco Giambon, Francesco d’Arquata, Paulo Gaio, Bartolomeo del Cavo e Gieronimo Ricio ; li capitanei di dette galere sono : Gieronimo Sauli e Rafaelo Ragio; in l’officio della balia sono compartite tutte queste galere. A dì detto sono venute le nostre doe galere da Ventitniglia e fino di quella sera se ri-mandorno in Rivera con gaYioni tre e li misseno sopra fanti 400 boni e li mandorno in la Rivera di Ponente. Etiam è venuto nova che le galere armate a Marseglia erano arrivate a Monaco. A dì 3 [Aprile] è venuto nova, una fusta grossa che era armata a Napoli haveva prezo in monte Argen-taro una nostra fusta che andava a Roma patronizata per uno della Bocua che sta in borgo San Stefano. A dì detto è venuto nova conio era giustrato a Portovenere lo gallone di Bardella, chi veniva da Roma (1) Il ms. dell’Arch. Civico ha: Petro Antonio Boccio. e haveva 350 prie di ferro, polvere, sanitrj e altri armamenti. A dì detto s’è mandato una crida, che ogniuno dovesse esser in ordine con le sue armi ' alla requista delli loro connestagij e che dovessero seguire li loro con· faloneri, a pena de scuti 25. A dì domenica, giorno di Pasqua, all’hora di vespro, che fu alli 4 (l’aprile, l’artigliaria ha incomenzato a tirare intorno a Santo Francesco e cittadella. A dì detto è venuto nova, corno San Remo e Tabia havevano dato audienza a mons. de Jamon, e li gentilhomini che sono con quella gente, che ha datto socorso a Monaco. A dì 5 I Aprile I li Francesi caciorno foco in la casaza di Santo Francesco e la bruxorno tutta ; la nostra arta-gliaria quello giorno ha tratto molto forte e derruato tutto uno torrione che era in l’horto di Santo Francesco, tutto uno torracone ch’era arrembato alla casaza di Santo Francesco butato sopra uno tetto d’una cappella e diverse guardie e camere e bombardato una parte della chiesa ; è venuto bellissima compagnia delle tre podesterie, e assai. A dì 6 [Aprile] s’è cernuto in balestrerà e schiupeteri con qualche imbrasatore '600 delle podesterie e alli altri hanno datto licentia; e perchè è venuto nova che d.Jo. Loize era partito sabbato da Milano con homini 4000, s’è ordinato che quelli de Bizagno fornizeno la bastia de . . . [Pino?]e che quelli della Poncevera stesseno attenti se sentivano carrigo in loco alcuno, che subito li doves-seno andare. A dì 7 I Aprile I a hore 23 in circa, s’è datto la battaglia in Santo Francesco, dove saltorno nell’horto primiero di inulto Francesco ; quando furono per intrare dentro, quelli haveano aperto tutti li monumenti e li haveano coperti tutti eie brischie tutte piene di polvere; 3SS Anno 1507 quando la notte li prezeno, se riti ramo ; etiam è venuto nova conio quello campo de Ravasten è andato al Porto, (Maurizioj lo quale loco se rendette a patti ('). Poiché furono dentro, hanno fatto de molti danni e li hanno fatti recatare 8 millia ducati e apicorno lo sp. d. Gasparo de Franchi chi era commissario in tutta la Rivera; quella notte s’ è varato una galera. A dì 8 [Aprile] sono arrivati doi canoni grossi di quelli che sono fatti a Lerice e fattoli descarigare al ponte delli Calvi. A dì 9 [Aprile] è venuto nova come li nostri inimici haveano havuto Albenga e le galere di prette Jan (Fregeni) haveano presi certi gaiioni. A hore 1 2 quelli di castello inizerò foco in lo convento di Santo Francesco e brusò tutto, dallo teto della chiesa in fora. A di IO [Aprile] sabbato è venuto nova come era arrivato galere 4 e fuste due de re de Napoli in favore delli gentilhomini; etiamdio è venuto nova conio lo cardinale di Voa era arrivato in Aste. Ancora al detto sabbato, s’è andato a Palacio, in consiglio, grande moltitudine di cittadini per vedere di prendere qualche adrizo in le nostre cose, attento che se haveva li inimici appresso e non havevamo socorso da banda alcuna. Qualcheduno ha argumentato di fare venire li capelazi dentro ; fu levato gran romore per la terra. Finalmente a hore 16 incirca, per alcuni particulari, fu solevato d. Paulo da Nove, che era tintore di seta ; l’hanno fatto duce e, con grande seguito di populo minuto, ha cavalcato per tutta la terra; poi, retornato a Palacio, è andato in senato con tutti li offitii, e li detteno sacramento, che. prezo che fusse Castelletto, lo dovesse der- (1) Quell’esercito non era comandato dal Ravenstein ma dal d1 Allègre. Diario 389 ruvare ; poi ha incomenzato a mandare le sue cride come illustre duce. A dì 11 [Aprile] dette galere passorono alla volta di Savona ; etiam è venuto nova , corno quelli di Casti-olione haveano fatto tre bastie molto forte a Pria Coxera Senaco, l’Arpe (') etiam haveano fatto liga insieme : Ca-stigione, Lagorara, Sestrij, Goano e diversi altri lochi. Lo nostro duce ha deliberato tutti li prigioni ch’erano a Genova e quelli che erano a Lerice, traditori della impreza di Monaco ; etiam s’ è fatto conseglio e s’ è deliberato 50 millia ducati per la impreza della guerra ; lo duce ha requesto 500 fanti per la sua guardia, la meità della terra, l’altra meità forastieri ; s’è deliberato fosseno tutti forastieri ; etiam s’è mandato la nave de’ Giustiniani a Vintimiglia a levare Tarlatino, chi era capitano all impreza di Monaco, con quella fantaria era in quello loco, solum bastava lasciarlo ben fornito. Etiam e andato una crida, che tutti li nobili chi haveano le loro masnate fora, se dovessero restringere in doe caze per piaza e tutti quelli chi haveano prezo casa, dovezeno lasciare le porte aperte perchè haveva da venire grandissima moltitudine di gente ; etiam s’è deliberato di far che ogni canto di carrogio havesse una catena che per ogni parino pezasse libre tre, e restorno d’acordio con li maestri a dinari 10 per lira e mandorno una crida che tutti li connestagij dovessero fare le loio tasse e chi stava a pigione la ponesse su la pigione della casa. Alla sera, vedendo Manuele de Canale, lo quale il duce 1 havea fatto capitaneo della piassa, che non havea potuto ottenere di fare la meità delli fanti genovesi, s’è partito da (1) Il ms. delPArch. di Stato in luogo di PArpe ha una parola che mi pare si possa decifrare così : la opa 0 saopa. 26 Anno 1507 Palacio acompagnato da alcuni tristi, andando cridando: Canale e ventura ; se voleva fare capo de ventureri. Quella sera l'officio della Balìa è andato all’officio di Santo Georgio per contratare li 50 millia ducati deliberati in conseglio e non s’è potuto passare. S’è ordinato un altro conseglio per l’endomani a matina. A dì 13 [Aprile], facendose lo conseglio, è venuto nova conio 8 galere de inimici, fuste doe, bergantini tre, haveano posto scala a Cornigliano e varato una barca carriga de oleo e ne bruzorno un’ altra. Assai presto dette galere comparsene nel porto ; è venuto una appresso a San Giovanni, e tutta la terra fu in moto e non s’è potuto fare lo conseglio. Furono bene visitate d’artagliarie, se partirono e sono andate a Levanto ; lo conseglio s’ è fatto al doppo disnare e s’ è deliberato detti ducati 50 millia. Fu grande contencione che li officii non se incalavano officiare, nè cittadino andare più per la terra per menaze li erano fatte da tristi, dicendo che ogniuno era traditore e dicevano al duce, se non li dava remedio e punisse alcuni di questi tristi, saria di necessità provederli per altra via. Alla sera se retirò l’artagliaria chi era a Santo Rocho, parte de quella de Lucuri. parte di quella ch’era in lo carrogio della Magdalena s’è retirato a Palazo. Perchè dette galere haveano bruxato appresso quelle barche a Cornigiano, tutti coloro se misseno in arme e bruxorno una casseta di Francesco Spinola, etiam introrno in tutte quelle altre caze de gentilhomini, facendo danno in le caze e possessioni. A dì 14 [Aprile] inanzi giorno sono partiti tutti li ponceveraschi con le arme e andorno a Savignone, dove hanno fatto diversi danni, poi andorno a Buzala, dove trovorno da mille mine in circa de biave e erani, delli o ’ Diario 3gi quali hanno prezo quanto hanno potuto; lo resto li canoino fuoco, e feceno dell’altri danni assai; brusciorno tutti li stiami che trovorno; alla sera tornorno in casa. Alla sera a dì 15 [Aprile] è venuto un Pantali no da Meran de Genova, chi ha moglie in Aste e dice che re eia arrivato martedì a Turino e haveva seco tutta la baronia di Franza e che tutti li signori d’Italia cavalcavano in Aste, e che già la fantaria era aviagiata alla volta di Fraschetto \presso Busalla\, onde lo duce lo ha fatto ponere in la Grimaldina e voleva intendere s’era la verità quello che diceva, e chi l’ha induto a venire qui. A dì detto, è venuto uno correre d’Aste con una lettera dell’ambasciatore del re di Spagna, ch’era con lo legato, che confortava dovessimo mandare qualche persone in Aste che sariamo auditi volontiera, e che re era misericordioso e che ne prenderla a mersè e che lui se intermeteria a pacificarne e prendere qualche termine. Lo duce l’ha inteso ; è venuto in senato e dice se gli era alcuno che presumisse parlare di prendere compositione con Franza, lo farebbe astocare e non voleva dare risposta a essa lettera ; tuttavolta fu deliberato di dare risposta ; soia-menti di farli intendere le nostre giustificationi, che, tamquam coacti, habiamo prezo le armi contro della Franza. Questa sera s’è fatto conseglio in Santo Georgio e s’è refermato la deliberatione delli 50 millia ducati ; etiam s’è mandato la nave di Borgaro, uno gallione di Bardella con una barella a Civitavechia a levare certa fantaria e altre municioni. Alli 16 [Aprile] messer lo duce e li Anciani hanno fatto franco d’avaria de vechio e per l’avenire li homini di Sestri. A dì detto s’è datto resposta alla lettera dell 'ambasciatore di re di Spagna e li feceno intendere li cativi contegni, di haverne mancato la fede, della 3Q2 Anno l507 poca ragione e delli periculi grandi dove siamo statti posti per la sacra maestà del re di Franza; per la qual cosa ne è statto forza grandissima prendere lo tosico per medicina. E a dì 17 [Aprile), sabbato, fu fatto dodici capitanei li quali dovessero essere ogni giorno con lo duce a consigliarlo bene della terra, lo nome de' quali sono : Lazaro de Franchi, Stefano Giustiniano. Antonio Sauli, Batta Scaglia, Ambrosio de Promontorio, Benedetto de Casti-gliono, Theramo de Baliano, Batta de Rappallo, Pantaleo Navone, Napolion Richeme. A dì detto è venuto nova come le galere di Franza e quelle di Napoli èrano andate a Marora in lo golfo della Speza, in lo quale loco era calato lo marcheze di Goano Biascia; è, uscito fuora, e preze detto marcheze e l’ha darmegiato assai. E venuto Domenico di Santo Petro d Arena chi s e partito hieri d’Aste e dice che zobia, a hore 16, e re intrato dentro d’Aste e haveva ardito dire ch’era venuto in Italia per debelare li suoi inimici, maxime lo populo di Ge-' nova. Questa notte passata sono partiti assai di Genova, di Poncevera, di Sestri e eli Bizagno, andati alla volta di Vultabio, dove era arrivato gente e artagliaria; è venuto nova questa matina per tempo arrivano in Ί rasto, dove erano già delli francesi, li quali fugirono alla volta di Votaggio e l’artagliaria, che haveano cavato fora, la torno a tirare dentro; li nostri erano a Flacone \presso Voltaggio) ; etiam è venuto nova che lo figliolo di d. Gio. Aloize era intrato con gente dentro da Rappallo. A dì 18 [Aprile] la nostra gente, chi era andata alla volta di Votagio, è tornata indietro. A dì 19 [Aprile] s’è fatto uno decretto, che tutti quelli così gentilhomini come de populo, etiam tutte le robe che fosseno dentro delli monasterii, la dovesseno cavare Diario 3g.3 fora, sotto pena di rebelione; etiam che a tutti li pon-ceveraschi, a chi fusse brusciato la casa, li sariano pagata. A dì detto s’è fatto uno scortino de cittadini in chiostro di S. Laurenzo ; la posta si fu che habiando lo campo appresso, conio è, l’officio della Balìa se trovò poca provigione di denari e che in sedia si portano pochissimi argenti ; coloro chi ne hanno, se sprezurano ; fu deliberato de fare portare de l’oro e ponere bono precio, etiam far ponere sopra ogniuno tassa, secondo lo loro grado, e donare li loci, o page, o scritta di banco, secondo se contenteranno ; etiam s’è partito da 40 fanti forastieri, con assai terreri e tutti li bravi con de quelli della podesteria di Bizagno, e andorno alla volta di Rapallo, in lo quale loco era lo conte cl. Gieronimo, figlio di d. Gio. Aloize, con homini più de 4000. Quando ari-vorno a Sori, hanno prezo uno chi se chiamava lo Ne-grino di Montobio, e l’apicorno a Recho ; fu uno di Rappallo chi volse dire: scampa l’homo, subito fu astocato da uno bravo nominato lo Mazon. A dì detto, alla matina per tempo, inanzi giorno, è venuto lo nostro campo, lo quale era statto a Recho alle mane· con Γinimici venuti tutti a botto volere (sic)·, lo campo dell'inimici se misse in rotta e alla casa di Rua,dove si dice Bavano ('), lasciorno li cavali e arme in quantitate; quelli di Camogli e qualche de 200 fanti in circa forastieri delli nostri, chi erano retirati, alla mattina per tempo montorno sopra la colla de Ruta e videno coloro iii rotta; se li misseno appresso e prezeno cavalli, arme, pregioni in quantità; etiam quelli di Chiavari, in lo quale loco erano fanti forastieri 800, (1) Il ms. delPArch. Civico ha: «cava» invece di «casa», «Bacano» invece di « Bavano ». 394 con Vadesturla, Castiliono, Lagorara e tutte quelle lange, se li misseno appresso e non ne scampò homo che non fosse prezo : poi se calorno a Rappallo e mi-zero a saco tutti coloro che li erano statti favoriti. Lo campo chi è a Votagio, ne è venuto una frotta perfino sopra li Zovi de Poncevera, e hanno bruxato doe caze; etiam bruxorno una villa che se chiama Paveran ; s’ è mandato artagliaria e fanti forastieri alla bastia de Pin e quella di Premontoro. A dì 21 [Aprile] s’è fatto una processione del Batisto con tutte vergine da io anni in giù, tutte vestite di bianco ; non fu mai visto tanta devocione. A dì detto lo campo chi era a Buzalla, se calorno doe squadre di fantarie e cavali e hanno bruxato tutto Zowo, Megarena e Noxian (Nociano). Furorno alle manecon li nostri e amazorno doi di Porcevera, uno de Caneva, l’altro Barioxo e ferirno uno di Santo Petro d’Arena; li nostri li amazorno 8 e uno cavalo bianco e ferirorno assai ; se havessero havuto una testa, li haveriano fatto del danno assai ; non era ordine, nè cavo alcuno, con poca provigione d’ogni cosa. A dì 22 [Aprile], iove, su le montagne non se trovava 500 della nostra gente ; il campo di Buzalla s’è posto in arme e s’è calato alla volta de Porcevera ; non tro-vorno scontro ; scorzeno perfino a Santo Francesco della Chiapetta e fatto dello danno assai e misseno fogo in tutto Magnerri e Serra Morigallo e San Cipriano, bruxo-rono tutta la Porcevera Secha. A dì detto s’è fatto la processione della Croce verace, tutta acompagnata da vergine, da 10 anni sopra, con la testa coperta, tutte vestite di bianco, con qualche altre vergini più grandi ; non fu mai vista tanta devocione e tenereza ; quando se partivano da Santo Laurenzo, in chiesa tutte cridavano; misericordia. 395 A dì 23 (Aprile] s’è fatto una simile processione della nostra Donna ; s’è estimato fosseno ogni giorno, de vergine, più de ottomilia ; ne fu numerato più de sei millia. Alla matina per tempo s’è detto che lo campo delli inimici se calava alla bastia de Pino ; non se potria estimare la moltitudine de gente chi andorno su per Bi-zagno alla volta delle montagne e ogniuno bene disposto. Alla matina, per tempo, sono intrati fanti 600 forastieri, 400 de quelli chi erano a Chiavari, 240 de quelli erano venuti de verso Roma ; etiam è venuto uno caporale Romano, inimico di f rancesi, quale ha nome...... h venuto da Chiavari, Rappallo, Vadesiurla, Castiglione, numero in quantità di gente. Perchè lo castello di San Francesco ha fatto alla sera grandissimi fuochi, e lo campo dell’ inimici tutto sopra la Porcevera, s’ è dubitato che questa notte [avrebbero] socorso al castello; tutta la gente della terra sono andati in li monti ; solamente sono restate le porte fornite. A dì 24 [Aprile] tutto questo giorno e la notte passata è statto tutto lo populo in li monti e, al giorno, 10 campo de’ nemici ha fatto scorrarie; li nostri se ado-mesticorno con li cavali che li aspetavano alla pianura senza paura alcuna, per modo che hanno fatto retirare li cavali, ne ferirno e amazorno uno. Quelli di castello sono calati alla Magdalena ; quelli chi erano in le caze stavano a giocare li asaltorno, ne prezono doi e ne amazorno tre. A dì 25 [Aprile] fu menato doi cavali, 13 francesi, 11 quali furono prezi da certi di Porcevera de Serranixi [Ceranesì\ e andati alla traversa alla montagna per trovare li bestiami, li deruvorno la casa; e in un loco che se chiamava Orcexi [Olcese| preseno quelli doi cavali e francesi. A dì detto lo nostro campo è andato in le montagne numero grandissimo de gente. Giacobo 30 Anno 1507 Gigliono, quale era alla goardia del Garbo e l vi i bel la con bellissima compagnia, s’è incomenzato apizare con li inimici, contro la volontà del capitaneo ; subito s è lassato rompere. Uno Leonardo de Monteaguto, tesitoi di seta, era castellano della bastia di Promontoro, loco fortissimo e bene fornito di artigliaria ; prima che li inimici li arrivasseno, l’ha abandonato. La nostra gente s’è missa in fu> ma questa interpretazione non ci pare giusta poiché poco prima si parlò di « uno bacile » e questi due avrebbero allora dovuto far numero con esso. 41S Anno 1507 scuti. Se dice che la maestà del nostro re è gionta a Savona ; la magior parte delli nostri nobili li sono andati ; il re di Spagna è ancora a Portofino per lo catino tempo. A dì 23 |Giugno] è andato una crida che tutti coloro chi non hanno portato le ante a Palacio, le debbano portare e chi Γ havesse mandate in Rivera, infra otto giorni se debbano apresentare ; etiam quelli delle tre podesterie, infra 8 giorni, tutti le debbano apresentare, sotto pena de rebelione; se dice che l’imperatore prepara grandissimo exercito e per ogni modo vole passare in Italia. A dì 26 [Giinno] a hore 14 è arrivato nel nostro porto la maestà del re di Spagna e la regina che vene de verso Napoli con galere 16 e quatro de pre Johanni IPregent] francese, che li era andato incontra e li haveva portato mons.r de Pois chi è fratello della regina e figliolo d’ una sorel'a del nostro re ('); detto re di Spagna haveva con sua maestà Gonsalvo Ferrando, lo quale li aquistò lo reame de Napoli, con altri assaissi-mi baroni e sig.ri molto soninosi de catene d’oro grossissime e de gioie ; dapoi è calato in terra mons.r de Fois ; lo nostro governatore e 1’ ambasciadore del re di Spagna, chi era qui accompagnorno detto Fois aio-giare in Banchi, in casa di d. Anfrono Usodimare, dove era alogiato un’ altra volta. Quando furono in Banchi, li famigli erano alla por- fi) Ms. di Fois si mise certamente in viaggio verso il i5 giugno i5o7 poiché in quel giorno Rodolfo di Lannoy avvisava gli officiali ed i popoli della Riviera di Levante che sarebbe passato per essa « l’ill.mo Mons.r de Foes, nepote del re cristianissimo » andando incontro al « catolico re de Aragone ». Ordinava perciò di riceverlo con tutti gli onori. ( Diversorum Filza 64). ta con li fereri e picorno uno gran pezo ; alla fine non li volseno aprire nè recevere ; potette pensare quanto sdegno lo haveno ; se trovò in Banchi d. Pasquale de Fornarii, lo quale le offerse la sua casa, l’acetorno e li andorno e se trovorno meglio alogiati e con più piacere che in casa di detto d. Anfrono. Al doppo disnare li Anciani andorno in galera a visitare la maestà del re, la quale fu apresentata dalla nostra comunità molto honorevolmente e abondantissi-mamente d’ ogni cosa per refrescamenti, come meritava sua maestà ; li presenti passano più de 600 ducati. Alla sera, a hora una di note, sua maestà e la regina calorno in terra ; lo governatore e Anciani con molti cittadini li feceno compagnia ; passoniυ per la piassa delli Giustiniani e andorno al Batesto e viderno la schella, poi se ne tornorno per lo carrogio del Pilo, e andorno alla volta del molo ; si dice che la santità di nostro signore fece fare a Hostia de grandissimi aparechii e provixione e aspettava più de 14 giorni la maestà di detto re di Spagna, lo quale è passato di longo e non li volse parlare. A dì 28 di Giugno 1507, d’ una hora avanti giorno, la maestà del re di Spagna s’ è partito dal nostro porto ; hieri matina è calato in terra e ha odito mesa in S. Marco; da poi è montato su lo schiffo della galera ; haveva in compagnia Gonzaluvo Ferrando e un altro barone ; è andato a revedendo tutto il porto ; è andato in la darzena e darzenale, da poi tornato in galera. ' - ■ - . -_ DOCUMENTI ( Tuiti 1 documenti qui trascritti appartengono all'Archivio di Stato in Genova) I. Il luogotenente hilippo di Roccabertino concede i due ter^i degli offici pubblici ai popolari. Genova, 18 luglio i5o6. MDVI die XVIII·1 Iulii, Sabbali, hora vigesima tertia, in platea Palatii. Illu. et ex.sus d. Philippus de Cleves Ravasteni dominus, regius Admiratus et Ianuensis Gubernator et seu Magnificus et prestan-tissimus d. Phdippus de Rochaberthino in Ianua locuntenens regius pro prefulo Illu. d. Philippo de Cleves, ex omni potestate, omnimoda el etiam absoluta balia, et tamquam regius officialis in Ianua, dat et libere concedit populo Ianue seu hominibus de populo Ianue et vult quod de cetero habeant duas tertias partes in omnibus officiis et ex nunc dat illis et concedit liberam et effectua-lem ac realem possessionem dictarum duarum tertiarum partium dictorum officiorum. Et qui prefatus Magnificus d. Philippus de Rochabertino locumtenens mandavit in Bartholomeo de Senarera o el Rapimeli Ponsono cancellariis ut presentem deliberacionem et concessionem scriberemus et notificaremus per Civitatem. 422 Anno l5o6 ca die et hora paulo post Nos Bartholomeus de Senarega et Raphael Ponsonus, cancellarii comunis Ianue, notificavimui suprascriptam deliberationem alta voce et intelligibili per civitatem. Diversorum Cancelleriae Reg. 172. II. Lettera a Litìgi XII, che Io ragguaglia dei fatti avvenuti in Genova e lo assicura della fedeltà dei cittadini al suo governo. Genova, 21 luglio i5o6. Serenissimo et Christianissimo Domino Ludovico Franchorum etc. Regi, Duci Mediolani ac Janue Domino nostro nobis colendissimo. Sire, tanto humilinenti che fare possiamo, se ricommandiamo a la Maestà vostra Cristianissima. Pochi di fa bavemo scripto a Vostra Maestà a risposta de soe lettere, e facto intendere, che per la motion seguita in la cità a li XX del mese passato tuto restava in quiete. Da poi ultimamenti fu da uno nobile batuto uno de li habitanti propinqui a la cità sensa alcbuna caxone et sopra quello seguite nove indignatione, sono facti novi rumori a di XVIIII de questo, per sedatione de li qual li corno per lo Illustre nostro Locumtenente fu sentito, non li parse più presto, nè più utile remedio, quanto a satisfare ogniuno circa la divi · sione de li officii civili, essendo la cità sotto trei ordeni, soè nobili mercadanti e artexani, li qualli mercadanti e artexani comu-niter si domandano populo, et dove per lo passato dicti officii se dividevano per meità, una meza parte a li nobili, l’altra meza a mercadanti e artexani, de cetero se divideno prò tercio a nobili, mercadanti e artexani. La qual tal divisione è stata ordinata cum justificatione de più raxone et maxime che secondo lo numero, li mercadanti e artexani sono molto più de li doi tercii, li qualli per utilità e honore de la cità etiam non man- Documenti 423 ebano secondo la loro ratta, fare il debito. Et sapia Vostra Maesta che, facta talle ordinatione, tuta la cita è restata in grande tranquihtà. Sapia anchora quella, che in niguno movimento nè quallecunque acto, mai fo facta cossa alchuna se non cum ogni hon >ie reverentia e fede de la Maestà Vostra e de lo Illu. Lo-cumtenente nostro, lo qualle cavalchò più fiate per la cità sensa arme, et a lui se hè semper facta et si fa ogni obedientia e reverentia debita. Et perchè per caxone de qualche tristi, licet de o populo, persone qualle per la più parte erano state bannite, e intrate in la dicta motione, sono stati facti alchuni pochi danni di roba, per questo preghiamo non prenda la Maestà Vostra alchuna malia contentesa, nè dubite che per lo Locumtenente, a li tempi debiti, se ne farà inquisitione e punitione. Noi, Sire, ha-hiamo infiniti et inmortali debiti a Vostra Maestà per molti beneficii et honori per lo passato recevuti, ma molto più per quanto in la predicta caxone habiamo experimentato e experi-mentemo lo cordiale e paterno amore uzato e qualle uza con ■ tinue verso noi lo dicto nostro Locumtenente, che in vero tanto non faria nè mai crediamo habia facto per questa cità alchuno nostro citadino, del che primo regratiando Dio maximo, deinde la Maestà vostra e lo Ill.mo Governatore nostro, e la bontà de lo dicto nostro Locumtenente, non semo mai per dementicarsi tanti beneficii, li qualli ne obligano, non solum a perseverare in lo debito nostro de mantenere la fede data, ma ad exponere insino al sangue e li figioli proprii ad ogni commodo di vostra Maestà. E vogia questo Dio onnipotente che cum utilità e honore de quella proceda caxone per la qualle lo animo e debito nostro possiano essere experimentati. Noi, Sire, ad ogni modo volevamo mandare Ambasiatore a Vostra Maestà per congratularsi del mariagio di la excellentissima madona Claudia. La qualle cossa tanto più vederemo de accelerare, perchè dicto nostro Ambassatore possa viva voce satisfare a Vostra Maestà de le cosse occorse di sopra. La qualle humilimenti preghiamo de 424 Anno l5o6 dicte cosse non si prendia alchuna malia contentesa, perchè, corno habiamo dicto. per la gratia de Dio e per la bona opera de dicto nostro Locumtenente, ogni cossa resta pacifica, ad honore e gloria de la Maestà Vostra, cossi non dubitamo doveire procedere, corno anchora crediamo intendereti da dicto nostro Locumtenente. Pregando Dio done longa e felice vita a Vostra Maestà. Datum Ianue die XXL iulii i5o6. Maiestatis Vestre fidelissimi servitores Philippus et consilium. Litterarum Reg. 47, lettera n. 114. » III. Lettera a Filippo di Cleves di Ravenstein, governatore di Genova, sui primi moti popolari e sulla legge dei « due ter^i ». Genova, 21 luglio i5o6. Illustrissimo et excellentissimo domino Philippo de Cleves Ravasteni domino, regio Admirato, Gubernatori nostro Colendissimo. 111.me princeps et excellentissime domine colendissime. Siando conveniente cossa che tuto quello che occorre di qualche importantia, ne faciamo notitia a vostra excellentia como a nostra testa et nostro padre, però facemo intendere a quella che siando a li di passati cresciuto una grande licentia de alchuni de quelli chi se yhamano gentilhomini, de ferir e dar mascate e pugni per la cità, e qualche volta in loci più degni de la terra, e siando admoniti abstenerse de simile cosse, e non desistendo, se vegne a li di passati che fo a li XX de zugno, a qualche rumore, ma per conforto e interpositione de molti homini da bene non fo altro; poi assai tosto se ritornò in li inconvenienti, siando di novo stato batuto da uno nobile uno homo habitante vicino ala cità, sensa caxone alchuna. Unde a li XVIIII del presente s è rinovato lo tumulto, renovandose la indignatione; et Documenti 425 considerato queste presumptione uzate procede da quelli li qualli in li officii civili hano più parte che non li vene et che non hano li altri per haveire molto sottomisso la 'brigata, accadendo a molti bizognare ogni iorno de dicti Ofiìcii civili, ritrovandosi lo sig.r Locumtenente nostro in tal tumulto, nè più presto nè più utile remedio sapiando quanto satisfare ad ogniuno circa la divisione de dicti officii, congregato uno grande consegio in Palatio, se he decretato sumdicti officii, e per fare che non se habia a vegnire più in simile inconvenienti e sapiando corno sono divisi li or leni de li citadini de la 'cità, soè nobili, mercanti ed artexani de la cità corno dè bene intendere vostra excellentia per haverne qui tanto tempo governato, s’ è decretato per tal mezo, che dicti officii civili se daghano per lercio, soè lo lercio a li nobili, lo tercio a li mercanti e lo lercio a li artexani, chi è a dire doi tercii ai populo, el tercio a la nobilità, a li qualli populari tanta parte li convene per la rata soa, faciando non inanello utilità per le parte che li vene che li altri, et attento, monsignore, la qualità e numero de epsi populari, et cossi facta questa deliberatione statim pacificò la terra et cossi resta quieta e pacifica, et speremo serà a perpetua gloria de la Maestà de Re et extinctione de ogni malia opera che potesse seguire. E benché poi siano intervenuti qualche pochi dezordeni e qualche poche robarie, non v è da maravegiare in simile caxo, perochè in una terra grande corno è questa, non mancha mai qualche tristo. Pò stare de bona mente vostra excellentia che tuto sta bene et per lo Illustrissimo Locumtenente nostro se farà grande dilligentia e bona iustitia in trovare e punire li calivi. Noi, monsignore, non dureremo tropo faticha in farve intendere la fede nostra a la Maestà de Re, perchè l’avete vista e provata e la vogliamo mantenere finché la vita ne durerà, et crescere più de iorno in iorno et de bene in meglio, corno credemo farà intendere a la vostra eceJlentia lo nostro Locumtenente lo qualle in questa civil novità s’è deportato tanto bene et tanto amorosa- 42ó Anno lóoó menti, che più non porria dire, habiando uzato tuti li termini chi se conveneno ad uno degno Locumtenente et più, et etiam non se podia far più se ben fosse stato de nostro sangue, unde ogniuno ge resta obligatissimo ; rcstamo etiam obligatissimi a la Maestà de Re, restamo etiam obligati alla Illustris- o sima Signoria vostra de tallo ìectore che ne havete dato. A presso, habendo in animo de mandare Ambassada, za di fa, a la Maestà de Re per cum quella congratularsi del mariagio de la excellentissima madona Claudia, siando occorso quello che è, presto la faremo accelerare ; dexiramo che la Maestà de Re sia de tuto ben avizata. Questo è quello, monsignore, chi hè accaduto in questa cosa, pregandovi a non prendervi alchuna altera-tione, perchè, Dio gratia, intercedente l’opera del prefato Illustre Locumtenente et bone persone, tuto è quieto e pacifico corno da epso sereti avizato più a longo, pregando etiam vostra signoria adoperarse cum la Maestà de Re, che non se prenda alchuna malia vogia de li facti nostri, nè alteratione alchuna siando la cossa, corno dicto havemo, quieta semper a laude e gloria de Soa Maestà. Datum Ianue die XXI lulii MDVI. Consilium Antianorum. Litterarum Reg. 47, lettera n. 117. IV. Lettera a papa Giulio li. sui moti popolari, sulle loro cause e sui provvedimenti presi. Genova, 3o luglio i5o6. Sanctissimo et beatissimo patri Domino Iulio pape secundo, domino nostro Colendissimo. Credimus iam pervenisse ad aures vestras, Sanctissime et Beatissime pater et Domine noster Colendissime, motus illos qui paulo ante hic exsuscitati sunt. Credimus etiam eodem fere tempore nunciatam extinciionem, nam nec tam graves fuerunt, nec Documenti 427 co odio incensi ut non brevi tempore componi potuerint. Novit Summa Sapientia vestra que multa vidit, multa audivit, Ia-nuenses in civilibus dissensionibus, sanguine nec rapinis unquam oblectatos, sed si quando ad discordias deventum est, quoniam nulle cause nutriendi odij superfuissent, statim, rebus compositis, omnia ad naturam rediisse, et ut intelfigat eorum originem Bea-titudo vestra, exitumque, breviter ut facta sunt narrabimus, sed sciat prius quieta esse hic omnia. — Creverat, pater sancte, ab aliquo tempore citra, inter aliquos nobiles, quedam licentia cedendi ferro et pugnis, ut non amplius lingua in publicis et privatis eorum actionibus, sed manu agendum honorificum putarent. Dehonestabat etiam magis facinus hoc, quod in foro mercatorio, quod nos Bancos appellamus, ut celebrior esset in-iuria, quandoque ista fiebant; moniti continere, obaudiverunt. Res ad indignationem versa eo processit ut iam scandalum immineret, et esset in dolore quod timeremus. Renovata eadem licentia et cum forte unius cesi pugno partes ex plebe homines qui tunc aderant sumpsissent, ceperunt recandescere vulnera que, multorum monitione, fuerant paulo ante compressa et sic res tandem erupit et in primo, furentis populi ardore, unicus tantum nobilis infeliciter cesus est. Conversi statim ad sedandos populi clamores, tantum unusquisque fecit quantum vires et auctoritas suppetebant et in primis noster locumtenens, vir prudens et nostre quietis studiosus, nullum remedium utilius nec magis pre-sentandum invenit quam si, ut sunt ordines civium in tres partes divisi: nobiles, mercatores et artifices, ita tripartito civilia officia dividerentur, que prius inter nobiles et eos quos de popullo appellamus per dimidia conferebantur. Quod remedium aliis temporibus, turbatis rebus, factum fuisse cognitum est, id ipsumque salutare. Quo facto mox arma deposita sunt, inducta quies, facte sunt in ipso populi saevientis concursu rapine, nec multe quidem, ab aliquibus exulibus et sceleratis hominibus, qui ad notitiam commote civitatis venerant. Dabitur forma nunc, quietis rebus, 428 Anno l5o6 restitutioni et datur in dies, et si forte aliquis Beatitudini vestre retulerit partem nobilium urbe secessisse, potuit hoc facile fieri, non minus fortasse indignatione quam metu. Sed nihil est timendum; tutum est omnibus nunc venire, stare pro arbitrio et tam secure ut nihil securius indignationem mitescet dies. Habet Beatitudo vestra initium huius motus quousque processerit, intellexit lemedium, dicant alij quicquid dicere voluerint. Que ideo voluimus illi nota facere, pro illa veneratione qua eam col-limus, ut omn; tempore nostras actiones inteliigat, et referte aliunde quam a nobis certior facta, aliqua amaritudine affici posset, ut faciunt parentes de filiorum actionibus. Quod reliquum e»t commendamus nos et civitatem hanc, nunc et omni tempore, Beatitudini vestre nosque ut filiorum loco habere dignetur precamur, qui semper ut nostrum parentem et coluimus et observavimus. Data Ianue die XXX Iulij MDVI.to Sanctitatis vestre devotissimi cultores Philippus et consilium et Duodecim pacificatores. Litterarum Keg. 47, lettera n. 124. V. Lcliera a rt Lu¥ XU Per accertarlo della tranquillità di Genova e >ingiallarlo della sua buona disposizione verso i popolari. 2 agosto i5o6. Regi christianissimo, Domino nostro. Sire, tanto humelmenti quanto possiamo, se arricomandiamo ' a la vostra bona gratia. Sire, hieri scritto habiamo a la Maestà vostra come apresso le prime nostre Iittere, semper in questa vostra cita s’è perseverato in bono riposso e tranquilità, nè mai poi è seghuito rumore nè disordine alcuno, sia per la grande providentia de lo Illu. Monsignore nostro locuntenente, el quale in tufo merita ogni laude e comendatione, sia per universale Documenti 429 deliberatione e bono proposito de li citadini vostri boni subiecli, quali mai hano pensato nè pensano si non fare tute quelle coss e che tendano a gloria de la Maestà vostra e a conservatione del stato suo e a bene e utilità de questa vostra fidelisima cita. Sire, s’è poi havuto questa matina le lettere de la Maestà vostra scritte a di XXVI.“ del passalo, per la quale ne conforta a far deponere le arme e attendere de pacificare la cità. E benché li contorti de la Maestà vostra, come conviene a boni e liali subiecti, a noi siano comandamenti, riondiinanco questi conforti non erano necessarii, perchè, come è detto di sopra, tuto de subito s’è reducto a grande tranquilità, in gloria de la Maestà vostra. E perchè scrive vostra Maestà haver ordinato a Mons.r el grammaestro chi se aproxime a le nostre parte cum la gente d’arme, acompagniato de alcuni sapienti consegfieri del vostro parlamento di Milano, sapia la Maestà vostra queste provisione non esser più necessarie. E, per quanto toca a la gente d’arme, faciamo intendere a la Maestà vostra corno in tuta Lombardia e ancora in tuta Francia la Maestà vostra non à nè rae-glior gente d’arme nè più fedele nè più viscerata come sono li vostri boni subiecti de questa vostra cità, e bene in tuto lo hano dimostrato. E non solamenti qui, a mantenimento e conservatione del felice stato de la Maestà vostra, sono presti a expo -nere la vita el sangue e le facultà, ma etiam in ogni loco unde rie debba resultar gloria a la Maestà vostra, come più am-plamenti intenderà dal nostro Ambasiatore, el quale, a Dio piacendo, infra dui 0 tre giorni metterem 0 a camino, sperando che poi che lo haverà oldito, resterà de noi e de tuta questa cità la Maestà vostra ben satisfacta. ■ Sire, per el nostro Illu. locuntenente n’è stato legiuto le ultime lettere per vostra Maestà a lui scripte a di XXVIII, per le quale s è veduto cum quanta clementia la Maestà vostra inteso de tuto la verità de noi e de tuta la cità è restata bem contenta e satisfacta. Del che singularmenti dieta vostra clementia ringra- 430 Anno ΐ5ΰ6 tiamo. E veramenti queste lettere de la Maestà Vostra hano tanto inanimato e facto boni chore ad ogniuno che non se poteria per lettere explicare, como più largamente crediamo serà avisata la Maestà vostra dal predetto Illu. nostro locuntenentc, el quale in ogni cossa à tanta cura de lo honore e gloria de la Maestà vostra a bene e utilità de questa vostra fedelissima cita, quanta sino a qui in tuti Ii effecti s è dimostrato e più am-plamenti speriamo ancora s’e dimostrerà in lo advenire. Pregando nostro Signore Dio conserve la Maestà vostra in bona prosperità cossi corno tuti desideriamo e preghiamo. Data Ianue Die II·1 Augusti MdVI10 Maestatis vestre humiles servitores et obscquentissimi Antiani et officium duodecim pacificatorum comunis Ianue. Litterarum Reg. 46, lettera n. 234. VI. Lettoci al principe Carlo d Ainboise per assicurarlo delìci tranquillità di Genova e persuaderlo a non muovere verso di essa. Genova, 4 agosto i5o6. Ill.mo et preclarissimo principi Domino Carlo de Ambosia Regio locuntenenti generali citra montes, Magno Magistrato et Marexallo Francie dignissimo. Ill.me et preclarissime princeps nobis plurimum honorandum. Siamo avisati como la excellentia vostra cum la gente d’arme se va aproximando a le porte nostre, e benché crediamo se sia movuta e se mova sopra la prima opinione de pacificare le turbatione e movimenti qui occorsi, e cossi habiamo inteso per le letere a noi scripte per la Maestà Cristianissima del nostro Re, nondimanco n’ è parso a vostra Excellentia fa e questi pochi versi per certificarla che se el suo Documenti 431 aproximare al nostro paese è per pacificarse come è detto, al presente, e cossi molto avanti, mancha simile respecto e non è più necessario nè à più loco alcuno, perchè, per Dio gratia, tuto è riduto in bona quiete e riposso. E possiamo certificare e ase-curare vostra excellentia questa quiete e riposso a modo alcuno più non poterse alterare, salvo se di fori da noi se designasse qualche movimento contrario a la quiete de qui. E1 che non potemmo credere. E per maiore nostra satisfactione mandiamo a vostra Excellentia el portatore de queste, al quale piacerà darli la risposta, e in questo mezo manderemo a quella el nostro Am-basiatore el quale partirà infra dui giorni e a boca satisferà e a questo e ad ogni altro bisognio. Offerendo noi e tuto quel che possiamo in gloria de vostra excellentia. Data Ianue die 1111“ Augusti MdVIt0 Litterarum Reg. 46, lettera n. 235. VII. Istruzione a Nicolò Oderico inviato ambasciatore a Luigi Xll- — (Congratulazionipel matrimonio delta principessa Claudia — Relazione sui moti genovesi e difesa dei popolari — Invito a far rientrare i nobili in città — Incarichi diversi). Genova, 6 agosto i5o6. Philippus de Cleves etc. regius in Janua Gubernator ; Consilium Antianorum et duodecim Pacificatores comunis Janue. Hcc sunt que in mandatis damus vobis claro iuris utriusque doctori domino Nicolao de Oderico oratori ad Christianissimum Dominum nostrum, nostro nomine profecturo. Si apud hominem ignote virtutis verba facturi essemus, longiori fortasse nobis oratione utendum .foret in his que prudentie vestre mandaturi sumus, sed quoniam sepe alias experti fuimus ingenium, doctrinam, fidem ceterasque virtutes vestras, erimus bre- 432 Anno l5oó viores , et ea tantum attingemus que ex necessitate omitti non possunt. Causa potissima vestre legationis est, ut Christianissimum Dominum nostrum, de origine, progressu et exitu eoi uni motuum qui nuper in civitate nostra excitati fuerunt, reddamus cumulatissime verissimeque certiorem, sed ante omnia, hoc est prius quod ad novitatum explanationem descendatis, volumus ut cum ad regium conspectum deveneritis, redditis primum illius Maiestati litteris nostris crelentialibus, factoque parte nostra et totius civitatis debite ac humillime commendationis officio, aperiatis ei leticiam ingentem qua omnes affecti fuimus de conubio 111.me D. Claudie unice filio sue in excellentissimum .principem Dominum de Anguilleme ; propter quod actas tuisse dicetis a nobis in triduum publicas supplicaciones omnipotenti Deo, facta-(jue et alia multa leticic· signa, tam per sonitus campanarum quam luminum fallodiorumque incendia, non modo in uibe tota sed etiam in universa ditione Januensi, orantes precantesquc Deum optimum maximumque ut connubium ipsum felix fau-stumque faciat ad votum regie Maiestatis, honorem et gloriam sacratissime corone Francie, pacem et tranquillitatem legni, commodumque et beneficium omnium populorum illi subditorum. P't quia Christianissimus Dominus noster cupere videtur ut omnes subditi sui iuramentum quoddam subeant pro ipso connubio conservando , si forte id ipsum a vobis nostro nomine, requireretur, sumus contenti promissionem faciatis cum iuramento de manutenendo toto posse nostro dictum matrimoniun seu sponsalia et propter hoc exponere bona et corpora. Cum autem in hac parte gratulationis et promissionis predicte satisfeceritis, volumus descendatis ad causam propter quam precipue missus estis, et in primis exponetis regie Maiestati originem tumultus et novitatis secute in hac civitate fuisse : quod cum mens:l us superioribus non solum juvenes quidam ex populo a diversis nobilibus vario tempore varijs percussionibus et Documenti 433 contumelijs affecti fuissent, sed etiam tentate in egregias mulieres ex populo violationes essent per duos nobiles, quorum unus, paulo post tentatum huiusmoli violationis facinus, civem etiam quendam popularem, urbe media, clara luce, quatuor acerbissimis vulneribus percussit, et misso a pretore militi ut executionem in ipsius delinquentis domum faceret, minatum ab alijs nobilibus fuisset ac responsum non debere militem domus nobilium ingredi, quod si faceret male sibi consultum foret, et in dies magis ac magis insolentie crescerent, suspictio maioris mali simul et indignatio subire popularium animos incepit, nec illorum modo quibus illata esset iniuria, sed aliorum etiam qui has nobilium insolentias ad totius populi contumeliam referebant ; ex eo secutum est quod XXa e die Junij predicti factis in platea Bancorum nonnullis verbis contentiosis inter quendam popularem et quendam nobilem, accedentibusque multis ut sit ad partium favorem, adeo hinc inde furor exarsit, ut evaginatis gladiis quibusdam, paulum abfuerit quin magnum aliquod scandalum suces-serit; sed viri boni et graves hec moleste ferentes, ad Palatium profecti, multa coram officialibus regijs atque senatu de inso-lentijs juvenum conquesti fuerunt, et statuta exilj pena, tam eis qui iniuriam fecerant, quam ceteris qui postmodum deliquissent, creditum fuit omnes esse quieturos, sed non multos post dies, cum alius quidam nobilis hominem ex propinquo rure in foro vendentem, pugno percussisset, et quidam ratione propinquitatis in auxilium percussi venisset, rixa quedam facta est, tamen sine ullo sanguine aut damno cuiuscumque, et cum de punitione commissi criminis ageretur, iamque plebis animi tumescerent odio et indignatione, tandem XVIIIJ1 Julija die res ipsa prorupit. Nam minimi quidam ex ipsa plebe, abiecta patientia, et furoris calore incensi, sumptis armis, per civitatem discurrere ceperunt; qui ut in magno populo accidere solet, adeo brevis spacio crevere quod in multis partibus civitatis arma senciebantur. In eo autem impetu atque furore nobilis unus Vescontes Auria infeliciter occisus 434 Anno 1506 est, et pauci quidam vulnerati. Qua perturbatione visa, cives omnes boni merito contristati fuerunt ct sedare tumultum quoad potuere conati sunt, statimque ad palatium profecti et consultatione habita simul cum Illustrissimo domino Locumtenente, qui strenue ac prudenter in eo sicut in rebus ceteris se gessit, dimissis in platea palatij militibus suis, universam urbem sine armis circumiverunt hortando simul et iubendo quod arma deponerentur. In quo quidem, sicut ipse Illu. dominus Locumtenens testis est, magna obedientia maximaque devotio fides et reverentia erga Christia* nissimum Dominum n sstrum et eius felicissimum statum cognita et inventa fuit. Semper enim Francie nomen ab omnibus et ubique acclamatum est, nec ulla alia vox huic nomini contraria unquam audita fuit. Verum, ita furente iam prope universa plebe contra nobilitatem et petente reformari particionem officiorum civilium in quibus se male tractari dicebat, eo quod nobiles medietatem illorum habentes, universum populum sibi subiectum faciebant, Illu. dominus Locumtenens respondit se libenter esse facturum quod iusticie conveniret ; qua responsione plebs ipsa minime contenta, acrius instabat ut requisitioni sue annuere vellet: qui tandem, ad exstinguendum tumultum , pollicitus fuit se die sequenti eam officiorum reformationem per generale consilium esse facturum. At cum nox superveniret reparari tantum non potuit quin alique prede in domibus nobilium ea nocte facte sint, que tamen non multe fuerunt. Postera die, convocato per Jllu. dominum Locumtenentem generali consilio omnium colorum, et proposito themate sub ea conclusione quod officia civilia de celero conferri deberent pro tercio nobilibus, mercatoribus, et artificibus, sicut civitas hec per ipsos tres ordines distinguitur , auditisque pluribus civibus iussis suam sententiam et opinionem dicere, demum sancitum et deliberatum fuit ut ipsa officia, tripartito modo prelicto, de cetero conferantur. Quibus omnibus per vos Maiestati regie sic expositis, poteritis tanquam ex vobis dicere quod licet ea deliberatio videatur originaliter processisse a fluctuatione minute et infime plebis; tamen si recte diligenterque consideretur, Documenti 435 apparebit honestatem et utilitatem in se habere ex tribus precipue rationibus , prima quia numerus popularium quibus duo tertij dantur, multo maior est quam sunt duo tertij omnium reliquorum civium ipsius civitatis, et pro ea rata non solum confert beneficia et alias utilitates ipsi civitati et onera substinet sed etiam pro maiori; alia ratio est quia iusticia magis eque administrabitur, que res non est parvi momenti, nam cum ipsi nobiles pauci numero sint, erat eis facile habere inter se unionem et intelligentiam, prout semper et cum effectu habuerunt, adeo quod nemo licet iusticiam haberet illam consequi poterat, nisi pro ipsorum arbitrio, quia habentes ipsi medietatem vocum in officijs, aut obtinebant quicquid volebant, aut obviabant, adeo quod, non solum in huiusmodi causis civilem iusticiam concernentibus, sed etiam In ceteris omnibus, reliquos subiectos tenebant ; presertim quod sicut sors permittit pro rata numeri eorum opulentiores ac ditiores ceteris sunt, que divitie addunt etiam ipsis favorem et superiorem gradum, ita quod licet modo habere debeant in dictis officijs solum tertiam partem, extimari tamen potest quod semper erunt in ipsis officijs pro rata dicte partis ceteris omnibus eminentiores et favorabiliores; tertia vero ratio est quod per longissimum tempus civitas Janue a popularibus tantum gubernata fuit et nunquam ab ipsis nobilibus. Possent forsitan alie rationes adduci in hoc propositum, sed tres suprascripte non minoris importantie quam honestatis et equitatis esse videntur : que ut diximus studebitis quod appareant a vobis exisse, et non aliquo iussu prolate : dicere tamen poteritis rationes ipsas in civitate tota satis esse notorias ac vulgatas, et ob eas consilium supradictum ita fuisse conclusum et obtentum, non minus quam pro satisfactione plebis commote, quoniam de ipsa commotione plebis cives omnes boni, tam mercatores quam artifices, plurimum alque plurimum doluerunt, qui iusticiam suam in dictis officijs per talem viam nullo modo experiri voluissent, quin potius si aliquam de sublevatione armorum noticiam habuissent, illis maluisset subcumbere et in subiectione qua erant permanere, 436 Anno l5o6 quam simili via armorum aut quavis alia preter quam civili procedere. Fuit, ut credi potest, voluntas Dei, quod sic res ipsa transierit : licet si de novo transire deberet, nunquam profecto ex consilio nostro fieri permitteretur. Verum tamen in his malis unum bonum contigit civibus ipsis quibus res predicte molestissime fuerunt , quod etsi satis bene cognoscerentur animi omnium in affectum et devotionem regie Maiestatis, tamen que in ipsis animis abscondita et obstrusa erant, nunc omnibus apertissime patefacta sunt. Ideo quantum diximus affirmabitis quod nullo casu, nullo tempore, et in nulla persona cuiusvis conditionis, magne, mediocris, aut minime, ac in tanto motu tantaque libertate loquendi, aliud quic-quam visam, dictum, ostensum, vel auditum est, nisi omnes generaliter uno ore, corde, et opere inclinatissimos esse ad servandam Christianissimo Regi Domino nostro fidem quam prestiti mus et eius Maiestati in quibuscunque rebus promptis animis obsequendum. Que res, sicut nos in tanta mesticia recreat, et Maiestatis eius turbationem, quam de motibus huius sue civitatis suscepisse credimus, eripere aut mitigare debebit. Cui Maiestati regie etiam su-biungetis quemadmodum, diebus aliquot post exactas commotiones, opifices omnes civitatis se se iureiurando astrinserunt et magnis promissionibus obligaverunt quod si Capellacij cuiusvis generis, ipsorum quemquam tentarent aut ad aliud requirerent, con-stantissimi semper erunt et fidelissimi erga regiam maiestatem et eius felicissimum statum ac pro eo bona quecumque et filios ac vitam ipsam exponere parati erunt. Referetis deinde quod peractis omnibus supradictis, civitas universa pacata erat et omnia ad quietem reducta; verum, die sequenti, dum reformandis rebus intenderetur, rumor quidam repente subortus est, qui tamen verus non luit, accumulari scilicet magnum hominum numerum in edibus Magn.ci domini Ioannis Ludovici Flisci apud [nviolatam, et vulgari iactarique suspictionem de Capcllacijs ; plebs ipsa, natura mobilis el credula, arreptis statim armis, non considerata su-spictionis falsitate, sed ruentibus omnibus ciamantibusque una voce vivat Rex et moriantur Capellacij, tendere ad Inviolatam et rursus Documenti 437 lei uibem discurrere cepit: eoqae furore, cum bannili quidam et acmorosi homines ad nuncium prime novitatis urbem ingressi luissen , mixti inter armatam plebem ac prede cupidi, impetum fearunt in domum cuiusdam nobilis, ex qua diversa abstulerunt, licet etiam per viros bonos qui ad obstandum se opposuerant pluiim-t sei vata fuerint, multaque deinde, civium opera, recuperata atque 1 estituta, adeo quod in parva summa damnum illius domus remanebit. Dicetis insuper quod, studio ac diligentia Illu. domini. Locumtenentis ac civium opera et virtute, antequam nox super-\ enissc t, anna deposita sunt, et adhibitis per civitatem custodijs nox 1 eliqua sine ullo scandalo transacta est. Magnificus dominus Joannes Ludovicus, nullis omnino tentatis viribus, sed, ut est vi piu ens, consilium pro tempore capiens, urbe secessit, primo ad quaitum lapidem, deinde ad castrum Montobij se contulit. Ab eo tempore citra, quietam semper civitatem fuisse et nunc quoque Dei giatia esse; factas etiam provisiones opportunas et assidue fieri tum per Illu. dominum Locuntenentem quam per nos ipsos, ut omnes quiete ac pacifice vivere possint; Bancos apertos esse; lura a Magistratibus reddi; et omnia ad naturam suam redivisse: datam insuper esse formam inveniendarum rerum, que in arino-ìum tumultu depredate fuerunt, quarum iam pars magna reperta est. nullam denique omitti diligentiam quin res civitatis ex omni parte componantur. Verum superest, ad firmandam quietem civitatis, ut Christianissimo Domino nostro supplicetis mandare velit officialibus suis in his partibus, quod si quis aliquid tentaret aut moliretur contra pacem et quietem ipsius civitatis, velint eis auctoritate regia obviare persuadereque ut quisque in patriam redeat et pacifice vivat, nec occasionem aliquam scandali prebeat; quia, sic faciendo, nulli dubium esse potest quod civitas deinceps quie-fura sit et omnes sua peragere negocia pacifice poterunt. Cum autem hec omnia Christianiss:mo domino nostro exposueritis, dicetis nos arbitrari Maiestatem suam pro his non mediocrem molestiam suscepisse, quoniam scimus ab ea nos et hanc suam civitatem peculiariter amari, et tamen quin nihil omnino in hac tur- 29 438 Anno l5o6 batione rerum honori regio derogatum sit, ut superius dictum est, quin potius multo magis perspecta et cognita fuit omnium fides ac devotio erga statum Maiestatis sue Christianissime; supplicabitis nostro nomine ut be.iignitas eius, omni deposita amaritudine, quam de motibus ipsis suscepisset, dignetur hec que gesta sunt eque regioque animo accipere, sibique certo persuadere per ea statum huius sue civitatis nulla ex parte imbeciliorem aut infirmiorem reddi, sed stabiliorem potius firmioremque futurum, et nos ita pronos ac promptos esse ac semper fore in omne decus obsequium et gloriam Maiestatis sue, ut omnes facultates ac vires nostras, filios quoque el vitam, pro conservanda fide quam illi pre-stitimus conservandoque statu suo felicissimo, effundere parati simus. Si vero Christianissimus Dominus noster vobis diceret, velle se ut hec melius et maturius cognoscantur aut in regia curia aut in hac sua civitate, et quod super iuribus partium iudicium fiat, poteritis respondere equum esse ac debitum ut ab omnibus voluntati sue acquiescatur, nosque paratos esse iussis Maiestatis eius obtemperare. Deinde statim nos certiores facietis per litteras vestras de omnibus, ut secundum exigentiam rerum consulere valeamus, quod a nobis faciendum sit ; et presertim si Maiestas sua diceret velle ut hec in curia cognoscerentur, et sub quibus modis et formis, ut rebus nostris consilium et remedium adhibere possimus, et si vellet ea in partibus ipsis cognosci, nobis etiam denotabitis sub quibus modis et formis hoc facere decreverit, Scitis elegisse nos alium oratorem, egregium Bartholomcum de Ceva ad Illustrissimum Dominum Ravasteni Gubernatorem nostrum, qui absens erat a regia Curia. Verum, quia fieri posset ut ante vestrum illuc appulsum in curiam redivisset, volumus vobis-que iubemus ut si excellentiam suam in curia reperietis, quod illam ante omnes adeatis, et redditis ei litteris quas vobis ad eam dedimus, omnia comunicetis ac ductu et consilio Domine sue Illustrissime peragatis, instando rogandoque plurimum ut res nostras, ea protectione suscipiat ac tueatur quemadmodum ingens devotio Documenti 439 et observantia erga se nostra meretur, et eam prò sua in nos benivolentia facturam speramus. Volumus insuper quod adeatis Reverendissimum Dominum legatum, et illi quoque, redditis litteris nostris, aperiatis que vobis iniunximus Christianissimo Domino nostro referenda, rogetisque ut vos suo prudentissimo consilio dirigat, rebus nostris faveat et assistat, expeditionemque vestram pro sua benignitate et pro ut nos optamus acceleret, offerendo nos et nostra queeunque in omnem amplitudinem et dignitatem sue D. Reverendissime semper esse paratissima. Quia, sicut omnibus notum est, ita semper se habuit Illu. dominus Locumtcnens noster, in administratione hic sua, quod ab omnibus iure merito laudari potest, idque maxime qgtendit in hac civitatis novitate, in qua dici non potest quanta prudentia magnanimitate industria et equitate ac modestia cum omnibus usus sit. nihil enim videtur aliud agere aut cogitare, quam quomodo glorie Christianissimi Regis inservire possit et patrie nostre benefacere pro quo volumus ut regie Maiestati ac etiam Illu.mo Domino Ravasteni, nostro nomine gratias agatis quod hunc rectorem nobis dederint, cuius virtutes ac laudes ita perspicue sunt, ut ubique et ab omnibus predicari mereantur. Nota vobis est interceptio navis venete non longe a Cipro ; notissimus eius prede auctor Joannes Bapta Pallavicinus et vobis ac ceteris civibus satis constat quam fuerit preda ipsa omnibus molesta, ad quam recuperandam, ad primum eius rei nuncium, adversus ipsum Jo. Baptam naves sponte nostra instructe sunt, et cum primo, adversantibus ventis, illum assequi non potuerint, iterum novam classem contra illum immissimus, per quam, dimissa nave cum maiore parte prede, ipse cum navi sua arripuit fugam, et veneta navis 111 portum revecta est. Interea, post rem per nos gestam, scripsit Rex pro sua cum Venetis amicicia ac vinculo etiam federis, omni conatu curaremus preda recuperare ac Venetis restituere, et tamen quamquam per nos acta omnia sint que diximus et pro amicis venetis ea egerimus que pro nobis ipsis maiore 440 Anno l5oó conatu atque impensa facere non potuissemus, tamen Veneti ipsi bona nostrorum antea interdicta in terris suis hactenus non libeia-verunt nec desistimus interea in recuperationem reliquarum mercium, que ex nave ipsa veneta exonuste fuerant, laborare pio viribus. Ex quo Maiestatem suam orare poteritis, curet cum legato veneto ita scribat Illu."10 Duci suo, ne liberationem ultra bonorum nostrorum differat et meritum nostrum manifesta gratitudine re-compenset. Dabitisque insuper operam ut ipse quoque Rex quam efficaciter poterit in eam sententiam Venetis scribat. Reliquum est ut nos de omnibus rebus faciatis assidue dili-genterque certiores, nec ex ea curia discedetis, donec aliud vobis per nos fuerit iniunctum, super omnia accelerate iter vestrum ad Regem quantum per vos fieri possit, quem comitetur Dominus. Datum Janue die VI* Augusti M. D. sexto. Istruzioni e relazioni politiche n. gen. 2707 C, anni 1 5oo in i5 58. VIII. Privilegio ai borghi di S. Stefano e di S. Tomaso di avere in perpetuo due rappresentanti in ogni elezione di senatori. Genova, 6 settembre i5o6. Privilegium pro "burgo S. Stephani et S. Thome. Philippus de Gleves Ravasteni Dominus etc et Consilium An-tianorum etc, Considerantes burgum Sancti Stephani et eius circumstantias, nec non burgum sancti Thome et eius quoque circumstantias esse duas potissimas partes populi civitatis et in turbinibus ac armorum motibus ita civitatem preteritis seculis et nuper protexisse , ut apud omnes ingentem laudem et gloriam acquisiverint et merito digni censeantur, ut qui onera reipublice tollerarunt, eiusque fideles naute in ipsis fluctibus et procellis inventi sunt, speciale privilegium habeant, ut duo ex dictis burgis in quacumque creatione senatorie dignitatis aggregentur, idcirco, re mature examinata, et omni iure, via, modo, et forma quibus melius Documenti 441 potuerunt et possunt, hoc soierani decreto perpetuis temporibus valituro in testimonium’et fidem tanti accepti beneficii, sanxerunt et decreverunt, sanciunt et decernunt quod de cetero in creatione quacumque senatus futura eligantur duo, unus scilicet ex burgo sancti Stephani sive ex circumstantiis suis et alter ex burgo sancti Thome sive ex suis circumstantiis. Diversorum Cancelleriae, Reg. 171. IX. Invito ai religiosi di Genova di pregare per la pace della città. Genova, 6 settembre ι5ο6 Philippus de Cleves, Ravasteni dominus, Regius admiratus et genuensis gubernator et consilium Antianorum comunis Genue, quibusque religiosis utriusque sexus, ad quos he nostre exhibite fuerint, salutem. In quantis versemur turbinibus vobis notum esse credimus, quantum misericordia domini nostri Iesu Christi hactenus super nos fuerit" et non nostra peccata sed suam respiciens infinitam pietatem piis oculis patriam nostram aspexerit, et vos scitis et civitas sensit. Oua in re, preces vestras nos maxime iu-visse credimus ; de quo eius Maiestati gratias agimus. Itaque, ut tempestas cito cesset et tranquillitas cito redeat, orate benignitatem eiusdem domini nostri lesu Christi, ut nobis, civitatique et genuensibus omnibus propicius esse velit, et nos ad faciendum que eius voluntati placita sunt, dirigere'dignetur. Cui sit honor laus et gloria per omnia et infinita secula. Data Genue, die VI septembris MD 'sexto. Raphael. Ego frater Theophylus Justinianus prior Castelli, parte omnium fratrum, promitto nos effecturos ut supra per Dominationes vestras suplicatur, licet continue preces assiduas et sine intermissione ad Deum et sanctos effundamus et precipue ad Beatam Virginem. Ego Magister Augustinus de Gentilibus, vicarius conventus S. Dominici, parte et nomine omnium fratrum dicti conventus, 442 Anno l5o6 offero et promitto omnia et singula suprascripla observare quamvis circa eadem semper fuerimus de preterito juxta humanam possibilitatem intenti et soliciti, etc. Ego frater Antonius, prior ordinis carceratorum conventus Genue, una cum toto conventu, offero me ad predictam oratoriam. Ego Magister Paulus Gavotus, prior Sancti Augustini, una eum toto conventu offero ut supra. Ego frater Guilielmus de Alesandria, fratrum servorum vicarius indignus, conventus nostri Ianuensis. Ego frater Laurencius de Spirito, ordinis minorum obser-vantie ac loci Anunciate Guardianus, pro inclita civitate preccs fundimus omnipotenti Deo, pro pace et immunitate prefacte civitatis et sic promitto me et fratres meos perseverare et non deficere donec a domino sit reddita tranquillitas. Similiter ego frater Bernardinus eiusdem ordinis et Guardianus Sante Marie de Monte et omnes fratres mei rogavimus et non deficiemus. Ego frater Bernardinus, ordinis minorum Sancte Marie Pacis guardianus indignus, offero et promitto omnia suprascripta. Ego frater Seraphinus Justinianus, vicarius generalis Sancte Marie de Consolatione, licet semper insitamus (sic) aput salvatoris clementiam aputque eius misericordiam. Iterum promitto etiam nomine omnium fratrum non deficere sed semper in oracio-nibus perseverare, φ Sor Magdalena priora indegna de lo monasterio de Madona de gratia, cum recomendacione. Silvestra.....nostras orationes fundere pro causis suprascriptis. Sor Katerina, abbatessa de lo monasterio de Santa Brigida, cum le nostre sore, faremo oratione secundo che he sopra scrito. Sor Catarina ministra de Franchi de S. Marta promito ut supra. Ego frater Albertus guardianus Sancti Francisci de Albario ordinis minorum offero me in omnibus mandatis vestris semper paratissimus obedire. Documenti 443 Sor Silvestra de Marcho, priora de le povere done de sancto Silvestro. Sor Geronima, priora indegna de lo monasterio de lo corpus domini de Sancto Silvestro offero et promito omnia suprascripta. Sor Colunbina Italiana, priora indegna del Monasterio di Sancto Sebastiano. Sor Angeleta, priora indegna de lo Monasterio deSancto Jaeobo et Philipo offero et promito omnia suprascripta. Sor Maria Magdalena Spinula, abbadissa de Sancto Paulo de Janua me offero et afirmo omnia suprascripta. Diversorum Communis lanue Filza 63. X. Lettera a Nicolo Oderico, ambasciatore alla corte di Francia, con accenni agli ultimi avvenimenti di Genova ed istruzioni in'proposilo. Genova, 9 settembre i5o6. Philippus etc. Consilium et officium Balie excelsi Communis lanue, Illustri viro Domino Nicolao de Oderico insigni oratori nostro apud Regem Christianissimum. Spedate et insignis orator noster carissime, poi la partenza vostra da noi, prima habiamo havuto lettere da Lione, e in apresso, avanti hieri, un altri da Bles scripta a dì primo de questo, e poi hieri un altra pur scripta al dì primo, bem che habiamo compreso sia stata scripta a dì dui. Per la prima s’ è inteso el iungere vostro in corte, e le visitatione facte a quelli Signori chi. hano cura de le expedictione. Per la seconda siamo facti certi de la audientia grata a voi data per la Maestà del Re in longo spacio e cum bona ciera e ricolta, e tuto sta bene. Da noi non vi è stato scripto ancora si non una fiata, expoctando prima lettele da voi e ancora per poterne più ampiamente e più al certo darve aviso de le cosse seghuite e ordinarvi quel che sopra quelle a noi oc- 444 Anno ΐ5θ6 curresse. El che se farà al presente e in vulgare, a ciò che ancora voi, per più commodità de ogniuno, ne respondiate in vulgare. E per esser più brievi, ve mandiamo inclusa la copia de la lettera scripta per noi a la Maestà del Re. per la quale non solamenti intendereti tuto el seghuito. ma etiam quel che da sua Maestà desideriamo ne sia consentito, quale, mediante lo ingenio e industria vjstra, non dubitamo poter impetrare. E prima a voi è noto el desiderio grande de tuta la cità havuto de la venuta de Monsignore Illustrissimo nostro Gubernatore, sperando che in la iuncta sua, sia per la auctorità, sia per la bona disposieione, ne dovesse seghuire pacifico generale. E a questo et-fecto a voi è noto qvanto se siamo studiati honorare sua excellentia in camino, mandatoli a l’incontro sino di là da la Montagna li nostri oratori, quali semper li hano facto honorata compagnia, e, non contenti de questo, a la intiata sua, chi fu sabato a li XXVIIII del passato, li fu facto quelli honori come quasi a la persona propria del Re. E iuncto jn palacio, assai presto ne fece intendere che voleva el dì seguente intrasse Monsignore meser Jo. Luise per ricuperare in qualche parte l’honore suo, e che non haria seco ultra fanti CL in duecento, e cavalli 25 ο 30. E benché questo ad ogniuno fusse grandementi molesto, dubitando de quel che poi è seghuito, nondimanco per quiete de la terra non parse contravenire a la voluntà sua. Quel che poi ne sia seghuito lo vedereti per la copia inclusa, e bem che se vedesse manifesti segni, etiam alcuno de li nobili cum le arme in mano in violata, e sentendo da ogni canto la mala voluntà, quando la forsa fusse riuscita, che tuto non se ele-giamo de scrivere, nondimanco fu grande difficultà a removerlo de violata, non volendo li populi, e specialmenti li minuti, a modo alcuno sufferire restare expositi a sì manifesto et extremo periculo. E reputo al tandem a Quarto, e quivi accampato, se vide che per questo non se mancava de crescere de gente e de andare apresso al cominciato proposito. E se fece de novo instantia a Monsignore che lo facesse retirare a Montobio, o al paese suo. El che consentito, e vedendose venire grande furia de gente a le spale, se Documenti 445 rcdussi avanti hieri a Rapallo, perseghuito de innumerabile gente cum le arme sino a Recho. E per li ad visi de beri ad hore XXII, se ora recluto a Fontanabona, largo miglia cinque da Rapallo. In questo mezo, sabato a di V de questo, de bona voluntà e consentimento de Monsignor el Gubernatore, s’è facto li novi Antiani juxta la ultima reformatione. E ultra de questo, per quelle prorogatione de Ια iurisdictione de li precedenti Antiani e pacificatori e per altri necessarij respecti, per generale conseglio avanti hieri facto in claustro Castelli, è stato ratificato tute le prorogatone et electione facte et omnia gesta per li sopradicti magistrati, presente Monsignore el locumtenente e consentiente. E perchè, corno in la copia inclusa se dice, in questo ultimo levare de le arme, chi è stato facto per li populi e per quelli de fori, sia per cognoscere el manifesto periculo, sia per conservatione del Regio stato, mai fu veduto una tanta unione e fermo proposito de mantenere el detto stato, come s’è veduto, per modo che Monsignore el Gubernatore, senza arme, cum li soi famiglij è andato ppr tuto la terra, e a lui è stato facto quelli honori che rechiedeva la persona sua, bemchè fusse stato preso de lui qualche suspicione per li andamenti de meser Jo. Luise e nobili cum lui, per le cause a la Regia Maestà declarate. Le cosse sono redute qui, e lo nostro desiderio è che per la Maestà del Re sia ratificato per sue lettere patente, in forma valida e auctentica sicondo lo modo de Francia, de lo quale bem ve informareti, questa reformacione cossi de li Antiani come de li altri magistrati e la remissione e perdono facti per Monsignore el Gubernatore; item che per magior fermeza del stato suo e quiete e tranquillità de la terra et perchè manche ogni suspicione, consenta sua Maesta che le rivere se uniscano a la terra sotto lo imperio del suo solo Gubernatore, del che, ultra le grandissime utilità, ne resulterà gloria e honore a la Regia Maestà. Il perchè curabitis omni ingenio et industria questo da sua Maestà impetrare sotto quel modo che iudicareti esser megliore, quella supplicando voglia comandare che nè per meser Jo. Luise nè per li nobili se facia più alcuna preparativa, nè de gente nè de arme, 446 Anno l5o6 perchè, quando lo facessino, siamo certi che non saria sufferto, e che forsi ne poteria seghuire molto più mali de quel che sino a qui sono seghuiti. Se reno vera domenica, a dì XIII de questo, el juramento de la fidelità, beni che non sia necessario e bem che chiaramenti Monsignor el Gubernatore habia declarato per questi movimenti non essersi contravenuto al primo juramento. Nondimanco, sotto Iu condictione scripta a la Maestà del Re è parso bene compiacere a la excellentia sua, a ciò che manifestamenti sia cognosciuto el fermo proposito nostro al mantenimento del Regio stato. E, per adviso vostro, non s’è potuto retenire lo impeto de populi; è bìsogniato, de bona scientia e consentimento de monsignore el gubernatore, mandare in rivera di levante IIIJ commissarij, hieri partiti per fare la executione di sopra dicta. E perchè poteria esser che la Maestà del Re già ne seria advisata, essendo così, quando sua Maestà ve lo dicesse, li fareti intendere questo per noi non esser stato scripto a sua Maestà per non patire el tempo a potere havere risposta da li dicti commissarij di quel che sia seghuito. Justificareti questo nostro desiderio de unire le ri vere cum la cità e per le raxone predicte per )e concessione a noi facte per sua Maestà in li nostri capituli, la copia de li quali vi mandiamo inclusa. Per la copia alligata de una lettera a noi scripta per la Signoria de Luca, vedereti la loro richiesta, quale vogliamo che cum quella affectione che potereti, vi ferete da la Regia Maestà impetrare, sotto quello meglior modo che a la causa vi parirà accomodato. E perchè crediamo detti Signori Luchesi haver chostì el suo mantenimento, potereti cum lui questo conferire, per più ac-commodarvi al suo desiderio. Monsignore nostro Illustrissimo Gubernatore manda el suo locuntenente de la sua gente d’arme, nominato Monsignore de la Cletta, per refferire a boca a la Regia Maestà tuti li progressi seghuiti si chè cum lui vi trovareti e insieme communicareti quel che vi parirà al proposito, a ciò che ve possiate conformare de quel che a la prefàta Maestà havereti a riferire. Data Janue die VIIII® septembris MdVI, hora Va noctis. Politicorum Mazzo 3, fascicolo 43. Documenti 447 XI. Lettera a Luigi XII per informarlo dell’ingresso del governatore in Genova e degli avvenimenti che seguirono e pregarlo di volere con fermare le riforme concesse dal Ravenstein. Genova, 5 settembre i5o6. Regi Christianissimo Domino nostro. Sire, quanto più humilementi possiamo a la bona gratia de la Maestà vostra se ricomandiamo. Sire, poi queste ultime novità seghuite in questa vostra devotissima cità, non habiamo scritto a la Maestà vostra, per potere scrivere cossa ferma e certa come è semper de nostra costuma, el che al presente ne pare meglio potere fare. Sire, crediamo la Maestà vostra essere stata advisata da la Excellentia del nostro Gubernatore de la expectatione grande e desiderio che haveva tuta questa vostra cità de la venuta sua. Et in executione de questo e per farne quella dimostratone che meritava la Excelientia sua, se li è mandato in contra oratori per farli reverentia e per accompagniarlo cum quella più honorancia ches’ c potuto. E in apresso a la intrata sua, in declaratione del desiderio commune de tuta la cità, se li è facto tuli quelli honori che a noi sono stali possibili, non già tanto quanto meritava sua Excellentia, tenendo el loco de la Maestà vostra e per essere el personagio quale lui è, ma quanto la condicione del tempo à portato è intrato in la cità. El di seguente parse a sua Excellentia fare intrare Monsignore meser Jo. Luise bem che la venuta sua al populo e maxime a la plebe minuta fusse mollo molesta , dubitando che causasse e suspicione e scandali assai. E cossi de verso Bisagnio vene in Violata, acompagmato da nobili LX in circa e fanti OC e cavalli LXXX, bem che minor compagnia era stato affirmato per Monsignor el nostro Gubernatore seria per lui conducta. Juncto che fu in Violata, continuamenti è andato crescendo de nova gente sino al numero de fanti DCC , del che facto lamenta a Monsignore el Gubernatore per la grande murmuratione 44^ Anno ΐ5θό de li populi e maxime minuti, fu resposo che non se dubitasse, che tuto se faceva de sua scientia. E nondimanco apresso, vedendo farsi forte de artegliaria e dare denari in Violata per el deto meser Jo. Luise e gentilhomini, per fare nova gente, e sentendo le menaee grande che facevano li detti nobili e vedendo a la scoperta farsi preparative de fare forza c violentia contra de la cita, tu rechiesto cum instantia a Monsignore che, per quiete de la cita, volesse licenz are el detto meser Jo. Luise, perche li populi, e maxime minuti, non volevano patire li venisse forza a le spalo, o vero che a li dicti populi fusse dato licentia de mandarlo fori de Violata per forza, per potere senza suspecto meglio conservare 10 pacifico de la cita e el stato quieto de la Maestà vostra. E de poi molte pratiche, al tandem per sua Excellentia fu licentiato. E reduto che fo fori, se è acampato a Quarto, largo da la cità una legua. E vedendo poi in lo dicto loco de Quarto che de novo cercava de crescere de gente per quietare li grandi movimenti de 11 poouli, a li quali pareva che, essendo cum gente apresso la cità e cum molti de li nobili adversarij loro, che ad ogni hora e ad ogni tempo potesse turbare la cità , fu di novo rechiesto a Monsignore el Gubernatore eh’ el volesse farlo retirare a le sue castelle. E cossi, a presso alcune pratiche, è seghuito avanti hieri; vedendose venire a le spale grande numero de gente cum arme, s’ è ritirato verso Rapallo perseghuito da dicti populi e caciaio e subito è reduto la cità in bona quiete e tranquillità. E bem che in tuti questi tractamenti se sia per li populi tenuto le arme in mano, nondimanco nè in parole, nè in facti, nè in alcuno segno mai s’è demostrato si non vera forma e constante devocione verso de la Maestà vostra e bona reverentia verso de la Excellentia del nostro Gubernatore, el quale, quanto sia stato più arme in mano de populi, è andato solo per tuta la terra cum li soi famiglij e per tuto li è stato facto quella reverenda che meritava la persona sua, cossi come siamo certi deba havere scripto a la Maestà vostra. Si che, cognosciuto rmnifestamenti la fede e devocione de ogniuno verso de la Maestà /ostra, e intendendo che tuto quel chi s’è facto, è Documen li 449 stato facto per conservacione dei stato de la Maestà vostra e quiete do la cita, è stato contento che se facia le ellectione de novi Antiani secondo la ultima deliberatione, e cossi la confermatione dc tuti Ii alti i magistrati de la cita reformati, e in apresso à facto generale perdono per el levare de le arme e altre cosse seghuite, e havendo rechiesto che sia renovato la fidelità verso de la Maestà vostra, bem che ogniuno intenda non esser necessario per essersi semper conservata, nondimanco, perchè meglio e in Italia e fori de Italia se intenda el bono animo de tuta la cità, s’è ordinato se facia dieta fidelità domenica a di XIII de questo mese, cum questa condicione, che per diffensione de la terra, quando supra-venisse alcuna forza, sia licito prendere le arme per defensione e offensione, cossi contra nobili corno contra altri chi volesse turbare, e non se intenda contravenire al juiamento. E perchè in tuto se possia stare cum l’animo quieto, e che de qui avanti non se possia dubitare che per alcuno se possia turbare la cità, pare ad ogniuno grande utilità che la rivera de levante e altri lochi de commune siano reduti tuti al detto commune sotto la signoria de Monsignore vostro Gubernatore, perchè governandosse corno è stata gubernata sino a qui, seria causa de vivere semper in suspecto, e ne seghuiria mille mali. E a questo modo, essendo tuto el paese sotto lo imperio del Gubernatore de la Maestà vostra, ne seghuiria una grande concordia e pace e una grande gloria a la Maestà vostra, etiam questo ne à consentito per li capituli nostri. La quale humilementi supplicamo, per sue lettere patente se degne confermare questa reformacione de li officij, e questa unione de luti li lochi predicti a la cità e el perdono facto per Monsignore Gubernatore, a ciò che, coniuncto tuti li membri cum el corpo, se facia el corpo più forte a mantenimento del stato de la Maestà vostra , e in gloria et exaltacione de quella e pacifico de questa sua cità corno più amplamenti el nostro Ambasciatore referirà a la Maestà vostra, quale ringratiamo somamenti de la grata audientia a lui data, supplicando vostra clementia voglia comandare 450 Anno ΐ5θ6 al detto meser Iohanne Luise e a li nobilia non fare de qui avanti alcune preparative de gente nè de arme, a ciò che questa vostia fidelissima e devotissima cità possia perseverare in bona tranquillita, a honore de Dio omnipotente, gloria de la Maestà vostra, e beneficio de la dieta vostra cità. Pregando la trinità voglia conservare la vostra Maestà in longa vita e prosperità. Data lanue die VIIII septembris lóoó. Maiestatis vestre, servitores devotissimi Antiani et officium Balie Comunis Janue. Politicorum Mazzo 3, fascicolo n. 4!). XII. I due commissari inviali a prendere la Spezia annunciano il felice esito dell’impresa. Spezia, 9 settembre i5o6. Magnificis ac Prestantissimis Dominis Officialibus Baylie excelsi communis [anue etc. (Indirizzo a tergo). Magnifici ac Prestantissimi domini honorandi : Per un altra nostra di hogi, a le XVI hore, le S. V. haveranno inteso la compositione in che restassimo coi sindici. Per questa a visi a mo come dicti sindici el consiglio et el vicario, vennero asai presto e sono stati molto restiti in darci 1’ obedientia , allegando qualche loro periculi cum loro raxoni, benché per miglior nostro confutate, nondimeno cerchiavano tempo e dillatione che erano contro la mente nostra per el periculo che se persuadiamo de reforzo de gente, che da parte s’intendeva da con vicini domandavano ; dove, per asicurarsine, venuto Johane de Biassa a proferirsi de prendere la terra in pacifico, 1’ habiamo per- 1 messo e lassatosi da noi cum diece 0 dodeci ha facto questo effecto. Intrato in la terra a le hore XVIII in circa e tuti quelli li erano, senza colpo fugiti, lassate da alchuni le arme per la Documenti ficta, senza far male a persona. Poi li sindici col Consiglio ne sono venuti a l’incontro et accettati asai di bona voglia, tuti insieme cridando franza e viva populo. Visto poi che importa per la guardia de le forteze, habiamo mandato al capitaneo de Sarzana ne mandi trenta balestrieri vi sono pisani e cinquanta fanti. C’è parso darne aviso a le S. V. aciochè siano del tuto avisate e cosi faremo del succedente, pregando quelle vogliano el simille fare a noi de le occurrentie di là. Questa gente solderemo per inancho tempo si poterà fin a laviso di V. S. quale è al proposito anchora de le cose di là. Facto l’effecto perchè siamo stati mandali, non si partiremo perciò fin a nova deliberatione di V.S.; tuta volta se contemteriamo bene li provedessero di persone più experte su le cose d’arme, havendo ancho a far per nostri par-tioulari bisogni, pregando quelle voglino far dare a li portatori, per lor mercede di questo servitio e altri a noi facti qui. ducati tre perchè li meritano e cum loro si contenterano avisarci di novo. A le quali di continuo se recomandiumo. Spedie V1IIJ Septembris l5o6, hora XVII1J. E. D. V. Antonius de Albaro et Augustus de Ferraris Comissarii. Diversorum Communis Ianue, filza 63. XIII Istruzioni a due commissari inviati a Sestri Levante per cooperare alla presa di Chiavari. Genova, 27 settembre 15o6. Officium Balie excelsi communis Janue, Questo è quello che comettiamo et diamo in mandatis a voi egregij et dilecti citadini nostri Baptista de Tasistro et Baptista Sepolina commissari per noi electi e capi e conductori de fanti ducenti. Quali fanti, imbarcati che li hareti, navigereti a la via de Sestri et con quella compagnia occupereti l’izola del dicto loco 452 Anno ΐ5θ6 de Sestri et in quella vi fortificherei! tahnenti che non possiate dubitare che siati offesi o de la dieta izola levati. Et perchè, corno sapeti, el capitaneo et nostri commissarij con lo exercito hogij dovevano partire da la Speda per venire a la volta de Chiavali et crediamo debano domane trovarsi a Sestri o in la circumstande, per questo, subito che de loro hareti novella, li mandereti a no · tiiìcare con quanta gente vi trovate in la dieta izola, et da loro intenderei! quello che hareti a fare, exequendo in tutto quello che per li dicti capitaneo e commissarij vi sarà ordinato e comandato. Vi se notifica ancora come il questo puncto mandiamo doi nostri coinmissarii cioè Lodisio Pentema et Pantaleone de Franchi Toso a domandare la obedientia de Chiavari et el Dominio el quale obtenendo, vi ne farano noticia; ma per questo non vi moverete si non tamen quanto vi sarà ordinato e commandato pei li predicti capitaneo et commissarij venienti da la Spezia. Et de quelo che fareti hora per hora ne dareti adviso. Politicorum Mazzo 3. XIV. Lettere di nomina del capitano generale dell’esercito genovese. Genova, 23 ottobre i5o6. Liti ere magnifice (sic) Capitaneatus Tarlatini. Officium Balie excelsi communis lanue: Cum ad bellum ex finibus nostris et excelsi Communis lanue propulsandum compri-mendosque contumaces et ad tuendam quoque urbem nostram necessarius nobis esset egregius aliquis dux et capitaneus bellice rei peritus, et per Italiam circumspexerimus quem potissimum examini nostri sententia conducere et bello gerendo preficere possemus, qui rei militaris gloria et rebus preclare gestis maxime excelleret, inclinavimus tandem ad clarum et Magnificum dominum Tarlatinum de Tarlatinis, cuius eximia virtus non fama tantum , que plerunque fallax est, sed rebus strenue et preclare Documenti 453 gestis ac vera solidaque militari disciplina in tuenda presertim et conservanda civitate pisana prope per decennium vel maxime enituit, ut non tantum in propulsando sed inferendo etiam bello cum paucitate suorum adversus validos exercitus quandoque terrori maximo hostibus fuerit, hunc igitur tam egregium virum cx Pisis evocatum, ubi principatum obtinebat, egre concedentibus pisanis qui nudari se magna parte suarum virium cernebant, stipendio nostro conduximus, illumque Capitaneum nostrum ac excelsi Communis Ianue elegimus, et harum litterarum nostrarum auctoritate sollemniter eligimus et constituimus, cum stipendio honorifico, de quo cum eo conventum est, et cum dignitatibus, honoribus, prerogativis capitaneatus huiusmodi officio debitis et consuctis, proficientes illum quibuscumque equitibus et peditibus stipendio nostro conductis et de cetero con ducendis. In quos quidem equites et pedites eorumque prefectos ct commestabiles, virtute presentium volumus habeat ius am-plissimamque et generalissimam auctoritatem el potestatem, qualem reliqui capitanei habere solent, et speciatim iubendi, multandi, condemnandi pecuniarie et corporaliter, cum mero et mixto imperio et giadij potestatem usque ad ultimum supplicium inclusive, enixe mandantes prefectis et comestabilibus predictis, equilibusque ac peditibus suprascriptis, quibuscumque, ut prenominato Magnifico capitaneo prompte pareant et obediant sine detrectatione aut contradictione aliqua, duraturis presentibus inostris ad beneplacitum. In quorum fidem illas fieri et registrari ussimus, nostrique sigilli impressione muniri. Data Janue die XXIII Octobris MDVI.to Litterarum Reg. 46, lettera n. 271. 