. ■ - , ··. ■ ------ - - ATTI . DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME XXXII ROMA TIPOGRAFIA ARTIGIANELLI DI SAN GIUSEPPE Via S. Prisca, N. S. (Colle AvMhio). MCMI. ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME XXXII ROMA TIPOGRAFIA ARTIGIANELLI DI SAN GIUSEPPE Via S. Prisca, N. S. (Colle Aoentino). M C M I. GENOVA E TUNISI 1388-1515 RELAZIONE STORICA DEL SOCIO Avv. EMILIO MARENGO SOTTO-ARCHIVISTA NEL R. ARCHIVIO DI STATO IN GENOVA SEGUITA DA DUE APPENDICI SULLE MONETE E CONSOLI E DA ALCUNI TRA I PIÙ IMPORTANTI DOCUMENTI CON INDICE GENERALE E ALFABETICO LETTERA ALL’ILL.MO SIGNOR PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA MARCHESE CESARE IMPERIALE DI S. ANGELO Illustrissimo Signor Presidente, Ochi giorni prima che il compianto Direttore del nostro Archivio di Stato, Γ illustre Desimoni, mi affidasse Γ onorifico incarico di esaminare i nuovi documenti d’Africa, racchiusi nella busta n. g. 2774 C della sala 58 (1), e riferire sui medesimi, sfogliando io il volume XIX degli atti di codesta On.1" Società, ebbi a notare le seguenti parole, che il Belgrano premetteva alla (1) Questi documenti giacevano sparsi ed ignorati in filze diverse dell’Archivio. Fu soltanto in questi ultimi anni, sotto la Direzione dell’ill. Desimoni, che vennero da me ritrovati, adunati e chiusi nella busta suddetta, nella quale già erano stati riuniti in diversi piccoli pacchi di schede i regesti della raccolta di. Desimoni e Belgrano. Dico regesti perchè gli originali, trovandosi per la più gran parte sopra registri, dovettero lasciarsi al loro posto. Relazione sul Trattato col Sultano d’Egitto del 13 Maggio 1290, pubblicato in quello stesso volume (1). Accennando alla sua pubblicazione il Belgrano diceva « come fosse serbata a far parte di una lunga se-« rie di documenti, riguardanti le relazioni commerciali c «politiche di Genova cogli Stati Mussulmani. È vano — « cosi ei proseguiva — l’esporre come questo disegno, pel « quale il collega Desimoni ed io avevamo in parecchi anni « di pazienti ricerche adunato un buon materiale, non siasi « potuto fin qui mandare ad effetto (2). Troppe altre cure « ed altri uffizi ce ne hanno distolti, forse per sempre; ma « se alcuno s’invoglierà mai di completare le nostre fatiche « e giovarsene a pubblico vantaggio, diciamo schietto che « saremo i primi a rallegrarcene con tutto 1’ animo ». Ricordandomi dunque di queste parole, e tenuta presente l’ampia facoltà che il Comm. Desimoni mi lasciò nel comporre la relazione affidatami, credetti non doti) Vedi Atti della Soc. Lig. di St. P., voi. XIX, p. 163. (2) Vedi memorie progettate negli Atti della Società, voi. V, p. 359, delle quali una buona parte fu di già pubblicata negli Atti medesimi e negli Arcbius de l’Orient Latin, vermi limitare soltanto ai nuovi documenti della busta sopra indicata, ma estendermi altresì a quelli che costituiscono la raccolta (più di 500) accennata dal Belgrano. Venni a ciò indotto dal fatto, che i nuovi documenti si collegano pel loro contenuto con altri della raccolta, e abbracciano la stessa regione e lo stesso periodo storico della maggior parte di questi ; di guisa che, ove non avessi preso in esame e gli uni e gli altri ad un tempo, il mio lavoro sarebbe riuscito troppo sterile. Ma per dilucidare alcuni punti, che i documenti esistenti lasciavano oscuri, occorrevano ulteriori ricerche. Perciò nei brevi momenti che gli altri doveri d’ uffizio mi consentirono mi posi all’opera, e, quantunque dal risultato di essa non abbia ottenuto quanto avrei desiderato, potei nondimeno ritrovare non pochi altri importanti documenti ancora, che aggiunsi alla raccolta. Per quel che riguarda l’estensione del lavoro, mi sono ristretto unicamente allo esame dei documenti che abbracciano il secondo periodo della dinastia dei Re Hafsidi, prendendo le mosse, dopo alcuni brevi cenni introduttivi, dalla espugnazione di Gerba nel 1388 e successiva spe- dizione di El-Mehadia, avvenimenti, che segnano per la loro speciale importanza un’epoca storica. Ciò feci nello intento che le mie fatiche potessero riuscire maggiormente utili, perché il detto periodo è finora assai poco conosciuto, e perchè d’altra parte al medesimo si riferiscono quasi tutti i documenti del nostro Archivio finora adunati. Tralasciai di occuparmi di alcuni riguardanti le pescherie di corallo di Mersa Ί Carcz, nulla di nuovo aggiungendo essi a ciò che in merito alle stesse ebbero a dire, fra gli altri, l’Heyd (i), l’Amari nella sua Relazione sopra i A uovi Diplomi Arabici (2), e recentemente il nostro egregio concittadino F. Podestà nel suo opuscolo La pesca del corallo in Africa nel Medio Evo e i Genovesi a Marsacares (3). È alla suddetta Relazione dell’ Amari 0 più precisa-samente alla lettera di Abu-Abd-Allak-Mohammed, ivi (1) Le colonie commerciali degli Italiani in Oriente nel Medio Evo, trad. da G. Muller; Venezia e Torino, ed. Antonelli e Ba-sadonna, 1866-68; voi. II, pag. 365 e seg. (2) Pubbl. nel voi. V, Atti della Soc., p. 585 e seg. (3) Edito in Genova, Tip. Sordo-Muti, 1897. da lui pubblicata, che fa capo il mio lavoro, il quale così comprende tutto il secolo XV. Rimangono ancora esclusi dal mio studio altri pochi documenti della raccolta : alcuni riguardanti il Telemscn, e il Marocco prima dello smembramento dell'impero al-moade ; e, altri Γ Egitto, poco importanti e in numero finora troppo esiguo. Nel raggruppare insieme i diversi fatti, che risultano dai documenti esaminati, cercai di mettere più in evidenza quelli che mi parvero di una certa quale importanza per chi volesse intraprendere sulla storia delle relazioni della Repubblica di Genova coll’ Africa, e del commercio in genere, studi ampi e particolarizzati. Ebbi cioè semplicemente cura di porre in luce il contributo dato dai documenti del nostro Archivio non ancora o poco conosciuti (di cui alcuni fra i più importanti pubblico nella 2a parte del pres. voi.), non ripetendo, se non in quanto era necessario, cose già note. Non so se sarò riuscito nello intento propostomi. Nondimeno Γ insistenza colla quale il compianto nostro Desimoni mi esortò a dare lettura di questo lavoro alla Società (r) eia raccomandazione interposta presso di Lei, ili. Sig. Marchese, perché lo volesse pubblicato negli Atti, mi confortano a pensare, che le mie fatiche non debbano essere state del tutto buttate al vento. Con questo pensiero affido a Lei, ili. Sig. Presidente, il mio scritto, e la ringrazio. Di V. S. 111. Dcv.rno Emilio Marengo. (i) Ne detti lettura in due tornate, il 2 e il io Febbraio 1899. PARTE PRIMA ESPOSIZIONE STORICA ' ■ ' * ■ __ _ 555Η5Η5Ξ5Ξ5Ε5555Η55Ξ5Ξ55555Ε55555Ε5Ε5Ξ5Ε555Η5Ε5Ε Ynrnnnnmmnnnmnnmmnnnm CAPO I. S r. Divisione politica dell’Africa settentrionale dopo lo smembramento del-Γ Impero degli Al-Mohadi. — 5 2· Breve cenno sul regno degli Hafsidi di Tunisi dalla sua fondazione al re Abul-Abbas-Ahmed. l- — Dallo smembramento dell' Impero degii Al-Mohadi, che abbracciava tutto il territorio dell’Africa settentrionale dall’Atlantico all Egitto, denominato dagli Arabi Magreb (1), si formarono tre grandi Stati Barbareschi : a) ad occidente, Γimpero del Marocco, passato l’anno r2(39 alla dinastia dei Merinidi. (t) Magreb, ossia occidente, così chiamato per la sua posizione ad occidente dell Egitto e degli altri paesi che furon prima sede della potenza e civiltà araba. 11 significato geografico di questo vocabolo, che variò di molto, è limi-tato oggidì alla provincia di Algarve, all’estremità meridionale del Portogallo. Vedasi Dr·: Mas Latrie M. L., Traités de paix et de commerce et docu-menls diveri concernant les relations des Chrcliens avec les ^Arabes de Γ Afrique septentrionale au i\Coven *Age. Introduction bistorique, p. 1. Quest’opera di Mas Latrie, pubblicata a Parigi nel 1866 coi tipi H. PI011, alla quale fu aggiunto e pubblicato un Supplemento (1872, ed. Baur et Detaille), è divisa in due parti, cioè: Introducigli bistorique e Documenti. Della Introduction hist. fu fatta una seconda edizione nel 1896 (Paris, Fir-min Didot) ; ma siccome in essa non son citate le fonti, per maggior comodità degli studiosi mi varrò della prima. — 20 — b) al centro, il regno del Telemsen, costituitosi nel 1235 sotto Li sovranità dei Beni-Zian o Abdel-Oaditi. c) ad oriente, il regno di Tunisi, nel territorio della moderna Tripolitania, Tunisia e di parte cons'derevole dell'Algeria, fra Algeri e Tripoli. Di quest’ultimo soltanto è nostro compito occuparci (2). * *> * 2. — Il regno di Tunisi, comprendente gran parte di quella regione chiamata fino ai nostri giorni d.tgli storici arabi coll’ antico nome romano di Africa (Ifrichieh 0 Africa propria) (3), si formò nell’ anno 1228, allorquando il prefetto di Gabes, Abu-Zecheria-Yahya, investito del governatorato dell’ Ifrichieh con diplom.1 del califfo almohade El-Mamun, scuotendo il giogo di lui, prese a governarlo a suo nome (4). Egli seppe estendere talmente il suo dominio e la sua influenza, da farsi ritenere a quei tempi il più potente signore dell’Africa settentrionale (5); e la sua stirpe, detta dei Beni Hafs o Hafsidi, regnò fino alla dominazione turca, la quale si stabili a Tunisi definitivamente l’anno 1573 (6). Rimando pertanto a quest’opera per ciò che riguarda la storia delle relazioni fra Genova e Tunisi anteriormente all’ epoca da cui ha principio il mio lavoro. Per la Bibliografia in genere vedasi poi quanto scrive Amari, huovi Diplomi Arabici in Atti della Società Lig. di Storia Patria, Voi. V, pag. 5f4 e seg. (2) Mas Latrie, Traitis et;., lntrod. bislor., p. 169. Hf.yd Guglielmo, Le Colonie Commerciali degli Italiani in Orunte nel Diiedio-Evo, trad. dal prof. G. Mailer, Venezia e Torino, G. Antonelli e L. Ba· sadonna, 1866-68, Voi. II, p. 345. t3) Nel trattato conchiuso dalla Francia col bey Hussein Pascià, 1’8 agosto 1830, la Reggenza di Tunisi è designata col nome tradizionale di reame d’ Africa. (4) Ibk-Kaldòx, Hisloire des ‘Berberes, trai, par le ‘Haron di Siane, toni. II, pag. 299 e s. Mas Latrie, Traitis eie., lntrod. hist., p. 76 e s. (5) Heyd, Op. cit., Voi. II, pag. 345. (6) Mas Latrie, Trésor de Chrenologie d'Histoire et de Giographu, Paris, V. Palme, 1889, col. 1837. — Vedi pure Traiti: etc., lntrod. histpag. 34°· — 21 — Dopo la morte di Abu-Zecheria-Yahya, lo Stato di Tunisi o d'Ifrichieh andò soggetto a diverse vicende politiche, passando, per una grai parte, dallo splendore cui lo aveva innalzato il suo fondatore e il successore di lui Abu-Abd-Allah, attraverso a fasi alternative di oscurità (7) e di luce (8), fin sotto 1’ antico dominio del Marocco, colla conquista operatane 1’ anno 1357 dall’ imperatore merinida Abui-Hasen (9). Ma un principe della nuova stirpe degli Hafsidi, abile e fermo, prevalendosi delle condizioni disagevoli in cui versava il Marocco per le guerre civili che lo travagliavano, e delle stesse condizioni politiche del regno di Tunisi, ove i ministri dominavano il sovrano e scontentavano il popolo, cominciando col sottomettere i principi minori di Costantina e Bugia, venne poco a poco ristabilendo il regno degli Hafsidi in tutta la sua primitiva estensione e prosperità, governandolo per lunghi anni (1364-1394) con molta saggezza ed energia. Fu costui il re Abul Abbas-Ahmed. nipote di Abu-Bekr (10). (7) Le discordie nella famiglia degli Hjfsidi portarono ad una separazione della pjrte occidentale del regno, colla capitale Bugia, (corrispondente presso a poco al territorio della moderna Algeria) dalla rimanente, colla capitale Tunisi (1283-1318). — Vedi Ibn-KaldOn, Histoire des Birb'eres, trad. par Siane, toni. 11, pag. 392, 394, 396, 399. (8) Sotto il regno di Abu-Yahya-Abu-Bekr (1318-1346). (9) Mas Latrie, Trailès ecc. lntrod. bis/., p. 228 e seg. (10) Mas Latiue, Op. cit., pag. 230 e seg. . ' - ______ - CAPO II. 1388-1397. § i. Sviluppo della pirateria in Africa nella 2a metà del sec. XIV ; sua organizzazione. — §2. Conseguenze della pirateria. Guerra dei Genovesi contro il Re di Tunisi. Presa di Gerba. Spedizione di El-Mehadia. — ,,5. Invio a Tunisi di ambasciatori genovesi. Trattato del 1591 e posteriore sua conferma 0 rinnovazione. r. — La potenza che Abul-Abbas-Ahmed acquistò al suo regno si manifestò sopratutto con una rtcrudescenza della pirateria nel Mediterraneo e presso le coste e le isole d' Europa, con grandissimo danno delle nazioni cristiane e specialmente delle Repubbliche italiane, che avevano il predominio nel commercio marittimo (11). Ne fa testimonianza lo storico Ibn-Khaldun (circa l’anno 1382), il quale ci di sull’ organizzazione della pirateria a quei tempi le curiose notizie che riporto qui appresso. Egli, dopo averci detto che la sede della pirateria organizzata era Bugia, cosi continua : « La corsa si fa nel modo seguente : Una società più o meno « numerosa di corsari si costituisce; essi fabbricano delle navi e « scelgono per equipaggiarle uomini di provata bravura. Questi « guerrieri muovono a fare sbarchi sulle coste e sulle isole abitate « dai Franchi ; vi giungono all' improvviso e portati via tutto « quanto lor capita sotto mano: assalgono anche le navi degli « Infedeli; sovente se ne impadroniscono e tornano a casa loro « carichi di bottino e prigionieri. In questa guisa Bugia e gli « altri porti occidentali dell’ impero hafsida si empiono di prigioni) 1-Iiìyd, Op. cil., voi. II, pag. 555. « nieri ; le strade risuonano del rumore delle loro catene, special-« mente quando questi sventurati, sotto il peso dei ferri che li « opprimono, si spargono qua e li onde recarsi al lavoro gior-« naliero. Il prezzo del loro riscatto è fìss.uo ad un tasso così « elevato, che difficilissimo e spesso impossibile riesce il soddi-« sfarlo » (12). * * -· — appunto l'aumentata frequenza delle navi pirate nel Mediterraneo e sulle coste di Corsica, di Sicilia e della penisola italica, cui s aggiunsero