454 Anno l5o6 XV. Lettere di nomina del governatore dell’esercito. o Genova , 23 ottobre 15o6. Littere gubernatorie (sic) exercitus. Officium Balie excelsi communis Janue: Cum paulo ante elegerimus Capitaneum nostrum et ipsius excelsi communis clarum ac Magnificum virum et egregium belli ductorem d. Tarlalinum de Tarlatinis, illumque prefecerimus universis equitibus ac peditibus stipendio nostro conductis, eorumque prefectis , et necessarium insuper esse iudicemus alium quoque belli administratorem ac Gubernatorem habere, quem mittere ad quemcunque locum possimus : ubi vi atque armis uti necessarium fuerit, exploratam habentes eximiam in bello virtutem Magnifici et Generosi equitis d. Petri Gambacurte pisani eiusque animi et corporis robur ac discipline militaris non modicam peritiam, ab ipsa infantia multis inde experimentis perspectam, ideo omni iure ac via, quibus melius et validius possumus, et harum nostrarum litterarum auctoritate eundem magnificum, d. Petrum elegimus et constituimus administratorem belli et exercitus nostri Gubernatorem peditumque atque equitum quoruncumque stipendio nostro conductorum et conducendorum, cum honoribus, dignitatibus, prerogativis et commodis quibuscumque, que iure belli et consuetudinibus huiusmodi administratoribus et Gubernatoribus utcumque debentur et cum stipendio cum eo convento. Mandantes ecc., ecc. (cHJel resto è simile a quella del Tarlatino). Litterarum Reg. 46, lettera n. 272. Documenti 455 XVI. Gian (jincoino Trivnlgio esorta gli uomini di Pieve di l'eco a serbare fedeltà alla signoria di Luca Spinola. Milano, 19 ottobre i5o6. Hominibus Dilectis nostris Conn. et hominibus Plebis et villa-rum Teicij. {Indirizzo a tergo). Dilecti nostri : havemo inteso che questi de Genoa volcno mandare da voi per tirarvi a la obedienlia loro, et perchè voi havite prestato la obediencia al Magnifico Ms. Lucha Spinola infeudato da questo ducato dominio regio, n’ è parso volervi exortare et comandare che per alcuno modo non debiate innovare cosa alcuna contro el prefato Ms. Lucha senza participatione di questo stato regio , perchè quando lo facesteni, che non crcdemo, se renderesemo molto malcontenti di voi, et ne seria necessario farli tale provisione che cognosceresteni haver errato et ne haveresteni da portare dampno et pena. Mediolani die 19 octobris l5o6. Johannes Jacobus Triulcius Diversorum Communis lanue, Filza 63. XVII. Risposta degli uomini di Tieve di Teco alla lettera del Trivnlzio. Pieve di Teco, 26 ottobre i5o6. Illustri et excelso domino Johanni Jacobo Trivulsio, Corniti regio armorum etc. ac Viglevani domino nobis colendissimo. (Indirizzo a tergo). ■ Illustris et excelse domine: havemo riceputo letere da V. S. date Mediolani die 19 octobris a le quale sotto brevità faremo humile risposta. Noi, Illustris domine, siamo subdicti de lo excelso 456 Anno l5o6 comune di Genoa, li quali ad noi, proximis diebus, hano mandato doi comissarij cum gente per havere la fidelità di questa valle corno membro suo, a li quali ad ogni modo daxeimo obedientia de superiorità corno il debito importava, non paghando nexuna avaria sensa le lettere del Mag.co officio de la moneta di quela excelsa comunità, la quale habiando voluto adesso quelo che iustamenti è suo, ha verno deliberatamente, cum consilio, facto quelo al che il debito ne stringeva, ciohè datoghe la possessione de la terra et de la valle cum la fidelità et chi altro vole da noi domande da queli chi sono nostri veri Signori. La lettela de la S. V mandiamo a Genoa a li Signori nostri, li quali più pienamenti a V. S. darano risposta, ad la quale al continuo se ricomandiamo. Kxplete die XXVI Octobris l5o6. E. M. D. V. Consules homines et universitas Plebis Teyci et tocius vallis Arocie cum recomandacione Diversorum Communis Ianue, Filza 63. XVIII. Lettera del Comune al commissari alla Pieve. Genova, 27 ottobre i5o6. Officium balie excelsi comunis Janue, Commissari's in Plebe. Spedati viri nobis dilectissimi, heri vi mandamo lo M.co d. Petro Gambacurta cum li fanti CCC per voi riquesti ; nunc se pai tira Maestro Ambrogio bombarderò cum li canoni et altra artagiaria per voi etiam riquesta et cum tuti li homini, apparati, et provisione a loro operare de quella necessarie. Preterea vi mandamo cum le galee, per provisione de quello exercito, capse otto de veretoni ac barrile uno de polvere per serbatana, le quale operereti farve consignare et adoperale in li bizogni; preterea vi mandiamo etiam scuti CL auri solis, li quali vi serano mandati per lo spettabile Gaspare da Guano, capitano de una de le doe galee, de li quali eitiam vi servireti in le speize necessarie et se bisognerà vi faremo Documenti 45? provisione più larga de ogni cosa. Resta che in dei nomine, viriliter, solicile, attendiate cum ogni prestesa a la expugnatione de quella fortesa, non ommetendo in tal effecto cosa alcuna, et sopra tuto tegnetini semper ben advisati de quello fareti et sperate de fare, advertiando che de canto alcuno non vi possia essere facto insulto facesedamno a quella impreiza Ex Janua, die XXVIl·1 octobris, hora prima noctis l5o6. Diversorum Communis lanue, Filza 63. XIX. Istruzione ai due nuovi ambasciatori inviati alia corte di Francia. (Gli oratori dovranno dare notizie dell’ingresso del Ravenstein e del Fieschi in Genova, della cacciata del Fieschi e della sua prepotente condotta — chiedere che per la quiete della città egli sia espulso anche dai suoi castelli — spiegare le cause del ritardo a consegnare le fortezze conquistate dal popolo — seguire una determinata linea di condotta nei rapporti cogli oratori dei nobili — opporsi alla nomina di un « cappellaccio » per governatore — difendere l'editto per il ritorno dei nobili — esporre le ragioni della guerra contro Monaco — scrutare i sentimenti del re verso Pisa e Firenze — trattare alcune questioni dei castelli e spiegare le riforme di governo proposte in Genova. Seguono altri minori incarichi). Genova, 12 novembre i5o6. MDVI die XII novembris. Instructio data prestantibus viris Paulo de Francis Burgaro et Simoni de Jugo oratoribus ad Christianissimum Regem Dominum nostrum destinatis, (a tergo). Antiani et officium Balie excelsi Communis lanue. Iiec sunt que committimus et in mandatis damus vobis spectatis et prestantibus viris Paulo de Francis Burgaro et Simoni de Jugo oratoribus nostris ad Christianissimum Regem dominum nostrum destinatis. Cognosciuto da ogniuno la necessità e importantia grande de mandare di novo a la prefata Regia maestà oratori quali vo- 458 Anno l5o6 gliano e possiano a tutte le cosse occurse bem satisfare, e havuto bona consideratione chi a questo bisognio potesse esser acconti' modato, è stato cognosciuto essere in voi tute quelle condicione che a questa opera possiano pienamenti satisfare. E per questo, cum bona contenteza de ogniuno, per noi e altri magistrati seti stati electi, cum ferma speranza che de la opera vostra ne possiamo expectare el desiderato fructo. Sichè aduncha, sforciandove de qui spaciare al più presto possibile sia, al nome de Dio, vi metereti in camino e cum quella maior celerità che potereti, cossi rechiedendo la grande necessita, vi transferireti in la Regia corte, in la quale trovareti el spectato oratore meser Nicolao Oderico. E da lui preso le instructione necessarie, cossi de tuto el passato come etiam del modo chi parirà per voi se debba tenire de presenti, sotto quella forma che a lui occurrerà, fareti noticia de voi, e rechiedereti da la Regia Maestà audientia, qua impetrata, serà presente cum voi el detto meser Nicolò come tercio nostro oratore, ma per voi se farà la expositione in la sententia, quale in tute le parte diremo di sotto. El quale meser Nicolò harà arrestare cum voi in la medesima dignità de legatione eh’ el si trova, per spacio de giorni XV proximi a la gionta vostra, a ciò che in questo tempo per sua instructione e ricordi possiate havere de tuto bona experientia. E conducti che seretì davanti la prefata Regia Maestà, facte le solite comendatione cossi de la cità come de li magistrati e tuto el populo, cum quella reverentia a si grande presentia accommodata, descendereti a fare intendere a sua maestà quanto sia stata la fede, devocione, e ardore verso de quella de tuto questo populo, quale de giorno in giorno continuamenti c magior , e bem che sia intervenuti li primi movimenti e tumulti, suno perciò proceduti da iuste e legitime cause, cossi come sua Maestà è stata informata da meser Nicolò nostro oratore. Ma in tuti li movimenti seghuiti, mai s’è facto dimostratione alcuna né in facti, nè in parole, nè pur in segno alcuno in contrario, Documenti 459 Del che, ultra molte altre prove, cominciando da la venuta de lo Ill.mo nostro Gubernatore, se ne fece grande experimento; el quale, dire non se poteria cum quanta expectatione fu recevuto e cum quante honorancie fu da ogni ordine celebrato e honorato, e non molto manco come la presentia de sua maestà, quale sua excellentia representava; e non se hebbe rispecto alcuno che lo intrasse cum gente d’arme e fantaria e tanta quanta a lui piaque, e lo permesso che quella allogiasse in diversi lochi de la terra e li più forti, prendendosse tuto in bona parte senza alcuno suspecto, accommodandosse ogniuno a la sua voluntà, corno pareva debito. E se andato se fusse apresso a tale tenore e ateso al pacifico de la cità , veramentì non seria poi seguito alcuna novità. Ma parse a sua excellencia el meglio, contra la commune opinione, de fare intrare meser Io. Luise, e in arme, e prima cum dire eh’ el intrarìa cum fanti CL." 0 circa e qualche pochi cavali per sua honorantia, e che non se passarla più ultra. E nondimanco, bem che in la gionla sua inviolata, per conforto de sua excellentia fusse visitato, andò perciò ogni hora crescendo de gente in compagnia de molti nobili, da li quali fu seghuito in dicto loco de inviolata, per modo che in brieve da fanti CL.*1 accumula in dicto loco più de DC.'°, facendosse forte cum artegliaiia cum rombere le mure de la terra per potere fare intrare tanta gente quanta a lui piaceva, dando denari publicamenti de nobili, chi ancora loro erano in arme, e se intese che volevano correre la terra per forza, in modo che alcuni de nobili mandono a dire dentro ad alcuni loro amici che si levassino de la terra per non incorrere in periculo de loro vite e loro done, e de essere robati. E che non manco importava, tuta la loro gente se messeno la croce bianca, e cossi in piacia. Del che tuto essendone facto lamenta a sua excellencia, respose che tuto era de sua scientia, e che de meser Io. Luise non se poteva dubitare, e eh’ el voleva esser forte. E cognosciuto el periculo grande, non fo in possanza de astalare li tumulti, e apresso se prese le arme. E per rispecto de sua Maestà, portando semper reverentia a sua exccl- 4Ó0 Anno l5o6 lentia, domandano licentia de levare el detto meser Io. Luise e nobili de inviolata. E a questo modo foreno per sua excellentia licentiati e mandati fori, e se redusseno a Quarto, bem che fosse im possansa de li populi de prenderlo per la persona e lui e li soi. ma non se fece perciò offensione ad alcuno , nè poi cessando perciò de machinare insieme cum dicti nobili contra la quiete e pacifico de la cità, fu necessario ancora rimoveilo più ultra, e se redusse a Chiavari. In el quale loco, vedendo che pur se andava apresso a le opere solite, e retenere le fantarie e li cavali, c che la cità bisognava stare in continua suspictione e timore, e che tute le rivere erano in tumultu, fu bisogno per universale pacifico cercare de unire tute le diete rivere a la cità, perchè altramenti mai se seria potuto quietare E cossi fu levato de possessione de le rivere, e fu necessitato redursi a Montobio. Da lo quale non à perciò cessato de inquietare le diete rivere e anche la cità, venendo li soi banditi qualche fiate iurtin lino a le porte a fare molti maleficij, e cossi Antonio Maria suo nepote, a Rapallo e in altri lochi, cum arme, cridando gatto netto etc., per modo che semper se vive in continua suspictione e tale che nè quelli de le rivere, nè etiam dio la cità po’ a modo alcuno riposare. In modo che se cognosce manifestamenti esser de extrema necessità levarlo da le nostre confine, maxime ricor-dandose ogniuno come per avanti el s’è governato, chè in vero lui solo è stato causa e origine de ogni inconveniente per il passato seghuito, tenendo modo per sua industria e per sua ambitione de tenire semper la cità divissa in dua parte, per au-gumentare per simile via el grado suo. E ultra à facto tanto eh’ el se haveva reducto tuto l’imperio de la rivera de levante sotto de sì, dando lui tuti li officij e governando tuto a suo modo, senza ricognoscere alcuno superiore, in maniera che dire se poteva che la Regia maestà non fusse nè cognosciuta nè nominata in la metà de la jurisdictione Genuese, dando salviconducti a suo piacere e governandola come da segnore. E pur almanco havesselo tractato queli de rivera corno conveniva , ma poi che Uocu in enti 461 de quella è stato levato, e mancato la servitù de li dicti de ri-vare, e che hano potuto liberamente parlare, s’è inteso bene havevano justa causa de lamentarsi per li mali comportamenti e dani a loro facti per lui e soi officiali. E ultra de questo, se qualche fiata è accaduto alcuno delinquente in la cità, passando in la sua jurisdictione de là da l’aqua de Bisagno l’havevano come per franch.sia. De tute queste cosse è seghuito verso de lui tanta indignatione, che li populi volevano andare ad ogni modo ad expugnare le castelle, e in vero se serieno expugnate, ma inteso che sua Maestà non ne era contenta, per reverentia de quella, cum grande faticna, si sono ritrati’da tale impresa. E ciascuno è riduto a questa conclusione che sia de extrema necessità, corno è detto, che la Regia Maestà lo rimova da le diete castelle, che altramenti mai poteria questa sua cità e populo quietare; e ultra le raxone di sopra diete li fareti intendere, dette castelle, per esser tanto propinque a la cità e sopra el capo a le rivere, che sono riceptacolo de capellacij, donde procede ut plurimum la mutacione de li stati a Genua, e infiniti altri mali, dovendo stare semper in continua suspicione e timore per la vicinità. Si che suplicareti a sua clementia che la considere quale sia el meglio, 0 che la golde questa sua fidelissima cita in bona tranquilità, 0 che volendo pur substenire meser Io. Luise, ne seghirà tanta mala contenterà universale de ogniuno , adgiun-gendo a sua Maestà che noi in le dicte castelle habiamo tale rasone, che intendiamo quelle a noi spedare, pregando humil— menti e strictamenti quella che la voglia tenire modo, cum la sua auctorità e brtzo che pervengano in noi, perchè a questo modo, ultra el debito de la j usticia, resterà questa sua cità perpetuo quieta, e se excluderà ogni occasione de novità e pertur-bacione che possia esser fada. E quando per sua Maestà a questo modo non paresse de inclinare, almanco prendi in le sue mano le diete costelle, a ciò che a questo modo e sua Maestà e noi possiamo esser beni sicuri de perpetua tranquilità e pace. E poi. havuta per sua Maestà la possessione de quelle, ordinerà che se facia j usticia a le parte. 462 Anno 1ÓOÓ Exposo per voi circa questo articulo quel che necessario ju-dicareti,se sua Maestà 0 altri chi per quella vi rispondesse, fusse discesso a l’altro articulo de le fortesse de le rivere non consignate, del che pare per queste ultime lettere de meser Nicolo del primo del presente, che sua maestà ne habia preso mala contcnteza, c che per le parole del detto meser Nicolò non ne sia stata satisfacta, li potereti reiterare che la nostra opinione e deliberatione veramcnti è semper stata, reduti li lochi de le rivcre al commune, de darli insieme cum le fortezc al suo Gubernatore 0 al locumtenente, cossi come a sua Maestà fu scritto, e cossi come ultimamenti fu deliberato. E bemchè se judicasse non esser ancora bem el tempo accommodato a fare dicta consignatione, non dimanco, desiderosi de optemperare a la voluntà de sua Maestà, fu facto la suprascripta deliberatione, quale poi non è seghuita, per li respecti a voi notissimi, chi a tuto seti stati presenti, e specialmenti per la opinione universale de tuti li populi, cossi de la cità corno de tute le rivere , che consignato che fusse li dicti loci a Monsignore Gubernatore, subito di novo dovessino pervenire in meser Io. Luise, 0 palesementi o occultamenti, e questo per el grande amore per sua excellentia semper dimostrato al detto meser Io. Luise e la inclinatione a soi lavori. E quelli de le rivere, chi se erano descoperti contra el detto meser io. Luise, dubitando tornare solto el dominio suo, havendo infiniti parenti in la cità, se sono venuti cum despera-cione e lachrime a lamentarse, volendo più presto morire cha tornare sotto simile subiectione, essendo certi che seria rumato non solò loro, ma tuti li loro beni, del che ne seghuito le grande turbacione che sapeti, per modo che, per non incorrere in alcuno periculo, e per tenere in pacifico cossi la cità come tute le rivere, è stato necessario differire la dicta consignatione, stando perciò fermi in el proposito che a tempo accomodato se debba exequire el Regio comandamento. E poi che sua maestà s’é contentata li ani passati, li dicti lochi esser in mano de meser Io. Luise e d’altri, considerata la fede e divolione nostra, noi Documenti 46 3 deve fare questa differentia che per qualche giorni stiano in el modo che sono, per qualche satisfactione de quelli chi se movano cum le rasone predicte. E in questo cum ogni industria vostra vi studiarete che sua Maestà si degne aquietarse. A voi è noto così come è a noi, in la partenza del nostro Gubernatore, le grande offerte facte per sua excellentia a utile e a beneficio de questa cità, e quanto sua excellencia para disposita favorire le cosse nostre apresso la maestà de Re. El che ancora à confermato per tute le sue letere scritte de camino, il perchè speriamo, specialmenti circa lo articulo supra scritto de la consignatione de le rivere, debba iustificare la cità, si che hareti precippua cura de intendere se sua excellentia harà servato la promessa. E cognoscendo quella havere facto bono officio, cossi corno siamo certi, la ringraciareti e confortareti a perseverare in tale proposito, che cossi facendo obligherà infinitamente tuta la cità. E cossi in apresso usareti del suo patrocinio e adrizo in tute quelle cosse dove judicareti esser necessario. Sapeti ancora el conseglio ultimamenti facto in Arquata per nobili, del quale n’è reuscito, psr quel che se intende, Ia electione de quattro di loro oratori a la Regia Maestà cioè meser Stephano de Vivaldo, Antonio Spinola, Laurencio Lomellino e Iohanne Iacobo de Auria, quali siamo certi trovareti in corte. E perchè ancora non se intende le commissione a loro date, nè quel che se habiano a procurare, vi bisognierà cum la prudentia vostra adaptare le riposte sicondo le proposte loro. Quale non crediamo perciò se debano fare da facia a facia, ma più presto per qualche personagio da la Maestà del re interposito. Pur se si parlasse de la prima reformacione de li offìcij de terzo a dua tercij, la riposta è prompta e facile, nè più bisognia de disputa alcuna, essendo stalo approbato la dicta reformatione per lettere patente del Re, nè si pò dubitare che sua maestà debba volere, per alcuna persuasione, a diete lettere contravenire. E non pare a noi se habia questa causa più a mettere in nova disputa. E nondin.ai co, a voi è noto che per le regule de la cità, per il 464 Anno ΐ5θό mezo de li nostri grandi conseglij circa le cosse . pertinente al governo de la terra, possiamo fare ogni reformatione e deliberatione che tenda ad utile de la cita. Nò questo a noi è interdicto nò denegato per alcuno de li capituli che habiamo cum la Maestà del re. La copia de quelli chi fano a questo proposito liarcti alligata, e cossi la deliberatione del grande conseglio sopra questa materia facto. E ultra de questo ne trovante meser Nicolò de tuto questo tractato benissimo instructo, concludendovi che per voi se à ad evitare ogni disputa, e non metere più questo articulo in alcuna dubitacione. E per questo, altro non ve ne diremo per non fare si longa scriptura. E perchè è stato detto per questi oratori de nobili, doversi requerire al re ch’el voglia mettere qui uno capellacio per Gubernatore suo per ani quattro, cum sicurtà de ducati CC, se intendesti questo si mettesse a campo, ve li contraponareti cum ogni forzo e industria, affermando franchamenti, questo populo a modo alcuno non volere capellacio che sia, e tuto à iurato sopra el crucifixo de non consentire a stato de capellacij,* e per quel chi s’e veduto per li experimenti passati, a tale pensamento se gli è tagliato le radice, e s’è veduto manifestamenti che quando è stalo suspecto che alcuno privato habia havuto pensamento de tale sorte, se li è andato a la vita a tagliarlo a pecij. E perchè circa questo arti-culo haveti largo campo per la universale dispositione de ogniuno, altro non ve ne diremo. Bem supplicareti la Regia Maestà a confortare dicti nobili oramai a lasciare simili et altri pensamenti e machinatione contra el pacifico, e ritornare tuti a casa loro, dove possiano stare sicuri e senza alcuno timore, cossi corno tuti li altri già venuti de ogni albergo, a li quali s’è facto bona ciera e sono stati ricolti e tractati sicondo el grado loro. E in questo fareti o^ni opera possibile, a ciò che la cità del tuto possia bem quietare. E fareti intendere a Sua Maestà come, per quel che siamo avisati, hano ancora mandalo ambasiatori al pontefice, e in q'leste nostre circonstantie hano tentato capellacij de parte e de Γ ultra, in compagnia de meser Io. Luise, e non ad Documenti 465 altro fine si non per debilitare el stato qui de sua Maestà e fare uno stato qui secondo li appetiti loro, el che non debe volere patire sua maestà, sia per l’honore e utilità sua, sia per la nostra smeera fede conservata sempcr e mantenuta verso de sua Maestà. E perchè ultimamenti sua Maestà à scripto esser mal contenta de lo edicto facto che si debiano ridurre a la cità, bemchè el riporto li sia stato facto contrario a la verita, como a longo habiamo scritto a meser Nicolò, al quale ancora s’è mandato la copia de lo edicto, e bemchè se siamo movuti princi-palmenti per lo inquerno (sic) e pacifico de la terra, ancora ne à movuto e move che tanto quanto e starano fori, inseme cum meser Io. Luise, mai cesserano de fare novità contra el dicto pacifico, e tute contrarie a la conservatione del stato de sua Maestà. Il perchè ancora in questo fareti per modo che sua Maestà reste satisfacta. Come sapeti, poi la recuperata de la Pieve e de le fortesse, trovandosse in quelle bande bona compagnia de fanti e artegliaria e altre cosse a expugnatione necessarie, e cognosciando ogniuno la mala condicione de meser Luciano Grimaldo, occupatore de Monacho, el quale, ultra le manifeste robarie facte a subditi del catolicho Re de Spagna e subditi de Signori Venetiani e a li subditi del Ser.mo re de Portogallo , presi e tenuti ancora molti prelati in contumelia de la chiesia Romana et etiam Provinciali proprij subditi de la Maestà del Re , de le quali pessime opere la cità ne à havuto grandissimi carrichi e impedimenti corno sapeti , e per dani facti a Spagnoli già è stato facto represaglie contra de nostri in Spagna, e ultra havendo facto infiniti dani a nostri subditi de le rivere, per li quali è in odio a Dio e al mondo, e cogliendone contra ogni debito in facie nostra el dricto de dua cento, quali sono più de quatro, a le forze che fa con-tinuamenti ad ogniuno, s’è deliberato, havendo al presente questa occasione, de non perderla, e cercare debellarlo, e tanto più quanto el loco è nostro e del commune, come consta per antique scripture, ma tenuto a noi forzato per le condictione de li tempi. 466 Anno l5o6 De questa deliberatone n’è parso darne aviso al nostro meser Nicolò, e lasciato al iudicio suo de parlarne a la Maestà del Re, o vero tacere, sicondo che più utile judicherà, e se pur ne fusse introducto mentione, che l’habia prompto che respondei e, si chè in la gionta vostra intendereti da lui quel che serà seghuito circa questo articulo, e lo governareti in compagnia sua, secondo che meglio a tuti voi parirà. E se intendesti Monsignore el nostro Gubernatore forsi fusse a questa impresa contrario, vi sfortiate sotto quel megli or modo a voi parirà, pregarlo e stringerlo che non voglia distorbare tale impresa tanto utile e necessaria a questa cità chi è a sua excellentia tanto inclin ita. E perchè siate de ogni cosa avisato. quando ultimamenti fo dal predetto meser Luciano robato li Spagnoli, la Maestà del Re mandaa una lettera patente a la cxcellentia del Governatore, per la quale li commisse eh’ el citasse el detto meser Luciano, e non comparendo, procedesse contra de lui cum brasso forte, e in questo se valesse de. la gente d’arme de sua Maestà e de li homini de le nostre rivere, e de tute le forse nostre. E restano queste patente qui in monsignore suo locumtenente. E se persuadiamo che la prefata Regia Maestà debia inclinare e consentire a questa nostra deliberatione, sia per la mala qualità di tale homo, sia per honore de sua Maestà, chi in li lochi donda la comanda non se faccia de qui avanti simili malefici', sia etiamdio per compiacere al nostro honesto desiderio, e che ultra de questo ne debba forsi offerire lo suo adiuto e favore. E cossi cum ogni industria procurareti. E perchè poteria accadere in li travamenti de le cosse contente in questa instructione a voi occurresse o ve fusse confortato fare qualche largitione per meglio poter redurre le cosse a perfectione, per questo, occurrendo tale necessità prima da voi bem considerata, subito subito ne dareti aviso, e cum cclerità grande da noi hareti la risposta. A voi è noto quanto toca le cosse de Pisa, quale sino a qui cum grande spesa e affanni s’è mantenuta. E corno sapeti el de- Documenti sidei io comune è de passare più avanti, e perchè meglio in tuto se procede quando se è bem avisato, per questo vogliamo che più occultamenti e dexteramenti che potereti, cercati de intendere in che modo e sotto che pacti restano ligati fiorentini col Re, e più ultra se de le cosse de Pisa in corte più se parla, e in che modo, e come el re sia sopra tale materia disposito, e tuto bene explorato, ma cautamcnti e occultamenti, al più presto che potereti ne dareti aviso, a ciò che sapiamo come governarsi. E l’è comparso davanti da noi alcuni nostri citadini, e fatone intendere come meser Piero Maria de Axereto, nostro citadino pare habia obtenuto sententia o sententie dal conseglio de la regia maestà contra de meser Johanne Spinula sopra el loco de Serravalle, e requirendo executione de le diete cententie da prefata Maestà, pare a quella sia stato dato ad intendere che facendo tale executione seria contra el desiderio e volunfà de la cità, el che se cognoscie non esser vero, e per questo, compito che havereti le opere publice, siamo contenti che faciati intendere a la prefata Maestà che noi siamo non solo ■ ontenti, ma dexide-riamo che !a iusticia se facia a ciascuno corno conviene, perchè abiamo equale ogni nostro citadino, dando favore a questo articulo de fare la iusMcia, sotto quel meglior modo che a voi pa-rirà, salvo in tuto la equalità e lo nostro honore. La conclusione de tuta questa nostra instructione, poi che la Maestà del Re à scritto ultimamenti che se li facia intendere luti li nostri bisogni- e de le parte de quella più importante si è fare intendere a sua Maestà in che reputatione in la cità si trova al presente meser Jo. Luise, e quale sono state fino a qui le opere sue e quanto impossibile sia, stando a le castelle e in le nostre confinie, che le rivere e la cità mai possiano quietare, e per questo tenereti tute le forme possibile che non solum sia removuto da le parte nostre, ma che etiamdio li sia levato le diete castelle, come di sopra in la dicta instructione se contene. El secondo si è che ve industriate talmenti persuadere la Maestà del re, ch’el voglia cum bona sua mente esser contenta 468 Anno l5o6 che li lochi de le rivere se possiano retenire in el grado che sono, a nome de sua Maestà, sino a tanto che sia del pi edicto meser Jo. Luise e le castelle, seghuito quel che di sopra è dicto, per le rasone declarate in lo articulo a questa materia pertinente, perchè altramenti ne poteria seghuire che sua Maestà e noi ic stariamo male contenti. El tercio è che sotto el mcglior modo che a voi parila etiam persuadiate a sua Maestà che cum la sua auctoiità si tenga modo che li nobili tornano a casa loro, perchè se a sua maestà è molesto e li tumulti e le arme, pò esser certa che tanto quanto starano fori, maxime in compagnia de meser Jo Luise, mai cesserano de perturbare e machinare, e da le biro machinatione nasce poi li tumulti e le arme, nè persevetare si pò in el desiderato pacifico, cossi come più a longo di sopì a se dice in lo articulo de questa materia. Circa lo articulo de transferire in noi le castelle suprascripte, s è detto quel che di sopra veduto haveti, e lo desiderio nostro per li respecti dicti è che vengano in noi o ad extremum in sua Maestà, el che se afferma. Ma se pur vedesti perduto la speranza che in noi dovessino pervenire, vi notifichiamo corno questi fratelli, meser Galeario e meser Antonio Maria Pillavicini, pretendeno le dicte castelle spedare a loro, hereditario nomine del quond. meser Carolo dal Fiesco, e per questo, per quel chi se intende, partirà presto per corte el detto meser Galeacio, si che in el caxo predicto se vedesti la cossa desperata per noi, vogliamo che sotto quelli modi che a le prudentie vostre parirano più accommodati, diate a loro ogni favore possibile cum grande destreza, come è detto, tuto facendo perciò senza preiudicio de le nostre rasone, e quando vi paresse bisognio in tale caxo ancora ne fareti qualche prò testacione. E questo vi se dice che non pervenendo in noi, ne in la Maestà del re, pare a noi sia manco male se metteno in loro mano, per che manchariamo de ogni suspictione e perturbatione e novità. E poi el tempo à gran forza. E forsi che la maestà del re, essendo loro soi subditi e tanto inclinati al stato Documenti 469 suo, como sapeti, non se renderà tanto dificile a levarle da meser Jo. Luise. In tuti li tractamenti e ragionamenti che hareti a fare cum la sua Maestà, accomodareti questa parte che di sotto diremo, a quel loco e tempo che meglio vi parirà, e direti a sua Maestà che bem che questa sua cità li sia semper stata divotissima, tamen che la si pò presupponere che sotto questo regimento se debba molto più de quella contentarse e accommodarsene a tuti li soi bisogni. E per che meglio la possia cognoscere questo nostro bono proposito e voluntà, vi fareti quadrare (sic) che corno sa sua Maestà le force de questa sua cità sono per la maxima parte in marc', e per questo, quando accadesse 0 accaderà a sua Maestà fare armata per mare 0 contra de infedeli 0 contra de altri, che, secondo la grandeza e qualità de l’armata, li offeriamo tanti corpi de navi e galee a nostre spese, quanto fìa la nostra possi-b:lità, el che adornereti cum quelle parole, che debano più excitare la gracia e lo amore de sua Maestà verso de noi. De la refo.rmacione de li officij civili sopra le pratiche trac-tate per lo passato, se ne era scritto a longhe parole al spectato meser Nicolò, e a lui se era mandato tute le scripture a questa materia necessarie. Poi examinato paregli giorni tuti li tractamenti è passati e chi de presente sono occursi, per conclusione, vedendo inclinato la excellentia del nostro Gubernatore a la brevità del tempo, e che la jurisdictione cossi de Antiani come de tuti li altri magistrati non passasse el termino de uno ano, a nome de Dio, s’ è facto ferma conclusione de questo tempo, cum bona voluntà e consentimento de lo Illu. monsignor el locum-tenente e de tuti li ordini de la terra, et etiam senza salario 0 saltein cum poiO premio, come a presso se determinerà, e se sta fermo in fare numero de XXXVI, li quali se debiano repartire in li Antiani e li altri officij de la cità, e che la metà se cambie de sei in sei mesi, e la electione se facia pei el modo e forma già scritti al detto meser Nicolò, si che vedeti el temperamento quale s’è preso. Del quale accommodandove al loco e 31 470 Anno l5oó al tempo, ne fareti noticia a la Maestà del re sotto quelle parole che più vi parirano a sua Maestà potere satisfare. Et cossi etiam referireti a la Excellentia del nostro gubernatoie e ne da-reti aviso come questa nostra deliberatione serà stata gustata. Vi daremo ancora la copia de le scripture tacicnte al pioposito, de le quale scripture un altra copia a meser Nicolò questi gioì ni passati è stata mandata. Da li nostri mercadanti da Venexia haretti qui alligato uno memoriale per loro form ato, il perchè per remedio de la liberatione de li loro beni arrestati vi adoperareti secondo li loro ricordi senza nova repplicatione. Haretti etiam qui alligate lettere de credenza in el re e in el nostro gubernatore e Monsignore el legato e cancelleio, e ultra in Monsignor el thesaurero Roberteto , de le quale vi ac-commodareti in le visitacione che fareti. Data Janue die XII no-vembris MDVI.ro. Istruzioni e relazioni politiche, n. gen 2707 C, anni i5oo in 1558. XX. Lettera dei commissari alla Pieve in cui si dissuade l ufficio di Balìa dal muovere guerra a Monaco e si consigliano altre meno difficili imprese. Pieve di Teco, 19 novembre i5o6. Magnificis ac prestantissimis viris dominis officii Balie excelsi comunis Janue. (Indir i^o a tergo). Magnifici domini : habiamo scripto heri a le Μ. V. a suficientia per uno nontio mandato, et più per la importunità ne fano questi soldati CCCV conducti per d. Petro Gambacurta, che per altra raxone. Poi he venuto in questo locho Baldasare Conte quale dice essere partito de costi venardi pasato che fo a li XIII p. m., da lo quale a bocha habiamo inteizo V. M. havere pensamento et quaxi corno deliberato de atendere a la impreiza de Monicho et Documenti 471 per tale caxone dice le Μ. V. preparare fancti fioresteri (sic) a numero M et terreri a numero Md in più, con ordine che in questa ìivera se debiano levare altri homini Md, et per dieta impreza, de la quale impreza sono jà jorni Vili, per homini vegnivano de costi se diceva dovere per V. M. fare tale efecto che certo non credevamo. Tamen, et pro bono respecto, havemo qualche volta raxo-nato de tale cossa con il dicto d. Petro capitaneo et con qualche altre persone de questo locho, pratiche de quelo paize, et da tute, nemine descrepante, n’è stato referto non essere cossa da pensare maxime in questi tempi de inverno, et pertanto a noi he parsuto debito nostro, in observatione maxime de la instrutione per le Μ. V. a noi facta, dar ve avizo de quelo se dice de sopra, non essere bono consilio, imo totaliter ìeprobandus, intrare in simile impreza con opinione et quasi fermessa de non podere havere vitoria et con tanta speiza quanto bizognaria in quela ; et per tanto vogliamo pensare le Μ. V. non habiano pensamento a lo presente in simile cosse. Vero he, recorderemo a le Μ. V. quelo ne occorre quanto a lo presente, che sarano cosse secure et facile con poca speza et forzi, non mancho utile de dieta impreza de Monicho la quale impieza de Monicho a noi pare sarà più a propoxito questa pa-squa et con bona et quaxi ferma opinione de obtenire. Quelo vogliamo arecordare a lo presente a le Μ. V. si è che in lo locho de lo Marro si retrova messer lo bastardo de Savoya inseme con lo conte de Tenda, quali, per quelo intendiamo qui, hano bono animo et grande voluntà, con alcune pratiche, de vidire se potesseno metere lo stacho in lo castelo de Onelia, habiando pai te de li homini de la vale con loro, et di novo serchano de comperare alcune parte non spectante a D. Pereta de Auria et con tal via lase signor de dieta vale et castelo, quale cossa se seguisse, che Idio non la voglia, considerano le Μ. V. come staria questa rivera, però che non saria possibile più adiutarsi de niguno et questa vale de la Pieve saria in grande periculo et que admodum se poria reputare per perducta, sicliè vogliamo suplicare a le Μ. V. vo- 472 Anno l5o6 gliano havere bona consideratione in tale cauza, notificando Μ. Y. che iudichemo per quelo sentimo li homini de vale dieta cossi de alto come da basso, haveriano dexiderìo havessero tale pensamento le Μ. V. et mandeseno quelo ad executione, siche pono dicte Μ. V. intendere che facile mente se veria ad executione de tale impreheza. Et perchè forza dicte Μ. V. ne poriano respondere non essere cossa spedante, al somme che non sapiamo niente de Monico et per non incorrere in tanto periculo come saria capitare in le mano de sopra dicti, saperiamo arecqrdare a le Μ. V. che saria a bono propoxito fare a dicta D. Pereta qualche subventione, quale in tuto ho in parte volentera pageriano li homini de dieta vale et ultra non dubitemo saria a propoxito de dicta D. Pereta quale, per quela intendemo, non habiando altro adiuto, non poiu substenirse, ecc., ecc... (continuano col propugnare la tesi che si debba prima occupare saldamente la valle di Oneglia per potei e pi u tardi, nel buontempo, andare all’assedio di Monaco). Data in castro Plebis. Die XVIIH novembris MDVI. Vestri Jacobus Justinianus et Franciscus de Arquata, comissari. Diversorum Communis Janue, Filza 5φ XXI. Nola delle mercedi dovute agli addetti alle artiglierie. * MDVI die XXVIIIP novembris. De mandato Sp. D. Baptiste de Cavo et sociorum preposi-torum rebus Monaci comunis Janue, vos e. Lodisi «le Bervey solvite magistro Ambrosio Joardo bombarderio, prò bombarderà viginti quinque ad ducatos sex pro singulo in mense, videlicet pro mense uno cum dimidio, ducatos ducentos vigintiquinque ad rationem librarum trium singulo sive . - Libre DCLXXV Item pro decem magistris de asia, ad rationem ducatorum quinque pro singulo in mense, videlicet pro mense uno ducatos quinquaginta sive.....Ducati Documenti 473 Item pro scarpelinis sive picapetris decem ad ducatos quinque pro singulo in mense, pro mense uno ducatos quinquaginta . s've ...... Ducati L Item pro hominibus quinquaginta deputatis ad conducendam retro et antea artelariam ad ducatos tres pro singulo in mense, pro mense uno ducatos centum quinquaginta sive Libre CCCCL Item pro duobus prefectis sive capitibus dictorum hominum ad ducatos sex pro singulo in mense, pro mense uno ducatos duodecim sive......Libre XXXVI Item pro custodia dicti magistri Ambrosii et munitionis hominum decem ad ducatos quatuor pro singulo in mense, pro mense uno ducatos quadraginta sive . . . Libre CXX Item pro magistro ferrario ad ducatos sex singulo mense, videlicet pro mense uno sive . . . Libre XVIII Paulus de Cabella, cancellarius. Diversorum Communis Janue, Filza 63. XXII. Lettere di nomina dell’ ingegnere del Comune. Genova, 3 dicembre i5o6. Antiani excelsi Communis lanue. Essendone notissimo el grande amore che ha verso de la patria sua lo Egregio Maestro Ambrosio Ioardo Inzegniero e la grande industria in tute le cosse pertinente al detto mesterò , e ultra de questo lo animo generoso in ogni experimento per lui dimostrato in el mesterò ancora de la guerra, e desiderando farli bono animo che de qui avanti in tute le- virtù predicte non solum possia perseverare ma quelle augumentare, per questo lo elegiamo per virtù de queste nostre lettere patente nostro inzegniero cum salario de Ducati vintieinque ogni meise dal di che l’ha cominciato a servire, e cum tute le honorantie, prerogative, iurisditione, utilità et emolumenti debiti al dicto officio de inzegniero e con- 474 Anno l5o6 sueti e specialmenti a lui assignando, per debito de lo honorato officio suo. la artegliaria rotta che si troverà in le fortece che si prenderano e più la quarta parte de le victualie si troverano in le diete fortece per munitione de quelle e più la campana per el sono de la quale se chiama a le arme, comandando a tuti li nostri Capitane! e commissarij e altri officialij che debano observare in tute queste nostre lettere e da fare ogniuno, per quel chi tocherà a loro, farle inviolabilementi observare*. In quorum fidem fieri illas iussimus, nostrique sigilli impressione muniri. Data lanue die tercia decembris l5o6. é. Litterarum Reg. 46 — minuta staccata. XXIII. Supplica di vari sindici della Riviera Occidentale perchè sia abolito l’officio del capitancata. Genova, 9 dicembre 15o6. Supplicacio sindicorum diversorum locorum Ripparie occidentalis in causa tollendi Capitine!. MDVI die V1III decembris. Illustrissimo et preclarissimo principi Domino Philippo deCleves, Regio Januensi Gubernatori, et Magnifico consilio Dominorum An-tianorum excelsi Communis Janue, humiliter exponitur partes;n-dicorum Ripparie vestre oceidentalis subditorum devotissimorum vestrorum, videlicet Gasparis Iudicis et Pantaleonis Galiani sindicorum Vintimilij, Tobie, Ballarani; Gasparis Lercarij et Christoferi Garibi sindicorum Portus Mauricij; Francisci Pasque sindici Thabie, Perroti Sapie et Antonij Margoti ac Antonij Merli sindicorum Sancti Romuli; Nicolai Qualie sindici Diani, quomodo superioribus annis ab initio huius felicissimi regii status gravati semper fuerunt novo et insolito officio capitaneatus, pro quo coacti semper sunt solvere intollerabile salarium sine ullo beneficio vel fructu dicti capitanei, Documenti 4?5 ad nullum ripparie usum dictum officium exercentis et contra formam conventionum omnium locorum dicte ripparie vestre, et quod etiam magis alienum est ab utilitale ipsius ripparie habuit semper dictum officium Dominus de Sentallo, qui, ut e.4 notum, extraneus est et a moribus Ianuensium omnino alienus, contra tenorem privilegiorum per regiam maiestatem huic inclite civitati concessorum. Per que privilegia disponitur quod omnia queeunque officia civibus Ianue conferri debeant, tamquam moribus ct institutis Ianuensium accommodatis, et qui vinculo nativitatis et sanguinis vero amore et caritate, humaniter et recte officia eis collata gerere et administrare solent, cum ex adverso alienigene ad pecunias tantum et ad qualecunque lucrum oculos atque animum semper intendant, obliti plerunque Dei omnipotentis et Iusticie, quodque ut verius cognosci possit satis apud omnes constat quod prenominatus d. de Sentallo qui adhuc valde adolescens est, nunquam in ripparia comparet neque officium capitaneatus exercet nisi eo tempore ferme quo salarium petere aut exigere debet. Et iste est fructus capitaneatus et tam gravis impense, que humeris pauperum subditorum vestrorum imponitur. Verum est quod emit aliquando vicariatimi Portus Mauricij et tunc cogitur ex necessitate in eodem loco morari, atque ita officium capitaneatus ostendit et non exercet. Quo quidem officium Fregosi primum instituerunt atque id violenter et cum non possent ex eorum gente et familia tot quot erant alere. Misserunt primo d. Thomaxinum et subinde alios usque ad statum Reverendissimi Domini Cardinalis Frigosi, qui ab onere dicti capitaneatus eos liberavit. Postea vero Adurni denuo idem exemplum induxerunt, licet iniuste et violenter, ut dictum est. Tempore vero status Illustrissimorum Ducum Mediolani nunquam capitaneos habuerunt nec antea saltem cum salario, sed aliquando ducales commissarios tantum, quibus nullum salarium solvebant. Que cum ita sint et satis constet capitaneos in ripparia vestra nullo usui esse, imo ad onus gravissimum et intolerabile, et quod deterius est, si Dominationes Vestre bene omnia explorare vo- 476 Anno l5o6 luerint, cognosccnt capitaneum ipsum ultra antiquas factiones, novas insuper discordias serere, ex quibus mille mala et scandala nascantur. Ideo, parte supra nominatorum sindicorum humiliter el devotissime supplicatur ut huic tanto et tam gravi malo dignentur dominationes vestre remedium salubre adhibere, et sua singulari sapientia formam invenire per quam hoc iugum intolerabile ex eorum cervicibus detrahatur, atque ita decernere ut a tanta servitute tandem liberentur, presertim in hoc felici principio tanti senatus ad communem omnium utilitatem nunc consliluti. Cui quantum maxime humiliter possunt se se et suos omnes commendant (l ). Diversorum Communis lanue, Filza 63. XXIV. Lettera del commissario Manuele di Canale agli officiali deputali per l’impresa di Monaco. (Notizie dei primi avvenimenti — Condizioni di Montone c Koccabruna — La Turbia e Pieve di Teco — Difesa contro le accuse di Agostino Castiglione). S. Remo, i5 dicembre i5o6. Magnificis Dominis Baptiste de Cavo, Manfrèdo de Furnarijs, Georgio (Giudice) et Simoni de Amigdola deputatis super prexia loci Monaci. (IndiriM) a tergo). Magnifici et prestantissimi domini. Vegliando io Manuele per la rivera solicitando vagono homini e victualie in campo, habio contrato in lo locho de Sancto Romulo doi cum lettere delle Μ. V. unius tenoris e, lexuto che le ho havote, cum uno de dicti homini (i) Segue nello stesso foglio e sotto la data « ^ MdVI, die Mercurij VIIII decembris » la nota che il governatore e gli Anziani, letta la soprascritta supplica e comprendendo che l'ufficio del capitaneato non solo è inutile, ma onerosissimo a tutti i cittadini della Riviera di Ponente, delegano Raffaele di Recco e Marco Portonario, sindici del comune, perchè odano i prenominati sindici e vedano, insieme col luogotenente, come si possa togliere queU'officio e ne riferiscano al governatore ed al consiglio. Documenti 477 mandatole subito in campo a li compagni, a le quale se farà per questa risposta, habiando qui Penello, uno de dicti doi, quale vole tornare indrieto. Habio visto quello ne scrivcti di Monsignore di Aiegro,quale s’era movuto cum certa fantaria per dare socorso a Mo-nico e como M. Io. Iacob i ('inviti{io) ge havevia mandato cert: inze-gneri, al che se risponde noi non haverne noticia et che est credendum de dicti inzegneri perochè pocho se Irà per quelli de la terra. Noi qui non sentimo altro se non che a Tenda se trovano Iacheto de Grimaldo dicto de Gatera cum Iacobo Borrigione e Augustino de Grimaldo vicario in lo locho de Suspe, cum homeni da D a DC di quelli de lo campo di Bologna (l); dixeno voleire andare a la Penajjudichemo benissimo non sieno facti se non per so-correre dicto locho di Monacho e di questo se n’à piena advi-zacione in campo per il che dì e nocte se fa bonissime goardie e bixognando goardare trei lochi in ogniuno de li quali bixogna haveire tanti homini chi sieno sufficienti per dicti homi D a DC, quelli che sieno, mi sono misso a vegnire per la rivera per aprendere da essi lochi de la riviera tanti homini ne poere debere bastare a podeire goardare li monti quali habiamo atorno e, anchora che dicti homini de la rivera sieno dificurtoxisimi, non mancherà che cum bone parole e comandamenti asperi se ne haverà a sufi-ciencia. Hogi ne habio mandato D e domane ne manderò altre-tanti e tanto vegnirò avanti che ne troverò sino in lo numero de MD quali basterano, licet sieno homini che uno soldato ne valeria dexe. E havoto che haremo questo socorso in campo, dentro dal qual tempo eramo serti dovesse vegnire d. Lodixio cum denari per dare nova paga, perochè sensa quela li soldati non voleno asaltare la terra, habiamo deliberato fare de lo nostro resiO e tanto magis che Cum haveire piantato grande parte de l’arlegiaria nostra (,) Erano evidentemente le truppe francesi che avevano dato aiuto a Giulio li nella presa di Bologna. 47S Anno ι5θ6 la quale non mancherà da qualche banda fracherà le mure corno ha già incomcnsato di fare. Lo quale Lodixio, gratia Dio, credo sie sopra li breganlini qualia mezojorno andavano in zuzo cum bono tempo, lo quale domane porrà fare contento li soldati e poi domane cheharemo tuto lo compimento di nostro bixogno, piaxando a Dio, sono serto deberemo dare batagia a la terra. Il che seguirà cum megiore animo per haverne scripto de li inzegneri, de li quali se pò cognoscere dicio signore haverne manchamento perochè pocho l’averà cum l’artegiaria corno cum fare ripari. Per parte nostra non se mancha lavorare cum le spide ; vero è ne habiamo manchamento perochè non ge homini tropo de qui se possemo fidare, perochè quelli de Mentone e Rochabruna sono molto afectionati a dicto signore di Monicho, ultra che fino a qui le nostre cride non hano adoperato sieno vegnuti a la terra ; li altri de nostre rivere non ge anderiano per niente, perochè dubitano in ogni locho non ge fosse dato de mano e per tanto stagliiamo più vigilanti. Como per altre nostre habiamo scripto, preizo che ebemo Mentone e Rochabruna, mandiamo signor Gasparo Judice a lo governatore deNicia a farge intendere de dieta preiza e corno per parte nostra, semper che haremo preizo lo locho di Monacho, dei dicti doi lochi se farà quello è stato dicto per parte de le S. V. a lo ambasciatore de lo signor ducha e poi confermatoge per lo ambasciatore nostro a lo dicto signore mandato ; e questo si fè a ciò che non ge paresse prendessemo superbia de la preiza de essi lochi, Al che, prima facie, per dicto governatore fo rispozo cum grande minacie ; fo rispozo che fareiva e bregereiva e, visto che dicto Gasparo, quale haveiva menato con seigo uno scrivano, ge voleiva protestare che noi intendeymo haveire bona paxe cum lo prefacto signor ducha e che per noi non mancheria quella mantegnire, salvo se per lei inanellasse, statim si mittigò e disse corno per parte de lo signor ducha e soa non se voleiva fare altramenti, unde non se danifichasse lo loro paeyze, e che lo secondo di seguente vegnireiva a la Torbia e che se chalereiva tanto basso che uno di noi porreiva andarge a parlare e che ne farciva cogno- 479 sccre quello s’ è dicto di sopra. Il che fino a qui non è seguito, però che quello di piove da la matina fino a la sera; lo di seguente me partì : porrian essere ge sereiva andato, che yo non 10 so ; di quello sera seguito sono serto per li compagni ve ne sera dato avizo cum lo messo quale ogi c andato a lo campo cum diete vostre lettere. Fino qui per parte de lo signor ducila non s’ è facto cossa chi ne facie cognoscere altramenti di quello s’ è dicto; vero è che a la Torbia sono homini CCCC in più (vernili) giorni fa, li quali dixeno stare lì per goardia de lo locho. Li riguardemo per. inimisi, da ofenderli in fora, parendone non bixognp tegneno 11 tanti homini e tanto magis che le nostre goardie ne hano dicto corno quatro nocte fa, uno de dicti homini, de sopra lo monte, ha parlato cum uno de la terra e dictoge stageno de bono animo che sera socorsi, il quale parlare non se ge pò deviare, però che dicto monte de che sono segnori è tanto propinquo a la terra che parlando forte se oldono ; gamo raxone lamentarsene cum dicto governatore per vedere quello responderà, lo quale c tuto in anima e in corpo de dicto de Monicho, e semo serti dexidere grandementi quello non s’è concesso fino a qui per lo signor ducha poder fare. Di vegnuta, sono stato a Rochabruna in lo quale castelo se est misso per tuti noi quattro, per castelano cum XII homini Lu-chelo de Canali ; bixogna de ogni cossa corno sereiva vitualie e artagiarie e cossi de uno bombarderò e doi o trei balestreri ; ge habio misso sexe mine de farina cum doe mezanne de carne salata, e doe mine de lenti et sessi in quello de Mentone in lo quale non era se non le mure cum qualche poche bombarde, quale ò goardato per Ambroxio de Sancto Salvatore cum dexe compagni ; m’è parsuto a propoxito darvene avizo a ciò che le Μ. V. sacno quello se dageno provixione dever Genoa, cossi de homini como de vitualie, però che qui non è homini chi se vogieno stare, dico quelli de chi se porreymo fidare, ni se ge trova vitualie, de le quale fino a qui semo stati habundanti ; non so corno se faremo in l’avegnire ; habio havoto mine cento di grani da questo locho di Sancto Romulo, quali statim se sono mandati a Vintimigia in lo 480 Anno 1506 quale locho non ne era se non L mine, facto la cerchia ; vero è che Johan da la Cabella mi ha dato speransa farmene haveire mine CL da li homini del Porto, in Io quale locho lui se t'ova capilaneo, se non ne trovasse a Tagia in lo quale locho anderò damatina ; stareymo male se ne bexognasse stare goeri acampati a dicto locho de Monicho però che ogni jorno vogiemo da 40 in L mine de grani però che manchiamo di ogni altro refrescha-mento, sì che sera bene V. M. ne mandeno qualche barellata. Lo locho de la Pieve est desguarnito de fantaria corno m’è stato facto intendere da Gasparo Sartore de dicto locho, amigo nostro, quale habio trovato chi. Sono serto ve seià sciipto per d. Iacobo Iustiniano e Francesco de Arquata è a proposito tegnire goarnito per tuto, fino a tanto habiamo preizo dicto locho de Monicho, perochè ogni locho chi ne fosse preizo a le spale ne rr.e-tereiva creto: ge manderò stamatina dever 1 agia cum dicto Gaspare, homini XXV quali dicti d. Iacobo e Francesco porrano tegnire qualche jorni se parrà a loro bixognarne, corno sono ceito, li quali serano homini de dicto locho de Tagia e non soldati , pei avizo se stava bene quello capitaneo Rayneri quale se eia cum XII compagni, al mancho perchè è varentomo e homo da bene • per avizo. Stamatina est vegnuto Augustino di Castiglione, compagno nostro a Vintemigia, e parandomi malcontento ge habio spiato quello heivci Vcij me rispoxe chc h&vciva. havoto lettere como soci modici & era malata e che per questo se ne voleiva vegnire fino a Genoa pregandolo non se volesse partire, Francesco da Quarto mi dice che la caxone non era se non per haveire visto una lettera scripta per lo signor di Finale a Paulo Baptista e yo, qualle ge haveiva dato suspecto; lo tenore de la quale yo non la so perchè non habio veduta ; penso debie essere risposta de una lettera ge scripsi yo quattro 0 cinque jorni fa de ver Ventimigia, in lo quale locho foi per goastadori e victualie, quale contegniva como ha-veimo preizo Mentone e Rochabruna e che fra pochi jorni speramo prendere Mon cho perochè già ge eramo acampati e che, preizo Documenti che haremo dicto loco, ge andereymo cum luto lo catnpo a dare socorso se bixognasse, però che per chamino havi una lettera da li M. Anciani e officio de balia, per la quale, inter le altre cosse, ne seri vei va corno andava campo adosso a dicto signor de Finale cum intromissione de geni ilhomini e che cerchasseno de fare presto; e più che dijto tragieta me disse a bocha corno a Genoa se era deliberato, semper che dicto campo ge vegnisse adosso, serrare le butlege e andarge per dexe o doxe jorni a dare socorso. E per questo mi parse a propoxilo scriverge quanto s’è dicto di sopra, sia per suo conforto, sia che de dieta lettera se servisse inver li soi subditi, li quali stessono fermi a mantegnirlo in stado, saltem tanto quanto noi steysemo acampati a Monicho, parendomi ne imporle tanto a dieta nostra impreiza, quanto importava lo prendere di Monicho e Ro-chabruna. Si che, judicando che dicto Augustino quale junio se po dire steise qui, sia per li dexaxi del vivere e del dormire, sia per lo reizego de la artegiaria se corre, se debie scuzare che dieta lettera sia stata quella chi l’abie facto vegnire, m’è parsuloapro-poxito scrivervene qualche cossa a ciò che non se pigiasse um-braxe de quello non bixogna, licet sic certo posse pareire ad ogni uno sie una de quelle persone in lo mondo, chi mancho habie passione a capelassi e chi più junio visse per mutacione de lo presente felicissimo stato a lo quale Augustino, inteizo che ebi questa essere la caxone, disti che, avanti la soa andata, sereiva a propoxito cerchasse di vedere dieta lettera, quale mandereiva a prendere cum uno de soi homini a dicto signor de Finale e che, vista che l’harebe, savereiva .megio quello doverebe fare per suo honore e debito, al che non fo rimedio volesse restare, per prexère se habio faclo ; parendome la soa vergogna, corno mia, essendo stati mandati insieme a la presente impreiza, in la quale non mancheremo fare lo debito nostro, corno ogniuno se po persuadere, perochè pigeria più presto per parte mia pacto di morire cha non haverge honore. Non altro mi achade de dire per risposta de le vostre Magnifi-centie per parte mia, salvo a ricomandarme a V. M. e cossi a 482 Anno l50Ó quella de li Magnifici d. Anciani et officio de balia a li quali questa sie lettera. Data in Snncto Romulo die XV decembris l5o6, hora 1III noctis. E. D. V. Manuel de Canali comissarius vester cum recomendacione. Diversorum Communis lanue, Filza 63. XXV. Lettera di «_Alfonso del Carretto al governo di Genova circa la spedizione del duca di Savoia in soccorso di Monaco — Decreto del Senato che raccomanda di usare clemenza ad un servo del signore di Finale arrestato per sospetti. Finale, 17 dicembre 15o6. Quoddam testimonium innocentie D. Alphonsi de Carreto. etc. Magnificis ac Generosis Dominis meis tamquam patribus colen-dissimis. dominis Antianis inclite civitatis Janue. (Indirizzo a tergo). Magnifici Domini mei tamquam patres collendissimi. Do ad-viso a S. V. chomo 400 ventureri sono destinati al secorso de Monicho cum uno commisario de Savoya, quali ad tardius sabbato veniente (iy dicembre) doviano passare per Tenda et calarsi a le circunstantie de Vintimilia a ciò S. V. Ii diano provisione et presta. Lo adviso lo hebi heri sero ad hore 23. Le lettere herano de l5 a hore 23 da persona digna de ogni fede et de questo vi dò adviso. Sono certificato per le scorthe habio hinc inde per le cosse mie; quale credo pro nunc non sarano travagliate di sorte mi possano molto dannifìcare. Se per parte mia per S. V. li ha da far cossa alcuna in vostro benefficio, chomo per altre mie si he dicto, comandando sareti obedite. Vi persua -do a fare ogni sforzo, poi haveti cominciato, a mantenere la impreisa, sia per lo utile, sia per la reputatione, sia per non havere spenduto in vano, et tuto quello volete fare farlo presto et tuto insieme, perchè darà più terrore a lo inimico e le forze Documenti 483 sono più robuste. La posta non he ancora compartita, che asai mi maraveglio, abenchè lieri sia advisato per lettere de 15 da verso Diano ingenerali le cosse de Monicho anderano bene, che questo non basta ad i ntendere. Ben mi persuado, 0 non vi sia cossi ancora di momento nè prò nè contra, 0 vero in camino le poste siam restalate, che in altro loco non potria essere salvo 0 a Honeglia 0 di sopra, che mal posso persuadermi. A la gratia de S. V. mi ricomando. Ex Finario, die 17 decembris a hoire 13. Alfonso de Carreto. Genova, ig novembre i5o6. l5o6 die XVIIII decembris. Magnificus Senatus, lectis hodie suprascriptis litteris, receptis a dicto D. Alphonso, cognoscens sanam mentem ipsius erga patriam, quia captus fuit Nicolaus Ferrarius eius servitor propter suspicionem quarundam litterarum scriptarum per ipsum dominum com-missariis et considerans nullam inesse fraudem sive suspicionem in dicto homine, laudavit quod illi non dentur tormenta corporis sed bono modo examinetur et it i iussu ipsius senatus ostendi su-. prascriptas litteras Sp. officialibus Monaci ecc, ecc. Politicorum Mazzo 3, Fascicolo η. \η. XXVI. L citerà di Luigi di Bervey alla Balìa di Genova. (Condizioni del campo genovese — Grave questione delle paghe — Arrivo di 5oo venturieri francesi alla Turbia — Richiesta di munizioni e di uomini — Nuovi reclutamenti di truppe — Notitie varie). Dal campo presso Monaco, 17 dicembre i5o6. Magnificis et prestantissimis dominis officialibus Balie excelsi comunis Ianue dominis meis observandissimis. (Indirizzo d tergo). Magnifici et prestantissimi domini observandissimi ; cum contrarietà de tempo et difficultà de conducere la barcha de la 4S4 Anno ΐ5θ6 artagliaria, la quale non mi habio volsuto lassiare drieto, tandem iunsi beri in sero, hora II-1 noctis, in questo loco et per quella seira non podeti essere cum le magnificentìe de lo capitaneo et commissari et solum parlai a lo maestro bombarderò da lo qualle non restai niente satisfacto de lo affare suo, in specie che mi disse non haveiva lo numero de bombarderi ordinato et che non haveiva bona obedientia da li altri soi ministri, circa il che gbe dissi quello mi parse in reprehenderlo et questa matina in aurora mi sono transferto a lo alogiamento de lo capitaneo et de commissarij de li quali ghe trovai solum domino Paulo Baptista, perciochè domino Augustino se era partito per Grenua , domino Manuele era andato per dare ordine a la provisione de le victualie et sequelle ac guastadori, d. Ambrosio era a la guardia de Mentone et Rochabruna, lo quale asai tosto iunse in eodem loco ; et depoi che hebi visto lo ordine de lo campo dove haveivano posti alcuni pecij de artagliaria pichola, li quali erano molto distanti da lo loco de Monacho, et che hebi visto et considerato lo sito de lo loco, restai asai invaghito et mal contento perciochè mi credeiva trovare le cose in altro essere ; et hoc facto se reducemo tuti inseme in lo paviglione et in parole ghe dissi pur essere restato invaghito de haver trovato le cose in altro essere non espectava ; furno adiunte undique molte excusatione, le quali seria longo a scriverle ; postea ghe dissi quello haveiva in mandatis da le S. V. et in specie de lo reve-deire de li soldati et de aiustare li tempi che la pagha correse usque a lo primo de Jennario ; a il che mi fue respozo che seria difficultà a fare che tuti li soldati restaseno contenti de tal effecto, perciochè tuti aspectavano de haver la sua paga integra. Et per intendere presto la loro dispositione li feci statim congregare, idest loro capi, im presentia de lo capitaneo ac domino Petro ; ghe dissi quello se era ordinato et che usque tunc era presto ad cxbursare lo supplemento de dieta paga cum persuadeghe et permeterghe che statim et ante terminum de doi Documenti 485 iorni se ghe daria la paga integra, a la quale se haveiva bona et certa provisione ; s’ è preizo intei loro rispecto de conferire cum le compagnie ; tandem assai presto tuti inseme ritornano et absolute rispozeno che non volevano scapesoni de paglia et che aspecteriano lo termine de li loro tempi, a li quali se non li serà data, provederano al facto loro ; non valse parole nè persuasione de capitanei, nè de commissarij, nè mie, il quale ghe dissi assai, che non se voleseno rimovere da la loro opinione ; quo visto, parse il meglio de acceptare lo loro voleire per il meglio, sopra il quale ghe dissi ' et affermai che se daria principio a contentare li primi e che de poi se anderia appresso secundo che correivano li tempi ; et per questo est necessario che le Signorie Vostre daghe tal provisione che presto se habia lo compimento de la paga integra et che se habie ad tardius hic a li XXIII del presente, perciochò aliter dubito se meteria in ruina tuto questo campo. Io provederò a la paga de alcuni, lo tempo de li quali è finito usque a li XV del presente, perciochè ghe habio da supplire; ulterius, se le Signorie Vostre manderano an-chora mille scuti, haverò da dare la paga a le altre compagnie, lo tempo de le quale finisse a li XXIIII del presente. Tuto il resto vano a lo primo de Jennario, tra lo quale tempo Vostre Signorie poterano cum più loro commodità dare provisione a Io compimento de ipsa paga et io più distentamenti le advizerò de quanto sera il bizogno de dicto componimento. Sed havendosi a dare bataglia a la terra et castello seria a proposito che, saltem a li XXIIII, se deise la sua paga a li altri, perciochè aliter mal se potereivamo valeire de dicti soldati in tal effecto et usque nunc tuti dicti soldati molto stano fredi et resteivi ad non metersi a nissuno periculo, dubitando non ghe correse la paga ; tute queste cose mi dano molestia et invaghimento; seando maxime hodie sopravenuti li cinquecento guaschoni, li quali iam se erano calati de verso la Turbia et se non se li fosse facto resistentia era dubio non intrasseno denti o, et tal caxone etiam (Im) astallato che la artagliaria non se sia questa nocte mandata como se era ordinato; sono stato cum lo 486 Anno l5o6 custode deputato per le Magnificentìe de li quattro deputati, per intendere in che essere erano le munitione mandate per ipsi quatro, de le quale habio portato lo inventario et summarie me ha dicto che de le capse XXXVI de veretoni mandato non ghe ne resta più che capse septem, item che de lo carratello de lo filo da balestre non ghe ne resta più niente et che non ha possuto prove-deire ad alcuni ne requiriano ; a queste doe cose, id est veretoni et filo de balestre, est necessario Vostre Magnificentie presto la-ciano provisione saltem de uno carratelleto de filo et de capse viginti de veretoni, anchora che me sia. parsuto molto absuido che non seandosi anchora facto fato de arme siano consumpti tanti veretoni et filo. Lo custode se scuza che le ha consignate cum polise de li commissarij et credo che sia stato havuto poch.o ordine, lo quale mi storsero, quanto poterò, adrisare et corie-ghere. Lo bombarderò dice etiam che bizogna le S. V. facia no anchora provisione de cantara quinquaginta de polvere, perciochè dice se ne haverà de bizogno, maxime adoperando tuta la arta-liaria ; la quale se rimandò la, non obstante la vegnuta de li gua-schoni, se est deliberato de piantare in lo ihardino presso lo castello ; in questo punto expedisco la barcha cum trei canoni de li nostri e li soi feramenti e domani se manderano quelli de Piza cum el resto, maxime che non pare se possia estimare la vegnuta de ipsi guaschoni, li quali, se dice, sono gente de vii condictione e alio non apparente ; speremo de conducere le cose a bono termino, e anchora che lo governatore de Nicta habia beri uzato molte parole minatorie, corno più diffusamente de tuto le Signoiie Vostre serano advizate, pare che hodle alcuni altri de Nicia ha-biano dicto che starano neutrali e che per loro non sarà dato impedimento a le cosse nostre E se manchasseno le provisioni se dice se prepareno per lo duca de Savoia, se può sperare non debia manchare se debia presto vegnire a lo intento nostro. Et in omnem eventum, estimando, secundo dice lo capitanio, che debiano manchare de li fanti mandati, lauderia Vostre Magnificentie, possando presto haverne qualche numero de boni, che Documenti presto li expediseno, li quali laudo più presto siano forestieri quam terreri, perciò che de terreri non se può haveire nè obedientia nè timore e questo se experimenta in li fanti facti per li Magnifici commissarij, de li quali, per quello sento, mal si può provedeire ad alcuno bisogno; non esprimo lo numero, perciochè a una simile impreiza non può essere tropo grande, anchora che mi grave la speza. Mi est dispiaciuto la vegnuta di d. Augustino de Castillione, cum lo quale sopra Santo Romulo parlai e m3. XXIX. Lcllera de; commissari al campo ai deputati per l’impresa di Monaco. ( Tradimento del capitano Famiglia - Minacce gravi dalla Turbia - Indisciplina nelle truppe genovesi - Richiesta di viveri). Dal campo presso Monaco, 20 dicembre i5o6. Magnificis et generosis d. Baptiste de Cavo et sociis deputatis etc. (indiriii0 a tergo). Magnifici et generosi domini, ogi ad hore XXI in circha con le poste se è scripto il bisogno a le Μ. V. le quale havemo avi-sato de quello ne ha fato il Capitanio Famiglio con la sua gente, le quale non solamente ne sono vinuli a servire corno ne ha-vivano promisso, ma sono vinuti chi a la Turbia con il filiolo di monsignor d’ Aiegre. Facta qualche dimostralione per voleire intrare in Monacho, il che non è sequito, la causa non la sapemo se sii non se siano alegiuti per padura di nostri, li quali pure se sono dimostrati de obviarlo, 0 che non habiano ordine de intrare et che stagando chi a la Turbia ne debiano temre sotto maior timore, la qual cossa poria pur esser et precipue s’el fusse vero quello che dicano che aspelano altre fantarie, le quale dicano lij habi a mandar monsignor di Seranno verso Documenti Provenza, ultra alchuni piemonteixi lij à da mandare la excellentia del ducha, le quale cosse se fussano vere sarebano da estimare; pur sino a quhi, per quelle spie havemo atorno, non intendemo cossa alchuna di fermo; et per questo, como havemo scripto, haveriamo accaro V. M. volessano haver modo intendere e ne le corte cossi de Sabaudia.de Milano et anche in quella del signor Iohanni Iacobo da Triulsi quello si fa, et dami avviso solicita-mente de tutto quello sij sente, o vero ordinare a quelli ^lij sono per voi, ne diano aviso et noi per parte nostra se darremo luoco di continuar più le spie quanto poteremo; tamen troviamo male persone se non per queste circonstantie. Per la qual cossa non dubitate che la brigata nostra è ristata molto invagita e questa seira tutti questi capi de le fanterie sono vinuti a tro\ ar il signor Capitanio et noi, a protestami che non volano tirasimo la ritaliaria nel zardino, dove havivamo deliberato di metterla, e mettandogela se anderano con dio. Guardate donde siamo, et per certo, se questa benedeta paga non se gli dà como per gli altri se è data, non faciano qualche inconveniente; per tanto supplichiamo a quello vogliano far questa provisione più presto si potc et ancora mandarne li fanti ordinati et più numero o manclio secondo intenderete sarano queli ne hano ad venire in contio, li quali fanti sono chi a la Turbia, cioè li capi loro et precipue il lìliolo de monsignor de Alegro fano gran minasate digando hanno lettere da la Xrislianissima Maiestà del re nostro che ni-guno subdito suo, sotto pena de soi beni, non presuma dami adiulo ni favore alchuno et cossi altre lettere del Duca di Sa-baudia per li soi subditi. Le quale parole fano butar voluntieri per far padura a li soldati nostri. Le Μ. V. como avisate et prudente providano quello gli pare et noi per parte nostra faremo quello poteremo e sarete avisati. — Et perchè essendo de inverno et li tempi cossi per mare como per terra se po-triano facilmente goastar e venirni a manchare le victualie et precipue pane, voriamo'aricordar ne facistini provisione di cantala ducento di bischotto chi sia bono e qualche carne salata 496 Anno l5o6 de queste fresche, perchè de detta carne habiamo grande ne-cessitade, essendosi quasi serrato il cammino di queste montagne, donde pur ne capitava qualche poche; ancora barrili XX aut XXX da vino chi siano bone perchè havemo dificultà far conducere dicto vino dal luoco dove stano le barche per fino al campo dove sono eircha miliara doa et ultra vorriamo sachi cinquanta grande per mettere lo pane et conducerlo da le barche al campo, etiam qualche dozenne di coffe perchè non ge n’è più, mandando tutte le prediete cosse per una barella con la quale vi piaquirà mandami una persona fidata chi ne liabii cura speciale, non altro. Le galere le quali sono ogi venute verso le cii costantie di Villa Francha li patroni ne hano dicto come il gobei nator di Nicia gli ha facto dire liberalmente che intende ha\ eii guerra con noi sì che da ogni banda sona gran suspi-tione. Siamo a li comandi de le S. V. prestantissime. Data ex castro nostro contra Monachum die XX decembris l5oó, hora Ili noctis in circha. Mandiamo a posta per queste lettere con la presente barcha di Camoglij, con la quale piaquirà a dami risposta expediendolo più presto serà possibile. D Μ V fideles Paulus Baptista Iustinianus et socii commissarii excelsi communis Ianue. XXX. Lettera dei commissari al campo agli ufficiali della ‘Balia. (Consiglio generale al campo — Domande di munizioni, vettovaglie, materiale ed uomini — I Monegaschi e le truppe della Turbia con un'azione combinata permettono l'ingresso di rinforzi in Monaco — lnettitudiue delle milizie rivierasche). Dal campo contro Monaco, 22 dicembre i5o6. Magnificis et prestantissimis dominis officialibus baylie excelsi comunis G-enuo. — Via terrestri. (Mirilo a tergo). Documenti 497 Magnifici et excelsi domini nobis collendissimi ; hieri seira ad hore IIII di note se è habiuto per via de le poste una de le M. V., cioè de d. Baptista et compagni, facta a di XVIIIJ di questo, hora prima noctis et una altra in questo ponto havuta da le S. V. per mare, facta a di XX, a le quale brevemente di sotto se farà risposta al bisogno et se manderano duplicate, ciò è una per le -poste, l’altra per la via di mare a ciò non manche le S. V. lij habiano presto. Siamo con gran admirazione a quello tempo non siano capitate le lettere nostre con sit che per noi ogni jorno, al mancho una volta, se scrive e da zorni IIII in qua havemo mandato doi leudi a posta, parendoni il tempo del mare ad aptato, ultra quello se vi è scripto pe le poste, a le quale non sij è mai manchato como se dice di sopra. Noi dal canto nostro circha questa parte non possiamo far più de quello faciamo se non scriver per ordinario una volta il zorno et quando fusse il bisogno più, et mandarli per le vie ordinate per le S. V. E’ vero che questi zorni scrissemo a quelle ne providessano ancora de fanti cinquecento a li quali havemo visto la provisione data , poi ogi siamo stati con il signor Capitanio, il Magnifico d. Pietro Gambacurta et con noi era d. Gasparo de Ogoano (sic) et Lodixio de Belvey e fatolij notticia di questa nova provisione de questi fanti cinquecento et d’ogni altra cossa che sii stata per noi richesta subiungendoli che, se bisogna far altra cossa per noi per parte de le S. V., se dica yharo et presto, ad ciò che in la vinuta de questi fanti se possa virilmente exequirne questa im-preisa per la qual siauio venuti. Et tracorso ogni cosa tra noi, considerando essere chi (qui) a la Turbia da fanti seicento avantieri nitro questo luoco de Monaco, volendolo stringere ad ciò la aretaliaria (sic) nostra sij possi meter al luoco deputato è necessario metter qualche fantaria da la banda di là da ponente, etiam qualche altre tenirli sopra questi monti, a ciò che de lì non si possano calare et darai impedimento. Ultra bisogna pur che chi al Campo ne sia maior numero, sij per goardia de la Anno ΐ5θ6 aretaliaria, sij etiam per dar la batalia quando sarà il bisogno. I ei la qual cosa, omnibus consideratis, a loro è parsuto et anche a tutti noi, donde chi a lo in contro non capita altra gente de questi seicento aut settecento capitati, volendo haveiie honore di prendere questo luoco, ne bisogna haveir fanti tre milia pagati, con li quali questi signori sperano, con lo aiuto de dio, dovere fare bono et presto fruto; che, facendo altra mencte, dubitano non sij cossa longa et speixa perduta, et poi le cosse se anno a far, è inelio far presto in uno trato quello s’à ad affare, et non aspitare nè induxiar più perchè como le S. V. dicano il tempo patria parturir molte cosse le quali sariano contraile, et per questo rispecto havemo voluto avisare le S. V. de quello occorso tra noi, le quale como prudente providerano a quello li parirà di bisogno, ricordandovi sopra tutto, crediamo non sij necessario che quello sij a affar sia. presto facendo tutto a ti o-vare qualchi fanti frosteri se è possibile, ma non trovandone et per non dar induxia a la cagione, siano de nostrali, ciò è de le podestarie, pregando le S. V. vogliano advertir de prendeie homini chi siano boni et che stiano ad obedientia et sopra tutto fugir questi bravi et tanto passionato di parte, cossi di 1 una como di l’altra et per conclusione si lacia al mancho male si pò. non essendolij molesto dinotami quello haveruno deliberato di fare. Le cosse ne haveti mandate con il presente laudo se farano recevier a quelli ne haverano cura et di quello a li iornata, se bisognerà ve ne daremo aviso, ricordando non manche la summa di polvere ricordata non obstante quella havemo havuto perchè se ne è consumito asai al tirar di queste bonbarde, et di pa-satori non manche la soma ricordata et anche più et maxime crescendo il numero di balistreri cresciuto et per crescere. Di nuovo si afferma le S. V. ne faciano provisione de le victualie ordinate et non manche più tosto più soma che mancho et più presto che si pò, con le quale voriamo da tavole cento da ponte et pessi cinquanta di tavoloni per mettere sotto Documenti 400 a la artalaria, de quale ne havemo facto cerchar a Ventimiglia et a questi loci circonstanti et non ne havemo trovato; per tanto é necessario le S. V, ne faciano provedeire el anche se fusse possibile de qualche boni pessi di legno per fare cosse a le icite de la aretaliaria perchè se n’è pur rotto qualcheduna, chè queste sono fatte per la aretalaria di nave sono molto fragile. Hyeri , passato mexo iorno , questi fanti chi sono chi a la Turbia feceno dimostralione di voleirsi calare et ve-nerono sino, chi presso, et per li nostri glij fu facto resislentia, facta uno poco di scharamussa tum non se asbasarono molto el infra questo mezo, verso la via da ponente chi vene da Xicia in-trareno nel dicto luoco di Monacho da fanti L.“ per fino in LX homini tuti yhopetieri et balistreri mandati, per quello havemo inteixo, per il signor Iohanni Iacobo da Triulsi, pagati in Milano el circostantie per salineri corno factoeri di domino Ansaldo de Grimaldo, con li quali etiam è intrato monsignor da la Motta et Manuel di Gatera, li quali hanno havuto poi chi il resto de la loro paga dal veschovo di Grassa il qual non si parte da Nicia et da la Torbia. Il qual veschovo anchora à dato a questi fanti av- vatureri schuti II per homo. E’ vero, per quello intendiamo, molto di loro non lij anno voluti, ansi intendiamo cridano et minasino et di quello sequile-rà le S. V. serano sempre avisato ; per la qual cossa al signor Capitanio et a tutti questi Caporali et contestabili del campo è parso, et ancora noi, de levar una parte di questa aretaliaria et pi. cipue la grossa et ricarrigarla nel barche, lassato al luoco solito pessi VI de la più picola. La qual cossa se é tacta a doi disegni: il primo perchè quello non era il luoco dove dovesse stare; ansi bisogna meterla nel zardino a presso a la terra ; il secondo che avendo affare scharamussa con questi tanti o„ni zc no, corno crediamo, non havendo tanto agoardar, se potremo meglio valeire de la brigata quando fusse il bisogno. Havemo havuto piaceire la deliberatione de la venuta di <1. Theramo di Baiano et Bernardo Castilione li quali aspitemo con 500 Anno l5o6 gran desiderio precipue per questa benedecta paga senza la quale, conio per le altre se é dicto, non è possibile fare alcuna cossa bona et poco valeno promissione per noi si facesseno che ad uno modo o 1’ altro dieta paga se lij darà quando bene si prendesse il luoco et per conclusione bisogna si faccia tal effecto. La vinuta di d. Gasparo de Franchis et Raphaello de Turri è stata necessaria precipue per le victualie et etiam per le gente de le rivere, de le quale siamo molto male serviti et ancora ne habiamo mandato qualche soma da loro; se serviamo poco, perchè. como sono giunti chi, sopravenendo la nocte, se fugiano per via di questi monti, et quelli che lij restano, como sentano tirare uno corpo di bonbarda, restano talmente pauritti che non è possibile metere a fare alchuno servitio. E’ vero che de qualche pochi con le arme se siamo serviti, a li quali habiamo missi a le goardie a questi monti et per ciò che di sopra habiamo aricurdato el mandare di là alchune provisione per la aretaliaria a ciò che meglio sapiano quello anno a mandare. — Mandiamo inclusa la copia de la lista a noi data per li ingenieri, pregando a le S. V. che a le cosse richerano se lij facia presta prò visione. Insuper cossi cossi (si;) como havemo ordinato li dinari per la paga, la quale sij universale etiam compreixa quella del M.co Capitanio et de Petro ; laudiamo etiam et confortiamo che faciano bona prov:sione de dinari per provisione del campo, per ciò che continue occorreno de le speixe asai, per le quale siamo in debito como il sopradicto d. Lodixio claramente intende, et non altro. A le S. V. se aricomandiamo et etiam il signor Capitanio. XXII decembris l50(5, hora XXI11 in circha, ex Castris nostris contra Monachum. E. D. V. humiles servitores Paulus Baptista Iustinianus et socij commissarij. Diversorum Communis Ianue, Filza 63. Documenti 501 XXXI. Liti li a degli Anziani di Genova al governatore di Savona. {Gì avi lagnante per lagnarsi dei nobili contro l'impresa di Monaco. / Genovesi non hanno alcuna intensione di muovere contro Savona — Dono di tre doline di lancioni) Genova, 27 dicembre 1S06. A Monsignore Illustrissimo de Aiegre, Monsignor Illustrissimo, Vidiamo esser congregati a Saona grande numero de nobili e per quel che intendiamo a la giornata, per loro se va facendo de le opere contrarie a lo pacifico del stato de la Maestà del Re e la quiete de questa cità e sono de sorta che tengano suspeso li animi a la cità, quale la prefata Maestà desidera si reduta in bono riposo e quiete, e, quando dicti nobili ancora loro volesino questa quiete, venirianoa casa loro, cossi corno sono stati confortati e inducti. E tra le altre cosse siamo certificati che cercano de dare ogni adiuto e favore a lo occupatore del loco nostro de Monaco e impedire quanto possano questa nostra impresa contra il dicto loco, tanto iusta et honesta et tanto desiderata se poteria dire da tutto el mondo, per noi facta con saputa del Chi istianissimo Re nostro Signore e del suo qui Locumtenente. E ultra di questo pare che la Signoria vostra habia scripto al dicto nostro Locumtenente la nostra intentione essere,recuperato che sia lo dicto Monaco,de voltare el campo contra de Saona, el che è tanto alieno da la verità quanto el celo da la terra e se maravegliamo che sia in'ellecto alcuno chi possia havere simile opinione chi è contra ogni rasone, che noi debiamo oppugnare loci subiecti nostri e a la Maestà del Re, de la quale noi siamo subiecti e vogliamo essere e ultra, corno intende vostra signoria, s’è facto tale de-mostratione novamente verso saonesi a contemplatione del nostro Santo Padre che tale pensamento saria a quella tropo contrario e tanto più avendo apresso sua santità li nostri oratori e se per tale opinione, chi è vana corno vedeti, la S.ria V. havesse facto qualche spesa, confortiamo quella a non andarli 502 Anno l5o6 apresso supra la fede nostra. Ancora confortiamo a tener modo con la prudentia vostra che dicti nobili se vogliano abstenire da queste loro machinatione tutte contrarie al pacifico de questa cità devotissima del Re suo signore, et che facendo, farà cossa chi piacerà multo a sua Maestà e a noi sarà multo grata. E quando pur non si volessino abstenire da simili opere, saremo sticcti a dare remedio contra de loro e loro cosse quel che indicheremo essere più accomodato. Data Ianue die XXVII Decembris l5o6. E poi n’è stato referito che a uno homo vostro è stata facta difficultà al levare de qui due dozene de lansoni. el che inteso, subito abiamo ordinato ne sia carricato in la prima barca tre dozene, de le quale vi se ne fa uno picolo presente, e se vostra signoria altro bisognia, o per munitione de le castelle, o pti suo commodo particulare ne troverà semper a ogni sua complacentia aparechiati. E a quella piacerà far dare la nostra lettera a li antiani di Saona, dando aviso. Diversorum Communis Ianue, Filza 63. XXXII. Lettera dei due supremi commissuri agli «olimi officiali della Balìa. (Primo bombardamento di Monaco e furiosa difesa degli assediati — / genovesi impensieriti chiedono munizioni,'guastatori e bombardieri). Dal campo di Monaco, 2 gennaio i5o7- Magnificis et prestantissimis dominis Lazaro de Francois et sociis olim officialibus Balie nohis observandissimsi. (Indirigo a tergo). Magnifici et prestantissimi Domini. Per le ultime nostre, quale credemo al presente le Signorie Vostre harano havute, havemo scripto a quelle ad plenum ogni cossa si era facto et quel che speravamo di fare, como credemo hareti veduto. Ileri a mezo iorno hebemo lettere vostre de XXX preteriti et visto quanto ne haveti scripto ne he piasuto molto intendere maxime la caldesa de tuia la terra a questa impreza et altre cosse in epse lettere se conte- Documenti 5θ3 neno. Iiavendovi scripto quel che alora vi scripsemo, adeso vi diremo che havendo noi facto fare li ripari al piano et havendo piantato la artagliaria apreso le mure, questa matina de hore tre o quatro anti iorno ha cominciato a fare bene suo debito, taliter che facendo grande processo dava grande alegresa a tuti, et tirato che Iia avuto da XXV perfino in XXX corpi de li quali niente ne andava a malie, quelli de la terra chi sono bene forniti anchora loio de artagliaria hano tirato quella al traverso de la nostra et comminciato a fare ogni loro possibile, per il che, passando li ripai i nostri et per la prestesa et copiosità de loro tracti, hano pur inoi to et ferito qualche bombarderi et altre persone quale erano deputate sopra la nostra artagliaria, taliter che nè bombarderi nè altri hano più havuto ardire di stare ne li dicti repari, et ulterius hano rupto doe rote de le carrete nostre. Li repari sono stati mancho forti che ne pensamo ; questo ha cauzato lo manchamento de li goastadori, de li qualli niente se semo potuti servire et quasi de dicti repari et tirare de la nostra artagliaria he stato facto per li soldati el altri de le compagnie vegnute da Genoa a li quali, per mancho malie et havendo noi grande necessità, è stalo bizogno fare qualche subventione et con grande faticha perchè diceno essere soldati e non sapadori, sichè vedeti la commodità ne ha facto la riviera nostra quale più presto ne ha cauzati ogni malie, attento che venendo loro non duravamo faticha a fare altra provisione, parendone loro sufficienti. Trovandosi adeso dove si trovemo, dexi-remo si facia nocte per podar fortificare dicti repari et aptare dicte rote, et cognoscendo noi ne lo periculo si trovemo, havemo dato ordine a tuti quelli goastadori he stato possibile per li nostri denari, et ultra havemo dicto al magnifico capitanio che, trovando qualcuno de li soldati qual voglia questa nocte servire per goa-st idore circa dicli repari, noi li pageremo bene, et se li he offerto uno testone (l) per ogniuno; ne ha dato opinione di trovarne, tamen (i) 11 testone era una moneta d’argento che in quei tempi aveva il valore di odierne L.it. 2,65. 504 Anno l507 ne costerano bene; in questo non bisogna agoardare a dinari, es-sendogi la necessità. Per unde, magnifici domini, dubitamo grandemente chf la cossa non sia più longa che non pensavamo; an-deremo a preso et in niente per parte nostra si mancherà. Lo loco he forte e bene (/'//) ordine, molto più che non extimavamo et non si po’ asediare che non si entrano e escano gente maxime de verso lo porto, stagando le nostre galee e brigantini per maiori parte a Villafrancha, attento che de qui se levano per ogni pocha suspicione de tempo. Li brigantini ne fano tanto quanto se non li fosseno. Noi, como già vi havemo dicto, havendo dato la paga a li soldati non havemo più denari : provediate attento che ne he necessario fare di continuo diverse speze et cognoscendo noi, per le cosse diete di sopra, questa impreza essere più longa che non pensavamo como voi ancora podeti judicare, consideremo che sono qualche compagnie de questi soldati, la paga de li quali linise a li XV del presente, quali forsa anci trei o quatro iorni de la line de la loro paga vorrano l’altra, il che non se li poterà manchare et dandola a loro semo certi li altri ancora loro la vorranno et per il bisogno si trovemo forsa; sera necessario etiam dargela a loro : ve ne avertimo acioehè bizognando la possiate haveire in ordine perchè li soldati non voleno parole et al presente non manche ne mandiate per le speze diete di sopra havemo facto e fa-cemo di continuo. Item facti fare presto quatro o sei rote bone e ben chiavate. Item non si può falire a far fare perfino in cento balotole de ferro, perchè, non adoperandosi, se poterà sempre rendere a quelli de Pisa; item mandiate barile XV perfino in XX de polvere; item capsie trenta o quaranta de veretoni, attento che havemo assai balestreri quali sono malie in ordine de corde et saitame, a li quali b'zogna provedeire. et etiam mandate del filo da balestra et questo quanto presto sia possibile a ciò che lo manchamento de diete cosse non fosse causa di farne differire in cossa alchuna, de le quale cosse d. Lodisio de Beveri vi scriverà opportune. Noi uzemo et uzeremo ogni dilligentia et Documenti 5θ5 celerità possibile cum conseglio del magnifico capitaneo et mons. Petro Gambacurta, qualli, corno già scripto vi havemo, in le nostre cosse se deportano tanto bene quanto dir si potesse. Maistro Ambrosio Gioardo, come etiam vi havemo scripto, se passa molto fredo ; non sapiamo s’ el facia aut per non sapeire , aut per vilità de animo ; ghe havemo dicto et dicemo quel ne hè parso al proposto ; haverevamo facto altro, ma vedendo che havemo de li altri in questo campo chi sono sufficienti et experti in quelo epso maeistro Ambrogio doveria fare, et per altri re-spccti quali ne moveno, et vedando che non si mancha di far lavoro, la pasemo cossi. Bisogna aduncha ne provediate de qualche boni bombarderi et non manche, perche ne bizogneno, attento che tra morti e feriti sono sei, de li quali niente se pos-semo valeire ; se se potese haveire quelo de castelieto et etiam maestro Andrea Merelo de Sestri, saria a nostro grande proposito attento che, secondo intendemo, sono sufficienti, et per avizo de le Signorie vostre vi faremo intendere che ultra li CCCL scuti havemo prezo in presto, ne semo in debito de più de quatro cento, per unde, corno dicto vi havemo di sopra, bizogna ne provediate de più summa sia possibile et teneti in ordine la paga aciochè bizognando re;terare dieta paga la sia qui de quatro r» sei iorni avante et per questo non si habia a diferire. Et perchè cognoscemo l’impreza essere grande et li bizogna fare et ordinare cosse assai, ne avertimo le Signorie vostre aciochè paren-doni al proposto ne possiate pròvedeire de qualche altre persone, che siano in nostra compagnia, cossi cerca lo auxilio, como lo consegio, et de questo vi ne faremo grande instantia. Havendovi scripto per diete nostre che speravamo di haver celere victoria semper che la artagliaria lavorasse, lo havemo facto per la bona opinione ni dava lo magnifico capitaneo , maestro Ambrogio et altri maistri de artagliaria. Pur lo successo per fino a qui he stato et è, corno dicto vi havemo, tamen havemo speransa ; questa nocte fortificheremo li repari et la nostra artagliaria serà sicura e poterà fare opera- 5oó Anno l507 tione. De li denari de Vintimiglia, cioè del processo de li grani et furine sono apreso de Io. Bapta de Ihuvari, non bizogna se ne faciamo concepto alcliuno al presente, attento che avanti clic siano retracti ghe vole tempo assai. De quelo semensa ne haveti avertito cercheremo de intendere il vero et li daremo la provisione opportuna. Per li continui bizogni de li feriti vi preghemo ne mandiate le cosse se conteneno in la lista qui incluso. Iero-nimo de Clavaro se est partito de qui, non però cum nostra licentia et non ha saldato le partite cum domino Lodisio de Bervei, lo qualle trova errore de più de libre CCCC, perciò facte ogni modo eh’ el mande le partite scripte di mano d’epso d. Lodisio. S’el non si scrivesse così ordinatamenti, habiate respecto a le grande pene et travagi nostri. A le Signorie vostre si ricomman-diamo. Ex castris contra Monacum, die 1] Ianuarij 1507, hora 1J noctis. Theramus de Baliano et Bernardus de Castillione Diversorum Communis Ianue, Filza 64. XXXIII Lettera di Luigi di Bervey agli officiali deputali all’impresa ili Monaco (Cenni sulla infausta giornata del due gennaio — Gravi cure per le paglie — Richieste di denari, munizioni ed uomini). Dal campo di Monaco, 2 gennaio ι5ογ. Magnificis et prestantissimis dorninis officialibus Balie constitute super rebus Monaci dominis meis observandissiinis. (Indiri^o a tergo). Magnifici et prestantissimi domini observandissimi: Anchora che creda le Magnificentie vostre debiano essere da li Magnifici commissari advisatc de tuto quello est usque in hanc horam seguito, et etiam io per le ultime lettere mie ghe abia dato advizo de quello se era seguito, per essere de poi subseguito qualche novifade ine-spectate, darò de quelle et de quello est seguito, qualche advizo, Documenti 507 semper reportandomi a quello scriverano dicti Magnifici commissari!. Heii in nocte, Magnifici domini, se tirò a loco tuta la artaliaria cum tuti li apparati necessarij et etiam furono facti li repari parevano opportuni et questa matina cominciorono a tirare e faceva grande processo, ita che, se non seguiva lo impedimento dato a li ripari, sperava in breve tempo se poteva intrare in pensamento de ordinare la bataglia. Sed habiando preparato quelli de la terra la loro artaliaria a lo opposito de la nostra e de ripari, contra li quali hano tirato e continuamente tirano per havcire trovato li ripari debili, ghe hano facto grande disconcio e amasato quatro bombarderi e altri ministri, ita che est stato necessario desmetere de tirare e aspectare la nocte per poteire rifare e fortifichare dicti repari. Tal incommodo est seguito perciochè estimando de potersi valeire de grande numero de guastatori, se siamo trovati cum pochi e fere nissuno, ita che fue necessario conducere de li soldati de lo campo, cum dare ad ogniuno doi cavalloti, et pel-essere pocho numero non potemo fare quello seria stato necessario. Il simile convene fare questa nocte , perciochè, non pos-sando haveire guastatori, est necessario questi Magnifici commissarij habiano promisso uno quar'o de ducato (1) a tuti quelli se vorrano exponere a tal bisogno. Et spero pur se debia questa nocte provedeire a la refectione de dicti rippari. talmenti che la nostra artaliaria lavorerà et non seguitando novo impedimento, debia presto fare bona opera sed, Magnifici domini, per li incommodi seguiti et quelli poteriano seguire, et per essere questa impresa più difficile e dura non estimava, dubito non sia più longa, et per conseguenza che bisogna anticipare lo tempo et preparare le provisione necessarie, de le quale facio particulare mentione, quamvis se habia a questi Ma- li) Il ducato era una moneta d’oro del valore di odierne L.it. 12, 147; il quarto di ducato doveva dunque valere all'incirca L.it. 3. Perciò v’è poca dillerenzn fra il testone che i commissari avevano offerto ed il quarto di ducato che il Bcrvey dice essersi stato promesso. 5oS Anno 1507 grufici commissarij memorate. Et in primis, Magnifici domini, indico essere necessario le S. V. habiano parato li denari per dare una paga a questi soldati, perciochè considero che a li X\ del presente finirà la paga ad alcuni de loro, a li XX\ a la maior parte, e lo resto a la fine; sed, Magnifici domini, se sono facte molte speise et continue se ne fanno assai, in le quali se consumano denari assai, perciochè a tuto conviene provedeire cum la puncta del denaro et bisogna, in simile tempi, stare subiecti in molte cose etiam indebite a lo voleire de soldati, li quali tuti se estimano e voleno additione ita che est una morte; c non prendeno a male simile arricordo, perciochè, vogliando V. S metere a line questa impreiza, la quale est de la importantia V. S. intendono, bisogna antivedeire et preparare quelle provisione pareno necessarie, tra le quale lo denaro est la potissima; preterea, corno habio scripto a V. S. et a li Magnifici quatro deputati, a li quali questa supplirà, de la quantità de le polvere conducte et mandale per questa impreiza, se ne est consumpta una grande parte e se lo tirare de la artaliaria dovesse essere longo, de che pur dubito per essere lo loco in grande fortesa, per questo iudico essere necessario fare maiore provisione de polvere, de le quale, quando \ . S. ne provedeseno de cantara quadraginta, non la iudicharia excessiva. Il simile dico de veretoni de li quali li .Magnifici quatro ne hano mandato capse viginti, sed considero che est a proposito haverne semper qualche capsie per respecto ; se est facta la revisione de le balle de ferro restano e trovemo ghe ne poteno restare da tirare usque in Io numero de CCXXX grosse e de XXV usque in XXX de pichole et continuando lo tirare se ne con-sumerano asai e per questo laudo vostre Magnificentie quam citius ne faciano preparare cento, le quale ad ogni modo supph-rano a la restitucione de quelle de Piza. De quelle de pctra se ne ha provisione et li scopelini cuntinue ne fabrichano ; etiam est bene mandeno anchora una barrile de filo , perciochè li ba-lestreri sono grande numero et seando vignuti cum le corde cati ve, bizogna quasi a tuti rifarle, quamvis se uze in la distribu- Documenti 5og tione ogni streiteza et persimonia; sed superomnia V. S. faciano provisione de qualche bombarderi, perciochè, seando finito quatro de li megliori et feriti, bizogna farne bona provisione , maxime che de quelli conducti per Maestro Ambrogio non se pos-semo valeire, aut de pochi e quando ne potesemo avere qual-chuno de evantilio, laudo le Magnificentie Vostre lo conduchano. Questi magnifici commissari non ometeno cosa alcuna a la exe-cutione de questa impreiza e di e nocte se exponeno in le cose necessarie, non perdonando a pericoli nè a fatiche. Il simile fano il magnifico capitanio et domino Petro, a li quale laudo V. S. scrivono qualche bona lettera et cosi a Dominico Greco lo quale vere la suo debito et se expone a grandi periculi. Per havere la artaliaria de Monacho rote doe rote serà necessario V. S. ne mandeno doe aut tre paria de le più forte poterano trovare: A le quale semper mi arricomando. Ex castris Monachi, dic II Januarij 1507, hora II noctis. E. Μ. V. Servitor fidelis Lodisius de Bervey Diversorum Communis Ianue, Filza 64. XXXIV. Lettera dei due supremi commissari agii « olim » officiali della Balia. (Le artiglierie sono rimosse dalle loro posizioni — Incetta di guastatori per ricostrurre i ripari — Truppe genovesi occupano i monti sopra Monaco — Scaramucce coi soldati della Turbia). Dal campo di Monaco, 4 gennaio 1507. Magnificis et prestantissimis Dominis Lazaro de Franchis et sociis olim officialibus Balie nobis observandissimis — prima posta — Janue — expedita hora IIIJa noctis. (Indirizzo e indicazioni a tergo). A die VI Januarij 1507 ex castris a commissarijs IIIJ (nota a tergo del giorno in cui la lettera arrivò a Genova). Ò10 Anno l507 Magnifici et prestantissimi domini nobis observandissimi. Questa matina havemo havuto la posta cum lettere de le Signorie Vostre del primo presentis, qual ne hano dato grandissima consolatione maxime intezo la cità essere in bona quiete e tian-qu illa e cum bona unione et etiam tuta la auctorità esser i educta in monsignor nostro locuntemente et etiam attento che speiemo che, mediante tal ordine, ia nostra terra se reducerà al ben \i-vcrc, et etiam intezo de le compagnie ne mandiate e altre < osse p< r epse ne haveti scripto. Noi havemo scripto l’altra scira oidi-mtamenti per la posta del successo de l’impreza nostra, maxime de lo darmaglio havia facto la nostra artagliaria in le mure de Monaco e de lo damno poi facto per li inimici a li nostri repari. artagliaria e bombarderi, e ailrc cosse distincte, como per dicte nostre hareti intezo. Poi, per cautione de la nostra artagliaria, a ciò non fosse goasta per d'cti inimici cum loro attagliarla, essendo nostri repari quasi discoperti, quella havemo facto tirare e reducere in uno loco lì preso, nel quale loco sta secura e havemo quasi certo lo peso de Pisa e la nostra colum-brina non harano malie e poterano andare apreso a far loro debito, semper che serano misi al suo loco, e per far questo ne he bizognato condur persone del campo a uno quarto de ducato per homo, per quella nocte, attento che de niuno chi sia venuto de questa rivera, se semo potuti aiutare, nè per goastadori, nè per gente armata, attento che erano cum uno lansoto tanto et poi passati trei o quattro iorni da la soa venuta, se sono partiti. Questo he lo auxilio e favore ne hano dato ; noi non pos-semo fare cossa alchuna sensa goastatori, attento che per epsi bizogna si faciano e fortificano dicti repari talmenti che la nostra artagliaria posa batere le mure. Havemo mandato a Vintimiglia et ville per asoldarne sotto bono stipendio et etiam a iornata cum farli boni partiti ; non ho possibile ne possiamo haveire e credemo eh’ el proceda per esserne stato morto e feriti alchuni, quando si faceva li primi repari. Havemo etiam mandato per la rivera messer Manuele de Canale Documenti 5i l c scripto a messer Gasparo de Franchis et compagno comrnis-sarij, per farne provisione de talli goastadori perfino a lo nuniero de CCCCXX et ditoli che non agoardeno a denari nò faticha el bizognando che vengano perfino a Saona e più ultra ; no sapemo quello tarano ; preghemo le Signorie vostre vogliano vedeire se li, in quelli loci circonstanti, se ne potesse, trovare perfino in CC o CCC cum loro sape et badili tanto, e n.m goardare al spendere, e subito mandarli, perchè non ne possemo a mancho, nè fare cossa alchuna, cossi circa li repari como altri diversi lavo-rerij bizognano in uno campo; se messer Manuelo e domino Gasparo et compagno commissarij ne tarano qualche provisione, se adopererano e s’el no se poterà far tanto lavore , se ne farà mancho et in tuto quello poteremo e saperemo non perderemo una hora de tempo. Il simile havemo scripto a Jeronimo de Alsate, commissario in Albenga, et ditoli cossi a messer Manuelo como domino Gasparo et compagno et etiam domino Jeronimo che, possendone haveire la dieta somma, dagano avizo a vostre Magnificentie ; tamen quelle non ponno falire in dargiii qualche provisione, perchè non se ne pò haveire tropo. Havemo facto fornire li monti che restano sopra il loco de Monaco, quali segnorezano toto lo loco e de qui avanti speremo non li entre-rano tropo genie, nè usirano, e se pur intraseno aut usiseno, noi tarano sensa grande dilìcultà e periculo, il che non seguiva avanti. Per lo fornimento de quali monti bizogna le Magnifìcencie N ostre mandeno quanto più presto podeti LX archibuxi forniti et etiam mandati tute quelle munitione de le qualle vi havemo scripto, il che etiam se est scripto per domino Lodisio de Bervei a messer Baptista de Cavo e compagni, qual Lodisio fa bene e dilligentcmenti lo officio suo, cum grande tatiche e travagi, maxime attesa la età soa. Per tute le nostre vi havemo dicto che ne faciate bona provisione de danari, attese le continue et grande speze sono di bizogno fare ; per le doe vostre ultime non ne facte mentione alchuna, del che molto se scmo marave-gliati; per unde vi diremo che già semo in debito de ducati 512 Anno \50y Mille e più, quali havemo prezo hinc et inde in presto et di continuo bizogna spendere. Siche bizogna ne faciate provisione buona et celere, altramente iudichemo non poter sostenire questa impreza. Havemo tentato et temptemo de haveire anchora qualche bombarderi de verso Nicia e Villa francha et speremo di ha-verii, indicando quelli essere necessarissimi a questa impreza atteso che, corno vi havemo scripto, del numero havevamo ira morti e feriti sono sei, de li qu.illi niente se posscmo aiutare. Dicti archibuxi in loro fornimento, haitiano balotole assai ; aspe-eterno cum dexiderio intendere il Venerozo haver conclus > cum 10 Ill.mo Duca de Savoya quelo perchè he stato mandato, a ciò che de verso la Turbia possiamo quietare, avizando vostre signorie che alchune volte se calano a la scalamusa cum li nostri, 11 che beri seguite et de la compagnia de li speciari fo morto uno nominato Petro Francesco speciario et altri feriti cosai de loro, corno de li nostri, nè per questo intcndemo poter prendere alchuna fede de loro e bizogna stare cum li oyhi aperti. Xoi, corno vi havemo scripto, judichemo Pimpreza essere più longa che non speravamo, tamen lo fine essere bono. Non si manche le provisione requeste c issi de li denari corno de tegnire la paga aparegiata. Non diremo altro per non essere prolixi ; a la iornata de quello occorrerà se vi darà avizo, così preghemo quelle vogliano fare cossi de la quieta de la terra corno de quello harano da li nostri oratori, cossi de Franza corno de Roma; a le Magnifìcencie vostre si ricomandiamo Ex castris contra Monacum, die 11IJa Januarij 1507. Teramus de Palliano et Bernardus de Castiglione commissari! Diversorum Communis lanue, Filza 64. Documenti 513 XXXV. Il comune chiede ni duca di Savoia la restituzione delle merci tolte in Villafranca ad un genouese e vii dà prova che Genova desidera di rimanere in buon accordo con lui. Genova, 5 gennaio i5o7. illu. principi d. Carolo Duci Sabaudie nobis honorandissimo. IH. princeps nobis honorandissimo (sic). Per quosdam cives nostros nobis expositum fuit, cum superioribus diebus quedam navis ex Hispania veniens in portum vestrum Vilefranche divertisset, eam detentam fuisse et ex ea capta et in terram exonerata fuisse quedam bona et merces Philippo de Facio civi nostro spectantes, et cun interrogaremus ipsos cives nostros qua de causa Nicienses subditi excellentie vestre cum qua bonam amicitiam et pacem habemus, res civium nostrorum deliuerint, responderunt nullam esse causam et ob id remedium a nobis petierunt. Nos autem, his auditis, facile existimavimus hec preter excellentie ve-stre mentem perpetrata fuisse, que pro iusticia et bonitate sua vult ut in dicione sua mercatores et maxime genuenses libere venire et negociari possint. Quo circa rogamus 111.mam D. V. ut pro mutua amicicia et pace qua coniuncti sumus iubere velit ut bona ipsa ipsius Philippi ei ocius relaxentur et restituantur; qua in re longo sermone cum 111.ma D. V. non agemus quia scimus eam mutue pacis et amicicie observantissimam esse et noie ut genuensibus in dicione sua iniuria inferatur et nos quoque studemus ne cuipiam subditorum vestrorum hic iniuria inferatur et hodie cum intellexissemus quedam pecora quorundam subditorum excellentie vestre de Monte Regali detenta fuisse, ad instantiam quorundam subditorum nostrorum conquerentium quasdam merces suas Vilefrance impeditas fuisse, iussimus ut relaxentur et liberentur et ab omni impedimento hodie liberata fuere. Date die V.ta Ianuarii. Philippus etc. Consilium etc. Litterarum Reg. 48, lettera n. 2. 514 Anno 1507 . XXXVI. Lettera dei due supremi commissari agli officiali della Balìa. (Arresto del maestro bombardiere Ambrogio Gioardo a cui viene sostituito Andrea Merello — Colpe del Gioardo — Arresto di due nobili a S. Remo — La questione del sale da scaricarsi a Mentone — I guastato/1. Dal campo di Monaco, 8 gennaio 1907. Magnificis et prestantissimis Dominis Lazaro de Francis et sociis officialibus Balie , nobis observandissimis - Janue. (htdi-ri^o a tergo). Magnifici et prestantissimi Domini nobis observandi. Questa matina se s mo recevule le vostre per Maestro Andrea Merello de \ 1 presenlis, qualle ne sono state di grande consolatione e volentera havemo veduto epso Maestro Andria, e subito, havute diete vostre, bono modo, havemo posto Maestro Ambrogio Gio ardo su la gale) de Goano e subito mandato a ihamare lo bri gantino de Beneitino lo cativo, quale è andato a Vintimiglia. sopra lo quale havemo poi miso epso maestro Ambrosio e con quello vel mandemo, attento che ne he parso più seguro che mandarlo sopra lo leudo e havemo miso al loco dicto maestro Andrea Havemo visto quanto ne haveti scripto circa la Prcn 1 sione de le balle cento de ferro, quale attenderemo e speremo serano in tempo e etiam attenderemo d.cto Maestro Gregorio e interim non se perderà tempo alchuno e vi haveremo a caro a venuta de li comissarij ne diceti de mandare. Circa la provisione de li denari havemo visto quello ne haveti scripto primum, aspecteremo cum grande desiderio Antonio de Bervei cum li scuti MCC quali serano a tempo. Da Io. Bapta de Ihavari non ce he potuto haveire niente perchè non ha ancora retrac'.o denari alchuni. Havemo lettere da Ieronimo de Al-sate per le quale ne dice che brevi harà li ducati CCc-L da la comunità de Albenga e ne li manderà, et già ne scrive haverne pagato parte a domino Gasparo de Franchis, uno de li commissarij vostri de la rivera, per dare a li puastadori. Circa la paga, Documenti 515 como già vi havemo per altre nostre scripto, lenitila aparegiata, attento che dubitemo bisognerà darla, e liceret si potcse fare qualche cosa avanti; tamen non voriamo dare la bataglia sensa paga; questo dicemo per iudicio nostro, attente le parole audimo. Circa li fanti havutiequeli vegnirano, da d. Lodisio de Bervei le Magnificentie vostre serano distinctamenti avizate, al quale se referimo. Noi faccmo ogni instantia a li capitanei de le galee e brigantini a fare lor debito e talmente che non entrano alchuni in Monacho; pur vegliando li Beneitino lo cativo li potereti uzare le parole vi parerano al proposto. Havemo intezo quel ne haveti scripto del Venerozo e ch’el se resta perciò su le pratiche; haveremo a caro de quello seguirà ne diate avizo; havemo etiam havuto a piaceire de la bona mente del pontefice verso la cità nostra e de quelo procura di fare per noi cum la sacra Maestà del Re nostro, la quale il summo dio mande ad boni effecti. De quello seguirà, similiter vi preghamo a dare avizo. - Questo per risposta de diete vostre. Quelli de la Turbia ogni iorno sono a le mane cum li nostri e hogi se sono feriti da XXX in circa, (de li nostri ge ne hè stato uno tanto), quali, per quelo havemo potuto intendere, hanno havuto la paga da nobili. Similiter havemo intezo che avanti heri lo Gubernatore de Nicia ha facto fare una pubblica crida che ciaschuno da XVII per fino in LXX (anni) dovesse prendere le arme in mano e vegnire a la Turbia per defensione de quel loco ; tamen li voleva per offensione nostra ; li quali non lo hano voluto obedire dicendo che non voleno guerra con noi. salvo con comandamento del Duca loro. Vi mandemo qui inclusa una memoria di tuto quello bizogna maestro Andrea. Vi preghemo che cum quella celerità possibile, ne dati forma de havere presto quel che in epsa se contene, attento che se ne bizogna grandemente et sensa quelle, male se poteria adoperare la artagliaria. Maestro Ambrogio, molte volte da noi recerchato e quasi dal primo iorno per fino al presente, semper diceva 5ι6 Anno l507 haver ogni cossa in ordine de le cosse se requere in la memoria. Credemo epso Maestro Ambrogio haverne havuto bona provisione al suo partire : le Magnificencie vostre poterano intendere quel ne ha facto e de quelle farne dare bono conto e similiter de tuto quello ha havuto in governo, maxime che torono pagati lì nel suo partire molti homini quali poi a li servicij non se sono trovati, como de ogni cosa sera distinctamenti avizato lo Sp. officio di Monaco cioè M. Baptista de Cavo e compagni da dicto d. Lodisio. Li comportamenti de lo quale maestro Ambrosio mai ne sono piaxuti, e pareva che li facti e parole soe, quasi tuto tendese a diferire, et considerando noi quanto bisognavamo de prestesa e l’opera soa, se irizegnavamo cum preghi e promisione che, facendo il debito suo, sereva ben remunerato e vedendo alchuna volta niente giovare, ge uzavamo de le parole minatorie e tamen nihil ; qual sia stata la cagione noi posemo sapeire, aut procedese per non sapeire, aut per timore, aut per non voleire. Hogi havemo havuto goastadori alchuni et speremo domane ne haremo per lo compimento de CL perfino in CC, quali havemo con grandissime fatiche e quodam modo excess vi pagamenti. Havemo facto ihauiare qualche capi de le compagnie ul-timamenti vegnute, a li quali havemo facto intendere il bisogno de l’opera nostra, maxime circa li repari. Se sono offerii loro cum loro gente vegnire cum la sapa in mano a fare como li goastadori, mediante qualche subventione a loro promisa, de forma che domane a la nocte speremo, cum auxilio de Dio, de dare principio a li repari e fare cum tal celerità che presto haveremo dicti repari, quali vogliamo far talmente forti che ne faciano honore. Vi ricordamo a mandare li archibuxi forniti con le balote et altre cosse per noi et d. Lodisio commisse Havemo havuto doe lettere da li vostri commissarij de rivera quali diceno essere capitati a Sancto Romulo Pasquale Lomellino et Lodisio de Auria, quali, per le suspictione havute, hano I Documenti 51 η lacti astalare. Noi li havemo scripto che li tengano li perfino che le Mugnifìoentie vostre ordiuerano quel se doverà fare. Vi mandemo diete lettere aciò intenfiate ogni cossa et poi quelle poterano ordinare quelo vorrano se ne facia e interim starano li cossi detenuti. Le cosse per lo barderò (sic) vi requerimo l’altro iorno per la lista mandata, vi preghemo mandiate perchè ne havemo continui bizogni per li feriti et cossi un fiascho de siropo violato per dicti feriti e amalati, e sera cura de li Sp. ms. Baptista de Cavo e compagni. lleri he venuto qui Ceva de Bozolo qual ha lo governo del sale de Mentone e qual se conduce su lo ducato de Savoya, e ne ha requesto vogliamo dare salvoconducto a li mulateri chi vegnirano a Mentone a carregare dicto sale e similiter a doi vaseli, quali sono a Nicia carregati de sale per poter descirre-gare a Mentone. Noi li havemo respozo che, non havendo guerra cum lo duca de Savoya, non bizogna salvo conducto, tamen che sopra la fede nostra facia vegnire li mulateri a carregare e fare lo trafego solito, e similiter li dicti doi vaseli a descarregare dicto sale, e che non li serà facto danno nè nocumento alchuno, e de ciò non li havemo voluto fare scriptura alchuna. Le Ma-gnificencie vostre ordineno e faciano quello circa tal requesta li pare al proposito e ne dageno avizo de quello voleno se facia ; nec alia. A le Magnificencie vostre si ricommandiamo. Date iu Castris, die Vili Januarij 1507. Magnificenciarum vestrarum Theram us de Baliano et Ber nardus de Castiliono commissarij Diversorum Communis lanue, Filza 64. 34 \ I 5iS Anno l5oy XXXVII. Lettera ai commissari della Riviera di Temente con ordine di severissime pene pei disertori dal campo di Monaco. Genova, 31 gennaio 15o7. Philippus et Consilium, Spectatis viris d. Gaspare de l· rancis u(tro) q(ne) d(odori) et Raphaeli de Turri Commissariis nostris Amantissimis. Spedati viri nobis diarissimi. Noi havemo inteiso cum dc-spiaceire grande de quelle compagnie che si sono partite di campo contra ogni iusticia et consuetudine de guerra, et tanto più ne despiace quanto questo desordene et presumptione sia la più parte facta per nostri genoexi, li quali per ogni ragione dovriano stare più a la riga; unde ne restiamo cum tanta amaritudine clic dire facilmente non lo porriamo cum animo de dargli quelli ie-medii che merita la cossa, sia per punire chi ha contrafacto, sia etiam per dare exempio a li altri. Per questo havemo scripto una lettera patente a tuti li officiali de la rivera che, captando genti-che ritornano da campo sensa licencia in soriptis, svalixano et mitt.eno in camisa et li possiano procedere a dosso usque ad ultimum supplicium; et però che, quanto sia necessario la disciplina millitare et maxime la obediencia et timore in uno campo como è lo nostro, a voi debe esser assai notto, et stringemo et mear-regamo quanto sia possibile che avertiate se podeti dare di mano a qualchaduno de quelli che siano partiti, 0 partirano sensa licencia , della sorte che di sopra havemo dicto et tunc vogiamo et vi imponamo; primum li spoliati et lassiate nudi prendendogli quanto habiano, et quum voi ne apichate qualchuno per la gola, farete a noi cosa chara et cosi ve imponemo faciatc per quanto desiderati grattificarne; però che non vederne remedio altro me· gliore a tanta licentia e presumptione, nè vogiamo che gordalc (sic), che sia genoeze aut forestero et più caro ne sarà uno nostro genovese che altramenti, per havere più fallito che li altri. Noi vi Documenti 519 confortdmo a fare da homini como vi reputemo, e per uno principale lemedio ad inquernare (sic) quello campo non se n’ è il megliore, advisandone de quello che farete. Data lanue die XXXI Ianuarij 1507, Litterarum Reg. 47, lettera n. 207. XXXV III. / commissari al campo danno notizia delle tristissime condizioni del- l esercito e di una scaramuccia con quei della Turbia. Dal campo di Monaco, 22 febbraio ι5θ7· Magnificis et prestantissimis Dominis Lazaro de Franchis et socijs olim olficialibus Balìe observandissimis. (Indiri^o a tergo). Magnifici et prestantissimi Domini observandissimi. Vedando de hora in hora succedere de le cose impensate e tale che quasi habiamo perduto el consilio, vedando subseguire tante traditione contra ogni raxone movute, et presertim da li nostri genoesi, perciò che habiando quello Lazaro Bacigalupo facto el primo errore de ferire el conte Bergamino cum tanto suo torto e car-richo, se est posto in fuga cum tuta la soa coirpagnia et redu-ctosi in Monacheto, de lo qual loco non he bastato solum andarsene lui con dieta soa compagnia, ma se ha etiam tirato a preso da homini CCC de quelle compagnie, ita che cossi corno credevamo che quella compagnia del Castellalo dovese fermarse fin a lì XXVI, corno havia promiso, etiam loro questa nocte, spreta promisione, se sono partiti cum tuta loro compagnia senza farne moto, e apreso se hano tirato quasi tuti li lombardi e de Monteferrato erano in questo compagnia del Greco, la quale erano circa 30o, più non ge ne resta XXXX ; tute le altre compagnie de lombardi se sono partite cum lor capi; et demum intendiamo restare sì pocho numero de homini in questo campo, che non lo ardimo di scrivere e solum ne resta qualche pocha speranza in lo vegnire de le sequelle cum tanta instantia requeste, 520 Anno l507 de le qualle huc usque non sono venuti in campo, salvo homini CLXXXV de Vintimiglia conducti per d. Gasparo Iudite per iorni X et de li soi denari pagati ; noi aspectiamo che hodie vegna lo numero de epse sequelle per noi requesto e per noi se est facto la instantia con più lettere a noi possibile et tamen non habiamo però altra provisione salvo che li commissarij compagni nostri e cossi d. Gasparo e compagno, scriveno in hoc haveie uzato ogni dilligentia e se lamentano che quelli de labia sono totaliter renitenti a tal requesta, e quando la vegnuta da epse sequelle più tardase e non Coseno qui hodie, cognosciamo per certo convegnire prendere altro partito, perciò che iudichemo nullo pacto potersi regere e convegnire tuto abandonare. Hst etiam subseguito che anchora non habiamo havuto li denari mandati con li quali se seriamo pur sforzati intertegnire qualche parte de quelli sono partiti, e quando hodie non foseno hic conducti per mare aut per terra, corno habiamo ordinato, se indicamo quasi desperati totaliter da ogni remedio. A noi bizogna cum le lacrime a li oyhij tuto notificare a la Magnificencie vostre e per parte nostra, id est de noi Rafaelo d^ Techo e Alarame de Bozolo, in compagnia di Lodisio e cum noi dicto D. Gasparo, se farà tuto quello serà in facultà nostra poter fare in regei si, cum mettere etiam le vite nostre ad ogni periculo. Similiter la Magnificencia del capitaneo e domino Petro cum le lor compagnie animosamente, quanto he in loro, provedeno a tuto quello est a lor possibile, exponendo non solum le lor vite, ma etiam hano exborsato tuti quelli denari in loro restavano, e in loro resta quella pocha speranza la quale anchora ne tene vivi. Habiamo scripto a li capitanei de le galee vengan > qui per potei meglio con loro queste cose consegiare e adrizare ; resta che le Magniticencie vostre, cum quella celerità serà possibile, provedeno a le necessitate nostre e volanter ne dagano avizo de quello li pare per noi se habie a fare, a le quale semper se ricomandiamo. Poi in questo instanti, per conseglio del Magnifico capitaneo, messer Petro e domino Gaspuro, habiamo deliberalo de mandare Documenti 521 messer Alarame de Bozolo, nostro compagno, qual a bocha etiam supplirà tuto quello è acaduto e bizogna, e Dio voglia tuto sia in tempo. Ex castris die XXII Febrari, hora XVI, l5o?. D. Vestrarum Commissarii in exercitu contra Monacum Fost scriptum. In questo puncto sono usiti fora molti de Monaco e sono venuti asaltare la nostra artagliaria, contra de li quali per li nostri se he facto grande resistentia e subito li hano facti reti rare dentro e de epsi ne sono restati prexoni V et morti alquanti, como più largamenti da dicto messer Alarame intendereti. (La lettera c scritta di pugno del Bervey) Diversorum Communis Ianue, Filza 64. XXXIX Lettera indirizzata al signor di Chaumont da consegnarsi ad Andrea Cicero affinchè questi faccia conoscere alle autorità Francesi le cause della mancata ambasceria genovese, presenti le proteste della città per gli eccessi del castellano di Castelletto, procuri di persuadere il Gran Maestro della fedcllà del popolo di Genova alla casa di Francia. Genova, 8 marzo 1 .S07. Antiani et officium Balie comunis Ianue, Spedato viro Andrea Cicero rivi nostro nobis carissimo. Spetate vir noster carissime: havemo inteso voi esser andato a Mons. de Chiamone Ill.mo inseme cum lo Illu. nostro Locumtenente e ne havemo havuto piacere, perchè, per la vostra prudentia e amore verso la patria, potereti cum verità apresso de epso Mons. Ill.mo defendere molte obiectione, le quale crediamo 522 Anno l507 ne siano facte contra el dovere. In primis voi sapeti che, statini inteso lo arbitrio de le cosse nostre esser in mano de sua excellentia, se allegrassimo assai, cognoscendo la virtù et prudentia sua e subito fecemo electione de quatro citadini per mandare a sua excellentia in Aste. Seguito il caxo del castello (l), si mandò Laurentio Ioardo, et Mons. el nostro Locumtenente mandò Ianoto con el quale fu scripto che esso Locumtenente andasse a Milano quando per epso Mons. Ill.mo fusse ordinato e con seco venisseno li Ambasciatori, e noi, desiderosi de visitare sua excellentia e gravandone ogni induxia de iustificare le cosse nostre, poiché non eramo stati olditi in Francia, mandiamo a sua excellentia uno stafeta per meglio intendere la volontà sua. Voi sapeti che fu differta la risposta e poi venuta si strecta e si consulta (studiala) che ogni altri che noi haria più presto differito de mandare cha altramenti. Pur perseverando el nostro desiderio de essere intese le nostre iustificatione, havuta la commodita de la compagnia del nostro Locumtenente, mandassimo dicti Ambassatori, li quali, essendo a Serra valle, feceno, como sapeti, intendere essere lì, dove expectavano nova risposta da esso Mons. Ill.mo da poi el vostro giongere. Ma le parole et li acti de alcuni nostri giovenastri del colore nobili che hanno usato e facto usare, li ha movuti a non tardare più in Serravalle; imo per più sicuranza se retirano a Nove dove etiain ghe tu posto affano per la compagnia di Mons. de Aiegra che sta a Pozolo, e per questo, per via de Gavi, sono tornati qui. Del che n e parso darvi aviso per questa, a ciò che possiate, come avisato, excusare la ritornata de epsi noslri Ambasiatori senza expcctare la risposta de chostì, e se se ha da fare una cossa più come un altra in mandare chostì per qualche bono fructo, ne faciati (i) Il testo dice « cavallo » in luogo di « castello » ma siccome e una copia di cancelleria può credersi un errore di trascrizione tanto più che la versione « cavallo » è insostenibile mentre qui si capisce chiaramente che si tratta del caso del castello (y febbraio). Documenti 523 avisato perche non obstante che da poi el partire vostro sia stato facto molte cosse ad obbiecto de mettere questo populo in desperatione, primum de essersi tirati tutti li franciosi in castello de nocte, simulato metu, et haverne lasciato el palatio et la terra senza adrizo (advivo) alcuno, item havere tirato questo castellano, senza alcuna causa, molti colpi de bombarde et mortareti a meza nocte, cossa certo etiam contro li propri inimici prohibita, item seguito el destrasio de li nostri mercadanti a Milano et molti altri comportamenti usati per ministri regii verso de noi, cossi del grande excesso de li nostri presi in Santo Francesco, come de molti altri qui et fora de qui, de che voi haveti bona noticia, tamen semper siamo stati et siamo et seremo, fino che la vita e’I spirito ne durerà, in la fede et devotione del re nostro Christianissimo et havemo date le debite provisione a mantenimento del felice stato regio. Ben ne pare molto stranio che la Excellentia de Mons. Ill.m0 habia permesso et permetta che siano usali tali modi verso questo populo cossi fidele e che ancor non habia voluto intendere cossa alcuna de le occurrentie nostre, salvo da quelli li quali li hanno referto lé cosse aliene da la verità, corno fu facto de le cosse del Re Ferrando le quale se sono bene apurate corno voi sapeti; et cossi de la calunnia ne era data de la venuta de li Fregosi: il che s’ è da poi bene inteso e iharito esser tutto el contrario. Per questi ròspecti et molti altri, como s’ è dicto, havemo piacere vi troviate de là, confortandovi et stringendovi che, de tutte queste verità chi ve s'óno note et de la bona dispositione de questo popolo, vogliate ben advertite et imprimere la excfellentia de Monsignore el gran maestro perchè dubitiamo assai che li nostri citadini, li quali ogfà iorno li sono a le ortechie, non, li habiano posto in testa qualche sinistra opinione; la quale siamo certi cambierà, se berte intenderà le nostre iùstificatione. Noi si troviamo in anxietà vedendo che li nostri superiori per la Regia Maestà ne hanno abandonato, e che da ogni banda siamo menaciali farii grande préparatione contra de noi, procu- 524 Anno l507 randola quelli li quali doverian procurar la salute et concordia de la patria sua, a la quale, bem vedemo, mostrano poco amore. Et per questo, dubitando de qualche sinistro, havemo ordinato in più parte haver provisione da poder propulsare le iniu-rie, se epsi nostri persevereranno in la loro opinione e pei po-terse mantegnire sotto il felice stato regio, con larne intendere tutta la cità esser molto unita et concorde in questo, se mai per alcun tempo li fu. Non poresti credere li mali modi et le inhumane parole che usa questo castellano contro de la cità et in ogni suo parlare ne apella rebelli et tradictori. Hogi ha mandato uno salvo conducto a Messer Rapimele de Montaldo et a un altro de quelli chi hanno li parenti soi in castello et gli ha facti vederli tutti reposti in fondo de una tur-re, carcere acerbissimo, et como sapeti ge sono homini de hanni octanta et septanta et uno con doi figlioli et ge ha facto intendere che se ge farano fede per tutto domani de scuti VI mila, che leverà dicti nostri citadini de fondo de la turre et li remetterà en la camera dove erano, aliter che domane li impicherà. Et ancora che crediamo non debia far comettere tale excesso, pur le parole sono triste et procedono da iniquo animo, como tutte le parole sue, perochè lui medesimo ha dicto esser el principe de li diavoli et altre parole molte impertinente, le quale ne grava assai oldire et nemanco scriverle. El magnifico regio usciere (lAlìabre de Saule) ne dimostra grande despiacere et sapiamo che ha cercato rimoverlo de questi soi acti et parole, et siamo etiam certi che a mons. el gran maestro debiano gravare assai. A la excellentia del quale fareti noticia de tutte queste cose requirendoge che dia a questi comportamenti quel remedio chi parrà opportuno a sua excellentia, a la quale in tutto semper ne offerireti et recomandereti. Dats Ianue die VII! Martii MDVII. Ill.rao principi Domino de Ihamon etc. Ill.mo Monsignore. Per non dare fastidio a la excellentia vostra de legere, scrivemo a lo egregio nostro ciladino Andrea Documenti Cexeio alcune cose che haverà da conferire con quella per nostra parte, et a finché le lettere habieno bono recapito, le diri -zamo a vostra III."'* Signoria pregando quella se degni iargele dare, a la bona gratia de la quale sempre se recomandiamo. Datis lanue die Vili Martii l507. Litterarum Reg. 5o, lettere n. i3 e 14. XL. Online ai pubblici officiali della Riviera orientale di espellere lutti i nobili in essa residenti. Genova, 19 marzo 1507. Littere Patentes contra nobiles. Regius in Ianua locumtenens et consilium Antianorum et officium balie comunis lanue, universis et singulis capitaneis potestatibus vicarijs rectoribus consilijs et consiliarijs, universitatibus populis et locis in nostra orientali riparia constitutis, dilectis nosti is salutem. Adciochè intendeti è necessario in questo tempo mollo aprir l’occhio e levare da li pedi ogni spina chi podesse pongere, noi advertimo essere a proposito che niuno nobile della cità de Genua stiano in le rivere nostre ; nè sensa causa parlemo, perochè, stando 11, fano officio de susurroni e, se vo-lesseno consegiar lo bene, vegniriano in la propria patria. Id circo, per tenor de le presente lettere, vi commandiamo et im-ponemo expressamenti che ad epsi nobili residenti in li vostri loci, dati licentia se partino dentro da jorni trei ab exhibitione presentium proxime numerandos ; el adciochè intendiate la voluntà nostra essere cossi, noi ve commandiamo questo sotto pena de cinquecento ducati per loco, in la qual pena serà obbligato ogniuno per la sua communità, se tale executione non facessi. Pretcrea in lo partire de epsi nobili cum sui beni, noi ge diamo ampio et libero salvoconducto cossi a soi beni corno a loro et la lede nostra volemo gi sia observata ed cossi volemo faciate 526 Anno 1507 sotto le predictc pene. In quorum testimonium pi esente, litteras fieri et registrar! iussimus sigillique nostri impressione muniii. Date Ianue die XVIIII Martij l507. Paulus. Politicorum Mazzo 3, Fase. n. 48. XLI. Ultimo documento del dogato di Paolo da 'ìSLovi. decisione di inviare ambasciatori al campo francese per trattare un accoido. Genova, 2 5 aprile 1507. Illu, et ex.sus dominus Paulus de Novis dei gratia dux Genucn-sium et populi defensor, Magnificum consilium dominorum Antia-norum, officium Balie, tribuni et multi alii cives in palatio comunis congregati, videlicet in camera ubi Senatus, convellile solet, considerantes condicionem temporis et volentes saluti reipublice consulere, utile fore duxerunt ad colloquium devenire· per medium aliquorum proborum civium cum 111.mis ductoribus sive capitaneis regii exercitus, vel si expedierit cum Christianissima regia Maiestate. Ideo, confisi prudentia, probitate et amore singulari erga patriam prostantium virorum Baptiste de Rapalo et Stephani Iustiniani, omni iure via modo et forma quibus melius et validius potueiunt et possunt, elegerunt eos oratores suos et excelsi comunis Geoue ad eundum et se presentandum coram prefatis illustrissimis dominis Capitaneis regiis et sive coram presentia et conspectu regie Maieslatis, cum auctoritate et balia tractandi et praticandi compositionem et concordiam cum prefatis dominis capilaneis et suo Christianissimo domino Rege, nomine et vice prefati comunis Janue, sub illis modis viis et formis que ipsis oratoribus magis utiles et convenientiores videbuntur. Pretcrea ut oratores ipsi, bono animo, curam sibi demandatam exequi et adimplere possint, promiserunt prefati Illustris Dux, consilium et Officium Balìe eos conservare indemnes ab omni molestia damno et impedimento reali et personali quod eis vel alteri eorum, eundo, stando, vel re leundo, durante presenti legatione, accideret, quod Documenti 527 absit, suscipientes in se, nomine prefati comunis, onus satisfaciendi ipsis oratoribus quicquid propterea passi fuissenl. Litterarum Reg. 48, lettera n. 65. XLII. Si notifica agli officiali ed ai popoli della Riviera orientale il ritorno di Genova sotto la signoria del re di Francia e si comanda di portare in città molte vettovaglie. Genova, 28 aprile 15oy. Antiani et Officium Balìe communis Janue, Universis et singulis Officialibus universitatibus et populis universis ripparie orientalis, Dilectis nostris salutem , se notifica ad ogniuno como, per clementia e benignità del R« Chrystianissimo nostro segnore, siamo reconciliati cum sua sacratissima Maiestà, quale clementissima -menti ne ha recevuti a la sua bona gracia, e perchè ir.trerà in la cità cum tuta la sua corte e serano grande numero de segnori gentilhomini e corlexani, li quali desyderiamo siano bem honorati e tractati, per questo se comanda expressamenti ad ogniuno che, visto le nostre lettere presente, cum ogni possibile prestessa portano a la cità carne, caponi, galline, polli, ove, frumenti, farine, vino, feno, paglia, biave et ogni natura victualie, e li serano pagate cortesementi el suo prexio. E perchè ciascuno cum meglior animo possia venire e condurre diete victualie, se manda, cum questo nostro tarchieta (messo), la copia de la crida mandata questa matina de comandamento de sua X.ma Maiestà e de Mons. IIi.rau el Grammaestro, per la quale ogniuno poterà veder quanto sicuramente possiano venire e vendere le loro cosse. In quorum fidem presentes fieri et registrari iussimus, nostrique sigilli impressione muniri. Datajanue Die XXVIII Aprilis MdVIImu. E poi s’è mandato una nova crida per la Maiestà del Re, ancora più importante cha la prima como vedereti. Nicolaus. Diversorum Communis lanue, Filza 64. Anno 1507 XLIII. Elenco delle persone che dovettero seguire il re a Milano c di quelle escluse dal perdono generale. Genova, i3 maggio ι5ογ. Nomina illorum qui secuntur Regem, Mediolanum . Petrus Sauli. — Silvester Iustinianus. — Manfredus de Fui-nariis, in eius loco Benedictinus filius. — Baptista Scalia. Theramus de Ballano. — Bernardus de Castiliono. lacobus de Sopranis, in eius loco Paulus de Francis. — Gabriel Adurnus. — Peregrus de Goano. — Iohannes Baptista de Ferraris. Acursius de Borlasca. — Gregorius de Bozolo. Lodisius de Bervei et Simon Iustinianus. MDVII die XIII maij. Spectati domini, de ordine et mandato Illu. d. Begij Gubernatoris , denuntiatur vobis quod X.muS Rex dominus noster mandavit ut vos et omnes suprascripti illum sequamini usque Mediolanum in comitatu suo et expresse declaravit quod nulla ratione timendum vobis est neque in persona neque in bonis . ratificando ed affirmando generalem absolutionem factam per ipsum X.mum regem in presentia magnificorum d. Antianorum offitii balie et monete. Ex quo convenite hodie simul et constituite unum de vobis qui habeat curam providendi alogiamentis vestris ed eritis tractati tam apud regem X.raum quam apud R.um D. Legatum tamquam ex eorum familiis. Ideo properate equitaturas vestras et reliqua vobis necessaria ut die crastina de mane presti esse possitis , atque iter ingredi cum prefato X.mo Rege et predicta observate ad penam rebellionis. Die ea. 111. D. Regius Ianuensis Gubernator etc. De assensu atque ordine R.mi D. Legati prorogavit terminum constitutum prenomi-natis quattuordecim ad discedendum usque ad diem lune proxime venturam. (/7 maggio). Documenti 529 Nomina exceptorum a suprascripta generali gratia liec sunt. Seu suivent ceulx que le Roy a reservé et qui ne sontcomprins a la gratia generale. Paulus Baptista Iustiuianus Elianus Iustinianus Manuel de Canali Iacobus Grhuiglionus Franciscus Pipus Lazarus de Linario Pantaleo de Bruges Tomas de Bruges Alexander de Vullabio Pantaleo de Semino Thomas et fratres duos de Bona (Goano) Pantaleo Cepulina Raffael 4e Turri Ioseph de Dernixe Rubeus Carrega Pantaleo de Ferrarijs Simon Martellus Tomas lo Manzo e lo fratello suo Scorcinus de Votagio Lo stradioto impinctore Pantaleo Maxenna Gobin Huglio Paulus de Novis et filiis Nicolaus de Novis Guiliermi Bernardinus de bona Pandulfi Simonetus de Baveri Lodisius de Pentema Benedictus et Marcus Jamboni Baptista Picaluca lo biscayno rato Bertolus barberius Iohannes Iustinianus q. Pauli lo Chiersi de Pulcifera Franciscus de Petra rubea Antonius Maria de la giostra Vincentus de Casali Benedictus de Insula lo cativo Baptista Trincherius Dominicus Venerosus Antonius Canellus Petrus stagnarius Marinus de Terrili Bartholomeus de Ceva Benedictus Ponzonus Raffael Ponzonus cancellarius Paulus de Cabella cancellarius Rubeus de crani Lo bracio crudele de Fontana bona Baptista de Canali Antonius de Albario q. Demetrius Iustinianus Marcus de Terrili Bartholomeus de Romeo Antonius de li Vegieti Hi eronymus Buzalinus quale è in Paulus Judex carcere Lodisius de Bagnasco 530 Anno \5θη Hieronimus de le colime Dominicus Adurnus Hieronimus et Leonardus de Facio Augustinus Folieta Stephanus Morandus Pantaleo Iustinianus Stephanus (de Fu)rnarijs Augustinus de Richobono Le roy n’ entend que Ics dessus nommez ne s entendent ........estre exceptez de la generale abolicion, qu ilz soient pource condempnes ac banniz. Mays pouzzent, si ben leur semble, comparistre par davant legoverneur et eulx iustiffice au quel go verneur le Roy a ordonné leur faire Iustice. Politicorum Mazzo 3, Fascicolo n. 51. XLIV. Atto col quale i genovesi promettono di sborsare una somma preslabi lità per la costruzione del nuovo castello a Capo di baro, pei la guai ni gioite e per le galee imposte dal re di Francia. Genova, i3 maggio 1507. Promissio de fortilicio, peditibus et galeis. In nomine domini, Amen. Illu. et ex.sus d. Rodulphus de Lannoy bailivus Ambianensis, regius in Janua Gubernator. Magnificum consilium dominorum Antianorum. Magnifica et Spectabilia officia Balie et monete communis Janue. Quorum dominorum Antianorum nomina sunt hec : Nicolaus Spinula prior — Lucas Justinianus q. L. Stephanus de Monelia — Pantaleo Italianus — Georgius de Zoalio Petrus Franciscus Cattaneus — Franciscus de Arquuta — Dominicus de Marinis — Franciscus de Flisco - Augustinus de ferrariis Abstentibus (sic): Lazaro Pichenoto — Baptista Lomelino. Balie sunt hec: D. Lucas Spinula — D. Joannes de Auria - Joannes B.iptista de Grimaldis — Franciscus Lomelinus — Baptista dc Rappallo Franciscus de Camulio — Melchion de Nigrono —Joannes Am- Documenti 531 brosius de Flisco — Raphael de Furnariis — Stephanus Justinianus — Antonius Sauli — Baptista Bottus. Monete sunt hec : Simon Bigna — Joannes Baptista de Facio — Bernardus de Franchis Iula — Antonius de Serra — Dominicus Calvus — Ioannes Iacobus de Auria — Absentibus: Ioannes Baptista Sauli (t). Cum sit quod propter adventum in hanc civitatem christianis-simi et invictissimi. D. domini Ludovici Franchorum regis, domini nostri supremi, inter cetera ordinaverit Maiestas sua, pro maiori quiete civitatis et districtus: primum quod fieri debeat castellum unum sive fortilicium in capite fari sumptibus et expensis comunis Ianue, ideo volentes obtemperare ordinationi maiestatis sue, omni iure via modo et forma quibus melius potuerunt et possunt, pro-misserunt et promittunt mihi notario et cancellario infrascripto, tamquam persone publice officio publico stipulanti et recipienti nomine prefate regie Maiestatis, solvere, prefate Maiestati sue et seu illi vel illis cui vel quibus sua maiestas ordinaverit, expensam pro dicto castello sive fortilicio faciendo, exbursando pecuniam ad iornatam secundum quod fieri continget : que tamen expensa excedere non possit summam scutorum quadraginta millium, Item cum prefata regia maiestas ordinaverit augeri debere numerum peditum platee palatij, videlicet quod numero ordinario et consueto addantur pedites ducenti, etiam sumptibus et expensis dicti communis Ianue, propter ea volentes obsequi mandatis sue maiestatis promisserunt et promittunt mihi notario et cancellario infrascripto stipulanti et recipienti ut supra, solvere impensam dictorum ducentorum peditum, ultra alios ducentos ordinarios ad rationem franchorum quinque : idest librarum octo Ianuinorum pro singulo homine in singulum mensem. (i) Oltre al Sauli mancava anche Bartolomeo di Negro la cui assenza non fu qui segnata, mentre è segnalata nell1 altro atto del 13 maggio che contiene la promessa di pagare 200.000 scudi al re di Francia, e che fu pubblicato dal Canale, Nuova istoria etc.. Voi. IV, pag. 33o. 532 Anno i507 Item quia prefata Maiestas sua ordinavit ut teneantur armate galee tres etiam sumptibus dicti communis janue, dividendo im pensam inter civitatem et ripparias, idcirco volentes obsequi iussis sue maiestatis, omne iure via modo et forma quibus melius po tuerunt et possunt, promisserunt et promittunt mihi notai io et cancellario stipulanti ut supra, solvere partem impense dictarum triremium que spectabit civitati ad rationem DCCC pio singula galea in singulum mensem. Et ille qui capitaneus ei it dictaium trium galearum, teneatur exigere ab ripparijs eam partem que illis spectabit de dictis DCCC. Que impensa peditum et sic galearum fieri debeat pro eo tempore quod sue maiestati videbitur. Promittentes omnia et singula supradicta attendere et compiei e et observare et contra ea non facere vel venire sub pena dupli etc. sub obligatione omnium bonorum communis Janue, presentium et futurorum qui iuraverunt predxta omnia et singula observaie. Actum Janue in salia minori palatij, in qua. estatis tcmpoie, haberi senatus consuevit, anr.o dominice Nativitatis Millesimo Quin gentesimo septimo indicione nona, secundum cursum Janue, die iovis tercia decima maij, hora circiter XIIII, presentibus testibus. Benedicto de Portu notario et cancellario comunis Janue et Petio Baptista Mainerio, civibus Janue vocati et rogati. Diversorum Communis Ianue, Filza 64. Documenti 533 XLV Solenne gim amento di fedeltà al Re — Amnistia generale e nuovi privilegi concessi da Luigi XII ai genovesi. Genova, 11 maggio 1507. Milesimo quingentesimo septimo — die undecima Maij. (1) Dum post seditiones in civitate ortas et perturbationes ingentes inde secutas, tandem Christianissimus Rex Dominus noster, devictis et pulsis seditionum auctoribus et facinorosis atque iniquissimis hominibus, Civitatem ipsam et populum Iannensem, auctoritate sua ac viribus, in ius ac ditionem sue maiestatis redegerit ac subinde, pro sua incredibili benignitate et clementia, icgio elatoque animo, devictis pepercerit, pauculis exceptis, man-daveritque in gloriam suam et ut Populus ipse Ianuensis, novo quoqe vinculo obstringatur ut iuramentum fidelitatis renovetur, id circo Nos Antiani, OftDium Balie, Officium Monete et Officium S. Georgii Communis Ianue constituti in presentia Christia-nissime et invictissime Majestatis sue, sedentis in regali trono ac sede constructa in platea Palatij, circumstantibus atque assistentibus circa Maiestatem suam reverendissimo domino Cardinale Rothomagensi et quattuor aliis reverendissimis cardinalibus, plurimisque principibus et magno dominorum procerum numero, maximo populi concursu repleto. ferme Palatio toto, elevatis manibus, juramentum infrascriptum affirmantes tam in nostro nomine privato et particulari quam nomine totius populi predicti Ianuensis et quorum ex magistratibus superius nominatis, qui interfuimus et juravimus nomina sunt hec: ( 1 ) La copia di questo documento che si trova nel ms. 118 ha « die ultima Maij » e la stessa data si legge in una delle due copie esistenti alla Beriana, mentre l’altra ha « die undecimo Maij ». Io credo sia più giusta questuiti ma data, poiché fu in quel giorno che venne prestato il giuramento e furono elargiti i nuovi privilegi. 35 534 Anno l507 Et primo Nos, Prior Antianorum Nicolaus Spinula q. Francisci, Lucas Iustinianus, Stephanus deMoneglia, Franciscus de Aiquata, Dominicus de Marinis, Franciscus de Flisco, Pantaleus Italianus, Georgius de Zoalio, Petrus Franciscus Cattaneus, Lazarus 1 ichi-notus Augustinus de Ferrariis notarius et Baptista Lomellinus. Offitiales Bailie eiusdem civitatis et communis: d. Lucas Spi nula miles, d. Ioannes de Auria iniles, Iohannes Baptista de Gii maldo, Franciscus Lomellinus, Baptista de Rapallo, Fianciscus de Camulio, Melchior de Nigrono, Iohannes Ambrosius de Flisco, Raphael de Furnariis, Stephanus Iustinianus, Antonius Sauli et Baptista Bottus. Officiales Monete: Simon Bigna, Bernardus de Francis, Iohannes Baptista de Facio, Antonius de Serra, Dominicus Calvus, Bartholomeus de Nigro, Iohannes Iacobus de Auria et Iohannes Baptista Sauli. Officiales Sancti Greorgii: Iohannes Baptista Spinula q. S., Franciscus de Rocha, Georgius de Grimaldis q. Fr., Petrus Gen tilis Ritius, Simon de Amigdula, Iacobus de Rapallo, Iohannes de Passano et Bartholomeus de Nigro q. Franciscus Et nos omnes hic presentes de populo Ianuensi ut superius recognoscentes Vos Serenissimum Principem et Christianissimum Regem Francie verum naturalem et indubitatum dominum Ianue et totius districtus Ianuensis, iurantes ad Sancta Dei Evangelia in manibus vestris pro Vobis, filiis masculis et feminis et successoribus vestris in perpetuum, quod Nos, filii et successores nostri, etiam in perpetuum erimus boni fideles et sinceri homine:; et subditi Maiestatis vestre et filiorum utriusque sexus atque successorum vestrorum et nullum alium viventem seu naturalem vivere petentem, vel moriturum cuiuscumque status, dignitatis preeminentie et gradus, existat etiam, si de eo necesse fuerit, specialem facete mentionem et alias intelligeretur et christianissimum ex:lusus. Recognoscemus in Dominum nisi vos Serenissum et Cristianissimum Regem nostrum et filios utri usque sexus et successores vestros predictos. Item quod numquam erimus in aliquo tractatu, alloquio, ma- Documenti 535 3 one’ °Pere seu facto in quo aliquid tractetur contra vos preatum Christianissimum Regem nostrum, filios et successores in persona, honore, statu vel bonis, neque in quo trac-sive flat quod perdatis personam, vel membrum, vel aliquod de bonis, que tenetis vel tenebitis vel lesionem aliquam in vel peisona patiamini. Et signanter quod perdatis civitatem vel dominium Ianue, in toto vel in parte, videlicet quod aliqua inobedientia, vel rebellio fiat contra maiestatem vestram, filios nasculos et feminas et successores vestros, vel Gubernatores, Locumtenentes, aut alios vestros officiales. Quin imo si ali -quid presenserirnus, pro posse obviabimus et notificabimus vobis vel Locumtenentibus vestris, aut Gubernatoribus Ianue. Item si contineat vos Serenissimum Regem Dominum nostrum Ianue, filius utriusque sexus et successores vestros aliquid perdere de his que tenetis vel tenebitis in futurum, illud, toto posse, recu— puaii luvabimus; vel si contingat aliquam oppressionem, iniuriam et damnum vobis fieri vel inferri, vos pro toto posse, iuvabimus cont.a quoscunique qui possunt vivere et mori sine aliqua exceptione. Ite.λ iuramus quod si a nobis aliquod consilium peteretur, per vos vel locumtenentes vestros illud fideliter dabimus et consulemus, quod secundum Deum et conscientiam videbitur nobis melius expedire. Item iuramus quod secreta per vos, Serenissimum Regem Dominum nostrum, filios et successores vestros, seu Locumtenentes ei Gubernatores nobis, vel aliquibus ex nosti is communicabuntur vel committentur, illa nemini pandemus nec faciemus aliquid propter quod pandentur vel revelentur, sine vestra vel Locotenentium vestrorum expressa licentia. Item iuramus quod reliqua omnia et singula faciemus que quilibet fideles subditi facere tenentur et debent in omnibus et per omnia in forma Capitulorum utriusque veteris et nove fidelitatis, bona fide, sine fraude sed cum omni diligenti studio ac pura et sincera mente. Ludovicus Dei gratia Francorum Rex, Dux Mediolani, Ia-nueque dominus. 