numerose difficolti incontrate dall’ ambasciatore genovese Federico Lecavello nella conclusione di un trattato nel 13S3 (13) pel riscatto di prigionieri, il motivo che indusse il Doge Antoniotto Adorno di Genova, dopo fatta la pace coll’ Aragonese, ad allearsi coi Pisani e Siciliani per mandare una flora contro i Musulmani di Tunisi. I Pisani intervennero con cinque galee comandate da Francesco Orlandi, la Sicilia con tre «aleone ayli ordini dell1 ammiraglio OO Manfredo de’ Chiaramonti eJ i Genovesi con dodici ga'ee, delle quali ebbe il comando Raffaele Adorno, fratello del Doge. Le operazioni di guerra furono iniziate secondo le mire particolari della Sicilia, dirette alla riconquista dell’ isola di Gerba, che gii era stata in potere suo dal 1311 al 13 3 5. L’isola venne presa (giugno 1388) e taglieggiata ; e i Genovesi, abbandonando su di essa ogni pretesa, dietro una indennità di 36000 fiorini, la cedettero al Chiaramonti, che ne ebbe, in nome della regina Maria di Sicilia, la signoria (14)· Ma le ostilità non erano per ciò finite. — Non ostante questo (12) Ibn-Khaldun, Hist. des Btrbires trud. par Siane, t. HI, pag. 117. (13) Questo trattato del 18 agosto 1383 non è stato an:ora rinvenuto : di esso è cenno in posteriore trattato del 17 oli. 1391, di cui a nota 17. (14) Giorgio Stella, ιΑίιιλΙ. Gen. presso Muratori, %erun Italie. Script·, tomo XVII, col. 1128. Giustiniani, Annali della Rep. di Gai., Genova, Ferrando, 183 5, voi. Π( p. 163. — 25 — successo, il pericolo per la navigazione non era stato rimosso, e assai ne soffriva la prosperità commerciale della Repubblica ; la quale, non potendo rassegnarsi a un risultato si meschino, si accinse a preparare una spedizione più considerevole. Ma, sia per i torbidi interni che l’agitavano, sia per la sicurezza del commercio, non ritenendo cosa prudente sobbarcarsi da sola a tanta impresa e dislo-gare così troppe forze per mandarle in regioni lontane, pensò di accordarsi con Carlo VI, re di Francia, cui sempre era stata amica, e d'indurlo in suo aiuto; e a tal fine, nel successivo anno 1389, mandò a lui ambasciatori. Carlo VI, sebbene avesse allora con-chiuso una tregua di tre anni col re d’Inghilterra, si mostrò assai titubante ad accogliere le proposte dei Genovesi ; ma poco a poco vinto dalle insistenze del Duca di Borbone Luigi II di Clermonr, suo zio materno, caldo fautoie dell’impresa e interprete eziandio dei sentimenti della Corte, finì col lasciarsi persuadere, ed assicurò pii ambasciatori della Repubblica di un pronto soccorso. La decisione del Re fu accolta con giubilo dai cavalieri franchi, tornati poco prima da una spedizione contro i Mori di Spagna. Eran dessi pronti sempre quando potevano trovare occasione di combattere, e principalmente poi contro gl’ Infedeli, che assai di frequente commettevano atti di preda sulle coste di Provenza. E cosi più di 1000 fra cavalieri e scudieri di ogni parte di Francia, tra i quali pure alcuni inglesi capitanati da Giovanni Beiforte, conte di Derby, convennero a Marsiglia, luogo di riunione e di partenza, e colà si aggregarono al corpo di spedizione genovese, forte di 20000 uomini, Foglietta, Istorie di Genova trad. dai Serdonati, Genova, Bartoli, 1 >97-> p. 348. Rainaldi, Annali, XXVI, 505 e seg., 514 e seg. Mas Latrie, Op. cil., pag. 259 e seg. Heyd, Op. cil., voi. II, pag. 355 e seg. Circa l’intervento pisano confrontisi Stella, col. 1128, e Amari, Diplomi mirali, p. 318. La questione derivante da tale confronto sirisolve coll’esame dei regesti presso Mas Latrie, Trailès ecc., Documents, p. 129. Venezia, invitata da Genova a concorrere nella spedizione, con molto discernimento si limitò a promettere P invio di 5 galee, che però non mandò. (Mas Latrie, Trailès ecc., Doeuments, p. 129). — 26 — che fu posto agli ordini supremi dello stesso zio del Re, il Duca di Borbone. Sorvolo qui su tutti i particolari di questa spedizione, sui preparativi, sul viaggio della flotta, sulle operazioni militari che ne seguirono, avendone trattato ampiamente e con penna maestra Γ ili. De-laville de Roulx nella sua bellissima opera « La France en Orient au XIV siede «.Ricorderò soltanto come nel cuore dell’estate del-1' anno 1390 gli alleati, capitanati per mare da Giovanni Centurione, parente del doge Adorno, facessero vela pel porto di El-'Mehadia, l’antica capitale dei Ziridi, detta dai Cristiani a quei tempi Africa (15). Questa città, per la sua posizione sopra una penisola, essendo una delle più forti dell’ Africa settentrionale, poteva fornire una eccellente base di guerra per gli alleati e sul mare e sul continente. La difficoltà stava nell’ occuparla, poiché i Mori, che ne conoscevano tutta P importanza, avevano avuto cura di fornirla di abbondanti provvisioni e di rinforzala. Nondimeno le operazioni cominciarono assai felicemente collo sbarco degli alleati, i quali, mediante la costruzione di opere di difesa sull’istmo della penisola, riuscirono a tagliare le comunicazioni fra il continente e la città. Ma il blocco di El-Mehadia, incominciato sotto auspici così favorevoli, non portava tuttavia ad alcun utile risultato. L’ abilità dimostrata dai Mori al comando di Abu-Fares, figlio del re, i quali con vigorosi e frequenti attacchi alle spalle non davano tregua agli Occidentali, la noncuranza e la discordia tra i capi di questi ultimi, i grandi calori estivi e il timore di dover passare i cattivi tempi di autunno, senza alcun rifugio, colle loro navi sulle coste d Africa, indussero i Genovesi, dopo due mesi d’ assedio, ne’quali non avvenne che 1111 solo notevole assalto, a deporre le ostilità e a negoziare le condizioni della ritirata, che, d’accordo coi Francesi, loro alleati, compievasi verso la fine di settembre di quello stesso anno (16). (15) Vedi Aliante Luxoro, pubblicato e annotato da Cornelio Desimoni e L. I. Belgrano, negli Atti della Società Ligure di Storia Talria, voi. V, p.ig. 63, e Nuovi Studi Sull'Atlante Luxoro per C. Desimoni in detto voi., pag. 210. (16) Froissart, Chroniques, lib. IV, cap. 13,15,17, ed. Buchon, t. XII, p. 174 e seg., 240 e seg., 299 e seg. ~ 27 — * * * 3· — I ale insuccesso degli Occidentali aveva giustamente inorgoglito il .fiero animo di Abul-Abbas-Ahmed, il quale, conoscendo le condizioni politiche in cui trovavansi gli Stati cristiani, e so-pratutto Genova, per le lotte intestine che l’agitavano, si proponeva di sfruttare a suo vantaggio la situazione di quella Repubblica. — I Genovesi, d’altra parte, vedendo il loro commercio non poco inceppato dalle turbolenze del loro Stato, e dalla pirateria, che la recente guerra aveva in modo straordinario alimentato, anelavano al momento di poter dare uno stabile assetto ai loro affari, in maniera da ritrarre da uno stato di pace durevole quel benessere, che da parecchio tempo veniva loro man mano scemando. A tale scopo mandarono, nel 1391, ambasciatore presso Abul-Abbas-Ahmed, il nobile Oliviero de Martini, il quale, dopo aver eseguito 1 incarico, lasciò Tunisi, per far ritorno a Genova, 1 ' 8 luglio di quello stesso anno (17). Nessun documento ci è rimasto sulle condizioni da lui pattuite con quel Re; ma non v’ha dubbio che il fine della sua missione Stella, Annali Gin. presso Muratori, %er. Italie. Script. XVII, 1128 e seg. Ibn-Khaldiìn, Op. cit., Ili, p. 118 e seg. Giustiniani, Annuii, ed. Ferrando, Genova, 1835, voi. ΙΓ, p. 163 e segg. Foglietta U., Op. cit, p. 348 e seg. Chazaud A. Μ., La Cbronique du bon due Loys dt Bourbon (scritta probabilmente da J. de Chàteaumorand), Paris, 1876, p. 218 e segg. Bellaguet, Cbronique du Religieux de Saint D.nis, Paris, 1839-52, I, p. 648 e segg. Juvenal DES Ursins J., Histoire de diarie VI, nella nuova collezione delle Mémoires pour servir à l'bist. de l·rance, ed.Michaudet Poujoulat, Paris, i1 serit, t. II, p. 383 e seg. Heyd, Op. cit., voi. II, p. 3/5 e seg. Mas Latrie, Trailès ecc. Inlroduclion bistorique, p. 240 e seg. Delayille Le Roulx J. La France en Orient au XIV siede ; Expeditioris du Marécbul ‘Boucicaut ; Paris, E, Tliorin, 1886, t. I, p. 166 e seg. (17) Archivio di Stato in Genova — Materie politiche - Trattato 17 ottobre 1391, pubblicato da Mas Latrie, Trailès ecc., ‘Doctunents, p. 130. fosse quello ili intavolare negozi per addivenire poscia alla conclusione definitiva della pace (iS); e di fatti il 2 di agosto di.quell’anno il Doge Antoniotto Adorno affidava a Gentile de Grimaldi e Luchino de Bonavey il mandato di recarsi a Tunisi, in ambasceria presso il Re, per istipulare un trattato di pace e ottenere la liberazione dei prigionieri catturati in occasione della recente guerra 0 per accidenti di corsa (19). — Il 31 di agosto i suddetti ambasciatori giungevano a Tunisi, e il 17 ottobre concludevano col capo della dogana, rappresentante del re, il trattato (20), che, per le dure condizioni imposte ai Genovesi nella parte relativa alla liberazione dei prigionieri, comprova quanto si è osservato in principio di questo paragrafo (21) Fu una rinnovazione del trattato concluso otto anni addietro, il 18 agosto 1383, dall’ambasciatore genovese Federico Lecavello ; ma si aggiunsero però alcuni capitoli intorno alla liberazione dei prigionieri e al regolamento dei debiti. Rispetto alla liberazione dei prigionieri doveansi pagare doppie 16000 (22) pel riscatto dei Genovesi, maschi, femmine 0 ragazzi, che erano stati presi anteriormente alla partenza dell’ ambasciatore Oliviero de Martini, vale a dire fino all’ 8 luglio 1391. Posteriormente a tale epoca sino al 31 di agosto, data dell’arrivo dei secondi ambasciatori Gentile de Grimaldi e Luchino de Bonavey, avrebbesi dovuto invece soddisfare al pagamento di una certa somma per ogni capo. La qual disposizione era contraria a quella di altri anteriori trattati, secondo i quali era stipulata la libera e immediata consegna degli schiavi presi, non sì tosto le potenze contraenti potessero avere (18) Mas Latrie - 'Trailès ecc., lntrod. hist., p. 243. (19) Arch. Di Stato in Gen. - Diversorum Communis; fogliazzi, filza i“; mandato 2 agosto 1591. (20) Arch. di Stato in Gex. - Mal· poi. - Trattato cit. a nota 17. (21) Le poco benevoli disposizioni del Re di Tunisi verso i Cristiani, dopo il fatto di El-Mehadia, sono confermate eziandio da ciò, che i Pisani, alleati di Genova in quella impresa, verso l’anno 1393 aveano mandato a Tunisi 1 ambasciatore Niccolò Lanfreducci per conchiudere essi pure la pace; ma nulla ottennero fino al 14 dicembre 1397, epoca in cui Abu-Fares, figlio e successore di Abul-Abbas, acconsentì finalmente a suggellare coi Pisani Γ antica amicizia. (Vedi Mas Latrie, Trailès ecc., Inlrod. hist., pag. 243). (22) Vedi Appendice I, Cenno sulle monete. — 2 q - azione contro i detentori di essi schiavi (23). Inoltre la Repubblica avrebbe dovuto restituire senz’ a'cuna indennità e senza distinzione tutti i prigionieri saraceni, dietro promessa del Re di rilasciare per ogni saraceno liberato un cristiano prigioniero nelle terre di sua giurisdizione o a lui sottoposte (24). — Gentile de Grimaldi e Luchino de Bonavey trovavansi ancora a Tunisi Γ anno successivo (marzo 1392) (25), ove pare fosse tornato Oliviero de Martini, molto probabilmente per attendere alle ultime formalità della pace e al regolamento dei conti (26). Cosi dunque i rapporti fra Genovesi e Saraceni erano nel 1392 intieramente ristabiliti. Nell anno 1397 venne dato incarico al genovese Carlo Grillo di recarsi ambasciatore presso il Re Muley Buffers (27) — secondo il documento — per confermare, ratificare e approvare 0 rinnovare, ove fosse occorso, il trattato di pace del 17 ottobre 1391, e per ottenere la liberazione dei prigionieri fatta nel frattempo, nonché il risarcimento dei danni per le prede commesse contro i Genovesi dai sudditi di esso re (28). Tali istruzioni, date a Carlo Grillo il 14 marzo 1397, e c'10^ negli ultimi giorni del governatorato di Anto-niotto Adorno, furono rinnovate successivamente il 16 maggio dello stesso anno dal nuovo governatore di Genova Valerando di Lucem-burgo, conte di San Paolo e di Ligny (29). (23) Per quel che concerne le disposizioni dei trattati anteriori vedasi nota 63. (24) Arch. di Stato in’ Gen. — Mulerie politiche - Trattato 17 ottobre 1391, già cit no. (25) Arch. di Stato in Gen. — Diversorum Communis, fogliazzi, filza r’ — Ricevuta 18 marzo 1392 di Ilario Lecavello per la somma di dopp:e 25000 da rimettersi agli ambasciatori Gentile de Grimaldi e Luchino de Bonavey pel riscatto dei prigionieri. (26) Mas Latrie, Trailès ecc., lntrod. hist., pag 243. (27) Mania in lingua araba vuol dir « signore » e Maulei « mio signore » ; Mulana o Maulana « nostro signore ». — Buffers, invece di Abu-Fares (Azuz). - Abu-Fares-Azuz, figlio di Abul-Abbas-Ahmed, succedette a suo padre l’anno '394 (796 dell’ Eg.) ; regnò fino alla morte, avvenuta il 18 luglio 1434. (28; Vedi Parte II del presente volume, Documento I. (29) Doc. I, nota I. — 31 — CAPO III. 1397'1421 § i. Condizioni politiche di Genova alla fine del sec. XIV. Loro influenza nelle relazioni con Tunisi. Fatti diversi. — § 2. Relazioni di Genova col Re di Tunisi sotto Buccicaldo e successivamente fino alla dominazione di Filippo Maria Visconti. i. — La seconda metà del secolo XIV, come per tutte le Repubbliche italiane in generale, segna anche per la genovese un momento storico dei più caratteristici ed importanti. — Le lotte sostenute fra i nobili e la plebe dapprima, 1’ esclusione di essi dal governo più tardi, e le discordie scoppiate da ultimo fra i popolani stessi, capitanati dagli Adorno e dai Fregoso, avevano prodotto un generale turbamento negli affari privati dei cittadini della Repubblica, i quali vedevano la sicurezza delle sostanze loro e dei loro commerci in continuo pericolo. Da qui un vivo malcontento ed uno scoramento, che, riflettendosi sugli ordini dello Stato, ne diminuiva lo spirito e la forza. — Così Genova, stanca ed estenuata dalle lunghe lotte civili, che pur troppo non erano ancora cessate, si assoggettava, il 25 ottobre 1396,3! dominio di Carlo VI, re di Francia, sperando ritrovare nel governo straniero 1’ antico benessere, che il governo patrio non aveva potuto 0 saputo conservarle (30). (30) Indi il 4 di settembre 1409 i Genovesi, scosso il giogo di Francia, si danno alla signoria del Marchese di Monferrato. Il 20 marzo 1413 insorgono contro gli ufficiali di lui e poco dopo ristabiliscono il dogato. Vedansi gli storici genovesi, e in particolar modo, sulle prime vicende della dominazione francese a Genova, il bel lavoro di E. Jarrv, Les origines de la dpminalion fran;aise a Génes (i3<)2-i402), Paris, A. Picard et fils, 1896. Se la cattiva riuscita della spedizione di El-Mehadia avea recato gran pregiudizio ai Cristiani in generale nell’ opinione dei Musulmani (31), tanto più siffatto pregiudizio dovea aggravarsi rispetto ai sudditi della Repubblica, date le tristi condizioni politiche or.i accennate. Navi pisane e genovesi venivano fermate dai corsari di Tunisi, cresciuti in audacia, i quali imponevano ad esse un forte dazio, per modo che le mercanzie di Damasco, del Cairo, di Alessandria, di Napoli e di Genova stessa diventavano assai rare nelle Fiandre, e specialmente le droghe (32). Cosi pure, non ostante la pace conclusa nel 1391 e confermata 0 rinnovata nel 1397, di cui ho detto precedentemente (Cap. ΙΓ, § 3), avveniva certo fatto da non potersi qui passare sotto silenzio. Quattro galee genovesi verso la fine del 1398 erano state armate e spedite, sotto il capitanato di Giorgio Granello, a difesa delle terre della Repubblica in Levante. Durante la navigazione una di esse, contro volontà dello stesso capitano, crasi staccati dalle altre onde poter percorrere il marea suo maggior piacimento. Le tre restanti, che invece navigavan di conserva, incontrate presso le coste di Sicilia due galee e due galeotte del Re di Tunisi, le quali avevan fatto gran preda nell' isola, furono da queste improvvisamente assalite. I Genovesi, quantunque inferiori di numero, non indietreggiano, e impugnata la spada e la lancia, senza corazza e senza scudo, scagliansi audacemente contro i Mori. Una delle galee, patroneg-giata da Paolo di Montaldo, figlio del doge Leonardo, al primo impeto delle navi nemiche irrompe in mezzo ad esse; ma i Mori, non ostante 1’ attacco violento delle balestre operato contro di loro dalle altre due navi della Repubblica, rispondono con gran vigore, ed alcuni, anzi, riusciti a metter piede sulla nave Montalda, ne ricacciali 1' equipaggio sin oltre la metà .del porne. Un Moro, fra Γaltri, battendosi da leone e menando colla scimitarra colpi terribili a destra e a manca, fa- (31) Heyd, Le colonie comm. degli Italiani in Oriente, voi. II. p. 557· (}2) Froissart, tomo XII, lib. IV, pag. 308 e seg. — 33 — ceva gran danno ai Genovesi. A quel punto il Montaldo, che giaceva malato con febbre, alzatosi e brandita la spada, slanciasi fra i combattenti, e, tanto sa animarli e coU’esempio e colla parola, che i Mori, sopraffatti, cominciano a retrocedere. Frattanto un Bisagnino, che erasi spinto innanzi contro quel Moro ardito, assestatogli un poderoso fendente, spiccagli il braccio e il capo. L’atto valoroso viene a decidere della vittoria: i Mori sono respinti, e i prigionieri siciliani, con grande esultanza deJa patria loro, rimessi in libertà. I Genovesi, quantunque non fossero punto colpevoli e avesseio vinto difendendosi, nondimeno, stando loro a cuore il mantenimento della pace, stimaron conveniente presentare scuse al Re per aver uccisi o fatti prigionieri in quello scontro alcuni sudditi suoi (33). — Le scuse però a nulla valsero, e il Re di Tunisi confiscò tutti gli averi e tutte le mercanzie dei Genovesi, di cui gli fu dato d’impadronirsi. II governo della Repubblica deliberava allora (7 marzo 1399) di mandare un ambasciatore a Tunisi, ed eleggeva all uopo il nobile Federico Lecavello, lo stesso che avea concluso il trattato del r8 agosto 1383 (Cap. II, § 2. e 3.), affinchè procurasse di ottenere la liberazione dei prigionieri e la restituzione delle merci, e, il 12 marzo ordinava all’Ufficio del Mare di costringere, ad istanzi del Lecavello, i sudditi genovesi aventi mercanzie o beni nel regno di Tunisi a contribuire nelle spese necessarie all' invio di quell’ambasciata (34). (35) Stella presso Muratori, Rerum Ital. Script., voi. XVII, col. 1167. Giustiniani, Annali dilla Rep. di Genova, ediz. cit., voi. II, p. 207. Foglietta, Istorie di Genova trad. dal Serdonati, ediz. et, pag.na (34Ì Arch. di Stato in Gen. - Libri Diversorum, n. 5 ; carte 67 e 72, . 1399, 7 * 12 Il Lecavello a 24 marzo, c. 25I an. 1399, 7 e 12 marzo. Il Lecavello andò a Tunisi colla nave di Riardo Centurione (Reg. cit., — 34 — La mancanza di documenti non ci acconsente di fornire ulteriori notizie sull’esito di detta ambasciata, e così pure ci lascia al buio sui fatti, che possono essersi svolti di poi fra il regno di Tunisi e la Repubblica, sotto il governo del maresciallo francese Bue-cicaldo e del marchese di Monferrato. Ma poiché, per quanto riguarda la stoiia dei singoli avvenimenti, se pur ne seguirono di veramente notevoli, non è possibile finora dissipare le tenebre che ci avvolgono, vediamo se un raggio di luce riflessa può lasciarci intravedere quali fossero in detta epoca, nel loro complesso almeno, le relazioni fra i due Stati. * * * 2. — Buccicaldo nella compilazione dei nuovi codici e nell’ordinamento delle vecchie leggi non aveva dimenticato, che dal mare Genova traeva i maggiori proventi e le fonti della sua ricchezza ; e perciò aveva dedicato una speciale cura alla legislazione marittima della Repubblica. Poco o nulla però si sa dell’ opera sua per quanto si riferisce al commercio di Genova coll’Africa. La sua ambizione, più che gli interessi dello Stato, lo aveva indotto ad una spedizione nel Levante contro il Re Giano di Cipro. Conclusa la pace con quel Re (7 luglio 1403J, da cui ottenne anzi promessa di un soccorso di navi, Buccicaldo rivolse tutte le sue forze contro i Saraceni. Navigò egli dapprima in Egitto per prendervi Alessandria, ma nulla potè compiere a cagion del vento e delle correnti contrarie, che gl’impedirono di approdare; cosicché, rinunziato a questo suo primo progetto, addrizzò la sua flotta sulle coste di Siria e principalmente di Tripoli. Ivi giunge rapido favorito dal vento, sbarca e dà battaglia ai Musulmani per impadronirsi di quel porto; battaglia, sull’esito della quale si hanno dagli storici notizie assai contradditorie. Tornato a bordo dei suoi vascelli, ripreso il mare, saccheggia prima Botrun, fa ricco bottino a Bairhut (8 ag. 1403), rimasta in sua balla per la fuga degli ahi- — is- tanti atterriti; sbarca indi a Sagetta (35) (12 ag.), ma è costretto dal nemico a ritirarsi, e, tenta allora invano d'impadronirsi di Laodicea, a nord di Tripoli (circa fine ag.). Ma, dopo tante avventurose imprese, osteggiate continuamente dagli intrighi degli emuli Veneziani, essendo la sua flotta decimata dai feriti e dalle malattie, egli trova opportuno rifuggirsi a Rodi (sett.), donde finalmente si decide a far vela per Genova (36). Non è nostro compito proseguire intorno alle vicende cui la flotta di Buccicaldo dovette suo malgrado sottostare pria che potesse effettivamente tornare in patria, e dire così della battaglia sostenuta a Modone (7 ott. 1403) contro la flotta veneta al comando di Carlo Zeno (37). Per noi basterà aggiungere come Buccicaldo non avesse rinunziato al progetto di una seconda spedizione contro i Saraceni d' Egitto, particolarmente contro Alessandria, nè mai avesse desistito di combatterli ove l’opportunità se ne fosse presentata (38), per poter comprendere quali conseguenze dovessero aver prodotto per riflesso le accennate imprese di Buccicaldo nelle relazioni della Repubblica con i Saraceni di Tunisi, tanto più se si tien conto che esse avvenivano pochi anni dopo il fatto che avea provocato l’invio a Tunisi dell’ambasciatore Federico Lecavello, di cui ho detto nel paragrafo precedente. Da tuttociò adunque concludendo, ci par di essere nel vero con ritenere che le relazioni diplomatiche della Repubblica col Re di Tunisi sotto il governo di Buccicaldo fossero molto tese, se non (35) Sageita o Sayetta, oggi Saida, l'antica Sidone. (36) Intorno ai particolari di queste imprese di Buccicaldo d’Africa e di Siria, da me appena accennate, veggasi la bellissima opera di J. Delaville Le Roulx intitolata «La France en Orient au XlV'siècle. Expeditions du Maré-chal Boucicaut a; Paris, E. Thorin, 1886; voi. I., libro V, cap. IV, pag. 436-446. (37) Vedi Opera citata a nota precedente, voi. I, lib. V, pag. 447-457. (38) Su questo secondo progetto e spedizione contro i Mori d’Egitto dà pure interessanti notizie il già citato Delaville Le Roulx, voi. I., lib. V., cap. XI, pag. 505-512 del tutto rotte, siccome anche parrebbero essere state sotto il dominio del marchese di Monferrato e indubbiamente lo furono più tardi nel 1425 (39). Il che si vedrà in appresso. (59) Nei registri Litterarum (copia—lettere) conservati nel nostro Archivio, i quali hanno principio col 1411, non si trova fino al 1427 alcuna lettera de! governo di Genova al Re di Tunisi, a consoli genovesi o ad altri colà residenti. Cosi pure nessun documento riscontrasi nei Libri Diversorum dal 1404 al 14-23· Dal 1399 ai !4°4 n°n esiste in questi codici che un solo documento (pubblicato da N. Jorga nella %cvue de l'Orient Latin, Paris, Leroux, voi. IV, p. 276 e più recentemente nel suo estratto ‘Motes et extraits pour servir à l'histoire de Croisades au XV* siicle; Paris, Leroux, 1899, voi. I, p. 144), il quale ci attesta l’elezione di Battista Imperiale a console di Tunisi, avvenuta il 19 nov. 1404. Tale silenzio dei nostri documenti mi pare confermi la opinione da me sopra espressa. — 37 — CAPO IV. 1421-1436 § r. Governo di Filippo Maria Visconti, signore di Genova. Invio a Tunisi di ambasciatori e ristabilimento delle relazioni con quel Re. — ^ 2. Difficoltà per la conclusione di un trattato definitivo di pace e rinnovazione generale dei trattati. Fatti relativi. Risoluzione di tali difficoltà. Andrea De Mari console e ambasciatore a Tunisi. Sue istruzioni. Conclusione di un trattato nel 1433· Contenuto di questo trattato. Nuovi disaccordi col Re di Tunisi. — § ?. Considerazioni. i. — Filippo Maria Visconti, duca di Milano, il quale, per l’abdicazione del Doge Tomaso Fregoso, nel 1421 ottenne la signoria di Genova, lacerata dalle discordie, al pari di Buccicaldo fu portato dall ambizione di far pompa della sua potenza a curarsi, piuttosto che degli affari interni, di quelli esterni della Repubblica. — Molti erano allora gli schiavi genovesi, che da tempo languivano nelle prigioni di Tunisi, e il farli liberare costituiva non solo un dovere per il nuovo signore di Genova, ma un atto bensì di avvedutezza politica. A raggiungere siffatto scopo si comprende come la Signoria il 15 novembre 1423 vietasse rigorosamente con proclama a tutti i cittadini della Repubblica di mercatare nei luoghi sottoposti al Re di Tunisi (40); ma frattanto, in previsione degli effetti, (40) Arch. di Stato in Gen. - ϋί'versorum Comm., Fogliazzi, Frammenti dei Cancellieri Tomaso di Credenza e Iacopo de Bracelli, num. gen. 3135.-Libri Diversorum, reg. 12, n. g. 507, fol. 127, Proclama, pubblicato da Jorga, %evue de l'Orienl L., voi. V, pag. 150; Notes et extraits pour servir à l’histoire des Croisades ecc., voi. I, pag. 349. che simile disposizione avrebbe potuto produrre sull’animo di Abu-Fares, si apparecchiasse a riscattare i prigionieri, sia col danaro, sia colla restituzione degli schiavi mori in mano dei Genovesi (41). Nel dicembre del 1425, infatti, il Duca di Milano, signore di Genova, mandò a Tunisi Cambio Bolognese ed Urbano di S. Alosio (42) con due navi, patroneggiate, l’una da Filippo de' Vivaldi, l’altra da Tomaso Squarciafico ; la Repubblica ancora inviò Ambrogio Spinola q. Antonio. Questi tre ambasciatori furono accolti dal Re con molto favore, e si detennero in quel paese per lo spazio di cinque mesi, tornando indi in patria con la maggior parte dei prigionieri ch’erano andati per riscattare (43). Il 17 maggio 1427 il governo di Genova, con espressioni di amicizia che lasciavano scorgere la soddisfazione sua per la concessa liberazione, notificava a quel Re l’avvenuta nomina di Niccolò Bracelli a console in Tunisi (44), in successione di Guirardo Gentile (45). (41) Arch. di Stato in Gen.