536 Anno l507 Cum Populus Tanuensis, contra propriam fidem et juramentum quibus ad fidelitatem et obedientiam quamdam prestandamque' nobis, nostrisque successoribus in Regno Francie tam veris et naturalibus Dominis, se abstrinxerat et prestitei at immemo q 1 quod diu sub Dominio Regum Francorum feliciter vixerat, quoque Nos pluribus Populum ipsum gratiis donaveramus et prosecuti fueremus, sugestione at impressione nonnulloi um filioru q tatis a fide nobis prestita deviaverit, multaque crimina cessus contra nos, statum et decus nostrum comiserit Nobiles a ipsa urbe eiciendo, pluribus afficiendo damnis et iniuriis, Dominio nostro se subtrahere ac in temerariam libertatem proclamare ausus fuerit, arma hostiliter contra nos, nomenque et nostros milites ac prefectos nostros Arcium et Lrb.um ass p serit, obque merito penas, pro crimine lese maiestatis, indictas rerit, fueritque, ipso facto ipsoque iure, privatus omnibus ipsis gratiis prerogativis, privilegiis, concessionibus et deinde armis ac potentia favente Deo a nobis victus et ad debitam obedientiam fuerit com pulsus, volentes Regiam Maiestatem legum auctoritate tueri, ipsa privilegia, concessiones et gratias scindi, lacerali, cancellari et de mum igne comburi iussimus. Et nihilominus nostia natuia ad pietatem et clementiam inclinati, compatientes uibi et subditis nostris atque volentes statum ipsius urbis et totius Dominij Ia -nuensis, servare et in dies, auctore Deo, reddere meliorem, confisi quod, in memoriam tante clementie et pietatis atque beneficiorum, studebit Populus ipse nobis, filiis nostris, utriusque sexus, et successoribus Dominij Ianue se fidelem exhibere atque obse quenter eidem Civitati lanuensi, Civibus ei Incolis ac omnibus aliis Urbibus, Oppidis ac Villis de Dominio lanuensi et per-' tinentiis ex plenitudine grafie et pietatis atque clementie, ad bene beateque vivendum bonamque fidem servandam nobis, filiis ■ et successoribus nostris prefatis ex certa scientia consuit > atque deliberato Regia et domina potestate indulgemus, concedimus et elargimur gratias, concessiones et privilegia et statuimus que inlra sequuntur. Documenti 537 De generali remissione Christianissimi Domini llegis. Capitulum Primum. In primis indulgemus, parcimus et remittimus ac generaliter abolemus civibus , incolis et habitatoribus civitatis Ianue et Districtus omnia et queeumque crimina, excessus et delicta , etiam criminis lese Maiestatis in primo vel in secundo capite et cuiuscumque alterius , quocumque nomine censeri possit, etiamsi de eo opporteret specialem mentionem facere quandocumque et qualitercumque et ex quacumque causa hactenus, et usque in pre-sentem diem date presentium commissa, gesta et perpetrata per ipsos cives, seu incolas et distrectuales super illisque perpetuum silentium officialibus nostris imponimus, inhibentes quod ullo tempore molestari vel inquietari possent salvo tamen jure tertij. seu partium, quod prossequi possint civiliter et criminaliter prout voluerint et aliquibus particulariter presenti die, coram nobis nominatis, quos in presenti gratia et geneiali remissione ex causa nolumus includi et sine preiuditio iuris alicui quieti durante bello, ipsosque cives et incolas et districtuales, reservatis exceptis, ad Patriam , honores et bona, ex plenitudine potestatis , pro bono pacis, restituimus et reintegramus volumusque quod absentes_ a propriis domiciliis, reservatis exceptis, fruantur ed gaudeant presenti nostra gratia, dummodo infra mensem, a die date presentium, compareant coram Gubernatore Ianue Locumtenente nostro, sacramentum fidelitatis prestaturi pro nobis, filiis nostris utriusque sexus et successoribus; non comparentes autem et non prestantes dictum sacramentum fidelitatis ab 'nuiusmodi gratia et generali indulgentia exclusos decernimus et declaramus et pro rebellibus nostris haberi volumus ac bona ipso'ήπ nobis et fisco nostro confiscata. De Gubernatore et eius officio ac iuramento per eum prestando. Capitulum Secundum. Item quia super omnia expedit ad, bonum regimen Urbium ct Provinciarum perficere et deputare in illis \iios piobos et iu- 538 Anno l507 stitie zelatores , ideo intendimus eisdem Ianuensibus deputare in Gubernatorem , virum prudentem et virtutibus clarum , qui sit ultramontanus et quantum fieri possit, conformis moribus eorum et cum consilio Antianorum iuxta solitum in civitate Ianue eligendorum reget et gubernet Civitatem Ianue, cum territorio , ditione et pertinentiis omnibus ad dominium Ianue spectanti-sbus, ad laudem et gloriam Dei nostri, filiorum nostrorum utrius-que sexus et successorum nostrorum et utilitatem ipsius Civitatis secundum statuta, regulas, decreta et ordinamenta ipsius, sine cuius Gubernatoris presentia, vel sui Vicarii, ipsi Antiani nihil statuere vel deliberare possint vel debeant. Qui Gubernator in ingressu officii iurabit ad Sancta Dei Evangelia servare infra-scriptas ordinationes, nostras, gratias, concessiones et privilegia ac statuta. De Potestate et aliis Officialibus. Capitulum Tertium. Item statuimus et intendimus Potestates futuri et sui Officiales non erunt Ianuenses, vel Districtuales origine aut habitatione et omnibus indistincte, absque alia particulari affectione ius reddere possint et habebunt a Commune Ianuesalarium ordinatum et consuetum et administrabunt ius et iustitiam tam Potestates quam quicumque alii Iudices Officiales et Magistratus Ianue, secundum formam Capitulorum Decretorum et Ordinamentorum ipsius Civitatis conditorum et condendorum per Gubernatorem et An-tianos et illis deficientibus secundum iura communia et prout esse solitum fieri in Civitate Ianue et dicti Potestates et Officiales sin-dicabuntur annuatim secundum formam dictorum Statutorum et ordinamentorum Civitatis Ianue. De iuramento fidelitatis per Cives, Capitulum Quartum. Item statuimus quod universi cives Ianue seu sindici, habentes potestatem ab Universitate, prestent et prostare debeant prout tenentur debitum iuramentum fidelitatis nobis et filiis nostris ulriusque· sexus, et successoribus in Regno Francie tamquam Documenti 53g veris naturalibus et indubitatis dominis Ianue et iurabunt omnia quae in forma fidelitatis antiqua et nova veniunt et sunt comprehensa, quod iuramentum renovabunt semper et quandocum-que fuerint per nos, filios et successores nostros in Regno Franciae requisiti. De iuramento fidelitatis per Vassallos. Capitulum Quintum. Item quod Vassali, Feudatarij et conventionati Communis Ianue prostabunt sacramentum fidelitatis et facient homagium Gubernatori et Antianis , qui pro tempore fuerint rccipientibus nomine nostro ac ipsius communis Ianue, vel deputandis ab ipsis Gubernatore et Antianis in forma solita ampla et antea consueta, reservata in omnibus superioritate nostra. De reverentia et obedientia prestanda d. Gubernatori et Locumtenenti Regio. Capitulum Sextum. Item quod Cives et Districtuales Ianue et alii subditi de dominio Ianuensi teneantur et debeant prestare Regio Locumtenenti et Gubernatori ipsius Civitatis omnimodam reverentiam et obedientiam et habebit in ipsis iurisdictionem et cohertionem omnimodam prout alii Priores Locumtenentes Ianue habere consueverunt, salva semper auctoritate et superioritate nostra ut supra. De defendenda Civitate, Districtu et aliis. Capitulum Septimum. Item volumus et intendimus pro nobis, filiis utriusque sexus ct successoribus nostris in Regno Francie, Civitatem et districtum atque dominium nostrum Ianue et quoscumque Ianuenses et districtuales, tam mari quam terra tueri et deffendere a quibuscumque iniuriis, violentiis, rapinis et oppressionibus et bona fide et pro posse servare et manutenere universos Iuanuenses et Districtuales, subditos et fideles nostros, prout bonum Principem decet, et qua maxima cura nobis est servare arces et fortelicia nostri dominii lanuensis, volumus et ordinamus quod castellani 540 Anno l507 deputandi per Officium Santi Georgii iurent in manibus nostris vel Gubernatoris Ianue, nomine nostro, fidelitatem in foima hic inserenda. Iuramentum Castellanorum et Officii S. Georgti. Nous tei etc, Capitarne de Serezano et Serezanelle jure et promette a Dieu nostre Creatcur sur le dampnement de noslie ame, Ics mayns touchees sur les Evangiles, que durant le temps nous scrons Capitaines de dit Serzane et Serzanelle et que nous aurons la charge et grade, nous serons bons et loials serviteurs du Roy Seigneur de Gènes et en deffaut de lui de ses successeiiis maules et femelles sans faire ne souffrir faire des dictes places de Serzane et Serezanelle aucune delivrance et aucuns eunemis, rebelles du dit Seigneur et de ses dicts successeurs maules et femelles comme dit est, mais en ferons bonne seure et loyale garde et ij metrons fort et foibles toutes et quantes fois que besoing sera pour le bien du Roy, seurretè de son Etat et conser-vation de l’Office de Saint George, le Gouvernateur de Gènes son Lieutenent ou autres qu’ il y envoyera pour y ótre amis et pour tei temps qu’il sera necessaire et par le dit Seigneur ou ses dicts successeurs maules et femelles nous sera ordonnè et com-mandè et s’il advenit qu’ il venit a nostre cognoissance que au-chune chose se machinast praticquast ou feise au preiudice du dit Seigneur, de son Estat de Genes, ou autres ses terres et Sei-gnorits en Italie, ou de sesdits successeurs maules et femelles comme dit est, nous ben advertirons ou ferons advertir son dit Gouverneur de Gènes pour le luy faire entendre, et en toutes choses nous conduyrons et porterons comme ung bon subgect serviteur et Chastellan doit faire, non obstant quelques autres sermens et promisses que avons faits et pourrions faire cy appres, au contraire les quels nous ne voulons ne entendons avoir lieu quant a ce. En tesmong de ce nous avons signè ce present escript de nostre main et fet sceller du scel de nos armes. Fait a Genes le douzieme jour du may l’an mil cinqcent sept. Documenti .541 De non alienanda Civitate et aliis. Capitulum Octavum. Iam pro nobis, filiis nostris ulriusque sexus et successoribus nostris in Regno declaramus quod non intendimus alienare nec in alium tiansferre quovis modo sive titulo dictam Civitatem Ianne et Districtum, Territorium et pertinendas eiusdem nec aliquam partem. Dominium vel possesionem seu quasi civitatem Castrorum, Villarum et locorum dividere vel separare ab eodem Dominio nostro. De non imponendis oneribus. Capitulum Nonum. Item declaramus pro nobis, filiis nostris masculis et feminis et successoribus nostris in Regno nolle imponere vel imponi facere por nos vel alios aliquam avariam, mutuum, vel collectam , nec aliquam exationem realem, personalem, vel mixtam, angarias, per-angarias , nec aliquam cabellam ; vel aliquod onus quocumque nomine censeatur communi Ianue, vel civibus dicte civitatis nec in dicta civitate et districtu nisi in causa necessitatis et pro custodia Civitatis , Castrorum factorum et faciendorum et eorum reparatione locorum et terrarum Dominij Ianuensis, pro conservatione Status nostri in nostro Dominio lanuensi de Consilio An-tianorum qui pro tempore fuerint. De mulctis et condemnationibus et resservatione trium casuum. Capitulum Decimum. Item volumus et ordinamus quod mulete, condemnationes et emolumenta jurisdictionum Civitatis Ianue et aliorum locorum de Dominio, applicentur illis ad quos spectant et perlinent, vigoie ordinamentorum ipsius civitatis Ianue et non alteri cuiuscumquc status vel dignitatis existat, reservatis nobis casibus heresis, lese maiestatis, seditionis, false monete et homicidii et non intendimus imo expresse inhibemus ad cohercenda delicta, quod in aliis casibus fiat commutatio pene corporalis in pecuniariam sine mugna causa. 542 Anno l507 De uniendis locis si que recuperarentur ab infidelibus. Capitulum Decimumprimum. Item si contingat, auctore Deo, a manibus infedelium pei nos vel filios nostros masculos et feminas et successore» nosti os in Regno Francie aliqua loca vel bona recuperari que fuerunt de dominio lanuensi, intendimus illa unire eidem dominio nostro lanuensi, proviso quod Ianuenses, pro posse et facultatibus suis, ad ipsa loca et bona recuperanda conveniens ferrent auxilium. De conferendis Officiis per Gubernatorem gratis. Capitulum Decimum secundum. Uem intendimus providere Officiis in Civitate et Districtu Ja-nuensi, prout nobis, filiis utriusque sexus et successoribus in Regno nostrisque Locumtenentibus et Gubernatoribus videbitur expedire pro bono pubblico nostri Dominij Ianuensis et habebimus rati 'nem civium Ianuensium benemeritorum subditorum nosti orum et non intendimus quod castellani vel Gubernatores civitatum et locorum districtus Ianuensis possint vel debeant deputare Potestates in locis et terris in quibus sunt Castellani, vel Gubernatores, sed debeant deputari viri idonei per Gubernatorem nostrum generalem Janue adeo ut iustitia reddatur unicuique absque aliqua affectione. Volumusque et ordinamus quod officia supradicta nullo modo vendantur, sed gratis conferantur. De moneta fabricanda. Capitulum Decimum tertium. Item intendimus, quod de cetero fiat, moneta in Civitate Ianue sub nova impressione cum insignibus nostris et communitatis et quod inscribatur nomen Regii domini Janue tantum et propterea volumus quod fiant novi cunei et antiqui rumpantur. Quod Ianuenses non trahantur in jus extra Civitatem et Districtum. Capitulum Decimum quartum. Item volumus decrevimus, quod in concernentibus iustitiam non trahantur Ianuenses et districtuales extra Civitatem et Districtum et quod serventur statutu Civitatis lam in causis principalibus Documenti 543 quam in causis appellationum. In causis vero que ad Statum pertinent, cum casus occurrerit, opportune providebimus. Quod Ianuenses possint cum omnibus negotiari. Capitulum Decimum quintum, item permittimus Ianuensibus et districtualibus liberum commercium cum omnibus nationibus etiam infidelibus, atque possint et liceat eis frui et gaudere eisdem privilegiis, libertatibus, fran-chisijs et immun.tatibus in dictis locis subditis nostris ad presens et in futurum, quibus utuntur, fruuntur gaudent alii subditi nostri. Intendimus tamen quod ipsi Ianuenses faciant bellum vel pacem cum omnibus, cum quibus nos, filii nostri utriusque sexus et successores ordinabimus et totiens quotiens fuerit ordinatum et non facient bellum vel pacem nisi de expressa ordinatione nostra et successorum nostrorum , quo casu super eorum commerciis opportuni' providebimus pro temporis qualitate, prout bonus princeps, pro suis subditis, facere debet ad evitandum incommoda et damna prefatorum Ianuensium subditorum nostrorum. De Vexillis. Capitulum Decimum sextum. Item intendimus quod Ianuenses in eorum navibus et galeis ceterisque navigiis deferant vexillum plenum armis nostris et successorum nostrorum in loco honorabiliori et aliud vexillum curn armis communis Ianue in secundo loco. De Sigillo. Capitulum Decimum septimum. Item permittimus el concedimus Ianuensibus et Antianis quod possint uti sigillo Communis in eorum agendis ut solitum est. De non concedendo in preiudicium Communis et comperarum S. Georgii. Capitulum Decimum Octavum. Item non intendimus aliquid concedere cuicumque persone communitati vel Collegio in preiuditium vel derrogationem jurium Communis Ianue vel comperarum Sancti Georgii, aut aliai um comperarum. 544 Anno 1Ó07 Quod Gubernator non concedat salvos conductus. Capitulum Decimum nonum. Item non intendimus quod Locumtenens noster et. Gu nator in civitate Ianue concedat aliquos salvos conductus pio bitis publicis vel privatis, sine consilio et consensu Antianorum decernimus irritum et inane si secus factum fuerit. Quod Ianuenses comprehendantur in pace esse. Capitulum Vigesimum Item volumus et declaramus quod in omnibus tractatibus pacis et tregue per nos et successores nostros flendis, compie hendantur Ianuenses tamquam subditi nostri. De scribendis litteris et mittendis oratoribus. Capitulum Vigesimum primum. Item permittimus quod Antiani possint scribere et destinale Oratores atque Nuntios ad nos, filios nostros utriusque sexus et successores nostros super querellis si qua habebunt, contra Gubei natorem, inscio domino gubernatore , Caveant tamen ne iniuste, et contra veritatem gubernatorem accusent. Super aliis vero nihil tractare, concludere vel determinare audeant, aut oiatores destinare, vel nuntios, seu - litteras scribere, absque auctoritate et consensu Gubernatoris, ad obviandum seditionibus que sub ob tentu tractandi negotia Communis fieri possent. Quod expense ordinarie non excedant summam consuetam. Capitulum Vigeximum secundum. Item concedimus quod expense ordinarie fiende per dictam communitatem non excedant summam consuetam nisi prout in pie-cedentibus articulis continetur et salva auctoritate nostra si aliud ex urgenti causa pro statu nostro lanuensi et utilitate ipsorum Ianuensium subditorum nostrorum flerentur, decrevimus de consilio tamen Antianorum ut supra. Quod Regia Maiestas non concedet salvos conductus nec impediet (exactiones). Capitulum Vigeximum tertium. Item non intendimus concedere aliquos salvos conductus alicui Documenti 545 Civi, Districtuali vel Forensi pro debitis privatis vel publicis, Ca-bellarum et comperarum S. Georgii, nec inhobedientibus S. Georgii, nec impedire quo minus debitores Communis lanue tam de presenti quam de preterito et futuro et tam in Ianua quam in Ripariis et Potestatiis exigantur, sed volumus id fieri quod iustitia suadebit secundum ordinamenta Communitatis Ianue. De benefitiis ecclesiasticis. Capitulum Vigeximum quartum. Item ad hoc ut provideatur in beneficiis Ecclesiasticis in Civitate et Dominio Ianuensi fidelibus, volumus quod provisiones Archiepiscopatus Ianuensis Episcopatuum et Monasteriorum tam in Civitate quam in Districtu et Dominio Ianuensi exi-stentium fiant ad intercessionem et supplicationem nostram, cum suplicare intendimus pro benemeritis atque dignis et fidelibus et in reliquis benefitiis valoris Centum Ducatorum et ultra ad eviclan-dum perturbationem Status nullus possit uti litteris Apostolicis nisi illas prius presenlet Gubernatori, qui pro tempore fuerit et ab eo litteras placitatorias obtineat. De rebus Saonensibus. Capitulum Vigeximum quintum. Item super differentiis inter Ianuenses e Saonenses intendimus opportune providere ut utilitati utriusque et iuri ipsarum partium noverimus expedire ad evictandum dissentiones et contentiones et quod unanimes et concordes ad fidelitatem nostram, filiorum nostrorum utriusque sexus et successorum'nostrorum studere possint omnibus particularibus contentionibus postpositis, pro communi bono et utilitate eorum nec non concessimus, vel concedere intendimus aliquid alteri parti ex ipsis Ianuensibus vel Saonensibus in preiudicium alterius. De hospitiis domorum preparandis. Capitulum Vegesimum sextum. Item super hospitiis preparandis in adventu nostro ad Urbem lanuensem vel successorum nostrorum aut aliorum principimi amicorum, vel confederatorum nostrorum vel aliorum et deputando- 546 Anno l507 rum a nobis permittimus quod hospitia deputentur et ordinentur per Grubernatorem et Antianos deputandos ab eis. De evictandis acclamationibus factionum. Capitulum Vigeximum septimum. Item volumus et intendimus ad evictandum tumultus et seditiones ex quibus civitas ipsa Ianuensis vix a totali evers’one per nos nuper erepta fuit, quod nulli liceat cuiuscunque status conditionis vel gradus existat pro quacumque causa invocare et acclamare Adorno 0 Fregoso o Populo neque aliam quamcumqua invocationem preterquam nomen nostrum Regium et Francie et ita inhibemus omnibus et quibuscumque, sub pena mortis naturalis et confiscationis omnium bonorum, quam volumus et mandamus ab omnibus irremissibiliter exigi. De non eligendis consulibus Artium nec tacienda congregatione sine licentia. Capitulum Vigeximum octavum. Item pro bono pacis et tranquillitate civium Ianuensium subditorum nostrorum ad obviandum .-candalis et seditionibus,volumus statuimus decernimus et ordinamus quod de cetero non eligantur Consules et Rectores artium sine expressa licentia Gubernatoris vel eius vicarii, et postquam fuerint electi, non audeant aliquam congregationem facere ex quacumque causa et sub quov;s queiito colore, in locis publicis vel privatis, in urbe vel (xtra urbem, sine expressa licentia et consensu dicti Gubernatoris, vel sui Vicarii m eius absentia; contrafacientes autem, penam morlis naturalis et confiscationis omnium bonorum volumus ipso facto incurrere ab his irremissibiliter exigendam. Confirmatio Privilegiorum Officii S. Georgii. Capitulum Vigeximum nonum. Item per la conservatione et augumento dell’Officio de S. Georgio Compere, dritti, giurisdictione, dominii e proprietè sue, le quale intendiamo per lo bene de la Cità et augumento de quelle et del nostro dominio genovese conservare et amplificare, aprobamo et ratificamo tutte le declaratione, concessione, privilegii, indulti, de- Documenti 547 creti, giui isditione, raxone. convencione et gracie cosi delli Dominii dell Insula'di Corsica et de ogni aliti lochi ubique positi, come de le gabelle e del sale, ac decreti, sententie, libertate, consuetudine el ogn’altre raxone date e concesse, cosi per via di lettere, come per altre scritture et quomodocumque et qualitercumque a lo · Officio de S. Gleorgio et compere et a li Protectori seu agenti de quelle. Cossi de li agenti d’essa Communità corno da ogni Signoria, la quale abbie avuto governo e dominio ac protettone, sive possessione quandolibet della detta Communità per lo tempo passato usque al presente giorno, le quale tutte cose ad cautelam faciamo e concediamo de novo per più ampla magior fermezza in la forma e maniera che hanno usato per il tempo passato, e usano de presenti. Pro Officio S. Georgii. Capitulum Trigesimum. Item confirmiamo et aprobamo tutte le ordinacione e concessione e declaratione quandocumque et quomodocumque facte per favore delle dette compere per qual cagione si voglia, così per via de lettere et instrumenti et altre scritture, come per ogni altro modo usque al presente giorno e così per li predicti agenti d’essa communità come per ogni altro signore , li quali habiano avuto dominio e governo ac protezione, seu possessione quandolibet d’essa città, considerando etiam ad cautelam ogni dominio, possessione seu tenuta, aut giurisdicione acquistate, seu acquistate quomodolibet per li detti agenti di dette compere ubilibet et a quibusvis personis usque in presentem diem et precipue l’insula di Corsica, Sarzana et Sarzanello, la Melia, Illice et altri lochi con le sue pertinentie et le quali tutte ad cautelam concedemo et faciamo de novo per più ampla e magior fermezza ut supra. Pro Officio S. Georgii. Capitulum Trigeximum primum. Item declaramo che se in alcuna parte delle predette cose concesse ut supra aliquo modo directe, vel per indirectum, tacite vel expresse fusse stato per tempo alcuno derrogate vel non obser· 548 Anno l507 vate, quello se contene in essi privilegi ac concessione et decla ratione, in tutto vel in parte, come di sopra se dice per lo tempo passato, s’intenda esser nullo et nullius valoris tutto quello che fosse stato derrogato et non ut supra observato. Imo chi le pre ' dette cose ut sopra deelarate se intendano restare in suo 1 oboi e et in viridi observanzia e siano in quello grado corno se fussino stali sempre observati, non obstante alcuna consuetudine seu ob servantia in contrario, le quale tutte cose ad cautelam conce demo ut supra. Pro oflìcio S. Georgii. Capitulum Trigeximum secundum. Item commelemo et ordinemo che le presenti cose siano inviolabilmente observate da nostri Officiali che sono e saranno per tempo deputati per noi al governo e regimento della città de Genua e suo distretto ed ogni altro loco et siano obligati detti Rettori e ciascuno de loro observare e fare observare ogni cosa predetta per virtù de’ detti capitoli, sempre che saranno requesti dalli Agenti di dette compere et ad quelli dare ogni auxilio et favore et prestare loro brasso contra ogniuno contra· dicente sub pena de nostra indignatione et qualibet alia giavioie, quale tutte cose commettiamo siano observate ut supra. Quod supradicte concessiones valeant, permanentibus Januensibus in fide. Capitulum Trigesimum tertium. Item volemo et intendemo che li privileggi per noi concessi e gracie, tanto alla comunità quanto all’officio de S. Gioigio se intendano durare in loro efficacia, observando loro la fedeltà et quello ne hanno promesso, et mancando se intendano nulli et de nullo effetto, valore et efficacia. Quas quidem ordinationes, indulta, gratias et concessiones et omnia et singula in eis contenta ex nostra certa scientia, et Regie potestatis plenitudine, tenore presentium observari volumus et iubemus, mandantes propterea Locumtenenti nostro in dieta Civitate lanue et eius districtu et ceteris officialibus nostris pre- Documenti 549 sentibus et futuris ad quos spectat seu spectare poterit quomodo-libet 111 futurum, quod omnia supradicta et earum singula obser-\ ent ct faciant per quos decet observari sine contradictione aliqua , quoniam sic fieri volumus et ut predicta firma et stabilia perpetuo perseverentur, sigillum nostrum his presentibus iussimus apponendum. Datum in palatio civitatis nostre Ianue in mense maij, anno Domini millesimo quingentesimo septimo et Regni nostri decimo. Visa Per Regem Dominum Ianue Dominis Cardinalibus de Ambosia legato Regni F rancie, de Sancto Severino, de Finario, de Prie et Albien, Ducibus Borbonensi, Calabrie et de Longavillaet Archie-piscopis Senovense et A relatense, Episcopis Ludonense Parisiense Vabrense Tornacense et Testaricense, Magistro Michaele Riccio magistro requestarum hospitii et aliis presentibus. Robertet Tabula Privilegiorum per Regiam Maiestatem Civitati Ianue concessorum. I. — Et primo de generali remissione Cristianissimi Regis. 2· — De Gubernatore et eius officio et iuramento per eum prestando. 3. - De Potestate et aliis Officialibus. 4. — De iuramento fidelitatis per cives. 5. — De iuramento fidelitatis per Vassallos. 6. - De reverentia et obedientia prestanda Domino Guberna- tori et locumtenenti Regio. 7. — De defendenda Civitate, Districtu et aliis. Juramentum Castellanorum Officii S. Georgii. 8. — De non alienanda Civitate et aliis. 9. — De non imponendis oneribus. 10. — De mulctis et condemnationibus et reservatio trium casuum. II. - De uniendis locis, si que recuperabuntur ab infidelibus. 36 55ο Anno l507 12. — De conferendis Officiis per Gubernatorem gratis 13. — De moneta fabricanda. 14. — Quod Ianuenses non trahantur in ius extra Civitatem et districtum. 15. — Quod Ianuenses possint cum omnibus negotiari. 16. — De Vexillis. 17. — De Sigillo. 18. — De non concedendo in preiudicium communis el corn- perarum S. Georgii. 19. — Quod Gubernator non concedat salvos conductus. 20. — Quod Ianuenses comprehendantur in pace ecc. 21. — De scribendis litteris et mittendis Oratoribus. 22. — Quod expense ordinarie i>on excedant ad summam con- suetam. 23. — Quod Regia Maiestas non concedet salvos conductus, nec impediet (exactiones). 24. — De beneficiis Ecclesiasticis. 25. — De rebus Saonensibus. 26. — De Hospitiis domorum preparandis. 27. — De evictandis acclamationibus factionum. 28. — De non elligendis consulibus artium ecc. 29. — Confirmatio Privilegiorum Officii S. Georgii. 30. — Pro Officio S. Georgii. 31. — Pro Officio S. Georgii. 32. — Pro Officio S. Georgii. 33. — Quod supradicte concessiones valeant permanentibus Ianuensibus in fide. Manoscritto 118, carte aggiunte. Documenti 551 XLVI. Nomi di quelli cittadini che furono de fatlione li anni de ijo6 e i joy che fu il viva populo di Genova. MeRCADANTI, 0 su POPULO GRASSO Artefici, o populo minuto Antonio Sauli Theramo Ballano Steffano Giustiniano Bartholoméo Ceva Domenico Adorno Simon dall’Amandola Antonio de Albaro Giacomo Pernice Raffaello de Fornari Steffano de Capriata Donato de Marco Batta de Rapallo Gio. Batta de Franchi Bernardo Cazella Pietro Sauli Agostino de Ferraro Paulo B.a Giustiniani Bartholoméo Soffia Steffano Moneglia Gerolamo de Facio Gasparo de Guano Agostino Foglietta Georgio di Zoaglio Gio. Batta Davagna Vincentio Sauli Nicolò Oderico Demetrio Giustiniani Antonio da Lerice Lazaro de Franchi Leonardo de Facio Bernardo de Castiglione Francesco d’Arquata Gip. Batta Adorno Pietro Batta Levanto Gerolamo Moneglia Leonardo Calizano Ludovico d’Odone Raffaello da Passano Bartholoméo Rivarola Paulo Vincenzo, tribuno della Vincentio d’Oliva plebe e poi duce Britio Giustiniano Pantaleo Navone Gio. Batta de Franchi Luxardo Vincenzo de Vinelli Raffaelo Montaldo Pietro Calizano Giuliano Magnerà Manuello da Canale Giacomo Giustignano Angelo dalla Crovara Paulo de Franchi Borgaro Currado Soffia Anno l507 Luca Giustiniano de Moneglia Bartolomeo de Varisio Gerolamo Sauli Pietro de Prementorio Lazaro de Albaro Simon Bigna Antonio de Oliva Antonio Chioccia Gio. de Delfino da Passano Agostino da Castiglione Il Greghetto Giustiniano M.co Gaspai*o de Franchi Ambrogio de Prementorio Benedetto Giambono Thomaso de Franchi Bolgaro Simon de Prementorio Demetrio Sauli Gerolamo Palmaro Lazaro Pichenotto Thomaso Giudice Bernardo de Franchi Bartholomeo de Zoaglio Oberto de Lazaro Pelegro de Guano Gabrielo Adorno Gio Batta Sauli Gio. Batta de Leonardi Simon Giustiniano Mattheo de Franchi Bolgaro Paulo Giudice Carlo de Fornari Andrea Cicero Batta Giustiniano Pietro Ambrogio Boceio Gregorio Terrile Gio, Batta de Ferrari Bartholomeo Senarega Simon Dazerio Giacobo Castiglione drapiero Pelegro de Guano de Bergamo Gio. de Vultagio Bernardo Raggio Lazaro da Canale Panthaleo de Tossinis Bernardo Veneroso Francesco de Recco Sp. Gio. de Lerice Benedetto Cerexia Rafaelo de la Torre Leonardo Merello Luiggi de Brevey Battista Tassistro Battista Cepolina Raffaello Raggio Francesco de Camoglio Gerolamo de Salvo Raffaello Recco Gio. Batta Lazagna Giuseppe Dernixio, trib. plebeo Alarame da Bozolo Francesco de Piglia'sca Gerolamo de Moneto Gerolamo Delfino Giacumo da Rapallo Gio. Batta Lerice Pietro Marengo Andrea Buzalino Lorenzo Garibaldo Documenti 553 Marco Giambono Battista Scaglia Benedetto de Castiglione Luca Giustiniano Francesco della Rocca Antonio de Franchi Juria Manfiedo de Fornari Silvestro Giustiniano Giacom de Sopranis Nicolò Giustiniano Ludovico Bagnasco Bartholoméo dal Cavo Vincenzio Gurlero Bernardo Gallo Gregorio da Bozolo Vincentio Pelissone Antonio Cornigia Antonio Tovelio Paulo Gallo Gerolamo Bricio Battista Gropallo Napoliou Richeme Agostino Senestraro Battista Botto Accorso Borlasca Cosmo de Zerbi Manoscritto τ 18, carte aggiunte. XLVII. Famiglie nobili che governavano alla città il medesmo tempo per 1/3 che li altri 2/3 governava la fattion populare, destinta in inercadanti et artefici per li ordini de sopra ; perhò li nobili non gli intervenero perchè erano fuori della città, e le famiglie sono queste : Piccamcgli — Cattanei — Carmandini — Spinoli — Mari — Usudemari — Marocclli — Negro — D’Oria — Guisolfi — Venti — Cigala - Marini — Serra — Grimaldi — Lercari — Negroni — Panzani — Leccavella — Pallavicini — Grilli — Calvi — Cibo — Vivaldi — Squarciafichi — Fieschi — Salvaighi — Gentili — Lomellini — Pinelli — Centurioni — Interiani — Imperiali Gualteri — Camila. Manoscritto 118, carte aggiunte. Anno l507 XLVIII. Conventioni del populo di Genova con il signor Tetro di Campofu’goso (l). Noi infrascritti, cittadini arteixi della città di Genova, a nome nostro e de lutti l’altri cittadini arteixi della detta città, pei li quali promettiamo de rato sotto obligo nostro e fede nostia e delli beni nostri, considerando li periculi e affari della città nostra e specialiter quelli che al presente occorreno, cosi del levante como della guerra del Re d’ Aragono, in appresso conoscendo noi varii disordini e divisioni, li quali sono nella citta nostia, per le quale molte volte se lascia de fare quelle cose che contengono l’honore e utilità di tutta la Republica nostra, volendo con ogni studio e cura e conseglio nostro oviare ogni male e dare agiuto e favore al bene di questa città, havendo fra noi più volte havuto maturo pensamento e ferma deliberacione e assai discorso tutto quello che se intendesse potere essere utile e bene della citta nostra, e per oviare che questa città non capite sotto signoria forastiera, e per havere uno duce e protetore, al quale basti l’animo a diffendere noi e questa città da ogni oppressione, e per vigore della presente scrittura e per ogni etc , spontaneamente e non per altro errore, inganno e forza etc, alli nomi predetti promettiamo aH’Illustre Signor M. Pietro de Campofregoso, per la Dio gratia duce delli Genovesi e nostro, da qui avanti, con ogni cura e agiu-torio nostro e conseglio e con la spada e arme in mano, sempre che bisognerà, o vero che da lui saremo chiamati per lo sono della campana grossa, o in qualonque forma a lui paresse de dì (i) Pietro Campofregoso fu eletto doge Γ8 dicembre 1450. Questo e l’altro documento che segue si trovano nelle ultime pagine del ms. 118 dove è contenuto, come dicemmo, il noslro diario, e, benché non facciano parte del periodo storico da noi studiato, credemmo opportuno di pubblicarli per integrare la pubblicazione del nostro manoscritto e per recare un piccolo contributo alla storia genovese. Documenti 555 eda uotte, aiutarlo, favorirlo e mantenerlo, conservarlo e defendei lo in questo statto perpetuameli contra ogni persona, Signoria, 0 Signorie, sian chi si voglian e contra ogni genovese, o corpo-racione d alcuno genoveze, dal quale, o li quali fosse lo statto suo in qualonque modo offeso, inquietato, o perturbato palesemente o secretamenti dirretto, o per indirretto e circa ciò fare et obe liie ogni sua volontà e comandamento, remota ogni cxcetione, cavilatione, a bona e sincera fede e puro intelleto, in tutte quelle cose, le quale a Sua Signoria piacerano e che la Sua Signoria 1 anderà e conforterà, che faciamo per lo bene, mantenimento e acrescimento e favore del suo statto e de questa republica, e tutte queste cose giuriamo de fare et osservare interamente, sopra lo benedetto crocefìxo de Nostro Signore Jesu Christo, lo quale vogliamo sia in dannacione e perdicione dell’anime nostre e delli nostri corpi e nostri figlioli, in caso che noi mancassimo e con-trave.nissemo alla promessa, la quale espresamente intendiamo essere lo bene e utile de tutta questa città, e specialmente perchè la non venga in mano de signori forastieri, la qual cosa totalmente et per expressum recusiamo. e repudiamo e protestiamo non volere in alcun modo, anzi contra questo specialmente vogliamo e dichiariamo essere obligati a ponere le persone e la vita e li beni e non promettere nè recusare di fare alcuna cosa, la quale ne sia comandata e commissa da esso Illustre M. lo duxe, così per questo, come per lo mantenimento del suo statto sotto lo giuramento e forma predetta. E converso noi, Petro da Campofre-goso, etc., duce suprascritto, intesa la promessa a noi fatta come sopra, considerato il bonanimo loro e la honesta ragione, la quale a questo li ha spontaneamente condotti e movuti, volendo verso loro uzare reciproco amore, fede e liberalità, promettiamo e se obligamo alli sopradetti cittadini chi sono arteixi, alli nomi predetti, sotto fede di lcal cavalero e sotto il reciproco sacramento, protesto agiutare, favorizare e defendere li detti arteixi da ogni danno, forza e molestia, la quale generalmenti o specialmente li fosse fatta da alcuno Signore, o Signoria, comunità, o persone 556 Anno 1Ó07 private, siano chi si vogliano e specialiter da alcuno altro genovese, così in genere come in specie, e qucli■ conservarli e mantenerli in ogni loro honorata preminenza e grado, quale habiamo mai havuto per alcun tempo in questa città, e specialmente have-ranno la quarta parte de tutti li officii della comunità di Genova, li quali in qualonque modo o per qualonque officii che se da-gheno, cosi di S. Georgio, come de altri, e quelli nè alcuno de loro non lasseremo ingiuriare, nè sforzare in alcuna cosa ìuxla la possanza nostra, etiam fino venire alle armi insieme con loro, quando fosse di bisogno e fosseno requesti dalli loro Capitane!, contra ogni Signore e persona forastiera o genoveze, la quale fosse contra questo ordine nostro e promessa nostra. Item promettiamo e siamo contenti che tutti li arteixi di Genova, siano de che colore se vogliano, li quali se trovano confinati al presente, per cose pertinenti al statto, che possiano tornare a casa e stare e fare li fatti suoi, senza alcuno risguardo, promettendo con loro giuramento di fare come s’ è detto di sopra, s e promisso per li altri in l’avenire non confinare alcuno de loro, se prima non haveremo conferto e havuto consentimento con li capitane! delli detti arteixi, li quali se troveranno. Item considerando noi quanto sia ty?rnicioso ogni imposicione de dritti e ca-belle e speciale alle vituaglie, la qual cosa non è salvo a excidio delli poveri, non consentiremo; promettiamo che de cetero dirrectum per indirectum non lasseremo imponere, nè consentiremo che se imponga alcuna cabella, o dritto, o carrigo sopra le vituarie; anzi cureremo, per quanto ne sarà possibile, che quelle che ci sono se diminuiscono, le quali tutte cose faciamo d’acordio e tutti insieme per lo bene, quiete, pace, concordia e mantenimento della republica di Genova e promettiamo l’uno a l’altro havere ogni pensamento nostro e conseglio e ancora bona fede in tutte le predette cose, bona e sincera fede l’uno a l’altro, sotto li sacramenti predetti. Non se intenda però per la presente scrittura derrogato da alcuni capitoli fatti, overo concessioni, le quali siano fra esso Illustre messer lo duxe e lo M.co Gio. Filipo da Fiesco, ne li detti oblighi, Documenti 557 se intendano fatti per alcuna delle dette parti, contra M.00 messer Gio. Filippo. Manoscritto 118, carta 20 r. e v. XLIX. In Christi nomine Registrimi Cronicarum di Genova. (1) 1087 — fu portato e condutto lo corpo di S. Gio. Batta. 1100 — tu edificata la chiesa di S. Laurenzo e lo suo portale. 1101 — fu portato e condutto la S.ta Scudella in S.to Lorenzo. 1213 (errato per ιιιή fu edificato Portovenere. 1257 — fu fatto primo capitaneo domino Gulielmo Boccanegra; regnavit annos sex. 1260 — fu impozo le casace de disciplinanti, il principio fu a Peroza e Dartona. 1263 — li Gentil homini de Grimaldo sono statti fatti Signori de Genova e hanno regnato anni sette. 1270 — Oberto Spinola e Oberto Doria sono statti elletti capi-tanei e regnarono perfine l’anno de 1314 , cioè per anni 44. 1279 — fu fabricata la campana grossa di palacio. 1295 — fu fabricato lo conduto de l’acqua chi vene a Genova. 1300 — a dì 7 di dicembre, la città di Genova preze 1’ arme e furono eletti quatro aiteixi per consoli, quali governavano la terra con bailia, corno se fossero duci; li nomi loro son questi: Rafael di San Pier di Arena untore , Federico Parrisola tavernaro, Felice Cavalorto for-magiaro, Antonio Paravagna maxellà ; regnorno per mese uno. (1) Per maggior comodità del lettore credetti opportuno di porre in ordine cronologico queste notizie che prima non lo erano, come avvertii nei cenni critici sul Diario, (pag. 297). 558 Anno 1Ó07 1314 — li Guerfi cittadini tenirono lo dominio di Genova in fino a 1’ anno de 1334. 1334 — Galeotto Spinola e Rafaelo Doria sono statti eletti ca-pitanei e regnorno anni cinque. l33g — D. Simon Bocanegra fu elletto duce di Genova e regnò per anni sei, mesi 3 e giorni doi, e fu lo primo duce. 1340 — die 25 decembris, Gio. della Morta, quale di Gentil-homo guelfo se fece de populo gibelino, fu elletto duce e regnò anni cinque. 1378 — die 24 junij, D. Nicolò de Guarco fu elletto duce quale hebbe molte guerre con Bernardo Vesconte duca di Milano, con Venetiani, fiorentini, con catalani, e Carra-tini, e per il suo tempo vene uno grande exercito contra Bezagno e fu rotto da detto Nicolò de Guarco e questo Nicolò fu quello che redusse li gentil homini alli officii a metà con lo populo. 1383 — Leonardo de Montaldo scrivano, quale poi se fecce dot- tore di legge, fu fatto Duce; stette anni uno, mezi doi e giorno uno. 1384 — die 16 junii, d. Antonioto Adorno, morto che fu detto Leonardo, fu fatto duce; regnò anni sei e mezi doi. ΐ3ς)0 — die 3.J augusti, Domino Jacobo de Gampofregozo fu elletto duce, havendo Antonioto Adorno lasciato la città; regnò per mexi otto e giorni doi. l3c/5 — D. Antonioto Adorno a di 18 di novembre, mutò titolo e se fece chiamare governatore per la Maestà del Re di Franza (Carlo VI), al quale dette lo dominio e stette per mexi quatro. 1397 — die 18 martij D. Giacomo Oonte Sanpolo (Vaìerando di Lussemburgo , conte di Ligny e di S. Paolo) intrò in lo governo per la Maestà del Re di Franza e ne levò d. Antonioto Adorno e governò meisi tre e giorni nove. l3g8 — a dì X di magio, lo populo di Genova preze l’arme dicendo: viva populo, e fecero XII Antiani tutti di po- Documenti 55g pulo al governo del'a terra e governorno mesi sette e giorni sei. i3q8 — die 29 junij D. Antonioto de Monlaldo, etiam Antonio de Guarco , con certi altri, introrno in Genova con molta gente, volendo fare statto di populo e vedendo questo li gentili homini gebelini misseno la città da parte a parte , da guerfi e gibelini regnò meisi 2 e giorni 4. ^98 die 23 septembris, D. Carlo de Calavila (Collardo di Cal-Icvilla) intrò Governatore per la Maestà di Re di Franza. regnò mezi 7 e giorni 27. 14OO die 16 januari, Rafael Carpinetto de populo, intrò con una gran gente armata in Genova , e fu elletto capitaneo Batta Bocanegra cavalero speron d’ oro . regnò mezi doi e giorni quatro. 14OO — die 22 martii (1) D. Batta Luxardo, detto delli Franchi, fu elletto capitaneo e stette in officio fino alli l3 d’aprile, poi fu acompagnato a casa sua e la città stette senza regimento perfino al primo giorno di magio. 14OO — die prima maij d. Rinaldus de Alerilengalus (2 >. venendo de Lombardia, fu constituito Locotenente per Io Cristianissimo Re di Franza e governò per mesi cinque e giorni tredeci. 1400 — die 13 ottobre, la città tornò su le arme per certi di Porcevera e di Bizagno, che introrno in la città ; fu elletto d. Batta de Franchi Luxardo, capitaneo al governo della terra, governò XI mezi. 1401 — a di 23 di septembre, li capelazi populari se congre- gorno nella chiexa delle Vigne con le arme in dosso e elegerno otto cittadini allo governo della città con amplissima bailia. (1) Il Giustiniani, Annali ecc. Voi II, 213 dà questa notizia al 26 marzo. (2) 11 Giustiniani, op. cit. Voi. II, 214 ha Rinaldo dOlivar. 56ο Anno l507 1401 — die 23 settembre, li sopradetti 8 officiarli levorno D. Batta Luxardo de capitaneato e elezerno D. Antonio Giusti-stiniano e D. Georgio Adorno, quali erano delli 8 elletti. 14OI — die 21 ottobre, D. Giovani Lemenge detto busciardo, manescarcho de Franza (Giovanni le Meingre detto ‘Bon-cicault) intrò governatore per la Maestà di Re di Franza e die 2 di novembre, lo detto busciardo fecce tagliare la testa a D. Batta Boccanegra e volendo fare il simile a D. Batta Luxardo, se ne fugì e, in suo cambio, fecce tagliare la testa al suo cavalero della guardia. 1409 — die 30 junij lo sopradelto boisiardo se partì molto potente e andò in Lombardia e lasciò governatore in suo loco uno che se chiamava Chiarlatone (Ugo di AIvernia di Choleiton), francese, lo quale fu tagliato a pezzi a 9 di (settembre) (l). 1409 — die 3l augusti, lo marcheze Theodoro (Paleologo) di Mon-ferrà con Facino Cane e con certi cittadini eh’ erano usciti fora, intrano in Genova con lo detto marcheze e regnò per anni quatro. 1413 — die 20 martii, la città vene in le arme, essendo Loco-tenente per lo segnor marchese D. Corrado dello Carretto, e in quelo tempo era in Saona capitano D. Giorgio Adorno e lo sopradetto marcheze, essendo la città in arme, vene a Saona, e mandò lo detto D. Giorgio a Genova. J4l3 — die 17 maij, D. Giorgio Adorno fu elletto duce e regnò un anno e meixi sette. J4i4 — die 5 decembris, D. Batta de Montaldo preze l’arme con tutti li suoi seguaci contro di D. Georgio e la terra stette divisa dalli 5 di dicembre perfino alli 23 di marso, la quale guerra fu pessima, dorò meixi doi e giorni 18 e (>) Il Giustiniani, op. cit., II, 2 5o, afferma il giorno dell’uccisione essere stato il 3 settembre. Documenti se chiama la guerra di mezo e usque in secula se può chiamare. 1410 — die 23 martii, D. Thoma de Campofregozo e D. Giacomo Giustiniano forno elletti capitani al governo per lo populo e governò mexi 2. 141.) a di 25 di marzo, D. Barnaba da Goano, dottore di lege fu elletto duce di Genova, regnò mexi trei e giorni nove. H10 die 8 julij (1) D. Thomas de Campofregozo, con forza d’arme cassa fora detto D. Barnaba de Goano, e detto D. Tomaso fu elletto duce e regnò anni sei e meixi quatro. 1421 die 2/ novembris,(2) lo Duca de Milano Filipo Maria,ha- vendo asediato Genova con molti cittadini forausciti, lo detto D. Thomaxo dette terra al detto ducca sotto quelli patti e modi ch’ella fu datta alla Maestà del Re di Franza e lo detto duca non li osservò li parti. E lo sopradetto anno e giorno D. Franceschetto Vesconte de Castronovo detto Conte Cramagnola, (Carmagnola) Capitaneo Generale del detto ducca, fu fatto Governatore e fu ottimo Governatore per uno anno, mexi doi e giorni l5. 1422 — die 3l martij, 17 Januarii, D. Urbano di Santo Arexio (Alessio) sucedette al sopradetto conte e governò mexi doi c giorni 15. 1422 — a dì 31 di marzo, d. Petro Vesconte de Novara (Petro de Zor^i, vescovo di Novara) e lo capitaneo Gitorello (Guidone Torello) e Francesco de Castronovo (Castiglione) e D. Sperone de Petrasanta, tutti questi quatro succe-detero al governo per lo sopradetto Urbano di S.to Arexio per meixi sei. (iì II Giustiniani op. cit. II, 275, ha la data 3 luglio. (2) Secondo il Giustiniani, op. cit. II, 297 il fatto accadde il 2 dicembre 562 Anno l50y 1422 — a di 5 d’ottobre, D. Vesconte Francesco del Cramagnola tornò governatore e fu ottimo governatore per anni doi. 1424 — a dì 5 d’ottobre, D. Francesco Vesconte se parli da Genoa e andò a Milaio e lasciò in suo loco detto Urbano di S.to Alexio, lo quale governò per uno meze e giorni 10. 1425 — a di i5 di novembre D. Giacomo de Solani (Isolani) de Bologna Cardinale intrò per governatore, governò 4 anni, 3 meixi e l5 giorni. 142S — a di 28 di febraio, D. Bartolomeo della Capra de Milano succedette al soprodetto cardinale, governa pei anni tre e mezi sei 1431 - a di 28 di agosto (1) D. Francesco Spinola, ammaglio de molte galere, fu prezo da Venetiani e havea in Co de Monte e haveva XIIII galere e certe loste. In lo sopradetto anno Oldra de Lampugnano succedette Io sopradetto arcivescovo, governò anni cinque, meixi quatro ; dapoi Marco Francesco Barbavara succedette Oldra de Lampugnano, Oldra poi tornò a succedei e il detto Francesco Loize Cretto, chiamato presidente, succedette poi in Governo il detto lo sopradetto Oidi a. 1436 — fu fatto uno Governo de otto cittadini alli 27 decembre che se chiamavano liberte, (difensori della libertà) li nomi deili quali sono questi : Francesco Spinola, An-driolo Boria, Matheo Lomelino, Andrea de Mari, Nicolò Giustiniano, Gio. Navono, Petro Bondinaro, Marco de Cassina (2) e governorno per meixi irei. 1437 a di 27 dicembre, D. Francesco da Trevixi intrò governatore per lo sopradelto Duca e intrando in Genova, essendo Loize Cretto e Opizino de Aza andati incontra al detto, erano d. Francesco Spinola con molti cittadini, ordinatamene misseno la terra in le arme e ama- (1) 11 Giustiniani, op. cit. II, 317 ha la data 23 settembre. (2) Il Giustiniani, op. cit. II, 352 ha Pietro de Cassina. Documenti 563 zoi no lo detto Opizino de Aza, e lo detto Araxino fugì in Casteleto, in lo quale loco fu prezo per prigione e levorno di stado il Duca di Milano. 1437 — a di 28 di marso, D. Isnardo de Guarco fu elletto duce in la chiesa di Santo Siro, presenti tutti li capelazi senza arme; regnò giorni sette. *437 item in detto anno de 1437 a di 5 d’aprile, D. Tho-maxo de Campofregozo fu elletto duce in casa de Isnardo de Guarco con le arme; stette un anno in signoria et essendo il giorno de ramorina alla messa in S. Laurenzo, (1) D Batta suo fratello misse la terra in arme e levò de duxegho D. Thomaxo suo fratello; visto questo, D. Thomaso fecce levare fora della torre de Codefa D. Rafaelo Adorno, quale era in detta torre pre-gione, e detto D. Thomaso e Rafaelo caciorno fora deito D. Batta, quale se ne fugì per la porta de 1’ Er-cho e se ne andò a Gavi, quale Batta stette duce doi giorni e poi il detto D. Thomaso stette duce anvii sei e meixi otto, 1442 — a di 18 dicembre, D. Gio. Antonio da Fiesco cavalero speron d’oro vene con certi leudi di notte e misso la terra in arme e fu eletto duce D. Rafael Adorno e prezeno pregione D. Thomaso de Campofregozo e lo mizeno nella torre de Codefà. Item in detto anno de 1442 fu elletto 8 cittadini allo governo della città, quale se chiamano capitanei della libertà, con amplissima balia per lo comune. Il nome de quali : Gio. Antonio da Fiesco, Rafaelo Adorno, Batta Spinola D. Gregorij, Meliadus Saivago, Andalono Marrufo, Lamba Doria, Domenico {Riccio) di Bargaglio, Paolo d’Albaro e stetteno un anno e uno meze in stato. (1) Il Giustiniani, op. cit. II, 35g segna il giorno ”24 marzo e la chiesa di S. Domenico. 504 Anno i.507 1443 — a dì 18 di gennaro, (l) D. Rafael Adorno fu eletto duce e regnò anni tre e mexi trei. 1449 — a dì X di magio, il populo di Genova preze 1 ai me cridando : viva populo; fu elletto 15 cittadini tutti di populo al governo e stetterno meixi sette e giorni sette. Manoscritto 118 — carte 20, 21, 22. L. Nomi di alami dei prigionieri trattenuti dal Sala^ar in Castelletto. 24 luglio (1507). Promessa di restituii e all’ufficio di Iialia lire seimila per quelli che erano carcerati in Castelletto, fra li quali. Sentino da Castiglione copertero — Piacentino da Castiglione pelisaro Antonio Valdetaro copertero — Giacomo Mongiardino — Francesco Parisoia — Albano da Novara — Agostino B01-lasca — Luigi Presenda — Paolo Re — Domenico Re Domenico Moneglia — Francesco da Lavaggi — I omaso Monsa seatero — Tomaso Alciprando — Gio. Romero Nicolò da Casana — Vincenzo Borlasca — Gio. Francesco de Salvo in nome di Alessandro suo fratello — Raffaele de Pasaggi Battista da Casale per Vincenzo suo fratello - Pietro Cabsano — Agostino Fantinanti — Tomaso Rosso (2). (1) Il Giustiniani, op. cit. II, 3y3 ha 28 gennaio. (2) Quest’ultimo documento fu da me raccolto in un volume manoscritto ( i o3 C. 5) della biblioteca Brignole-Sale; intitolato erroneamente: « Convenzioni coi paesi della Riviera di Ponente >, che contiene una serie di spogli, molto aridi ma sempre utili, di documenti del principio del secolo XVI. Tra i regesti dei documenti del i5o6 e 1507 che già conosceva per averne letti gli originali tra le carte dell’Archivio di Stato, mi parve nuova e degna di essere pubblicata la presente lista. Ricordo al lettore che veramente furono cinquantotto i cittadini trattenuti dal Salazar in Castelletto ( Cfr. Diario, 8 febbraio 1507), mentre qui non sono riportati che ventitré nomi. INDICI avvertenze PER L’INDICE ALFABETICO DEI NOMI E DELLE MATERIE Data una notizia, i numeri che seguono indicano che la notizia st ' ’p in due o più luoghi: di regola il primo numero segna la pagina e teso il secondo e i successivi le pagine del documento o dei ocumen i quali la notizia fu tratta. L’abbreviazione ric. che precede uno o più numeri, avverte che P l·,' ricordato il nome che si cerca. La consonante n. accenna che la notizia è in nota. Il numero p 'nc0. quello della nota ; se manca, vuol dire che la notizia e in minciata nella pagina precedente e che finisce in quella indicata La mancanza del segno d’interpunzione fra il numero della p g ^ ^ della nota significa che il nome o la notizia sono soltanto nel è la virgola allora il nome è citato così nel testo come nelle I nomi dei Santi sono registrati sotto l’indicazione : Santo. Accanto a ciascun nome ridotto alla forma italiana più comune nell uso ^ vi sono tra parentesi in corsivo le altre forme diverse dalla prescel , si riscontrano nei documenti. Di queste diverse forme figurano al loro p alfabetico, con richiamo alla forma italiana preferita, solo quel nelle prime quattro lettere hanno qualche variante dalla forma prese’ Il disordine nella indicazione delle pagine è conseguenza della cura di manten nella esposizione delle notizie l’ordine cronologico. INDICE ALFABETICO A Abate, Cronache savonesi, Savona, Bertolotto 1897, =·85, n. 4. Abramo di Roccatagliata (Abraam de Rochataglia), bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5i n. 3. Acquasola (porta dell1), v. Genova (Porte). Acqui ,vi si reca Filippo Roccabertino , regio luogotenente in Genova, per curarsi, 8 n. 2. Adorno Antoniotto, eletto doge (anno 1384), 558, cede il governo di Genova al re di Francia (anno 1396), 558. . Adorno, (capi partito), (cappellacci, capela^ì), ric. ιΰ, n. 1, 318; si scoprono alcuni che trattano con essi, 61, 335 ; accorrono da Finale a Genova alla notizia dell’arrivo dei Fregoso, 176,360; siccome minacciano la pace di Genova, è loro ordinato di lasciar tosto la città, 177, 3 60 ; ric. 180 n. 1. Adorno Domenico, eletto capitano del popolo, 314 ; si raccolgono armi nella sua casa, 177, 3 60 ; è inviato ambasciatore al pontefice, 374; è bandito da Genova, reo di lesa maestà, 408, 53o ; il papa impetra invano da Luigi XII il perdono per esso, 416; è annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Adorno (famiglia), appartiene al partito dei popolari, 16 n. 1. Adorno Gabriele, scelto dai mercanti per pacificare gli animi dei cittadini, 373 ; deve seguire il re a Milano, 408, 528 ; è annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare , 552. Adorno Gio. Batta, eletto anziano, 38, 325; è banchiere, 55 n. 3 ; è annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Adorno Giorgio, eletto capitano di Genova (anno 1401), 56o; capitano di Savona pel marchese di Monferrato è inviato da lui a Genova ove è eletto doge, (an. 1413), 560; guerreggia con Battista di Montaldo (an. 1414), 56o, 561. Adorno (partito), partito popolare in opposizione a quello dei Fregoso, si unisce momentaneamente con questo per opporsi ai nobili, 314; 568 Indice Alfabetico sono scelti da esso metà degli officiali civili, 84, 344; liti col partito Fregoso, 84, 115; tenta invano di far inviare aiuti a Finale minacciato da un esercito di nobili, 347, 348; é sospetto per Γ impresa di Monaco, 142, 35o; i cancellieri di Palazzo e di S. Giorgio vengono mutati perchè di partito A., 146, 352; ric. 153; 170 n. 1; si portano armi in casa di Domenico Adorno, 177; ristabilisce l’ufficio dei capitani delle riviere, 475; il grido: « Adorno » è proibito nei nuovi privilegi concessi dal re di Francia, 546; animosità del diarista contro di esso, 309, 310; ric. 304, 345, 347. Adorno Raffaele, aiuta Tommaso Campofregoso a cacciare da Genova il fratello Battista (an. 1437), 563; eletto « capitano della libertà » (an. 1442), 563; indi doge (an. 1443), 564. Agde (vescovo di), v. Fieschi Nicolò. Albanese (cavalleria), usata dai francesi contro i genovesi, 265. Albania (duca di), prende il posto del capitano La Palice ferito nell’assalto contro i genovesi e conduce le truppe francesi alla vittoria, 260. Albano da Novara, prigioniero in Castelletto, 564. Albaro (d’) San Francesco, v. San Francesco d’Albaro. Albaro (di), v. Antonio d’A., Gerolamo d’A., Lazzaro d’A., Paolo d’A. Albenga, vi sbarcano i fanti inviati contro Pieve di Teco, 66, 340, 342 ; notizie su Albenga, 66 n. 2 ; ric. 89 ; base di operazione per la impresa contro Pieve di 1 eco, 94 ; e per quella contro Monaco, 96 ; vi si raccolgono artiglierie e munizioni, 98; ric. 101 ; vi s‘ tnU" tengono le forze dirette a Ventimiglia, 1 o5 ; vi deve sbarcare uno dei commissari per le milizie contro Monaco, 106 ; deve pagare 35o ducati per l’impresa di Monaco, 169, 514; si ordina ai commissari di ritorno dall’assedio di Monaco, di punirvi i partigiani dei nobili, 206, vi sono inviate due galee con 3oo uomini per opporsi all’esercito francese del d’Allègre, 23-, sono intercettate lettere dirette da alcuni nobili di Dolceacqua a diversi cittadini d’Albenga, 2^2 n. 2, 386, ric. 233 n. ; si arrende all’esercito francese, 236, 388 ; vi è posto governatore Giovanni d Oria, - 4i 285; ric. 488; 511. Albenga (commissario di), v. Alsate Gerolamo. Alberto, frate dell’ ordine dei Minori e guardiano di S. Francesco di Albaro, promette di pregare per la salvezza di Genova, 442· Albissola, il doge di Genova scrive all’ «università» di A., lodan one la fedeltà ed il coraggio contr nemici di Genova e permettendo di assaltarli e derubarli, 246. Alciprando Tomaso, prigioniero Castelletto, 564. Alemanni, v. Tedeschi. Aleritengalus Rinaldus, v. Olivar Ri naldo. Alessandro VI papa, ric. 356 n. 3. Alessandro di Voltaggio, bandito da Indice Alfabetico 56g Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Alessandro Salvo, v. Salvo Gian Francesco. Alessandria, ric. 127; vie accolto festosamente Luigi XII nel viaggio per Genova, 257. Alessandria (di), v. Guglielmo di A. Alighieri Dante, Divina Comedia, ric. i32 n. 2. Alizeri Federico, Notizie dei professori di disegno in Liguria , ric. 164 n. 1. Allabre de'Saule, v. Saule (de) Alla-bre. Alby (cardinale di), è testimone alla concessione dei nuovi privilegi dati dal re di Francia ai genovesi, 549. Aiegra (de), v. Aliègre (d1) Yves. Alerame di Bozolo, inviato con denari e munizioni a Monaco, 191 , 370; invoca pronti soccorsi pel campo di Monaco, 198, 520; è inviato a Genova per sollecitarvi aiuti, 199, 52i; deve seguire il re a Milano, 408, 528; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Allègre (d1) Giacomo, signore di Mil-lau comanda le truppe inviate dal padre Yves governatore di Savona, alla Turbia, 140, 141, 494, 495; pare che i suoi soldati siano colti da panico durante un assalto contro i genovesi, 161 ; si reca a Nizza, 165 n. 1 ; nell’assalto dato a Genova dall’esercito francese è il primo ad entrare nelle fortifi- cazioni genovesi e a piantarvi lo stendardo francese, 260. Aliègre (d1) Yves (d’Alegre, d'Aiegro, de Aiegra), governatore di Savona, 87 ; invia truppe al signore di Monaco, i3o, 349, 477; ric. 13 5 n. 1; che sono comandate da suo figlio Giacomo, 140; ric. 141; gli Anziani di Genova gli inviano le loro lagnanze per l’agitarsi dei nobili in Savona, 153, 5oi; sue rappresaglie contro la grida che proibisce ai genovesi di recarsi a Savona, ‘7^1 *74i n. 1, 358, 359; a^a gri' da per il ritorno dei nobili in Genova ne contrappone un’altra, proibendo a quelli in Savona di muoversi, 180, 365 ; ric. 366; i suoi soldati assaltano e derubano una compagnia di fanti in gran parte liguri ritornanti da Monaco, 188, 369 ; arresta Francesco di Piglia-sca cancelliere del Ravenstein inviato a Savona, 371, 372 ; assume il comando dell’esercito francese mandato a salvare Monaco, 202, 379 ; ric. 204 n. 2 ; 206 ; la « compagnia » del d’A. accoglie malamente in Novi gli ambasciatori popolari diretti a Carlo d’Amboise, 216, 376, 522; toglie tutta la Riviera di Ponente ai genovesi, 207, 2jo, 2.36, 384; tenta di avanzare verso Genova, ma non vi riesce, 246. Aloise Gio., v. Fieschi Gian Luigi. Aloize Gio., v. Fieschi Gian Luigi. Alpe(l’), (l’Arpe),quelli di Castiglione vi costruiscono una bastia, 389. Alpi, 18 ; alpi liguri, 66, n. 2 ; alpi 570 Indice Alfabetico marittime di fronte a Monaco, 90. Alsate Ieronimo, v. Alzate Gerolamo. Alzate (Aja) Opizzino, ucciso dai genovesi (an. 1436), 5G'i, 563. Alzate Gerolamo, (Ieronimo de Alsate) commissario ad Albenga, è pregato dai commissari al campo di Monaco di raccogliere guastatori, 160, 511 ; e inviare denari, 169, 514 ; viene avvisato dell1 invio ad Albenga di 300 uomini da opporsi alPesercito francese del d’Allègre, 232, n. 1. Alvernia (di), v. Ugo di A. Amandola Simone, (Simon da Mando-ra, Simon de Amigdala) eletto capitano del popolo, 3 14 ; eletto officiale di S. Giorgio, J49 ; deputato all’officio per l’impresa di Monaco, 140 n. 2, 476; scelto dai popolari come loro difensore, 401 ; è nuovamente eletto officiale di S. Giorgio, 403, 534; è annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. A mandolesi Bartolomeo (A mandor esi), bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5i n. 3, 332. A mandolesi Filippo, bandito da Genova, perchè fautore dei nobili, 51 n. 3, 332. Ambasciatori, v. Firenze (Ambasciatori), Francia (Ambasciatorei, Genova (Ambasciatori), Spagna (Ambasciatore). Amboise (d’) Carlo, signore di Chaumont , luogotenente generale del re di Francia in Italia (Carlus de Ambosia, Regius locumtenens ge- neralis citra montes, Magnus Magistratus et Marexallus I rancie _ Chiamane, Giamon , Gram-maestro, Jamon, lhamon), i popolari gl’ inviano lettere con notizie sui fatti di Genova e preghiera di mandarvi 400 fanti, ' 8 , n. 1 , il re gli ordina di muovere verso Genova con la sua gente, 2 1 , 429j ma gli anziani di Genova lo avvisano che è ritornata la calma e non v’è più bisogno di lui, 20 n. ,, 43o, 431; gli inviano come ambasciatore Antonio da Lerici, 19, 20, 319; istruzioni date agli ambasciatori inviati al governatore di Genova e riguardanti a lui, 23, 24; Antonio da Lerici avvisa che l’A. non si muoverà da lortona, 27, 28 ; ma pare che egli abbia raggiunto il Cleves ad Asti, 28 n. 1 , minaccia guai ai genovesi se andranno contro i castelli dei I ie schi, 62, 337; nemico al Cleves, 78 n. 2; i nobili decidono d’inviargli ambasciatori, 79! s' rr0'a nel piacentino per favorire l’impresa del papa contro Bologna, 343; suo malanimo contro i genovesi, 82, 344; invia arcieri in soccorso di Monaco, in n. 1, 1J’°) riceve ordine dal re di Francia di raccogliere un esercito contro i ge novesi, 112 , n. 2 ; 1’ ordine pare sia stato poi annullato, 113; gli e affidata la cura delle cose in Genova ed è annunziato il suo arrivo a capo di un grande esercito, 184, 366; i popolari di Genova decidono d’inviargli quattro amba- Indice Alfabetico 571 sciatori, 366, 522; gli mandano Lorenzo Gioardo per chiede/gli di intervenire per 1’ arresto di popolari tatto dal castellano di Castelletto nella chiesa di S. Francesco, 190, 3/0, 522; ric. 191; arriva a Casale Monferrato, 371 ; fa bandire per tutta la Lombardia i genovesi come ribelli, 374; i genovesi gli inviano tre ambasciatori, 37ς, 52(2; i quali, per le notizie degli arresti da lui ordinati di genovesi dimoranti a Milano, non osano entrare in Lombardia, 376, 377, 522; gli viene inviata una lettera per spiegare la loro ritirata ,214 n. 2, 52 1, 524; il consiglio di Genova vorrebbe inviargli un’ambasceria per chiedere alcuni favori in cambio della resa delle riviere, ma la plebe vi si oppone, 2o5, 382 , 383 ; cenni di una tentata ambasceria genovese all’A., 213; 214, n. 2; 215 n. 1; 216; 1’A. fa arrestare i popolari genoresi residenti a Milano, li rilascia su cauzione, 215; ric. 216 n. 1·; 217; è avvisato dai genovesi del bombardamento di Genova da parte del Salazar e della presa del Castellacelo, 224, 379; ric. 229; 247; essendo luogotenente regio nell’esercito francese contro Genova attende il re prima di dar l’assalto, 257; tenutosi consiglio a Pontede-cimo, invia una avanguardia a scoprire le forze dei genovesi, 2 58; 259; ric. 259 n. 1 ; la segue indi a poco col grosso dell’esercito; scontro coi genovesi e loro ritirata, 260; non osa inseguirli e· pernotta coi suoi a Rivarolo, 261, 397; il comune gl’invia un messo per chiedergli se voglia ricevere un’ambasceria genovese, egli annuisce, ma non può ricevere i due ambasciatori perché deve recarsi incontro al re, 263, 397; riceve col fratello Giorgio l’ambasceria genovese diretta al re per stabilire i patti della resa ed esige che la città si renda a discrezione, 267, 398; ordina di portare vettovaglie e specialmente vino a Genova, 269 n. 2 ; prende parte al corteo pel solenne ingresso del re di Francia in Genova, 270; , ric. 402; lascia Genova con la maggior parte delle sue milizie, 280, 410; ric. 527. Amboise (d’) Giorgio cardinale Roto-magense (di Roano), legato apostolico in Francia, gli sono inviati dai popolari lettere di ragguaglio sui fatti occorsi in Genova, 18; ric. 439; 78 n. 2; il papa gli riconferma la legataria di Francia, 344; lettere credenziali degli ambasciatori popolari, 83 η. i , 470 ; sua indignazione per la condotta dei genovesi, 110, 111; ric. 112; gli Anziani di G. gli raccomandano i nuovi ambasciatori popolari, 123 n. 1 ; lettere inviategli da Giulio II, 183 n., 364; informa il papa sulle disposizioni della corte di Francia verso i genovesi, 185; esorta i genovesi a cedere al re di Francia, 248, 391; riceve per ordine del re gli ambasciatori popolari genovesi per stabilire i patti della resa, ma 572 Indice Alfabetico la conferenza è interrotta da un nuovo scontro fra le milizie francesi e genovesi, 263, 264; riceve una nuova ambasceria genovese diretta al re ed esige che la città si renda a discrezione, 267, 398; ric. 528; assiste al solenne giuramento dei genovesi al Re, 533 ; ed è testimone alla concessione dei privilegi, 549. Ambosia(de) Carlus, v. Amboise (d1) Carlo. Ameglia (Amelia, Melia) paese pr. la Macra, dipende dalPolficio di San Giorgio, 547. Amichetto Menegollo (Amiglielo) ^ bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5i n. 3. Amiens (bailivo dii, v. Lannoy Rodolfo. Amigdula, v. Amandola. Amigheto, v. Amichetto. Andora, paese della Riviera di Ponente, ric. 488. Andora idi), v. Sopranis Giacomo d’A. Andrboli G., Oneglia avanti il dominio di casa Savoia, Oneglia, Ghi-lini, 1881, 88 n. 2. Angeletta, priora del monastero di S. Giacomo e Filippo promette di pregare per la salvezza di Genova, 443. Angers (vescovo di), v. Carretto (del) Carlo Domenico. Angoulème (signore di), v. Francesco d1 Orleans conte d1 Angoulème. Anguilleme (de) dominus, v. Angoulème (signore di). Anguisolis Gerolamo; da Piacenza, dottore in legge, vicario del tri- bunale eletto luogotenente regio, lascia poco dopo tale carica, 219 n. 1. Animanegra Michele, v. Cichero Michele. Annone, paese pr. Asti, ric. 111 n. 1. Annunziata, v. Genova (Chiese) Anton Maria di Turio (Antonio Maria della giostra), tiene in Genova il giuoco della palla; è compreso nei settantasei diphiarati rei di lesa maestà, 409, 529; arrestato per denuncia della signora di Oneglia, viene appiccato, 286,414, 416. Antonio d1 Albaro (d' Albana), eletto • capitano del popolo, 314; commissario alla Spezia , 4^' ^29ι 4·1’1 i bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529i é annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Antonio di Corniglia, deputato alla presa del Castelletto, 23o, 384; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Antonio di Lorena, duca di Calabria, è al seguito di Luigi XII nell ini presa contro Genova, 257; è testi mone alla concessione dei privilegi dati da Luigi XII ai genovesi, 549. Antonio Maria della giostra, v- Anton Maria di Turio. Antonio, priore dell’ordine dei Carcerati, promette di pregare per la salvezza di Genova, 44^. Anziani, v. Genova (Anziani), Pisa (Anziani), Savona (Anziani). Indice Alfabetico 5?3 Aragona (re d1), ric. 554, v· anche Ferdinando il Cattolico. Aragona (reali di), si trattengono un giorno nel porto di Genova, 58, 334, 418, 419. Aragona (regno di), lasciato in cura al re di Castiglia, 59. Aragonese (Motta), 56, 57, 3JJ; giunge a Genova, 58, n. 2; si reca a Portofino, 59; ritorna a Genova, 418. Arato Pietrino (Perrin de Aralo\ bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5i n. 3. A raxino ( forse Erasmo '! Erasmo Trivulfi governatore di Genova) fugge in Castelletto (an. 1436, non 1437 come dice il testo), 563. Archivi, v. Firenze (Archivi), Genova (Archivi), Torino (Archivi). Arcivescovado di Genova, v. Genova (Arcivescovado). Arco (porta dell1), v. Genova (Porte). Arelatensis archiepiscopus, v. Ferrier Giovanni. Arena (d1) Gregorio, inviato commissario a Sestri Levante, 226; il doge Paolo da Novi gli ordina di portar soccorso a Leonardo de Franchi commissario a Chiavari, 242. Arenzano [Arenserì), gli uomini di A. vengono in aiuto dei popolari di Genova per inseguire i Fieschi, 39, 326. Argentare (monte), presso di esso una fusta napoletana ne cattura una genovese, 236, 386. Arigoys, basco, alfiere delle truppe inviate dal governatore di Savona in aiuto del Signore di Monaco, 13 0. Arles (arcivescovo di), v. Ferrier Giovanni. Armano Filippino (Armeno), viene impiccato a Banchi, 404. Arpe (Γ), v. Alpe. Arquata, vi si aduna un consiglio di nobili, 73 n. 1, 463; 79, 343; partono da essa gli ambasciatori dei nobili genovesi al papa, 344. Arquata (d1), v. Francesco d'A., Pantaleone d^. Arroscia (valle dell1), ric. 456 ; patti coi quali ritorna sotto il comune di Genova, 97 n. Arsenale di Genova, v. Genova (Arsenale), Artefici di Genova, v. Genova (Artefici) Artigiani di Genova, v. Genova (Artefici). Ascensione, nel giorno deli1 A. (i3 maggio 15o7) viene decapitato Demetrio Giustiniani, 278, 408. Assereto, famiglia di Recco di partito Adorno, sue lotte coi Fregoso, 347. Assereto Pier Maria, pare che in certe questioni con Giovanni bpinola rispetto al luogo di Serravalle abbia ottenuto sentenza favorevole dal consiglio regio, 467. Assereto Ugo, in recensione al volume di A. F. Trucco su Novi in Giornale Storico e letterario della Liguria, presenta documenti inediti sui moti genovesi del 15o6- 1 507; 20 n. 3; 2 52 η.; 278 η. 2; dà notìzie su Corsetto da Pisa, 288 n. 3; difende un passo delle Cronache di Jean d^uton, 289 n. 1. Asti (Haste), vi si trattiene a lungo Filippo di Cleves di Ravenstein 5?4 Indice Alfabetico nel suo viaggio verso Genova e gli sono inviati ivi da Genova tre nuovi ambasciatori, 23 ; ric. 26; 27; 28; pare che Carlo d’Amboise vi raggiunga il Cleves, 28 n. 1 ; ric. 3o n. 2; 40, 327; 71 . n. 1 ; giungono notizie in Genova di una sollevazione in A. contro i Francesi, J47 ; vi si recano molti nobili, 371; è raccolto in A. un esercito per muovere contro i genovesi sotto Monaco, 202, 379; Γ e-sercito lascia A. 380; accorrono i signori d’Italia per incontrarvi il re di Francia, 248, 3g 1 ; 1’ ambasciatore di Spagna invia da Asti un corriere a Genova per esortare i genovesi a cedere al re di Francia, 248, n. 1, 391 ; vi giunge il re di Francia, 252, 392; ne parte, 257; vi ritorna per recarsi a Savona, 416; ric. 522. Asti (di), v. Obertino Solario di A. Asti (Governatore di), si reca a Savona, 365. Augustino, v. Castiglione Agostino. Auria (de), v. Oria (d1). Aurillac (d1) Falco, accompagna Filippo di Cleves di Ravenstein a Genova, 22. Auton (n1) Jean, Chroniques avec des notes par Paul Jacob, Paris, Silvestre, 1835, notizie dell1 A. sulle cause delle ostilità fra nobili e popolari in Genova, 4. n. 1 ; 5. n., n. 1; 6 n., n. 1; errori di nomi e di date, 8 n. 2; ric. 10η. 1; 12 n. 2; 2 1 n. ; 22 n. 3 ; notizie sull1 ingresso di Gian Luigi Fieschi in Genova, 32 r.. sull1 inseguimento di G. L Fieschi dopo la sua cacciata da Genova, 37 n. 2; 78 n. 3; giudizio dell1 A sulle cause delPim-presa dei genovesi contro Monaco, 91; enumerazione delle forze genovesi e monegasche, 127i ,2^’ il. 2, n. 3; 129, n. 1 ; 1 ’ n- 1 > i3i n. 2; ric. 1J2 n.; i35 n. 1; guarnigione di piemontesi alla 1 ur-hia, 140 n. 4; errore nella data della sortita dei monegaschi, 161 n. 3; ric. i65, n. 1 ; e del colpo di mano del Salazar, 189 n. 1, ric. 190; accenna alla sortita dei monegaschi (25 febbraio) ma la fa succedere ai primi di marzo, 199 n. 1; notizie sulPultimo assalto di Monaco, 2o3, 204 n. 1; sull invio di un » usciere di camera » dalla corte di Francia a Genova per cooperare alla difesa di Castelletto e far partire il Roccabertino da Genova, 211, 212, ric. 219 n. 1, sulla presa del Castellacelo operata dai genovesi, 223 n. 2 ; ric. 238 , su Paolo da Novi, 23g n. 3; ric. 247 ; sulParrivo di Luigi XII ad Asti, 252 n. 2; ric. 258 n 1, n. 2; erra nel determinare il giorno della battaglia dei francesi coi genovesi, 2 5g n. 1; notizie sul secondo scontro delle truppe francesi e genovesi, 264 ; erra la data dell1 arrivo del re a Rivarolo; 265 n. 1 ; notizie sullo stupore del papa e del re d1 Aragona per la presa di Genova, 267; ric. 267 n. 1 , n. 2 , n. 3 ; scrive una poesia sull1 avvenimento, 268 n. 1; ric. 268 n. 2; erra nella data delPingresso del re in Genova, 269 Indice Alfabetico 575 n. 3; ric. 270 n. 1; 271 n. 1 5273 n. 2; notizie sul solenne giuramento dei genovesi a Luigi XII, 277 n. 1; ric. 278 n. 2 ; sulla partenza del re da Genova , 280 n. ; sua versione sulla fuga e sull1 arresto di Paolo da Novi che appare poco verosimile, 287, n. 3, 288; errore nella data della decapitazione di Paolo da Novi e difesa fattane da Ugo Assereto, 289 n. 1 ; ric. 3o6. Avancino Cecchetto (Davancino), bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 51 n. 3; viene-arrestato da quei di Bisagno e impiccato a Palazzo, 377. Averluch, capitano delle guardie del Palazzo passa con 200 di esse al soldo dei genovesi, 217. Avigliana, vi è inviato Bartolomeo Usillione per arrestare i genovesi passanti pel ducato di Savoia, 118, n. 3. Aza, v. Alzate Opizzino. B Bacigalupo Giovanni, inviato a prendere il castello di Portofino, 224, 379. Bacigalupo Lazzaro (La^arino) capitano di truppe all1 assedio di Monaco, 129; avendo a torto ferito il conte Bergamino, lascia con la sua compagnia il campo di Monaco, 197, 519; inviato a prendere il castello di Portofino, 224, 379. Bagnasco (de) Luigi (Lodisio, Ludovico) , deputato a ricevere argenti per farne battere moneta , 373 ; eletto seniore del popolo, 3j5 ; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Balia (officio di), v. Genova (offici). Baliano Teramo, eletto capitano del popolo, 314; eletto pacificatore, 15 , 318 ; eletto con Bernardo Castiglione supremo commissario al campo di Monaco, 144, 351, 499; parte per Monaco, 146, 147,351, 352, 5o6, 5i2, 517; tenta allontanarsi da Genova, 386 ; eletto consigliere del doge, 392 ; scelto dai popolari per loro difensore , 401; deve seguire il re a Milano, 279 , 408 , 528 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono aila fazione popolare, 551. Ballarano, paese nella Riviera di Ponente, 474 Balon, partigiano di Gian Luigi Fieschi, eletto cavaliere del podestà , 410. Banchi (officio dei), v. Genova (Offici). Banchi (piazza dei), v. Genova (Piazze). Banco di S. Giorgio, v. Genova (banco di S. Giorgio). Barbavara Marco Francesco , governatore di Genova, (an. 1430, 562. Bardella (galeone disgiunge da Roma a Portovenere con un carico di munizioni da guerra, 386 , 387 ; inviato a Civitavecchia, 2 5o, 391. Bargagli (di), v. Riccio Domenico di B. Barioxo, un uomo di B. viene ucciso in uno scontro con le truppe francesi, 394. Barraban Gio. Batta di S. Remo, uc- 5 7Ó Indice Alfabetico cisore di Luciano Grimaldi (anno i 523), 116 n. Bartolomeo di Ceva, eletto capitano del popolo, 314; ambasciatore al governatore Filippo di Ravenstein, 19, n- 4i 3i9, 438.· istruzioni impartitegli, 20. n. 2; partecipa al consiglio del 22 ottobre 1 5o6, 71 n. i; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551 Barlolomeo di Rivarolo (Bartolomeo de Riparolio) eletto anziano, 38, 32 5 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Bartolomeo di Varisio (Bartolomeo de Varixio) eletto anziano, 345; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 55 2. Bartolomeo di Zoagli (de Zoalio), scelto dai mercanti per pacificare gli animi dei cittadini, 3/3; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Basso Ianoto, spagnolo, capitano di schiere nell’esercito contro Monaco 128; la sua compagnia è assoldata per l’assedio di Monaco, 136,487; r;c. 138; apre trattative coi venturieri mandati in soccorso di Monaco affinchè passino al campo genovese, 139, 49°, 49 bisce ai suoi sudditi di dare aiuto ai genovesi, 141; invia al governa tore di Nizza l’ordine di preparare milizie, i55; ric. i56 n. 2, 354, gli è inviato di nuovo B. Veneroso, 156, 354; politica pacifica dei genovesi verso di lui, 165, n. 2i 1 n 5i3; 167, 517; propone patti per un accordo coi genovesi, 168, 355, 356; nega udienza a B. Veneroso, 168; corre voce in Genova che un « camerero » del duca abbia licenziati gli avventurieri della Turbia e di Villafranca, ma é falsa, 192, 370; apre nuove trattative con Genova, 193, 194, 361, 362; che gli invia ancora il Veneroso, i9-\ 373; manda rinforzi all’esercito del d’Allègre accorso a salvare Monaco, Indice Alfabetico 585 204 η. 2; i genovesi chiedono ed ottengono dal re di Francia di aprire trattative col duca di Savoia per il commercio fra i due stati, 284, 285; ric. 512, 515. Carlo \ I, re di Francia,diviene signore di Genova (an. 13g6), 558. Carlo Vili, re di Francia, ric. 9. Carlo di Cleves contedi Nevers, è al seguito di I uigi xii nell' impresa contro Genova, 2 58. Carlo di Ilautbois, vescovo di Tour-nay (episcopus Tornacensisj, è testimone alla concessione dei privilegi dati dal re di Francia ai genovesi, 549. Carlo di Lussemburgo, vescovo di Laon (episcopus Ludonensis), è testimone alla concessione dei pri-\ilegi dati dal re di Francia ai genovesi, 549. Carlo duca di Borbone, è al seguito di Luigi XII neip impresa contro Genova, 257; ric. 404; è testimone alla concessione dei privilegi dati da Luigi XII ai genovesi, 549. Carmagnola Battista, negoziante in seterie, sposo di Francesca figlia di Paolo da Novi, 23g. Carmagnola (Cramagnola) (contedi), v. Bussone Francesco. Carmandino (famiglia), è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Carpinetto Raffaele, di parte popolare, entra con armati in Genova, (anno 1400), 559. Carratini (Carrettini? del Carretto?), in guerra con Genova (an. 1378), 558. Carrega Gio. Agostino, inviato commissario a Moneglia, 22G. Carrega Rosso (Rubens), bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Carretto (del) Alfonso, riacquista il Finale toltogli dal fratello Carlo Domenico, 56, 333, 334; notizie biografiche, 57 n. 1; ric. 89, 347; lettere direttegli dal comune di Genova per la spedizione contro Monaco, 99; istruzioni riguardo ad esso date ai commissari della Riviera di Ponente, 99 n. i; ricordato come amico dei genovesi, 124, 12 5; sospetto di tradimento 142, 35o, 480, 481; che una sua lettera riesce a sventare, i43, n. 3, 482, 483; ric. 487; il fratello Carlo Domenico gli ritoglie il Finale, 280, 411. Carretto (del) Carlo Domenico, vescovo d’Angers, e poi cardinale, toglie al fratello Alfonso il marchesato del Finale, ma quest’ultimo glielo riprende, 56, 5y n. 1, 334: invia un nunzio ai genovesi per consigliarli a sottomettersi al re. 237: riprende al fratello il dominio del Finale, 280, 411; è testimone alla concessione dei nuovi privilegi dati da Luigi XII ai genovesi, 549. Carretto (del) Corrado, luogotenente in Genova del marchese di Monferrato (an. 1413), 5 60. Carretto (del) Fabrizio, gran maestro della religione ài Rodi, 57 n. 1. Carretto (famiglia), signora del marchesato di Finale, 5y n. 1; 87. 