—Libri Diversorum, reg. 13, n. g. 508, doc. 30 maggio, ) ottobre 1424, pubblicati da Jorga, Op. cit. (42) Urbano di S. Alosio, già governatore di Genova a nome del Duca di Milano nel 1422. (43) Stella (Muratori, T^er. Jt. Script., voi. XVII, col. 1294 e seg.). Giustiniani, Annali, ed. cit, voi. II, pag. 307. Foglietta, Op. cit., pag. 429. Vedi pure due documenti pubblicati da Jorga nella vue de l'Or. L., voi. V, pag. 211, 212; 27 e 28 novembre 1425 e riprodotti in Notes et ix-traits ecc., voi. I, pag. 410, 411. (44) Arch. di Stato in Gen, Litterarum, reg. 3. n. g. 1779, lettera 25; 1427, 17 maggio, pubblicata da Jorga; %_evue de l'Or. L., voi. V, pag. 358; ’NjCtes et extraits, voi. I, pag. 458. (45) Litterarum, reg. n. g. 1779, lettera 7 maggio 1427, al console Guirardo Gentile. Vedasi pure sullo stesso registro lettera 24 maggio 1427, al Re di Tunisi. Di questa lettera fu pubblicato un sunto alquanto inesatto da Jorga, 7{.evut de l’Or. L., voi. V, pag. 359, e Notes et Extraits, voi. I. pag. 459 e seg. A fine di rimettere ogni cosa a posto, riproduco nei Documenti detta lettera testualmente per intiero (Doc. II). Così resterà pure risolto il dubbio intorno al console Niccolò Bracelli che l’egregio Jorga, conseguentemente tratto in errore, esprime nella nota 1* a pag. 360, voi. V della Revue, e pag. 460 delle Notes et extraits ecc., voi. I. — 39 — * * * 2. — Non esiste dubbio che il fine della missione di Ambrogio Spinola e degli altri due ambasciatori (46) fosse stato quello di ottenere il semplice rilascio dei prigionieri. Ma non tutti, come si è veduto, avevano però potuto conseguire la libertà, e oltre a ciò i conti relativi al loro riscatto non ancora erano stati regolati (47). Per conseguenza il trattato definitivo di pace, che doveva tener dietro alla totale consegna dei prigionieri, non potevasi conchiudere. Il governo di Genova, ch’era desideroso di ristabilire col Re in modo definitivo e durevole le relazioni di amicizia e commercio, deliberò allora l’invio di una nuova ambasciata, affidandone il mandato a Cristoforo Maruffo, e facendo inoltre da lui proporre la rinnovazione del trattato di Federico Lecavello dell’anno 1383 (Cap. II, § 2. e 3.) con alcuni articoli aggiuntivi, riferiti in quello concluso poi più tardi nel 1433 per opera dell’ambasciatore Andrea De Mari (48). Ma non poche difficoltà ancora si frapponevano alla conferma solenne del trattato : fra l’altre una questione tuttora pendente sulla cattura operata da alcuni armatori genovesi di un personaggio ragguardevole de’ Mori, chiamato Aben Sichari, in seguito ad uno di quei spiacevoli casi di pirateria, che i governi si trovavano quasi sempre nella impossibilità di prevenire (49). Il Re chiedeva il pagamento di una forte indennità, che la Signoria, ritenendo eccessiva, non voleva soddisfare. A motivo di tale questione la conclusione solenne della pace veniva ritardata, e compro* (46) Degli altri due ambasciatori Cambio Bolognese e Urbano di S. Alosio, dei quali, dietro testimonianza dello Stella, del Giustiniani e Foglietta ho riferito, non trovo alcun cenno nei documenti del nostro archivio. Essi tro-vansi menzionati in un documento del 28 novembre 1425 pubblicato da Jorga, Revue, de l’Or. L., voi. V, pag. 212, e Notes et extraits, ecc., voi. I, pag. 411. (47) Arch. di Stato in Gen., Litterarum, reg. 3, n. g. 1779: lett. 24 maggio 1427, al Re (Parte II del pres. voi., doc. II). Il prezzo di riscatto era di doppie 16000 (48) Arch. di St. in Gen., Materie Politiche, maz. 12. — Trattato 19 ott. 1433, pubbl. da Mas Latrie, Traitès ecc., Documenti, p. 134. - Vedi pure doc. cit. a n. 47. (49) Vedi documenti di cui a nota precedente. messi e minacciati erano cosi i privilegi e le ragioni della Repubblica. — Diciassette uomini di Bonifacio, Calvi e Capo Corso, tra i quali una parte dei prigionieri liberati per l’opera dell’ambasciatore Ambrogio Spinola, dopo essere state sommerse le navi loro dalle galee del Re, venivano tradotti a Tunisi e venduti in pubblico (50). Similmente nel dicembre del 1428 alcune galee more, approdate all’isola di Capraja, rapivano tredici persone tra maschi e femmine, sudditi del nobile Simone De Mari, che abitavano in quell’isola; per la qual cosa il governo di Genova scriveva al suo console in Tunisi, Antonio Zignago, succeduto a Niccolò de Bracelli (51). Altre barche genovesi ancora nel 1430 venivano prese e ritenute ostilmente da galee del Re, e uomini e navi condotti a Bugìa (52). Oltre a ciò i prigionieri genovesi erano trascurati (53), e molte liti di competenza del console divertite ai magistrati regii (54). (jo) Arch. di Stato in Gen., Litterarum, reg. 3, lett. cit. a nota 47. (51) Litterarum, reg. 4, n. g. 1780. Lettera 10 dicembre 1428, al Re Abof-ferem (Abu—Fares); id. al console Antonio Zignago. Il regesto di queste lettere fu pubblicato da Jorga, Revue de l'Or. L., volume V, pag. 385; Notes et extraits ecc., voi. I, pag. 485. (J2) Litterarum, reg. 3, n. g. 1779, lett. 9 ottobre 1430, al Re Mulei Bufers (Abu-Fares); id. al console A. Zignago. Ne dà un breve sunto Jorga, Revue de l'Or. L, voi. VI. pag. 92; Notes et extraits ecc., voi. I, pag. /30: egli pone erroneamente la data del 7. Nella prima di queste due lettere sono indicati i nomi degli uomini di quelle barche fatti prigionieri. Essi erano: Francesco Dodo patrono; Giorgio, figlio del suddetto; Antonio Berrino; Costantino Mantega; Gasparino Mantega, fratello del precedente, ancor fanciullo, Stefano Rogerio; Antonio Breso; Giacomo Sapia, patrono di una barca; Giacomo Sapia qm. Raffaele; Antonio Barraba ; Bartolomeo Clavaschino; Batista Guiermono; Siretto Fuserio, patrono di una barca; Giovanni Fuserìo; eroismo Ascasato; Giovanni Barca. Tutti i summenzionati erano di S. Remo. Vi erano inoltre: Raffaele de Grimaldi; Raffaele Carievario; certo giovane Leardo; certo Barichoc (sic) con moglie e figli; ed altri di cui non consta il nome. (>3) Litterarum, reg. 3, n. g. 1779, leuera r6 agosto 1429, al console Antonio Zignago: pubblicata da Jorga, Revue de l'Or. L., voi. VI, pag. 63, Notes et extraits ecc., voi. I, pag. jor. •kJ54! U,Urarum' re8· 3» n· g· 1779. lettera 30 luglio 1429, al Re di Tunisi; ibid. al console: pubblicata da Jorga, Revue de l'Or. L., voi. VI, pagina 60; d °US> et-T.eXtraÌtS eCC'’ Vo1' pag‘ 498· Vedi pure reg. cit. 19 agosto 1429, al Re di iunisi, Revue de l'Or. L.t voi. VI, pag. 64; Notes et extraits, voi. I. P^. 502: e, Istruzioni all’amb. A. De Mari, Parte lì del presente voi., Doc. III. Stanco di tutti quelli avvenimenti, il governo della Repubblica, sebbene non avesse lasciato di presentare sui fatti medesimi ad Abu-Fares reiteratamente le sue proteste, che riservavasi, come vedremo, di far valere, e avesse anzi perciò mandato a Tunisi nella qualità di procuratore (1431) certo Pietro di Vernazza (55), allo scopo nondimeno di togliere ogni questione sull’afFare Sichari, acconsentiva ad accettare il pagamento di una contribuzione straordinaria di 7000 doppie d’oro, imposte quale indennità sulle merci genovesi alla loro introduzione in Tunisi. Rimasero su quest’affare alcune piccole differenze, che vennero indi risolte (56). Frattanto la Signoria, nel settembre del 1432, eleggeva per due anni a console di Tunisi al posto di Antonio Zignago, venuto a mancare, il nobile Andrea De Mari (57), e, nell’ottobre successivo affidava a lui l’ambasciata per ottenere da quel Re la ratifica e pubblicazione della pace, la restituzione dei beni tolti ai Genovesi, la riparazione dei danni e il rilascio dei prigionieri che ancora rimanevano, sopratutto dei Calvesi, Bonifacini, sudditi del nobile Simone De Mari, e qualora ve ne fossero, la liberazion pure dei sudditi del nobile Jacopo Appiano, signore di Piombino; dappoiché questi, non convenientemente onorato e difeso dai Fiorentini, crasi ()5) Litterarum, reg. 3., 11. g. 1779, pag. 354, lettera 5 marzo 1431, pubblicata da Jorga, Kevue de l'Or. L., voi. VI, pag. 100; Notes et extraits, volume I, pag. 538. Questo genovese Pietro di Vernazza, professore di medicina, uomo pio e caritatevole, che da lungo tempo aveva lasciato la pompa del secolo, come è detto nei nostri documenti, era stato altre volte in Africa. Nel 1428 vi fece due viaggi e coi denari suoi e con quelli ottenuti dalla carità pubblica liberò molti prigionieri nel regno di Tunisi. - Vedasi in proposito oltre il succitato documento eziandio lettera 12 marzo 1428, al Papa; id. al Re d’Inghilterra, e lettera 26 ottobre 1428, al Papa. (Jorga, Revue de l'Or. L., voi. 1, pag. 369, 370, 382; Notes et extraits, voi. I, pag. 469 e seg., 482, 483). (,56) Intorno alla questione Sichari confrontisi lettera 24 maggio 1427, di cui a nota 45; Istruzioni a A. De Mari, 15 ottobre 1432 (Parte li, doc. Ili); e, Trattato 19 ottobre 1433 pubblicato da Mas Latrie, Taités ecc., Documei.ts, pag. 134 e seg. (57) Litterarum, reg. 5, n. g. 1781, lettera 14 settembre 1432, al Re di Tunisi; 15 ottobre du., ai Genovesi in Tunisi. — 42 — posto sotto la protezione di Genova (58). Gli si raccomandava anche di adoperarsi per ottenere la proibizione che i processi dei Genovesi fossero giudicati da magistrati mori, e inoltre la facoltà di trarre frumento da quelle parti, essendone in Genova carestia. In fine gli si ordinava, qualora il Re non volesse eseguire il trattato, o se pure, eseguendolo, non acconsentisse alla liberazione dei prigionieri e al soddisfacimento dei danni, d’intimare ai mercanti genovesi di lasciare entro un certo termine lo Stato di Tunisi. Tali furono le istruzioni date all’ambasciatore Andrea De Mari (59). Contemporaneamente la Signoria notificava ai mercanti in Tuni.si la venuta del medesimo, in successione al defunto console Zi-gnago, con ordine di corrispondergli i solili emolumenti e diritti da raccogliersi sulle merci, le gemme e i giojelli eccettuati (60). E così finalmente nell’anno successivo 1433, dopo qualche piccola divergenza circa le pretese di restituzione delle merci e d indennizzo, che la Signoria giustamente aveva avanzate (61), e precisamente il 19 di ottobre, fra l’ambasciatore Andrea De Mari pel comune di Genova, e Mulei-Siech, luogotenente di Abu-Fares, furono definite le questioni riguardanti i prigionieri e confermate solennemente per venti anni le disposizioni dei trattati anteriori (62). In principio del trattato accennavasi alla contribuzioiie delle 7000 doppie riguardo all’affare Sichari, di cui si è detto; ma unicamente per constatare l’intiero pagamento fattone agli aventi diritto, siccome n’era prova una quietanza della dogana araba rilasciata ai mercanti genovesi in Tunisi. La nuova convenzione ristabiliva le relazioni di Genova col reame di Tunisi sull’antica base di benevolenza, amicizia e reci- (58) Lillerarum, reg. 5, n. g. 1781, lettera 9 ottobre 1432, al Re di Tunisi; lorga, Revue de l’Or. L., voi. VI, pag. 117; Notes et exlrails ecc., voi. 1, pagina >55. Intorno a Giacomo d’Appiano vedi Cappelletti, Storia di Piombino, 1897. (59) Vedi Parte II del presente volume, doc. III. (60) Litterarum, reg. 5, n. g. 1781, lettera 15 ottobre 1432, ai Genovesi in Tunisi. (61) Litterarum, reg. 5, n. g. 1781, lettera 29 aprile 1433, al Re di Tunisi. (62) Arch. di Stato in Gen., Materie Politiche, mazzo 12. Trattato citato a nota 48. — 43 — procità. Venivano conservati i diritti, le consuetudini e i privilegi concessi ai Genovesi e agli stranieri naviganti sotto bandiera genovese; così pure erano confermate le disposizioni attenenti ai consoli, fondachi, dogane e compere (63). L’antica libertà di commercio era loro assicurata in tutti i luoghi eh’erano soliti frequentare, e particolarmente nelle citta di Tunisi, Bona e Bugìa. Fu abolito perfino a favore loro certo diritto supplementare detto tavole, ch’era forse un diritto di peso 0 misura che la dogana araba o i suoi officiali obbligavano a pagare sulle importazioni, (63) I diritti dei negozianti genovesi nel ‘R.egno degli Hafsidi si fondano sul trattato conchiuso da Abu-Znkaria-Yahia coll’ambasciatore genovese Conrado de Castro il 10 giugno 1236, pubblicato dal Mas-Latrie (Trailès ecc., Docu-tnents, pag. 116 e seg.), trattato, col quale si otteneva in parte la conferma degli antichi diritti e in parte la concessione di nuovi. Due trattati furono conchiusi dalla Repubblica col figlio di Abu—Zakaria, ossia con Abu-AbdAllah-el-Monstanser, che regnò dal 1249 al 1277; 1 uno il 18 ottobre 1250 per mezzo dell’ambasciatore Guglielmo Cibo; 1 altro il 6 novembre 1272 per opera di Opizzone Adalardo. Il privilegio del 1250 fu pubblicatone! 1827 da Silvestre de Sacy (Notes et extraits, XI, pag. 22-25); quello del 1272 da Mas Latrie nella ‘Bibliotbèque de l'ècole de Charles, serie IV, tom. II, pag. 442-446.— Ambedue furono ripetuti da Mas Latrie (Trailès ecc., Documenti, pag. 118 e seg., 122 e seg. Più tardi troviamo ancora una convenzione, stipulata il 9 giugno 1287 fra Lucheto Pignoli, ambasciatore genovese, e Abu-Hafs, pubblicata da Mas Latrie (Op. cit., pag. 125 e seg.), e il trattato del 1.391, 17 ottobre, da me già accennato nel Cap. II, § 3. Perciò, rispetto ai diritti e privilegi concessi ai Genovesi prima del J435» rimandiamo gli studiosi ai suddetti trattati, facendo osservare però che l’atto del 1591 non è che una semplice convenzione di pace riguardante il riscatto di prigionieri, e in essa quindi non è stipulato alcun patto speciale sul commercio e i diritti dei Genovesi in Tunisi. Quanto poi ai trattati conchiusi dalla Repubblica cogli Arabi prima del Regno degli Hafsidi lo studioso li troverà in Muratori, Rer. ltal. Script., tomo VI, Cajjaro, col. 277; in S. de Sacy, Not. et extraits des i\(ss., tomo XI, pag. 7 t 17; Amari, Nuovi Diplomi Arabici in Atti Soc. St. T-, voi. V, pag. 595, e Mas Latrie, Trailès, pag. 108, 109, 113. — 44 - indipendentemente dal diritto fisso del io per cento e dal diritto di torcimania, detto in arabo mursuruf o moscerufo (64). Ma infine al trattato si aggiunsero i cinque articoli già stati proposti da Cristoforo Maruffo, secondo i quali restò fissato il rilascio di tutti i prigionieri genovesi, esistenti nel regno di Tunisi in se- (64) Arch. di Stato In Gen., Materie ‘Politiche, Trattato citato a nota 48; dopo l’art. 45 di detto trattato. Il Mas Latrie nella sua opera Traitis ecc., lntrod. hist., laddove tratta degli usi generali del commercio dei Cristiani in Africa, e precisamente ne! paragrafo intitolato « Dei diritti di dogana », distingue questi ultimi in due classi. 1 . diritti principali : 2'. diritti secondari o addizionali. ιΛ.) ‘Diritti principali. - Erano diritti fissi che colpivano in generale tutte le merci d importazioni e di esportazione. Sulla maggior parte delle merci che si importavano dai Cristiani esigevasi in Tunisi un diritto ordinario del 10 °[0, il quale chiamavasi perciò decimum, decnium o semplicemènte drictum. Vi erano però alcune merci le quali, invece che al 10, erano soltanto soggette a un diritto del 5 °|0, detto medium drictum o mig-dee, o vinctenum, come p. es. i giojelli ; ed altre merci che andavano del tutto esenti dai suddetti diritti, come ad esempio Toro e l’argento venduti alla dogana per conto del Re, ovvero alla zecca. Quanto alle esportazioni era regola che tutte le merci esportate dai Cristiani dovessero pagare il 5 °[n alla dogana del Re. A questa regola si fecero però molte eccezioni, ed una eccezione era appunto la facoltà concessa ai Genovesi colla disposizione delPart. 26 del trattato 19 ottobre 143}, d' poter cioè esportare una certa quantità di grano senzi pagare alcun diritto di dogana, ove ne fosse carestia, e il prezzo del grano in Africa non oltrepassasse un maximum stabilito. 2°.) Diritti addizionali. - Indipendentemente dai diritti generali e fissi vi erano certi diritti secondari, dei quali alcuni previsti dai trattati, altri regolati dalla consuetudine locale e riscossi al momento delParrivo o partenza di una nave per la custodia e pesatura di certe merci, per il servizio degli scrivani e pel salario degl'interpreti. La loro esazione in danaro o in derrate era spesso lasciata, quanto alla forma e quantità, all’apprezzamento dei mercanti cristiani o degl’impiegati arabi. Sicché, essendo tali diritti indeterminati, la loro riscossione dava luogo a maggiori difficoltà e reclami che non quella dei diritti principali. L’unico tra essi che fosse ben determinato era appunto il diritto di torcimania o mur-suruf, il quale era dovuto ogni volta che si aveva bisogno ufficialmente dell’opera degl’ interpreti o torcimani. Veniva riscosso particolarmente sulle vendite fatte alla dogana fuori d’incanto ossia deW'haìka (calega) per mezzo dei torcimani in presenza degl’ ispettori. Era generalmente di 5 migliaresi sopra — 45 — guito ad atti di ostilità o di corsa; ma mediante il pagamento in n ici ci di doppie 16000: e queste merci dovevano essere di preferenza verghe d’argento, tele di Borgogna, mastice, panni di Fileni da fiorini 45 a 50 la pezza, pepe, zenzero, cannella, zafferano, coisaletti, acoloriti (65), pugnali e oro filato (66). Rispetto alla domanda di poter estrarre frumento, che il governo genovese aveva fatto per mezzo del predetto suo ambasciatore, gli fu concessa la facoltà di esportare fino a 15000 cafissi per anno senza pagar dazio di uscita, quando fosse valso non più di tosanti cinque ogni cafisso (67) e in Genova ne fosse stata carestia : ove il prezzo del frumento avesse invece superato la cifra suddetta, un valore di 100 bisanti di mercanzie vendute, ossia di per cento sul valore della merce. Oltre il mursuruf e gli altri diritti addizionali (pei quali rimando a Mas Latrie), eravi pure certo diritto detto lavale o feltri, che io ritengo con Mas Latrie possa essere lo stesso del diritto di fedo di cui scrive Pegolotti (Della mercatura, voi. 3.° della Decima Fiorentina di Pagnini, pag. 123 e seg.;, che dice: « E avvi (a Tunisi) un diritto che si chiama fedo e paganlo i Saraceni; « ma 1 Cristiani il s’accolano a loro per iscontarsi nei loro debiti colla corte e conviene chi mette in corte faccia di poter scontare ogni diritto e fedo « di Cristiani e di Saraceni. Lo cantaro delle cuoja si è fedo bizanti 4, per cantaro ecc. Olio ha di fedo bizanti 3 per giarra o piccola o grande che « sia, ecc. ». Era probabilmente un diritto di peso e misura. (65) Molto probabilmente lo stesso che « acoletus » o pubbl. da Jorga, Revue de l'O. L. v. VI, p. 121; Notes et Ext., v. I, p. 559· danneggiati i sudditi genovesi di Bonifacio e di Corsica (83). E finalmente il governo di Genova, allo scopo di appianare certa questione sorta col Re di Tunisi sulla detenzione di alcuni prigionieri genovesi presi dai Mori, deliberava lo sborso di una somma, da ricuperarsi mediante la imposizione in Tunisi di un diritto di l/a per cento sulle importazioni e di '/4 per cento sulle esportazioni (84). — Questo diritto, dopo essere stato in vigore per qualche anno, venne tolto o per meglio dire fuso con altri diritti istituitisi, come vedremo, contemporaneamente ad una Comperetta, detta di Tunisi, in seguito al fatto di cui dirò più oltre (§ 3.) (85)- * * * 2. —Siamo così al 1443. Entro lo scorso decennio nuli altro di notevole eiasi passato all’infuori di quanto ho enunciato. Al console Andrea De Mari era succeduto nell*Aprile del 1439 Bernabò delle Colonne Scoto (parente del doge Tommaso Frego-so) (86), stato sostituito nel febbrajo del 1442 da Melchione Fre-goso (87). Il 28 gennajo 1443 venne in Genova eletto Doge (83) Lillerarum, reg. u, n. g. 1787; lett. 30 giugno 1440. (84) Arch. di Stato in Gen., Libri Diversorum, reg. 29, n. g. 524> 24 maij 1440, Institutio drictus dimidii pro centenario super rebus Tunecis. Questo diritto, istituito il 24 maggio 1440, dovea raccogliersi pel primo anno dai cittadini Clemente Cicero e Ambrogio Maraboto, e in seguito da quei collettori che sarebbero stati annualmente nominati dai massari, nobili Eliano Spinola e Manuele de Oliva, ai quali avrebbero dovuto rimettere i conti delle riscossioni fatte. Vedi pure Litterarum, reg. 11, n. g. 1787, lett. 23 giugno i44°> a' consoli genovesi in Tunisi presenti e futuri. (85) Arch. di Stato in Gen., Libri ‘Diversorum, reg. 40, n. g. 53S, Institutio drictus Tunecis, 1443, 26 febbr. e successive disposizioni marzo r8, aprile 26, 23, 26, 28, 22; maggio 21. (86) Arch. di Stato in Gen., Litterarum, reg. 6 n. g. 1782, pag. 298 v., lett. 10 aprile 1439, a^ Re· (87) Litterarum, reg. 12, n. g. 1788; lett. 26 febbr. 1442 al Re. - 53 — Raffaele Adorno al posto di Tommaso FregcJso, stato rovesciato nell’anno precedente (88). Il nuovo Doge fra le altre cose deliberava, d’accordo cogli Anziani, appena avuto il potere, che gli uffici dati al tempo del suo antecessore, fossero in certi casi revocati (89). Una simile deliberazione ci spiega come Melchione Fre-goso rimanesse minor tempo degli altri al consolato di Tunisi, e fosse a quel posto eletto in sua vece il nobile Cipriano De Mari il 17 Giugno del 1443 (90). * * * 3. — Ciò premesso a compimento delle notizie addietro riferite, vengo al fatto che dette luogo alla istituzione della prima Comperetta di Tunisi. Una nave genovese, proveniente da Alessandria, sotto il comando di Nicolò D’Oria, giungeva in vista di Rodi. Il capitano, dovendo entrare in quel porto per iscaricarvi certe merci per colà destinate, mandò a chiedere al Signore dell’ isola libero salvocondotto; ma gli fu risposto che, siccome trattavasi di nave di amici, avrebbe pur potuto approdare liberamente senza di quello. Non parve al D’ Oria siffatta risposta molto rassicurante, e, prima di prendere in proposito una deliberazione, stimò opportuno sentire il parere degli amici e di alcuni mercanti del luogo. E, poiché tutti concordemente opinarono, che la parola del gran Maestro dovesse ritenersi come una garanzia sufficiente e non da meno di un libero salvocondotto, egli, rotto ogni indugio, senz’altro entrò in porto. Senonchè i cavalieri di Rodi, agitato nel frattempo segretamente consiglio, avean deliberato d’impadronirsi della nave, e (88) Giustiniani, Annali. (89) Serra, Storia dell’antica Liguria e di Genova, Capolago, 1835 Voi. 30, p. 170. (90) Arch. di Stato in Gen., Litterarum, reg. 12, n. g. 1788; lett. 26 giugno 1443, al Re. — Diversorum Comm., fogliazzi, filza 14, n. g. 3034; 17 giugno 1443, Consulis Tunicis electio. - 54 - fatto armare nello intento tre galee, una bireme ed una trireme. Infatti il dì seguente, mentre la nave del D’ Oria dava principio allo scarico delle merci, d’improvviso le son recise le funi delle ancore; essa rimane in balìa del vento ed in breve è gettata contro gli scogli. Ad un tempo le navi nemiche le son sopra mentre da terra le s’infierisce contro con dardi. La nave genovese era in tal guisa circondata da nemici, minacciata di naufragio, con molti feriti e nessuna speranza di salute. Si pensò allora a salvare ciò che si poteva, e fu pattuito che i Mori fossero lasciati andare incolumi colla sola perdita delle cose loro. Così avvenne infatti: essi furono, secondo il patto, trasportarti in Turchia, e la nave rimase — come dice il documento — in potere della Religione. Questo curioso fatto ci è raccontato nella lettera che il Doge di Genova scrisse al Re di Tunisi per presentargli le proprie scuse sull’accaduto (91). In essa non era però tutta la verità. Si capisce che il Doge cercasse di acconciare la narrazione a modo suo, tacendo quel che più potea convenirgli per attenuare le conseguenze del fatto; cosicché mentre il D’Oria, a giudicare dal racconto suddetto, pareva in buona fede, egli stesso invece era complice nella losca impresa, come risulta da altri nostri documenti (92). Tale eccesso commesso dal D’Oria preoccupava assai il governo della Repubblica pel giusto timore di rappresaglie, che Abu-Omar-Othman avrebbe potuto usare e concedere ai propri sudditi contro le persone ed i beni dei genovesi residenti nel suo Stato· Si penso quindi saggiamente di raccomandare all’opera di un ambasciatore la definizione di ogni conflitto col Re. La scelta cadde sul (91) Litterarum, reg. 12, n. g. 1788; lett. 8 nov. 1443, al Re. (92) Litterarum, reg. 12, n. g. 1788; lett. 9 nov. 1443, al cons. Cipriano De Mari e ai mercanti gen. in Tunisi. Questa lettera comincia cosi : « Vedrete dalla inclusa pel Re di che si tratti. A lui diciamo il vero, ma non tutto il vero che ci potrebbe nuocere. Se fossegli noto che Niccolò D’Oriaèagli stipendi della Religione potrebbe formare tanti sospetti. Etc.....» Vedi pure Libri Diversorum, reg. 40, n. g. 535, Institutio drictuum Tunecis, 26 febbr. 1445. — In questo documento l’atto del D’ Oria è qualificato « excessum ». - 55 — nobile Zaccaria Spinola, mercè l’intervento del quale la vertenza fu risolta, alla condizione però che la Repubblica sborsasse al Re e alla sua Curia una determinata somma di danaro, valutata al corrispettivo dei danni sofferti dai sudditi di lui. Lo Spinola infatti pagò al Re una indennità di lire 2jooo di genovini; oltracciò egli spese lire 15000 pel disimpegno totale della sua missione, cosicché la somma complessiva che in quella circostanza il governo di Genova dovette sborsare fu di lire 40000 di genovini, pari a liie italiane odierne 218400 (93). Per far fronte a questa spesa si convenne di ricorrere ad una operazione finanziaria, e se ne commise lo studio al nobile Filippo Cattaneo in compagnia di altri (94)· Essi proposero che pel ricupero delle 25000 lire di genovini s istituissero tanti luoghi da vendersi all’ incanto, fruttanti ai singoli luogatari l’annuo provento del 7 per cento, e che la somma occorrente al pagamento di questo interesse dovesse ottenersi colla imposizione di certi diritti in Tunisi sulle importazioni ed esportazioni delle merci (95), destinando quella parte che avesse potuto eccedere il bisogno del pagamento degli interessi (che chiamavasi coda) all’ammortamento (exbitatio) dei suddetti luoghi al piezzo di lire 90 ciascuno. In quanto poi alle restanti lire 15000 esse avrebbero dovuto riacquistarsi mediante divisione e riparto sopra le cose, beni e merci che trovavansi nel regno di Tunisi (96). Approvate le dette proposte con deliberazione del 26 febbraio 1445, presa dal Doge, dagli Anziani e dagli ufficiali di Provvisione radunati a consiglio, il 26 Aprile successivo furon messi conseguentemente in appalto all’asta pubblica i diritti imposti sulle importazioni ed esportazioni di Tunisi (di cui diro più oltie), che (93) Arch. di Stato in Gen., Libri Diversorum, reg. 40, documento cit. in nota precedente. Sul valore dei genovini vedi Desimoni, App. II. alla Vit.1 privata dei genovesi di L. T. Belgrano, Genova, Sordo-Muti, 1875. (94) Documento cit. in n. precedente. (95) Questi diritti furono estesi pure al Tlemsen. Vedi più in là i capitoli relativi alla loro istituzione. (96) Libri Diversorum, doc. 26 febbr. 1445 8’^ c't- e a^r0 aprile stesso anno, Institutio et privilegium locorum dricluum Tunecis. -56- vennero aggiudicati per la somma di lire 3000 annue di genovini e per anni quattro continui, decorrenti dal 26 febr., a Raffaele Lercari qm. Domenico colla garantia di Pietro Battista Lomellini e Giovanni Ambrogio De Mari (97). Inoltre, non essendosi potuto fino allora vendere all'incanto i luoghi istituitisi, il 21 Maggio dagli ufficiali di Tunisi, Giovanni de Vignali, Andrea de Premen-torio, Martino de Oliva ed Eliano Spinola de Luculo, radunati a Banchi sotto il portico Di-Negro si procedette, dietro autorizzazione del governo, al riparto dei medesimi, i quali vennero distribuiti proporzionatamente al prezzo quasi tutti di lire 70 ogni luogo fra quei cittadini, siccome maggiori offerenti, che avevano anticipato al governo la somma già detta. E questi furono : Giovanni Ambrogio De Marini, Filippo Centurione, Giovanni Giustiniano q. Daniele, Eliano Spinola a nome di Luchesio Spinola, Gerolamo Maricono, Quirico Imperiale, Gabriele De Marini, Luca de Vivaldi, Salvagio Spinola, Manuele e Lionello de Oliva, Lazzaro De Marini, Gerolamo De Franchi e Battistina vedova di Oberto Lomellini (98J. In tal guisa venne istituita una prima Comperetta di luoghi 360 circa, garantiti con ipoteca sui proventi dei diritti di Tunisi (99). E siccome la conoscenza di questi diritti panni interessante per la storia del commercio, riferirò qui appresso in succinto i singoli capitoli ad essi relativi, che sono : L appaltatore 0 collettore dei diritti suddetti può percepire su qualunque cosa 0 merce in esportazione dal regno di Tunisi per Genova e suo distretto 0 viceversa 1’ 1 '/, per cento, escluse però le navi e i loro noli, nonché le cose e merci dei Saraceni, che ne sono esenti. — Sulle merci, invece, che si esportano dal regno di Tunisi per qualunque altra parte del mondo 0 viceversa il 2 %, pur eccettuate le navi ecc. dei Saraceni. Le merci provenienti da Malaga, dal regno di Granata, dalla Spagna e dal Portogallo debbono pagare il 2 °/0: quelle dalla Fian- (97) Libri ‘Diversorum, reg. 40, 26 aprile 1445. (98) Libri Diversorum, reg. 40, n. g. 535,22 aprile; 