586 Indice Alfabetico Carretto (del) Galeotto, marchese di Finale, n. i. Carretto (del) Luigi, vescovo e conte di Cahors, posto dal fratello Carlo Domenico a custodia del Finale contro l’altro fratello Alfonso, deve cederlo a quest1 ultimo, 56, 57, n. 1, 333, 334. Casale (da), v. Battista da C., Vincenzo da C. Casale Monferrato, (Cabile di Monferrato), vi si raccolgono Carlo di Chaumont d1 Amboise, Gian Luigi Fieschi ed i nobili genovesi, 371. Casana Cristoforo, incaricato di curare che i nobili dimoranti in Genova o nelle vicinanze non se ne allontanino, 225, n. 3. Casana Nicolò, prigioniero in Castelletto, 564. Casati Charles, Lettres Royaux et lettres missives relatives aux af-fàtjcres de France et d'Italie. Paris, Didier, 1877, 21 n. 2. Casella Bernardo, eletto anziano, 14, 317; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Casella {Casella) (paese), sono cacciati da esso alcuni mulattieri genovesi che facevano incetta di grani, 185, 36y. Casella Stefano, tribuno, incaricato di custodire con Battista RebufTo i denari ottenuti dal sequestro dei beni di Luciano Grimaldi in Genova, 173 n. Casoni, Annali· della repubblica di Genova del secolo XVI, 76 n. 1; 78 n. 2. Cassina Marco (Pietro, secondo il Giustiniani), eletto «difensore della libertà » (an. '$6|| -()2, Castellacelo, v. Genova (Fortezze). Castellacelo (del) Manuele, lombardo, capitano di schiere assoldate dai ■esi per Firn presa di Monaco, genov Castellania (sindaci di), ric.. 97 n. Castellano di Castelletto, v. Salazar Galeazzo. Castelletto, v. Genova (Fortezze). Castello (S. Maria di), v. Genova (Chiese). Castiglia (re di), v. Filippo re di C Castiglione Agostino (Angustino de Castillione), commissario per le milizie contro Monaco, 106; ritorna a Genova, ,34,480; e conduce seco un tale « Ferro della Pria » sospetto di mene col partito Adorno; accusa alcuni maggiorenti dello stesso partito, 142, «o; contro accuse mossegli da Manuele d. Canale, 143, 48'; ric. 484, 48*491; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla (azione popolare, 552. Castiglione Benedetto, eletto consigliere del doge, 392, annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Castiglione Bernardo, scelto dal popolo per chiedere al governatore di cacciare Gian Luigi Fieschi da Genova, 34, 321; eletto capitano a guardia della città, 62, 337; eletto con Teramo di Ballano supremo commissario al campo di Monaco, 144, 351, 499; parte per Monaco Indice Alfabetico 587 '461 '47, 351, 352; ric. J54; 5o6; 5 12; 517; deve seguire il re a Milano , 279, 408, 528; annoverato nella lista dei cittadini che parte-ciparonoalla fazione popolare, 551. Castiglione (borgo), vi è inviato commissario Opizzino di Vernazza,226, v. Castiglione (uomini di). Castiglione Francesco (Francesco de Castronovo) , governatore di Genova pel duca di Milano (an. 1422). 561. Castiglione Giacomo, drappiere, (Giacomo de Castiliono, drapero), eleno anziano, J45; come priore del senato rivolge a Paoloda Novi eletto doge 1' orazione inaugurale , 241 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Castiglione Piacentino , pellicciaio, prigioniero in Castelletto , 564. Castiglione Sentino , « copertero » , prigioniero in Castelletto, 564. Castiglione (uomini dij, quelli di C. costruiscono tre bastie a Pietra Cossera , Senaco , l’Alpe e fanno lega con diversi paesi vicini, 38g; inseguono le truppe dei Fieschi rotte dai popolari, (94; buon numero di essi accorre in aiuto di Genova contro Pesercito francese, 395. Castiglione (vai di), vi si raccolgono fanti per i popolari di Genova, 54. Castronovo (di) Francesco , v. Castiglione Francesco. Castronovo (visconte di), v. Bussone Francesco. Catalani, in guerra con Genova (anno i378), 558. Caterina (Catarina), ministra de Franchi di S. Marta, promette di pregare per la salvezza di Genova , 442. Caterina (Katerina), abbadessa del monastero di S. Brigida, promette di pregare per la salvezza di Genova, 442. Cattanei di Novi; Paolo da Novi era oriundo di detta famiglia, 239. Cattanei (ponte dei), v. Genova (Ponti del porto). Cattaneo Acelino, eletto pacificatore (?), 15 n. 1,317; eletto seniore del popolo, 375. Cattaneo Agostino, la sua casa di Genova e la sua villa vengono saccheggiate dalla plebe, 316 ; vienea contesa con alcuni del popolo grasso 404. Cattaneo Anseimo, (è forse da identificarsi in Cattaneo Acelino) eletto seniore del popolo, 375. Cattaneo (famiglia), due giovani di detta famiglia sono banditi da Genova per le loro prepotenze, 314; ric. 27J; è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Cattaneo Francesco, eletto anziano, 14, 3.7, Cattaneo Gentile, tiglio di Pietro Fa-lamonica, la sua casa è saccheggiata dalla plebe, 316. Cattaneo Giot'ro (Giofrino), la sua casa è saccheggiata dalla plebe , 316 ; citato a comparire in giudizio, 1 So, 362. 588 Indice Alfabetico Cattaneo Lorenzo, deputato ai festeggiamenti pel re d’Aragona, 55 n. 2, n. 3 ; muove incontro al re, 57 n. 2; ric. 3oo; eletto anziano, 345. Cattaneo Pietro Francesco, eletto anziano, 402, 53o, 5Ì4· Cavallo Quilico, deputato ai festeggiamenti pel re d’Aragona, 55 n. 2. Cavalorto Felice, formaggiaio, eletto console di Genova (an. ι3οο)ν 55γ. Cavo Bartolomeo, deputato a ricevere argenti per farne battere moneta, 373; gli è affidato il comando di una galera, 386; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Cavo Battista, deputato all’officio per l’impresa di Monaco, 140 n. 2,472, 476; ric. 487; 4945497; 511; 516; 517. Gaza, v. Casale (da). Cazella, v. Casella. Ceba Angelo, eletto capitano dei nobili, 315; ripara in S. Francesco d’Albaro; viene intercettata una sua lettera diretta al figlio a Savona con lagnanze sulla politica del Ravenstein, 40, 326, 327; suo figlio viene a contesa con Antonio Giuria, 404. Ceba Giovanni, nobile, nella casa di esso vengono requisite moltissime armi, 225, 377, v. Batina vedova di G. C. Centurione Angelo, eletto anziano, 14, . 3 17: Centurione (famiglia), è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Centurione Gerolamo, eletto per la riforma degli offici, 05. Centurione Giacomo, corre voce che insieme ad altri nobili stenda liste di proscrizione pei popolari, 27 i, 404. Centurione Teramo, deputato ai festeggiamenti pel re d’Aragona, 55 n. 2; un bravo degli Adorno tenta di ucciderlo, 220, j~~· Cepolina, v. Cipollina. Cepulina, v. Cipollina. Ceranesi (Serranixi) (paese in vai di Polcevera), gli uomini di esso catturano alcuni francesi, 3g5. Ceresa Benedetto, (Cerexta 2?.),scelto dal partito Adorno quale commissario al campo di Monaco, ma non inviatovi, 144, 35o ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Ceresino Babilan ( Sere-vino B.), bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5i n. 3, 332. (In quest’ultima pagina fu stampato erroneamente: Ferexino). Cernerieu Stefano, consigliere di giustizia, accompagna Filippo di C leves di Ravenstein a Genova, 22; partito il governatore, rappresenta col Roccabertino il governo regio in Genova, 78; è lasciato dal Roccabertino a reggere Genova, 218 ; ma intimorito nel vedersi solo, parte poco dopo per Milano, 219, n. 1. Certosa ( convento in vai di Polcevera ), vi si proibiscono adunanze di secolari, 176 n. 3 ; vi è mandato Giovanni Luxardo a requisire tutti i vini e le vettovaglie che vi si trovano, 256, n. 1. Indice Alfabetico 58g Cesaro Andrea, v. Cicero A. Ceva di Bozolo, ha l'appalto pel trasporto del sale da Mentone al ducato di Savoia, tpy. 5\y. Ceva (di), v. Bartolomeo di C. Cexero Andrea, v. Cicero A. Chabannes (signore di), v. Jacques de C. Charron Pietro, segretario del re di Francia, muore affogato nei vortici della Scrivia, 280 n. Chatillon (signore di), ambasciatore del duca di Savoia a Genova, 117, riferisce notizie contradditorie a quelle date da B. Veneroso, 117, 118; sua partenza da Genova, 349. Chaumont (signore di), v. Amboise (d1) Carlo. Chiamone, v. Amboise ( d’ ) Carlo , signore di Chaumont. Chiappe, v. Genova (Chiappe). Chiappella, v. Genova (Chiappella). Chiarlatone, v. Ugo di Alvernia. Chiavari (Clavaro), corre voce in Genova che sieno giunte da esso armi in favore dei nobili, 15, 318; vi si ritira Gian Luigi Fieschi cacciato da Genova, 460; vi sono inviati 100 fanti dai Fieschi, 23 n. 2 ; il governo popolare di Genova invia due commissari per toglierlo al dominio dei Fieschi, 4G , 329 ; ma una guarnigione di 3oo uomini inviativi da Gian Luigi, impedisce tale tentativo , 47 , 329 ; Filippino Fieschi parte da C. con un esercito dirigendosi contro la Spezia, 49; i popolari muovono contro C., 53, n. 1, 333 , 452 ; e lo prendono senza alcuna resistenza, 54, 333 ; ric. 54 n. 2; vi rimane un nucleo di partigiani dei Fieschi, 55; Genova vi pone 800 fanti di guarnigione, 335; ric. 69; 73 n. 1 ; guarnigione di C., 100; ric. 108, n. 2; 110; 120; 174; 358; borghesi di C., 176 ; vi è rinviato da Genova Leonardo de Franchi, 241, 242 n. 1; lé truppe di C. inseguono le milizie dei Fieschi, 253, 3g3 ; quattrocento uomini della guarnigione di C. e diversi cittadini vengono in Genova a prestare aiuto contro l’esercito francese, 395. Chiavari (commissari di), v. Genova (Commissari). Chiavari (di), v. Battista di C., Gian Antonio di C., Gerolamo di C. Chiersi (lo) di Polcevera, bandito da Genova reo di lesa maestà, 529. Chioccia Antonio (Giocia A.), eletto officiale di S. Giorgio, 349; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Choletton (signore di), v. Ugo di Alvernia. Cibo (famiglia), è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553; una donna dei C. va sposa ad Alfonso del Carretto, 57 n. 1. Cibo Luigi ( Lodixio ), eletto seniore del popolo, 375. Ciceri Andrea, v. Cicero A. Cicero Andrea (Ccxero Λ.), banchiere, 55 n. 3; ric. 185 n. 1; accompagna il Roccabertino a Milano ; il governo di Genova gli invia lettere con istruzioni perchè vòglia difendere i genovesi presso Carlo d'Am- 5qo Indice Alfabetico boise, 214, n. 2, 215 , 216 , 521 , 52 5; ric. 385; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Cicheri Sebastiano, commissario al Castellacelo, 223. Cichero Michele, detto Animanegra, è visto in Bisagno con un cappellaccio Adorno, 16, 318, n. 3. Cicogna Nicolò, commissario al campo di Monaco, 18 >; compagno di Giovanni Monteborgo nel comando delle navi all’assalto di Monaco è coinvolto con esso nell1 indignazione della plebe genovese per Tinettitudine dimostrata, 204, 382. Cigala Barnaba, eletto sindacatore, 345. Cigala Battista, eletto officiale di S. Giorgio, 349. Cigala (famiglia), chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Cigala (piazza dei), v. Genova (Piazze). Cigala Stefano, suo tiglio insulta Emanuele Canale, 6 n., 314; viene posto in prigione e poi bandito, 314. Cipollina Battista, (Cepolina, Sepolina B.) inviato a Sestri Levante per aiutare l’impresa contro Chiavari, 53, 451 ; mandato ad arruolare soldati in Lunigiana ne ritorna con 400 uomini, 162,354; tribuno al campo di Monaco, 178 n. 1 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Cipollina Pantaleo, (Cepulina, Sepolina P.) tribuno della plebe, 77 n.; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Cipro, presso C. viene catturata da Gian Battista Pallavicino una nave veneta, 4J9. Città di Castello, patria di Tarlatini Tarlatino, 74 n· ’· Civitavecchia, vi sono inviate alcune navi da Genova per imbarcarvi fanti e munizioni, 2Ì0, >91. Claudia, figlia di Luigi XII, teste ordinate in tutta la Liguria pel suo matrimonio con Francesco d Or Iéans, conte d’Angoulème, 6 n.; invio di un ambasciatore genovese alla corte di Francia per congratularsi delle sue nozze, 17, l8> 423,426,4^2; l’ambasciatore Nicolò Oderico viene incaricato di prestarle a nome di Genova giuramento di fedeltà, >4 n. detta (signore de la), luogotenente delle truppe del Cleves, inviato alla corte di Francia, 47 n, 44^· Cleves (di) Filippo.contedi Ravenstein, (Philippus de Cleves, Ravastem^ dominus - Filippo de Revasten, Ravasteno) governatore di Genova, si trova alla Corte di Francia allo scoppiare dei primi moti m Genova; ordina al podestà Obertino di Solario di imprigionare e giustiziare i delinquenti, 6 n.; ric. 314; i popolari lo ragguagliano sui fatti occorsi in Genova e lo assicurano tutto essere tornato in calma, 18 424; gli inviano ambasciatore Bartolomeo di Ceva, 19, n. 4, >19, 4I8; il Cle.’es difende il suo luo-gotente Roccabertino dalle accuse Indice Alfabetico 091 mossegli dai nobili, 21 ; si pone in cammino verso Genova e incontratosi con due ambasciatori dei nobili diretti alla corte di Francia li invita a ritornare con lui, 22; si trattiene a lungo in Asti egli sono inviati ivi da Genova tre nuovi ambasciatori, 2], 444,447; ric. 24; suo carteggio con gli anziani ed i pacilìcatori di Genova, 28,29 ; suo viaggio per Genova, 29, n. 3 ; suo ingresso in essa 3o, n. 2,31, n. 1, 320, 444, 447, 459; fa piantare le forche ed il palco della mannaia, 31, 320 ; invita Gian Luigi Fieschi a rientrare in Genova, 31, 444, 447, 459; malumori dei popolari contro il Cleves per tale invito, 32,444,447; rimanda i comizi per l’elezione dei nuovi anziani e proroga i poteri agli anziani ed ai dodici pacificatori uscenti, 33, 320; i nobili credono che sia stato corrotto dai popolari, 33 n. 1, 34 n.; riceve una deputazione di popolari che gli chiedono di cacciare G. 1.. Fieschi da Genova e li assicura che saranno accontentati; sua ispezione perle vie della città, 35, 321, 322, 445.448; impensierito per i preparativi dei popolari, cerca indurli a deporre le armi, ma è costretto, dopo altri inut ili tentativi di conciliazione a cacciare nel giorno stesso il Fieschi da Genova, 36, 37 η. t, 322, 323, 448, 460; per placare i popolari permette l’elezione di nuovi anziani, 38, 324, 445, 449 ; ric. 446; e per bocca del luogotenente concede un generale perdono chie- dendo però che si rinnovi il giuramento al re di Francia, 42.446, 449 ; invita i religiosi- di Genova a pregare per la pace cittadina, 39 n. ì, 441 ; i nobili lo accusano di averli traditi per denaro, 40, 327; documenti che potrebbero dar ragione a qvesta accusa, 40 n. 1, si dichiara amico dei popolari, 40, 41, 327 ; 42 n. 1; 43; ric. 44 ; col permesso di lui i popolari tentano di togliere la Riviera di Levante al comando dei Fieschi, 46, 446 ; invia il luogo-tenente della sua milizia alla corte di Francia, 47 n.,446; convoca gli uffici di Genova per deliberare sulla diminuzione di alcune gabelle, 48 n. i,3 3o; propone d’inviare due legati a G. L. Fieschi per intimargli di desistere da ogni impresa a danno di Genova, 49, 33o ; ottiene dai popolari di non muovere contro i Fieschi prima di una risposta del re, 5o n. 2 ; ric. 54; la sua autorità è scossa, 61, 331; strappa alle ire popolari Paolo della Costa, 61, 335; cede alle istanze dei popolari, 62, 336, 337; e alle loro minacce, 63, 65, 338, 33q ; riceve lettere dal re di Francia, 68 n. 1 ; 71, n. 2; raccoglie un consiglio segreto per decidere la restituzione delle riviere, 7!; ric. 71 n. 1 ; cenni della poca fiducia della plebe verso il governatore, 72, n. 1 ; ric. 72 n. 3 ; è sospetto al popolo per l’amicizia con G. L. Fieschi, 7J n. 1, 462 ; decide di lasciar Geno- 592 Indice Alfabetico va> 74) 4^ i r>c· 74 n ; la plebe è indifferente alla sua partenza, 77, ’4>t -'4'- ; il re dichiara di averlo richiamato per mandarlo in Fiandra, 78 n. i ; giudizi del Senare-. ga circa la sua politica, 78 n. 2; si abbocca con G. L. Fieschi a Busalla, 79, 342; muove verso la Francia, 344; ric. 349; gli sono inviate lettere dagli anziani e dalla Balia per ringraziarlo delle sue buone intenzioni verso i popolari. 80 n. 2; ric. 81 η. i; 4fij; sembra contrario all'impresa contro Monaco, 466; riceve lettere credenziali degli ambasciatori popolari, 8in. 1, 470; ric. 84 n.; 92; lettera dal Grimaldi, 92 n. 1 ; accusato dai nobili d’ aver cagionato la perdita di Pieve di Teco, 97 n; giunge a Blois, 112, n. 1; rie 115; gli anziani di G. gli raccomandano j nuovi ambasciatori popolari, 123 n. 1; ric. i54; i73; 181; 188; 369; 200 n. 1; 211 n. 2; 217; 218 n. 1; 219 n. 1; 223 n.; 388; 421; 423; 43>; 44°; 44>; 4e>9 ; 47°; 474; 476 n. 1. Cocarello Gio. Batta, v. Franchi (de) Gocarello G. B. Codefà, v. Genova (Capo di Faro), (Lanterna). Codemonte, v. Portofino (promontorio). Colime (Gerolamo de le), v. Colonne G. Collardo di Callevilla (Carlo de Calmila), governatore in Genova per il re di Francia (an. i3g8), 55g. Colombina Iralnm, priora del monastero di S. ò.'bastiano, promette di pregare per la salvezza di Genova, 443. Colonna (famiglia), è sposata in essa una nipote di Giulio II, 416 n. 1. Colonne Gerolamo, (Gieronimo di Collonne, HièroninniS de le colime) bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 53o. Commissari di Genova, v. Genova (Commissari). Compagna di Genova , v. Genova (Compagna). Compagnie di Genova, v. Genova (Compagnie). Condamine, località che si estende tra Monaco e Montecarlo, 137 n. Condotto dell'acqua di Genova, v. Genova (Condotto dell’acqua). Conestabili di Genova, v. Genova (Conestabili). Connestagii, v. Genova (Conestabili). Connio (del) Ambrogio, capo partito Adorno, 176, 3 60. Consiglio del comune di Genova, v. Genova (Consiglio del comune). Consolazione (convento della), v. Genova (Conventi). Consoli della ragione, v. Genova (Consoli della ragione). Consoli delle arti di Genova, v. Genova (Consoli delle arti). Conte Baldassarre, ric. 470. Conventi di Genova, v. Genova (Conventi). Corbinellus, v. Corvinelli Angelo. Cornigia, v. Corniglia. Corniglia (di), v. Antonio di Corniglia. Cornigliano, ric. 229 n. 1; 361 ; 365; la flotta franco-spagnola \i brucia una barca e ne tira in mare un’al- Indice Alfabetico ira, 244, 3yo; Ja plebe vi incendia la casa di Francesco Spinola, 247, 3 9, n. 2; 268 n. 17*69 "· 3- _ Statuto dei padri del comune del- la repubblica genovese, Pagano, Genova, 417 n· 2 ’ _ Conti dell’ambasciata al ■ a Persia, 417 n. 3. Desjardins Abel, Negociations d.plo-matiques de la France aree Toscane, Paris, imp. Imperiale,. 86., 78 n. 1 ; ric. 83 n.2; no n. 1 ; ,24 n. 2; .55 n. 2; .8. n. r,%h n. ,; 25. n. 1 ;»5» n. r,265n. 1; 260 n. 3; 271 n. 1. Diano; dipende da Genova, 88; .1 sindaco di essa e quelli di altre Città della Riviera chiedono l’abolizione deirofficio del capitanato, 88 n. 4, 474i ric· 483· Diario genovese degli anni ifnO-Oh ric. XI,-XII , e Passim> copIC ' esso, 295 ; copia dell’Archivio d. Stato di Torino, 296, n. 2; copia dell’Archivio di Stato di Genova, \ % Indice Alfabetico 595 296, 297 ; copia dell1 Archivio Civico di Genova, 298 , 299 ; copia della Biblioteca Beriana, 299, 3oo, 3oi; studio critico di esse, 3oi , 3o2, 3o3; qualità intrinseche del D, 3o3, 304, s ili1 autore di esso, v. Diarista. Diarista anonimo, autore del Diario Genovese degli anni tSoC-oy, ric. XII; 17 n.; 39; anonimo ma certamente partigiano del popolo, 304; quando principiò il suo Diario, 304; micio con cui lo condusse, 3o5 , 3o6; stile del D. 307; qualità del D. ; il Diarista appartiene al popolo minuto, odiai nobili, è a-mantissimo della patria e della religione, appartiene al partito Fregoso, 3o8, 309; ric. 14; 17 n. ; 39, 59; 65 ; 81 ; erra nella data della partenza degli ambasciatori popolari per la corre di Francia, 83 n. 1; ric. 146; erra nella data: 8 gennaio, in lettere inviate invece il 9, 171 n. 3 ; altro errore consimile, 173 n. 1 ; ric. 179; 184; 185, n. ; erra nel numero de1 mercenari fatti prigioni dai genovesi, 192, 370; erra nel giorno della partenza di B. Veneroso da Genova, 195 n. 2, 373;chiarisce l’episodio di un assalto dei genovesi alle mura di Monaco dalla parte del mare, descritto dal d’Auton, 20Ì, 38i, 38’; ric. 2o5;2Ìo; 241; sue notizie sul secondo scontro tra francesi e genovesi, 264; ric. 265; sulla mitezza dell’inverno, 279 n. 3; sulla decapitazione di Paolo da Novi, 290, . 4'4'6· Dolceacqua, dominio di Bartolomeo d’Oria, 116 n.; Francesca Grimaldi soccorre da D. il fratello Luciano, 149 n. 3; ric. 232 n. 2; 385. Domenico (chiesa di S.), v. Genova (Chiese). Domenico di Moneglia, prigioniero in Castelletto, 564. Domenico di Sampierdarena, reca da Asti la notizia dell’arrivo del re di Francia, 392. Drago, grosso cannone pisano usato all’assedio di Monaco, 128, n. 2; riportato a Genova e puntato contro il Castelletto, 234. Duyn (di) Giano, signore della vai d’Isére, grande scudiero del duca di Savoia, 104. E Elogi dei liguri illustri, Genova, Ponthenier, 1846, 57 n. 1. Espy (signore di), v. Paolo de Beus-serailhe. Este (d’) Afonso, duca di Ferrara, è al seguito di Luigi XII nell’impresa contro Genova, >58;prende parte al solenne ingresso del re di Francia in Genova, 400; lascia Genova, 401. Eusebio (Ellobio, Jjobio), segretario di Gian Luigi Fieschi, 120; è fatto cancelliere del governatore di Genova, 410. Euzobio, v. Eusebio. 5g6 Indice Alfabetico F Facino Cane, entra in Genova col marchese di Monferrato, (an. 1409), 5 60. Facio Filippo, alcune merci di esso sono sequestrate nel porto di Villafranca, 166, 513. Facio Gerolamo(Fapo G.), eletto pacificatore, 15, 318 ; e massaro dei pacificatori, 15 n. 1 ; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 53o; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Facio Gio. Ratta, officiale della moneta, 531, 534. Facio Leonardo, ambasciatore al Cleves, ric. 23, 319; 71 ; scelto dagli artigiani per pacificare gli animi dei cittadini, 373 ; incaricato di provvedere le stanze per i rivieraschi chiamati dal comune in Genova, 229 n. 1; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 53o; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Falamonica Pietro, v. Cattaneo Gentile. Famiglia (Famiglio), capo dei venturieri guasconi mandati dai nobili al soccorso di Monaco, 139 ; per estorcere danari dai popolari finge di passare al campo genovese, 139, 140, 491, 493, 494. Fanteagrasso Gerolamo, v. Fantagiuzo Gerolamo. Fantagiuzo Gerolamo, (Fantaegras-so G.), bandito da Genova reo di lesa maestà, 409· Fantinanti Agostino, prigioniero in Castelletto, 564. Fassolo (Fasciolo), vi è saccheggiata dalla plebe la casa di Francesco Lomellini, 17η., 319 ; rie» 2!)8, 299. Faxori, v. Genova (Faxori). Fazio, v. Facio. Federici, opere possedute da esso e lasciate in eredità al comune di Genova, 296, 297 n. 2. Fegino (di), v. Gregorio di Fegino. Felizzano, (paese presso Alessandria), vi pernotta L'igi XH *n v'a8B*° per Genova, 257. Ferdinando il Cattolico (Ferreo),re d1 Aragona, 33o ; nel suo \iaggio verso Napoli tocca Genova, 55 , 57, 333, 334; è dissuaso dal fermarsi a Genova, 58, 59 ,334, s| trattiene a Portofino o^ riceve la notizia della morte di Filippo redi Castiglia, 59, 336 ; afferma essergli stata offerta la signoria di Genova, 59 n. 1 ; riceve a Portofino un’ambasceria genovese, <>0 ; incertezza sulla data della partenza, arrivo a Napoli, 60 n. 2; suoi pretesi rapporti con Genova, i85, difesa dei popolari, 21 i>, 5a3 ; ric. 220; invia una flotta di quattro galee e due fuste in aiuto della flotta francese, 236, 388; riceve lettere dal comune di Genova colle ragioni della guerra contro il re di Francia, 391,392; suo stupore Indice Alfabetico 597 per la presa di Genova , 267 ; muove al convegno col re di Francia in Savona, 291, 414, 416, 418, 419; ric. 3o2; giunge a Portovenere, 417; a Portofìno, 418; a Genova, 418; breve permanenza, partenza da Genova, 419. l· eresino, v. Geresino. Ferrando, v. Ferdinando il Cattolico. Ferrara (duca di), v. Este(d’) Alfonso, l· errari Agostino notaio, eletto anziano, 14, J'7; commissario alla Spezia, 46, J29, 451 ; deputato dal partito Fregoso a regolare gli offici, 352; scelto dagli artigiani per pacificare gli animi dei cittadini, .'S72; gli si affidano le questioni colle riviere, 377 ; viene eletto anziano, 402 , 53o, 534: annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Ferrari Andrea, eletto ambasciatore a Carlo d’Amboise, 69 n. 1 ; 82 ; commissario alla Spezia, annunzia lo sbarco tentato dalla fiotta franco-spagnola nel golfo della Spezia, ma non riescito, 245 n. 3. Ferrari Galeotto, commissario al Castellacelo,22 3: inviato commissario a Recco, 226. Ferrari (ìio. Ratta, notaio, propone modificazioni alle riforme per la elezione degli offici, ('14, 3326, 445; ric. 40, 327; 4]; 44; è accertato che fu in particolar modo il popolo minuto a non volere che egli rimanesse in Genova, 45, n. 1, 444, 447, 448; ric. 450; si ritira a Fontanabona, 47, n., 32y, 445; gli sono inviati da Genova due ambasciatori per intimargli di desistere da ogni impresa a danno di Genova, 49, 33o; ric. 5o; 51, 332; 53; 54; accuse contro il suo mal governo nella Riv. di Levante, 460, 461; i popolari vorrebbero togliergli Montoggio ed altri castelli, ma ne sono trattenuti dal governatore e dal re, 62, ,336, 461; loro continua preoccupazione è di abbattere la potenza del F., 467, 468; luoghi tolti al F., 72; il F. amico al governatore, 73 n. 1, 462; ric. 464; si avvia verso Arquata, γ3. n. 1: pare fosse in relazione col cap. Tarlatino, 75 n; ric. 76 η. i. si abbocca col Cleves a Busalla, 79; è chiamato alla corte di Francia, 344; parte per essa accompagnato da molti gentiluomini, 346; ric. 120; giunge a Blois ove ottiene dal re di Francia benigna accoglienza, 155 n. 2; ric. 188; 369; notizia del suo arrivo alla corte di Francia, 370; raccoglie tutti i nobili in Casale Monferrato, 371; ric. 377; il consiglio di Genova propone che si offra allo Chaumont la consegna delle riviere a patto che si proibisca al Fieschi di abitare nel genovesato, 2o5, 38>, 383; il F. parte da Milano con 4000 uomini per riacquistare la Riviera di Levante, 237, 387; è presente con più di 100 gentiluomini al solenne ingresso 6oo Indice Alfabetico di Luigi XII in Genova, 270,400; molti dei suoi partigiani ottengono gli offici del comune, 410; da Genova ritorna a Montaggio, 416. Fieschi Lorenzo, governatore di Bologna pel pontefice Giulio II, 3γ6. Fieschi Nicolò, cardinale del Frejus e vescovo di Agde, ric. 356, n. 3. Fieschi (palazzo) ric. 12, n. 2; i5; v. anche Genova, (via Lata). Fieschi Paolo, ric. 359. Fieschi Paride, la sua casa in piazza Squarciafìchi è colpita dai tiri del-1’ artiglieria di Castelletto, 376. Fieschi (partigiani dei), tengono fortificate le porte di S. Stefano e di S. Andrea, ma vengono assaliti dai popolari che le tolgono a loro, 38, 324; alcuni di essi sono impiccati a Palazzo, 220,221, n 1, 377; partito dei F. ric. 245. Fieschi Rolandino, nipote di Gian Luigi, cerca di aggirare le milizie popolari presso Recco ma essendo sconfitto il grosso delle truppe Meschine deve anch’esso ritirarsi, 253. Fiesco (da), v. Fieschi. Fiesco Gio. Aloise, v. Fieschi Gian Luigi. Filippini a. p., Storia della Corsica, ric. 25 n. Filippo, re di Castiglia, notizia della morte di lui, 59, 336; cenni biografici, 60 n. 1. Filo (vico del), v. Genova (Vie). Finale (borgo), vi dimora Luigi del Carretto, 56, 333; ma ne deve fuggire per P arrivo del fratello Alfonso, 57, 334; deliberazione di Genova di soccorrere F. in caso di assalto da parte dei nobili , 142, 14J, 481 ; accorrono da F. a Genova i capi partito Adorno, alla notizia della venuta dei Fregoso, 176, 177, 483. Finale (cardinale di), v. Carretto (del) Carlo Domenico. Finale ( castello di), vi entra con uno stratagemma Alfonso del Carretto togliendolo ai fratelli usurpatori, 56, 57, 33 4· ' Finale (marchesato di), riacquistato a legittimo signore Alfonso del Car retro ai fratelli Carlo Domenico e Luigi che lo avevano spodestato, 56, 334; ric. 87; pare che 1 fratelli muovano con un esercito con tro di esso, 347i <*rlo 1)omenf* riprende a| fratello il dominio del F·’280’4"· , 'Acto Finale (signorp di), v. Carretto 1 Alfonso. Finalese, v. Finale (marchesato.. Fiorentini, ric. 74 n· 1 ’ nemici ai f sani, 75 n, ric. 92 n. 1; inferra con Genova (an. ij’78), 55 Fiorini Vittorio, ric. XI n. 2. Firenze, ric. 45 n. 1; 2 58 n. 2, giun gono da essa a Genova notizie delParrivo di Ferdinando il Catt > lico a Piombino, 4i(>· Firenze (ambasciatori di), alla corte di Francia, 467. _ Firenze (archivi di), carte pisane ivi esistenti, 75 n. Fixi di Camogli, v. I ixi di C. Flisco (de), v. Fieschi. Foglietta Agostino, eletto pacificatore, 15, 318; scelto come ambasciatore Indice Alfabetico 6oi al re di I< rancia , viene invece inviato al pipi, f>_) n. 1 ; 82; ritornato a Genova, si delibera di rinviarlo alla corte pontificia , 366 ; parte per essa, j 74 ; bandito da Genova reo di lesa maestà , 409 , 53o; il papa impetra invano da Luigi XII il perdono per esso, 416; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Fois (signore d ì, muove incontro a Ferdinand ) il Cattolico per accompagnarlo al convegno di Savona e nel viaggio si trattiene con esso a Genova, 418, n. 1 ; pernotta in casa di Pasquale de Fornari, 419. Fonchexoles (di) Giacomo, governatore di Genova mortovi di peste nel 15o5, 9. Fontana Gerolamo, incaricato di munire le bastie ed altre opere di fortilkazione contro l’esercito francese, 2 56, n. 1. Fontanabona, vi si ritira Gian Luigi Fieschi, 47, 329, 445; gli vengono ivi inviati due ambasciatori da Genova, 49, 3 io; cento uomini di F. partono con Filippino Fieschi contro la Spezia , 49 ; alla podesteria di Rapallo e F. sono preposti Leonardo Merello e Gio. Batta di Portofino, 2 26. Fontanabona (conte di), suo tìglio è bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5i n. 3. Fontanabona (di), v. Braccio crudele di F., Gerolamo di F., Stefanino detto Rosa di F. Fornari Benedettino, figlio di Man- fredo , riceve Γ avviso che dovrà far le veci del padrese questi non potrà seguire, come gli fu ingiunto il re di Francia a Milano, 5z8. Fornari Carlo, (Carlo delli Forre ), genovese residente a Milano, porta a Genova la notizia dei preparativi francesi in Lombardia contro di essa, 237 n. 1 , 385 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare , 552. Fornari (famiglia), la nave di essa accompagna la flotta spagnuola, 333. Fornari Manfredo, eletto anziano, 14 n. 2 ; deputato all’ ufficio per la spedizione contro Monaco, 11 5 n.: ric. 140 n. 2, 476; gli è ordinato di seguire il re a Milano e in suo luogo potrà andare il figlio Benedettino,.408, 528; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Fornari Pasquale, nella casa di esso pernotta il signore di Fois, 419. Fornari Raffaele (Raphael de Furnariis), eletto capitano del popolo , 314; sue proposte in un consiglio in S. Maria di Castello, 41 ; incaricato per tre mesi della amministrazione del comune, 172 , 357 ; deve abbandonare detto officio, 366; scelto dai mercanti per pacificare gli animi dei cittadini, 373; rie . 385 ; inviato ambasciatore al re di Francia per la resa di Genova, 267, 398; scelto dai popolari come loro difensore, 401 ; eletto officiale della Balia, 273, 402, 531, 534; annoverato nella lista dei cit- 6θ2 Indice Alfabetico tadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Fornari Stefano, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 5 io. Fornè, v. Fornari. Fossatello (piazza del), v. Genova (Piazze). Franceschi (famiglia), sulla nave di essa sono requisite le artiglierie per l’impresa della Spezia, 332. Francesco di Arquata, scelto dai popolari per chiedere al governatore di cacciare Gian Luigi Fieschi da Genova, 34, 321 ; eletto capitano per raccogliere fanti a guardia di Genova, 39, 325; ric. 40 n. 1; commissario per la spedizione contro Pieve di Teco, 66, 94, 340; commissario a P. di T. tot n. 1; 106; 472; 480; eletto seniore del popolo, 375 ; gli vien dato il comando di una galera, 385 ; viene eletto anziano, 402; 53o; 534; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Francesco di Camogli, (Franciscus de Carnulio), notaro eletto capitano del popolo, 314; appartiene al partito Fregoso e sembra amico dei Fieschi, 359; viene eletto officiale della Balia, 402, 53o, 534; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare , 552. Francesco di Lavaggi, prigioniero in Castelletto, 564. Francesco di Orléans, conte d’Angou-léme, delfino di Francia; feste ordinate in Liguria pel suo matri- monio con la figlia di Luigi XII, 6 n.; ric. 34 n., 4^2· Francesco di Orléans, duca di Longue-ville, è al seguito di Luigi XII nell’impresa contro Genova, 257, 258; è testimone alla concessione dei privilegi dati da Luigi XII ai genovesi, 549. Francesco di Quarto, ric. 480. Francesco di Recco, è inviato come commissario a Recco per sedare alcuni disordini fra partiti. 347 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Francesco di Sarzana, connestabile, 100 n. 2. Francesco di Tremi, governatore ia Genova pel duca di Milano, (anno 1436), 562. Francesco, signore di Lussemburgo, e al seguito di Luigi XII nell’impresa contro Genova, 2?8. Francese (esercito), inviato contro Genova; accampato a Voltaggio, mi naccia di entrare in vai Polcevera e brucia alcune case sui Giovi, 254, 394; dal campo di Busalla scende in vai di Polcevera e v’incendia e saccheggia molti paesi, 2 _■> 5, 394) ric. 255 n. 1; attacca le milizie genovesi che si devono ritirare, 260; pernotta a Rivarolo, 261 ; ma si mantiene a contatto con le forze genovesi, 264; riaccesa la pugna, sconfigge i genovesi, 265, n. 1, le truppe francesi fanno bottino delle armi consegnate dai vinti,, 271; commettono ruberie, 272 , 4° * 1 405; due soldati francesi sono im- Indice Alfabetico 6o3 piccati per avere oltraggiato una genovese, 413. Francese (flotta), appare dinanzi a Monaco, 236, 386; veleggia verso Genova per unirsi a quattro galee e due tuste inviate in soccorso dal re di Napoli, 2J6 , 386; si unisce ad esse, 2Ì6 n. 3; 388; compare a Savona, 389; indi a Cornigliano e poco dopo entra nel porto di Genova, 244, 3go ; bombarda per breve tempo la città e poi si dirige al golfo della Spezia; vi tenta uno sbarco che viene respinto dal marchese di Goano, 245; 392; entra nel porto di Genova dopo la resa della città al re di Francia, 399; spara a salve pel solenne ingresso del re in Genova, 270. Francese (governo) in Genova, favorisce i nobili a scapito dei popolari, 3, ric. 45. Francese (guarnigione) in Castelletto, si difende strenuamente dagli assalti dei genovesi, 234, 235, 387, 338. Francesi, ric. 75 n.; 88 n. 4; un castello in Lombardia si ribella ad essi, 374; ric. 189 n. 1. Francesi (aiuti) per il castello di Monaco assediato dai genovesi, 170 n. i, Francesi (signori), ric. 112, n. 2. Franchi (de) Anfreone, (Anfreone de Francis) , è mandato a prendere il castello di Portotìno, 224. Franchi (de) Bartolomeo, commissario alla Spezia, 53 n. 1. Franchi (de) Borgaro Matteo, [Mathia Borgaro), incaricato di provvedere le stanze pei rivieraschi chiamati dal comune in Genova, 229 n. 1; deputato alla presa del Castelletto, 23o, 384; riceve il comando di una galera , 386 ; viene a contesa con alcuni nobili, 404; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Franchi (de) Borgaro Paolo , eletto per procedere contro i Fieschi, 62 n. 1 ; ambasciatore alla corte di Francia, 82, 344; istruzioni impartitegli, 457; sue notizie sulla corte e sui preparativi dei nobili, 370, 371: annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Franchi (de) Borgaro Tommaso , invia lettere a Giovanni d'Oriu, 171, 355; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Franchi (de) Cocarello Gio. Batta, priore degli anziani, 14,317: deputato dal partito Fregoso a regolare gli ottici, 352; scelto come ambasciatore a Carlo d’Amboise, 213,366; eletto seniore del popolo, 375; inviato ambasciatore al re di Francia per chiedere un limite all’abbattimento di certe case ordinato dal Salazar, la punizione di molti malfattori, la restituzione delle artiglierie ecc. ecc., 282, 283, 284, 413; si trova nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 5 51. Franchi (de) Gaspare, commissario nella Riviera di Ponente, 145, 351, 5oo; i commissari al campo di Monaco gli inviano lettere, 160, 511 ; 604 Indice Alfabetico raccoglie guastatori per l’esercito, 169 ,514; ric. 184, 518 ; eletto capo di jioo fanti, mandati contro 1' esercito francese del d’Allégre, 2 3-2 n. 2; impiccato dai francesi a Porto Maurizio, 236, 388 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Franchi (ile) Giuria Antonio, (.Antonio de Franchi Juria), viene a contesa col tìglio di Angelo Ceba , 404 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Franchi (de) Jula Bernardo, eletto per la riforma degli offici, 65, scelto dai mercanti per pacificare gli animi dei cittadini, 3/3;eletto officiale della moneta, 531 , 534; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Franchi (de) Lazzaro, scelto dal popolo per chiedere al governatore di cacciare Gian Luigi Fieschi da Genova, 34, 321 ; officiale della Balia, 5o2, 514, 519 ; eletto consigliere del doge, 392 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Franchi (de) Leonardo, commissario di Chiavari, riceve l’ordine di abbattere il castello di C., 231 n. 1; lettere inviategli dal comune di Genova, 233 n.; da Genova è rinviato a Chiavari, 241, 242, n. 1. Franchi (de) Luxardo Bartolomeo, inviato commissario alla Spezia, 51 ; lettere inviategli dal comune di Genova, 100; avvisa gli anziani dell’avvicinarsi di Ottaviano e Gian Maria Fregoso, 171 ; annrnzia 1 infelice esito dello sbarco della floiia franco-spagnola nel golfo della Spezia, e chiede se i prigionieri si debbano impiccare, 245 n. 3. Franchi (de) Luxardo Battista, eletto capitano di Genova, 55g; indispodestato, 559; sfugge al pericolo di essere decapitato (an. 1401), 56o. Franchi (de) Luxardo Gio. Batta, eletto commissario a Chiavari, 46, 329, annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Franchi (de) Luxardo Giovanni, inviato a requisire i vini e le vettovaglie che si trovano nei conventi del Boschetto e della Certosa, 256, n. 1. Franchi (de) Paolo, ambasciatore popolare alla corte di Francia, 155, n. 2 ; riceve Γ avviso che dovrà far le veci di Giacomo de Sopra-nis se questi non potrà seguire, come gli fu ingiunto, il re a Milano, 528. Franchi (de) Toso Pantaleone, commissario a Chiavari, 54, n. 2, 452, ric. 100; 108 n. 2; 175 n. 2. Francia (Franca), grido dei popolari nelle sommosse contro i nobili, 10, 3i5; 16, 3i8, 434; J4i ^2[ > gridato dai sindici della Spezia passando sotto il governo popolare, 451 ; viene emanato un bando che ordina di gridare soltanto : Francia, Francia, e se si vuol gridare : evviva il popolo, bisogna che Indice Alfabetico sia preceduto dalla parola « Francia » 2ii n. 2; è il solo grido permesso dai nuovi privilegi del re di Francia, 546; vi si prepara una spedizione contro Genova, 181 ; i genovesi sono trascinati alla guerra colla F. 2ìo ; ric. 251 n. 1 ; letizia in F. per la vittoria delle armi francesi s_t Genova, 268 ; ne ritorna Gerolamo Fieschi, 367; ric. 336, 416, 429. F rancia (ambasciatore di), a Napoli, 39 n· 1 ; sue notizie sui rapporti di Genova con Ferdinando il Cattolico, 185, 367. F rancia (corte di), ric. 6 n. ; 21 n. ; carteggio tra essa e Genova, 22 , n. 1 ; due ambasciatori nobili diretti ad essa sono trattenuti dal governatore di Genova , 22 ; vi giunge l'ambasciatore dei popolari genovesi N. Oderico ,47 n. ; ric. 93; rapporti della corte con Luciano Grimaldi, 112 n. ; vi giungono gli ambasciatori nobili genovesi, 120; e quelli popolari, 122; ric. 121 n. 1 ; 122 ; 123 ; vi riparano nobili genovesi, 155 , n. 2 ; ric. 156 ; giungono da essa notizie sconfortanti dagli ambasciatori genovesi, 179 ; la « baronia » di F. entra col re in Torino, 248, 391; ric. 3o6; si ordina a Gian Luigi F'ieschi di venire ad essa, 344; il Fieschi vi si dirige accompagnato da molti gentiluomini, 346; ric. 522. v. anche Bourges ; Blois; Genova (Ambasciatori nobili), (Ambasciatori popolari). Francia (delfino di), v. Francesco d'Or-léans, conte d’Angouléme. Francia (forze di), ric. 12 5. Francia (soldati di), ric. i3o. Franzoni, Istruzioni ad Ambasciatori. 27 n. 3; 57 n. 2; 60 n. 2; errori di date, 95 n. 3; 96 n.: 107 n. 1. Fraschetro, la fanteria francese si avvia alla volta di F., 248, 3yi. Fregosino, ric. 67 n. 2. Fregoso Agostino, padre di Federico, v. Fregoso F. Fregoso Alessandro, alla notizia della sollevazione popolare in Genova tenta di lasciare Roma per raggiungere la patria, ma il papa glielo impedisce, 67 n. 2. Fregoso Battista, tenta invano di togliere il dogato al fratello, (an. 14Ì7), 563. Fregoso (capi - partito, cappellacci ), Giano e Ottaviano tentano entrare in Genova, 170, 35y\ giungono a Borghetto di Vara, il comune intima loro di uscire dal territorio genovese, 171, 357; rispondono essere venuti per il bene della patria, 172, 358; arrivano a Sestri Levante, 174, 358; entrano in Genova,174; 175 n. 1 ; ric. 176 n. 3; il loro tentativo contro Genova è creduto per qualche tempo alla corte di Francia come opera dei popolari, 216, 523; si parla di un cappellaccio Fregoso, 355. Fregoso (cardinale), abolisce l’officio dei capitani delle riviere, 475. Fregoso (Campofregoso) (famiglia), appartiene al partito dei popolari, 16 n. 1. 6o6 Indice Alfabetico Fregoso Federico, tìglio di Agostino, ènominatoda Giulio II arcivescovo di Salerno, 404. Fregoso Giacomo, (Jacobo de Cam-P°freg°ì°)i eletto doge (an. i3qo), 558. Frenoso Giano (Maria), alla notizia della sollevazione popolare in Genova, tenta di lasciare Roma per raggiungere la patria, ma il papa glielo impedisce, 67 n. 2 ; ric. 170 n. 1 ; muove col fratello Ottaviano da Bologna verso Genova, 171, 357; pare sia entrato con esso in Genova, 175 n. ; è posta una taglia per il suo arresto, 176 ; citato a comparire in giudizio, 179, 180, 372 ; ric. 194 n. 2. Fregoso Ottaviano, alla notizia della sollevazione popolare in Genova tenta di lasciare Roma per raggiungere la patria, ma il papa glielo impedisce, 67 n. 2 ; è indotto da Andrea dOria a recarvisi, 170, n. 1 ; lasciata Bologna, si dirige alla Spezia, è segnalato a Borghetto di Vara, 171, 356,357; s’imbarca a Sestri Levante per ignota destinazione ; pare sia sbarcato a Sampierdarena o a Genova, 174, 358 ; viste inutili le esortazioni ai suoi partigiani di levarsi in armi, si ritira ; a Camogli abbandona il leudo e le armi per aver salva la vita, 175, 359 ; 175 n. 1 ; è posta una taglia per il suo arresto, 176; ric. 177, n. 1, 359,36ο; citato a comparire in giudizio, 179, 180, n. 1, 362 ; ric. 194 n. 2. Fregoso (partito), in opposizione a quello degli Adorno, si unisce per poco con questo per opporsi ai nobili, 3i4; metà degli officiali civili sono scelti da esso, 84, 344, liti col partito Adorno, 84, ii5, impone il mutamento dei cancellieri di Palazzo e di S. Giorgio perchè di parre Adorno, 146; ric. 153 ; 170 n. i ; si risente della venuta in Genova dei capi partito Adorno, 177 ; appartiene ad esso Γ autore del Diario degli anni 15o6-o7; 3o8, 3o9 ; ric. 304 ; 345; 347; 359; 36. ; 38.; è ricordato come quello che istituì per primo l’officio dei capitani delle riviere, 475 ; il grido : Fregoso, è proibito nei nuovi privilegi concessi dal re di Francia, 546. Fregoso Pietro, doge di Genova (an. .45o), 296 ; sue convenzioni col popolo di Genova, 554, n 1. Fregoso Tommaso (Thomaxo Campo-fregolo) , capitano popolare in Genova,spodesta Barnaba da Goano e viene eletto doge (an. 1415); cede Genova a Filippo Maria Visconti, (an. .42.), 5615 è rieletto doge, (an. 1437), 563; viene spodestato e imprigionato da Gian Antonio Fieschi (an. 1442), 563. Fregoso Tommasino, copre per il primo la carica di capitano delle riviere, 475. Frejus (cardinale di), v. Fieschi Nicolò. Fritolo, è impiccato in Passatello,408. Furnari, v. Fornari. Indice Alfabetico G Galiano Pantaleone, sindaco di Ventimiglia, 474. Gai.1.0 Antonio, cronis'a genovese, ric. 3 10. Gallo Bernardo, eletto seniore del popolo, 375; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Gallo Paolo, (Paulo Gaio), gli vien dato il comando di una galera, 386 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Gambacorta Pietro, (Petro Gamba-curta), capitano pisano ai servizi di Genova, è inviato a Sarzana per assoldare fanti per Genova, 49; è a capo della guarnigione di Chiavari, 335 ; eletto governatore dell’esercito genovese, 74, 454; parte per la spedizione di Pieve di Teco, 94, 342, 456; incaricato di studiare un piano per la espugnazione di Monaco, 98 ; scrive agli anziani, 101, n. 2; riceve ordine dipartire per Ventimiglia, 101; non approva la spedizione contro Monaco, 102, 470, 471 ; ric. 102 n. ; trattenuto con le truppe ad Albenga, io5; parte poi per Ventimiglia, 106, 128, ric. 129 n. 1; 137; stima opportuni grandi rinforzi per poter prendere Monaco, 147, 497; è lodato dai commissari, 158 , 5o5 ; 198, 520; e da Luigi di Bervey , 1 59, 509; propone che s’invii a Genova Alarame di Bozolo per annunziare lo stato miserando del campo e chiedere soccorsi, 199, 520 ; dopo lo sfortunato assalto alla rocca di Monaco si ritira con 1’ esercito a Ventimiglia, donde i genovesi attendono invano che esso accorra a Genova, 2 5o; ric. 484 : 490; 5oo; 5o5. Garaventa Andrea, bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5 1 11. 3. Garbo, località in’ valle di Polcevera, difesa dai genovesi contro i francesi, 262, 3y6. Garibaldi Lorenzo, [Laurentio de Ga-ribaldo\ scelto dagli artigiani per pacificare gli animi dei cittadini, 373 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Garibo Cristoforo, sindico di Porto Maurizio, 474. Gattières (di), v. Grimaldi Francesco di G., Grimaldi Manuele di G. Gattières, dominio di un ramo della famiglia Grimaldi, 149 n. 2. Gatto Bernardo, eletto per la riforma degli offici, 66. Gatto, insegna dei Fieschi, 34, 460. Gavi, vi si raccolgono i nobili fuggiti da Genova e decidono di mandare Andrea d’ Oria al re come loro difensore, 20; gli ambasciatori popolari a Carlo d’Amboise ritornano per la via di Gavi a Genova, 216 , 522; ric. 563. G.avoto Paolo , (Paulus Gavotus), priore di S. Agostino, promette di pregare per la salvezza di Genova , 442. Gazaria (officio della), v. Genova (Offici). 9 6oS Indice Alfabetico Genova (Ambasciatori) di G. a Napoli, 59 n. 1, incontro a Ferdinando il Cattolico a Portovenere, 4'4- — (Ambasciatori nobili) a Giulio li papa, 79, J44, 464; a Luigi XII, re di Francia, 20; 22; giungono alla corte e ricevono onorevole accoglienza dal re, 120, 121; presentano un memoriale, 121 n. 1 ; il re concede loro una nuova udienza, 155 11.2,- ric. 168 n. x; olirono al re centomila ducati perchè mandi un esercito contro Genova, 179, 362. — (Ambasciatori popolari) a Carlo di Chaumont d’Amboise, 5 n. 2; 20; 27; nuovi ambasciatori al medesimo, 366, 522; accompagnano il Roccabertino nella sua partenza da Genova, 213, 375, 522; notizie retrospettive su detta ambasceria, 213, 214, n. 3; giunti a Serravalle non osano proseguire, 215, n. 1, 376, 522; molestati dai nobili vanno sino a Novi e di qui pure debbono partirsene per le insolenze dei francesi e ritornare a Genova, 216, 376, 377; si eleggono due ambasciatori al d’A. accampato sotto Genova, per trattare accordi con esso, 263, 397. — a Ferdinando il Cattolico, 60, n. 2; ric. 95 n 3. — a Filippo di Cleves di Ravenstein, 5 n. 2; 19, 3 19; istruzioni loro impartite, 23, 24; si abboccano con Gian Luigi Fieschi e scrivono di averlo trovato proclive al nuovo governo; 26, 27, 28, 29; fan parte del consiglio del 22 ottobre i5o6, 71, n. 1, 340; ricevono le citta tolte al Fieschi per consegnarle al goicr natore, 72 n. 1. — a Giulio II, loro elezione, 82, n. 2; e loro partenza, 83, n. 2, 346; sono accolti benignamente dal pontefice, i2>, 124, 355; loro ritorno a Genova, 182 n. 2, 183 n., 363; si decide di rinviarli alla corte pontificia, .>66, partono per essa, 374; ric. 5oi. — a Luigi XII re di Francia, 5 n. 2; ric. 6 n. .; >9; 79; Prossimo loro invio, 80 n. 2; giorno della loro elezione, 82 n. 2; e loro partenza 83, n. 1; istruzioni loro impartite, 9. n. 5, 93 n. 1,99^ 4^75 ric· l20’ loro arrivo alla corte, dove non ottengono udienza, 122; gli anzia ni danno loro notizie e istruzioni, ,22, 123, .24 n. 1; scrivono al comune di non avere ottenuta udienza dal re, 155 n. 2, 179·» J^2> scrivono da Lione di essere stati licenziati dal re e annunziano lo invio di Carlo di Chaumont contro Genova, 184, .366; nuovi ambasciatori al re accampato col suo esercito sotto Genova per stabilire i patti della resa; non sono ricevuti e vengono mandati al cardinale d1 Amboise, 267, 398; discussione sul giorno del loro invio, 267 n. 2; nuovi ambasc.atori al re per far segnare un limite all1 abbattimento delle case ordinato dal Salazar, per la punizione dei malfattori di Castelletto e di capo Faro ecc., 282, 283, 284, Indice Alfabetico 41 3; risposta dei detti ambascia-tori, 284 285, ric. 512. Genova (Anziani), i popolari per sostenere le proprie ragioni dinanzi agli A. eleggono dodici capitani; i nobili per la stessa causa ne eleggono quattro, 7, 314; avendo ottenuta la legge dei due terzi degli uffici, i popolari procedono alla elezione di nuovi A. 13, 14, n. 2,316, 317; i nuovi Anziani cavalcano per la città, licenziano i sestresi e i pol-ceveraschi accorsi in Genova in aiuto dei popolari ; mandano una grida che tutti depongano le armi, 14, 7; ripetono detta grida, 16, 319; deliberano d’inviare Nicolò Oderico al re di Francia, Antonio di Lerici a Carlo d’Amboise, Bartolomeo di Ceva a Filippo di Cleves, 18, 19, Jig ; ordinano la sospensione delle cause in cui abbia parte Nicolò Oderico, 19, n. 2; ricevono dal re ordine di far deporre le armi e avviso dell’ invio a Genova di Carlo d’Amboise,· si affrettano a rispondergli che la città è tranquilla e non fa d’uopo dell’intervento del luogotenente generale, ai, 22, 428, 4Ì0; 22 n.; rie 431 ; ricostruzione del carteggio fra gli Anziani e il re, 22 n. 1; lettere a Gian Luigi Fieschi in cui lo invitano a ritornare in città, 26; raccomandazioni agli ambasciatori presso il Cleves di non perderlo di vista, 27; lettere allo Chaumont avvisandolo che la città è quieta e non occorre quindi che egli venga a Genova, 27, 4J0, 4'ji ; lettere al- l’ambasciatore Antonio da Iberici lodando il suo operato presso lo Chaumont, 27, n. 1; carteggio con gli ambasciatori e col Ravens»ein ad Asti, 28, 29, n. 3 ; vanno incontro al governatore di Genova, 29, Jo, 320: in lettere scritte a Nicolò Oderico gli danno nuove dell’arrivo del governatore e di Gian Luigi Fieschi a Genova, 3o, n. 1, n. 2; lettere al re sullo stesso argomento, 32 n. ; i comizi per le elezioni di nuovi A. vengono rimandati per ordine del governatore che proroga i poteri agli A. uscenti, 33, J20; ric. 33 n. 2 , 34 n.: loro adunanza in piazza de Marino per prendere prov.edimerni contro i Fiesclv, 35, 322; vani tentativi di accordo tra essi e il governatore circa Gian Luigi Fieschi, 36, 322, 32); elezione di nuovi A. (5 settembre i5o6), 38, 324, n. 1, 32 5, 445; invitano i religiosi di Geno .'a a pregare per la pace cittadina, 3g n. 1, 441; ric. 40 n. 1: viene sanzionata dal popolo in un grande consiglio a S. Maria di Castello l’opera dei vecchi A. e l’elezione dei nuovi, 41 , 328 , 445 : ric. 42, n. 1; lettere a N. Oderico sugli ultimi avvenimenti di Genova ed istruzioni in proposito, 47 n.. 443; lettere al re per informarlo degli ultimi avvenimenti, 447; convocano gli uffici di Genova per deliberare sulla diminuzione di alcune gabelle. 48 n. 1 ; avvisano i commissari della Spezia delle mosse dei Fieschi, 49; esortano i sindaci 6lO Indice Alfabetico ed il consiglio della Spezia a resistere a Filippino Fieschi, 49 n. 1; annunziano all'Oderico l’occupazione della Spezia da parte dei Fieschi. 5o n. 1, n. 2; ricevono notizia della presa di Ghiavari da parte delle truppe genovesi, 54 ; aiutano Alfonso del Carretto a ritogliere il marchesato del Finale ai fratelli usurpatori, 56, 3 J4 ; inviano ambasciatori al re di Aragona a Portotìno, 60; proposte di riforme nella loro elezione, 6>, 3 >8, 469; incaricano l’ambasciatore N. Oderico di ottenere che le riviere sieno unite sotto il governatore di Genova, 68 ; tentano di calmare con lettere ossequentissime lo s legno del re di Francia per la conquista della Spezia e di Chiavari, 69; spediscono lettere all’Oderico per rimproverarlo di essersi allontanato qualche giorno dalla corte, 69 n. 2; ricevono lettere deH’Oderico da Bourges, 70 n. 1 : raccolti in consiglio col governatore , la Balia etc. decidono la consegna delle riviere al re. 71, 3 40; 72: inviano lettere al re, 71 n. 2; 7J n. 1; 79 n. 1; dichiarano di aver ceduto al volere dei tribuni circa l’editto contro i nobili, 79; lettere al re, a Filippo di Cleves e a N. Oderico, 80 n. 2; Oderico li avvisa di aver consegnato la lettera al re, 81 n. ; venuti a conoscenza dello sdegno del re per la non avvenuta consegna, rispondono di aver dovuto cedere alla prepotenza della plebe, 81 n.; prorogano il tempo per il ritorno dei nobili, 81 n. 1,342, sono biasimati dal re per l’editto contro i nobili, rispondono difendendo il loro operato, 81 n. 1 , 4**5 i r*c· 110, n. 2; emanano un avviso circa la sospensione di un editto contro Savona, 83 n. 3 , 84 n. ; loro elezione secondo la nuova riforma, 84, 344, 346; ric. 99 n. 1; istruzioni ai due nuovi ambasciatori inviati a Luigi XII, 457, ammoniti dal duca .di Savoia di non muovere contro Mentone e Roccabruna, 104, 346; gli rispondono che le loro mire son rivolte soltanto contro Monaco , io5 ; ric. 347; i commissari della Pieve li dissuadono dall’impresa contro Monaco, .02, 10S; e li avvisano della mancata partenza delle truppe da Albenga per Ventimiglia, io5, n. 3; ricevono lettere da N. Oderico sullo sdegno del re di Francia, 109, no, 1.3 n. stringono patti con un ignoto che assicura di prendere Monaco in 22 giorni, 114 n. 1, 115 n; adunano un consiglio per raccogliere danari per la spedizione di Monaco, 116; ricevono dai due ambasciatori ve nuti da Torino notizie contradit-torie circa gl’intendimenti del duca di Savoia su Monaco, 117; N. Oderico li informa dell’ arrivo degli ambasciatori nobili alla corte di Francia, dell’udienza loro concessa, della condotta da lui tenuta, del-Γ arrivo dei nuovi ambasciatori popolari, 120, 121, 122; scrivono Indice Alfabetico 6l 1 a N. Oderico che non possono consegnare al re i castelli da lui richiesti, 122; lodano N. Oderico per la risposta alle accuse dei nobili e gli danno nuove istruzioni, 12 i; inviano lettere al re, al governatore di Genova ed al legato apostolico raccomandando gli ambasciatori che sono alla corte, 123 n. 1; ricevono lettere da Alfonso del Garretto , 482 ; grida ai banchieri , 145 , 3 51 ; lettera ai commissari al campo di Monaco, 148, n. 1 ; al signore d’Allègre lagnandosi dei nobili di Savona, 153, 5o 1 ; e meravigliandosi che egli tema un assalto dei gen. contro di essa, i 54 ; rinviano R. Veneroso a Torino per tentare un accordo col duca di Savoia, 1 56; loro politica pacifica verso il duca, 165 , 166 , 167; ric. 357 ; per il minacciato arrivo dei capi partito Fregoso inviano due commissari nella Riviera di Levante, 171, J57 ; ric. 173 n.; avvisano i supremi commissari di avere eletto altri sei colleghi, 178; mandano ordini ai commissari ed agli officiali della Riviera di Ponente di punire severamente i disertori del campo di Monaco, 184 n. 1; due anziani recansi invano a Castelletto a pregare il Salazar di restituire i prigionieri fatti nella chiesa di S. Francesco, 190; annunziano al duca di Savoia che B. Veneroso partirà per Torino non appena rimesso in salute, 194; scrivono a Nicolò Oderico e Simone di Giovo che ritornano dalla Corte di Francia « sono tratten iti a Sai uzzo per non aver ricevuto il salvo-condotto dal duca di Savoia , che il Vene-roso procurerà di ottenerlo da Carlo II, 1 g5 n. 2; decretano a Gaspare Giudice di Ventimiglia la cittadinanza genovese per atti di valore e di devozione compiuti sotto Monaco, 198 n. 1; ordinano di sospendere le cause in cui è implicato Paolo da Novi, essendo questi andato come commissario al campo di Monaco, 200 n. 1 ; ordinano a Paolo da Novi e agli altri commissari di Monaco di rimandare le artiglierie tolte a Benedetto dell’isola, 201 , n. 1 ; ingiungono di non gridare che « Francia » e se si vuol gridare « viva il popolo » si faccia precedere dalla parola Francia, 2 1 1 n.2; inviano lettere ad Andrea Cicero affinchè li difenda presso Carlo d'Amboise, 214 n. 2, 215, 52i; senza il loro permesso nessuno può lasciare Genova, 218, n. 1; proibiscono di portare calze del colore di qualche partito, 22 S n. ; ordinano di consegnare le armi appartenenti ai nobili, 378 ; ordinano che non si parlamenti con quelli di Castelletto, nè si diano loro sovvenzioni, 227 n.; concedono ad Allabre de Saule un salvocondotto per venire ad un parlamento , 227 n. 1 , ric. 381 ; ordine agli abitanti delle tre podesterie di venire con le loro famiglie e con le loro robe a Genova, 228, 229 n. 1; decisa la guerra a Indice Alfabetico 6l 2 re di Francia, ordinano a tutti i cittadini di portare i loro argenti alla zecca, 231 : emanano gride per tar preparare alloggi alle truppe venienti dalle tre podesterie e contro certi malfattori che avevano derubato alcuni forestieri e genovesi, 235 n. i; ric. 24.3 n. 4; scrivono col doge agli officiali della Riviera di Ponente informandoli dei;li avvenimenti di Genova, 2 55 n. 1; 256 n. 1; decidono di inviare ambasciatori al campo francese, 526 ; muovono incontro al re di Francia, 270; elezioni di nuovi A., 273, 402; prestano giuramento di fedeltà al re, 277 , n. 1 , 533, 534; ric. 410; scrivono agli ambasciatori presso il re che il Salazar, malgrado gli ordini regi, continua a ar abbattere case alla Maddalena, 285, 286 ; vanno a presentare gli omaggi della città ai reali di Spagna giunti par mare a Genova , 419; rie 440; 441; 473; 474; 476 n. i; 481 ; 525 ; 527; 528; 53o ; 538 ; 541 ; 543 ; diritti degli A., 544, A. popolari (an. 1398), 558, 559. Genova (Archivi), Civico, possiede una copia del Diario genovese degli anni i5n(]-oy appartenente al fondo Pallavicini, 295, 298; ric. 3o3 ; 3 10; di S. Giorgio, ric. γ5 n.; di Stato, ric. XI ; 6 n.; 9 n. 2 ; 14 η. i ; j6 n. 1 ; 131 n. 2 ; 277 n 1 ; 284 ; possiede una copia del Diario genovese degli anni iSoò'-oj appartenente al 'ondo Federici, 295, 296; ric. 3oi; 3o3; 310; tutti i documenti qui pubblicati appartengono ad esso, 421 ; ric. 564, n. 2. Genova (A rcivescovato), ric. 545. — (Arsenale), (darzenale), è visitato dal re di Spagna Ferdinando il Cattolico, 419. -(Artefici), (artigiani 0 popolo minuto>), ottengono coi mercanti due terzi degli offici civili, 42·ϊι 42 5; rappresentano la parte più accesa del popolo di Genova e dominano nelle deliberazioni del governo popolare, 44, j’29i 45i n. 1 ; qualche artigiano vorrebbe opporsi alle spese eccessive, 5o, 332 ; adunanze della plebe in Santa Maria di Castello, 33y, 338 ; elezione dei tribuni della plebe, 341, 343 ; le compagnie delle arti offrono denari e fanterie per Γ im- ■ presa di Monaco, 351 ; ric. 404; si raccomanda al doge Paolo da Novi di osservare i capitoli e le consuetudini degli Artefici e cercare di migliorarli, 241 ; lista degli Artefici che furono di fazione popolare, 551 ; ric. 554; 555; 556. —(Banco di San Giorgio), vengono e’etti quattro deputati a rivederne i debiti, 48, n. 1 ; il Comune contrae un prestito con esso per arruolare 3ooo fanti, 5o, 332; ric. 337; deliberazione per Γ impresa di Monaco, 116 n. 2, 359; somme sborsate, 169; 177; 339 ; nuovo prestito per P impresa di Monaco, 188, 369,· ric. 188 n. 2 ; 191 ; 377 ; nelle compere di S. G. Paolo da Novi possedeva vari Indice Alfabetico 6l3 luoghi, 23,9 ; il re di Francia ha intenzione di sopprimere detto banco, >71 n. 1 · ma riconferma poi 1 privilegi di esso, 406. Genova (Biblioteche), Beriana, ric. 277 n. i ; ha una copia del Diano genovese degli anni ι5ο6-οη, 29-S 299, 3oo; che fu tratta da quella delPArch. di Stato in Genova, 3oi ; ric. 4,7 n. 3; 533 n. 1 ; — Brignole-Sale, ric. 564 n. 2. — ( B o r g h i ), di S. Stefano, i popolari muovono verso di esso per assalire le case dei Fieschi, 12, 316; il governatore lo attraversa in un giro d1 ispezione della città, 35, 322 ; gli uomini del borgo assaltano e tolgono al Fieschi la porta dell’Arco, di S. Stefano e la torre di S. Andrea, 38, 324 ; privilegio loro concesso, 38 n. 1, 44°) 441 ; hanno due rappresentanti fra i tribuni della plebe, 75, 341 ; ric. 386 ; — di S. Tommaso, privilegio concesso a detto borgo 44°i 441 ; lia due rappresentanti fra i tribuni della plebe, 75,341 ; — sottoborghi, ric. 218, n. 1. - (Capitani), sono tutti annullati tranne quelli « de la piacia », 123 ; — cap. a guardia di G., eletti il 6 Ottobre i5o6, 62, 337; sciolgono un assembramento di plebei in S. Maria di Castello, 63; 337, 338 ; — cap. d. arti, v. consoli delle arti; — cap. d. popolo, eletti dai popolari per sostenere le loro ragioni contro i nobili presso il luogotenente e gli anziani, ric. 7, n. 2, 314; 10 n. i,315, 316; — cap. d. riviera, se ne chiede Γ abolizione , cenni sulla loro creazione e sulle vicende di questo ufficio, 88, n. 4, 4^4; — cap. per raccogliere fanti, 39. Genova (Capo di Faro), (Codefà), estremità occidentale del porto di Genova, è abbandonata dai genovesi di fronte all1 esercito francese, 396 , viene ritolta ai francesi dalle milizie genovesi, 264, 397 : vi si reca il re di Francia per stabilire il luogo ove costrurre un nuovo castello, 400 ; vi sono abbattute le forche per principiare la costruzione del castello, 403 ; ric. 405 ; i genovesi devono pagare 40.000 dicati per la costruzione del castello a C., 408, 53 1; gli abitanti di quella località si lagnano delle prepotenze degli addetti alla costruzione della nuova fortezza, 283, 411 ; ric. 285 ; vi è sbarcato molto materiale proveniente dalla Provenza pel nuovo castello, 413 ; nella torre di C. è rinchiuso Raffaele Adorno e Tommaso Cam-pofregoso (an. 1437), 563; v. anche Genova (Fortezze). (Cappellacci),f Cappellata% capi dei partiti Adorno e Fregoso ; i popolari si obbligano con grandi promesse di non obbedire più ad essi, 436, 464 ; per sospetti contro di essi il popolo li caccia dalla città. 16, n. i, 318, 436 ; ordine di non portare armi, nè divise di c., nè praticare con essi, 332 ; molti cittadini giurano di non voler più i c., 341 ; ric. 143 ; 223 n. ; 388 ; 461 ; v. 40 614 Indice Alfabetico anche Adorno (capi-partito), Fregoso (capi-partito). Gknova (Cappellacci popolari), eleggono otto cittadini al governo della città (an. 140·), 55g; sono presenti all’elezione a doge di Isnardo de Guarco (an. <4'7), 56 >. — C a p p e 11 e ), nome dato alle persone dell’intima plebe genovese. . 44, 45 n. 1 ; ric. 44 ; 248 n. 1. — (Carignano), i popolari s’impossessano delle case dei nobili ivi esistenti, 319 ; vi murano tutti i portelli, 329. — (Chiappe), località tra il Castelletto e il Castellacelo, gli abitanti di essa arrestano due uomini sospetti usciti dal Castelletto, 366 ; si lagnano della prepotenza degli uomini di Castelletto, 283. — (Chiappella), località presso il laro di Genova ; i genovesi gettano un gran ponte in quella località per battere le milizie francesi, 264, 397. - (Chiese), Annunziata, 442; — Maddalena, gli abitanti dei dintorni sono danneggiati da una sortita dei francesi di Castelletto, 261, 3o5 : nuove manomissioni deile truppe di Castelletto in quei dintorni, 268, 398 ; v. anche Genova (Piazze); — S. Agata, in vai di Bisagno ; presso ad essa vi era un ponte sul B., 365 ; — S. Agostino, 442 ; — S. Brigida, vi viene arrestato Luigi di Bervey, 27.), 404 ; ric. 442 ; — S. Caterina, vi cadono alcune bombe tirate da Castelletto, 376 ; — S. Domenico, 43 ; vi si trovano rinchiusi 400 venturieri, 6. ; 331 ; sono usate le panche di essa per un grande consiglio, 65 n. 2 ; ric. 13g, vi si raccolgono molti cittadini del partito Fregoso per eleggere quattro deputati a regolare gli offici, 352 : _ s. Donato, il Cleves in un giro d’ispezione per la città vi trova buon numero d’armati, 35, 322 ; — S. Francesco di Castelletto, i fedeli raccoltivi per udire i vespri vengono tutti tatti pri gionieri, dal castellano di Castelletto, 189, 370, 52j , v. anche Genova (Conventi) ; - S. Giovanni di Pre, la flotta franco-spagnuola si spinge sin presso ad essa, 244, 35o ■ — S. Lorenzo, vi si rifugia G. Giorgio Fieschi per scampare all’inseguimento di Giacomo Ghiglione, 8, 3.5; nella cappella degl, scrivani si adunano 3 00 artigiani e scelgono dodici cittadini per porre „ ■> . il giorno pace in G., igj, J/2 > & dopo nello stesso luogo fanno al- ■ '1 i ^ * il Γ" trettanto i mercanti, 19J, / 1 resto di un prete di S. L. sorpreso ad inviare lettere ai Fieschi, 376; nel chiostro di S. L. si raccoglie un consiglio per provvedere al denaro necessario alla guerra e si delibera di ordinare ai cittadin’ di portare i loro ori alla zecca e d’imporre tasse, 393 ; ric. 394; vi è raccolto un numeroso stuolo di vergini che chiedono misericordia al re entrato da trionfatore in Genova, 270, 400 ; si recano a vedervi la famosa «scodella», il Indice Alfabetico 615 governatore di Genova, P ambasciatore del pontefice e il castellano di Castelletto, 282,4.6,417; sua costruzione (an. 1100), 557; ric. 56 J; _ s. Marco, :i74; il re di Spagna, Ferdinando il Cattolico, vi ode la messa, 419 ; - S. Maria d. Castello, vi si tiene un grande consiglio per sanzionare 1 opera dei vecchi anziani e dei 12 pacificatori e confermare la creazione dei « faxori»,dei nuovi anziani e degli ufficiali di Balia, 41, .>28, 445; r;c. _μ n_ ,. 43, 329 ; assembramento di plebei sciolto da quattro capitani, 63, ->37, 338 ; nuovo consiglio adunatosi in essa, 338 ; vi si adunano 2000 artigiani ed eleggono otto tribuni della plebe, 74, 34i,343; 7^ 76, n. 1 ; nuove elezioni di tribuni, 77 n. ; due frati di quel convento estraggono gli eleggibili agli offici civili, 84, 344, 345 ; i popolari ivi adunati giurano di lasciare i partiti, 345 ; vi si raccolgono molti cittadini del partito Adorno per eleggere quattro deputati a regolare gli offici, 352 ; vi si aduna la compagnia di Gesù e tutti i consoli delle arti per deliberare che si cambi Γ officio di Balia, 375; nella medesima chiesa e nella « casaccia » vicina si adunano molti artigiani con la compagnia di Gesù e decidono di non consegnare le riviere al re e di mantenere i tribuni uscenti, 189, 369; vi si tiene un gran consiglio ove si stabilisce di far guerra al re di Francia e di prendere il Castelletto, 23o, 383 ; ric. 2ji ; — S. Maria d. Consolazione, 442 ; — S. Maria d. Grazie [Mad. de· gratia), 442; — S. Maria d. buccoli, 353 ; — S. Maria d. Monte, due frali di essa estraggono a sorte gli eleggibili agli offici civili, 84, 344, 345 ; ric. 442 ; — S. Maria d. Pace, 442 ; — S. Maria d. Servi, 286 n. 3, 415 ; — S. Maria d. Vigne, vi si adunano i capi-partito popolari per eleggere otto cittadini al governo di Genova, 559 ; — S. Marta, 442;—S. Matteo, 10; — S. Paolo di Genova, 44! ; — S. Rocco, li presso viene trainato il grosso cannone Bufalo e puntato contro il Castelletto, 234; ne viene tolta Partiglieria e portata a Palazzo, 247, 3go ; — S. Sebastiano, 443 ; — SS. Giacomo e Filippo, 443;— S. Silvestro, 443 ; — S. Siro, vi è fondata la compagnia di Gesù, 361 ; vi cadono alcuni colpi delle artiglierie di Castelletto, 376 ; vi è eletto doge Isnardo de Guarco (an. 1437), 563 ; — S. Teodoro, gli anziani e quaranta ragguardevoli cittadini muovono sino ad essa incontro al re di Francia nel suo solenne ingresso a Genova, 270. Genova (Città e Comune), condizioni interne, 2, 3i3; soggetta al dominio francese, 3, 3i3 ; i nobili vi commettono violenze contro i popolari, 5, 6, 7, 313, 314; ha per governatore Filippo di Cleves di Ravenstein e per luogotenente Filippo Roccabertino, 9 ; ne viene Indice Alfabetico cacciato Gian Luigi Fieschi, 12, 3 1 tì ; vi accorrono in aiuto dei popolari 600 uomini di Sestri e di vai di Polcevera, 14, j 17 ; i popolari cacciano di nuovo i Fieschi ed i nobili, 16, 31 g ; carteggio tra G. e la corte di Francia, 22, n. 1 ; tra G. e i suoi ambasciatori ad Asti, 28 ; giunge a G. il governatore francese Filippo di Cleves, 29, n. 3, n. 4, J2o ; accoglienza fattagli, 3o ; vi rientra G. L. Fieschi, 3i, 320; i popolari non vogliono che neppure uno dei Fieschi rimanga in G., 36, 323 ; terza cacciata dei Fieschi, 3j, 323 ; vi si tiene un gran consiglio sulla abolizione della gabella del grano e sulla diminuzione di quella del vino, 48 ; vi si requisiscono artiglierie per riprendere la Spezia, 5i, 332 ; grida contro i nobili ed i fautori di essi, 5i n. 3, 332 : conquista la Spezia e Chiavari, 53, 54; prepara festeggiamenti pel passaggio del re d’Aragona, 55, 57; ma il re, entrato con la sua flotta nel porto, non scende a terra, 58, 334 ; rie· 333 ; gravi condizioni della città, 60, 61, 66 n. 2; vi giungono lettere di N. Oderico, 67 n. 1, n. 2, n. 3 ; 68 n. 1 ; 70 n. i ; e lettere dal re, 71 n. 2 ; ric. 74 ; 76 n. 1 ; vede con indifferenza la partenza del governatore, 77, 341 ; notizie sulle sue condizioni, 80 n. 2 ; vi ritorna G. B. Bonfante con lettere di N. Oderico, 81 n., 82 ; ric. 83 ; 86 ; territorio posseduto dal co- mune, 87,88, n. 4, 8y; antichi confini del suo dominio, 90 ; vi tornano le galere della spedizione contro Pieve di ^ ec0’ ^ ’ nC' ’ dà l’incarico ad Ambrogio Gioardo e al capitano Gambacorta di studiare un piano per Γ espugnazione di Monaco, 98 i ordina.al Cap‘tan° Gambacorta di marciare contro Ventimiglia, 101 5 r'c' 10\ n' *’ vi giunge Bartolomeo Usilione, • · . j 1 A„ra di Savoia, 104; inviato dal duca vi proseguono gl' armamenti per la presa di Monaco, 108; ric. 10, n.2; ,10; .12 n.2; vi giunge notizia di gravi contese fra Adora > e Fregoso a Recco, i15, ric· 11 ’ 347; riceve da Pisa aiuti di artiglierie che invia contro Monaco, 116, 348; arrivano da Tonno, Veneroso ed un inviato del uca 1· r ■ ,λη 3-1.8; cenno sul di Savoia, i i7i J4 > giorno del loro arrivo, 117 1 > il duca di Savoia, in seguito alla presa di Mentone e Roccabruna, rompe le relazioni diplomatine r. 0 » m . che «li rimanda con G., 118, 349 i cue 6 il proprio ambasciatore, n8, 9j si dichiara sempre affezionata a re di Francia, 122, 123 , notizie sul suo esercito contro Monaco, 127, 135 ; ric. i35 n. 1 \ è >n formata di una spedizione signore d1 Allégre in soccorso di Monaco, 141, i42> vi giunge Ago^ stino Castiglione dal campo di Monaco con accuse contro il signore di Finale e contro la parte Adorno, .42, 35o; notizie dal campo, i5o n. 2, i5i ; ric. i5i, Indice Alfabetico 617 η· 1 ’ 15 i ; i commissari al campo chiedono 1 invio di guastatori, 160; ric. 1 61 ; iC>2 ; giungono dal campo Ambrogio Gioardo e due gentiluomini arrestati per sospetti, i63; studia di evitare conflitti col duca di Savoia, 1G6, 167 n. 3 ; è minacciata della venuta dei capi-partito Fregoso, 171, 356 ; pare che Ottaviano Fregoso vi sia rimasto nascosto per un giorno, 174. 175 n. 1 ; e benché sia tosto ripartito, la città rimane agitata, 177 ; ritorna Gerolamo Salvo, commissario al campo di Monaco, e non se ne conosce la causa, 178, 363 ; in Lombardia si proibisce di portarvi grano, 179, 363 ; il papa s1 interessa delle sue sorti, 182 n. 2, 363 ; i83 n. ; ric. 183, n. 1 ; 184, n. 3; vi sono tradotti io francesi che volevano entrare in Castellacelo, 367 ; vi corrono voci contraddittorie sul campo di Monaco e infine la notizia di una vittoria dei genovesi, 192, 370; scrive a Lucca e a Pisa per avere aiuti contro Monaco, 372 ; ric. 193 n. 1 ; è disposta a sborsare una somma purché il duca di Savoia cessi dall1 aiutare Monaco, 195; è consigliata da Giulio li a continuare Γ assedio e a non rendere le Riviere finché egli non abbia ricevuta risposta dal re, 196, 3η3 ; ric. 196 n. 1 ; 199 n. 3 ; 200 n.; 201, n. 1; all1 annunzio che un esercito guidato dal d’Allégre muove in soccorso di Monaco, ordina di dare Γ estremo assalto alla for- tezza, e, quando non riuicis-M·. di imbarcare tosto le artiglierie, 202, 379 ; riuscito vano Γ assalto ;i Monaco, ordina che Γ esercito genovese si fermi a Ventimiglia, 204 : 382 ; invita i commissari a fortificarla ed a ritornare poscia a G.. 20G ; ric. 207 ; Luigi XII manda a G. un suo usciere di camera per cooperare alla difesa del Castelletto, 2]i, 212, 374, 375 ; ric. 215 n. i, n. 2; il Roccabertino lascia la città, tutti i francesi si ritirano in Castelletto, molti cittadini si preparano a fuggire da essa, ma ne sono impediti da una grida, 217, 218, n. 1 ; G. è in mano della plebe più sfrenata, 220, 365 ; il Salazar la bombarda, 221, 374, 376; nuovo bombardamento, 222, 378 ; vi è emanata una grida che proibisce di portare calze del colore di partito, 223, n. ; gride contro i nobili, 225 ; vi giungono soldati e munizioni dalla Corsica e da Roma, 226 ; si vieta di parlamentare col castellano di Castelletto, 226 n. 3, 227 n., 379 ; ordine agli abitanti delle tre podesterie : Bisagno, Polcevera e Voltri di venire a G. con le loro famiglie, 228; è di nuovo bombardata dal Salazar, 383 ; decisa la guerra al re di Francia, vi sono distrutte tutte le insegne regie, 231. 384: un grande esercito formatosi in Lombardia è pronto a marciare contro di essa, 237,11. 1, 385 : vi è eletto doge Paolo da Novi, 2 38, 388 ; ric. 240, 243 n. 4 ; 248, 6ι8 Indice Alfabetico 2 51 n. i ; un nucleo di armati parte da G. contro Γ avanguardia francese, 2 53, 392 ; e contro i Fieschi, >53, 393 ; ric. 254 n.; vi si fanno tre imponenti processioni, a55, 394, 395 ; ric. 256, n. 1; notte di terrore e di fuga nella città dopo la sconfìtta dell1 esercito genovese, 266, 398 ; invio di ambasciatori al re per la resa della città, 267, 3gS ; tutte le porte e i portelli di essa vengono murati tranne quelli di S. Andrea e S. Tommaso, 268, 399 ; parole pronunciate da Luigi XII nell’entrare in essa, 270, 399, 400 ; imposizioni del re di Francia, 274, n. 1 , 405, 531, 532 ; solenne giuramento prestato da G. al re di Francia, 273-277, 405, 406, 533; i privilegi concessi da Luigi XII alla città vengono lacerati, ma subito dopo ne vengono concessi dei nuovi, 276, n. 2, 406, 537 ; il re Luigi XII lascia G., 279, 408 ; quattordici cittadini popolari devono lasciarla per raggiungere il re a Milano, 279 n. 2, 408, 411, 528; parte da essa il luogo-tenente generale Chaumont d’Amboise, 280, 410; vi è posta in circolazione la nuova moneta di l uigi XII, 412; vi è condotto prigioniero Paolo da Novi, 287, 413 ; vi giunge Ferdinando il Cattolico, 418; ne parte dopo breve permanenza, 419; ric. 421; v. anche Genova (Anziani), (Com- missari) e Genovesi (Nobili), (Popolari). Genova ( C1 e r o ), va incontro ai reali di Aragona, 58. —(Commissari),3 Chiavari, mandati dai popolari per toglierla al dominio dei Fieschi, 46, Ì29, ne sono impediti J;1^e *orze ^e' ' 'e schi, 47, 329 ; nuovi commissari la occupano facilmente, 54, 452; ,00; ,08; hanno dal comune notizie sulla ritirata dei Fregoso, 175 n. 2 ; ricevono P ordine di abbat tere tutti i castelli della citta e dintorni, 231 n. 1 ! a^tre lettere dal comune, 233 n. ; nuove l<-t tere con notizie sugli aiuti attesi da Roma e da Ventimiglia, 25o; - a Levanto; 100; — a Pieve di Teco, la tolgono al nobile Luca Spinola, 66, 340; ric. 94, 95^let" tere degli officiali della Balia ai c., 95 n. i,456; ric. 96- "· 2 i 98 n. . ; lettere dei c. al comune, 100; lettera del comune ai c., ,0., .02 n. ., '03 n·; lettera dei c. agli anziani in cui li dissuadono dall1 impresa contro Monaco, 102, io5, 470, 47' i lettera ^ doge e degli anziani ai o con notizie sugli ultimi sconti i coi Fieschi e coi francesi, 255 n. 1 ; ric. 494; - a Portofino, sono avvisati della prossima venuta della fiotta franco-spagnuola, inviano lettere in risposta, 245; — a Rapallo, sono avvisati della prossima venuta della flotta franco-spagnuola, inviano lettere in risposta, 245; — a Sestri Levante, inviati per rimettervi la quiete, .76; il doge Paolo da Novi ordina loro Indice Alfabetico di aiutare Leonardo de Franchi, commissario di Ghiavari, 242: — a Voltri, io5 n. j; — al campo di Monaco, 1 o5 : istruzioni ai primi partenti, 10(1, 107; ric. 108; mansioni dei quattro commissari, 109 : nuove istruzioni, iij, 114, n. 1; il comune li loda per la presa di Mentone e Roccabruna, 117; li informa delle rappresaglie del duca di Savoia, 118 n. j ; raccomanda loro di terminare presto l’impresa condro Monaco, 119, n. 3; lettere dei c. ai deputati per Γ impresa ed all’ ufficio di Balia sulle condizioni del campo genovese, 140, 147, 494, 496 ; dopo una scaramuccia coi fanti della Turbia, decidono di caricare l’artiglieria sulle navi, ma poi la. scaricano, 1 5o, 499 ; ric. 1 51 ; 1’ ufficio di Balia scrive di prendere e bruciare le galee del Grimaldi in Villafranca, 151, n. 1 ; abboccamento dei c. col governatore di Nizza per tentare un accordo col duca di Savoia, 156 n. 2, 354; elezione di supremi coni., 144, 331 ; istruzioni loro impartite, 145; in viaggio per Monaco, 146, 147, 352 ; inviano agli ufficiali della Balia lettere dubbiose sulla brevità dell1 assedio, notificando che le artiglierie genovesi vennero smontate dai tiri dei monegaschi. 156, 157, 5o3 ; sono lodati da L. Bervey, 139, 5og ; chiedono agli officiali della Balia l’invio di guastatori, i5g, 160, 509, 510, 511 ; ricevono dal comune 1’ or- dine di arrestare l’ingegnere Ambrogio Gioardo, 162, 514 ; ric. 162 n. 2 ; rispondono informando del-1’ arresto di esso e di due gentiluomini, i63, 514; loro condotta con l’appaltatore per il trasporto del sale nel ducato di Savoia, 167, 517; ric. 177; sono lodati dai tribuni, 178 n. 1 ; si lamentano delle continue defezioni di milizie genovesi, 197, 519; chiedono solleciti rinforzi. 198. 520 ; inviano a G., Alarame di Bozolo per chiarire meglio lo stato delle cose, 199, 521 ; annunziano uno scontro con i monegaschi, riuscito favorevole ai genovesi, 199, 521 ; annunziano che al campo non si trovano più che 700 fanti, 199, 375 : Paolo da Novi e gli altri c. ricevono l’ordine di rimandare le artiglierie tolte a Benedetto dell’isola, 201 , n. 1; di dare 1’,estremo assalto alla fortezza, 202 ; riuscito vano 1’ assalto, di trattenersi a Ventimiglia. 