21, 25 ed ultimo maggio 1445. (99) Ved’ nota 152. - 57 — dra e Inghilterra il 3 °/0 (100). Eguali diritti possono esigersi dai collettori sulle esportazioni dal regno di Tunisi per i suddetti luoghi rispettivamente. Son esenti Γ oro, Γ argento ed i gioielli (jocalia) ; si fa eccezione per 1’ oro filato, che va soggetto ai diritti sopra specificati. Sono pure esenti le vettovaglie che si esportano dal regno di Tunisi per Genova e suo distretto; non quelle che si esportano per le altre parti del mondo, o di là s’importano nel regno di Tunisi. Onde più facilmente le suddette imposte possano raccogliersi non si esigerà più il diritto di l/2 per cento, solito a percepirsi dai massari dei mercanti di Tunisi (101), nò sarà pagato ai sensali (censarii) più del ‘/, per cento. Le cose e merci che i Genovesi portano a Orano e ad Hone dal loro paese debbon pagare l’r */2 per cento : quelle, che portano dall’ Inghilterra e dalla Fiandra i due terzi di ciò che pagherebbero se fossero invece importate nel regno di Tunisi (102). Le cose e merci che s’importano a Orano e ad Hone da qualunque altra parte del mondo, eccettuate Malaga, la Spagna e il Portogallo, vanno soggette al pagamento di due terze parti di quel che pagherebbero ove fossero introdotte nel regno di Tunisi. Nessun diritto è dovuto in caso di trasporto da un luogo a un altro del regno di Tunisi, e così pure da Orano a Hone. Tali i capitoli riguardanti l’istituzione dei diritti 0, come di-cevasi allora con nome generico, del diritto di Tunisi (103). — (100) Questo diritto del 3 per cento, fu ridotto poco dopo al 2 */, per cento e in compenso vennero accordate al collettore alcune piccole concessioni (Vedi Lib. Diversorum, reg. 40, n. g. 535, 26 aprile 1445). (101) Di questo diritto ho fatto parola nel pres. cap., in fine al § i\ (102) Orano ed Hone facevano parte del regno di Tlemsen. A Orano trovavasi un consolato ed una loggia dei Genovesi. Hone od Hunein, detta a quei tempi Omne dai cristiani e latinamente Ho-nerium, ora distrutta, fu già città importante e porto pur frequentalo dai Genovesi. (Vedi Desimoni, Muovi studi suìl'jllì. Luxoro, Atti Soc. L., voi. V, p. 203-4). (103) Vedi per questi capitoli Lib. Divers., reg. 40, Institutio drict. Tun., 26 febb. 1445, già cit. - 58 - La loro applicazione venne regolata da apposite dausule (clausule drictus Tunetis), secondo le quali erano determinati i diritti e i doveri rispettivamente dei collettori e dei mercanti, e data al console autorità di procedere contro i trasgressori e loro beni, come pure di amministrare giustizia nelle controversie fra collettori e mercanti ; ciò che avvenne assai di frequente, soprattutto nei primi tempi in cui si applicarono quei diritti (104). * * * 4. — Ma è tempo ormai che torniamo all’ ordine della nostra narrazione. Ho detto come 1’ ambasciatore Zaccaria Spinola fosse stato mandato a Tunisi onde comporre l’incidente occorso per colpa di Niccolò DOria, e come avesse sborsato al re di Tunisi la somma di lire 25000 di genovini. Ciò avveniva nei primi mesi del 1444 (I05)· Nella circostanza di quello accomodamento il nuovo Doge Raffaele Adorno, per mezzo dello stesso ambasciatore, faceva rinnovare m suo nome, senz’ aspettarne la scadenza, il trattato del Visconti del 1433, di cui ho parlato a suo tempo (Cap. IV, § 2n). Lo Spinola, assecondato dal console Cipriano De Mari, ottenne dal Re la conferma degli antichi privilegi concessi alla Repubblica (ιοί), e la proroga per 12 anni del precedente trattato oltre i venti per i quali era stato concluso : in tal guisa ne veniva prolungata la (104) Arch. di Stato in Gen., Libri Diversorum, reg. 42>n-g· 537» Clau-sule drictus Tunecis, che pubblico nei Documenti (Parte II, doc. VI). Vedi pure Lib. Divers., reg. 52, n. g. 547, Tunetis, 16 apr. 145°. — Litterarum, reg. 13, n. g. 1789, lett. 15 die. 14491 a' console e mercanti gen. in Tun. — Reg. 11, n. g. 1787, pag. 304 v,, lett. 27 marzo 1448, al cons. Gianotto Saivago; ibid. al Re. (105) Lib. Divers., reg. 40, Inst. drict. Tun. 26 febb. 1445. (:o6) Per gli antichi privilegi, diritti, ecc. concessi ai genovesi riguardo i consoli, fondachi, dogana, compre e vendite, ecc. vedansi i documenti da me indicati a nota 63. f - 59 — validità fino all’ anno 14(55. Detta proroga egli otteneva nel maggio del 1444 da Mulei-Siech, ch’era sempre luogotenente del Re come nel 1433, e ^ 19 dicembre del successivo anno 1445 suggellava con Omar Othman una nuova convenzione, clie sotto forma di nota addizionale richiamava più estesamente le disposizioni del trattato del 1433, e vi aggiungeva, o rinnovava in modo più espresso, alcune clausule. Si stabiliva che i patroni genovesi di navi grosse potessero estrarre per i loro bisogni cantari 100 di biscotto senza pagare alcun diritto, e quelli di navi piccole 50, lasciando a discrezione del capo della dogana il determinarne la quantità per i patroni di navi di media grandezza. Si insisteva sull’ abolizione di qualsiasi prestazione o gratificazione supplementare dovuta per le importazioni, come il mursuruf ed il tavak (107), lasciando i diritti d’importazione fermi al 10 per cento. Richiamavasi una promessa degli antichi trattati, secondo la quale i genovesi presi da sudditi mori dovevano esser condotti a Tunisi e consegnati senza riscatto al console genovese, promessa, che le ostilità e la pirateria il più delle volte rendeano vana. Richiamavasi pure la facoltà riservata alla Repubblica di poter esportare dal regno di Tunisi una certa quantità di frumento, quando in Genova ne fosse stata carestia e fosse valso a Tunisi non più di bisanti 15 ogni cafisso (ro8), e parimenti si ricordava la facoltà di poter trasportare da Tunisi in qualunque altro luogo del regno, senza pagar nuovi diritti, qualsiasi merce sdoganata, dietro presentazione di una regolare quietanza 0 berat del direttore della dogana. (107) Su questi diritti vedi addietro cap. IV. § 20 e nota 64. (108) 11 trattato del 1433 dice invece bisanti cinque ogni cafisso.— La differenza di cifra è conseguenza di un cambiamento avvenuto dopo quel trattato nel valore della moneta, quia moneta nunc mutata est (Art. 7 del Tratt. del 1445 pubbl. da Mas Latrie, Traitès ecc. p. 144 e Tratt. del 1463 (quasi in fine) pubblicato nei nostri Documenti, X), vale a dire i Genovesi dovettero modificare le condizioni relative all’esenzione dei diritti di dogana, basandosi sopra l'avvenuta variazione del corso delle monete. Vedi in proposito e intorno al valore del Usante, ì'Appendice I, Cenno sulle monete. E, finalmente era data autorità al console genovese di far venire a Tunisi ogni anno due vegete (109) di vino, senza pagar dazio, per suo uso (no). * * * 5. — Abbiamo veduto la costante intenzione della Repubblica di mantenersi in buona armonia col Re, la somma a tal effetto sborsata, la Comperetta e diritto di Tunisi e la conclusione del trattato del 1445. — Gli scambi commerciali procedevano regolarmente e riflettevano la cordialità dei rapporti esistenti fra i due Stati. Nell’anno 1436 Genova, abbisognando di frumento, ed essendo chiusi i passi di Lombardia per la lotta che sosteneva contro il Duca di Milano in seguito alla ribellione contro di lui, chiese al Re Omar-Othman la concessione di trarre dalle sue terre cafissi 2000 di frumento, e mandò a Tunisi, per riceverli, la nave di Battista Cicero (in). Altre richieste di frumento si fecero più tardi dallo stesso governo nel 1442 e 1443 (112), e cosi pure nel 1449 (113) e nel 1450 per supplire al bisogno che se ne aveva, sopratutto per Γ ap-provigionamento dei castelli. Di queste ultime provviste il governo genovese dette incarico ai nobili mercanti Andrea Imperiale e Bernardo Lercaro, e inviò a Tunisi, per caricare i grani da essi comperati e trasportarli in patria, tre navi, luna di Galeotto Lo-mellino, 1’ altra di Battista de Casana, la terza del napoletano Gio- (109) Veges, nome generico di botte. (110) Arch. di Stato in Gen., Materie Toìitiche, maz. 12. Trattato 29 die. 1445, pubbl. da Mas Latrie, Traitès ecc., Documents, p. 142. (in) Arch. di Stato in Gen.,Litterarum, lett. 3 marzo 1436, al Re, pubblicata nella Parte II del pres. voi., Doc. V. (112) Litterarum, reg. 12, n. g. 1788; lett. 21 giugno 1442, al Re. Da questa lettera appare come in Genova fosse allora grande penuria di frumento; quel che rimaneva non era sufficiente per più di otto giorni, talché in città si vendeva a lire 4 ‘/a la mina e in riviera a lire 6. Vedi pure Litterarum, reg. suddetto, lett. 26 giugno 1443, al Ra. (113) Litterarum, reg. 17, n. g. 1793, p. 283; lett. 26 sett. 1449, al Re. — βι — vanni de Mirro, e, successivamente ne spedì una quarta al comando di Stefano D'Oria (114). Ma oltre del grano e delle solite altre merci, che i Genovesi traevan dall’Africa, come lane greggie, pelli e cuoj, cera, piume di struzzo, frutta secca, allume, ecc. in cambio di tele, panni, metalli ed altro, il traffico della Repubblica avvantaggiavasi allora di un nuovo prodotto di esportazione dal regno di Tunisi. Il mercante genovese Clemente Cicero, ch’era pur a quel tempo console colà, nel 1451 ottenne da quel Re il diritto esclusivo per dieci anni della pesca del corallo sulle coste di Barberia, dal capo del monte Razagibel (Ras Djebel, Capo Rosso) sino a tuttala costa occidentale del dominio del Re di Tunisi, contro il pagamento di un annuo censo di doppie duemila, subentrando in quel diritto ai Catalani. — Egli ed i consoci Giacomo, Giorgio e Simone, suoi fratelli, Leonardo e Lodisio Lomellino, Lazzaro e Arduisio Spinola e Nicolò Giustiniani formarono le prime compagnie per la pesca del corallo, la cui sede fu posta a Marsacares « porto dei nicchi » oggi La V'' Calle. Ivi i Genovesi costruirono in breve abitazioni, chiesa e magazzini, nonché bastioni e torri per la difesa del luogo, ottennero speciali favori dal governo patrio, e poterono in quella guisa sempre più dare sviluppo ad una industria, dalla quale non pochi di loro ebbero ad arricchirsi (115). (114) Litterarum, reg. 17, 11. g. 1793, p. 379; lett. 9 febbr. 1450; ivi a pag. 426, lett. 14 aprile 1450, al Re. — Reg. 18, n. g. 1794, lett. iS marzo 1451, al Re. — Reg. 9, n. g. 1785, lett. 8. giug. 1451, al console Clemente Cicero. (115). Vedi l’opuscolo di F. Podestà «La pesca del corallo in Africa nel Medioevo e i Genovesi a Marsacares, Genova, Sordo-Muti, 1897. Rimandiamo a questo lavoro per più estesi particolari sulle pescherie genovesi di Marsacares, sulla cui organizzazione ci sembra utile qui riferire il seguente brano, che leggesi a pag. 27 e seg. «.....La Repubblica che dal privilegio della pesca traeva anche suo prò, non ometteva di proteggere i propri figli stabiliti colà. Con quanto amore e discernimento il facesse ne abbiamo prova nelle lettere e istruzioni a Simone Calvo, console genovese a Tunisi, e nei ripetuti decreti e proclami di quel tempo. Raccomandava colle prime al console di usare ogni possibile protezione — 62 — * * * 6. — Abbenchè le relazioni fra la Repubblica e il Re di Tunisi fossero allora cordiali assai, ciò nonpertanto qualche incidente sopravveniva a quando a quando a cagionare risentimenti e richiami e da una parte e dall’altra. ed aiuto al Cicero, governatore della pesca a Marsacares; coi secondi proibiva a chiunque l’intromettersi nella pesca o l’impedirla, sotto pena di mille doppie d’oro. Ordinava che i coralli pescati senza il consenso dei concessionari legittimi dovessero consegnarsi ai Governatori della pescheria, e questi potessero disporne come di cosa propria, senza licenza di alcun magistrato. Infine le autorità tutte prestassero braccio agli appaltatori, e ove fossero chiamate a sentenziare, i contravventori non potessero appellare. A meglio favorire la pesca del corallo l’officio di S. Giorgio protraeva l’esazione e condonava il diritto imposto sui coralli così di Barberla che di Sardegna, i quali si portavano allora sui mercati di Siria e d’Egitto. Gli appaltatori avevano facoltà di spedire i detti coralli dai punti indicati e per le destinazioni menzionate, facendone solamente notare il valore nei libri della dogana. Di tal modo non erano chiamati a pagare il diritto che un anno dopo la fatta dichiarazione; e provando di avere impiegato il valore del corallo venduto in altre merci, pag.ivano soltanto il diritto imposto su queste. Favoriti con siffatti privilegi, non pochi cittadini genovesi ebbero parte nello appalto delle pescherie di Marsacares, formando all’uopo società nelle quali parteciparono per più o meno carati; lasciando generalmente a chi possedeva maggior numero di questi il governo della pesca e la facoltà di porvi agenti o fattori, che più comunemente troviamo chiamati col nome di Governatori. Questi al loro entrare in ufficio ricevevano in consegna i casamenti, i magazzini e il castello di Marsacares, che dovevano conservare, custodire e difendere. Avevano il carico degli affari tutti, invigilavano alle pescherie ed amministravano la giustizia sulla gente addetta alla fattoria. Altri governatori risiedevano in Tunisi per trattare con quella Corte gli interessi della compagnia e del riappalto delle pescherie. Altri infine stavano in Genova per apprestare malleveria del diritto che il comune percepiva sul detto appalto; per ricevere e vendere il corallo proveniente dalle pescherie, ed inviare alle stesse, barche, provvigioni, attrezzi, pescatori e trattare ogni altra cosa. A mille ducati d'oro ammontava il censo che gli appaltatori dovevano soddisfare ogni anno al comune di Genova ; la qual somma pagavano in rate trimestrali, ora all’ufficio di Balia, ed ora all’ufficio di S. Giorgio.» - 63 - Facendo uno spoglio sommario delle nostre carte troviamo, che certo Battista de Ulmeta di Antonio da S. Remo, navigando da Villafranca verso Spezia, era stato ostilmente attaccato sopra Capo Santo Ospizio da una bireme di Mori, la nave invasa, il padrone portato via e trattenuto insieme a’ suoi compagni Sandocino de Ulmeta qm. Pietro e Bartolommeo di Portofino (116). -Luigi Spinola, cugino del Doge Pietro di Campofregoso, era per comando del Re di Tunisi colà detenuto, non è detto per qual motivo (117).-Un altro suddito della Repubblica, di nome Antonio, figlio di Bernardo Terrile, era stato preso a Bona nel naviglio di Giovanni delle Ligiole da una fusta di Mori e derubato di 27 doppie (118). — Inoltre certo Felice della Chiesa Nuova di Moneglia si era lamentato al governo di Genova per danni ricevuti da due biremi di Mori (119). — Due biremi pure di Mori presso le isole Sanguinarie (Corsica) avean preso una barca con cinque uomini di Calvi conducendoli prigioni (120). Oltre questi spiacevoli avvenimenti altri ne seguivano di natura diversa, sia, per esempio, rispetto alla competenza dei consoli nella giurisdizione loro, che qualche volta era invasa dai Magistrati regi (121), sia per l’esazione dei diritti imposti dalla Repubblica sulle importazioni ed esportazioni dei mercanti genovesi in Tunisi, i quali brigavano, per non pagarli, presso il Re, acciò ne proibisse la imposizione : per la qual cosa il governo stesso della Repubblica erasi trovato costretto ad adottare provvedimenti energici contro i mercanti irrequieti e ricalcitranti (122). (116) Arch. di St. in Gen., Litterarum, reg. 15, n. g. 1791, leu. 5 luglio 1449, al Re ; ibid. al console P. Di-Negro. (117) Litterarum, reg. 17, n. g. 1793, lett. 28 ott. 1450, al Re. (118) Litterarum, reg. 18, n. g. 1794, lett. 20 luglio 1451, al Re; ibid. al console. (119) Litterarum, reg. iS, n. g. 1794, lett. 30 luglio 1451, al cons. e ai mercanti gen. in Tunisi. (120) Litterarum, reg. 9, n. g. 1785, lett. 31 agosto 1451, al Re. (121) Litterarum, reg. 17, n. g. 1793, lett. 1 die. 1449, al Re; ibid. al console. (122) Litterarum, reg. 17, n. g. 1793, lett. 28 ott. 1450, al cons.; lett. 7 nov. 1450, al cons. e ai mercanti; reg. 9, n. g. 1785; lett. 12 giug. 1451,?1 Re e al cons. - Libri 'Diverrsoum, reg. 52, n. g. 547; 29 luglio 1451. Per contro non mancavano al Re di Tunisi buone ragioni per lagnarsi coi Genovesi. Luchesio Spinola, armatore di Genova, il quale avea caricato a Tunisi delle merci arabe per venderle a conto comune coi proprietari in Europa, nella resa dei conti aveva con inganno sorpreso la buona fede di quelli. — Un altro Genovese, Luca Balaran (Valerano), capitano, aveva noleggiato la sua nave a degli Arabi di Tunisi per trasportare del grano a Tripoli. Ma sì tosto il grano a bordo, egli si era diretto senz’ altro a Genova, dove avea venduto Γ intiero carico, di cui nondhnanco si esibì posteriormente di pagare il valore ai rispettivi proprietari. — Una piccola nave partita da Gaeta con un carico di legname e ferro, destinato per Tunisi, era stata presa e trattenuta da Genovesi. Lo speditore e il destinatario erano arabi ; da lungo tempo si lamentavano, ma nessuna risposta ricevevano alle loro lettere. Il console stesso, eh’ era allora (1445 circa) Cipriano de Mari, aveva rifiutato di dar loro soddisfazione. — Due mercanti arabi di Sfax erano stati maltrattati. — Un corsaro genovese aveva catturato una fusta araba di Bona. — Alcuni Mori erano stati presi, battuti e trattenuti come schiavi dal genovese Giuliano de Verdura aiutato da Catalani: ebbe il Re un gran da fare per riscattarli, e il governo di Genova non aveva punito i colpevoli. — Finalmente alcuni soci 0 agenti del mercante Costantino de Marini aveano da poco introdotte false monete arabe a Sfax e a Tripoli. Tale delitto era punito in Africa colla perdita della mano, e il Re domandava perciò, che il Doge condannasse detti suoi sudditi colpevoli a subire lo stesso supplizio. Tutti questi fatti formavano oggetto di reclamo in una nota che il Re di Tunisi, per mezzo di un ambasciatore espressamente mandato, fece rimettere con una sua lettera (in data del 6 febbraio 1452) al Doge di Genova, Pietro di Campofregoso, per chiedergli in proposito soddisfazione (123). (123) L’Amari nella traduzione da lui fatta di questa lettera dall originale arabo (che esiste nel nostro Archivio, Materie ΨοΙ., maz. iS, n. g. 2737 D), pubbl. nel voi. V. degli ΛΜ della Soc. Lig. di Si. Ψ., p. 619, mette la data del 5 febbr. — La copia in italiano, invece, che trovasi pure nel nostro Archi· In quella lettera Omar-Othman, lagnandosi degli atti sovraccennati (osserva giustamente Amari), adopera un linguaggio risoluto e cortese al tempo stesso, e, da principio alla fine del diploma risulta chiaro il proponimento di favorire i commerci e mantenere lamisti colla Repubblica (124). L ambasciatore moro parti da Tunisi nel febbraio del 1452 sulla nave di Melchione D’Oria, e giunse a Genova verso la fine di quello stesso mese. Il Doge e il Consiglio degli Anziani, mentre egli era in viaggio, nominavano una speciale Commissione, composta di quattro cittadini, affinchè provvedesse a riceverlo con quella solennità e cordialità ad un tempo, che gl’interessi della Repubblica consigliavano. Ne furon membri Martino Giustiniano, Gaspare de Casana, Manuele Grimaldo de Oliva, e Lodisio Spinola de Luculo. Il governo poscia, udito il parere di essi, deliberava far preparare all’ambasciatore una casa idonea e conveniente a carico del Comune, e di spesarlo in ragione di soldi 50 per giorno (125). Di questo fatto, che i documenti dell’ epoca ci hanno tramandato, tocca assai brevemente il Giustiniani : egli si limita soltanto a dire che « nel mese di marzo passò per Genova uno ambasciatore del Re di Tunisi, che andava in Lombardia e fu onorato e accarezzato assai dalla Repubblica » (126). — Il perchè poi si recasse vio (Materie Poi., maz. 12, n. g. 2731) e che fu pubblicata da Mas Latrie, Trailès ecc.; Doc., p. 145, porta la data del 6. Oltre Γ originale in arabo e la copia in italiano, di cui sopra, esiste nel nostro Archivio altra copia preceduta da lettera del Signor di dogana (Bucasam Cabeli) alla Signoria di Genova, in data 8 febbr. 1452, (vedi nota 135)-Busta tAfrica n. g. 2774 C. - A questa copia è unito pure documento relativo all’esame di testimoni, fatto ad istanza del Re dal console di Tunisi, sopra alcuni capitoli riguardanti i fatti esposti dal Re stesso nella sua nota al governo di Genova. (124) Amari, Nuovi diplomi arabici negli lAlti della Soc. L. di St. vol.V, p. 583. (125) Arch. di St. in Gen., Libri Diversorum, reg. 57, n. g. 552; 26 e 28 febbr. 1452. Il Re di Tunisi usava dare agli ambasciatori della Repubblica, durante la loro permanenza nel suo regno, una doppia al giorno (Lib. Divers. reg. 89, n. g. 584; 25 Junii 1466). (126) Giustiniani, Annali di Gen., ediz. cit., voi. II, pag. 381. 5 — 66 - in Lombardia si può desumere dalla considerazione del fatto, che Francesco Sforza, poco tempo innanzi (1450), coll’aiuto dei Veneziani si era impadronito e fatto proclamare Duca di Milano ; cosicché non è improbabile, che lo scopo di quella gita dell’ ambasciatore tunisino nascondesse un atto di avvedutezza politica, nella previsione che il Duca, colla sagacità e coll’ ardire di cui aveva dato prova, nonché colla forza di cui disponeva, potesse diventare più tardi signore di Genova, come già lo era stato Filippo Maria Acconti. L’ ambasciatore moro non dev’ essersi trattenuto molto tempo a Milano, poiché il 16 marzo dello stesso anno 1452 il Doge di Genova Pietro di Campofregoso e il Consiglio degli Anziani nominarono una seconda Commissione con piena autorità per sentire i reclami di lui, deliberare, provvedere e giudicare in merito agli stessi, eccettuato nelle cause penali. Di essa fecero parte i cittadini Filippo Cattaneo, Nicola Giustiniano, Niccolò Grimaldi Cebà e Manuele di Rapallo (127). — Nel mese di maggio poi alla medesima Commissione ed all’ Ufficio di Moneta fu dato incarico di proporre i doni da farsi all’ ambasciatore ed al suo Re, ed ordinato che le relative spese si traessero dalla Massaria di Tunisi o dalla imposizione di qualche onere in quel luogo sulle merci < d’importazione 0 di esportazione (128). La risposta 0 soddisfazione data dal governo genovese ai reclami presentati dall’ ambasciatore moro non dovette appagare a sufficienza l’animo del Re. Egli infatti continuò a tener prigioni due giovani della nobiltà di Genova, Sigismondo e Franchino Spinola, ch’erano stati presi a Sfax, ove abitavano, in conseguenza del brutto tiro di Lu-chesio Spinola (129), di cui ho detto, e, per di più fece sequestrare ad alcuni mercanti genovesi, fra i quali Carlo Cattaneo, certa merce (127) Arch. di St. in Gen., Libri Diversorum, reg. 57, n. g. 552; 16,22, 23 marzo 1452. (128) Libri Diversorum, reg. 57, n. g. 552; 15 maggio 1452. (129) Luchesio (Lucchese). Cosi chiamato dalla temporanea signoria di Lucca avuta dalla famiglia Spinola. Vedi nota 135. (I — 6η — di cui essi avevano la proprietà o l’ammininistrazione (130). La famiglia dei giovani Spinola e gli altri interessati supplicarono allora il governo perchè s’intromettesse per la liberazione dei due prigionieri e pel rilascio delle merci sequestrate (131)· Il Doge accolse favorevolmente quella supplica e radunò il Consiglio ; e, dopo matura discussione, alla quale presero parte fra gli altri i nobili Antonio Lomellino, Pellegro di Promontorio e Battista Spinola, si deliberò di affidare a quattro cittadini la scelta di una persona capace, da mandarsi a Tunisi, di aggradimento ed a spesa degl’ interessati. Fu eletto il nobile Gaspare Spinola, al quale ri-lasciaronsi in data del 30 gennaio 1453 le relative istruzioni, erogandosi per le opportune spese la somma di lire 4.50 di Genova (132). Egli doveva chiedere al Re la liberazione dei due Spinola, spiegandogli i motivi, per i quali non era stato possibile al governo genovese soddisfare intieramente alle richieste presentate a mezzo dell’ambasciatore moro ; e, nel caso si fosse ostinato in un assoluto rifiuto, avrebbe dovuto ingiungere ai mercanti genovesi di lasciare Tunisi entro il termine di cinque mesi. — Doveva inoltre adoprarsi per ottenere lo svincolo di certa merce sequestrata al nobile Carlo Cattaneo e ad altri, nonché la concessione per la tratta di una certa quantità di frumento, di cui era in Genova gran bisogno, tanto più che temevasi la ripresa della guerra contro Alfonso di Aragona, con cui era stata conclusa la pace il 7 aprile 1444. Avute queste istruzioni, alle quali si unirono le credenziali pel Re e lettere per la Massaria, pel console ed i mercanti, 1’ ambasciatore Spinola fece vela per Tunisi sulla nave di Francesco de Recalo, e giunse colà il 4 del mese di marzo (133). (130) Vedi Parte II del pres. voi., Doc. VII, Istruì· a Spinola. Vedi pure Supplica alla Signoria in favore dei giovani Spinola, 1452 (Busta Africa n. g. 2774 C). (131) Arch. di St. in Gen., Busta Africa n. g. 2774 C., Supplica cit. in nota preced. (132) Busta Africa cit., Discussione in Consiglio 22 nov. 1452 e Lettera 30 gen. 1453 del 80V· Gen. al cons. e mercanti in Tun., unita alle Istruzioni a Gaspare Spinola. (153) Parte li del pres. volume, Doc. VII e VIII. — 68 - Di lui abbiamo due lettere datate dal rebaio di Tunisi (134), ov’ era alloggiato, Γ una dell’ 11, l’altra del 19 di maggio, nelle quali ci racconta con grande chiarezza i particolari del suo arrivo e dell accoglienza fattagli dal Re, e il risultato delle conferenze avute con lui e col Signor di dogana. Il Re si dichiarava bensì disposto a concedere la liberazione dei prigionieri Spinola, ma per deferenza verso il governo di Genova, non già per obbligo che ne avesse, e in ogni modo sarebbe addivenuto a una tale conces- (!3-0 Rebato. Deriva dall’arabo rabadh che vuol dire sobborgo. Pare fosse il sobborgo che trovavasi presso la porta del mare, Bab-el-Vaar, dalla parte della Goletta e fuori delle mura di Tunisi, nel quale avevano i loro fondachi con cappella, forno e bagno i mercanti forestieri cristiani e tra questi i genovesi· — I Cristiani di Tunisi, ossia quelli del paese, che erano un residuo delle antiche tribù cristiane d’ Africa, abitavano invece in un altro sobborgo dalla parte opposta della città presso la porta di El-Manera. Essi conservavano il libero esercizio del loro culto, per cui avevano nel loro sobborgo una cappella e un cappellano. Le loro credenze religiose, anziché di pregiudizio eran loro motivo di favore da parte del Re, di cui essi costituivano la guardia d’onore o guardia secreta ed occupavano altri posti di fiducia. — (Leone Africano lib. V, cap. XXI). I nostri documenti ci riferiscono che, per antica consuetudine, agli ambasciatori genovesi era concesso, al loro arrivo in Tunisi, un’abitazione nel rebato, e che soltanto dopo qualche giorno solevano per loro maggior comodo trasferirsi nel fondaco dei mercanti. Da ciò parrebbe che 1’ abitazione suddetta dovesse trovarsi fuori del fondaco dei Genovesi in luogo assai più vicino allo scalo di quel che non fosse il fondaco stesso, e perciò più conveniente per chi arrivava dal mare. (Si confrontino in proposito le Istruz. all’amb. Gio. da Levanto, 25 giug. 1466, colle Istruz. all’amb. R. Pallavicino, 18 nov. 1504 (Parte II, doc. XI e XXII. — Vedansi pure gli atti rogati in Tunisi dal not. Ag. Testa, Jlrch. di Stato in Gen. sala 6., sg. 136; 1501-1515). Quanto al fondaco dei Genovesi in Tunisi troviamo un primo cenno in Caffaro. Nel 1223 due ambasciatori genovesi, mandati a Tunisi per comporre le divergenze scoppiate fra la Repubblica e il Cid Abu Ί-Ola, in forza del trattato di pace che ne seguì vennero in possesso di un fondaco, 0 vi furono riammessi ; il che non risulta chiaramente dalle parole del testo (Caffaro, ed. Pertz, pag 152 e seg.). - Più tardi, nel 1244, il fondaco è ricostruito da Ogerio Ricci, come in atti d’Iacopo Papia (Cicala, Memorie, ms.). Eravi il bagno, il forno, la chiesa, che dipendeva dalla diocesi di Genova ed era dedicata