204; di fortificarla e tornare poscia a Genova, 206 ; ric. 484 ; 488 ; 490 ; 492; — alla Spezia, mandati dai popolari per toglierla al dominio dei Fieschi, vi riescono con poca difficoltà, 46, 329 ; loro lettere al comune di Genova, 47, n.. 450 ; sono avvisati dagli anziani delle mosse dei Fieschi contro la Spezia, 49; devono cedere a Filippino Fieschi e ritirarsi a Portovenere, 5o, n. 1, 331 ; loro lettere a G. con notizie sulla presa della Spezia, 5o n. 1 ; e con raccomanda· Indice Alfabetico 620 zioni di raccogliere buone artiglierie ; da Portovenere vanno a Sarzana per armare fanti, 51 ; due nuovi c. sono inviati al riacquisto di essa, 5i ; istruzioni ai nuovi e ai vecchi commissari, 52, n. 1 ; occupano la Spezia senza alcuna resistenza, 53; ric. 100; 175; hanno Γ ordine di abbattere tutti i castelli della città e dintorni, 2J1 n. 1 : danno notizie dello sbarco della Motta franco-spagnuola nel golfo della Spezia, e chiedono se i prigionieri si debbano impiccare ; G. li lascia arbitri sul da farsi, ma ordina di salvare la vita al marchese di Bollano, 245 n. 3 ; dopo il ritorno del governo francese in Genova vi sono inviati due commissari francesi per comporre le contese fra i Pallavicini e i Fieschi, 281, 412; — nella Riviera di Levante, inviativi per toglierla al Fieschi e ridurla sotto il dominio di Genova, 47 n. ; per la spedizione contro Monaco, 92 n., 96 n., 98, 99, n. 1 ; per impedire 1 avanzata dei capi-partito Fregoso, 171, 357; lettere dei c. danno notizie dei Fregoso, 174, 358; — nella Riviera di Ponente per 1" impresa contro Monaco, 95 n. 3, 96 n. ; vi sono inviati Bartolomeo Prezenda e Raffaele della 1 orre, 99 ; istruzioni loro impar-tite, 99 n. 1 ; al Prezenda è sostituito Gaspare de Franchi ; nuove istruzioni, 145, 146, n. 1 ; i c. al campo di Monaco li pregano di reclutare guastatori, 1C0; arre- stano a S. Remo due gentiluomini, 163, 516, 517; ricevono l’ordine di punire severamente i disertori' dal campo di Monaco, 184, 518 ; si raccomanda ad essi d’inviare al campo di Monaco quanta più gente è possibile per P assalto alla fortezza, 202. Genova (Compagna), ric. 228 n. j. — (Compagnie), d. Castellacelo, partecipa all’assedio di Monaco, 129; lascia il campo prima del tempo stabilito traendo seco quasi tutti i militi di Lombardia e Monferrato, 197, 519;.- d. Gesù (de Jesus), formatasi il 13 Gennaio 1 boy in San Siro, 361 ; composta di artigiani di tutte le arti ; chiamata a partecipare ad un consiglio per restituire le riviere al re, rifiuta di decidere in proposito, 188, 369; in una successiva adunanza decide di non riconsegnare le riviere finché Monaco non sia caduta e di rimettere ogni questione al pontefice, 189, 369,370; impone, insieme coi popolari, il mutamento dell’ officio di Balia, 3y5 ; ric. 381 ; — d. Concordia, ric. 188 n. 1 ; d. Molo, passata in rivista dal governatore di Genova, 322; d. Pace, ric. 188 n. 1; — d. S. Giovanni Battista, ric. 188 n. 1 ; — d. Speziali (de li spedar!), ric. 161 n. 1, 5i2; - d. Trinità, formata di artigiani, accusata da un frate dell’ordine dei Servi, 188, 381 ; d. Vergine, ric. 188 n. 1. — (Condotto dell’acqua), sua costruzione (an. 1.295), bby. Indice Alfabetico 621 Genova (Conestabili), (Corine-slagiì), capi di una contrada, ricevono 1’ ordine di passare in rivista i loro uomini, 228, n. 3, 38o; ric. 231 ; 385 ; 387. - (Consiglio del Comune), tiene una grande adunanza per deliberare le riforme nelle elezioni degli offici civili, 63, 64, 33g; decide di consegnare al re i luoghi tolti al Fieschi, 71, 340; scrive in proposito al re e a N. Oderico, 72 ; è costretto ad annullare la deliberazione presa, 73, n. 1 ; stabilisce somme di danari per la spedizione di Monaco, 116, 347; e per la difesa della città, 171, 357; 182, 364; si aduna per concertare circa la restituzione delle riviere al re, 188, 369; per chiedere allo Chaumont un salvo condotto per un1 ambasceria, 205, 382 ; deve revocare la presa deliberazione, 2o5, 383 : decide che la guardia del doge sia formata unicamente di fanti forestieri, 243, 244, 38g. — (Consoli), d. Arti, chiamati a deliberare sulla diminuzione di alcune gabelle, 48 n. 1 ; unitisi a consiglio in S. Maria di Castello con la compagnia di Gesù decidono che sia cambiato Γ ufficio della Balia, 375; ric. 188, 369; nei nuovi privilegi concessi dal re di Francia si proibisce che siano eletti senza licenza del governatore e si vieta pure che indicano adunanze senza il detto permesso, 546; capitani d. arti, ric. 556; — d. ragione, eletti secondo la nuova riforma, 84, 346. Genova (Conventi), d. < Carcerati , 442 ; — d. Minori di osservanza dell' Annunziata, 442 : id. id. di Santa Maria del Monte, 442 ; id. id. di Santa Maria della Pace, 442; — d. Sant’ Agostino, 442 ; — d. S. Benigno, vi si proibiscono adunanze di secolari, 176 n. 3; vi furono sepolti il padre, il nonno e lo zio di Carlo di Chaumont, 344; — d. San Domenico, 441 ; — di S. Francesco di Castelletto, Luigi XII nomina Al-labre de Saule capitano di detto convento per proteggere il Castelletto, 212; Γ Allabre vi si fortifica, 217; primi assalti dei genovesi contro di esso, 228, 38o ; posizione di esso, 233 ; per Γ attivo bombardamento dei genovesi la casaccia di esso è data alle fiamme, 234, 387 ; vigoroso assalto alle sue mura, respinto dopo una mischia sanguinosa, 235, 387 ; i francesi sgombrano da esso dandolo alle fiamme, 235, 388; ric. 395 ; si comincia da esso Γ abbattimento delle case intorno a Castelletto, 282 ; ric. 283, 284. v. anche Genova (Chiese); — d. S. Maria di Castello, v. Genova (Chiese) ; — d. S. Maria d. Consolazione, vi si proibisono adunanze di secolari, 176 n. 3 ; 442 ; — d. S. Teodoro, vi si proibiscono adunanze di secolari, 176 n. 3. d. Servi, 442. — (Darsena), {darsena), vi sbar- Indice Alfabetico cano Giovanni Monteborgo e Nicolò Cicogna, commissari al campo di Monaco ; la plebe tenta entrarvi per trarre vendetta su essi degli errori commessi all’ assalto di Monaco, 204, 382; ric. 244; è visitata da Ferdinando il Cattolico, 419· Genova (Esercito contro Monaco), parte da Genova, 1.3,346 ; muove contro Mentone e Roccabruna, 125; che si arrendono e sono saccheggiati, 126; giunge sotto le mura di Monaco, 127; suo contingente di forze, 127, 128, 129; si accampa sul poggio di Montecarlo e trova la Turbia occupata dai nemici, 132 5 rifiuta le proposte del comune di prorogare a gennaio la distribuzione delle paghe, 135, 485; indisciplina e malumori nel campo, 135, 136, 137, 138, 485, 489, 492, 495 ; sono inviati al campo due supremi commissari, 144, 351; consiglio di guerra sull’ espugnazione di Monaco, 147, 497; gravi condizioni dell’ es. per 1’ avidità delle truppe mercenarie, l’indisciplina e l’inettitudine di quelle liguri, T inesperienza dei capi, 151, 152, 492, 495; vano tentativo di bombardare Monaco; i ripari per le artiglierie sono deboli ; mancanza di zappatori per ripararle, 07, 355, 5o3, 504, 5o5, 507; i brigantini non sorvegliano sufficientemente il blocco di Monaco, 158, 504; alcune truppe occupano i monti che ne dominano le posizioni. 160, 511 ; sortita dei monegaschi c..: inchiodano quattro bombarde, .6., 356; ritardo e spese nel raccogliere guastatori, 164; giungono rinforzi, 1 (>4 n. 2, navi inviate al campo riparano per il maltempo a Noli, Vado e Savona, 174, 358; penuria di polvere per le artiglierie, 17^1 ^62; si calcolano circa 6000 fanti nel-l’esercito, 363; abbondanza di vettovaglie al campo, 364; rampogne agli artefici che si lagnano di non essere pagati, 178; ^ artiglierie abbattono buon tratto delle mura di Monaco, .83; dìsastróse diserzioni di milizie dal campo, .84, 5.8; una compagnia di soldati tornando da Monaco è assalita presso Savona dagli uomini del d’Allègre, .88, 369 ; è respinto con gravi perdite un assalto dei venturieri della Turbia contro le artiglierie gen., .92, 370; le milizie vorrebbero opporsi all’imbarco dei prigionieri per Genova, 192; penuria di polvere per le artiglierie, 196, 37i ; Genova invia munizioni e fanti, 197, 374; scontro favorevole coi monegaschi, 199, n. 1, 374; 52 1 ; all’annunzio che il d’Allègre con un esercito muove in aiuto di M., il comune ordina di dare 1’ estremo assalto alla fortezza, 202, 379 ; con un energico bombardamento durato tre giorni, aperta una breccia, le milizie si slanciano all’ assalto, ma, dopo grandi prove di valore, devono ritirarsi, 2o3, 380, 381 ; imbarcate le artiglierie, l’esercito si ritira a Ventimiglia, 204, 381; difende va- Indice Alfabetico lorosamente città dagli attacchi dell esercito francese, 207,384,385. Genova (Faxori)1 probiviri scelti per l’elezione degli anziani, 41, 42 n· '» 324, 325; 402. — ( F ortezze), Briglia, nuova fortezza fatta costruire da Luigi Xll presso il faro di Genova, 271 n. 1; i gen. sono obbligati a pagarne le spese, 274, n. 1, 405, 531 ; giungono dalla Lombardia molti guastatori per la costruzione di essa, 277, 278, 407; per innalzarla si minaccia di abbattere la Lanterna, 279, n. 1, 408; i lavori intorno ad essa procedono con grande alacrità, 283 ; v. anche Genova (Capo di faro); — Castellacelo (Castelacio - Castello - Castellalo) vengono fatti da esso segnali ai nobili per avvisarli della calata dei polceveraschi in Bisagno, 36, 37, 323 ; si ripete lo stesso avviso per la stessa causa il 7 settembre i5o6, 39, 326 ; vi entra una guarnigione di 40 uomini, i popolari arrestano dieci francesi che vi volevano entrare, 186, 367; intercettano viveri direttivi, 187, 368; lo assai-tono e lo prendono, 223, 378 ; vi pongono una guarnigione di 5o uomini, 223, 224 ; ne inviano la notizia allo Chaumont, 224, 379 ; ric. 227 ; l1 esercito francese si dirige verso di esso, 264, 397; i genovesi si riducono in esso, 265 n. 1 ; nei patti della resa di Genova è compresa la restituzione del C., 266, 398 ; il re si reca a 623 visitarlo, 401 ; vengono giustiziati coloro che avevano fatto scempio dei soldati francesi di guarnigione al C., 273, 404 : Castelletto, occupato da truppe francesi. 15. 318 ; i popolari temono che per i disordini della citià il governatore vi si voglia ritirare. 4^, 326; i commissari al campo di Monaco chiedono Γ invio del bombardiere di C., 15g, 5o5 ; ric. 181 : il castellano Galeazzo di Salazar (nel testo è scritto erroneamente Pietro di S.) lo rifornisce di munizioni e di legnami per ripari, 186, 363; vi entrano truppe, 186, 187, 366, 367, 368 ; G. Salazar vi traduce molti popolari fatti prigionieri mentre assistevano al vespro in San Francesco, 189, 370; ric. 189 n. 1 ; il re di Francia invia un suo usciere di camera per cooperare alla difesa del C., 211 ; e lo nomina capitano di S. Francesco di C., 212; le guardie del Palazzo passano nel C., 217, 375, 523 ; bombarda Genova, 374, 376; i prigionieri genovesi sono incarcerati in fondo ad una torre, 221, 524 ; viene mandata una grida che proibisce di dare sovvenzioni a quelli del C., 226, n. 3, 227 n., 379 ; ric. 227 n. 1 ; é proibito il passaggio per le vie attigue al C. dopo PAve Maria, 228 ; bombarda nuovamente Genova, 383; si eleggono sei capitani deputati a dirigere la presa del C., 2 3o, 383 ; 231, 384; sua posizione, 233 ; primi tentativi contro di essi , 624 Indice Alfabetico 2J4: si comincia a bombardarlo, ■2 >4, J87 ; il doge Paolo da Novi giura che appena preso il C. lo tara distruggere, 241, 388; parte dell’ artiglieria puntata verso il C. è rimossa e ritirata in Palazzo, 244, 3yo; dal C. si fanno segnali all’esercito francese, 257, 5p5 ; e si bombarda Genova durante la battaglia coi francesi, 261 , i soldati del C. manomettono le case della Maddalena e ciò vien loro proibito dagli inviati del re, 268, 398; salve delle artiglierie del C. per il solenne ingresso del re di Francia in Genova, 270 ; viene visitato dal re di Francia; le donne dei prigionieri nel C. gli presentano una supplica, 401 ; che viene rimessa a Carlo di Chaumont, 402; si ordina di portarvi tutte le artiglierie tolte ai genovesi, 271, 4o3; i soldati di esso fanno ogni giorno prigionieri per esigere poi il riscatto, 272, 403 ; si chiede al re la liberazione dei cittadini rimasti prigionieri nel C., 275, 406 ; risposta confortante di Michele Riccio a nome del re, 276, 406 ; si abbattono molte case attorno al C. per renderlo più sicuro, 282 ; ric. 3o2 ; le artiglierie private portate al C. non sono restituite, 283 ; i prigionieri genovesi vengono lasciati in libertà in cambio di una forte somma, 283, 284. 412, n. 1 ; ric. 285 ; vi è tenuto prigione Paolo da Novi, 289, 415; ric. 563; nomi di alcuni dei prigionieri nel C., 564, n. 2. Genova, (Giudice dei m a 1 e fi c i ), sono citati dinanzi ad esso alcuni nobili, 180. — (Gonfalonieri), (confa Ioni eri), i cittadini ricevono l’ordine di ubbidire ad essi, 228,380; ric. 23r,385. — (Governatore regio), norme per la sua elezione, suoi diritti e suoi doveri, 537, 538, 539, 540, 542, 544, 545, 546; v. anche Cleves (di) Filippo. — (Lanterna), (torre di Codefà\ (faro del porto di Genova), presso di essa si attacca il combattimento tra francesi e genovesi, 264, 397; ric. 270 ; il re di Francia decide di farvi costruire una fortezza che avrà il nome di Briglia, 271 n. 1 ; ed obbliga i genovesi a pagarne le spese, 274, 405 ; ric. 278 ; per innalzare il nuovo castello si minaccia di abbattere la L., ma poi si recede da tale proposito, 279, n. 1, 408. — (Loggie), d. borgo di S. Stefano, vi si radunano molti cittadini e vi giurano di abbandonare ogni partito e di .non volere i cappellacci, 341 ; — d. Setaioli (Seateri\ in piazza dei Cigala, vi officiano i 12 anziani, 61, 335; vi si tengono vari consigli, 337,338. — (Luogotenente regio), norme dell1 obbedienza da prestare ad esso, 539, 540; ric. 542; suoi doveri, 544, 548; v. anche Roccabertino Filippo. — (Macelli) di S. Andrea, i popolari ordinano al maestro d’armi Gioardo di collocarvi certi cannoni Indice Alfabetico per bombardare via Lata, 36, 322. Genova (Mercanti), ( populo grasso ), ottengono cogli artefici due terzi degli offici civili, 422, 423 ; loro diversità di propositi dal popolo minuto, 44, 329; 45) n. i ; So, 332; sperano che la plebe accetti la proposta di consegnare le riviere al re, jì ; ® chiamati a consiglio in S. Maria di Castello, 338; offrono denari per 1 impresa di Monaco, 351; ric. 364; devono cedere alla prepotenza del popolo minuto, 2 3o, 231 , 384; alcuni ricchi popolari tentano allontanarsi da Genova, 386; ric. 404; lista dei mercanti che parteciparono alla fazione popolare, 551. — (M 01 o), si manda a chiamare ad esso un figlio del maestro d’armi Gioardo per puntare certi cannoni contro via Lata , 35 , 322 ; vi accorre gran folla per assistere al-1’ arrivo dei reali di Spagna, 58, 334 ; si parla di una casa al M., 3 60 ; il re Luigi XII vi si reca a diporto, 270, 400; v. anche Genova (Compagnie). — (Monasteri), ric. 545 ; — d. Corpus Domini di S. Silvestro, 44}; — d. Madonna delle Grazie, 442; — d. povere donne di S. Silvestro, 443; — d. S. Brigida, 442; — d. S. Paolo di Genova, 443 ; — d. S. Sebastiano, 443; ~ d. SS. Giacomo e Filippo, 443. — (Morcento), (Morsento), (località in G.), una casa in M. è colpita dalle artiglierie di Castelletto, 374. Genova (Offici), civili, sono divisi per metà ira nobili e popolari, 3; i popolari ottengono di averne i due terzi, 11,317,422,425,427; 4 >4; proposte di riforme nelle elezioni, 64, 3 3y, 469; nuove elezioni 84, 344, 345; restaurato il governo francese tutti gli offici vengono dati ai nobilieailoro partigiani, 41 1; — d. Balia, ric. 22 n.; elezione di nuovi officiali, 3g, 325; che viene sanzionata dal popolo in un grande consiglio a S. Maria di Castello, 41 , 328 ; ampi poteri concessigli, 42 ; ric. 42 n. 1 ; invia lettere al re, 447; ne riceve dai commissari inviati alla Spezia, 450 ; è convocato per deliberare sulla diminuzione di alcune gabelle, 48 n. 1 ; il governatore offre il suo aiuto a detto officio, 62, 336, 337; chiede all’officio di S. Giorgio un prestito per la difesa di Genova , 340; scrive al re di Francia tentando di placarne lo sdegno per la conquista della Spezia e di Chiavari, 69; riceve lettere da N. Oderico, 70 n. 1; si raccoglie in consiglio col governatore, gli anziani, etc. e decide la consegna delle Riviere al re, 71, 72; elegge Tarla-tino Tarlatini capitano generale e Pietro Gambacorta governatore dell’esercito genovese, 74, 452, 454; ric. 74 n. 1; informali re del consiglio tenutosi dai nobili ad Arquata, 79, n. 1 ; gli spiega la ragione della mancata consegna della Riviera di Levante e gli partecipa la partenza del governatore; scrive a Filippo di 626 Indice Alfabetico Cleves ringraziandolo dei buoni ottici verso Genova e lo informa dell'invio di altri ambasciatori; scrive airOderico dei fatti accaduti in Genova , 80 n. 2 ; Oderico informa Γ officio d1 aver consegnate le lettere al re, 81 n.; proroga il tempo per il ritorno dei nobili in città, 81 n. 1 ; annunzia ai commissari della Pieve la partenza di artiglierie, 95 n. 1, 45(5; notifica all’Oderico la presa della Pie/e, 96 n. 2; dà istruzioniai due nuovi ambasciatori a Luigi XII, 457; dà pieni poteri a Peregro di Portofino su Rapallo, S. Margherita e Porrofino, ioon. 1 ; ric. ιοί; scrive ai commissari al campo riguardo alle « pratiche movute per il Lanterio », 115 n. ; riceve lettere dal Bervey sulle condizioni del campo e sulle gravi quistioni delle paghe, IJ4, 48 3 ; 488; 491; è invitato ad affrettare l’invio dei denari, 135, 485, 489, 491: notifica al Tarlatino e ai commissari Io invio di due supremi commissari; 147; lettere da Paolo Batta Giustiniani sulle condizioni del campo di Monaco, 147, 496; scrive ai commissari al campo di prendere e bruciare le galee del Grimaldi a Villafranca, 151 n. 1 ; lettere dai supremi commissari al campo di Monaco notificano che le artiglierie genovesi vennero smontate, 156, 157, 5o2, 5o3; e chiedono si inviino rinforzi, 139, 509; ordina che si arresti A. Gioardo, 162, 514; lettere dai commissari al campo, 514, 519; è incaricato di racco- gliere danaro per l’impresa di Monaco e per la salvezza di G., 172, 357; chiede ed ottiene daH’off. di S. Giorgio di fargli fede presso i banchi di L. 80.000 per l’impresa di Monaco, 359; ric. 182, 364; due officiali d. B. recansi invano a Castelletto a pregare il Salazar di restituire i prigionieri fatti nella chiesa di S. Francesco, 190; è avvisato che s’inviano a G. 63 prigionieri delle truppe della 1 urbia, 192; scrive al Tarlatino sollecitandolo a por fine all’ impresa di Monaco, 20., 202; il 9 gennaio è abolito e sostituito da un officio di quattro cittadini delegati ad amministrare per tre mesi la cosa pubblica, 210, 357; il primo febbraio viene reintegrato, 210, 366, 11 28 febbraio gli si sostituiscono 12 seniori del popolo, 210, 211; 375 ; ric. 218 n. 1 ; 2 3ο; 381; 385; 386; è convocato a Palazzo per sancire l’elezione a doge di Paolo da Novi, 241 ; 243 n. 4; chiede all’officio di S. Giorgio 5o.ooo ducati per le spese di guerra contro il re di Francia, 244, 390; scrive insieme col doge agli officiali della Riviera di Ponente riferendo notizie sugli avvenimenti di Genova, 255 n. 1, 256 n. 1; è sprovvisto di denari per la guerra, 3g3; elezione di nuovi officiali, 273, 402> richiede denaro all’ officio di S. Giorgio, 4o3; gli officiali prestano giuramento di fedeltà al re, 277, n. 1, 533, 534; ric. 286 ; 410; 443 ; 481; 52 1,· 525 ; 526 ; Indice Alfabetico 627 527; 5-8 · 53o; 534; - d. Banchi , 346 ; _ d. Gazaria, J46 ; — d. Maestrali (Mestre), formato secondo la nuova riforma, 84, >45; mutato secondo l’antica legge della metà delle cariche ai nobili, 403 ; — d. Mare, 34? ; -d. Mercanzia, formato secondo la nuova legge, 14 n. 3; ric. 346; — d. Misericordia, 4o3 ; — d. Monaco (li quattro deputati per la spedizione contro Monaco) 115 n., 126 n· 3; grida per i banchieri, 145, 351 ; riceve lettere da Manuele Canale, 476 ; da Paolo Battista Giustiniani, 140, 494; da L. Bervey sugli avvenimenti del-F assedio di Monaco, 159, 5o6 ; rampogna gli artefici al campo di Monaco per le loro lagnanze sulle paghe, 178 ; ric. 472 ; 48!; 48G ; 5o8 ; 5 n , 516; 517. — d. Moneta, chiamato a consiglio in S. Maria di Castello, 42 n. 1 ; chiamato a deliberare sulla diminuzione di alcune gabelle, 48 n. 1 ; proposte di riforme nella elezione degli officiali, 64; partecipa al consiglio per la consegna delle riviere al re, 71, 3 40; rie, 80 n. 2; elezione degli officiali secondo la nuova riforma, 84, 345 ; nuove elezioni secondo F antica legge, 40] ; gli officiali prestano giuramento di fedeltà al re, 277, n. 1, 533, 534; ric. 456; 528; 53o; 531; 534; — d. Monete, 346; — d. Padri del connine, 40J; — d. Pisa (cioè: per gli affari con P.), elezione di nuovi officiali secondo la legge dei due terzi, 14 n. 3 ,· ric. 32; n. ; scrive all1 ambasciatore genovese a Pisa, 74 n. 1 ; delibera di raccogliere somme in difesa di P., 76 11.; — d. Rotti, 346 ; — d. Ruberie (della Arrobjria), nuovoollìcio incaricato di far restituire quanto era stato rubato nella sollevazione popolare, 273, 403 ; — d. San Giorgio. 24: è ric. quale possessore dell' isola di Capraia, 25 n. : è chiamato a consiglio in S. Maria di Castello, 42 n. 1 ; partecipa ad un consiglio tenuto per dare i pieni poteri agli officiali eletti per diminuire le gabelle sulle vettovaglie, 48 n. 1 ; si decide presso detto officio di togliere la gabella dei marinai e ridurre quella del grano e del vino, 3ii ; delibera di dare alPoff. della Balia 1600 luoghi per la difesa di G., 340; ric. quale signore di Pieve di Teco (an. 1512), 66 n. 2; incaricato di trattare coi commer-c’anti per la sospensione di un editto contro Savona, 83 n. 3 : rie 348 ; elezione di nuovi officiali. 349 ; i cancellieri dell’oif. vengono mutati perchè di partito Adorno, 146, 352 ; si rende garante per Po v. della Balia di L. 80.000 per P impresa di Monaco, 3 59; Luchino de Marini Castagna è ricordato come officiale di S. G., 187, 368; ric. 196; è richiesto dall’off. di Balia di un prestito di 5o.ooo ducati (non 5.ooo come è stampato erroneamente nel testo! 244. 390; intercede perchè si salvi la vita al marchese di Bollano fatto prigio- 628 Indice Alfabetico niero in uno sbarco della flotta franco-spagnola, 245 n. 3; approva Γ emissione di 5o.ooo ducati per la guerra, 2 5o, 3yi ; raccomanda al governatore della Corsica di aiutare il reclutamento di fanti in aiuto di G., 251 n. 2; delibera d1 inviare fanti e cavalli in Corsica per domare Ranuccio da Leca, 401; nuova elezione degli officiali e nuovo prestito all1 off. di Balia, 403 ; i nuovi eletti entrano in funzione, 408 ; prestano giuramento di fedeltà al re, 277, n. 1, 513, 5 >4; i castellani dell1 officio di S. G. hanno Γ obbligo di prestare giuramento di fedeltà al re o al governatore, 540 ; compere e gabelle di S. G., rie 543, 545 ; il re di Francia conferma nei nuovi privilegi le concessioni date in precedenza all1 off., 546, 547, 548 ; rie 556; v. anche Genova (Protettori dell1 off. di S. G.), — d. Savona, è incaricato di trattare coi commercianti genovesi per la sospensione di un editto contro Savona, 83 n. 3; determina la durata di detta sospensione, 84 n.,· — d. Virtù, 345 ; — per la revisione delle gabelle (caratate), 48 n. 1, 49 n; Genova (Officiali delle Riviere) hanno Γ ordine d1 inviare in Genova tutto il pesce che potranno raccogliere, 58 n. 1 : ric. 92 n; il comune di Genova annunzia loro la decisione di muovere guerra a Monaco 98; — d. Riviera di Levante, avvisati dell1 avanzarsi dei capi par- tito Fregoso, 171 ; ricevono ordine di mandare una grida contro i detti capi partito, 175, 176; e di bandire i nobili dimoranti nella Riviera, 225, 525 ; si ordina loro di mandare a Genova tutte le navi cariche di grano che approdino ai loro porti, 229; si notifica loro il ritorno di Genova sotto la signoria del re di Francia, 527 ; d. Riviera di Ponente, devono proibire che si asporti dai singoli luoghi della R. qualsiasi sorte di legname, 182; ricevono Γ ordine di punire severamente i disertori dal campo di Monaco, 184, n. ',518; vengono loro inviate notizie degli ultimi scontri coi Fieschi e coi francesi, 255 n. 1 ; v. anche Genova (Commissari). Genova (Paci ficat ori ), ric. 9 n. 2 ; eletti per pacificare le contese fra nobili e popolari, 13, 15, n. 1, 3i7, 318 ; deliberano cogli anziani ed il Roccabertino d1 inviare ambasciatori al re di Francia, a Carlo di Chaumont e a Filippo di Ravenstein, 18, 19, 319; loro carteggio con Giulio II e Luigi XII, 22, 428, 43o, 431 ; con gli ambasciatori e col Ravenstein ad Asti, 28, 29, n. 3 ; vanno incontro al governatore di Genova, 29, 3o n. 1 ; la loro carica è prorogata dal governatore, 33 ; ric. 34 n ; loro adunanza in piazza de Marini per prendere provvedimenti contro ! Fieschi, 35, n. 2; 322; vani tentativi di accordo tra essi e il governatore circa il Fieschi, 36, 322, Indice Alfabetico '2 i . la loro carica scade col 7 settembre , 5o6, 41, 1,8. Genova (Pai azzo) (pallio), residenza' del governo ; vi si recano i cittadini per protestare contro le violenze dei nobili, 433; rie 4Ι4; vi conviene gran numero di popolari perchè si mandi in vigore la legge dei due terzi e si ordina che vi venga anche Gian Luigi Fieschi, 12, .316, 425; pretendendo questi di venirvi con 400 uomini di guardia, viene cacciato dalla citta; i popolari tornati a P. vi eleggono nuovi anziani secondo la legge dei due terzi e 12 pacificatori per rimettere la calma in citta, i3, 14, 15, 316, 317; i nuovi anziani mandano da esso la grida di deporre le armi, 14, 317; vi entra il governatore di Genova, 3i; ric. 35, 322 ; 37, 324; vi si eleggono gli anziani e la Balia, J25; i popolari temono che il governatore voglia fuggire da esso per riparare al Castelletto, 43, 326 ; esigono che un grande consiglio sia tenuto a S. Maria di Castello invece che a P., 41, 328; vi si conduce Paolo della Costa, 61, 335, 336; secondo una nuova riforma ventilata, gli officiali vi dovrebbero restare in permanenza, 64, 338 ; vi si adunano in consiglio segreto gli anziani, la Balia, Γ officio della moneta ecc., 71, 340 ; il popolo irrompe a P. e obbliga il consiglio ad annullare la deliberazione presa, 73, 340 ; vi pone come rappresentanti otto tri- 620 buni della plebe, 75. 34i ; vi si dovrebbe tenere un consiglio per rendere le riviere al governatore ma va deserto, 347: ric. 78; i cancellieri vengono mutati, perche tutti di parte Adorno, 146, 3 5a ; vi si aduna un grande consiglio per trovare denaro per Γ impresa di Monaco e la difesa della città, 171, 356, 357: nuovo consiglio allo stesso fine, 182,364; rie 360; 361 ; 366; grande consiglio per la restituzione delle Riviere al re, 1 88, 36y ; vi si dovrebbe tenere un nuovQ consiglio per lo stesso scopo. ma va deserto per due volte consecutive tanta è la furia della plebe, 193, 372 ; vi si elegge un nuovo officio della Balia, 37 5; sono inviate da esso milizie in soccorso dei commissari assediati dalla plebe nella Darsena, 204, 382 ; vi si tiene un consiglio per inviare una ambasceria allo Chaumont, 2o5, 382 ; il re di Francia ordina che le guardie del P. passino al Castelletto, 212, 2i3 ; poche di esse obbediscono, molte restano al soldo dei genovesi, 217, 375, 523, vi sono impiccati 5 fautori del Fieschi, 220, 221 n. 1, 377; vi è decisa la guerra contro il re di Francia, 231, 384; ric. 385; vi è proclamata reiezione a doge di Paolo da Novi. 240, 388; parte da esso una dimostrazione organizzata da Emanuele Canale, per farsi eleggere duce dei venturieri di guardia al doge, 244, 389, 390; viene ritirata in esso tutta Γ artiglieria 4' Indice Alfabetico 630 di S. Rocco, parto di quella di Luccoli e della Maddalena, 247. ■>1)0- nella sala ove si aduna il Senato si decide di inviare ambasciatori al campo francese, : dopo la resa dei genovesi al re di Francia vi sono inviati Antonio Maria Pallavicino e Mons. de Penis. jijS; sulla via da S. Andrea a P. è accantonata la cavalleria francese, 269, 399; il re entrato in Genova va a dimorare a P., 271, 400: ric. 401 ; vi si decide in un grande consiglio di annullare tutti gli uffici fatti durante il governo popolare, 40-’ nella sala minore di esso e steso l'atto con cui i genovesi promettono di obbedire alle imposizioni del re, 532 : ordine di portare tutte le armi a P., 408; ric. 414: 418; 533; 549; è ric. la campana grossa di P. (an. 1279), 557; — v. anche Genova (Piazze), (Torri). Genova (Piazze), d. Banchi, vi sono percossi dai nobili due popolari, 5, 313, 3 14., 427, 433: ric. 316 ; vi si riprendono, ma per poco, gli affari, 15, 318; vi è saccheggiata dalla plebe la casa di Anfreone Usodimare, 17 n., 3iy; ric. 418; vi è colpita dalle artiglierie di Castelletto la casa dei Serra, 376; vi si trovano raccolti molti gentiluomini genovesi pel solenne ingresso di Luigi XII in Genova, 270, 400: vi è impiccato Filippino Armano. 404; vi sono tolte le forche, 410; — d. Cigala, nella loggia dei setaioli ivi esi- stente officiano gli anziani ; vi e tratto per sospetti di trame I :iolo della Costa; vi è ucciso Corrado Soffia, 6i, 335, 336; — d. d 0-ria, 9 n ; vi sono feriti dai popolari in tumulto due nobili della famiglia d’Oria, 10. — d. Fossa-tello, vi è impiccato un tal Fritolo, 408 ; — d. Giustiniani, si raccoglie ’ in essa gran moltitudine di popolari che eleggono dodici capitani del popolo, 3.4; passano per essa i reali di Spagna, 4'9! -d. de Marini (Marino), vi si adunano gli anziani, i pacificatori e molti cittadini per prendere provvedimenti contro i Fieschi, 35, ->-2; vi giunge da parte del governa tore un cancelliere che invita gli anziani ed i pacificatori a salire a Palazzo, 36, 322, 323; vi si tiene una adunanza e si decide di porre la tassa dell’ 1 o[o su ogni mercanzia per le spese occorrenti alla città, 367; - d. Maddalena, vi si radunano alcuni cittadini dopo lo scontro coi francesi, 261,396; d. Molo, vi accorre gran folla per assistere all’arrivo dei reali di Spagna, 58, 334; vi si prepara il palco per giustiziare Demetrio Giustiniani, 407; il giorno dop° VI3 6 giustiziato, 278,408; — d. la lazzo, vi è in tutta fretta compilato e letto da due cancellieri del comune il proclama che concede ai popolari i due terzi degli offici civili, 11, 421 ; si ordina a tutti i cittadini di Genova di convenirvi per andare incontro al go- Indice Alfabetico vematore, 29, j0 n. , . a gover. natore di Genova vi fa piantare le forche e il palco della mannaia, .ii, 3 >0 ; il re j; Francia ordina ai genovesi di portarvi tutte le loro armi, 400 ; i genovesi vi prestano solenne giuramento al re di Francia, 273, 274, 275, 4o5, 406, 53) ; vi è innalzato il palco per la decapitazione di Paolo da Novi, 289, 415; sua morte, 290,416.— d. S. Giorgio, vi si reca il governatore di Genova e vi passa in rivista la compagnia del molo, 35, ,)22 : d. S. Lorenzo, vi sorge una fiera contesa fra un nobile e un contadino, 8, 3i5; ric. 9 n. ; d. Sarzano, corre voce che vi siano state sbarcate armi per i nobili, 15, 3 18; — d. Squarciafichi, vi è lanciato un proiettile dalla artiglieria di Castelletto che cade all1 angolo della casa di Paride Fieschi, 376. Genova (Podestà), al balcone della sua casa è impiccato un tale di Villanova d’ Albenga sorpreso a portar lettere di nobili a diversi cittadini d’Albenga, 232 n. 2, 386; norme per la sua elezione, sue mansioni e suoi diritti, 538, 542; v. anche Solario Obertino. — (Podesterie), di Bisagno, di Polcevera, di Voltri, s’ingiunge ai nobili abitanti nelle tre pod. di ritornare a Genova entro un limite di tempo prelisso, 79, 342 ; il limite viene prorogato, 80, 81, 343; ric. 87, 361; i «canioni» di esse deliberano di mandare ogni giorno 631 sei deputati al Palazzo di Genova per informazioni, 371 ; le tre p. sono dichiarate franche (libere da tasse), 371.); ordine agli abitanti delle tre p. di venire a Genova con le loro famiglie e le loro robe, 228; i soldati delle tre p. vengono a soccorrere i genovesi per l' assalto ul Castelletto, 234l 235, 387 ; il territorio delle tre p. è messo a sacco dai tedeschi costretti a rimanere fuori di Genova, 272, 402; si ordina alle tre p. di consegnare tutte le armi a Palazzo, 418. Genova (Ponti del Porto), ponte d. Calvi, vi sono scaricati due grossi cannoni, 388; — d. Cananei, si raccolgono presso di esso molti gamberi bianchi morti, 374; — d. Spinola, alcuni galeoni vengono tratti a ridosso di esso e salvati così dal bombardamento di Castelletto, 222 , 378 ; si raccolgono presso di esso molti gamberi bianchi, 3o6, 374. — (Porte), d. Acquasola, su essa è confitta una parte del corpo squartato di Paolo da Novi, 289, 415; — d. S. Andrea o dell" Arco (Erco), è munita fortemente dai nobili per proteggere la loro fuga; viene presa dai popolari, 12, 316; ma resa nella sera stessa al Fieschi, 15, 318; ric. 318 n. 3; viene rioccupata dai popolari, 3 19; rientra per essa il governatore dopo aver accompagnato G. L. Fieschi fuori di città, 37, 324; viene assalita dai borghigiani di S. Stefano e di S. Andrea e tolta ai Fieschi, Indice Alfabetico 38, jì4 ; i francesi fanno murare tutte le porte è i portelli di Genova tranne quelli di 8. A. e di San Tommaso. 268, 399; sulla via da essa a Palazzo viene accantonata la cavalleria francese, 269, vi è impiccato un certo Andriano Iorvano. 404; vi e conlitta una parte del corpo squartato di Paolo da Novi, 289, 415; ric. 563, v. Genova (Torri); d. S. Stefano, viene assalita dai borghigiani d S. Stefano e di S. Andrea e tolta ai Fieschi, 38, 3 24 ; v. Genova (Borghi) ; — d. S. Tommaso, i nuovi anziani nella cavalcata attraverso la città giungono sino ad essa ed ivi congedano i sestresi e i polceveraschi accorsi in aiuto dei popolari, 1 -4-^ ■>17 i giunge sino ad essa il governatore di Genova in un giro d’ispezione per la città, 35, 321; la cavalleria dell1 esercito francese contro Genova si spinge fino ad essa, 264, 3,)-: i francesi fanno murare tutte le porte e i portelli di Genova tranne quelli di S. T. e di S. An drea, 368, J99; atto di Luigi XII contro di essa e parole pronunciate nel passarvi, 270; J99; vi e impiccato un francese per aver oltraggiato una genovese, 413, su essa è confitta una parte del corpo squartato di Paolo da Novi, ■289. 415; — d. Vacca, vi è impiccato un francese che aveva oltraggiato una genovese, 413; vi e impiccato un giovane dei Saulo, 414; — Nuova, alcune case presso il bagno e vicine alla porta sono colpite dalle artiglierie di Castelletto, J76. Genova (P o r t 0), si fermano presso di esso tre galere e due tuste che dicono di andare verso il re di Spagna; .poco dopo partono e si viene a sapere che erano cariche di soldati per i gentiluomini, j3o, 331; sulle navi ancorate in esso vengono requisite tutte le artiglierie per Γ impresa della Spezia, 33,; vi entra la flotta aragonese, 58 n. 2; 334; salpa da esso la spedizione contro Pieve di I eco. 66, 340; si fanno agevolezze alle navi che vi porteranno grano farina ecc., 109; vi entrano le navi cariche delle artiglierie usate contro Monaco e due galee da Ventimiglia, 207, 385, 386; diverse galee ancorate in esso sono danneggiate 0 affondate dal bombardamento del Castelletto, 222; 378; la flotta franco-spagnola vi entra a insegne spiegate e dopo breve cannoneggiamento ne esce dirigendosi verso levante, 244, ^ 39o; vi entrano due fuste di Napoli, 407; VI arrlva la flotta spagnuola che porta 1 reali di Spagna, 418; il redi Spagna lo visita minutamente, 419· — (Promontorio) (Premontoro), collina che chiude a ponente il porto di Genova; una bastia su essa viene fornita di artiglieria e di fonti contro l’esercito Irancese, 254, 394; viene abbandonata dai genovesi prima che sopraggiungano i nemici, 262, 3y6; i quah 633 se ne impadroniscono, 3y6; la bastia è latta spianare, 408 : v. anche Genova (San Benigno). Genova ( P r o te 11 o r i delTofficio di S. Giorgio), ric. 547. — (Riformatori), dei magistrati civili, 65, 66, 84. — (Riva) (sotto la), località corrispondente all odierna « sotto Ripa », 377. — (San Benigno), località presso il faro di Genova, viene forti-lìcata contro le truppe francesi, 256 ; è abbandonata dai genovesi dinnanzi all’esercito francese, .Ì96: viene poi ripresa dai genovesi, 264, J97; v. anche Genova (Conventi), (Promontorio). — (Sapienti del comune), officio composto di tre membri ; essendo uno di essi Nicolò Oderico inviato al re di Francia, viene surrogato da Giacomo Senarega, 19 n. 3. — (S e n a 10), riceve le proteste dei popolari contro le prepotenze dei nobili, 433; respinge le proposte del pod. Obertino Solaro e dei popolari circa le misure contro i nobili, 7; il priore di esso invita invano i nobili a presentarsi ad un consiglio, 48 n. 1; ric. 64; 81 n. 1; si procede in S. alle nuove elezioni degli offici civili, 344; ric. 115 n; 121; riconosciuta Γ innocenza di Alfonso del Carretto ordina che un servitore di esso, arrestato per sospetti, non sia torturato, 143, 483; si adunano in S. molti cittadini e decidono una generale ri- conciliazione. 355; ric. 17 i tv. é incaricato di ringraziare il papa per il suo interessamento alle sorti di Genova. 1820. 2; proibisce di parlamentare col castellano di Castelletto, 226, n. 3; 227 n.: ric. 2.io; è convocato a palazzo per sancire l’elezione a doge di Paolo da Novi, 240, 241, 388: il priore del senato rivolge al doge la orazione inaugurale, 241: alla notizia di proposte di conciliazione con il re di Francia il doge dichiara in S. che farà ammazzare chi osi trattarle. 249. 391: nella sala del Palazzo ove si aduna il S. si decide di inviare ambasciatori al campo francese, 526; nella sala minore del Palazzo ove, d’estate, si raduna il S. è steso l’atto per cui i genovesi promettono di obbedire alle imposizioni del re, 532. Genova (Senatori), ric. 15 n. 1: due di essi devono, per privilegio, appartenere ai borghi di S. Stefano e di S. Tomaso, 38 n. i, 441: rispondono alle osservazioni del vicario del governatore, 65. — (Sestieri), Portoria. vi è abbattuta la casa di Paolo da Novi, 278, 407. — (S i n d i c a t 0 r i), eletti secondo la nuova riforma, 84. 345. — (Sindici del comune), ric. 88, n. 4; debbono giurare fedeltà al re di Francia in, nome di tutti i cittadini, 538, 53q. — (Torri), d. Codefà, v. Genova (Lanterna); — d. Molo, è infisso su essa il capo di Demetrio Giù- Indice Alfabetico 634 stiniani, 278, 40S; vi è pure confitta una parte del corpo squartato di Paolo da Novi, 289 , 41 5; — d. Palazzo, dopo la resa dei genovesi vi è innalzato lo stendardo del re, 268, 398; vi è contimi su di una lancia la testa di Paolo da Novi, 289,290, 415; — d. S. Andrea, è assalita dai popolari e tolta ai Fieschi, 38, J24. Genova (Tribuni d e 11 a p 1 e b e), e-letti il 24 ottobre 15o6, j5, J41 ; 76; errori degli storici precedenti nella data del giorno della elezione, 76 n. 1 ; il numero dei T. viene portato da otto a noverò n. 1, 343; da prima non ebbero tale nome, 77 n.; impongono un editto contro i nobili, 79, 342; gli anziani ne riversano la responsabilità su essi, No: e li incaricano della esecuzione, 80, 34J; deputati a procedere contro i beni posseduti da Luciano Grimaldi in Genova, 172, 173 n.; 358; a requisire certe ruote di bombarde del palazzo di via Lata, 174 n. 1; ric. 361 ; muovono tìere rampogne agli artetici del campo di Monaco perchè si lagnano del ritardo delle paghe, 178; inviano lettere ai commissari lodandone l’opera, 178 n. i;sono esecutori di una grida per il ritorno dei nobili in città, 180,363; di un’ altra sui calafati e maestri d'ascia, 182; Paolo da Novi esorta a nome loro il cap. Tarlatinodi porre termine all’ assedio di Monaco, 183 n.; concedono agli uomini di Polcevera e di Bisagno di spogliare e derubare coloro che venissero di fuori, 187, 367, 368; in una nuova elezione essi vengono tutti riconfermati, 189, 369; il 16 marzo vengono cambiati e sostituiti da altri, 379; rie 2 Jo; 238; sono convocati a Palazzo per sancire 1 elezione a doge di Paolo da Novi, 241, rie 526. Genova (Vescovati), ric. -M-"’· -(Vicario ducale), sono citali dinanzi ad esso alcuni nobili :8o. _ ( V i e ), d. Filo] inseguimento avvenuto in esso tra Giacomo Ghiglione e Gian Giorgio Fieschi, 8, 315; passano per esso i reali di Spagna, 419; — d. Luccoli (Li/niri), è tolta da essa una parte dell’ artiglieria che ivi si trovava ed è portata a Palazzo, 247, ^90 ; — d. Madda lena (carrogio della Magdalena), è tolta da essa una parte dell’artiglieria ivi posta contro il Castelletto ed è portata a Palazzo, 247, 39o; vi fanno incursione le truppe di Castelletto, 3g5; il Salazar vi fa abbattere un gran numero di case, 282, 411; 28^1 Pera, ric. 286 n. 3, 414> Piccapietra (Picapria), viene sbarrata dai popolari pel sospetto che il governatore voglia fuggire da Palazzo e riparare per essa a Castelletto, 43, 326; — d. San Domenico, id. id. Lata (molto spesso indica la casa di Gian Luigi Fieschi che si trovava in essa), scende da essa G. L. Fieschi per domare la sollevazione dei popolari, ii,3i5; vi si rifugiano molti nobili, il Fie- Indice Alfabetico <335 sebi vi raccoglie milizie, ma i populari muovono vers0 di essa o)> bligandolo a lasciare la città, 12, ji<>; corre voce che vi sieno state raccolte armi per i nobili, i5, 3 1 8; e vi si radunino soldati, 1 (3, 318; i popolari muovono verso di essa e s’impadroniscono delle case dei nobili, i6,3j9,436; Gian Luigi Fieschi rientrato in Genova piovvede tosto il suo palazzo in detta via di armi, di artiglierie e di uomini, 3i, j2, 320/444, 447, 44^i 4^9ì ric. 34; i popolari fanno puntare contro di essa alcuni cannoni, 36, 322; viene abbandonata dai nobili che lasciano Genova, 37, 323, 444j ^f)0. rjc j2^.. nelle case dei Sauli ivi esistenti si preparano gli alloggi per il re di Aragona, 334, ric. 404; vi hanno alloggio il marchese di Marassi e Giovanni di Biassa, 61, 335: e fors’anche il cap.Tarlatino, non: una casa in essa viene colpita dalle artiglierie di Castelletto, J74: rie; 286, 415; nelle case dei nobili ivi esistenti è dato un banchetto a Luigi XII, 407; ric. 415. Genovesi (Genoati, Zenovesi), rispondono con grandi proteste di obbedienza al re di Francia che li esortava ad essere tranquilli, 9 n. 2 ; inviano doni ed ambasciatori al re d’ Aragona a Porto-lino, 59, 335; offrono la signoria aire d’Aragona ('?), 5g n. 1; chiedono a Pisa il capitano Tarlatino, 75 n; ricevono aiuti dai pisani, 75 n; notizie su un carteggio per una spedizione dei genovesi in aiuto dei pisani. 76 n; giudizio del re Luigi XII su essi. 78 n. 1: invisi a Carlo d’Amboise·. *2: comunicano al papa di aver soppresso in suo onore un editto contro Savona. S.j n. 3; ric. 92 n 1 ; 108 n 1; 112 n: inviano un esercito contro Monaco, 1 i3: con speranza di una sollecita conquista, 114, n. 1 ; occupano Mentone e Roccabruna, 117; ric. 118: rappresaglie del duca di Savoia per delta occupazione. 118 n. 3: sono convinti della facilità della conquista, 119; ric. 121; il papa promette loro aiuti. 124: prime avvisaglie contro .Monaco, i3i; prime difficoltà, 1 j2. 137; sfòrzi per la buona riuscita dell’impresa, i45 14· ·: i nizzardi si rifiutano di muovere contro i gen. 165; politica pacifici dei gen. verso il duca di Savoia, 166. n.; ric. 168 n. 1; il re di Francia decide di punirli della loro disobbedienza, 181; il papa li informa della disposizione d‘ animo del re di Francia verso loro, 185: dichiarati ribelli dal re di Francia. 185. 374; continuano l’assedio di Monaco con varia fortuna. 191; 192: i93; artigiani e mercanti scelgono alcuni cittadini per porre pace in città, i93, 372, 373: tentano un accordo col duca di Savoia. 193. 194, i95; ric. >o3; alcuni cittadini vorrebbero abbandonare G., ma ne sono impediti. 217, 218; ric. >19, n 1; indignati per le crudeltà del Salazar, 221, 222. 378: 636 Indice Alfabetico assaltano e prendono il Castellacelo, -223 n. 2; decidono di muovere guerra al re, 2 jo, 383; ric. 233 234; raccolgono armi e denari per la guerra contro il re di Francia, 254, 11. 1; 3i)3; prestano solenne giuramento di fedeltà al re, 533, 534; molti gen. si trovano nell’esercito di Pisa, 404; il papa impetra da Luigi Xll clemenza per essi, 412 n. 1. Genovesi (Nobili), spalleggiati dal gov. francese s’impongono ai popolari, 3; hanno gli offici civili divisi a metà coi popolari, ma in realtà sono essi che comandano, 3, 3i3, 435; loro violenze contro i popolari, 4, 422; sono difesi dal cronista Alessandro Saivago, 4 n 1 ; la« compagnia de l’aguo », 5, 3i3; commettono nuove violenze contro i popolari, 5, 6, 3i3, 314, 424, 427, 433: non obbediscono agli ordini del pod.; eleggono quattro deputati per provvedere alla loro difesa, 7, 315 ; non volendo scendere a transazioni coi popolari provocano una sollevazione (18 luglio 15o6), 10, 315 5 alcuni fug-ςοηο da Genova, altri si rifugiano nella casa di Gian Luigi Fieschi, 12, 315, 316; una nuova sollevazione popolare (20 luglio i5oG) li caccia da Genova, 16, 318, 319, 428; le loro case sono prese e saccheggiate, 16, 319, 437; raccoltisi in Gavi decidono d’inviare Andrea d’ Oria al re per difendere la loro causa, 20; i loro rappresentanti raccoltisi nel castello di Montoggio stabiliscono di imporre una tassa ad ogni famiglia nobile per trovare i mezzi onde rientrare in Genova, 21 n.; ric. 2 i, n. 2; notizie sul loro partito, 2.">, 2(1; timore dei popolari per i loro armamenti, 28; rientrano con G. L. Fieschi in Genova dopo l’ingresso del governatore in essa (3o Agosto 15o6), 31, 32, 320, 4Ì9i accusano il Ravenstein di essere stato cor-rottodai popolari 33, n. 1 ; sono cacciati di nuovo dai popolari, (4 Settembre i5o6), 37, 32 3, 444) 44'S 460; si lagnano della mala fede del governatore di Genova, 40, 327; sono accusati dai^ popolari di aver promesso ai loro soldati il saccheggio della citta, 43, 328, 329; si astengono dal partecipare ai consigli tenuti in essa, 48 n. 1; loro armamenti, 33o,j3i; alcuni di essi si rifugiano nel marchesato di Finale, 56, 333; dissuadono il re d’Aragona dallo scendere a Genova, 58; si adunano ad Arquata, γ3 n. 1, dec1' doao d’inviare ambasciatori al re diFrancia, al papa ed a Carlod’Am-boise, 79,343; alcuni seguono il Cleves in Francia per chiedere diretta-mente soccorsi al re, 79; editto dei popolari contro di essi, 79) n. 2, 342; ric. 80; fanno rimostranze al re per Γ editto , 81 n. 1; ric. no, n. 2; non ottemperano all’editto, 81, 82 ; si rifugiano in Savona, 87; ric. 94; accusano Filippo di Ravenstein di aver cagionata la perdita di Pieve Indice Alfabetico di I eco, 97 n ; sperano in un pronto soccorso delle armi francesi, i i ■> n. 2 ; inviano ambascia-tori a Luigi Xii che li accoglie benignamente, 120; 121; ric. 122: mandano quattrocento venturieri in soccorso di Monaco, 13g ; i N. raccolti in Savona assoldanotruppe in difesa della città, 153, 352; gli anziani di G. si lagnano col governatore di Savona delle loro mene, 5oi , 5oa; gride dei popolari contro di essi, 172, 358; offrono cento mila ducati al re di Francia perchè mandi un esercito contro Genova, 179, 362; altre due gride contro di essi, 179, 180,362, 363 ; il governatore di Savona li obbliga a restare in essa, 365; alcune case di essi in Genova vengono saccheggiate da una compagnia di tristi, 365; alcuni N. arrestati dal castellano di Castelletto coi popolari raccolti nella chiesa di S. Francesco, sono rimessi in libertà, 189,370; molti si dirigono ad Asti, 371; si uniscono a G. L. Fieschi e Carlo d1 Arn-boise a Casale Monferrato, 371; molestano gli ambasciatori popolari a Serrava®, 216, 522; ragioni per cui .vennero appoggiati dal re di Francia, 220; alcuni di essi, abitando presso Genova, sono perseguitati dai popolari, 220; 224; sono requisite tutte le armi che si trovano nelle loro case, 225, 377, 378 ; è loro vietato di allontanarsi da Genova e s’impone a quelli dimoranti nelle Riviere di rientrare in città, 637 225, 525; il doge ingiunge a quelli dimorr.nti in G, senza le loro masnade di restringersi in di e case per piazza per dare alloggio alle famiglie accorrenti in Geno\ a, 241. 389; i N. pagano seimila fanti che si uniscono all' esercito francese contro Genova, 258;gran numero di N. è presente al solenne ingressi) di Luigi XII in Genova, 270, 400; riprendono il loro antico predominio, 273, 402, 4o3; corre voce preparino liste di proscrizione. 273 , 404 ; festose accoglienze al re di Francia, 278, n. 3, 405, 407: persecuzioni contro i popolari, 280 , 410, 411, 412; sono presenti alla decapitazione di Paolo da Novi, 290 , 415 ; offrono ricchi doni al castellano di Castelletto e alla sua famiglia, 417; molti di essi si recano a Savona pel famoso incontro di Ferdinando il Cattolico con Luigi XII, 418. Genovesi (Popolari), le condizioni economiche migliorate permettono loro di gareggiare coi nobili, 2; e di pretendere una più larga partecipazione al governo, 3; hanno gli offici civili divisi a metà coi nobili ma chiedono che siano dati per due terzi a loro; ragioni di tale pretesa, 3; angariati dai nobili, 4, n. 1; 5, 6, 7, 313, 314; scelgono dodici capitani che sostengano le loro ragioni dinanzi al luogotenente e agli anziani, 7, 314; levatisi in armi per le prepotenze dei Fieschi, vengono con gran fatica acquetati, 8, 315; riuscite vane le trattative di Indice Alfabetico 638 pacitìcazionecoi nobili, si sollevano, (iS luglio i 5o6), io, j 15 , 4>3; ottengono cosi la concessione di due ter/i degli ottici civili, ι i, 421, 422, 425, 427, 434; la plebaglia saccheggia nella notte molte case di nobili, 11, 12, 316, 42), 425, 427, 4>4; adunatisi a Palazzo vogliono che Gian Luigi Fieschi vi venga con poca scorta e poiché risponde arrogantemente gli muovono incontro costringendolo ad abbandonare la città (19 luglio 1 5o6), 1j 1 6; ritornati a Palazzo eleggono nuovi anziani secondo la legge dei due terzi, e 12 pacificatori per rimettere la calma in città, i3, 14, 15, 316, 317; si sollevano di nuovo in armi (20 luglio 15o6), e cacciano i nobili da Genova, 16, 3 18, 436; liberano molti uomini di Sestri, Polcevera e Bisagno tenuti prigioni per debiti verso lo stato; commettono saccheggi e prepotenze, id, 319, 437; inviano ambasciatori al re di Francia, al luogotenente generale del re in Italia ed al governatore di Genova, 19, n. 3; 23, 319; loro timori per gli armamenti dei nobili, 28; malumori per il ritorno di G. L. Fieschi in Genova, 32, 444, 447; nuova sollevazione contro i nobili (4 settembre i5o6), 34, 32i; invio di una deputazione al governatore perchè cacci G. L. Fieschi da Genova, 34, 321; cacciata dei nobili da Genova, 37, 323,444; ottengono la elezione di nuovi anziaiv. !8, 325, 445; inseguono inoli:;, 39,325, 326, I P 448; scoprono la politica ambigua del governatore , 40 , 32, ; tengono un grande consiglio a S. Maria di Castello per sanzionare l’opera dei vecchi anziani e 1 elezione dei nuovi; rifiutano di giurare ii ni ovo fedeltà al re, 41, 4-1 43, 328 ; sembra che più tardi vi annuiscano, 4J n. 1 ; divisione di idee e di propositi fra popolo grasso e popolo minuto. 44) ^29; delusi nella speranza di accogliere i reali d’Aragona, 58; inviano doni e ambasciatori a Ferdinando il Cattolico a Portofino, 5g , fio, 335; si impongono al governatore, 611 62, 336, 337; presentano un progetto di riforme per adire ai pubblici offici, 63, 64, 338, 339 , 4^9 ! eIe8" gono 18 cittadini per attuare dette riforme, 65, 66; inviano truppe alla conquista di Pieve di l eco, 06,340, 456; aspirano all’ unione delle riviere sotto il comando del governatore di Genova, 68 ; decidono d’inviare ambasciatori al re per placarne lo sdegno per 1’ occupa-pazione della Spezia e di Chiavari, 69; si oppongono alla deliberazione presa di consegnare le riviere al re. 7,, 72, 73, 34o, 462; vedono con indifferenza la partenza del governatore, 341; editto contro i nobili, 79, 342 ; si proroga il limite del loro ritorno in città, 80, 81, 34); inviano un’ ambasceria al re, una al papa e forse una a Carlo d’Am-boise, 82, 344; sopprimono in onore del papa un editto contro Savona, 83, n. 3; fanno nuove elezioni di Indice Alfabeti ico tu,,i Si* offici pubblici secondo le ultime riforme, 84, 345; raccoltisi. in S. Maria di Castello giurano di dimenticare i partiti, 345; ragioni che li spingono a muovere guerra a Monaco, 9,, n. 5, 465; loro speranza nella condiscendenza del re a detta impresa, 92, 9], 46fi; quali conseguenze attendono dalla caduta di Monaco, g3; la spedizione contro Pieve di Teco nasconde i preparativi contro Monaco, 94,45, n. 3; primo imbarco di truppe per Ventimiglia, io5, 106, 34G; man-dano Bernardo Veneroso alla corte di Torino, 107, 346; notizie sullo sdegno del re di Francia e del legato pontifìcio per la mancata cessione della Riviera di Levante e per l’impresa di Monaco, 110, m. 112 , 346 ; partenza dell’ esercito contro Monaco, 113, 34(1; sono difesi alla corte di Francia da N. Oderico contro le accuse dei nobili. 121, 122; i loro ambasciatori sono accolti benignamente dal pontefice che promette aiuti, 124; le truppe occupano Mentone e Roccabruna, 126; prime avvisaglie contro Monaco, 131 ; difficoltà dell’ impresa, iJ2- 137; eleggono nuovi commissari, 144; si adoprano atutt’uomo per la buona riuscita dell’impresa, 145, 146 ; difficoltà che vi si oppongono, i5o, 151, 152 ; si sforzano di tenere una politica pacifica col duca di Savoia, 165,166, 513; 167, 517; 168; mirabile unione dei partiti contro le minaccie dei capi partito Fregoso, 171,355 ; pub- ó3q blicano gride contro i nobili. 172 . 173, >58; 179,180, 362. i(jj; Mino dichiarati ribelli dal re di F rancia. 185, 374; non vogliono restituire le Riviere al re, 1 K<|. 34, 387; assaltano le mura del convento di S. Francesco , 2 35 . 387; eleggono Paolo da Novi doge, 238, 388; nell’imminenza della guerra con il re di Francia attendono aiuti da ogni parte, ma questi giungono in quantità irrisoria, 25o; sconfiggono le truppe del Fieschi spintesi sino a Ruta, 2 53. 3g3; devono ritirarsi dinanzi alfe- 640 Indice Alfabetico sercito francese, 260,396; inviano due ambasciatori al campo francese per trattare accordi sulla resa. 2 03 , 397 ; ma poco dopo si riaccende la battaglia ohe finisce con una nuova sconfìtta dei popolari. 264, 265, 397, 398 ; viene decisa la resa; notte di terrore e di fuga, 266, 398; eleggono sei loro difensori, 401; arresti e supplizi dei P,, 272, 273 ; settantasei di essi vengono dichiarati ribelli al re e rei di lesa maestà, 276, 407; persecuzioni contro di essi da parte dei nobili, 280 , 410, 411, 412 ; lista dei popolari che parteciparono ai moti ed al governo popolare del 1506-07, 5; v· anche Genova (Artefici), (Mercanti). Gentile Agostino, (Augustinus de Gen tilibus), vicario del convento di S. Domenico, promette di pregare per la salvezza di Genova, 441, 442. Gentile (famiglia), chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Gentile Luca, eletto per la revisione delle « caratate », 49 n. Gentile Pietro, v. Riccio Pier Gentile. Gerolamo d’Albaro, incaricato di dirigere la difesa di Albenga, 23fi. Gerolamo di Chiavari, abbandona il campo genovese presso Monaco lasciando un debito a Luigi di Bervey, 5o6. Gerolamo di Fontanabona, bandito da Genova, perché fautore dei nobili, 51 n. 3. Gerolamo di Moneglia, viene eletto anziano, ma essendo fuori di Genova è surrogato da Vincenzo di Oliva, 38, 39, 325; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. („| esto a P. 58, -,9c éUmm per errore Giorgio cJ e pur, errato che venisse surro-gato anche da Luis;! Olone, v. Aggiunte e correzioni) Geronima, priora de! monastero del Corpus Domini di S. Silvestro, promette di pregare per la salvezza di Genova, 443 Ghibellini, ric. 26. Ghibellini nobili, (gentili honunt ge-belini) destano scissure in Genova, (an. 1398), 559. Ghiglione Giacomo, (Giacomo Ghi-gione, Gigione, Giglione, Guilione lacobus Ghuiglionus), macellaio, oriundo di Polcevera, prende le difese di un suo parente contadino contro un Heschi, 8, 3i5; \icnt bandito da Genova, 9, n.; conv mette soprusi e prepotenze in \al di Polcevera, i83 n., 365; non obbedisce agli ordini del cap. Giacomo Corso, attacca battaglia e viene sconfitto ; sue mene misteriose, 262, 396 ; bandito da Genova reo di lesa maestà, 4°9’ Ghisoltì (Guisolfi) (famiglia), chiamata a partecipare al governo della citta durante la fazione popolare, 553. Giacomo di Rapallo, scelto dagli artigiani per pacificare gli animi dei cittadini, 372 ; viene eletto officiale di S. Giorgio, 404, 534; an* noverato nella lista dei cittadini 641 che parteciparono alla fazione po- polare, 552. Giambono Benedetto (Benedictus Iamboni), eletto officiale di San Giorgio, J4y; deputato dal partito Fregoso a regolare gli offici, 352; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Giambono Marco (Marcus Jamboni), un suo brigantino viene inviato con artiglierie e munizioni al riacquisto della Spezia 52, n. 1; gli è affidato il comando di una galera, J86; bandito da Genova reo di lesa maestà, 410. 529; annoverato ìK'lla lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Giamon, v. Amboise(d’) Carlo,signore di Chaumont. (ìian Antonio di Chiavari, inviato a Spezia ed a Chiavari per farne abbattere i castelli, 2il n. 1. (ìian Guglielmo (VUl) marchese di Monferrato, è al seguito di Luigi XII all1 impresa contro Genova, 258. (ìian Maria di Pegli. ric. 102. Gian Maria di Pentema, arrestato e tradotto in via Lata, viene liberato da alcune donne, 286 n. 3, 287 n., 414, 415. Gian Paolo da Leca (Lechanus), capo partito corso, s'intercettano sue lettere per le quali si scopre che i nobili lo eccitano a sollevare la Corsica contro il governo popolare, 24 n. 1; ric. 25 n. Giannotto, scudiero del Roccabertino è mandato al Salazar per chiedergli spiegazioni sull’arresto dei popolari nella chiesa di S. Francesco, 190; inviato per la stessa ragione a Carlo d’Amboise, 214, 522. Gigione, v. Ghiglione. Giglione, v. Ghiglione. Gioardo Ambrogio, artigliere (ingegnerò, maestro bombarderò), è inviato con artiglieria a riprendere la Spezia, 52; ric. 95 n. 2; inviato ’ con artiglierie ad Albenga, 456; ed incaricato di studiare un piano per l’espugnazione di Monaco, 98; mandato di pagamento per le sue mansioni, 472 ; eletto ingegnere dell’impresa, 109, n. 4, 473; ric. 114; comandante delle artiglierie, 128 n. 3; si lagna dei suoi dipendenti, 134, 484; chiede rifornimenti di polvere, 136 486; ric. 137, 487; è inetto al comando delle artiglierie. i3S; ric. i53; è biasimato in lettere dei commissari, 158, 5o5; e di Luigi di Bervey, ι5θι 492' 5°9 ; viene arrestato, 162, n. 2, 514; sue colpe, i63, 5i5, 516; inviato a Genova e indi al castello di Lerici, 163,361: ric. 163 n. 1: 164 n. 1 ; rimesso in libertà con 1’ ordine di recarsi tosto a Genova per provvedere col fratello Gregorio alla difesa di essa. 243, n. 4; ric. 490. (ìioardo (famiglia),: ric. 164 n. 1. Gioardo Gregorio, bombardiere, invitato dal comune ad accelerare la costruzione delle artiglierie, 222, n. 2; incaricato di provvedere col 642 Indice Alfabetico fratèllo Ambrogio alla difesa di Genova, -243, n. 4. Gioardo Lorenzo, speziale, inviato a Carlo d’Amboise per chiedergli giustizia per Γ arresto dei popolari operato dal Salazar nella chiesa di S. Francesco di Castelletto, 190, Jjo, 522; ric. 214; incaricato di provvedere che i nobili dimoranti in Genova o nelle vicinanze non se ne allontanino, >25, n. 3. Gioardo, maestro d’armi, un tiglio di esso é incaricato di piazzare certi cannoni contro via Lata per bombardarla, 35, 3ti, 322. Gio. Batta di Portofino, commissario nella Riviera di Levante, 99; commissario alla podesteria di Rapallo e Fontanabona, 226. Ci ocia, v. Chioccia Antonio. Giokkredo, Storia delle Alpi marittime ; Mon. Hist. Par. SS., 140 n. 4. ( jiorgio di Moneglia (errato nel testo p. 38 per Gerolamo), v. Gerolamo di M. Giorgio di Zoagli (de Zoalio), eletto pacificatore, i5, 318; e massaro dei pacificatori, i5 n. 1; scelto dal partito Fregoso come commissario al campo di Monaco, ma non inviatovi, 144, 35o; incaricato di consegnare ai supremi commissari i denari per le paghe alle truppe, 145; viene eletto anziano, 402, 53o, 534; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Giovanna d'Aragona e di Castiglia, cenni biografici, 60. Giovannèttino di Montoggio, bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5i n. 3. Giovanni, cancelliere del capitano Gambacorta, ric. όϊ n. Giovi, sono valicati dal governatore di Genova nel lasciare questa citta, 79, 3 42: l’esercito francese incendia due case su di esso, 254, >94; e lo incendia tutto una seconda volta, 254, 394; i montanari dei G. assalgono le milizie tedesche partenti con un ricco bottino, ma i tedeschi incendiano i villaggi vicini, 272. Giovo Simone (Simone de Jugo), inviato commissario alla Spezia, 31; 53 n. 1 ; ambasciatore al re di Francia, 82, 344; istruzioni impartitegli, 457; ric. 155 n. 2 : di ritorno dalla corte di Francia deve attendere a Saluzzo il salvo condotto dal duca di Savoia, 195 n. 2. Gitorello, v. Torello Guidone. Giudice dei malefici, v. Genova (Giudice dei malefici). Giudice Gasparo (Gasparo Judice, Gasparus Index), sindico di Ventimiglia, 474; inviato al governatore di Nizza per avvisarlo della presa di Mentone e di Roccabruna, 126, 127, 478; capitano di truppe all’assedio di Monaco, 129; porta al campo di Monaco una compagnia di Ventimiglia di cento ottantacinque uomini pagati a sue spese per dieci giorni d’assedio, 1 (j7, 198, 520; invoca insieme ai commissari pronti soccorsi pel cam- 643 po, iy8, 520; gli viene decretata la cittadinanza genovese estensibile ai suoi discendenti, iy8 n. i. Giudice Cìerolamo, deputato ai festeggiamenti pel re d’Aragona, 55 n. 2; muove incontro ad esso, 57 n. 2; ric. 3oo. Giudice Giorgio, deputato air officio per la spedizione contro Monaco, 115 n; ric. 140 n. 2; 476. Giudice Paolo, deputato alla presa del Castelletto, 2 lo, 384; bandito da Genova reo di lesa maestà, 4°9> ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla lazione popolare, 552. Giudice Tomaso, scelto dai mercanti per pacificare gli animi dei cittadini, J7.) ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 55». Giuliano di Magnerri, i figli di esso, uno dei quali si chiama Morina e 1 altro e innominato, abbandonano Genova, 3 36; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Giulio II (della Rovere), papa, favorevole ai popolari, 4 n. 1; lettere da Genova lo ragguagliano intorno alla sollevazione contro i nobili, 18 n. 1, 426 ; ric. 56, 57 n. 1 ; trattiene i capi partito Fregoso in Roma, <17 n. 2; pare abbia consigliato l'invio del cap. Tarlatino a Genova, 75 n; prende Rologna, '4 ì; conferma la legataria di Francia a Giorgio d’Amboise, Ì44; i nobili decidono d’inviargli ambasciatori, 7;) ; che partono da Ar- quata, 344; sono ric. 464; i popolari gli inviano due legati per congratularsi della presa di Bologna, comunicargli la soppressione in suo onore di un editto contro Savona e raccomandargli le sorti di Genova. 82, 83 n. 3 ; ric. 1 12 n. 2 ; conforta i genovesi a stare uniti e a sperare nel suo aiuto, 124, 34o ; eletto per la riforma degli olfici, 66 ; partecipa al consiglio del 22 ottobre i5o6, 71, n. 1, 340, difende dinanzi ai tribuni il suo operato, 77, 341; deputato a ricevere argenti per farne battere moneta, 3y3; eletto seniore del popolo, 37:': arrestato come reo di lesa maestà e condannato a morte cerca invano di riscattare la sua vita ; viene giustiziato, 278, n. 2, 407, 408; ric. 529 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Giustiniani Kliano, bandito da Genova reo di lesa maestà, 408, 529. Giustiniani Francesco, governatore di Indice Alfabetico 6i5 Corsica, dà notizie all’officio diS. Giorgio sul reclutamento di fanti in aiuto di Genova, 25, n. 2;-252 n. Giustiniani Galeazzo, la sua galera è ai servizi di ]73; ric. 385, eletto consigliere del doge, 392 ; inviato a Carlo d’Amboise per trattare accordi sulla resa di Genova, 263, 397, 526 ; inviato per la stessa causa al re di Francia, 267, 398 ; scelto dai popolari come loro difensore, 401; viene eletto officiale della Balia, 402, 531, 534; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Giustiniani Teofilo, priore di S. Maria di Castello, promette di pregare per la salvezza di Genova, 441. Giustiniani l'omaso, deputato a raccogliere armi di nobili, 378. Giustiniano, v. Giustiniani. Goano Barnaba, eletto doge, viene spodestato da Tomaso Campo-fregoso (an. 141 5), 561. Goano Bernardo, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, -"'29. Goano (Guano), famiglia appartenente al partito dei popolari, 16 n. 1. Goano Gaspare, eletto pacificatore, 15, 318 ; ric. 40 n. 1 ; gli è affidato il comando di una galea, >3i, 456; lettere inviategli dal signore di Finale, 142, 35o; prende parie ad un consiglio di guerra al campo di Monaco, 147, 497' su^a sim galea è imbarcato Ambrogio Gioardo, 162, 514; il capitano della flotta francese Pregent gli toglie il comando della galea, 401 ; annoverato nella lis'a dei citiadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Indice Alfabetico 647 Goano (paese), si stringe in lega con diversi paesi vicini, 389. Goano Pelegro (Peregro de Goano), anziano, 14 n. ■>; eletto per le ri-forme degli ollìci non vi partecipa perchè infermo, 66 n. 1; è scelto dai mercanti per pacificare gli animi dei cittadini, 373 ; viene deputato a ricevere gli argenti alla zecca. 2)i, n. 2; deve seguire il re a Milano, 279, 408, 528; è annove-verato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Goano l’elegro di Bergamo (spesso soltanto: Peregro di Bergamo), tribuno della plebe, 76 n. 1, 77 η; eletto anziano, 345 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Goano Tomaso, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Gonfalonieri di Genova, v. Genova (Gonfalonieri). Gontero, v. Gualtero. Gonzaga Francesco, marchese di Mantova, è al seguito di Luigi XII nell’impresa contro Genova, 258; prende parte al solenne ingresso del re di Francia in Genova, 400; parte da Genova, 401. Gonzales Ferdinando (Gonsalvo Ferrando), viene a Genova incontro al re d’Aragona, 57, J.Ì4; accompagna i reali d’Aragona nel loro viaggio a Savona, 418, 419. Gorsigia, v. Corsiglia. Governatore regio in Genova, v. Cleves di) Filippo, e Genova (Governatore). Grammaestro, v. Amboise (d1) Carlo. Grego Domenico (Greco I).), capitano di truppe alPassedio di Monaco, 129; lodato da Luigi Bervey, 15y, 509; la sua compagnia è più che decimata dalla defezione dei soldati, 197, 5κ> Gregorio di Bozolo, è inviato nella Riviera di Ponente per raccogliere galeoni, 376, 377; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Gregorio di Fegino (Fex ino), castellano della bastita della Spezia, 100 n. 2. Gregorio maestro (d’armi), ric. 514. Grenobje, nel parlamento di G. è signore Stefano Oliviero di Vienna, 22; vi giunge Luigi XII nel suo viaggio verso l’Italia, 237 n. 1. Grillo (famiglia), è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Grillo Lorenzo, eletto anziano, 38, 325; eletto seniore del popolo, 375. Grimaldi Agostino, vescovo di Grasse, inviato dal fratello Luciano alla corte di Savoia, 104; è l’anima di rutto il movimento in favore dei monegaschi a Nizza e alla Turbia, 149, n. 3, 499; ric. 477. Grimaldi Ansaldo, la sua casa viene saccheggiata dalla plebe, 316; è incaricato dai nobili di studiare il modo per rientrare in Genova, 21 n.; aiuta con milizie il signore di Monaco, 149 n. 1, 499. Grimaldi Bartolomeo, fratello di Luciano, è comandante supremo della 648 Indice Alfabetico rocca di Monaco, i3o; tende un agguato ai genovesi, 131. Grimaldi (famiglia), diviene signora di Genova (an. 1263), 557, appartiene al partito dei nobili, 16 n. t; due Gr. portano alla Turbia denari per le truppe, 155, 353; ric. 149 n. 1; 273; è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Grimaldi Francesca, sorella di Luciano, lo aiuta da Dolceacqua, 149 n. 3. Grimaldi Francesco di Gattières (Ia-chctoie Grimaldo dicto de G ater aI, ric. 149 n. 2 ; si trova a Tenda per raccogliere soccorsi in aiuto di Monaco, 477. Grimaldi (galere dei), una di esse taglieggia le navi genovesi, 9]; due galere sono inviate nel porto di • Villafranca, io3; si ritirano a Nizza, 151, n. 1; le due galere si uniscono a quelle del re di Francia, 181. Grimaldi Gio. Batta, viene eletto officiale della Balia, 402, 53o, 534. Grimaldi Giorgio q. F'r., viene eletto officiale di S. Giorgio, 403, 534-Grimaldi Giovanni li, signore di Monaco, ucciso dal fratello Luciano, (an. i5o6), 89 n. 1; ric. per i restauri al castello di Mentone, 125, n. 2. Grimaldi Luca di Antibes; sua figlia è sposa a Grimaldi Ansaldo, 149 n. 1. Grimaldi Luciano signore di Monaco, suo avvento al potere, 89 n. 1, 90; accuse dei genovesi per le rapine da esso commesse, 91 n. 5, 465 ; ordine di Luigi XII di procedere contro di lui, 92i 46(,i ric. 92 η., η. . I lettera al Ravenstein relativa ad un galeone catturato, 92 n. . ; lettera al governatore di Nizza perchè accolga nel porto di Villafranca le galere monegasche, 3i ; i genovesi met-tono una taglia sulla sua testa, , 31 ; ric. 168, η. 1 ; ordinano il sequestro dei beni posseduti da esso in Genova, ■ 72·> n' 1 n’ 358; giunge a Genova da Monaco, 277’ n. 2, 407; è latto rinchiudere nel castello di Milano da Luigi XII, 414; ric. 492, 5° 1. Grimaldi Manuele di Gattieres, entra in Monaco con milizie ausi-liarie, 149, n. 2, 499· Grimaldi Marco, banchiere, 55 n. 3; eletto per la riforma degli offici, 65, Grimaldi Maria, figlia di Giovanni II, erede della signoria di Monaco ne Indice Alfabetico 649 viene spogliata dallo zio Luciano. 89 n. 1, Grimaldi Matteo, inviato a Genova da Luciano G., <)2 n. 1. Grimaldi (parenti dei), raccolgono a 1 onda milizie al soccorso di Monaco, 133, 477. Grimaldi (rocca dei), v. Monaco. Grimaldi, signori di Monaco, hanno in feudo dal duca di Savoia Mentone e Roccabruna, 88; sono per qualche anno signori di Ventimi-glia, 89 ; i genovesi si preparano ad assalire il loro dominio di Monaco, 89 ; notizie sui signori di M., 89 n. 1 ; 90; speranze dei genovesi di abbatterne la potenza, 93; ric. 96; 115 n. ; 116 n.; 139; vengono soccorsi dai nobili genovesi, 153 ; v. anche Grimaldi Luciano. Grimaldina (torre?), viene rinchiuso in essa Pantalino da Meran, 248, 39i. Gropallo Battista, annoveralo nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Grullero Vincenzo (Gurlero Γ.), annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Guado Bernardino di Valenza, eletto vicario di Genova, 280, n. 3,410. Guaim Giulio, è forse in lui che si può identificare il « caporale romano » inviato da Giulio II in aiuto dei genovesi, 251, n. 1. Gualteri (famiglia), è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Gualtero (Contero), u argenterò » del Cleves, 35, n. 3. Guano, v. Goano. Guarco Antonio, tenta invano di far sollevare il popolo (an. 1398), 55o. Guarco Isnardo, eletto doge di Genova, (an. 1437), 563. Guarco Nicolò, eletto doge (an. 137S), 558; obbliga i gentiluomini a cedere metà degli offici al popolo, 558. Guasconi, venturieri francesi che occupavano la Turbia, 135; ric. 137. Guelfi (Guerfi), ric. 26; loro dominio in Genova (an. 1314), 558. Guglielmo di Alessandria (Guilielmus de Alesandria), vicario dei frati dei Servi, promette di pregare per la salvezza di Genova, 442. Guglielmotti A., Vocabolario marino e militare, ric. 228 n. 2 ; 361 n. 1. Guicciardini Francesco, della Istoria d’Italia, notizie sulla famiglia del Carretto, 57 n. 1 ; giudizio sulle cause delPimpresa contro Monaco, 91, n. 4. Guidobono Nicolò, dottore in legge e vicario del governatore, presenta alcune osservazioni sulle riforme nella elezione degli officiali, 65. Guilione, v. Ghiglione. Guisolfi, v. Ghisolfì (famiglia). Guizano Pietro, deputato a raccogliere armi di nobili, 378. Gurlero, v. Grullero Vincenzo. Indice Alfabetico H IIaste, v. Asti. Hautbois (di), v. Carlo di 11. Honeglia, v. Oneglia. Honeto, v. Oneto. Huglio Gobin, bandito da Genova reo di lesa maestà, 529. I J Jacob Paul, bibuophii.e, ric. 4 n. 1. Iacobodi Brescia, v. Pegorella Giacomo di B. Jacques de Chabannes, signore della Palice, muove con l’avanguardia dell’esercito francese contro le milizie genovesi, 259, n. 1; ferito alla gola cede il comando al duca di Albania, 260. Jamali, corsaro turco, s’impadronisce di una nave veneziana catturata da un genovese e la brucia, 320. Jambone, v. Giambono. Iamon, v. Amboise (d1) Carlo, signore di Chaumont. Ianoto Basso, v.' Basso Ianoto. Ihamon, v. Amboise(d1) Carlo, signore di Chaumont. Iliice, v. Lerici. Imperiale Cesare di S. Angelo, ric. XII. Imperiale (famiglia), una nave di essa accompagna la flotta spagnuola, 333; è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazioni popolare, 55 j. Imperiale Federico, eletto seniore del popolo, 375. Imperiale Michele, la sua casa viene saccheggiata dalla plebe, 316. Ingiberti (de) Franco, lasciato dagli oratori genovesi quale «solicitator » alla corte papale, i85. Interiano (famiglia), è chiamata a partecipare al governo della citta durante la fazione popolare, 553. Interiano Pantaleo, viene eletto anziano, 402. Ioardo, v. Gioardo. lorvano Adriano (lorvarno A), viene impiccato alla porta di S. Andrea, 404. Isère (signore della vai d’), v. Duvn (di) Giano. Isola (dell1) Benedetto, detto « lo ca-tivo », padrone di un brigantino a cui vennero tolte alcune artiglierie per mandarle a Monaco, 201; bandito da Genova reo di lesa maestà, 40;), 529. Isolani Giacomo (Solani G.), di Bologna, governatore di Genova (an. 1425), 562. Italia, ric. 9; giudizio del re Luigi XII sull’Italia, 78 n. 1 ; il re di Francia decide di partire per essa, 181; è sulle mosse per scendere in I., 2 >7, n. 1; i signori d’I. muovono incontro al re di Francia, 2481 ^91 i Luigi XII dice di esservi venuto ■ per debellare i suoi nemici e specialmente il popolo di Genova, 392; corre voce che l’imperatore voglia venirvi con un grande esercito, 418; ric. 449; 452. Italiana Colombina, v. Colombina I. Italiano Giovanni, q. Pietro, eletto per la riforma degli offici, 65. Indice Alfabetico 651 Italiano Pantaleo, eletto anziano, 53o, 534. Iudex, v. Giudice. lugo, v. Giovo. Iuta, v. Franchi (de) Iu]a Bernardo. Iuria, \. Franchi (de) Giuria Antonio. Iustinianus, v. Giustiniani. Iusto, maestro bombardiere pisano, viene assoldato nelle artiglierie all’assedio di Monaco, .38; 487· 492. lzobio, v. Eusebio. K Katerina, v. Caterina. Kohlgr Ch., Lcs Suisses dans les guerres d'itali e de , ioti a ,5 /2, )/ Genève, Jullien, 1897; 258 n. 2. L· Lagorara (paese), si stringe in lega con diversi paesi vicini, 389; gli uomini di L. inseguono le truppe dei Fieschi rotte dai popolari, 394. Lampugnano (di), v. Oldrado di L. Lannoy Rodolfo, bailivo d’Amiens, ric. 88, n. 4; eletto governatore di Genova, 276, 277, 407; presta giuramento di fedeltà al re, 277, 407; si reca coll’ambasciatore del pontefice a visitare la famosa «scodella» o sacro catino di S. Lorenzo, 282, 417; ric. 284, 285; ordina ai popoli della Riviera di Levante di ricevere con tutti gli onori il signore di Fois, 418; gli si fa onorevole accoglienza in Genova, 418j cosi pure ai reali di Spagna, 419; si reca a Savona per rendere omaggio al re di Francia giuntovi per il famoso convegno col re di Spagna, 285 ; ric. 286 n. 1 : lodi del suo governo, 3o2, ric. 53o. Lanteri Antonio (Lanterio) di Venti-miplia, e forse l’ignoto che assicurò di prendere Monaco in 22 giorni, n 5 n.; 116 n. Lanterna di Genova, v. Genova (Lanterna). I aon (vescovo di), v. Carlo di Lussemburgo. Las (de) Jean, capitano di schiere assoldate dai genovesi per l’impresa di Monaco, 128. Lasagna Gio. Batta (La^ania), eletto ambasciatori a Carlo d’Amboise, 213, 366; parte per detta ambasceria, ma torna indietro poco dopo coi suoi compagni «re infecta», 375, ■>761 3"7i annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Lata (via), v. Genova (Vie). Lavaggi (da), v. Francesco da L. Lazania, v. Lasagna. Lazaro (di), v. Oberto di Lazzaro. Lazaro, v. Lazzaro. 1 -azzanno di Pino, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409. Lazzaro di Albaro, ollìciale della moneta, 345; è annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Lazzaro di Camogli. officiale della moneta, 345. Lazzaro di Linario, bandito da Genova reo di lesa maestà, 529. Lazzaro (domino), ric. 487. 652 Indice Alfabetico Leca (da), v. Gian Paolo da L., Orlando da L., Ranuccio da L. Leccavela ( famiglia ) , chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Leixano (banco di), ric. 401. Lemenge Giovanni, v. Meingre (le) Giovanni. Leonardi Gio. Batta, eletto padre del comune, 345; deputato a trattare le quistioni con le Riviere, 377; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Leonardi Perego, popolare, ucciso da Domenico Negrone, 6. Lercari Domenico q. S., incaricato dai nobili di studiare il modo per rientrare in città, 21 n. Lercari (famiglia), sulla nave di essa sono requisite le artiglierie per la impresa contro la Spezia, 332, chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popo-» lare, 553. Lercari Gasparo, sindico di Porto Maurizio, 474. Lercari Tommaso, ric. 100 n. 1. Lerici (Illice, Lerexe), 132 n. 2; ric. 243, n. 4; giungono a Genova due grossi cannoni fabbricati & L., 388; vengono fatti portare in Castelletto, 4o3; dipende dall’off. di S. Giorgio, 547. Lerici (Castello di) (Castellimi Illicis), ric. 2 5 n,· vi è rinchiuso Giacomo de Mari di Capo-Corso, 24 n. 1; vi fu prigione Orlando figlio di Gian Paolo da Leca, ma riusci a fuggire, 25 n., rigore esercitato in quelle car- ceri, 25 n.; vi sono rinchiusi Ambrogio Gioardo e due gentiluomini arrestati per sospetti, i63, 361; il castellano riceve l’ordine di porre in libertà Ambrogio Gioardo, 24 Ì n. 4; il comune ordina che vi sia incarcerato il marchese di Bollano, 245 n. 3. Lerici (di) Antonio, ambasciatore a Carlo d’Amboise, 1Q1 20' ^'9 ’ istruzioni impartitegli. 20, n. 2, risultato della sua ambasceria, 27, lettere inviategli dall’officio di Pisa, 32 n.; 33 n. 2; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare. 551. Lerici (di) Gio. Batta, (Gio. Batta de Illice), eletto per la revisione delle «caratate», 40 n·: eletto otTiciale di S. Giorgio, 340 ; scelto dagli artigiani per pacificare gli animi dei cittadini, 372; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Lerici (di) Giovanni (Joannes de Illice), pronunzia dinanzi al re di Francia un’orazione per chiedergli perdono a nome del popolo genovese e domandargli altre grazie, 275, 406; il suo discorso é riportato per intiero dal d’Auton, 277 n. 1 ; è annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Levante (Riviera di), v. Riviera di Levante. Levanto, sono tolti da esso i 5o fanti di guarnigione, 100, n. 2; vi giunge la fiotta franco spagnuola, 390. Indice Alfabetico 653 Levanto (commissari di), v. Genova (Commissari). Levflnto (di), v. Pietro Batta di L. Leverone Rosso, nella casa di esso a Fontanabona giace infermo G. L. Fieschi, 49, 3Jo. Ligny (conte di), v. Valerando di Lussemburgo. Liguria, il governo francese ordina di farvi grandi feste per il matrimonio della figlia di Luigi XII, 6 n.; ric. 55; 179; milizie venute in Genova dalla L., 257, 395. Linario (di), v. Lazzaro di L. Lione, ric. 112; 122 ; l’ambasciatore N. Oderico inviato alla corte di Francia spedisce da L. lettere a Genova, 443; anche i nuovi ambasciatori alla corte di Francia inviano da L. lettere a Genova, 184, 366 Loano, dipende dai Fieschi, 87. lodisius de Pentema, v. Luigi di P. Loggie di Genova, v. Genova (Loggie). Logia Gerolamo, deputato ai festeggiamenti pel re d’Aragona, 55 n. 2. Loise Gio., v. Fieschi (ìian Luigi. I .oize Jo, v. Fieschi Gian Luigi. Lombardi, alcuni ingegneri I. vengono a rafforzare la guarnigione del Castelletto in Genova, 186,366; compagnie di 1. abbandonano coi loro capi il campo di Monaco, 197, 519. Lombardia, corre voce che i nobili genovesi vi preparino milizie contro Genova, 28; che G. L. Fieschi le faccia venire a Quarto, 38, 324; ric. 327; 333 ; è governata da Carlo d’Amboise, 78 n. 2; sol- dati di L., 130; si ordina in L. di non portar grano a Genova, 179, 363 ; un castello in L. si ribella ai francesi, 374; Carlo di Chaumont fa bandire per tutta la L. i genovesi come ribelli al governo del re di Francia, 374; vi è pronto un grande esercito per marciare contro Genova; ric. 236; 2>7, n. 1; 385; 258 n. 2; giungono a Genova dalla L. molti guastatori per la costruzione del nuovo castello, 277i 278, 407; rie· 409· Lomellini Agostino di Battista, (Lomellino), eletto anziano, 14, 317 n. 1 ; incaricato dai nobili di studiare il modo per rientrare in città, 21 n. Lomellini Agostino q. D., officiale della moneta, 345. Lomellini Ambrogio, eletto anziano, 38, 325; eletto nuovamente anziano, 402. Lomellini Ansaldo, deputato ai festeggiamenti pel re d’Aragona, 55 n. 2, n. 3. Lomellini Baldassarre, di parte fre-gosa, viene arrestato e svela i nomi di vari amici di Ottaviano Fregoso, 177, n. i, 180 n. i, 35g, 36o. Lomellini Domenico, avendo seguito la parte di Ottaviano Fregoso, è citato a comparire in giudizio, 180, n. t, 36o, 362. Lomellini (famiglia), sulla nave di essa sono requisite le artiglierie per l'impresa contro la Spezia, 33ì; due nobili di essa sono elevati alla carica di anziano e di officiale della Balia dopo l’ingresso del re di 654 Indice Alfabetico Francia in Genova, 273, 402; è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Lomellini Francesco, la sua casa a Fassolo viene saccheggiata dalla plebe, 17 n., 319 ; viene eletto officiale della Balia, 402, 53o, 5 >4. Lomellini Gerolamo (Hieronimus Lo-melinus) q. Tobia, riceve l’ingiunzione di attendere all’ufficio della moneta, 80. Lomellini Giacomo, corre voce che insieme con altri nobili stenda liste di proscrizione pei popolari, 273, 404. Lomellini Gio. Ba'ta, è incaricato dai nobili di studiare il modo di rientrare in G., 21 n.; eletto anziano, 53o, 534. Lomellini Gioffredo, arrestato dai popolari presso Monaco, 155 n.3, 356. Lomellini Lorenzo, ambasciatore dei nobili genovesi al re di Francia, 120 n. 1, 463. Lomellini Matteo, (Lomelino Matheo), eletto « difensore della libertà », (an. 1436), 562. Lomellini Nicolò di Banchi, la sua casa viene saccheggiata dalla plebe, 316. Lomellini Pasquale, arrestato per sospetti a S. Remo e tradotto al castello di Lerici, 163, 516. Lomellini Raffaele, si parla della sua nave, 100 n. j. Lomellini Sisto, eletto per la revisione delle « caratate », 49 n. Lomellini Sorleono, eletto anziano, 317 n. 1. Lomellino, v. Lomellini. Longaville, v. Longuèville. Loiìgueville (duca di), v. Francesco d’Orleans. Lorenzo di Spirito, ( Laurencius de Spirito), frate dell’ordine dei Minori di osservanza e guardiano della chiesa dell’Annunziata, promette di pregare per la salvezza di Genova, 442. Luca di Pietra, (Ligure1' Cossera?), eletto castellano del castello di Porrofino, 224. Lucca, ric. 45 n. 1 ; concorre con Genova e Siena a raccogliere somme in favore di Pisa, 76 n. ; ric. 127; Genova chiede a L. milizie per l’impresa di Monaco, 372 ; Signoria di L., 446. Luccoli (Lucuri), (via di), v. Genova (Vie). Ludonensis episcopus, v. Carlo di Lussemburgo. Luigi XI, re di Francia, ric. 9. Luigi XII (corte di), v. Francia (corte di). Luigi XIΓ, re di Francia, e signore di Genova, 313; ric. 5 n ; 6 n.; i popolari vorrebbero ragguagliarlo delle angherie dei nobili, ma il Senato respinge la proposta, 7; avendo avuto notizia dei moti di Genova esorta i genovesi alla tranquillità, 9 n. 2"', i popolari gl’ inviano lettere informandolo delle novità accadute e protestandosi fedeli al suo governo, 17, 422; ric. 17 n.; 425, 426; viene avvisato Indice Alfabetico 655 dai genovesi dell’invio di un ambasciatore, ig, 319, ,μ'}, 426; che parte poco dopo, 19; colla raccomandazione di persuadere il re che Genova gli è fedelissima e che è tranquillissima, 434, 436, 438; i nobili gli inviano Andrea d’Oria come loro rappresentante e difensore, 20; il re invita i genovesi a deporre le armi e annunzia l’invio del suo luogotenente generale Carlo d’Amboise, 21; ric. 429; ri-costruzione del carteggio tra il re e gli anziani, 22 n. 1 ; ric. 3o n. 2 ; 43 n. 1 ; il governatore di Genova gl’invia il luogotenente della sua milizia, signore della Cletta, per riferirgli notizie su G., 47 n.; 446; ric. 332; 54 n. 2; 333; ric. 57 11. 1 ; riceve lettere dagli anziani di Genova con grandi assicurazioni di fedeltà ed obbedienza 58, 59, 447, 448; suoi rapporti con Ferdinando il G„ 59, 66; accoglie graziosamente l’ambasciatore popolare Nicolò Oderico, 67. 443; le spiegazioni date da esso sugli ultimi avvenimenti in Genova, 67 n. 2; sanziona la legge dei «due terzi», 67; ma non approva le richieste dei popolari di unire le riviere sotto il comando del governatore di Genova, 68; ric. 445, 449; sua indignazione per la presa della Spezia e di Chiavali, 69; gli viene annunziato l’invio di due ambasciatori, 69 n. 1; in una lettera agli anziani si lagna per la assenza dell’Oderico, 69 n. 2 ; scrive al governatore di Genova minacciando i popolari se non gli obbediranno, 71, n. 2; gli anziani scrivono a L. di aver decretato la restituzione delle Riviere, 72, n. 1, n. 3 ; ric. 73 n. 1 ; ma poco dopo 10 avvisano di aver dovuto revocare 11 decreto, 73 n. 1 ; ric. 74; s o giudizio sui genovesi, 78 n. 1 ; i nobili decidono d’inviargli ambasciatori, 79 ; gli anziani gli annunziano la partenza dei governatore, il prossimo invio di due nuovi ambasciatori e gli danno ragione della mancata consegna della Riviera di Levante, 80 n. 2 ; riceve lettere da Oderico, 81 n. ; biasima gli anziani per l’editto contro i nobili, gli anziani si difendono e gli inviano una copia dell’editto, 81 n. 1, 465 ; lettere credenziali dei nuovi ambasciatori popolari diretti al re, 83 n. 1, 470; istruzioni loro impartite, 457 ; loro mira principale è di abbattere la potenza di G. L. Fieschi, 467, 468; lettere del comune in cui si accenna al desiderio dei popolari di conquistare la Riviera di Ponente, 87 n. 1; suoi rapporti con Giovanni Grimaldi e con Luciano signore di Monaco, 89 n. 1, 92; ric. 91 n. 5; i genovesi sperano che egli accondiscenda all’impresa di Monaco, 93,466; non gliene fanno però cenno nelle letterea lui dirette, 98; ric. 99 ; suo sdegno per la mancata restituzione della Riviera di Levante, 111 ; sue minaccie per l’impresa di Monaco, 111, 346, 348; ordina a Carlo d’Amboise di rac- 656 Indice Alfabetico cogliere un esercito contro i genovesi, 112, n. 2; l’ordine viene revocato, 113 ; accoglie onorevolmente gli ambasciatori nobili genovesi, che lo supplicano di punire i popolari, 120, 121; N. Oderico ottiene da lui di difendere i popolari dalle accuse dei nobili, 121; ric. 122; riceve lettere dagli anziani che gli raccomandano i nuovi ambasciatori, 12 ! n. 1; 470; s ia opinione sulla politica del papa, 124 n. 2; proibisce a tutti i suoi sudditi di dare aiuto ai genovesi, 141; ric. <54; 15 5 n. 1 ; mentre non dà udienza agli ambasciatori popolari la concede a G. L. Fieschi e agli ambasciatori nobili, 1 55 n. 2 ; induce il duca di Savoia ad aiutare il signore di Monaco, 168 n. 1; ric. 177 n. 1; i nobili genovesi gli offrono centomila ducati perchè mandi un esercito contro i popolari ed egli accetta, 179 ; prepara una spedizione contro Genova, 181 ; sue male disposizioni d’animo verso i genovesi, 185 ; dà ordine ai genovesi sotto Monaco di togliere l’assedio e ne riceve un riliuto e minaccie, 185, 368; decide di dichiarare ribelli i genovesi, 185, 367; il Roccaber-tino cerca d’indurre i genovesi a restituirgli le Riviere ma non vi riesce 193, 372; ric. 2o5; manda un suo « usciere di camera » a Genova per far partire il Roccaber-tino e cooperare alla difesa del Castelletto, 211, 212; ric. 218 n. 1; considerazioni sulla sua politica coi popolari, 220; ric. 222 n. 1; 227 n. 1; alla notizia che egli muove contro Genova, i genovesi stabiliscono di fargli guerra, 2 3o, ì3i; 383, 384; da Roma invece scrivono che il re non marcierà contro Genova, 232, è sulle mosse di scendere in Italia, 237, n. 1; giunge in Piemonte, si dirige verso Asti, 248, 391, vi giunge, 248 n. 1, 252, 392; l’ambasciatore di Spagna propone ai genovesi di accordarsi col re, 249, 39i, 392; rapporti di L. col pontefice, sua opinione sugli aiuti del papa versoi genovesi, 251 n. 1 ; lascia Asti e per Alessandria e Bosco Marengo giunge a Busalla, 2 57, 2 58; ric. 2 58 n. 2; 259 n. 1; raggiunge l’esercito francese a Ri\a-rolo, prende stanza nella badia del Boschetto, 2(ì3, 398; rifiuta di vedere gli ambasciatori dei popolari e li manda al cardinale d’Amboise, 2(>3 ; essendosi riaccesa la pugna decide di attaccare subito i genovesi, 265, n. 1; condizioni imposte per la resa, 266, 398 ; cura che le milizie mercenarie non entrino a saccheggiare la città, 266, 267; rifiuta di ricevere una nuova ambasceria genovese inviata per stabilire i patti della resa e la manda al cardinale d’Amboise, ì(<~, 398; suo solenne ingresso in Genova, 269, 399; sue parole all’entrare in Genova, 270, 399; prime gride emanatevi, 271, 400; disegna di erigere un nuovo castello in Genova, che verrà poi detto la Briglia, 271 n. 1, 400, 4o3; invia Indice Alfabetico 657 un cardinale come ambasciatore al papa, 404; sua imposizione ai , genovesi, 274, 405, 5h- riceve da essi il solenne giuramento di fedeltà, 275, 276, 277, 405, 40(1, 533, 5J4 ; concede un generale perdono tranne a 76 popolari che sono dichiarati rei di lesa maestà, conferma i privilegi concessi altra volta alla città, ordina che si muti il conio delle monete, 275, 276, n. 2, 406, 407, 535, 536, 53; e segg. ; ric. 277 n. 1 ; Demetrio (ìiustiniani condannato a morte tenta di riscattare da lui la, vita, ma non ottiene grazia, 278; il re si reca a festini nelle case dei nobili, 278,11. 3,405, 407; ordina ai genovesi di consegnare tutte le loro armi e ingiunge a quattordici cittadini popolari di seguirlo a .Milano; sua partenza da Genova, 279, 11. 2, 408, 411, 528; ric. 410, 412; riceve lettere ed ambasciatori dal papa esortanti ad essere mite verso i genovesi, 412 n. 1 ; gli è inv ata un' ambasceria genovese per chiedergli di segnare un limite all’abbattimento delle case ordinato dal Salazar, di far punire certi malfattori, etc. etc., 282, 28I, 284,413, risposte date da esso, 285 ; fa rinchiudere nel castello di Milano il signore di Monaco, 414; riliuta a Giulio II il perdono chiesto da esso per Domenico Adorno e Agostino Foglietta, ambasciatori dei popolari di Genova, 416; ric. 417; si reca a Savona per il famoso convegno col re di Spagna. 285, 291 ; copie dei privilegi concessi ai genovesi, 297, 3ot, 310, 311; giunge a Savona, 418; ric. 3oo; 3o2; 495; 5oi ; 5o2 ; 5i5; 523 ; 526; 527; 53o. Luigi di Narbona, vescovo di Vabres, ( Vabrensis episcopus), è testimone alla concessione dei privilegi dati dal re di Francia ai genovesi, 549. Luigi di Pentema (Lodisius de Pen-lema), commissario a Chiavari. 54, n. 2, 452; 100; 108 n. 2; 175 n. 2; incaricato di requisire le artiglierie e le munizioni della nave di Stefano Negrone a Portofino, iy3 n. 1; bandito da Genova, reo di lesa maestà, 409, 529. Luigi di Villeneu e, marchese di Trans, signore di Sérenon, raccoglie in Provenza fanti in ai to di Monaco, 140, n. 3, 494. Luise Jo., v. Fieschi Gian Luigi. Lunigiana (Lunixiniano. Lurixìana) una parte dei fanti assoldati da Genova provienedallaL., 162,335, 354, 356. Lunixiniano (?), v. Lunigiana. Luogotenente del governatore in Genova, v. Roccabertino Filippo. Lurixiana, v. Lunigiana. Lussemburgo (di), v. Francesco signore di L, Carlo vescovo’di L., Valerando di L. Luxardo, v. Franchi (de) Luxardo. 658 Indice Alfabetico M Macelli di Genova, v. Genova (Macelli). Machiavelli Nicolò, Istorie fiorentine, ric. 128, 129 n. 1. Maddalena (Magdalena), priora del monastero della Madonna delle Grazie, promette di pregare per la salvezza di Genova, 442. Maddalena (via della), v. Genova (Vie). Maestrali (officio dei), v. Genova (Oflici). Magnano Battista, incaricato di condurre a Genova alcuni prigionieri delle truppe Turbiasche, 192. Magnerri (di), v. Giuliano di M. Magnerri, paese in vai di Polcevera incendiato e saccheggiato dalle truppe francesi, 255, 394. Maineri Pier Battista, ric. come testimonio in ut atto, 532. Malapaga, prigione per i debitori, i prigionieri di essa ottengono molte riduzioni di pene, 34 n. Malaspina Gerolamo, marchese di Mu-lazzo, riceve lettere dal cognato, 112 n. 2, Maluccelli (Marocelli) (famiglia), chiamata a partecipare al governo della città durarite la fazione popolare, 553. Mandora (da), v. Amandola Simone. Manno Antonio, Bibliografia degli stati d.’lla Monarchia di Savoia, ric. XI n. 4; 2g5; 296. Mantova (marchese di), v. Gonzaga Francesco. Manzo, v. Paolo detto Io M., Tomaso detto lo M. Maragliano Menegollo, (Maraggian M.), bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5i n 3, 332.^ Marassi (marchese di), alloggiato in via Lata, 61, 335. Marco (di) Donato, eletto anziano, 14, 317 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Marco (di) Sil vestra, priora delle povere donne di S. Silvestro, promette di pregare per la salvezza di Genova, 44). Mare (da) Corso, v. Mari ( de ) Giacomo. Mare (da) Giacomo, v. Mari (de) Giacomo. Mare (officio del), v. Genova (Offici). Marengo Pietro, tribuno della plebe, 77 n.; arrestato per accusa di complicità nel tentativo dei Fregoso, 360; scelto dagli artigiani per pa-c'ficare gli animi dei cittadini, J72; annoverato nella lista dtfi cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Marenzia (de) Battista, (Marentia), viene ucciso in Recco< per lotte fra partiti, 347. Margoto Antonio, sindico di S. Remo, 4/ 4* Mari (de) Andrea, eletto « difensore della libertà» (an. 14<6), 562. Mari (de) Cipriano, eletto pacificatore, 15, 317; incaricato dai nobili di trovare il modo di rientrare in Genova, 21 n. Mari (de) Giacomo, figlio di Simone, signore di Capo-Corso, è fatto arrestare dairofflcio di San Giorgio Indice Alfabetico 65g per sospetti di tradimento riguardo all'isola di Corsica, 24, n. 1 ; notizie della sua condotta prima dell'arresto, 25 n. Mari (famiglia), è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Maria Vergine (Nostra Signora), il doge ordina una solenne processione di vergini in onore di essa, 249. Mariana , Historia de Espana, ric. 60 n. 1. Marinetto Gregorio ( G. de Marineto\ anziano, 14 n. 2. Marini (de) Battista, nobile, esule da Genova, 155, n. 1, Marini (de) Castagna Luchino, eletto anziano, 14, 31 - ; eletto officiale di S. (liorgio, Ì4<); arrestato dai bisagnini mentre si dirigeva a Mon-toggio e tradotto in Genova, 187, 368. Marini (de) Domenico, eletto pacili-catore, 15, n. 1; la sua casa in Carignano viene occupata e fortificala dai popolari, 319; viene eletto anziano, 402, 5.io, 534. Marini (de) Giovanni Pio, dottore in utroque, inviato ambasciatore al re di Francia per chiedergli di lar cessare le persecuzioni del Salazar, 282, 28), 284, 413. Marini (de piazza, v, Genova (Piazze). Marini (de) Vincenzo assolda un capitano spagnolo e alcuni pisani per l'impresa di Monaco, 487. Marini (famiglia), ric. 27!; è cliia·. mata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Marocelli, v. Maluccelli. Marola (Marora), paese presso la Spezia, ove la flotta franco-spa-gnola tenta uno sbarco che non ha buon esito, 245, 392. Marro, località in cui si trovano Renato di Savoia ed il conte di Tenda, 471. Marrufo Aridalone, eletto « capitano della libertà» (an. 1442), 563. Marsiglia, vi sono armate le galee del re di Francia, 386. Martello Simone, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409: 529. Martignone Giuseppe, possiede una copia dei privilegi concessi da Luigi XII ai genovesi nel maggio 1507, 297. Massimiliano I, imperatore, ric. 5j n. 1 ; corre voce che prepari un grande esercito e voglia venire in Italia, 418. Maxenna Pantaleo, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Mazon, v. Paolo detto M., Tomaso detto M. Megarena, paese in \al di Polcevera incendiato dalle truppe francesi, 254, 394. Meingre (Le) Giovanni detto Bouci-cault (Giovanni Lemenge detto busciardo — boisiardo), governatore in Genova per il re di Francia (an. 1401), 56o. Melia, v. Ameglia. Mentone, dominio del duca di Savoia dato in feudo ai Grimaldi di Monaco, 88, io3, 104, 346; Genova 66ο Indice Alfabetico ordina ai suoi commissari di occuparlo, 106; istruzioni in proposito, 107 ; B. Veneroso ambasciatore al duca di Savoia deve persuaderlo che gli sarà restituito, o altrimenti fare valere i diritti di Genova, 107; ric. 108, n. 1; 113; è conquistato dai genovesi, 117, 117 n. 3 ; restauri fatti precedentemente al cas'ello , 125 ; particolari sulla presa di M., 126, n. 3, 478, 479, 480, 487, 493;gli abitanti di M. nutrono affetto al signore di Monaco, 126 n. 3, 478; ric. 134; da M. si trasportava il sale al ducato di Savoia. iò6, 354, 517; il duca di Savoia chiede che gli sia ritornato « in pristino», 168, 355 ; nuove istruzioni intorno ad esso date a B. Veneroso. 195, 196; si dà facoltà ai commissari dell’esercito genovese ritiratosi da Monaco a Ventimiglia, di fortificare Μ. o di abbatterlo, 204, 382: 206; vi vien posto a difesa un castellano con 34 uomini che si arrendono allo esercito del d'Allégre, 206, 207, 3 84; ric. 484. Meran (da), v. Pantalino di M. Mercanti di Genova, v. Genova (Mercanti). Mercanzia (officio della), v. Genova (Offici)· Merello Andrea da Sestri, maestro di artiglierie, i supremi commissari chiedono che sia inviato al campo di Monaco, Ó9, 5o5; vi giunge e vi sostituisce Ambrogio Gioardo, if>2, n. 2, 514, 515. Merello Battista, deputato a raccogliere armi di nobili, 378. Merello Leonardo, deputato al partito Adorno a regolare gli offici, 352; eletto commissario alla podesteria di Rapallo e Fontanabona, 226; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Merello Pantaleo, fonditore di bombarde, 164 n. 1. Merlo Antonio, sindico di San Remo, 474· . , Milanesi, nobili fuorusciti, ric. .»74· Milano, i nobili di Genova fanno venire da M. sottili pugnali, 5, 313; ric. 18, n. 1 ; vi è inviato da Genova un ambasciatore a Carlo di Chaumont d'Amboise, 20, >19, alcuni consiglieri del parlamento di M. hanno l’ordine di seguire il d’Amboise a Genova, 21, 4-‘J5 " si recano da Genova Paolo Bc raldo latore di una lettera degli anziani e Antonio da I>erici am basciatore allo Chaumont, 27, voci di apparecchi guerreschi in M. contro Genos'a, 28; ric. 4."'5, partono da M. milizie in soccorso di Monaco, 499; lettere da M. confermano che il re vuole dichiarare ribelli i genovesi, ι8.·>, 367; lettere inviate da M. a Venezia con notizie sul colpo di mano del Salazar, 189 n. 1 ; ordine al Roccabertino di recarvisi immediatamente, 212, 522; vi sono arrestati tutti i popolari genovesi e rilasciati poi dietro cauzione, 215, 376, 523 ; altre rigorose mi- Indice Alfabetico 661 sure contio i genovesi residenti Moconexi Matteo (Mnchonexi Ma- in M., 2 1'' n. i ; \ i si reca il theus·, Monconexì M.), bandito da Roccabertino, -i i >, J-5 ; lo rag- Genova perché partigiano dei no- giunge ivi Stefano di Cernerieq, bili, 5i n. 3 ; viene arrestato da -219; nel Palazzo di M. si trovano quei di Bisagno e impiccato a in permanenza otto gentiluomini Palazzo, 377. genovesi deputati alla guerra, 379, Molo di Genova, v. Genova (Molo). 52.1 ; vi sono raccolti 20.000 uo- Molo (piazza del), v. Genova (Piazze), mini per marciare contro Genova, Molo torre del), v. Genova (Torri). 2.17 n. 1, 385; Gian Luigi Fieschi Monacheto, v. Moneghetti. parte da esso con un forte eser- Monaco (Moniguc), ric. 75 ; do- cito per riconquistare la Riviera di Levaive, 2 Ϊ7, j'87, ric. 247; 3 iti ; si parla del messaggero ordinario che veniva da M. a Genova, J74; vi tien casa Carlo de' Fornari, 385; Luigi XII parte da Genova per M., »79, n. 2, 408; lo raggiungono ivi quattordici cittadini genovesi che ebbero ordine da lui di seguirlo, 279, n. 2,411, 528; vi si reca il cardinale Anto-niotto Pallavicino inviato da Giulio 11 a Luigi XII, 413 ; vi toma da Genova Francesco Bussone di Carmagnola (an. 1424^, 56*. Milano(BibliotecaI. Brera, ric. 277 n. 1. — (Castello), vi e rinchiuso per ordine di Luigi XII Luciano Grimaldi signore di Monaco, .414. — (Corte), ric. 14.1, 4«,5. — (Duchi), ric. 12S; 475; perdono il governo di Genova (an. 1417), 563. Milieu (signore di), v. Allégre (49; lo stesso fa il governatore di Savona, 349; i genovesi sono sempre convinti della facile espugnazione di M., 1 19 ; ragioni di tale convinzione, 1 19, n. 2 ; ric. 121 n. 1, 125 ; l’esercito genovese giunge sotto le mura di M., 127; ric. 129; forte posizione di M., i3o; fonti sulla storia dell’assedio, i3i n. 2; i32 n.; i33 primi dubbi sulla riuscita dell’impresa, 480; difficoltà di collocare l’artiglieria presso, le mura. [35, 136. 484, 486, 489, 495 ; i nobili inviano milizie in aiuto di -M., 1Ì9; ric. 142, 35o; ric. 14!) ; i supremi commissari genovesi hanno facoltà di tentarne la resa col denaro, 144 ; ric. 146, n. 1 ; 351; consiglio tenuto al campo per l’espugnazione di M., 147, 497; entrano in M., rinforzi di milizie, 149, 353, 499: ric. i5o 11, 2; 151 ; 1 53; 1 54; 155 n. 3; 156, n. 2; 353; 354; 356; i genovesi tentano di bombardarlo ma le loro artiglierie sono smontate dai tiri dei monegaschi, 157, 355, 5o3, 507; truppe genovesi occupano posizioni dominanti Monaco, 160, 51 1 ; ric. 161 n. 3 ; 162 n. 2 ; 167 ; 169, n. 1 ; 170, n. 1; spese per l’impresa, 171, 357; ric. 172; 173 n., 358; 174, n. 1; 175; si contraggono nuovi prestiti per l’impresa di M., 177, 359; a Villafranca si armano due barche in soccorso di M., 182,364, 365; le bombarde genovesi rompono buon tratto delle mura, 18J, 365, 366; ric. 188, 369; si decide di proseguire 1’ assedio a qualunque costo, 189, 369; 191; 370; ric. 200 n., j’73; 374, 3/5; sentori di preparativi di un esercito in aiuto di M., 201; bombardamento e fiero assalto dei genovesi valorosamente respinto, 20.), 38o, 381; ritirata dei genovesi da M. a Ventimiglia, 204, 381; si vorrebbe mandare a chiedere a Carlo d’Amboise il permesso di continuar l’assedio, ma la plebe proibisce l’ambasceria, 2o5, 382, 383; M. è liberata dall’ esercito francese del d’Allègre, 206; ric. 207; 211 n. 2; una delle cause per cui i genovesi dichiarano di muover guerra al re di Francia, è quella che egli aveva dato soccorso a M., 231, 384; le artiglierie usate contro M. sono sbarcate in Genova, 232 , 385; ric. 2J4; vi giunge la flotta francese; * 236, 386; 238; uno dei capi d’accusa contro Paolo da Novi da parte del governo francese è di aver condotte le truppe contro M., 289, 415; ric. 304; 3o5; 3o6; 477; 510; 515; v. anche Monegaschi. — (Archivi del palazzo), ric. 132 n. — (Officio per la spedizione contro M.), v. Genova (Offici). Indice Alfabetico 663 Monaco (Porto), ric. i03. Monasteri di Genova, ric. 4 s ; v. anche Genova (Monasteri). Mondovì (Mons regalis), alcuni ge· < novesi sequestrano le pecore di certi uomini di M., ,66, 5i3. — (Vescovo di), gran cancelliere del duca di Savoia, i genovesi si lagnano con lui per le scortesie usate verso B. Veneroso alla corte del duca e accennano a voler riannodare trattative, 194. Monegasche (galee), v. Grimaldi (galee). Monegaschi, avvisati dagli uomini della Turbia dell’arrivo di soccorsi sabaudi e francesi, ij2; in una furiosa sortita inchiodano quattro bombarde genovesi, 161, 356; tentano con una seconda sortita d'inchiodare le artiglierie genovesi ma sono respinti, 199, n. 1, 521 ; v. anche Monaco. Moneghetti (Monacheto, Monegeto), alture presso Monaco fortificate dai genovesi, 160 n. 1 ; i venturieri della 1 urbia calano sulle artiglierie ivi collocate, ma sono respinti con gravi perdite, 192, 370; ric. 201 n. 1; 519. Moneglia, vi sono inviati commissari Agostino Carrega e Francesco Daniele; 226. ■Moneglia (di), v. Domenico di M., Gerolamo dì M., Giorgio di M., Giustiniani Luca di M., Giustiniani Stefano di M., Mutino di M., Stefano di M. Moneta (officio della), v. Genova (Offici). Monete (officio delle), v. Genova (Offici). Monferrato, soldati di M. partecipano all'assedio di Monaco, 197, 519. Monferrato (marchese di), v. Gian Guglielmo e Paleologo Teodoro. Mongiardino Giacomo, prigioniero in Castelletto, 564. Mons, il signore di M. è per qualche giorno governatore di Genova, 400. Mons Regalis, v. Mondovì. Monsa Tomaso, setaiolo (seatero), prigioniero in Castelletto, 564. Montaldo Antoniotto, tenta invano una sollevazione popolare (anno 1398), 55g. Montaldo Battista, guerreggia a lungo coi seguaci di Giorgio Adomo (an. 1414), 56o. Montaldo (famiglia), appartiene al partito dei popolari, 16 n. 1. Montaldo Leonardo, eletto doge (an. i383), 558. Montaldo Raffaele, invitato dal Sala-zar a vedere un suo parente rinchiuso nel fondo di una torre del Castelletto, 221, 524; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Monteaguto Leonardo, tessitore di seta, preposto al bastione di Promontorio lo abbandona prima che sopraggiungano i nemici. 261, J96. (nel testo a p. 261 fu stampato per errore Costaguta per Monteaguto). Monteborgo Giovanni, commissario al campo di Monaco, i83; pare che l’assalto a Monaco sia fallito per una sua falsa manovra, 2o3, 382; suo ritorno a Genova e indigna- 664 Indice Alfabetico zione della plebe verso di lui. 204, 38'i. Montecarlo, vi accampa l'esercito genovese, 1J2; ric. 136 n. 1. Monteverde (di) Battista,commissario a Voltri, io5 n. 3. Montoggio (Montobbio ), paese dei Fieschi, vi si ritirano i Fiefchi cacciati da Genova, 20, 319, 4.I7 ; ric. 444; 460; vi -si adunano i rappresentanti dei nobili fuggiti da Genova per trovare il modo di rientrare in essa, 21 n. ; ric. 3y n. 1, n. 2 ; i popolari vorrebbero toglierlo ai Fieschi ma il governatore li trattiene chiedendo quali diritti abbiano su di esso, 62,336; e il luogotenente generale minaccia loro guai se tenteranno di prenderlo, 62, 337 ; aggiuntesi le minaccie del re i popolari si ritraggono dall1 impresa, 461 ; vi rientra Gerolamo Fieschi, 185 ; 367; ne partono molti uomini per rinforzare la guarnigione del Castelletto in Genova, 186; 366; sono arrestati in vai di Bisagno tre nobili diretti a M., 187, 368; ric. 190; 191; vi ritornano da Genova Gian Luigi Fieschi e suo figlio, 416. Montoggio (di), v. Giovannettino di M., Negrino di M. Morando Raffaele, abbandona Genova, 336. Morando Stefano di Capriata (a volte solo Stefano di Capriata), eletto capitano del popolo, 314 ; scelto dal popolo per chiedere al governatore di cacciare Gian Luigi Fieschi da Genova, 34, 321 ; eletto anziano, 38, 32 5 ; deputato dal partito Adorno a regolare gli ol-lìci, 352; inviato commissario con pieni poteri nella Riviera di Le-vante, 171; ric. 174; scelt0 dagli artigiani per pacificare gli animi dei cittadini, 372 ; incaricato di trattare le questioni colle Riviere, 377; ric. 256 n. 1 ; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 530 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Morcento, v. Genova (Morcento). Morigallo (Morigaio), ric. 229 n. 1 ; incendiato e saccheggiato dalle truppe francesi, 255, 394. Morina (lo), figlio di Giuliano di Magnerri, abbandona Genova, 336. Moroni, Dizionario di erudizione, ric. 416 n. 1. Morta (della) Giovanni, eletto doge (an. i345), 558. Motta, il signore della M. entra con milizie ausiliarie in Monaco, 149, n. 2, 353, 499. Mulazzo (Mulazio) (marchese di), v. Malaspina Gerolamo. Muratori L. A., Rerum Italicarum Scriptores, ric. XI η. i, 4 11. 1. Murta (della) Cosma, commissario a Sestri Levante, 176. Mutino di Moneglia, è patrono di due galee di Giulio II, 412. X ■ N Napoli, ric. 33o; Ferdinando il Cattolico nel suo viaggio verso N. tocca anche Genova, 55, 333; giunge da 665 N. a Genova il gran capitano Ferdinando Gonzales per rendere omaggio al suo re, 57, 3 J4; ambasciatori di Genova e di Francia in N., 59 n. 1; ric. 335; una fasta armata a N. ne cattura una genovese, 386; giungono a Genova due fuste da N., 4o7; il re di Spagna parte da N. per muovere verso Savona, 4,4; ric. 4,8. Napoli (re di), v. Ferdinando il Cattolico. Narbona (di), v. Luigi di N. Nardi Iacopo, Storia della città di Firenze, per cura di Lelio Arbib, Torino, i852, ric. 60 n. 2 ; yS n. Navone Giovanni (Navono G.), eletto « difensore della libertà » (anno 1436), 562. Navone Pantaleo, eletto capitano per raccogliere fanti a guardia di Genova, 39, 32 5 ; scelto dagli artigiani per pacificare gli animi dei cittadini, 372; ric. 2J0 n. 1; eletto consigliere del doge, 392 ; anriove-rato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Navone Simone, eletto per la riforma degli offici, 66; deputato alla presa del Castelletto, 23o, n. 1, 384. Nazario (di), v. Oberto di N. Negrino di Montoggio, bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 51 n. j ; viene arrestato a Sori dalle milizie genovesi inviate contro i Fieschi e impiccato a Recco, 3g3. Negrino Vincenzo, incaricato di provvedere che i nobili dimoranti in Genova 0 nelle vicinanze non se ne allontanino, 225, n. 3. Negro Bartolomeo q. Francesco, viene eletto officiale di S. Giorgio, 40 '5, 53φ Negro Bartolomeo, eletto officiale della moneta, 531 n. 1, 534. Negro (famiglia), chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Negro Giovanni, abbandona Genova, 336. Negro Lerexei Gerolamo, eletto anziano, 343. Negro Quilico, arrestato dai bisagnini è tradotto in Genova, indi rilasciato in libertà, 187,368. Negrona (nave), se ne requisiscono le artiglierie e le munizion', 191. Negrone Domenico, il figlio di esso commette prepotenze contro i popolari, 6. Negrone (famiglia), ric. 273; chiamata a partecipare al governo della città dorante la fazione popolare, 553. Negrone Melchiorre (Melchior de Ni-grono), viene eletto officiale della Balia, 402, 53o, 534; inviato a Portovenere incontro al re di Spagna, 414· Negrone Stefano, ha l'ordine di consegnare ai commissari del comune le artiglierie e le munizioni della sua nave, 19J n. 1. Neri Achiu.e, ric. XII. Nervi (di), un sottocomito di N. dà avviso di alcuni preparativi guerreschi dei nobili, 33o. Nervi (piano di), ric. 229 n. 1. Nevers (conte di), v. Carlo di Cleves. 666 Indice Alfabetico Nicoliuis, v. Brignole Nicola. Nigrino, v. Negrino. Nigrono, v. Negrone. Nizza (Nicia), partono da essa rinforzi per Monaco, 149, 499; vi si reca Giacomo d’Allègre, 165 n. 1; ric. 166 n. ; parte da essa il sale per il ducato di Savoia, 167, 517; vi si reca Andrea d1 Oria, 170 n, 1; giungono da essa a Genova due navi cariche di sale, 374; si cerca di ottenere dal duca di Savoia la proibizione di mandare aiuti da Nizza a Monaco, ig5; ric. 512; — (Contea), il suo dominiosi estendeva al poggio della Turbia, i32; ric. 147; il duca di Savoia ordina di reclutare un esercito in detta contea, 165 n. 2, 166 n. — (Gabella del sale), ric. 104. — (Governatore), il Grimaldi lo prega di accogliere nel porto di Villa-franca le galere di Monaco, io3; i genovesi gli inviano un legato per avvisarlo della presa di Mentone e Roccabruna; sua indignazione e minaccie, 127, 478, 479; 135,486; dichiara guerra a Genova, 141,496, ric. 151 ; il duca di Savoia gli ordina di preparare le milizie, 155; si abbocca coi commissari genovesi per un accordo col duca di Savoia, 156 n. 2, 354; ordina a tutti gli uomini della contea di recarsi a difendere la Turbia, ma i nizzardi si rifiutano, 165, 515; ric. 165 n. 2; 166 n. ; 167'; chiede di parlare coi commissari, 370. Nizzardi (Nicienses), dichiarano di volere rimanere neutrali nella lotta fra Genova e Monaco, 136, 486; rifiutano di recarsi a difendere la Turbia per non combattere contro i genovesi, 165, 166 n., 515: ric. 513. Nobili di Genova, v. Genovesi (Nobili). Nociano (Noxiano), paese in Val di Polcevera incendiato dalle truppe francesi, 254, 394. Noli (Nori), vi riparano per il mal tempo alcune navi dirette a Monaco, 174, 358. Nouaille Regnault, capitano della guarnigione del Castellacelo massacrata dai genovesi, 223 n. 2. Novara (da), v. Albano da N. Novara (vescovo di), v. Zorzi Petro. Novi, gli ambasciatori dei popolari di Genova diretti a Milano devono abbandonare N. per le insolenze dei francesi, 216, 3y6, 522. Novi (da) Antonio, tìglio di Paolo da Novi, ric. 239. Novi (da) Cattanei, v. Cattanei di Novi. Novi (da) Domenico, figlio di Paolo da Novi, ric. 239. Novi (da) Francesca, figlia di Paolo da Novi, sposa a Battista Carmagnola, ric. 23g. Novi (da) Giacomo, tintore d’indaco, padre di Paolo, ric. 239. Novi (da) Giorgetta, seconda moglie di Giacomo e madre di Paolo, ric. 239. Novi (da) Giovanni, tìglio di Giacomo e Giorgetta da Novi e fratello di Paolo, ric. 239. Indice Alfabetico 667 Novi (da) Paolo, (Paillo Vincen.o)i eletto capitano per raccogliere fanti a guardia di Genova, 39, 325 ; tribuno della plebe, 77 n.; nc. 129 n. ,63; l?3 n.; I7r. il suo nome è il primo fra i tribuni, 178 n. J, propone nel consiglio del comune di raccogliere forti somme per allestire una flotta e di ringraziare il pontefice per il suo interessamento alle sorti di Genova, 182, n. 2, 364; esorta a nome dei tribuni il cap. Tarlatino di porre termine all’assedio di Monaco, i83 n., n. 1; è inviato commissario al campo di Monaco, 200, n. 1; ric. 201 n. 1; valore dimostrato all’assalto di M., 238; ritiratosi coll’esercito a Ventimiglia, riceve istruzioni da Genova per il ritorno, 206; ric. 207; eletto doge, 237, 238, 388; cenni sul suo passato, 238 ; osservazioni degli storici sulla sua elezione, 238, 239 ; notizie biografiche, 239, n. 2. n.3; carattere di lui, 240; la sua elezione è confermata a Palazzo, -40, presta giuramento; prime gride uscite per suo ordine, 241; scrive ai rivieraschi promettendo loro di risarcirli dei danni che potranno subire dai nemici e invitandoli a ritirarsi in Genova con le famiglie e coi beni, 242, n. 1 ; ingiunge ai nobili che sono in città senza « masnade » di lasciar libere le loro case e restringersi in due case per piazza a fine di dare alloggio alle famiglie accorrenti in Genova, 243, ■’fy; rilascia in libertà tutti i pri- gionieri politici, 243, n. 4, 389; chiede per sé una guardia di 5oo finiti, 24J, 244, 38g; fa imprigionare Pantalino da Meran non prestando lede alle notizie da esso recate dell’arrivo del re di Francia in Piemonte, 248, n. 1,391; dichiara che farà ammazzare chiunque osi far proposte di conciliazione con il re di Francia, 249, 391; ordina che si facciano tre solenni processioni per impetrare da Dio la vittoria delle armi genovesi, 249 ; gli viene posto accanto un consiglio di dodici cittadini, 252, 392: ordina che il bottino preso nel fatto d’armi di Ruta sia consegnato al comune di Genova, 253 n. 2; invia lettere agli officiali della Riviera di Ponente riferendo la sconfitta dei Fieschi a Ruta, l’insuccesso della flotta francese alla Spezia ed i primi scontri con l’esercito francese, 255 n. 1; ric. 256 n. r; decide di inviare ambasciatori al campo francese 526. dopo la sua fuga viene abbattuta la casa di lui in Portoria, 2 78,407; bandito da Geno va con due figli come reo di lesa maestà, 408, 529; suo arresto, versioni sul modo del suo arresto, è accertato che venne tradito da un Corsetto di Pisa, 287, 288, 413; cause per cui gli venne decretata la pena di morte, 289, n. 1, 415 ; esecuzione della condanna, 290, n. 1, 416; ric. 297; 3o5,3o6; annoverato sotto il nome di Paolo Vincenzo ira i cittadini partecipanti alla fazione pop., 551, 658 Indice Alfabetico Novi Nicolò di Guglielmo, bandito da Geno /a reo di lesa maestà, 409, 529. Noxiano, v. Nociano. Noyers Nicola, Laonnese, unico superstite della guarnigione del Castellacelo, 223 n. 2. Nycia, v. Nizza. Nuova (porta), v. Genova (Porte). o Oberto di Lazzaro (Oberto de Labaro, Lanario), scelto dai mercanti per pacificare gli animi dei cittadini, 3j3; deputato a ricevere argenti per farne battere moneta, 37 i; eletto seniore del popolo, 375; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare. 552. Oberto di Nazario, anziano, 14 n. 2. Oderico Nicolò, eletto ambasciatore al re di Francia, 19, 319; ritarda la sua partenza; cause del ritardo, 19, n. 3, n. 4; istruzioni impartitegli, 20, n. 2, 431, 440; ric. 26 n. 1; riceve notizie dagli anziani delPingresso del governatore e di Gian Luigi Fieschi in Genova, 3o, n. 2, 32 n.; è incaricato di prestare a nome di Genova giuramento di fedeltà a Claudia figlia di Luigi XII unita in nozze a Francesco d’Angoulème, 34 n., 432 ; lettere inviategli (9 settembre i5o6)con notizie sugli ultimi avvenimenti di Genova, 46 n. 1, 47 n., 443; suo arrivo alla corte di Francia, 47 n.; 5o n. 1, n. 2; è accolto gentilmente dal re, 67, n. 1 ; difende i popolari dalle accuse dei nobili, 67 n. 2 ; sollecita Γ invio della regia conferma per le riforme dei popolari, 67 n. 3; è incaricato di ottenere dal re la unione delle Riviere sotto il governo di Genova, 68 ; scrive non parergli facile convincerne il re, 68 n. 1 ; riceve nuove raccomandazioni dagli anziani, 68 n. 1 ; invia notizie sullo sdegno del re di Francia per la conquista della Spezia e di Chiavari, 69 ; riceve avviso dello invio di due nuovi ambasciatori alla corte di Francia, 69 n. 1 ; e rimproveri per essersi allontanato qualche giorno dalla corte, 69 n. 2 ; si difende da tali accuse, 70 ri.; riferisce le minacele del re e raccomanda di accontentarlo, 70; annunzia Γ invio di Michele Riccio a Genova, 70 n. 1, ric. 71 n. 2; riceve lettere circa la consegna delle Riviere, 72 ; gli anziani e la Balia lo informano degli avvenimenti di Genova e dell1 invio di nuovi ambasciatori, 80 n.2; istruzioni riguardo ad esso date ai due nuovi ambasciatori 458, 464; Oderico risponde di aver consegnate lettere al re ; 81 n. ; gli anziani gli scrivono difendendo l1 editto contro i nobili, 81 n. 1, 465; gli raccomandano di impetrare il consenso per Punione delle Riviere a Genova, 87 n. 1 ; gli espóngono le ragioni delPimpresa contro Monaco, 91 n. 5, 466, 98; egli scrive agli anziani confermando lo sde- Indice Alfabetico 669 gno del re e del legato pontifìcio per la mancata restituzione della Riviera di Levante, 109, no, n. 2, in, J46; e i tentativi fatti presso Filippo di Cleves, m, 1 ri, 113, n. 1; annunzia agli anziani l1 arrivo degli ambasciatori nobili alla corte di Francia, l'udienza loro concessa, la condotta da lui tenuta, 120, 121, 122, 351; l'arrivo dei nuovi ambasciatori popolari, 122, 351; gli anziani gli dichiarano di non poter consegnare i castelli richiesti dal re, 122; lo lodano della risposta alle accuse dei nobili e sii danno nuove W' istruzioni, 123 ; di ritorno dalla corte di Francia deve attendere a Saluzzo il salvo condotto dal duca di Savoia, i95 n. 2; ric. 469,470; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Odone Luigi (Lodovico), eletto anziano, J9, 325; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551; (nel testo si errò affermar.io eh’ egli surrogò Gerolamo di Monejlia, v. Aggiunte e correzioni). Offici di Genova, v. Genova (Offici). Olcese (Orcexi), paese in vai di Polcevera ove sono catturati alcuni francesi, 395. Oldrado di Lampugnano, governatore di Genova (an. 14Ì1), 562. Oliva Antonio, eletto sindacatore, 345; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Oliva Vincenzo, eletto anziano in surrogazione di Gerolamo di Moneglia, 39, 325; eletto per la revisione delle « caratate », 49 n ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Olivar Rinaldo, (Rinaldus de Aleri-tengalus), luogotenente in Genova del re di Francia (an. 1400), 559. Oliviero Stefano di Vienna, signore nel parlamento di Grenoble, accompagna Filippo di Cleves di Ravenstein a Genova, 22. Oneglia ( Honeglia), dominio dei d1 Oria, 88; minacciata dalle mene di Renato di Savoia e del conte di Tenda, io3 n. 1, 471; vi si rifugia Giovanni Maria di Turio bandito dal governo francese, nella speranza di essere protetto dai d1 Oria, ma viene denunziato arrestato e tradotto a Genova, 286. 4'4;ric· 483. Oneto Gerolamo (Gieronimo de Ho-neto), scelto dagli artigiani per pacificare gli animi dei cittadini, 372 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 5.>2. Oneto Raffaele, eletto per la riforma degli offici, 66. Opizzino di Alzate, v. Alzate (A^ri) Opizzino. Opizzino di Vernazza, è inviato commissario a Castiglione, 226. Oria (d1) Agostino, viene ferito dai popolari in tumulto, io. 3i5. Oria (d') Andrea, è inviato dai nobili al re di Francia per difendere la 6ηο Indice Alfabetico loro causa, 20; ric. 21 n.; sposa una donna di casa Cibo vedova di Alfonso del Carretto, 57 n. 1 ; consiglia ai nobili di Savona i mezzi per soccorrere Monaco, 170, n. 1. Oria ( d' ) Andreolo, eletto « difensore della libertà » (anno 14 )6), 562. Oria (cT) Bartolomeo, signore di i>olceacqua, uccisore di Luciano Grimaldi (an. 1523), 116 n. Oria (d1) Batino, corre voce che con altri nobili stenda liste di proscrizione pei popolari, 273, 404. Oria (d1) famiglia, appartiene al partito dei nobili, i(in. 1; due dOria portano denaro per le truppe alla Turbia, 155 ; 353 ; ric. 273, 414; partecipa al governo della città durante la fazione popolare, 553. Oria (d1) Gerolamo, anziano, 14 n. 2, 317; ambasciatore dei nobili genovesi a Carlo di Chaumont, 344. Oria (d') Gerolamo, figlio di donna Pereta dOria, ric. 88 n. 2. Oria (d ) Gian Domenico, signore di Oneglia, ucciso nel i5o5,88, n. 2; ric. 286, 414. Oria (d1) Gian Giacomo, ambasciatore dei nobili genovesi al re di Francia, 120 n. 1, 463; v. Genova (Ambasciatori nobili); eletto officiale della moneta, 5 31, 534. Oria (d1) Giovanni, « miles auratus», eletto capitano dei nobili, 315 ; è incaricato da essi di trovare il modo di rientrare in Genova, 21η.; vengono in‘rr:ettate lettere indirizzate a lui, 171, 355; invia lettere ai cittadini di Albenga, 232 n. 2, 386; nel consiglio tenuto a Genova dopo l'ingresso del re di Francia propone di annullare tutti gli offici del governo popolare e dare pieni poteri al nuovo off. di Balia per trovar denari; le sue proposte vengono accettate, 402; viene eletto governatore d’Albenga; i genovesi ne chiedono invano la rimozione, 284,285; viene eletto officiale della Balia, 402, 53o, 534. Oria (d1) Lamba, eletto » capitano della libertà » (an. 1442), 563. Oria (d1) Lazzaro, i figli del fu L. pestano denari ai dodici deputati per i festeggiamenti al re d1 Aragona, 55 n. 3 ; nella sua casa a Campi (in vai di Polcevera), passata in eredità a Stefano dOria, dimorano molti notabili personaggi francesi prima di entrare in Genova ; v. Oria (d1) Stefano. Oria (d’) Luigi (Lodisio), arrestato per sospetti e tradotto nel castello di Lerici, r 63, 516. Oria (d1) nave, v. Oria (d1) Nicolò. Oria (d1) Negro, la nave di esso accompagna la flotta spagnola, 333. Oria (d1) Nicolò, sconfigge Rinuccio della Rocca che aveva tentato di sollevare la Corsica contro il dominio genovese, 2 5 n.; viene armata una sua nave in soccorso del campo di Monaco, 183, n. 1, 365. Oria (d1) Oberto, eletto capitano di Genova (an. 1270), 55y. Oria (d1) (partigiani dei), ric. 116 n. Oria (d1) Pereta, signora di Oneglia, 88 n. 2 ; è minacciata nel suo Indice Alfabetico dominio dalle mene del gran bastardo di Savoia e del conte di Tenda, io'! n. i, 471, 472 ; denunzia al governo francese Giovanni Maria di Turio rifugiatosi in Oneglia, 286, 414. Oria (d1) (piazza), v. Genova (Piazze). Oria (d1) Raffaele, eletto capitano di Genova, 558. Oria (d1) Stefano, figlio di donna Pereta d’Oria, 88 n. 2. Oria (d1) Stefano del q. Lazzaro, nella sua casa a Campi appartenuta già a Lazzaro d’O. pernotta Filippo di Ravenstein in viaggio per Genova, 29, 3o n. 2, 320; nella stessa casa prendono alloggio più tardi Carlo e Giorgio d’Amboise, 267, 398. Oria (d ) Visconte, ric. 8 n. 2; 9 n. ; viene ucciso dai popolari in un tumulto, 10, 315, 427. 433. Orlando da Leca, figlio di Gian Paolo; cenni biografici, 2 5 n. Orsini Gian Giordano (Ursino), è al seguito di Luigi XII nell1 impresa contro Genova, 2 58 ; è ambasciatore del pontefice al re e visita col governatore di Genova la famosa « scodella » 0 sacro catino in S. Lorenzo, 282, 416, n. 1, 417. Ortesieto (di), v. Bertono di 0. Ostia (Hostia), Giulio II vi attende invano l’arrivo del re di Spagna, 4>9· P Pacificatori, v. Genova (Pacificatori). Padri del comune, v. Genova (Offici). Palazzo del comune, v. Genova (Palazzo). Palazzo (piazza del), v. Genova (Piazze). Palazzo (torre del), v. Genova (Torri. Paleologo Teodoro marchese di Monferrato, entra in Genova, 5 60. Palice (signore di La), v. Jacques de Chabannes, signore di L. P. Pallavicino Agostino (Pelavicino A), q. Pietro, eletto pacificatore, 15, 3i7. Pai 1 a vicino A ntoniotto ( Prnvexino A.), cardinale, inviato da Giulio II a Luigi XII passa per Genova, 412, n. 1 ; parte da essa per recarsi a Milano, 413. Pallavicino Anton Maria fPalavicino A. M), è inviato da Luigi XII a Palazzo in Genova, 398; occupa il territorio della Spezia che gli viene però conteso dal figlio di Gian Luigi Fieschi, 281,401,411; accampa pretese sui castelli posseduti da Gian Luigi Fieschi, 468. Pallavicino (famiglia), partecipa al governo della città durante la fazione popolare, 553. Pallavicino Galeazzo (Pillavicini G.J, toglie la Spezia ad Anton Maria Fieschi; la questione sortane viene risolta da due commissari francesi, 281, 411, 412; accampa pretese sui castelli posseduti da Gian 1 .;>igi Fieschi, 468. Pallavicino Gian Battista, cattura una nave veneta presso Cipro, ma la preda gli vien tolta dal governo di Genova, 439. Pallavicino Gian Francesco, una nave veneziana presa da esso in Levante 672 Indice Alfabetico viene catturata e bruciata dal corsaro turco Jamali, 320. Pallavicino Giulio q. Agostino, trascrive il Diario genovese degli a uni i5o6-oy, 298, >99. Pallud Claudio, conte di Petite Pierre, barone di Varainbon, governatore di Nizza; v. Nizza (Governatore). Palmaro Gerolamo (Palmario G.), prende la parola in un consiglio tenuto per diminuire alcune gabelle. 48 n. 1; eletto ambasciatore al re d’Aragona, 60, n. 2; scelto per la riforma degli offici, 65, 66 n. 1 ; eletto ambasciatore al papa, 82, 366; in sua vece parte Domenico Adorno, 374; è annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Pandiani Emilio, Gli statuti di Porto-venere, Genova, Sordo-Muti, 1901, 242 n. 3. Pandolfì Bernardino di Bona, bandito da Genova reo di lesa maestà, 529. Pandollini F'rancesco, ambasciatore fiorentino presso la corte di Francia, riferisce al governo dei Dieci un discorso di Luigi XII sui genovesi, 78 n. 1 ; 110 n. 1 ; sulla politica del papa, 124 n. 2; dà notizie sull’arrivo di Gian Luigi Fieschi a Blois, 155 n. 2; sui preparativi del re contro Genova, 181, n. 1 ; 237 n. 1; sui giudizi di Luigi XII, intorno alla politica di Giulio II, ■2.51 n. 1; sull’arrivo del re in Asti, 252 n. 2; ric. 258 n. 1, n. 2; sul giorno d :'la battaglia dei francesi coi geno,esi, 259 n. 1 ; sul giorno dell’arrivo del re al campo francese e del secondo scontro coi genovesi, 265 n. 1 ; sua opinione sulla presa di Genova, 267 ; dà notizia della seconda ambasceria genovese al re di Francia, 267 n. 2, n. 3; ric. 269 n. 3; 271 n. 1. Panexio Antonio, cintraco del comune, 211 n. 2; 218 n. 1. Pantaleone d’Arquata, commissario a Pieve di Teco, gli sono inviate lettere dagli anziani, 2 33 n.; lettere dal doge con notizie degli ultimi scontri coi Fieschi e coi francesi, 255 n. 1. Pantaleone di Bruges, incaricato di fortificare la località di S. Benigno, 256; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Pantalino di Br^ ges, bravo degli Adorno, tenta di uccidere Teramo Centurione, 220, 3γγ. Pantalino di Meran, reca in Genova la notizia dell’ arrivo del re di Francia a Torino e per tale notizia è fatto imprigionare, 248, 391. Panzani (famiglia), chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Paolo d’Albaro, eletto « capitano della libertà» (an. 1442), 563. Paolo da Novi, v. Novi (da) Paolo. Paolo de Beusserailhe, signore di Espy, maestro artigliere francese preposto alla costruzione del nuovo castello a Capo di Faro, 285, n. 1. Paolo detto lo Mazon o lo- Manzo, uccide un uomo di Rapallo, 393; è bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Indice Alfabetico 673 Paravagna Antonio, macellaio, eletto console di Genova (an. 13oo), 55/. Paravagna Stefano, eletto anziano, 14 n. 2. Parentuccelli (famiglia di Sarzana), un P. condannato a morte dal governo francese in Genova riscatta la vita con danaro, 278 n. 2. Parigi (vescovo di), v. Stefano di Poncher. Parisiensis episcopus (vescovo di Parigi), v. Stefano di Poncher. Parisola Francesco, prigioniero in Castelletto, 564. Parrisola Federico, tavernaro, eletto console di Genova (an. 1 >00), 557. Pasaggi Raffaele, prigioniero in Castelletto, 564. Pasqua Francesco, sindico di Taggia, 474- Pasqua (giorno di; 1507, i genovesi incominciano in quel giorno a bombardare il Castelletto, 2 J4, 387. Pasqua Giulio q. Alessandro, procura una copia del Diario genovese degli anni i506-07,a Giulio Pallavicino, 298, 299. Passano (da) Giovanni, di Delfino, scelto dai mercanti per pacificare gli animi dei cittadini, 373 ; eletto officiale di S. Giorgio, >41); è nuovamente eletto officiale di S. Gior-f?i°i 4o3, 534; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Passano (da) Marco, inviato commissario a Recco, 226. Passano (da) Raffaele^ eletto anziano, ■*8, 32 5; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. P^stor, Storia dei papi. ric. 344 n. 1; 412 n.· 1. Paulo Vincenzo, v. Novi (da) Paolo. Paulus, v. Cabella Paolo. Paverano (Paveran), villa presso i Giovi incendiata dall’esercito francese, 254, 394. Pavia, località presso vai di Bisagno ove il grosso cannone Drago fu puntato contro il Castelletto, 2)4. Pegli (di), v. Gian Maria di Pegli. Pegorella Giacomo di Brescia, (Jacopo Pegorella de Brexano), inviato a Gregorio Gioardo per prendere la forma di proiettili e fabbricare artiglierie, 222, n. 2 ; inviato a Voltri per avere da quelle ferriere, ferro, rame e carbone, 229. Pelavicino, v. Pallavicino. Pelegro (Peregro) di Bergamo, v. Goano Pelegro di Bergamo. Pélissier Leon G., Documents pour Phistoire de l'etablissement de la domination franarne à Génes, ric. 7 n. 2; 12 11. 1; 17 n.; 21 n., n. 1; 2) n. 1 ; n, i, 35 n. 3, i2i n. 1 ; 276 n. 2; 277 n. 1; 311. Pellissone Vincenzo (Pelissone I.), deputato alla presa del Castelletto, 2 jo, 384; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Penello, messo del governo popolare agli officiali addetti all’impresa di Monaco, 477· Penis (Mons. de), inviato da Luigi XII a Palazzo in Genova, 398. Penna, milizie mercenarie raccolte 674 Indice Alfabetico pel soccorso di Monaco, spargono voce, per ingannare i genovesi, di muovere contro P., 133, 477. Pentema (di), v. Gian Maria di P., Luigi di P. Pera (via di), v. Genova (Vie). Peregro di Portotìno, ric. 100 n. 1. Perin Stagnaro, v. Pietro Stagnaro. Pernice Giacomo, errato per Dernice G. Peroza, v. Perugia. Perugia (Perora), vi sono istituite le casaccie dei disciplinanti (an. 1260), 557. Petite Pierre (conte di), v. Pallud Claudio. Petra Rubea (de), v. Pietra Rugia (di) Francesco. Petro (domino), v. Gambacorta Pietro. Petro Vesconte de Novara, errato per Zorzi Petro vescovo di Novara. Piacenza, retta da Filippo Roccaber-tino, 9; ric. 45 n. t; 127. Piacenza (contado) (.Piaxentina), vi si trova Carlo d’Amboise per favorire l’impresa del papa Giulio II contro Bologna, 343. Piacenza (di), v. Anguisolis Gerolamo. Piaxentina, v. Piacenza (contado). Piazze di Genova, v. Genova (Piazze). Piccaiuga Battista, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Piccai uga Giovanni (Picaluga G.), commissario di Chiavari, ha Γ ordine di far abbattere il castello, 2 ì i n. 1 ; lettere inviategli dagli anziani, 233 n Piccai uga Nicola (Picaluga N.), tribuno della plebe, 77 n.; inviato a Rologna a raccogliere fanti per l'impresa di Monaco, 372. Piccamegli (famiglia), chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Piccapietra (via di), v. Genova (Vie). Piccinotto Lazzaro (Pichenotto L.), deputato ai festeggiamenti pel re d’Aragona, 55 n. 2; muove incontro al re, 57 η. 2; ric. 3oo; eletto ambasciatore a Carlo d'Amboise, 213,3 66; parte per detta ambasceria ma ritorna poco dopo coi suoi compagni « re infecta », 375, 376, 377; eletto anziano, 273, 402, 5Jo, 5J4; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Pichenotto Lazzaro, v. Piccinotto L. Piemonte, vi sono arrestati i genovesi passanti per esso, 118; soldati di P., i3o; vi giunge Luigi XII, 248, n. 1 ; trattative di Genova col P., 285 n. 2. Piemontesi (Piemonteixi), inviati dal duca di Savoia alla Turbia, 495. Pierlas (Cais de), Documents inédits sur les Grimaldi et Monaco et leurs relations avec les ducs de Savoie, Turin, Bocca 1885; ric. io3 n. 2; 104 n. 1, n. 2. Pietra Cossera (Pria Coxera\ quelli di Castiglione vi costruiscono una bastia, 389. Pietra Lata, dominio di Renato di Savoia, io3 n. 1. Pietra Ligure, i commissari per la Riviera di Ponente debbono incominciare il loro compito da P. I.., 145; Genova raccomanda a quei Indice Alfabetico di Pietra di aiutare i Toiranesi, 206 n. 2. Pietra Ligure (di), v. Ferrario Nicola di P., Luca di P. Pietra Rugia (di) Francesco (Franciscus de Petra rubea\ bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Pietrasanta (di), v. Sper one di P. Pietro Batta di Levanto, eletto anziano, 38, 325; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 5'5i. Pietro Francesco, speziale (spedano), L.cciso m una scaramuccia coi fanti della Turbia, 161 n. 1, 512. Pietro Stagnaro (Perin Stagnaro, Petrus Stagnarius), bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Pieve di Teco, sua ubicazione, 66 n- 2 ; dipende dal nobile Luca Spinola ; i popolari inviano commissari e fanti per toglierlo ad esso, 66, 72, n. 3, >40, 342 ; ric. ^8 ; 89 ; la spedizione a P. di T. cela i preparativi per l'impresa di Monaco, 94; Genova invia artiglierie a Pieve, 95, 342, 436; nc. 97; ardita risposta del comune di Pieve alle minaccie di G. Giacomo Trivulzio, 07 n., 455; 456; patti coi quali ritorna sotto il comune di Genova, 97 n.; ric. 98; ne viene toltala guarnigione, 101, 480', ric. 102; io3; 121 n. 1 ; -f65; vi è posto un forte presidio, 206, n. 1,380; ric. 25o; lettera del doge e degli anziani agli uomini di P. sugli ultimi scontri coi Fieschi e coi francesi, 255 n. 1; vi si ritira da Ventimiglia il cap. Tarlatino 404; e non oppone resistenza alla rioccupazione di esso da parte del tìglio di Luca Spinola, 281, 410; ric. 471, 472. Pieve di Teco (Castello), detto la Ro-cha, resiste alle truppe genovesi, 94, 342; viene conquistato, 96, n. 1, 34? ; se ne invia l’inventario a Genova, 101 n. 1. — (Commissari a), v. Genova (Commissari). — (di), v. Sartore Gaspare di P. — (Sindaci di), ric. 97 n. — (Uomini di), ricevono lettere minatorie da Gian Giacomo Trivulzio e rispondono ad esse, 96, n. 3 ; 97 n. ; prestano giuramento di fedeltà a Genova, 96. Pigliasca Francesco, cancelliere del Cleves, inviato dal governatore agli anziani di Genova, 36, 322, 323; mandato a Savona vi è arrestato da Yves d’AIlègre, 371, >72: annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552 (nel testo si errò s^iivenJ.· Pogli.isca). Pigliasca Taddeo, inviato dai popolari a Gian Luigi Fieschi, 49, 33o. Pillavicini, v. Pallavicino (ialeazzo. Pinelli Benedetto, anziano, 14 η· 3·. 317. Pinelli (famiglia), chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Pinelli Giovanni, anziane, 3 17, n. 2. Pino, ric. 387; i genovesi forniscono di artiglieria e di fanti la bastia di P. per l'arrivo dell'esercito fran- 6η6 Indice Alfabetico cese, 254, J1J4; corre voce che lo esercito francese muova verso di esso, 395 ; dopo il primo scontro tra genovesi e francesi, quelli della bastia inviano a chiedere cosa debbano fare; si risponde loro di tenere salda la posizione , 262, 3yó; ric. 264. Pino (di), v. Battista di P., Lazzarino di P. Piombino, il corsaro turco Jamali cattura e brucia nel canale una nave veneta presa da Gian Fr-m-cesco Palla vicino in Levante, j’20; vi passa Ferdinando il Cattolico nel suo viaggio verso Savona, 416. Pipo Francesco, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Pisa, olire la signoria a Genova, 4; cede a questa il capitano Tarlatino, 74 n. 1, 75 n., 453 ; spera nei soccorsi genovesi contro i fiorentini, 75 n. ; invia milizie in aiuto di Genova, -i n.; dalla quale era stata precedentemente aiutata, 76 n.; gli ambasciatori inviati dai popolari di Genova alla corte di Francia hanno l1 incarico di studiarvi le intenzioni del re verso P. e le manovre dei legati fiorentini, 466, 467; spedisce a Genova artiglierie per Γ assedio di Monaco, 116, 346, 348; ric. 127; i genovesi chiedono a P. di vendere le munizioni di guerra, 191, 372; preparativi in P. di un forte esercito, 404; vi abita un tal Corsetto padrone di un brigantino, che tradisce Paolo da No,'i rifugiatosi in P. ed affidatosi a lui, 287, 288, 413; ric. 504; 5o8. Pisa (Anziani), lettere degli anziani popolari di Genova li assicurano dell1 immutata amicizia verso P., 18 n. 1. — (Artiglieria) inviata a Genova per Γ assedio di Monaco, 116, 160,346, 348; ric. 486; 489; 510; è fatta trasportare in Castelletto, 403 ; v. anche Bufalo e Drago. — (Brigantini), ric. 74 n. 1; 129 11. 2; 155 n. 3; 356. — (Gonfaloniere di giustizia), lettere degli anziani di Genova lo assicurano delPimmutata amicizia verso Pisa, 18 n. 1. — (Officio di), v. Genova (Offici). Pisane (carte), esistenti negli archivi fiorentini, 75 n. Pisani, ric. 74 n. 1 ; notizie di un carteggio per una spedizione dei genovesi in aiuto dei pisani, 76 n.; ric. 129 n. 1 ; compagnia di· P. assoldata per Passedio di Monaco, i36, 487, 492. Platono Vesconte, notaio, cancelliere di Gian Luigi Fieschi, 21 n. Podestà di Genova, v. Solario Ober-tino e Genova (Podestà). Podestà di Stella, v. Stella (Podestà). Podestà di Varazze, v. Varazze (Podestà). Podestà Francesco , La pesca del corallo in Africa, 214 n. -2. — il colle di Sani Andrea in Genova, 239 n. 2; 318 n. 3. Podesterie di Genova, v. Genova (Podesterie). Pogliasca, v. Pigliasca. Indice Alfabetico 677 Polcevera (di), v. Chiersi (lo) di Poi-cevero. Polcevera (fiume), g]i anziani muo. vono incontro a Filippo di Ravenstein (ino all1 acqua di P., 320 ; ingrossatosi improvvisamente per una pioggia torrenziale travolge alcuni uomini del seguito di Luigi XII, 279. Polcevera (podesteria di), v. Genova (Podesterie). Polcevera (Poncevera, Porcevera) (valle della), Γ esercito francese minaccia di scendervi, 254, 3g3 ; vi discende, 2 55, 394; i genovesi lo attendono sulle alture della valle, 257 ; vi giunge il re Luigi XII e prende stanza alla badia del Boschetto, 263, 398; le truppe tedesche lasciate fuori di Genova da Luigi XI[ mettono a ruba detta valle, 402; ric. 490. Polcevera Secca (Porcevera Secha), la v a'lata della P. S. è messa a feno e a fuoco dalle truppe franasi, 2 55, 394. 1 olceveraschi, un contadino P. viene percosso da Bartolomeo Fieschi, 8, J15 > molti P. accorrono in Genova per aiutare i popolari ma sono congedati, 14, 317 ; i P. prigionieri per debiti verso lo stato vengono liberati dai popolari, 16,319,17 η.; molti P, accorrono in aiuto dei popolari genovesi contro i Fieschi, j6i e con essi li inseguono sino a Recco, 39, 32 5, 326; intercettano vettovaglie inviate al Castellacelo; i tribuni concedono loro di derubare quelli che venissero dal di fuori, 187, 367, 368; i « canioni » della valle si raccolgono in Rivarolo con quelli di Sestri, Voltri e Bisagno e deliberano di aiutare i popolari di Genova, 371; ric. 387; devastano i territori di Savignone e di Busalla per porre ostacolo all1 avanzata dell1 esercito francese, 248, n. 1, 390, 391 ; muovono con altri dei dintorni contro Voltaggio ove è giunta l’avanguardia francese, 392; Genova li esorta a difendersi e invia aiuti, 254, 3g3; sono battuti dalle truppe francesi, 261; entrano in Genova e provocano tumulti (an. 1400), 559. Poncevera, v. Polcevera. Poncher (di), v. Stefano di P. Ponente (Riviera di), v. Riviera di Ponente. Pontedecimo, ric. 229 n. 1 ; Carlo d'Amboise di Chaumont, luogo-tenente regio delPesercito francese, vi tiene consiglio per l1 avanzata contro Genova, 258; Pavanguardia delPesercito francese parte da P. verso Genova, 259; ric. 259 n. 1 ; 265 n. 1. Ponzone Benedetto, scelto per procedere contro Gian Luigi Fieschi, 62 n. 1 ; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Ponzone Raffaele (Ponzonus Raphael), cancelliere del comune, stende il proclama col quale si concedono ai popolari i due terzi degli offici civili, 11, 421, 422; ric. 172 n. 2; 211 n. 2; 235 n. 1; 441 ; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. 44 Indice Alfabetico Popolari di Genova, v. Genovesi (Popolari). Popolo grasso, v. Genova (Mercanti). Popolo minuto, v. Genova (Artefici). Popolo (viva il) [viva populo), grido dei popolari, i o, 315 ; 16, 318 ; 4^4 ; ;>4, j2i, 451 ; si ordina che venga preceduto dalla parola Francia, 211 n. 2; è proibito nei nuovi privilegi concessi dal re di Francia, 546; ric. 551. Porcevera, v. Polcevera. Porta Matteo, viene sollecitato ad inviare le munizioni ordinategli, 229. Porte di Genova, v. Genova (Porte). Porto (di), v. Benedetto di Porto. Porto di Genova, v. Genova (Porto). Portolino (castello), viene occupato dai popolari genovesi, 378, 379; vi è posto a castellano Luca di Pietra, 224. Portofino (di), v. Gio. Batta di P., Peregro di P. Portofino (paese), vi si ancorano tre galere e due fuste cariche di soldati per i gentiluomini, 33o, 331 ; certi leudi di P. partecipano alla spedizione dei popolari genovesi contro la Spezia, 53 n. ; vi si ferma il re d’Aragona con la sua flotta nel viaggio verso Napoli, 5g7 335, 336; vi si reca una ambasceria genovese ad ossequiarlo, 60, n. 2; ric. 95 n, 3; 100 n. 1; vi è ancorata la nave di Stefano Ne-grone, hj3 n. 1 ; vi si trattiene nuovamente il re d’Aragona nel suo viaggio verso Savona, 418. Portofino (promontorio) (Co de Monte), ric. 175; 359; 562. Portogallo (sudditi del re di), taglieggiati dal signore di Monaco, 91 n. 5, 465. Portomaurizio, dipende da Genova, 88; i sindici di esso con quelli di altre città della Riviera chiedono l’abolizione dell’officio del capita-neato, 88 n. 4, 474; ric. 475; vie capitano Giovanni della Gabella, 480; si arrende a patti all’esercito francese, 236, 388; ric. 488. Portonario Marco, sindaco del comune di Genova, delegato a studiare la soppressione dell’ officio dei capitani della Riviera. 88 n. 4, 476· incaricato dall’ officio di Balia di udire le lagnanze dei cittadini e consigliare i rimedi opportuni, 286. Portoria, v. Genova (Sestieri). Portovenere, sua fondazione (an. 1 n3), 557 ; vi si ritirano i commissari della Spezia cacciati da Filippino Fieschi, 5o, n. 1, 331 ; partono da essa per recarsi a Sarzana, 5i: vi giunge da Roma una galea carica di munizioni, 386, 387 ; il doge scrive agli abitanti di P. offrendo loro aiuti e inviando munizioni per loro difesa, 242, n. 4; ric. 255 n. 1 ; vi si ritira Anton Maria Fieschi cacciato dalla Spezia, 281, 411; vi si recano quattro cittadini genovesi incontro al re di Spagna, 414; vi arriva Ferdinando il Cattolico, 417. Pravexino Antoniotto, v. Pallavicino Antoniotto. Precursore, v. S. Giovar® Battista, Indice Alfabetico 679 P-ege| (pm,e ,e)> comimdanK e In flotta francese, ,;)6; *. 388. una dimostrazione navale nel porto di Genova, dirige la flotta al g°lfo della Spezia, ove le sue truppe tentano uno sbarco ma devono ritirarsi, 244, 245, 390i 92’ ric' 247i sostituisce due vec-chie galee con quelle dei popolari, 4°' ’ Pare cl-le ad esso sia stato consegnato Paolo da Novi in compenso di una certa somma, 287, 288 n· 2; ric. 4,8. "ti, ’mPrigi°nati dal signore di Monaco, 91 n. 5> Presenda, v. Prezenda. ^ Jan, v. Pregent. r““d* Bartol»meo, commissario Rt.iera di Po Ρ7“Ί» Luigi, prìgioniero h 'etto, 5 64. Pria Coxera, v. Pietra Cossera_ n°n iella devozione di S. Giovanni ‘tttista, v. San Giovanni Battista d "ori della devozione). ( ordinale di ), testimone alla ncessione dei nuovi privilegi dati Γι“ di Francia ai genovesi, 549. romontorio Ambrogio, incaricato della revisione delle « caratate », 49 n., deputato dal partito Adorno a re8°lare gli offici, 352 ; scelto dai mercanti per pacificare gli animi dei cittadini, eletto consigliere del doge, 392; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. I romontorio di Genova, v. Genova (Promontorio). ■Promontorio Pietro, eletto anziano, 345 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Promontorio Simone, commissario al campo di Monaco, 178, 361 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Prottettori dell’officio di S. Giorgio, v. Genova (Protettori dell’Officio di S. G.). Provenza, si parla del commercio con essa, 99; vi si raccolgono fanti in aiuto di Monaco, 140, 49 5 ; 149 n. 3 ; si dirigono verso di essa alcuni nobili genovesi, 155 n. 3, 356; vino di P., 364; giungono da essa a Genova molte barche cariche di materiali e vettovaglie per la nuova fortezza, 283, 413. Provenzali, imprigionati dal signore di Monaco, 91 n. 5, 465. 0 Qualia Nicolò, sindico di Diano, 474. Quarto, vi abitano diversi gentiluomini della casa Spinola; G. Luigi Fieschi cacciato da Genova vi si trattiene per qualche giorno, 20, 319, 437; cacciato di nuovo da Genova ritorna a trattenervisi, 37, 323, 444, 448, 460; ric. 37 n. 2 ; 38, 324; ne deve partire insieme ad altri nobili perchè inseguito dai popolari, 39, 325, 326, 444, 448; i quali dopo averlo inseguito fino a Recco, vengono a pernottare fra Q. e il Bisagno, 39, 326 ; alcuni nobili della casa Spinola in esso dimorantilo abbandonano, 18o,364. 68ο Indice Alfabetico Quarto (da), v. Francesco da Quarto. Quiliano, il doge scrive all' « università » di Q. lodandone la fedeltà ed il coraggio contro i nemici di Genova e permettendo di assaltarli e derubarli, 246. Quinto (piano di), ric. 229 n. 1. R Raffaele (Raphael), v. Ponzone Raffaele). Raffaele di Recco, scelto per procedere contro Gian Luigi Fieschi, 62 n. 1; eletto per la riforma degli offici, 66; ric. Sin. 1 ;. sindaco del comune di Genova delegato a studiare la soppressione dell1 officio dei capitani della Riviera, 88 n. 4, 476; eletto commissario al campo di Monaco, 178,364; invoca pronti soccorsi per P esercito, 198, 520 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Raffaele di Sampierdarena, untore, eletto console di Genova (an. i3oo), 557. Raggio Bernardo, notaio, la sua sposa è insultata da Domenico Negrone, 6 ; viene eletto anziano , 345 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Raggio Raffaele, deputato ai festeggiamenti pel re d'Aragona, 55 n. 2; incaricato delPamministrazione del comune, 172, 35-·, capitano delle galere genovesi, 386; annoverato ' nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Raineri, capitano di milizie, 480. Ranuccio da Leca (Ranugio), còrso ribelle al governo di Genova, 288 n. 2, 401. Ranugio, v. Ranuccio da Leca. Rapallo, vi passa Gian Luigi Fieschi ritirandosi da Quarto, 3g, 445,448; vi rimane un nucleo di partigiani dei Fieschi, agitati spesso dalle incursioni di Anton Maria Fieschi, 55, 460; ric. 100 n. 1 ; alla podesteria di esso sono preposti Leonardo Merello e Gio. Batta di Portolino, 226; viene rioccupato da Gerolamo Fieschi, 252, 3g2, 3g3 ; vi sono saccheggiate dalle milizie popolari le case dei partigiani dei Fieschi, 253, 394; ordine al comune di R. di consegnare a Genova il bottino fatto nella battaglia di Ruta, 253 n. 2; ric. 255 n. 1, buon numero di cittadini di R. accorre in aiuto di Genova contro P esercito francese, 395. Rapallo (di), v. Battista di R., Giacomo di R. Rato il biscaglino (lo Buschetto rato, lo Biscayno rato), bandito da Genova reo di lesa maestà , 409, 529. Ravasteno, v. Cleves (di) Filippo. Ravenstein, v. Cleves (di) Filippo. Re Domenico, prigioniero in Castelletto, 564. Re Paolo, prigioniero in Castelletto, 564. Rebuffo Battista, tribuno della plebe, 77 n. ; incaricato con Stefano Ca-zella di custodire i denari ottenuti dal sequestro dei beni di Luciano Grimaldi in Genova, 173 n. Indice Alfabetico 681 Recco (Recho), vi passa G. L. Fieschi con i suoi partigiani incalzati dai popolari, .19, 326,445; ric. 76 n. 1; vi scoppiano contese fra Adorno e Fregoso, 115; 116, n. 1, 347; vi sono inviati commissari Galeotto de Ferrari e Marco da Passano, 226 ; vi è impiccato Negrino di Montoggio partigiano dei Fieschi, Rolandino Fieschi si spinge >-on alcune milizie sin presso R. tentando di avvolgere le forze dei popolari inviate contro i Fieschi, ma deve ritirarsi per la sconfitta delle truppe fìeschine a Ruta, 253; ordine al comune di R. di consegnare a Genova il bottino fatto nella battaglia di Ruta, 253 n. 2. Rocco (di), v. Francesco di R., Raffaele di R. Remondini Angelo, Cardinali Liguri, ric. 356 n. 3. Renato di Savoia, detto il gran bastardo, signore di Petralata, cerca di impadronirsi di Oneglia, io3 n. 1, 471. Renato Guyton di Tours, capitano di schiere nelPesercito genovese contro Monaco, 128. Revasten, v. Cleves (di) Filippo. Revisione delle gabelle (officio della), v. Genova (Offici). Rezasco G., Dizionario storico ed amministrativo, ric. 16 n. 1 ; 45 n· 1; 228 n. 3. Riccio Domenichino, sub-cancelliere, 65 n. 2. Riccio Domenico di Bargagli (Domenico di Barbaglio), eletto « capitano della libertà» (an. 1442), 563. Riccio Gerolamo. gli vien dato il comando di una galera, 386. Riccio Michele (Michael Ritius), napoletano , è annunziato il suo invio a Genova dalla corte di Francia, ma pare che l’ambasceria non sia avvenuta, 70 n. 1 ; risponde a nome del re di Francia a Giovanni da Lerici oratore dei popolari di Genova, 275, 276, 406; il suo discorso è riportato per intero dal d’Auton, 277 n. 1 ; è testimone alla concessione dei privilegi dati da Luigi XII ai genovesi, 549. Riccio Pier Gentile q. Pietro, scelto per la riforma degli offici, 65 ; eletto officiale di S. Giorgio, 403. 534. Richeme Napoleone, eletto consigliere del doge, 3g2 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare. 553. Ricobono Agostino, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 53 o. Riformatori dei magistrati civili, v. Genova (Riformatori). Ripairolo, v. Rivarolo. Riparolio, v. Rivarolo. Rippa Bartolomeo di Sestri Levante, padrone di una nave, 74 n. 1. Riso Gerolamo, è fatto prigioniero in uno sbarco della flotta franco-spa-gnola a Marola, 245. Ritius Michael, v. Riccio Michele. Riva (sotto la), v. Genova (Riva). Rivarolo (Ripairolo, Riparolio■), alcuni tristi vi conducono Francesco Spinola detto il Moro, togliendolo 682 Indice Alfabetico dalla sua casa in Cornigliano, 365; vi si adunano 200 « canioni » di Polcevera, Sestri, Voltri, Bisagno e deliberano di aiutare i popolari di Genova, 3yi ; il banditore di Genova ricorda di aver proclamato una grida in Rivarolo superiore e inferiore, 229 n. 1 ; vi giunge l’avanguardia dell1 esercito francese e attacca le forze genovesi schierate sui monti, 239, n. 1 ; vi pernotta il grosso dell1 esercito francese dopo lo scontro coi genovesi, 261 , 397; vi giunge il re Luigi XII e prende stanza alla badia del Boschetto , 263 , 398 ; ric. 265 n. 1. Rivarolo (di), v. Bartolomeo di R., Vincenzo di R. Riviera di Levante (Orientalis ora), Gian Luigi Fieschi ordina a tutti gli uomini di essa di stare pronti in armi e di non obbedire agli ordini di Genova, 23 n. 2 ; i popolari deliberano di toglierla alla signoria dei Fieschi, 45, 46, 446 ; vi inviano all1 uopo commissari, 47 n. ; ric. 53, 449 ; e riescono nell1 intento, 54; come veniva governata dai Fieschi, 460, 461 ; ric. 66; γ3 η. i; 74; 75 n.; 76 n. 1; 86; 87 n. 1; 89; 90 n. 1; vi sono inviati due commissari per la spedizione di Monaco, 92 n. ; 99 ; vi sono mandati due supremi commissari contro Ottaviano e Gian Maria Fregoso, 171, 35γ; ric. 175 n. 1; nei vari paesi di essa sono inviati nuovi commissari, 226 ; Gian Luigi Fieschi muove da Mi- lano con un forte esercito per riacquistarla, 2J7, 387; ordine ai paesi della R. di lasciare libero passaggio ad Ambrogio e Gregorio Gioardo, 243 n. 4; la R. è minacciata dalle milizie dei Fieschi, 252; che però vi restano sconfitte, 2 53, 254; dopo la presa di Genova da parte dei francesi vi è mandato un proclama che notifica il ritorno di Genova sotto la Francia e comanda di portarvi buon numero di vettovaglie, 269. Riviera di Levante (officiali della), v. Genova (Officiali delle Riviere). Riviera di Ponente (Occidentale), sua condizione sotto i capitani francesi, 45, n. 2; 66, n. 2; 86; desiderio dei popolari di averne il possesso, 87, n. 1 ; i sindaci di vari luoghi della R. chiedono Γ abolizione dell1 officio del capitaneato, 88 n. 4; 89, 474, 476 n. 1 ; vi sono inviati commissari e lettere per la spedizione di Monaco, 99, n. 1 ; ric. io3 n. 1 ; i commissari delPesercito contro Monaco hanno piena autorità su essa, 113 ; ric. 116 n.; soldatesche fornite da essa all1 esercito contro Monaco, 127, 128; dal campo di Monaco si manda nella R., Manuele Canale per fare incetta di viveri e raccogliere uomini, 133, 477; ric. 377; invio di nuovi commissari nella R., 145, 146, n. 1; ric. 160; la R. di P. è fatta franca (libera da tasse) per dieci anni, 378; si tenta di salvarla dall1 esercito del d1 Allègre, 206; rie 23o; 232; 386; Indice Alfabetico 683 l'esercito francese entra in San Remo, Taglia, Portomaurizio, Al-henga, 236, 387, 388; ric. 252; 255 n. i; 564 n. 2. Riviera di Ponente (officiali della), v. Genova (Officiali delle Riviere). Riviera Ligure, ric. 90. Rivierasche (città), tassa imposta ad esse per le spese dell' impresa di Monaco, 109; ric. i,4; si attendono da esse pronti soccorsi . Pel campo di Monaco, ,97> n. ,. Rivieraschi, poco atti alle armi, i5): incoraggiati a perseverare nella devozione a Genova, 232 n. 2; il doge promette loro di risarcirli dei danni che potranno soffrire dai nemici di Genova e li invita a ritirarsi in Genova con le famiglie e i beni, 242. Riviere (le due), notizie su di esse, 4-5, 46, 54 n. 2 ; hanno 1’ ordine .lnviare a Genova tutto il pesce, n. 1; desiderio dei popolari di unirle sotto il comando del governatore di Genova, 68. 445,446; 7 n. 1, il governatore e gli anziani vorrebbero restituirle al re di Francia ma i popolari lo impediscono, J4°; Senti delle Riviere vengono Geno\a per scongiurare che si impedisca il loro ritorno sotto il dominio dei Fieschi, 73 n. 1,462; ric- n.; molti nobili si tratten-f’ono nelleR., 79; danni inferti dal Grimaldi ai liguri delle R., 92 n., 4^5, vi sono inviati commissari per la spedizione di Monaco, 99 ; e imposta loro una tassa per detta spedizione, 114; il re di Francia ordina che vengano consegnate al governatore, 347, 348 ; il popolo vi si oppone risolutamente , 3411: non essendogli consegnate le Riviere il re rifiuta di dare udienza agli ambasciatori popolari. 351 : ric. 151 ; 170; il papa consiglia di restituirle al re di Francia , 187 , 368; si tiene un consiglio per decidere in proposito , 188 , 36q : i popolari decidono che non si debbano consegnare, 189 ; 36«# : nuovo tentativo del Roccabertino di farle restituire al re . e nuove ripulse della plebe, 19?, 372; Giulio li interrogato dai popolari su ciò che si debba fare, risponde che non prendano alcuna risoluzione finché non abbia ricevuta risposta dal re, 196, 3j3: pare che il consiglio di Genova ne voglia offrire la consegna a Carlo di Chaumont dietro speciali condizioni, ma la plebe proibisce l’ambasceria, 205, 382, 383 ; ric. 220: restaurato il governo francese le R. debbono contribuire alle spese per l’armamento di tre galee, 274. n. 1, 405, 532; tutti gli offici delle R. sono dati ai nobili ed ai loro partigiani, 411; ric. 5oo. Riviere (officiali delle), v. Genova (Officiali delle Riviere). Robertet Fiorimondo, tesoriere e primo segretario del re di Francia, ric. 67, 68; riceve lettere credenziali per gli ambasciatori popolari. 83 n. 1, 470; ric. 271 n. 1; redige i nuovi privilegi concessi dal re ai genovesi, 549. 684 Indice Alfabetico Robur, v. Rovere. Rocca (della) Francesco (F. de Rodici), eletto officiale di S. Giorgio, 349; nuovamente eletto officiale di S. Giorgio , 403, 534 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Rocca (della) Rinuccio, combatte i genovesi in Corsica, 2 5 n. Roccabertino Filippo (Rochabertino F.j, luogotenente del governatore in Genova, oriundo Navarrese, bandisce alcuni nobili prepotenti, 314; i popolari per sostenere dinanzi ad esso le loro ragioni eleggono dodici capitani; i nobili per la stessa ragione ne eleggono quattro, 7, 314; il luogotenente consiglia i popolari di ridurre a quattro i dodici capitani, 7 n. 2; riesce a calmare i popolari adirati contro i Fieschi, 8, n. 2 ; cenni biografici su esso, 9; bandisce da Genova Giacomo Ghiglione e Gian Giorgio Fieschi, 9 ; assicura il re che Genova è tornata in quiete, 9 n. 2; tenta di sedare una nuova sollevazione popolare (18 luglio i5o6), 434; e vi riesce solo dopo aver promessi i due terzi degli offici civili ai popolari, 11 , 421 , . 422,425, 427,434; parole rivolte da esso ai popolari nel consiglio tenuto a Palazzo per Γ elezione di nuovi anziani, 13; cavalca coi nuovi anziani per la città, 14, 317; muove coi popolari a cacciare Gian Luigi Fieschi da Genova, 16,319; i popolari ne lodano l’opera prudente e assennata, 17,423,424,425,426, 42S; 430; ric. 437 , 439; partecipa alla decisione degli anziani e dei pacificatori d’inviare ambasciatori al re di Francia, al luogotenente generale del re in Italia e al governatore di Genova , 19 ; viene accusato dai nobili di debolezza e di favoritismo pei popolari, 21 ; muove incontro al governatore di Genova, 29, 3o n. 1; ric. 33; è accusato dai nobili di avere persuaso il governatore a favorire i popolari su promessa di danaro, 35 n. 3; 40, 327; partecipa come rappresentante del governatore ad un grande consiglio in S. Maria di Castello, 41, 328, 445; vi fa larghe concessioni a nome del governatore ma chiede che il popolo giuri di nuovo fedeltà al re, 42, n. 1, 328, 446,449; partito il governatore, rappresenta il governo regio in Genova, 78, accuse del Senarega sulla sua condotta rispetto al Ravenstein, 78 n. 2 ; è incaricato di studiare la soppressione dei capitani delle Riviere, 88 n. 4; ric. in; 122; protesta perchè non gli vengono consegnate le Riviere, 349; ogni autorità è ridotta nelle sue mani (?), 123; ric. 154; denunzia al re di Francia le mene dei capi-partito Fregoso, 177 n. 1; ric. 357, 36o; caccia dieci francesi venuti per entrare nel Castellacelo, 367; ric. 189 n. 1; manda invano ambasciatori al Salazar per chiedergli la liberazione dei popolari fatti prigionieri in San Francesco di Castel- Indice Alfabetico 685 letto 190; manda perla stessa ragione un legato a Carlo di Chaumont, 522; tenta nuovamente di di far restituire le Riviere al re, ma la plebe infuriata glielo impedisce, 193, 372; decide di partire da Genova, 211, 375; da che procedette tale decisione, 212; titubanze del R., 212 ; parte per Milano accompagnato da ambascia-tori genovesi che si fermano però a Serravalle, 213, 214, 215, 375, 376; ric. 217; 219 n. 1; 466; 5oi; 522 ; 525. Roccabruna, dominio del duca di Savoia dato in feudo ai Grimaldi di Monaco, 88, io3, 104, 346 ; i popolari di Genova inviano commissari ad occuparla, 106; istruzioni in proposito, 107; altre istruzioni a B. Veneroso, ambasciatore alla corte di Savoia, 107; ric. 108, n. 1; u3; viene occupata dalle truppe genovesi, 117, 118 n. 3; particolari della occupazione, 126, n. 3, 478i 4791 480, 487, 493 ; incendiata?, 126 n. 3; affetto degli abitanti di R. per il signore di Monaco, 126 n. 3,478; ric. 134,354; il duca di Savoia chiede che gli sia ritornata « in pristino », 168, 355 ; nuove istruzioni intorno ad essa date a B. Veneroso, 195, 196, i commissari delPesercito genovese ritiratosi da Monaco a Ventimiglia hanno facoltà di fortificarla 0 di abbatterla, 204, 382; ric. 481, 484. Roccatagliata (di), v. Abramo di R. Rocha(de), v. Rocca (della) Francesco. Rochechuart (di), il signore di R. è governatore di Genova, ric. 3o2. Rodi (gran maestro di , v. Carretto (del) Fabrizio. Roma, vi dimora il cardinale di Finale, Carlo Domenico del Carretto, 56, 333; Ottaviano, Giano ed Alessandro Fregoso tentano di fuggire da R. per recarsi a Genova, ma sono trattenuti dal papa. 67 n. 2; vi si reca Vincenzo Sauli, 84 n. 1 ; ne parte Gian Luigi Fieschi, 155 n. 2; vi ritorna da Bologna il papa Giulio li, 375; sono inviati da essa forti provviste di munizioni in aiuto di Genova, 226, 379, 38o, 381; ne giungono notizie ottimiste sulPazione del re contro Genova, 232; i genovesi attendono grandi aiuti da essa, 25o : ric. 386 ; milizie venute in Genova da essa , 257, 3g5 ; Paolo da Novi profugo da Genova s’imbarca per R., ma viene tradito dal padrone del brigantino e consegnato ai francesi, 287, 288, 41J, ric. 5i2. Romana (chiesa), molti prelati di essa sono presi e imprigionati dal signore di Monaco, 91 n. 5, 465. Romeo (di) Bartolomeo’, scelto per procedere contro Gian Luigi Fieschi, 62 n. 1; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Romero Giovanni, prigioniero in Castelletto, 564. Rossi Gerolamo, Storia della città di Ventimiglia, 1888, 89 n. 1 ; ii5 n. ; 125 n. 2. Rosso, latore di lettere del capitano Tarlatino a Genova, 110 11. Rosso di Gravi (Rubeus de Gravi), 6S6 Indice Alfabetico bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Rosso Tomaso, prigioniero in Castelletto, 564. Rotomagense cardinale , v. Amhoise (d1) Giorgio. Rotti (officio dei), v. Genova (Offici). Rovere (Robur), località nella Riviera di Levante, rie- 229 n. 1. Rovere (della) Felice, figlia di Giulio II, sposa a Giordano Orsini, 416η.!. Ruberie(officio delle), v. Genova (Offici). Rupeforte (di) Guido, riceve lettere credenziali degli ambasciatori popolari 83 n. 1. Ruta, vi passa Gian Luigi Fieschi con molti gentiluomini inseguiti dai popolari di Genova , 39 , 326 ; le milizie dei Fieschi vi sono battute dai popolari, 2 53. 393. S Saige Gustave , Documents histori-ques relatifs a la principaut'e de Monaco, 88 n. 3, 89 η. 1590 η. 2; 95 n. 2; 98 n. 2; io3 n. 2, n. 3; 106 n. 1; 109 n. 2, n 3, n. 4; 112 n.; 115 n.; 116 n, n. 2; 117 n.2; 1 18 n. 3 ; 1 19 n. 3; 125 , 126 n. 3; 129 n. 2; 131 n. 2; i32 n., n. 1; 13 5 n. 1; 137 n.; 140 n. 2, 147 n. 1, 148 n. 1; 149 n. 2, n. 3; 15i n. 1 , 160 n. 1 ; 161 , n., n. 3 , i65 n. 1 ; 178 n. 1 , n. 4 ; 183 n.; 188 n. 2; 204 n. 1 ; 277 n. 2; ric. 3o6. Sainte Colombe (de) Jean, comandante delle trippe inviate dal go- vernatore di Savona in aiuto del signore di Monaco, i3o. Salazar Galeazzo, castellano del Castelletto, è d’accordo coi nobili, i5, 318 ; ric. 186 (nel testo fu stampato erroneamente Pietro invece di Galeazzo Salazar), tà prigioni i devoti raccolti nella chiesa di S. Francesco di Castelletto, 189, ->70; vane trattative con esso per la loro liberazione, 190, 370, 371; ric. 190, n.2; 191 ; gli si presenta Allabre de Saule « usciere » del re di Francia col decreto che lo nomina capitano di S. Francesco di Castelletto, 212; ric. 214; 217 n. 1; bombarda la città, 221, 374, 376, 523; e maltratta i prigionieri genovesi, 221, 524; esige che gli si diano 6 mila scudi per trattarli meglio, 221, 378, 524; bombarda di nuovo la città, 222, 378; ric. 222 n. 1, n. 2; chiede di avere un colloquio con qualcuno che sappia parlare francese, ma ciò gli viene negato, 226, 378; ric. 227, n. 1,-228; bombarda di nuovo Genova, 23o, 383; le sue milizie sono tormentate dal bombardamento dei genovesi, 234, 387; ric. 261; impedisce che sulla torre del Palazzo sia innalzato lo stendardo del comune accanto a quello del re, 268, 398; ric. 399 ; suoi modi scorretti in una visita al tesoro di S. Lorenzo, 282, 417; riceve doni dai nobili, 417; ordina di abbattere un gran numero di case intorno al Castelletto, 282, 411; sua disonestà accennata dai padri del co- Indice Alfabetico mune, 28.Ì ; malgrado gli ordini regi continua a far abbattere case, 285, 28Γ,; 302; ric. 5g4i 2 Salazar Stefano Tristano, arcivescovo dl Sens’ {archi<'piscopus Senonen-S‘S}' è testimone alla concessione dei privilegi dati dal re di Francia ai genovesi, 549. Salerno, l’arcivescovado di S. è dato a Federico ^ Campo regoso da Giulio II, 204. Sai uzzo, vi si trattengono Nicolò Ode-nco e Simone di Giovo ambasciatori genovesi di ritorno dalla corte di Francia, attendendo il salvocondotto dal duca di Savoia, 195 n.2. Saivago Acelino, banchiere, ric. 55 n. 3. Salvago Alessandro, Cronaca di Ge-"°va, edita da Cornelio de Simoni, A«i Soc. Lig. di St. Pat., voi. XIII: discordando da tutti gli altri cronisti accusa i popolari di avere c°n la loro tracotanza offeso i nobili, 4 n. 1 ; sue notizie sull’ingresso di Filippo di Ravenstein e di Gian Luigi Fieschi in Genova, 32 n.; sulla politica del Ravenstein, 33 n· ' ; sulla terza cacciata di G. L. Fieschi da Genova; 37 n. 1; sulla fermezza della plebe nel volere il 1 ieschi fuori di Genova, 45 n. 1 ; ric. 58 n. 2; 60 n. 1 ; quali furono secondo il S. le cause del-1 impresa contro Monaco, gì, n. 2; e quelle per cui Giulio II sostenne i popolari, 124 n. 2; 170 n· 1 ; sua versione sul tentativo dei Fregoso, 175 n. 1 ; e sulla partenza del Roccabertino da Genova, 2i5 n, 1; notizie sulla eie- 687 zione di Paolo da Novi, 238, 23q·. sulla sua età, 239; sulla dimostrazione navale del Pregent, 245. n. 1 : 249 n. 1 ; sulle cause perchè Silvestro Giustiniani non si recò a Ventimiglia, come gli era stato ordinato, per imbarcare l’esercito genovese, 251, n. 2 ; sui scarsi aiuti inviati dal papa a Genova. 251 n. 1 ; erra nella data dell'ingresso del re in Genova 261» n. 3; ric. 270 n. 1 ; 271 n. 1; 277 n. 1 ; 295. Saivago Benedetto q. Giovanni, eletto per la revisione delle « caratate », 49 n· Saivago (famiglia), sulla nave di essa sono requisite le artiglierie per l'impresa della Spezia, 332; è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Saivago Francesco, eletto pacificatore, 15, 317 ; deputato ai festeggiamenti pel re d’Aragona, 55 n. 2; eletto per la riforma degli offici, 65. Saivago Meliado, (Meliadus Saivago), eletto « capitano della libertà » , (an. 1442), 563. Saivago Simone, eletto anziano, 38, 325 ; eletto officiale di S. Giorgio, 349. Salvo Alessandro, prigioniero in Castelletto, 564. Salvo Gian Francesco, è mallevadore pel pagamento di certa somma per il fratello Alessandro, 564. Salvo Gerolamo, commissario al campo di Monaco, 361; ritorna a Genova ; non se ne conosce la cagione, 178, 179, 363; annoverato nella lista dei cittadini che 688 Indice Alfabetico parteciparono alla fazione popolare, 552. Sampierdarena, partono da essa alcuni nobili genovesi diretti in Provenza, 356 ; vi giunge e vi si tiene nascosto Ottaviano Fregoso, 174; ne parte 175, n. 1, 359, 36o ; vi si trattengonoi capi partito Adorno, 177, 36o; ric. 229 n. 1; 259, n. 1; un uomo di S. è ferito in uno scontro colle truppe francesi, 394. Sampierdarena (di), v. Domenico di S., Raffaele di S. San Benigno, v. Genova (Conventi) e (San Benigno). San Cipriano, paese in vai di Polcevera incendiato e saccheggiato dalle truppe francesi, 255, 394. San Colombano, castello in Corsica, 25 n. San Domenico, v. Genova (Chiese), (Conventi', (Vie). San Donato, v. Genova (Chiese). San Filippo, v. Genova (Chiese), (Monasteri). San Francesco d’Albaro (convento di), ric. 442. San Francesco d’ Albaro (paese), vi sono rifugiati molti gentiluomini genovesi, 40, 326, 327. San Francesco della Chiappetta in vai di Polcevera, devastato dalle truppe francesi, 255 ; 394. San Francesco di Castelletto, v. Genova (Chiese), (Conventi). San Giacomo, v. Genova (Chiese), (Monasteri). San Giorgio, v. Genova, (Banco di S. G.), (Chies.·), (Offici), (Piazze). San Giovanni Battista, il doge ordina una solenne processione in suo onore, 249 ; il corpo del santo venne portato a Genova Γ anno 1087, 557. — (Cappella di), vi è riposto il baldacchino preparato per il re di Aragona, 59 n. 2; ric. 419. — (Priori della devozione di), ricevono in consegna il baldacchino preparato per l’arrivo del re d’Aragona, 5g n. 2. San Giovanni decollato, nel giorno ad esso dedicato, Filippo di Cleves di Ravenstein entra in Genova, 320. San Giovanni di Pre, v. Genova (Chiese). San Gottardo (paese in vai di Bisagno), vi sono arrestati tre nobili diretti a Montoggio, 187, 368. San Lorenzo , v. Genova (Chiese) , (Piazze). San Luca, v. Spinola Luca di S. L. San Marco, v. Genova (Chiese). San Matteo, v. Genova (Chiese). San Paolo (conte di), v. Valerando di Lussemburgo. San Paolo di Genova, v. Genova (Chiese), (Monasteri). San Pier d’ Arena, v. Sampierdarena. Sanpolo (conte di), v. Valerando di Lussemburgo. San Remo (Santo Romulo), dipende da Genova , 88 ; i sindici di esso con quelli di altre città della Riviera chiedono l’abolizione dell’officio del capitaneato, 88 n. 4,474; ric. 126 n. 3; Manuele Canale invia da S. R. lettere al comune, 133, 476; lettere del signore di Indice Alfabetico Finale a S. R., 142, 35o; rie 143; vi sono arrestati due gentiluomini, i63, 516; vi è mandato commissario Antonio Trucco, 232, 385; apre le porte alFesercito francese, 236,387; tic· 479; 487. San Remo (di), v. Barraban Gio. Batta di S. R. San Rocco, v. Genova (Chiese). San Salvatore (di) Ambrogio, comandante la guarnigione genovese a Mentone, 126 n. 3, 479; ric. 134, 484. San Sebastiano, v. Geno,a (Chiese), (Monasteri). San Severino (cardinale di), è testimone alla concessione dei privilegi dati dal re di Francia ai genovesi, 549. San Silvestro, v. Genova (Chiese), (Monasteri). San Siro, v. Genova (Chiese). San Stefano, v. Genova (Borghi), (Chiese), (Porte). San Teodoro, v. Genova (Chiese), (Conventi). San Tomaso, v. Genova ( Borghi ), (Porte). San Vito (borgo), vi sbarcano i commissari mandati dai popolari genovesi per togliere la Spezia ai Fieschi, 46; ric. 47 n. Sant'Agata, v. Genova (Chiese). Sant1 Agostino, v. Genova (Chiese), (Conventi). Sant’Alessio (di) Urbano, (Urbano di Santo Arexio) governatore in Genova pel duca di Milano (an. 1422, 1424), 561, 562. Sant'Andrea, v. Genova (Borghi), (Macelli), (Porte). Sant1 Andrei (di) Pietro, presidente della giustizia in Genova, 417, n. 1. Santa Brigida, v. Genova (Chiese), (Monasteri). Santa Caterina, v. Genova ('Chiese). Santa Croce, il doge ordina una solenne processione di vergini in suo onore, 249. Santa Margherita (Sancta Margarita), città della Riviera di Levante, ric. 100 n. 1; 242 n. 1. Santa Maria d. Castello, v. Genova (Chiese). Santa Maria d. Consolazione, v. Genova (Chiese), (Conventi). Santa Maria d. Grazie, (Madonna delle Grafie), v. Genova (Chiese), (Monasteri). Santa Maria d. Luccoli, v. Genova (Chiese). Santa Maria d. Monte, v. Genova (Chiese). Santa Maria d. Pace, v. Genova (Chiese). Santa Maria d. Servi, v. Genova , (Chiese). Santa Maria d. Vigne, v. Genova (Chiese). Santa Marta, v. Genova (Chiese). Santo Arexio, v. Sant'Alessio. Santo Romulo, v. San Remo. Sanudo Marino, Diari, ric. 168 n. 1 : 189 n. 1; dà notizie sulle misure prese contro i genovesi a Milano , 215 n. 2; sulla mancata ambasceria dei popolari allo Chaumont , 216; sugl· aiuti del papa ai genovesi, 251, n. 1; sull'arrivo di Luigi Indice Alfabetico XII in Asti, 252 n. 2; ric. 258 η. ì; sullo stupore dei veneziani per la presa di Genova, 267, n. 3. Sapia Perroto, sindico di San Remo, 474· Sapienti del comune di Genova, v. Genova (Sapienti del comune). Sardegna, ric. 2 5. Sartore Gaspare di Pieve di Teco, gli sono affidate alcune truppe per guarnire Pieve di Teco, 480. Sarzana, i commissarii alla Spezia si fanno inviare da S. rinforzi di truppe, 46, 45i; vi è mandato da Genova il capitano Pietro Gambacorta per assoldare gente, 49 ; vi si recano i commissari della Spezia per assistere all’ armamento dei fanti, 51; vi sono pronti i5oo fanti pel comune di Genova, 53 , 333; vi passano in rotta i Fregosi, 175 n 2; ric. 406; il capitano di S. ha l’obbligo di prestare giuramento di fedeltà al re o al governatore di Francia, 54o, ric. 547. Sarzana (di), v. Francesco di S., Pa-rentuccelli, famiglia di S. Sarzanello, appartiene al Banco di S. Giorgio. 406; il capitano di S. ha l’obbligo di prestare giuramento di fedeltà al re 0 al governatore di Francia, 540; ric. 547. Sarzano (piazza di), v. Genova (Piazze). Saule (Saules) (de) Allabre, «usciere di camera» del re Luigi XII inviato a Genova per cooperare alla difesa del Castelletto, 211 , 212 ; notizia del suo arrivo, 212, 374, 3γ5; presenta al Salazar il decreto del re che lo nomina capitano del convento di S. Francesco presso il Castelletto, 2 12 ; prende il comando delle guardie del Palazzo venute al Castelletto, 217; simpatia dei genovesi per esso, 221, 524; cortese lettera dei genovesi in risposta ad una sua che chiedeva un colloquio, 227, n. 1; viene ferito durante il bombardamento dei genovesi, 234. Sauli Anfrono, appartiene al popolo grasso, viene a contesa con alcuni nobili, 404. Sauli Antonio, eletto capitano del popolo, 314; eletto pacificatore, i5, 317,318; è banchiere, 55 n. 3; scelto dai mercanti per tranquillare gli animi dei cittadini, 3γ3; nominato consigliere del doge, 392 ; inviato ambasciatore al re di Francia per la resa di Genova, 267, 398; scelto dai popolari per loro difensore, 401; viene eletto officiale della Balia, 402, 531, 534 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 55.1. Sauli (banco dei), ric. 401. Sauli Demetrio, inviato commissario al campo di Monaco, 178, 364 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Sauli (famiglia), i maggiorenti di essa sono chiamati al cospetto dei tribuni della plebe, 76; il papa Giu- lio Il raccomanda detta famiglia alla clemenza di Luigi XII, 4,2 n. i. Indice Alfabetico 691 Sauli Gerolamo , deputato ai festeggiamenti pel re d’Aragona, 55 n. 2; scelto per procedere contro Gian Luigi Fieschi, 62 n. 1 ; si presenta ai tribuni della plebe , 77 , 34i ; eletto anziano, 345; capitano delle galere genovesi, 386; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare. 55i. Sauli Gio. Batta, sostituisce il fratello Vincenzo nell1 officio di riformatore dei magistrati civili, 84 n. 1; eletto seniore del popolo, 375; olliciale della moneta, 531 , 534; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Sauli Pietro, anziano, 14, 317; banchiere, 55 n. 3; deve seguire il re a Milano, 408 , 528 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 5 51. Sauli Vincenzo, nel consiglio tenuto Jai popolari per la elezione dei nuovi anziani propone che si eleggano anche dodici pacificatori per tranquillare gli animi, i3; inviato ambasciatore al Cleves, 23, 319 ; incaricato di studiare la diminuzione di certe gabelle, 48 n. 1 , ■'•>o; eletto per la riforma degli ofRci, 66; partecipa al consiglio del 22 ottobre 15o6, 71 , n. 1 , 340: difende dinanzi ai tribuni il suo operato, 77, J41 ; essendo partito per Roma viene sostituito nelPof-licio di riformatore dei magistrati civili dal fratello Gio. Batta, 84 n. 1 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Salilo, un giovane dei S. per un leggero furto é impiccato alla porta dei Vacca, 414. Savignone, vi si trova Giarr Gerolamo Fieschi, 376; i polceveraschi ne devastano il territorio per porre ostacolo all1 avanzata dell1 esercito francese, 248, n. 1, 390, 391. Savoia (bastardo di), v. Renato di Savoia. — (Corte di), Agostino Grimaldi vescovo di Grasse vi chiede aiuti per il fratello Luciano, 104; ric. 123; 141; vi riparano nobili genovesi , 155, n. 1; ric. 156; politica di essa, 167 n. 3; ric. 3o6, 495, v. anche Torino. — (Duca di), v. Carlo li duca di Savoia. — (Ducato di), ric. 167; 168 n. 1. — (Forze di), ric. 125. Savona, ric. 40, J27; partono da essa gli ambasciatori dei nobili genovesi al re, 344 ; in onore di Giulio II, Genova sospende per tre mesi un editto contro S., 83. n. 3; ric. 89; e governata da Yves d’Al-legre, 87; ric. 99 n. 1; per gratitudine verso Giulio II P editto è sospeso a tutto Panno 1 507, 124 n. 1; S. è invidiosa di Genova, 124 n. 2; molti nobili genovesi rifugiati in essa, temendo dei popolari di Genova, raccolgono soldati in difesa di S. 153, 1.S4, 352, 5oi : ric. 155 ; eccitano Ottaviano Fregoso ad entrare in Genova, 170,· i 692 Indice Alfabetico tribuni di Genova impongono ai cittadini di non recarsi a S. senza il loro permesso, i73 , 358; vi ripara per il maltempo una barca genovese carica di munizioni per Monaco; viene sequestrata, ma più tardi restituita, 174, 358; ric. 364; il governatore di S. proibisce ai nobili profughi in essa di allontanarsi, 180, 365; una compagnia di 200 liguri, di ritorno da Monaco, passando presso il castello dello Sperone è assalita dagli uomini del d’Allègre, 188, 369; notizie di disordini in Savona, 370; vi sono sbarcati per ordine del comune di Genova 53 prigionieri delle truppe turbiasche, temendosi che portandoli a Genova la plebe ne faccia scempio, 192, 371 ; vi appare la flotta franco-spagnola, 389; ric. 207; 246; vi si reca il re di Francia pel famoso convegno col re di Spagna, 285, 416; per tale occasione vi si reca pure il governatore di Genova, 285; ric. 286 η. i ; 291 ; 3o2; 5 i i ; vi è capitano Giorgio Adorno (an. 1413), 56o. Savona (Anziani di), gli anziani genovesi inviano ad essi richieste di soccorsi per l’impresa di Monaco, 99; li ammoniscono con altre lettere di impedire le macchinazioni dei nobili e deporre le « fantaxie » di un assalto genovese, 154 n. 1 ; ric. 502. — (Governatore di), v. Allégre (d’) Yves. — (Officio di), v. Genova (Offici) Savonesi, si recano da papa Giulio 11 a lagnarsi dei genovesi, 4 n. 1 ; ric. 355; 174, 359; 545, Sbertoli Pasquale Antonio, Cenni sul doge Paolo da Novi, in Giornale degli studiosi, 1871,7 gennaio; ric. 239 n. 2, 11. 3. Scaglia Battista (B. Scalia), deputato ai festeggiamenti pel re d’Aragona, 55 n. 2; scelto per procedere contro Gian Luigi Fieschi, 62 n. 1; eletto consigliere del doge, 392 ; deve seguire il re a Milano, 408, 528 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Scalia, v. Scaglia Battista. Scarpa Pellegrino, bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5i n. 3, 332. Scarpa Simone, bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5i n. 3, 332. Schella v. Scodella. Schiavina Nicolò, deputato a raccogliere armi di nobili, 378. Scodella (Schella), sacro catino preso dai genovesi a -Cesarea l’an. noi, ric. 282, 416, 417; 419; 557 (a p. 282 si errò dicendo che in esso fu posta la testa del Battista; vuoisi invece che Gesù abbia manguto in esso l’agnello ne.l* ultima cena degli azimi. — V. Aggiunte e correzioni). Scorcino Giovanni di Voltaggio, tribuno della plebe, 77 n. ; eletto anziano, 345; bandito da Geno,a reo di lesa maestà, 409, 529; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Scrivia (fiume), ingrossatosi per una pioggia torrenziale travolge alcuni 693 uomini del seguito di Luigi XII, 279· Scrivia (valle della), gli uomini di essa si mettono in arnie contro l’esercito francese, 255 n. i. Seme, vi era consigliere di giustizia Stefano di Cernerieu, 219 n. 1. Semino Pantaleone, commissario al Castellacelo, 223 ; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Semino 1 antalino, percuote Casale da Camilla, 353. Senaco, quelli di Castiglione vi costruiscono una bastia, 389. Senarega Bartolomeo (in qualità di cronista) nel Commentarium de rebus genuensibus ab a. i488 ad al 1 '/4i RR· II. SS., Tomo XXIV, nc· n· 3; dà notizie sulle cause delle ostilità fra nobili e popolari, 4 η· Μ 5 n. 1; erra la data della Prima sommossa contro i nobili, - n· - , ric. 7 η. 159η. i, n. 2; dà notizie sui tentativi di pacificatone tra nobili e popolari, 10, n. 1; r’c· H n. 1 ; sull’ingresso del gommatore in Genova, 3o; erra la data dell’ingresso di lui e di Gian Luigi Fieschi in Genova, 31 n. 1, n· 2, ->2 n.; raccoglie le voci sulla αν idita di denaro del governatore, •’4 n. ; notizie sull’opera degli artefici e dei mercanti nella cacciata di G. L. Fieschi, 45 n. 1 ; ric. 48 n· 1 ; erra la data dell’ arrivo di Ferdinando il Cattolico a Genova, 58 n. 2; ric. 76 n. 1; 77 n; 78 n. 1; giudizi sulla politica del Ravenstein, 78 n. 2; sulle imprese contro Monaco, 90, n. 3; ric. 120 n. 1; 124 n. 2; 170 n. 1; 172 n. 1; i75 n.; 177 n. 1; 179 η. 2; 189 n. 1, 219 n. 1; 222 n. 1; notizie sulla elezione di Paolo da Novi, 237, n. 3; 238; ric. 245 n. 1; 248 n. 1; sulla sconfitta delle truppe del Fieschi a Ruta, 2 53, n. 2; erra la data del secondo giorno di combattirrfento fra genovesi e francesi, 265 n. 1 ; ric. 267 n. 1 ; erra la data del giorno della resa di Genova, 267 n. 2; ric. 269 n. 3; 271 n. 1; 277 n. 1 ; 278 n. 1, n. 2 ; 287 n. 2 ; 289 n. 1; 3o2; 3io. — (in qualità di cancelliere del Comune) stende il proclama che promette ai popolari i due terzi degli offici civili, 11, 421,422; redige un grida che ingiunge a tutti i cittadini di recarsi incontro al governatore, 29, 3o, n. 1 ; è testimone in un istrumento inviato a Nicolò Oderico, 34 n.; convalida colla sua firma alcune modificazioni ad un decreto, 48 n. 1; stende il decreto per le riforme nelle elezioni degli officiali del comune, 65, 340; scrive ai commissari e ai castellani per la consegna delle Riviere, 72 ; è annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Senarega Bernardino, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409. Senarega Giacomo, 19 n. 3; fa le veci di Nicolò Oderico come sapiente del comune, 19 n. 3. Senarega Menichetto, guida in Castelletto alcuni uomini venuti da Montaggio, 366; viene arrestato ed 45 694 Indice Alfabetico impiccato a Palazzo come spia dei Fieschi, 377. Senato di Genova, v. Genova (Senato). Senatori di Genova, v. Genova (Senatori). Senestraro Agostino, è inviato a Carlo di Chaumont per chiedergli se voglia ricevere due ambasciatori genovesi, 263, J97 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Senonensis archiepiscopus, v. Salazar Stefano Tristano. Senovensis archiepiscopus, errato per Senonensis. Sens (arcivescovo di), v. Salazar Stefano Tristano. Sentallo (dominus de), capitano della Riviera di Ponente. 88 n. 4, 475. Sepolina, v. Cipollina. Seranno (Monsignor di), v. Sèrenon (signore di). Sèrenon (signore di), v. Luigi di Villeneuve. Serexino, v. Ceresino. Serra Antonio, eletto padre del comune, 345 ; eletto officiale della moneta, 531, 534. Serra (casa), presso Banchi, è colpita dall’artiglieria di Castelletto, 376. Serra (famiglia), è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Serra, paese in valle di Polcevera incendiato e saccheggiato dalle truppe francesi, 255, 394. Serra, Storia della Repubblica di Genova, Gravier, 1836, ric. 76 n. 1. Serravalle, località presso Monaco, 160 n. 1. Serravalle Scrivia, luogo degli Adorno, 61 ; vi è trattenuto il grano inviato in Liguria, 179, 363; vi si fermano gli ambasciatori popolari diretti a Carlo d’Amboise e mandano a chiedere un salvocondotto, ma devono partirne per le molestie di alcuni nobili genovesi, 215, 216, 376, 522; ric. 467. Serravalle Servano (Silvano ?), luogo degli Adorno, 336. Serveto Gregorio, preposto con 34 uomini alla difesa di Mentone, si arrende all’ esercito francese del d’Allègre, 206, 207, 384. Servi (ordine dei), un predicatore di detto ordine biasima la compagnia della Trinità formatasi in quei tempi, 381; ric. 442. Sestieri di Genova, v. Genova (Sestieri). Sesto (Sextus), località nella Riviera di Levante, ric. 229 n. 1. Sestri (da), v. Merello Andrea da S. Sestri Levante, vi sono inviati 200 fanti per aiutare l’impresa contro Chiavari, 53, 45i, 452; riuscita l’impresa, 100 di essi lasciano S. ■per andare a guernire Chiavari, 54; vi giungono i capi partito Fregoso, 174, 358; ne partono i fanti assoldati dai Fregoso, 175, 359; v> sono mandati da Genova due commissari per rimettervi la quiete, 176; invio di due nuovi commissari, 226 ; si stringe in lega con diversi paesi vicini, 389, 6g5 Sestri Levante (da),v. Bartolomeo de Rippa da S. Sestri Ponente, ric. 14; i nobili e il governatore di Genova muovono sino a S. P. incontro al re di Spagna, 58,334; le truppe tedesche lasciate fuori di Genova da Luigi XII mettono a ruba il territorio di S. P., 402; ric. 490. Sestri Ponente (uomini di), accorrono in Genova per aiutare i popolari ma vengono congedati, 14, 317; i prigionieri per debiti verso lo stato vengono liberati dai popolari, 16, 319; 17 n. ; vengono in aiuto dei popolari di Genova per inseguire i Fieschi, 39, 32 5, 326; i « canioni » di esso si raccolgono in Rivarolo con quelli di Voltri, Bisagno e Polcevera per deliberare di aiutare i popolari di Genova, 37i ; gli uomini di S. sono dichiarati immuni da ogni tassa, 091; muovono con altri dei dintorni contro Voltaggio ove è giunta P avanguardia francese, 392. Sextus, v. Sesto. Sforza Giovanni, capo archivista del-ΓArchivio di Stato in Torino, 296 n. 2. Sforza Ludovico, è ricordato un marchese suo parente, capitano di schiere nelPesercito genovese contro Monaco, 128. Sicilia (Cicilia), ric. 33o. Siena, concorre con Genova e Lucca a raccogliere somme in favore di Pisa, 76 n. Sigismondo dei Conti di Foligno, Storia dei suoi tempi dal ι4η5 al i5ro, ric. 412 n. 1. Signoria di Pisa, v. Pisa (Signoria di). Silvestra (priora di qualche monastero), ric. 442. Simone di Bavari, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Simonetta (casa), una donna di essa va in sposa ad Alfonso del Carretto, 57 n. 1. Sindicatori di Genova, v. Genova (Sindicatori). Sindici del comune di Genova, v. Genova (Sindici). Sivori Antonio, commissario delle milizie contro Monaco, 106; gli anziani lo chiamano per sapere se appartenga alla compagnia della Trinità, 381. Soffia Bartolomeo , eletto anziano, 14, 317; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Soffia Corrado, dottore, ucciso dai popolari, 61,336; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Solani, v. Isolani. Solario Battista (Battista de Solaris), commissario a Levanto, 100 ; tribuno, incaricato di requisire le artiglierie e le munizioni della nave Negrona, 191; incaricato nuovamente di requisire tutte le armi che si trovano nelle case dei nobili, 22 5; e di provvedere che i nobili dimoranti in Genova o presso di essa non si allontanino, 22 5, n. 3 ; inviato con milizie in Indice Alfabetico vai di Polcevera per sostenere i polceveraschi contro l’esercito francese, 254; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409. Solario Francesco, pubblico banditore, 227 n. Solario Obertino (Solaro 0.) di Asti, podestà di Genova, riesce a calmare per poco i popolari adirati contro i nobili, 5; il governatóre di Genova gli invia lettere dalla corte di Francia dandogli facoltà d’imprigionare e giustiziare i faziosi, 6 n.; le sue misure contro i nobili vengono respinte dal Senato, 7; ric. 8 n. 2; ritornati i nobili in città viene rimesso in carica, 280 n. 3, 410. Solaris (de), v. Solario Battista. Sopranis Giacomo di Andora (Iacobus de Sopranis, Giacomo de Andora), eletto per la riforma degli offici, 66; riceve l’ordine di seguire il re a Milano, 408 ; coll’ avviso che potrà essere sostituito da Paolo de Franchi, 528 ; i suoi creditori ottengono che egli non si muova da Genova, 279 n. 2, 411; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. (nal testo a p. 66 si tradusse erroneamente Sopranis in Sovrani). Sori, le truppe genovesi inviate contro il Fieschi vi arrestano un Negrino di Montoggio, 393. Sovrani Giacomo, errato per Sopranis Giacomo. Spagna (ambasciatore del re di), invia da Asti un messo ai genovesi per esortarli a cedere al re di Francia, 248, 391; ric. 249 n. 1; i genovesi gli espongono le ragioni della guerra col redi Francia, 391,392; ric. 418. Spagna (Corona di), 57; — (Diritto di), 55; — (Nave di), 166, 5i3. — (Redi), v. Ferdinando'il Cattolico. — (Soldati di), i3o. Spagnola (flotta), inviata da Ferdinando il Cattolico in aiuto della flotta francese, 236, 388; cattura presso monte Argentaro una fusta genovese, 236, 386; si unisce alla flotta francese, 236 n. 3, 388; parte da Genova, 404. Spagnoli (sudditi del re di Spagna), taglieggiati dal signore di Monaco, 91 n. 5, 465, 466; commettono rappresaglie contro i genovesi, 92 n., 465. Sperone, castello presso Savona, 369. Sperone, torre delle mura di Monaco presso alla quale avvenne una fiera mischia tra genovesi e monegaschi, 2o3. Sperone di Pietrasanta, governatore di Genova per il duca di Milano (an. 1422), 561. Spezia, i commissari del governo popolare di Genova la tolgono al dominio dei Fieschi, 46, 329,450, 45i; ric. 47 n. ; Filippino Fieschi la ritoglie ai popolari, 49, 5o, n. 1, 331 ; pare che· l’impresa gli sia riuscita facile perchè il castello della Spezia era ancora occupato dalle milizie dei Fieschi, 5o, 331; preparativi di Genova per ripren- Indice Alfabetico 697 derla ai Fieschi, 5i, 332, 333; 52 n. 1; viene ripresa senza resistenza, 53, 333; ne sono conquistati anche il castello e la bastia, 53, 333; le truppe genovesi muovono dalla S. contro Chiavari, 53, n. 1, 452; 69 ; 73 n. i ; guarnigione della S. 100; castellano della bastita, 100 n. 2; ric. no; 120; Ottaviano Fregoso si dirige alla volta di essa, 171 ; il doge ordina ai portovene-resi di assicurare gli abitanti della S. che saranno risarciti dei danni che potranno ' soffrire dai nemici di Genova, 242 ; dopo il ritorno del governo francese in Genova, viene occupata da Antonio 'Palla-vicino; Anton Maria Fieschi ne lo caccia ma deve poi cedere a Galeazzo Pallavicino; la questione viene risolta da due commissari francesi, 28i. 401, 4.1 4,2. Spezia (Commissari alla), v. Genova (Commissari). (Golfo), vi entra la flotta francospagnola e tenta uno sbarco presso Marola, 245, 392 ; ric. 255 n. 1 ; da Genova si mandano « al golfo » (di Spezia?) due navi cariche di sale, 374. — (Sindici e Consiglio), accettano volentieri il dominio dei popolari, 45o, 45 i. Spinola Andrea, inviato dai nobili genovesi al re di Francia, 110 n. 2. Spinola Antonio, ambasciatore dei nobili genovesi al re di Francia, 120 n. 1, 463. Spinola Battista di Gregorio, eletto «capitano della libertà» (an. 1442), 563. Spinola Battista di Luccoli q. S., ambasciatore dei nobili genovesi a Carlo di Chaumont, 344 ; eletto officiale di S. Giorgio, 403, 534 : corre voce che insieme ad altri nobili stenda liste di proscrizione dei popolari, 273, 404. Spinola Carlo, incaricato dall1 officio di Balia di udire le lagnanze dei cittadini e consigliare i rimedi opportuni, 286. Spinola Cristoforo, banchiere, ric. 55 n. 3. Spinola (famiglia), appartiene al partito dei nobili, 16 n. 1 ; alcuni membri di essa abitano a Quarto, 319; cede Pieve di Teco aH’officio di S. Giorgio (an. 1512), 66 n. 2: ric. 88; 89; gli Sp. abitanti a Quarto lo abbandonano, 180, 364; alcuni membri della famiglia sono elevati alla carica di anziano e di officiale della Balia dopo Pingresso del re di Francia in Genova, 2/3, 402; possiede castelli in Lunigiana, 354; è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Spinola Francesco detto il Moro, ambasciatore al re d’ Aragona, 60 : possiede una casa in Cornigliano, viene arrestato da certi tristi plebei e tradotto a Rivarolo, 365; la sua casa è bruciata dalla plebe, 247. Spinola Francesco, ammiraglio genovese fatto prigioniero dai veneziani (an. 143ìj, 562; eletto «difensore della libertà» (an. 1436), 562. Spinola Galeotto, eletto capitano di Genova (an. 1334), 588. Indice Alfabetico Spinola Gian Giacomo, eletto anziano, 345. Spinola Giovanni, è in lite con Pier Maria Assereto riguardo al luogo di Serra valle e pare riceva sentenza contraria dal consiglio regio, 467. Spinola Luca di S. Luca, eletto capitano dei nobili, 315; è signore di Pieve di Teco, 66, J40; ric. 94; Gian Giacomo Trivulzio ne prende le difese contro i popolari, 96 n. 3, 455; lo Sp. aveva chiesto aiuto a Milano, 97 n. ; lettere inviate da esso ai cittadini da Albenga, 232 n. 2, 386 ; viene eletto officiale della Balia, 402, 53o, 534; su0 figlio rioccupa Pieve di Teco, 281, 410. Spinola Maria Maddalena, abbadessa di S. Paolo di Genova, promette di pregare per la salvezza di Genova, 443. Spinola Martino di Luccoli, insulta il notaio Giuseppe Dernice, 6 n., 313. Spinola Nicola, q. Francesco, è incaricato dai nobili di studiare il modo per rientrare in città, 21 n.; viene eletto anziano, 402, 53o, 534. Spinola Oberto, eletto capitano di Genova (an. 1270J, 55·/. Spinola (ponte degli), v. Genova (Ponti del porto). Spinola Stefano di S. Luca, si trova a Cornigliano ed è citato a comparire dinanzi ai tribuni, 361. Spirito (di), v. Lorenzo di Spirito. Squarciafichi (famiglia), è chiamata a far parte del governo della città durante la fazione popolare, 553. Squarciafichi (piazza dei), v. Genova (Piazze). Staglieno, vi abita Senarega Meni-chetto, 366; ric. 3γγ. Staglieno Marcello, Intorno al doge Paolo da Novi e alla sua famiglia, in Atti Soc. Lig. di St. Pat. Voi. XIII, ric. 239 n. 2; 290 n. 1. Stefanino di Fontanabona detto Rosa, bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5i n. 3. Stefano di Moneglia, eletto per la riforma degli offici, 66; incaricato per tre mesi deiramministrazione del comune, 172, 3 57 ; detto officio viene abolito, 366; scelto dai mercanti per pacificare gli animi dei cittadini, 373 ; viene eletto anziano, 402, 53o, 534; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono al la fazione popolare, 5 51. Stefano di Poncher, vescovo di Parigi (Parisiensis episcopus), è testimone alla concessione dei privilegi dati dal re di Francia ai genovesi, 549. Stella, il podestà di S. é invitato a venire a Genova, 99; il doge esorta gli abitanti di S. ad opporre gagliarda resistenza ai nemici, 246; li loda per 1’ opera compiuta e li fa esenti da ogni tassa, 246. Stella Nicolò, segretario della repubblica veneta a Milano, dà notizia delle severe misure prese contro i popolari genovesi, 2.15 n. 2. Stradioto impinctore, v. Bolasco Bernardo. Sturla (valle di), ( Vadesturla), vi si Indice Alfabetico 6qg raccolgono fanti per i popolari di Genova, 54; gli uomini di essa inseguono le truppe dei Fieschi rotte dai popolari, 394 ; molti di essi accorrono in aiuto di Genova contro l'esercito francese, 395. Sudario, furto di esso, 3o2. Suisseri, v. Svizzeri. Suissi, v. Svizzeri. Susa, vi è inviato Bartolomeo Usil-lione per arrestare i genovesi passanti pel ducato di Savoia, 118 n. 3. Suspe, località nella Riviera di Ponente, ric. 477. Suvero (Suvori), castello appartenente ai Fregoso, 356. Suvori, v. Suvero. Svizzeri (Suissi, Suisseri), assoldati nell1 esercito francese, 258 n. 2; cento di essi prendono parte al corteo pel solenne ingresso del re di Francia in Genova, 270, 400; si chiedono al comune jo.ooo ducati per licenziarli, 271,400; ric. 272. T Taggia ( Thabia), dipende da Genova, 88; il sindico di T. con quelli di altre città della Riviera chiedono l'abolizione dell1 officio del capita-neato, 88 n. 4, 474; apre le porte alPesercito francese, 2 36, 387; ric. 480, 520. 1 arlatini Tarlatino, (molto spesso è chiamato semplicemente Tarlatino 0 anche: lo capitano), capitano di Pisa, eletto a capo dell'esercito genovese, 74, 452, 453; ric. 454: cenni biografici, 74 n. 1, 75 n. : ric. 101 ; 102 n. ; 106; sue mansioni, 109; scrive a Luigi di Bervey circa i fanti forestieri, 109 n. 6, no n.; assume il comando dello esercito inviato contro Monaco, 113, 114; i commissari gli raccomandano di terminare presto la impresa, 119; ric. 128; 129 n. 1, n. 2 ; 137; dei riguardi da usarsi verso di lui dai supremi commissari, 144; ric. 147; crede necessari grandi rinforzi per poter prendere Monaco, 147, 497; ric. i5o n. 2, 353 ; lodato dai commissari, 158, 5o5; e da Luigi di Bervey, 15g, 509 ; fortifica le alture di Mone-ghetti, 160 n. 1 ; ric. 164 n. 2 ; viene esortato dai tribuni a porre termine alPassedio di Monaco, 183 n. n. 1 ; lodato dai commissari per il suo coraggio e la sua abnegazione, 198, 520; propone di inviare a Genova Alarame di Bo-zolo per annunziarvi lo stato miserando del campo e chiedere soccorsi, 199, 520: riceve lettere dalla Balia con sollecitazioni di por fine all1 impresa, per timore di complicazioni e perchè a Genova si ha bisogno di lui, 201, 202 : dopo lo sfortunato assalto alla rocca di Monaco si ritira con l'esercito a Ventimiglia, donde i genovesi attendono invano che esso accorra a Genova, 25o, 251, ^97! da Ventimiglia si ritira a Pieve di Teco, 404; ove non osa resistere al tiglio di Luca Spinola presen- 700 Indice Alfabetico tatosi con lettere regie, 281, 410; ric. 484, 486, 487, 490, 495, 499, 5oo, 5o5. Tasistro Battista,inviato commissario a Lestri [ evante, 53,451; mandato ad arruolare soldati in Lunigiana ne ritorna con 400 uomini, 162, 354, 356; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fez io ne popolare, 552. Tasistro Pantaleone, castellano della bastita della Spezia, 100 n. 2. Tassorello Gerolamo (G. Tasorei lo), bandito da Genova perchè fautore dei nobili, 5i n. 3, 332. Tedeschi (Alemanni), ric. 374; ingaggiati nell1 esercito francese contro Genova, 2 58 n. 2; prendono parte al primo scontro coi genovesi, 260; fanno bottino delle armi consegnate dai genovesi, 271; sono licenziati, hanno un breve scontro coi montanari dei Giovi e ne incendiano i villaggi, 272, 401, 402. Tenda, vi si raccolgono milizie al soccorso di Monaco, 133, 477, 482. Tenda (conte di), sue mene per impadronirsi di Oneglia, io3 n. 1, 47’· Terrile Bianchina, figlia di Marino, si unisce in matrimonio a Paolo da Novi, 239. Terrile Gregorio, eletto capitano a guardia della città di Genova, 62, 337; deputato dal partito Fregoso a regolare gli offici, 352; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Terrile Marco, tribuno della plebe, 76 n. 1, 77 n.; ric. 172 n. 3; 173, n. ; il suo nome occupa il primo posto fra quelli dei tribuni, ma viene poi sostituito da quello di Paolo da Novi, 178 n. 3; ric. 180; 238 ; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Terrile Marino, padre di Bianchina sposa a Paolo da Novi, 23g; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Testarincensis episcopus, è testimone alla concessione dei privilegi dati dal re di Francia ai genovesi, 549. Testerà Stefano, anziano, 14 n. 2. Thabia, v. Taggia. T-ixi di Camogli,eletto anziano, 38,325. (nel testo è chiamato erroneamente Fixi). Tobia (paese nella Riviera di Ponente), ric. 474. Toirano, Genova scrive ai commissari contro Monaco di aiutare quei di T. e lo stesso raccomanda ai comuni di Pietra e Giustenice, 206, n. 2. Tomaso detto lo Mazon o lo Manzo, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Tomaso di Bruges, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Tonso Pantaleone, incaricato di requisire le artiglierie e le munizioni della nave di Stefano Negrone a Portofino, 193 n. i. Tontinis, errato per Tossinis. Iorello Guidone (Gitorello), governatore di Genova pel duca di Milano fan. 1422). 561. Indice Alfabetico 701 Torino (Archivio di Stato), ric. 296. Forino ( ? 'urino\ l’ambasciatore genovese Rernardo Veneroso parte alla volta di 1.,, 07; ritorna a Genova, 1 " n· 'i 117 ; eie. 118, n. 3 ; è rimandato a T., ,56; ric. 166 n.; ritorna una terza volta a T., i95; rie· 19C n. i ; vi giunge il re Luigi XII, 248; 3gi; ric. 296 n. 2. 1 ornacensis episcopus (vescovo di I ournay), v. Carlo di Hautbois. lorre (della) Gerolamo, capo partito Adorno, 176, 36o. Torre (della) Raffaele, commissario nella Riviera di Ponente, 99, 145, 351, 5oo ; lettere inviategli dai commissari al campo di Monaco, ,6°; r‘c· '841 518; eletto capitano di 3 00 fanti mandati contro l’esercito francese del d’Allègre, 232 n· 2 ; incaricato di dirigere la difesa di Albenga, 236; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, :’29 i annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Torri di Genova, v. Genova (Torri). Tortona (Dartona), vi si reca Gian Luigi Fieschi, 319; vi si trattiene Carlo di Chaumont d’Amboise, 27, 28 ; vi è arrestato 1’ « ordinario » proveniente da Venezia e diretto a Genova, 374 ; è tra le prime citta che ebbero le casacce dei disciplinanti (an. 1260), 557. Toscana, ric. 289. Toscana (soldati di), ric. i3o. loso, v. Franchi (de) Pantaleone. 1 ossinis Pantaleo, eletto sindicatore, 345 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552 (a pag. 345 fu stampato per errore Tontiuis per Tossi nis). Tournay (vescovo di), v. Carlo di Hautbois. Tours (di), v. Renato Guvton. Tours (Montils les) (Turones). Luigi XII invia da T. lettere a Genova, 9 n. 2; 22 n. Tovelio Antonio, annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 553. Trasto, le milizie genovesi v'incontrano quelle francesi che si ritirano, 392. Trevixi (di), v. Francesco diTrevixi. Tribuni della plebe in Genova, v. Genova (Tribuni). Trincherò Battista (B. Trinche), bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Triulcius, v. Trivulzio Gian Giacomo. Triulsi, v. Trivulzio Gian Giacomo. Trivulzio Gian Giacomo (Iohannes Iacobus Triulcius - Johanni Iacobo da Triulsi), scrive ai valligiani di Pieve di Teco esortandoli a serbar fede a .Luca Spinola, 96, n. 3 ; 455; e ne riceve un’ardita risposta, 96, 97 n., 455,-456; invia truppe in soccorso del signore di Monaco, i3o, 477; si chiedono notizie sulla sua corte, 141, 495; le sue milizie riescono ad entrare in Monaco, !49i 499· Trucco Antonio (Antonio lo Trucho), inviato commissario a S. Remo, 232, 385. Trucco Ant. Franc, Gli ultimi giorni 702 Indice Alfabetico della repubblica di Genova e la comunità di Novi, rie 20, n. 3. Turbella, località in vai di Polcevera difesa dai genovesi contro i francesi, 262, 39G. Turbia, ric. 127, 478; occupata da truppe mercenarie nemiche dei genovesi, 132, 479; ric. i32 n. 2· vi giungono cinquecento venturieri francesi, 135 ; ric. 135 n. 1, 352, 485; ed il tiglio del governatore di Savona, 140, 494; vi è pure inviata dal duca di Savoia una forre guarnigione di piemontesi, 140 n. 4, 495; ric. 141; preoccupazione dei genovesi, 147, 497 ; scontro fra i genovesi e i fanti della T., 148, 499: che proteggono Γ entrata in Monaco di milizie ausiliarie, 149, 353, 499; ric. i5o; 151 ; alcuni nobili genovesi vi portano denari per le truppe, 155, 353; i fanti della T. sono in continue scara-muccie coi genovesi, 1G1, 512; loro azione combinata colle truppe di Monaco, 161, 356; hanno la peggio in una scaramuccia coi genovesi, 164, 515; ric. i65, 515; essendosene allontanato Giacomo d’Allègre viene assalita e presa (?) dai genovesi, f65 n. 1 ; ric. 167 ; corre voce che il duca di Savoia abbia licenziato da essa i venturieri, la notizia è falsa poiché poco dopo essi calano sulle artiglierie genovesi ma ne sono respinti con gravi perdite, 192, 370; si cerca di ottenere dal duca di Savoia la proibizione di mandare aiuti dalla T. a Monaco, 195; vi giunge una gran moltitudine di armati, 204, 381. Turrio (di), v. Anton Maria di 1 urio. u Ugo di Alvernia,"signore di Choletton, (Chiarlatone), governatore di Genova per il re di Francia (an. 1409), 56o. Urbino (duca di), partecipa al solenne ingresso del re di Francia in Genova, 400. Ursino, v. Orsini Gian Giordano. Uscio (paese presso Recco), vi passa Rolandino Fieschi tentando di avvolgere le truppe popolari in Recco, 253. Usillione Bartolomeo, scudiero del duca di Savoia inviato a Genova per ingiungere ai genovesi di non muovere contro Mentone e Roccabruna, 104, io5, 107; mandato ad Avigliana e a Susa per arrestare i genovesi passanti pel ducato di Savoia, 118 n. 3 ; inviato nuovamente a Genova per riprendere trattative coi genovesi, ritorna poco dopo a Torino, 194, 361, 362. Usodimare Anfreone, la sua casa a Banchi è saccheggiata dalla plebe, 17 n., 319; ric. come banchiere, 55 n. 3 ; sono inviati nella sua casa a Banchi tre nobili arrestati dai bisagnini, 187, 368; la sua casa è scelta per alloggiare il signore di Fois, ma viene trovata chiusa, 418, 419. Usodimare (famiglia), è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Indice Alfabetico 703 V Vabrensis episcopus (vescovo di Va-bres), v. Luigi di Narbona. Vahres (vescovo di), v. Lujgi di Narbona. Vacca (porta dei), v. Genoya (Porte). Vadesturla, v. Sturla (valle di). Vado (Foe), vi riparano per il mal tempo alcune navi dirette a Monaco, ■74> 358; il doge scrive all' « università » di V. lodandone la fedeltà ed il coraggio contro i nemici di Genova e permettendo di assaltarli e derubarli, 246. Vado ( Voa) (cardinale di), arriva in Asti, 388. Valdetaro Antonio, « copertero» prigioniero in Castelletto, 564. Valenza (di), v. Guado Bernardino. Valerando di Lussemburgo, conte di Ligny e di S. Paolo, (Giacomo conte Sanpolo), governatore in Genova per il re di Francia (anno i397)- 558. Valois Francesco, v. Francesco d'Or-leans, conte d’Angoulème, delfino di Francia. Vara (di), v. Borghetto di Vara. Varambon (barone di), v. Pallud Claudio. Varazze, il podestà di V., è invitato a recarsi a Genova, 99 ; il doge di Genova esorta gli abitanti di V. ad opporre una gagliarda resistenza ai nemici, 246, Varixio (de), v. Bartolomeo de Varisio. Vegerii, località presso Genova, ric. 229 n. 1. Vegetti Antonio, bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529. Vellanove, v. Villanova di Albenga. Veneroso Bernardo, inviato ambasciatore alla corte di Savoia, 107, 346; istruzioni impartitegli, io5 n. 1, 107; ric. 108; dà notizia di certi soccorsi mandati a Monaco , 11 1 n. 1 ; ritorna a Genova con un inviato del duca; contraddizioni tra i due ambasciatori, 117, 1 18 n. 348 ; pareri su di esse, 1 18 ; è rinviato a Torino, 119, η. i.n. 2, 349; ric. 126 n. 2; ritorna e conferma che il duca vuol essere nemico dei genovesi, i55, 353 ; è rimandato a Torino con ampi poteri per un accordo, i5C, 354; speranze dei genovesi nella buona riuscita di esso, 167, 512, 51 5 ; ritorna a Genova e comunica i patti, 168, 355; pare non sia stato ricevuto dal duca di Savoia, 168; è mandato commissario con pieni poteri nella Riviera di Levante, 171; ric. 174; ritorna ammalato ed il comune sperando in una pronta guarigione, lo sceglie per mandarlo come ambasciatore a Torino, 194: dopo lunga malattia parte per la corte di Savoia, ig5, n. 2, 373; istruzioni impartitegli, 195, 196, n. 1 ; bandito da Genova reo di lesa maestà, 409, 529: annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 552. Venezia, ric. 168 n. 1; si parla dello « ordinario » che veniva da V. a Genova, 374; i mercanti genovesi a V. avendo i loro beni sequestrati mandano a Genova un memoriale. 470; v. anche Veneziani. 704 Indice Alfabetico Veneziani, avendo il genovese Gio. Batta Pallavicino catturata una loro nave interdicono nelle loro terre i beni dei genovesi; il governo di Genova, tolta la nave al Pallavicino si dichiara pronto a restituirla purché i v. liberino i beni dei genovesi, 4^9,440, 470; accordi dei v. con Giulio II per la presa di Bologna, 34!); ric. 374; taglieggiati dal signore di Monaco, 91 n. 5, 4<>5; loro stupore per la presa di Genova, 267 ; in guerra con Genova (an. 1378), 558; fanno prigioniero l'ammiraglio genovese Francesco Spinola (an. 1431 ), 562. Ventimiglia, i sindaci di essa con quelli di altre città della Riviera chiedono Γ abolizione dell1 officio del capitaneato, 88 n. 4, 474 ; ritorna sotto il dominio di Genova dopo qualche anno di governo dei Grimaldi di Monaco, 89,11. 1; ric. 112 n.; le truppe di Pieve di 1 eco ricevono l’ordine di marciare verso V., 101 ; ma si trattengono ad Albenga, io5; invio del primo nucleo di fanti con due commissari a V., 106; ric. 113 ; la città di V. si obbliga di dare 3oo fanti per l’impresa di Monaco, 114; arrivo dell’esercito genovese a V., 125; vi sono stabiliti i forni per la cottura del pane per l’esercito contro Monaco, 152; ric. 162, 169; giunge al campo di Monaco una compagnia di V. condotta da Gaspare Giudice, 197, 520; l’esercito genovese a.; ediante Monaco si ritira in buon ordine a V., 204, 381; Genova raccomanda ai commissari di non lasciare quella citta, 204, 382; ric. 2o5 ; e di munirla opportunamente, 206 ; valorosa resistenza della città all’ attacco dell’esercito francese, 207,11.1, 384; 385; invio di munizioni e di nuovi commissari, 232 11. 3, 233 n., 385; ric. 386; Cìenova attende da V. i fanti con il Tarlatino per la propria difesa, 25o; ma Silvestro Giustiniani incaricato di portarli a Genova non vi si reca, 251, 389, 397; il Tarlatino si ritira da V. a Pieve di Teco, 404; ric. 479,480, 482, 499, 5o6, 510, 514. Ventimiglia (Castello di), si arrende ai popolari genovesi, 224, 38o; vi è inviato un castellano, 232. — (di), v. Lanteri Antonio di V. — (Sindici di), v. Giudice Gasparo e Gaiiano Pantaleone. Vento (famiglia), è chiamata a partecipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Vernazza, ric. 229 n. 1. Vernazza (di), v. Opizzino di V. Vescovati di Genova, v. Genova (Vescovati). Vicario ducale di Genova, v. Genova (Vicario ducale). Vienna, ric. 215 n. 1 ; è errato per Milano. Vienna (di), v. Oliviero Stefano di V. Vigevano (signore di), v. Trivulzio Gian Giacomo. Vigna Simone, eletto padre del comune, 345. Villa ranca (porto), ric. io3; galee genovesi recano da V. al campo di Indice Alfabetico 705 Monaco la notizia che il governatore di Nizza vuole aver guerra coi genovesi, 141 , 496; ric. i5i, > brigantini genovesi posti al blocco di Monaco vi si rifugiano nei tempi burrascosi, ,58, 5o4; vi sono sequestrate le merci di un genovese, 1,1-s> 166, 513; il re di Francia ordina che vi si rechino quattro galee, 181 ; vi si armano due barche in soccorso di Monaco, 182, 364; nc. 183 n. 1; corre voce in Genova che il duca di Savoia abbia licenziato da essa i venturieri, ma la notizia è falsa, 192,370; ric. 512. Villanova ( Vellanove) di Albenga. ric. 232 n. 2, 385. Vincenzo da Casale ( Vincentio de Ca^à Vincentius de Casali), bandito da Genova reo di lesa maestà, 409,529. Vincenzo di Rivarolo (Ripairolo) commissario a Sestri Levante, 176. \ inelli Vincenzo, eletto capitano per raccogliere fanti a guardia di Genova, 39, 325 ; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare, 551. Virtù (officio delle), v. Genova (Offici). Visconti Bernardo (B. Vesconte) d uca di Milano (an. i378;, 558. Visconti Filippo Maria, conquista Ge-_ nova (an. 1421), 561. Vivaldi Battista, eletto per la riforma degli offici, 65. Vivaldi (famiglia), chiamata a parteci-cipare al governo della città durante la fazione popolare, 553. Vivaldi Stefano., giureconsulto, ric. 21 n.; oratore degli ambasciatori nobili genovesi al re Luigi XII, 120, n. 1, 46!); ric. 121; 123; 155 n. 2. Voe, v. Vado. Voltaggio (Vultabio), vi giunge l’avanguardia dell’esercito francese, 253, 392; milizie genovesi inviate alla volta di V. si ritirano senza colpo ferire, 392; ric. 394. Voltaggio (di), v. Alessandro di V., Scorcino Giovanni di V. Voltri, quei di V. vengono in aiuto dei popolari di Genova per inseguire i Fieschi, 39, 32 5, 3a6. ric. io5; vi è inviato Giacomo Pego-rella di Brescia per avere da quelle ferriere , ferro , rame e carbone, 229, i « canioni » di V. si raccolgono in Rivarolo con quelli di Sestri , Bisagno e Polcevera per deliberare di aiutare i popolari di Genova, 371. — (Commissari a), v. Genova (Commissari). — (Podesteria) v. Genova (Podesterie). Vorrella (Bonella ή Giovanni, è insultato da un nobile, 314. Vultabio, v. Voltaggio. Y. Yves di Allégre, v. Allégre (d‘) Yves. z. Zaccaria (famiglia), si parla della Croce di detta famiglia, 4. Zerbi (de) Ambrogio, eletto per la riforma degli offici, 66. Zerbi (de) Cosimo, inviato a Porto-venere incontro al re di Spagna, 414; annoverato nella lista dei cittadini che parteciparono alla fazione popolare. 553. Zoagli (di), v. Bartolomeo di Z., Giorgio di Z. Zoalio v. Zoagli. Zorzi Petro, (Petro Vesconte de Novara) vescovo di Novara, governatore di Genova per il duca di Milano (an. 1422), 561. ■ ■ . ' INDICE GENERALE CAPITOLO PRIMO La Sollevazione Popolare SOMMARIO Discordie tra nobili e popolari, p. 2 - Violenze dei nobili, p. 4 — Primi torbidi, p, 8 — Sommossa popolare e concessione della legge dei « due terzi », p. I0 _ Fuga di G. L. Fieschi, p. 12 — Elezione dei nuovi anziani e dei « pacificatori » , p. 12 — Il Fieschi e i nobili nuovamente cacciati dalla città, p. i5 - Ambascerie a Luigi XII,’a Filippo di Cleves e a Carlo di Chaumont, p. 17 — Seconda ambasceria al Cleves in Asti, p. 22 II Cleves arriva a Genova, p. 29 — Il Fieschi rientra in città, p. 3i Sollevazione della plebe e terza cacciata del Fieschi, p. 34 — Si eleggono i nuovi anziani, p. 38 — Politica del Cleves, p. 40 — Consiglio in S. Maria di Castello, p. 41 — Popolo grasso e popolo minuto, P- 44 La Riviera di Levante tolta al Fieschi, p. 45 — Alfonso del Carretto riacquista il Finale, p. 55 — Ferdinando il Cattolico a Genova e a Portotìno, p. 57 — La plebe potente e prepotente, p. 60 — Riforme nelle elezioni e adunanza del 16 ottobre, p, 63 — Il Re di Francia esige la restituzione della Riviera di Levante, p. 67 — Elezione di otto tribuni, p. 74 Il Cleves abbandona Genova, p. 77 — Editto contro i nobili, p. 79 — Ambascerie a Luigi XII e a papa Giulio II, p. 82 — Nuove elezioni, p. 82. CAPITOLO SECONDO L’Assedio di Monaco SOMMARIO Condizioni della Riviera di Ponente e disegni dei popolari, p. 86 — Monaco e 1 Grimaldi, p. 89 — Perchè si volle andare contro Monaco, p. 90 — La spedizione di Pieve di Teco, p. 94 — Preparativi di guerra contro Monaco, p. 97 — I Grimaldi e il duca di Savoia, p. io3 — Primo imbarco di truppe, p. 1 o5 — B. Veneroso alla corte di Torino, p. 107 — Lettere di N. Oderico ambasciatore alla corte di Francia, p. 109 — Partenza del-Pesercito, p. 113 — Sdegno di Carlo di Savoia, p. 117 — Ambascerie di nobili e di popolari a Luigi XII, p. 120 — Ambasciatori popolari al Pontefice, p. 123 — Mentone e Roccabruna , p. 125 — Le forze genovesi a Monaco, p. 127 — Le forze dei monegaschi, p. 129 — Prime avvisaglie, p. 131 — Lettere dal campo, p. 134 — Le milizie mercenarie, p. 138 — Agostino da Castiglione e Ferro della Pria, p. 141 — I capitani Tarlati no e Gambacorta, p. 147 — Le milizie in gravi condizioni, p. i5o — Minaccie dei nobili fuorusciti, p. i53 -- Genova e Savona, p. 153 — II 708 Indice Generale principio del nuovo anno 1507, p. 156 L’assalto del 2 gennaio, p. i56 — Il maestro « inzegnero » Merello e l’arresto del Gioardo, p. 162 Genova e il duca di Savoia, p. 164 L’impresa di Monaco assorbe tutte le forze dello stato, p. 169 — Nuove minaccie dei nobili; Ottaviano Fregoso, p. 170 — Due gride contro i nobili; gli Adorno, p. Ritornata la calma, Genova rivolge tutte le sue cure all’ impresa di Monaco, p. 177 — Altre due gride contro i nobili, p. 179 — Primi accenni di una spedizione del re di Francia contro Genova, p. 181 — 1 genovesi dichiarati ribelli 1 Luigi XII, p. 184 — Il Salazar in Castelletto, p. 184 — Tentativo fallito di restituire le riviere al re, p. 187 — Il colpo di mano del Salazar. p. 189 — Genova incetta artiglierie per Monaco, p. 191 — Nuove trattative col duca di Savoia, p. ig3 — Tristi condizioni dell’esercito Genovese, p. 196 — Paolo da Novi commissario al campo, p. 200 — Ultimo assalto contro Monaco, p. 202 — Le forze Genovesi riparano a Ventimiglia, p. 204 — Fine dell’ impresa, p. 206. CAPITOLO TERZO Fine del Governo Popolare (Paolo da Novi e Luigi X11) SOMMARIO Nuove forme di governo; il Roccabertino lascia Genova , p. 210 — Un’ amba-sciera allo Chaumont d’Amboise, p. 2i3 - La città dopo la partenza del Roccabertino, p. 217 — Il Salazar incrudelisce contro i prigionieri nel Castelletto, p. 221 — Persecuzioni contro i nobili, p. 224 — Prime avvisaglie contro il Castelletto, p. 228 — Dichiarazione di guerra alla Francia, p. 229 — Vigoroso assalto al Castelletto, p. 233 — Condizioni della Riviera di Ponente, p. 236 — Paolo da Novi eletto doge, p. 238 — Carattere di Paolo da Novi, p. 240 — Dimostrazione navale del Pre-gent, p. 244 — Il d’Allègre e la Riviera di Ponente, p. 246 — L’esercito francese ai confini della repubblica, p. 247 — Genova si prepara alla difesa p. 2 5o — La Riviera di Levante e i Fieschi, p. 2 52 — L’esercito francese in vai di Polcevera, p. 254 — Jacques la Palice inizia la battaglia, p. 258 — Sconfitta dei genovesi, p. 261 — Ambasciatori genovesi al campo nemico, p. 263 — Giacomo Corso e i genovesi alla riscossa, p. 264 — Notte di terrore e di fuga, p. 266 — Solenne ingresso del re di Francia, p. 269 — Licenziamento delle truppe, p. 271 — Predominio dei nobili; arresti e supplizi di popolari, p. 272 — Il giuramento solenne, p. 273 — Demetrio Giustiniani condannato a morte, p. 277 — Luigi ΧΠ lascia Genova, p. 279 — Nuove prepotenze del Salazar, p. 281 — Ambasciatori al re di Francia, p. 281 — Atrocità dei nobili, p. 286 — Arresto di Paolo da Novi, p. 286 — Morte di Paolo da Novi, p. 289. Indice Generale 709 421 422 424 APPENDICE Cenni critici sul Diario degù anni 1506-07.....Pag. 2g5 Diario degli anni 1506-07 · » 31 3 Documenti : I 11 luogotenente Filippo di Roccabertino concede i due terzi degli offici pubblici ai popolari II — Lettera a Luigi XII, che lo ragguaglia dei fatti avve- nuti in Genova e lo assicura della fedeltà dei cittadini al suo governo ...... Ili — Lettera a Filippo di Cleves di Ravenstein, governatore di Genova, sui primi moti popolari e sulla legge dei (( due terzi »....... ^ Lettera a papa Giulio II sui moti popolari, sulle loro cause e sui provvedimenti presi .... » 426 V Lettera al re Luigi XII per accertarlo della tranquillità di Genova e ringraziarlo della sua buona disposizione verso i popolari......» 428 ^ ~ Lettera al principe Carlo d’Amboise per assicurarlo della tranquillità di Genova e persuaderlo a non muovere verso di essa.......» 430 VII — «Istruzioni a Nicolò Oderico inviato ambasciatore a Luigi XII. — (Congratulazioni pel matrimonio della principessa Claudia — Relazione sui moti genovesi e difesa dei popolari — Invito a far rientrare i nobili in città — Incarichi diversi) . . . » 4) i VIII — Privilegio ai borghi di S. Stefano e di S. Tomaso di avere in perpetuo due rappresentanti in ogni elezione di senatori.......» 440 IX — Invito ai religiosi di Genova di pregare per la pace della città........» 441 X -· Lettera a Nicolò Oderico, ambasciatore alla corte di Francia, con accenni agli ultimi avvenimenti di Genova ed istruzioni in proposito. ...» 443 XI — l ettera a Luigi XII per informarlo dell1 ingresso del governatore in Genova e degli avvenimenti che seguirono, e pregarlo di volere confermare le riforme concesse dal Ravenstein .... » 447 XII — I due commissari inviati a prendere la Spezia annun- ziano il felice esito dell’impresa .... » 45o XIII — Istruzioni a due commissari inviati a Sestri Levante per cooperare alla presa di Chiavari . . » 451 46 7io Indice Generale XIV — Lettere di nomina del capitano generale delPesercito genovese.......· XV — Lettere di nomina del governatore dell’esercito . » 454 XVI — Gian Giacomo Trivulzio esorta gli uomini di Pieve di Teco a serbare fedeltà alla signoria di Luca Spinola........ . » 455 XVII — Risposta degli uomini di Pieve di Teco alla lettera del Trivulzio......· . » 455 XVIII — Lettere del Comune ai commissari alla Pieve . ■ » 4^6 XIX _ Istruzioni ai due nuovi ambasciatori inviati alla corte di Francia. — (Gli oratori dovranno dare notizie dell’ingresso del Ravenstein e del Fieschi in Genova, della cacciata del Fieschi e della sua prepotente condotta — chiedere che per la quiete della città egli sia espulso anche dai suoi castelli — spiegare le cause del ritardo a consegnare le fortezze conquistate dal popolo — seguire una determinata linea di condotta nei rapporti cogli oratori dei nobili — opporsi alla nomina di un « cappellaccio » per governatore — difendere l’editto per il ritorno dei nobili — esporre le ragioni della guerra coltro Monaco — scrutare i sentimenti del re verso Pisa \ e Firenze — trattare alcune questioni dei castelli e spiegare le riforme di governo proposte in Genova. — Seguono altri minori incarichi) . . » 457 XX — Lettera dei commissari alla Pieve in cui si dissuade l’ufficio di Balia dal muovere guerra a Monaco e si consigliano altre meno difficili imprese . . » 470 XXI — Nota delle mercedi dovute agli addetti alle artiglierie » 472 XXII — Lettere di nomina dell’ingegnere del Comune . . » 4y'i XXIII — Supplica di vari sindici della Riviera Occidentale per- chè sia abolito l’officio del capitaneato. . . » 474 XXIV — Lettera del commissario Manuele Canale agli officiali deputati per l’impresa di Monaco. — (Notizie dei primi avvenimenti — Condizioni di Mentone e Roccabruna — La Turbia e Pieve di Teco —Difesa contro le accuse di Agostino Castiglione) . » 476 XXV - Lettera di Alfonso del Carretto al governo di Genova circa la spedizione del duca di Savoia in soccorso Indice Generale 711 di Monaco — Decreto del Senato che raccomanda di usare clemenza ad un servo del signore di Finale arrestato per sospetti.....Pag. 482 XXVI — Lettera di Luigi di Bervey alla Balia di Genova. — (Condizioni del campo genovese — Grave questione delle paghe — Arrivo di 5oo venturieri francesi alla Turbia - Richiesta di munizioni e di uomini — Nuovi reclutamenti di truppe — Notizie varie)........» 483 XXVII — Lettera di Luigi di Bervey alla Balia di Genova.— (Tentativo fallito di avvicinare l’artiglieria alle mura — Istanze per invio di danaro — Cenni di trattative coi venturieri francesi — Richiesta di munizioni e di uomini)......» 488 XXVIII — Lettera di Luigi di Bervey alla Balia di Genova. — (Esito delle trattative coi venturieri francesi — Speranze su di esse riposte — Notizie sulle artiglierie e gli artiglieri - Spese fatte e da farsi — Mentone e Roccabruna)......·' 491 XXIX — Lettera dei commissari al campo, ai deputati per l'impresa di Monaco. — (Tradimento del capitano Famiglia — Minaccie gravi dalla Turbia — Indisciplina nelle truppe genovesi — Richiesta di viveri) » 494 XXX - - Lettera dei commissari al campo agli ufficiali della Balia. — (Consiglio generale al campo — Domande di munizioni, vettovaglie, materiali ed uomini — I monegaschi e le truppe della Turbia con una azione combinata permettono P ingresso di rinforzi in Monaco — Inettitudine delle milizie rivierasche) .........»496 XXXI — Lettera degli Anziani di Genova al governatore di Savona. — (Gravi lagnanze per 1’ agitarsi dei nobili contro l’impresa di Monaco — I genovesi non hanno alcuna intenzione di muovere contro Savona — Dono di tre dozzine di lancioni) . . . » -">01 XXXII — Lettera dei due supremi commissari agli « olim » officiali della Balia. — (Primo bombardamento di Monaco e furiosa difesa degli assediati — I genovesi impensieriti chiedono munizioni, guastatori e bombardieri)............ ; 12 Indice Generale XXXIII — Lettera di Luigi di Bervey agli officiali deputati al- l’impresa di Monaco. — (Cenni sull’infausta gi°r" nata del due gennaio — Gravi cure per le paghe — Richieste di denari, munizioni ed uomini) ■ Pag. 5o6 XXXIV — Lettera dei due supremi commissari agli « olim » of- ficiali della Balia. — Le artiglierie sono rimosse dalle loro posizioni — Incetta di guastatori per ricostrurre i ripari — Truppe genovesi occupano i monti sopra Monaco — Scaramucce coi soldati della Turbia)........n ^09 XXXV — Il Comune chiede al duca di Savoia la restituzione delle merci tolte in Villafranca ad un genovese e gli dà prova che Genova desidera di rimanere in buon accordo con lui......» 51 j XXXVI — Lettera dei due supremi commissari agli officiali della Balia. — (Arresto del maestro bombardiere Ambrogio Gioardo a cui viene sostituito Andrea Merello — Colpe del Gioardo — Arresto di due nobili a S. Remo — La questione del sale da scaricarsi a Mentone — I guastatori) . . . » 514 XXXVII — Lettera ai commissari della Riviera di Ponente con ordine di severissime pene per i disertori dal campo di Monaco........» 518 XXXVIII — I commissari al campo danno notizia delle tristissime condizioni dell’esercito e di una scaramuccia con quei della Turbia.......» 519 XXXIX — Lettera indirizzata al signore di Chaumont da consegnarsi ad Andrea Cicero affinchè questi faccia conoscere alle autorità francesi le cause della mancata ambasceria genovese, presenti le proteste della città per gli eccessi del castellano di Castelletto, procuri di persuadere il Gran Maestro della fedeltà del popolo di Genova alla casa di Francia . . » 52 1 XL — Ordine ai pubblici officiali della Riviera Orientale di espellere tutti i nobili in essa residenti. . . » 525 XLI — Ultimo documento del dogato di Paolo da Novi. Decisione di inviare ambasciatori al campo francese per trattare un accordo......»526 Indice Generale 713 XL1I — Si notifica agli officiali ed ai popoli della Riviera Orientale il ritorno di Genova sotto la signoria del re di Francia e si comanda di portare in città molte vettovaglie........Pag· 527 XLIII — Elenco delle persone che dovettero seguire il re a Milano e di quelle escluse dal perdono generale. » 52 8 XUV — Atto col quale i genovesi promettono di sborsare una somma prestabilita per la costruzione del nuovo castello a Capo di Faro, per la guarnigione e per le galee imposte dal re di Francia . . . »536 XLV — Solenne giuramento di fedeltà al Re — Amnistia generale e nuovi privilegi concessi da Luigi XII ai genovesi........» 533 XLVI — « Nomi di quelli cittadini che furono de fattione li anni de 15o6 e 1507 che fu il viva populo di Genova »......s · » 5 51 XLVII — Famiglie nobili che governarono la città durante la fazione popolare.......» 553 XLVIII — « Conventione del populo di Genova con il signor Petro di Campofregoso ».....” 5 34 XLIX — Cronologia degli avvenimenti più rilevanti accaduti in Genova dal 1087 al 1449.....»557 L — Nomi di alcuni dei prigionieri trattenuti dal Salazar in Castelletto........“ :'<,4 Indici. Avvertenze per l'indice alfabetico dei nomi e delle materie . . » Indice alfabetico..........» 567 Indice generale..........” 7°7 Vedansi retro le aggiunte e correzioni. AGGIUNTE E CORREZIONI % Durante il dogato di Paolo da Novi fu coniato un « Testone » d’argento che ha sul dritto l’impronta di un castello in otto archetti doppi con rose alle punte e la leggenda : Libertas : Populi : Ianve ; sul rovescio l’impronta di una croce in otto archetti doppi con rose e la leggenda : Conraii — Rex Romanor — i c (dalle: Tavole descrittive delle monete della fecca di Genova dal 1139 al iSi4, di Cornelio Desimoni in Atti Soc. Lig. di St. Pat., Voi. XXII). & Oltre alle opere citate che trattano della spedizione di I .uigi XII contro Genova è utile ricordare una « Cronaca di Genova » pubblicata in Parigi nei primi anni del sec. XVI e riprodotta da Vincenzo Promis negli Atti della Società Ligure di Storia Patria, voi. X, nella quale v’ è un capitolo (a pag. 263) intitolato « Du roy loys de France douziesme de ce noni » che tratta della spedizione del re contro Genova, ma non v’ è nulla di nuovo. A pag. 264, 265, 266 si parla de « Lordonnance et police faicte par le roy en la diete ville de Gennes » ove si racconta la cerimonia del giuramento dei genovesi, si fa cenno dei discorsi pronunziati e si loda grandemente la clemenza del re, ma anche qui v’ è poco di interessante. & Rileggendo la copia del Diario Genovese degli anni r5o6 - 07 che si trova alla Biblioteca Beriana nella « Miscellanea di cose riguardanti la storia di Genova » segnata D bis 3. 8. 14, di cui già parlai a p. 299, 3oo e segg. ho trovato la fonte delle notizie date dal Giustiniani (Annali, p. 634) sulla fuga di Paolo da Novi e sul suo arresto. Infatti a p. 53 v., 54 r. della detta copia si leggono le seguenti righe: « Fugito come s’ è detto Paolo da Nove, « s'incarnino verso Bologna con Paolo Battista Giustiniano, ma alla distanza « di poche miglia il Da Nove per frivoli motivi non volle prosseguire ed « entrare in quella. Ritrocesse e si recò a Pisa ove indi prese imbarco soci pra il brigantino d’ un corso detto il Corsetto, stato già di lui soldato, « affinchè lo tragittasse a Roma. Sedotto costui da’ nobili, nè volendo smen-« tire il carattere corso, mediante ottocento scudi lo vendette a Petigioan, « capitano delle galere di Francia ». Raffrontando queste linee con quelle del Giustiniani scorgiamo chiaramente che quest’ ultimo attinse dal Diario. V è però una lieve differenza poiché in queste è detto che Paolo s’imbarcò sul brigantino di Corsetto, mentre il Giustiniani afferma che il Da Novi fu catturato dal pirata corso, durante il viaggio. Aggiunte e Correzioni 715 a p. i5 invece di: i popolari continuavano a occupare la porta del-1’ Arco a p. 22 n. 2, invece di : vedi nota 27 a P· <4 n. invece di : Claudia figlia del re Luigi XII, sposata al duca Francesco di Valois, principe di Angoulème a p. 35 invece di: un figlio di Dorino Gioardo a p. 38 invece di: Fixi di Camogli si legga : i popolari resero la porta dell1 Arco. si legga: vedi pag. 20 n. 1. si legga: Claudia figlia del re Luigi XII, sposata a Francesco dOrleans conte di Angoulème si legga: un figlio de) maestro d'armi Gioardo si legga: Tixi di Camogli rmri\ 9 lnveceLdi: Giorgtodi Moneglia si legga: Gerolamo di Moneglia e si (Ήα ncora. che Gerolamo di Moneglia non fu surrogato da Luigi di ;i'!f j· P°ì n^enzo dOliva ma solo da quest'ultimo. Luit;i di Odone <- odicesimo anziano che manca nella lista degli anziani a p. 38. a p. 38 n. 1 invece di : borghi di S. Stefano e di S. Andrea a p. 45 n. 2 invece di: doc. XXIV a p. 48 n. i invece di: marmariorum a p. 52 invece di : le artiglierie (77) a p. 56 invece di: lendi a P· 97 11. invece di: tues tallis et tallis factionis a p. 112 η. 2 invece di: una lettera spedita in quei giorni al marchese Gerolamo Malaspina dal cognato marchese di Mulazzo a p. 141 invece di: In ultimo riferiva agli Anziani una notizia a P' '74 invece di: Ancoratasi a Savona (’) e invece di: uscissero subito dal territorio (i) a P· i83 n. invece di: (Diario, 22 maggio) a p. 186 invece di: Pietro di Salazar a p. 215 n. 1 invece di: con l’ordine di recarsi a Vienna a p. 217 n. 2 invece di: Cfr. Diario 3 marzo a p. 2j2 n. 2 invece di : e di altri gentiluomini cittadini di Albenga a p. 241 n. 2 invece di : Il Diarista ascrive questa grida all1 11 marzo a p. 244 invece di: convocati per deliberare la spesa di 5ooo ducati si legga : borghi di S. Stefano e di S. Tomaso si legga: doc. XXIII si legga : marinariorum si legga: le artiglierie si legga: leudi si legga : tu es tallis et tallis factionis si legga : una lettera spedita in quei giorni a Gerolamo Malaspina, marchese di Mulazzo, da un suo cognato. si legga: In ultimo riferiva agli officiali deputati all1 impresa di Monaco una notizia, si legga: ancoratasi a Savona (0 si legga: uscissero subito dal territorio (2) si legga: (Diario, 22 gennaio) si legga : Galeazzo di Salazar si legga: con Γ ordine di recarsi a Milano si legga: cfr. Diario 2 marzo si legga: e di altri gentiluomini a cittadini di Albenga si legga : Il Diarista ascrive questa grida all111 aprile si legga : convocati per deliberare la spesa di 5o,ooo ducati 716 Aggiunte e Correzioni a p. 261 invece di: Leonardo Costa-guta a p. 279 n. 3 invece di: « è mezi di io che non è etc » a p. 282 invece di : « Scodella « o piatto in cui vuoisi sia stata posta la testa del Battista a p. 2S6 invece di : Giovanni Maria di Turrio a p. 288 n. 1 invece di: Giustiniani, Annali, voi. II, p. 635 a p. 3o6 invece di : ponte degli Spinola a p. 324 n. 1 invece di : « fascori » a p. >45 invece di : Pantaleo Tontinis si legga : Leonardo Monteaguto si legga: « è mezi 1 o che non è etc. » si legga : « scodella » o sacro catino in cui vuoisi che Gesù abbia mangiato l’agnello nell’ultima cena degli azimi si legga: Anton Maria di Turrio si legga: Giustiniani, Annali, voi. II, p. 634 si legga: ponte dei Cattanei si legga: « faxori » si legga: Pantaleo Tossinis a p. 371 n. i : Dissi che la voce « canioni » contenuta nel testo si usa anche ora per « bravacci, » ma aggiunsi che preferivo interpretarla come « campioni » caporioni popolari. Rileggendo il Diario ho notato che subito dopo a p. 372 si parla di < bravi » e dal contesto appare che siano proprio i « canioni » prenominati. Perciò credo sia meglio attenersi alla prima interpretazione. a p. 375 invece di : havevano fatto scortino a castello, a p. 433 invece di: accedentibusque multis ut sit ad partium favorem, a. p. 493 invece di: mandati ad ipso capitaneo de guaschoni da due. MDCCC et pagato lo resto de ipsa paga al dicto capitaneo ; conve-gnirà distribuire etc. a p. 498 invece di: et di quello a laiornata, se bisognerà ve ne daremo aviso. a p. 5o2 invece di: quel che indicheremo essere più accomodato, a p. 520 invece di: Rafaelo de Techo a p. 549 invece di : Archiepiscopis Senovense et Arelatense a p. 552 invece di: P. Ambr. Boceio a p. 562 : la data 1437 è errata e si deve sostituire con 1436 In questa lista non ho segnato che gli errori più importanti ; il benevolo lettore saprà correggere e perdonare quelli più lievi o più evidenti che non credetti necessario notare. si legga: havevano fatto scortino a Castello. si legga ; accedentibusque multis ut fit ad partium favorem si legga: mandati ad ipso capitaneo de guasconi da due. MDCCC ; et pagato lo resto de ipsa paga al dicto capitaneo, convegnirà distribuire etc. si legga: et di quello a la iornata se bisognerà, ve ne daremo aviso. si legga: quel che iudicheremo essere più accomodato si legga: Rafaelo de Recho si legga: Archiepiscopis Senonense et Arelatense si legga: Pietro Ambrogio Boccio - . ! . _____