a S. Maria, come lo attesta il titolo di prete (presbyter) Giovanni Tealdo, che sione solo a patto però, che non si fosse permesso a Luchesio e a Damiano Spinola (135) di più dimorare in Genova o suo distretto, se prima non avessero soddisfatto agl’ impegni loro verso il Re ed i mercanti mori. — Oltre a ciò accordava pel nuovo raccolto la tratta della solita quantità di frumento secondo le condizioni stabilite dai trattati del 1433 e 1445, e prometteva di lasciare in libertà altri venticinque prigionieri colà detenuti. — Tale in succinto il principal contenuto delle due lettere dello Spinola (136). K011 abbiamo altri documenti che ci rivelino in modo espresso il termine di quella vertenza ; ma dal tenore delle lettere successive del governo della Repubblica ad Abu-Omar-Othman ed ai consoli e mercanti genovesi in Tunisi possiamo senza dubbio dedurre, che le promesse del Re abbiano avuto pieno ed intero effetto con reciproca soddisfazione d’ ambe le parti. * * * 7· — Colla missione Spinola siamo giunti cosi a termine del presente periodo storico, vale a dire all’epoca in cui la presa di Costantinopoli per i Turchi sopravviene a determinare un nuovo indirizzo nelle relazioni commerciali dei vari popoli del Mediterraneo. Ma, prima di procedere innanzi, resta ancora a completare l’elenco r-.sulta cappellano di detta chiesa nel 1287 e ancora nel 1291 (Vedi Mas Latrie, Traites, Doc. XI, p. 125 ; e Richerì, 'Pandette, I, fol. 1S1). - Il fondaco genovese possedeva inoltre una loggia, una piazza e giardini; cosicché, fra i diversi fondachi europei di Tunisi, era senza dubbio uno dei più belli (not. Ag. Testa cit., doc. 20 ott. e 7 nov. 1502; 7 die. 1513). (135) Nel fatto di Luchesio Spinola trovavasi compromesso anche Damiano Spinola. Questi, rimasto in ostaggio per Luchesio, com’ era uso, presso il signor (Direttore) di Dogana, Bucasam Cabeli, ingannando la buona fede di lui, coll' aiuto dello stesso Luchesio era riuscito a fuggire ed aveva in tal guisa arrecato un danno di doppie 1000 d’oro al Direttore della Dogana, il quale era responsabile presso il Re della custodia di esso Damiano. (Vedi lett. del Direttore di Dogana, 8 febbr. 1452, la quale precede altra del Re di Tunisi alla Signoria; doc. di cui è parola a nota 123). (136) Parte II del pres. voi., doc. Vili e IX. dei consoli, stato interrotto con Cipriano De Mari, il quale prese parte, come si è visto, alla conclusione del trattato del 144;, che anzi egli stesso scrisse di suo pugno (137). — Al De Mari seguì Giannotto Saivago, che troviam console nei primi dell’ anno 1448 (138); nel luglio "1449 Pellegro Di-Negro, che lo era ancora nel dicembre di quello stesso anno (139); e nel mese di marzo del 1450 Clemente Cicero, il quale fin dall’aprile 1448 era stato raccomandato dal governo di Genova al Re perchè lo favorisse e aiutasse negli affari che aveva a Tunisi (140). — Finalmente, nel marzo del 1452 succedeva a Clemente Cicero il nobile Bernardo Imperiale, che rimaneva in carica per due anni (141)· (137) Vedi trattato 29 dicembre 1445, cit. a nota 110. (138) Arch. di St. in Gen., Litterarum, reg. 11, n. g. 1787, pag. 302 v.; lett. 28 febbr. 1448; e, pag. 304, lett. 27 marzo 1448, al console G. Saivago. (139) Litterarum, reg. 15, 11. g. 1791, lett. 5 luglio 1449, a* cons‘ Negro ; reg. 17, n. g. 1793, lett. 6 die. 1449, allo stesso. Il Di-Negro fu nominato console in seguito alla morte del Saivago. (Litterarumr, reg. 11, n. g. 1787, p. 302 v. ; lett. 28 febbr. 1448, nota in calce). (140) Libri Diversorum, reg. 52, n. g. 547; 24 marzo 1450 — Litterarum, reg. ij, n. g. 1791 ; lett. 3 aprile 1448,31 Re. Veggasi pure sul Cicero, § 50 e nota 115. (141) Litterarum, reg. 18, n. g. 1794; lettera 16 marzo 1452, al Re. CAPO VI. Aumento della pirateria in Africa e istantaneo accrescimento del commercio dei Genovesi col regno di Tunisi nella seconda metà del secolo XV. In quest’ epoca diverse cause tendevano a moltiplicare presso gli Arabi gli atti di pirateria, che divenivano il terrore dei naviganti. — La principale di esse consisteva nella decadenza generale e sensibile di ciò che ancora rimaneva all’ islamismo nel campo del pensiero e della scienza. Ovunque, tanto in Oriente come in Africa e nella Spagna, il maomettismo, già molto in decadenza, passa in un nuovo periodo d’ignoranza e di barbarie. Le alte tradizioni di amministrazione si perdono ; l’impiego della forza appare più che mai il solo mezzo per poter governare. — Nell’ A-frica settentrionale, nel tempo stesso che Γ autorità degli emiri s’indebolisce, le popolazioni arabe e berbere diventano meno ospitaliere e più fanatiche ; ogni ricordo di scuole e di biblioteche fondate dagli antichi re a poco a poco svanisce, e acquistano al contrario prevalenza gl’ istinti materiali e grossolani. Le popolazioni musulmane, allora, sanno apprezzar meno i vantaggi delle relazioni coi popoli stranieri. La presa di Costantinopoli per opera di Maometto II viene ad aggravare ancor più siffatta condizione di cose, esaltando ovunque 1’ orgoglio dei popoli musulmani contro ciò che vi era per loro di più odioso. Fu il trionfo dei principii i più bassi e brutali. Ed è per 1’ appunto da questo avvenimento che la caccia ed il traffico di prigionieri cristiani aumentano in una maniera spaventevole, malgrado i trattati che proibiscono la pirateria, e malgrado Γ inte- - 72 - resse evidente dei governi arabi a far osservare questi trattati, sorgente sicura di guadagno per l’erario e per i sudditi. La navigazione nel Mediterraneo dopo la caduta di Costantinopoli sotto il dominio turco era così poco sicura, che gli Stati di Sicilia nel 1458, volendo conservare quel po’che loro restava della loro marina per proteggere le coste dai corsari, proibivano alle navi siciliane di recarsi per lo innanzi nei porti di Romania, e preterivano in tal guisa abbandonare il commercio esterno a quelle marine straniere, eli’ erano maggiormente in grado di difendersi. L’ Europa, per fortuna, a misura che lo spirito feudale s’indeboliva, trovava nella creazione delle marine nazionali e nello sviluppo delle forze pubbliche i mezzi per combattere con vantaggio i nuovi pericoli della navigazione. Le corse dei pirati turchi ed arabi nocquero soprattutto alla marina dei piccoli paesi dell’ Arcipelago e dell’ Adriatico. Il commercio degli Stati che non avevano in se stessi delle cause gravi di debolezza, come la Sicilia e Napoli, non venne danneggiato dalle misure di precauzione che si dovettero adottare per la sua sicurezza. Così, non ostante gli aumentati pericoli della navigazione e il progresso di conquista dei Turchi dopo la presa di Costantinopoli, il commercio della nostra Repubblica potè mantenersi sulle coste d’Africa (142). Vediamo ora quali sono le cause che sopravvennero a favorirne più particolarmente lo sviluppo nel regno di Tunisi. Colla caduta di Costantinopoli 1’ Europa rimaneva aperta da ogni parte ai Musulmani, e il commercio degli Occidentali nel Levante, specialmente dei Genovesi, subiva in conseguenza gravissimi danni. La Repubblica, sebbene avesse ceduto Γ amministrazione delle sue numerose e fiorenti colonie del mar Nero al Banco di S. Giorgio, e i Protettori di quel Banco facessero sforzi per difenderle, pur nondimeno essa dovette rassegnarsi a vedersele ad una ad una rapire dall’avidità degli Ottomani, che sempre più andava crescendo. — Lo spirito commerciale dei Genovesi allora, soffocato in un ambiente non più adatto e sufficiente allo sviluppo della propria energia, era naturale cercasse di espandersi verso quelle contrade, dove ancora avesse potuto liberamente esplicarsi: e ciò doveva suc- (142) Mas Latrie, Trailès ecc, cedere con tanta maggiore intensità, in quanto 1’ attività commerciale della nostra Repubblica era stata per lungo tempo depressa nella interminabile guerra eh’ essa avea dovuto sostenere contro Alfonso di Aragona. Per siffatta ragione il traffico dei Genovesi dai paesi del Levante spostavasi sulle coste settentrionali d’Africa, ove in particolar modo si accresceva nella Barberia e nell’ Egitto. Questo accrescimento era favorito eziandio dalle conquiste che avevano iniziate i Portoghesi e gli Spagnuoli contro i Mori nella Spagna e nel Marocco (143). —Quanto più diminuiva colà la potenza degli Arabi, tanto maggiormente aumentava quella degli Spagnuoli e Portoghesi, che venivano ad imporsi nei paesi di recente conquistati coll’ assorbirvi in gran parte essi stessi il commercio degli altri Stati cristiani. E cosi, mentre da una parte la preponderanza turca sul mar Nero induceva i Genovesi ad abbandonare quasi intieramente il Levante, la influenza spagnuola e portoghese eran motivo dall’ altra, per cui dessi ad un tempo si allontanassero dal Marocco per cercar verso oriente regioni più adatte e favorevoli ai loro negozi. — E, condizioni migliori si presentavano per 10 appunto nel regno di Tunisi, sia per la ricchezza dei depositi di corallo, non ancora sfruttati, sia per la vicinanza dell’ Egitto, eh era 1 emporio commerciale dell’ Estremo Oriente, sia pure per la influenza benefica del saggio governo di Abu-Omar-Othman. 11 quale, avvedendosi della pericolosa china di decadenza verso cui era avviato il suo popolo, nella retta intuizione che gli dava 1 animo suo civile, tentava con ogni mezzo di ritrarnelo, ridestando in lui lo spirito dell’ antica grandezza, fondando scuole, biblioteche, opere pie, e favorendo principalmente i commerci (144). (143) Nel 1462 Abu-Ismail, re di Granata, perde Gibilterra; nel 1463 Ar-chidona contro il re di Castiglia. — L’unione di Aragona con Castiglia nel 1479 e la pace col Portogallo, conchiusa nel 1480, determinarono un’azione vigorosa dei Sovrani dei Reami Uniti contro i Mori. La Spagna occupò Me-lilla presso Orano nel 1481 e Kasseres presso Melilla. Il Portogallo nel 1458 occupò Kassr-es-Seghir (Castello il Piccolo), posto avanzato verso Tangeri. Arzilla, più vicina al Portogallo, fu presa nel 1470 e nella stessa campagna, nel 1471, Tangeri. (144) Vedi cap. V., § i\ — Intorno alle suddette considerazioni vedasi inoltre il discorso del nob. Batt. Spinola, riportato nel cap. VII, 5 3·. capo vir. 1453-1488 S i. Consoli. Richieste di liberazione di prigionieri. Istituzione di una seconda Comperella di Tunisi. Nuovo appalto del vecchio Diritto. — § 2. Scadenza del trattato del 1445. Francesco Sforza signore di Genova. Conclusione del trattato del 1465 per opera dell’ambasciatore A. Grimaldi e suo contenuto. Osservazioni. — § 3. Fatto che dette luogo all’ invio a Tunisi dell ambasciatore Giovanni da Levanto. Discussione in Consiglio : importante discorso del nobile Battista Spinola: deliberazione seguitane. Imposizione del diritto di un ottavo per cento. Istruzione all’ ambasciatore suddetto: sua opera — § 4. Peste in Tunisi e disposizioni sanitarie del governo di Genova. Osservazione — § 5. Viva emulazione commerciale nel regno di Tunisi fra Veneziani e Genovesi. G. B. Lomel-lino qm. Eliano e Benedetto Fieschi ambasciatori presso quel Re. Consoli. — § 6. Fatto di pirateria del genovese Giorgio D’Oria. — § 7. Seconda ambasciata di G. B. Lomellino ; ragione, risultato passivo di essa. Francesco Panigarola console e ambasciatore. — § 8. Considerazioni. i. — Procedendo nello esame dei nostri documenti riscontriamo, che il 27 marzo 1454 il governo della Repubblica revocava dalla carica di console a Tunisi il nobile Bernardo Imperiale (145), ed elegge\ a al posto di lui, per tre anni e mesi tre, il cittadino Simone Calvo, eh era parente del Doge Pietro di Campofregoso (146), (145) Arcii. di St. in Gen., Litterarum, reg. 18-B, n. g. 1794 B; lettera 27 marzo 1454, ai Genovesi, sudditi e distrettuali commoranti nel regno di Tunisi. (146) Litterarum, reg. 18, n. g. 1794, pag. 529; lett. 27 marzo 1454, ai mercanti: Ibid. pag. 529 v.; lett. 27 detto, al Re. - ηβ - conferendo provvisoriamente, fino all’arrivo del nuovo titolare, la reggenza del consolato al nobile Costantino De Marini (147). Ma dopo due anni e mezzo circa il Calvo era tolto di carica, e in sua vece nominavasi Galeotto Grimaldi, lasciandosi fino all’ arrivo di quest ultimo la cura del consolato a Segurano Imperiale (148). E dopo il Grimaldi, nel luglio del 1458, veniva eletto per due anni Baldassarre D'Oria (149). La corrispondenza del governo di Genova col Re di Tunisi, durante la gestione consolare dei suddetti, si riferisce quasi unicamente ai soliti atti di pirateria, che, per le ragioni già esposte nel capitolo precedente, ripeto, sempre più andavano aumentando. Cosicché, poco dopo che l’ambasciatore Gaspare Spinola avea definito la questione per la quale era stato mandato a Tunisi, trovo che il governo stesso di Genova insisteva per la liberazione di altri nuovi prigionieri, fra i quali noto in ordine di tempo: l’equipaggio di una nave diretta a Genova con carico di cuoi, carne salata, formaggio ed altro, assalita more piratico sulle coste di Sardegna da una fusta che dicevasi essere del figlio del Re; il genovese Oberto Fieschi q. Giovanni, preso da alcune biremi di Mori mentre navigava da Sicilia a Genova; certo Luca Lantero di Ventimiglia, patrono di una fusta, catturata nei mari di Provenza con tutto l’equipaggio; certo Giuliano de Ambrosio di Rapallo, preso in una fusta siciliana; e, alcuni frati dell’ordine di S. Francesco (150). E successivamente faceva pure vive istanze presso quel Re per ottenere la libertà di dieci abitanti di Boni- (147) Litterarum, reg. 18, n. g. 1794; lett. 20 maggio 1454, ai mercanti genovesi. (148) Litterarum, reg. 18, n. g. 1794; lett. 4 ott. 1456, ai mercanti genovesi. (149) Litterarum, reg. 2, n. g. 1778, p. 341; lett. 13 luglio 1458. (150) Litterarum, reg. 2, n. g. 1778, p. 292; lett. 30 ag. 1453, al Re di Tun. — (Ivi trovansi indicati i nomi di sei dell’equipaggio prigionieri: Pietro, prete savonese ; Bertono Dell’ Isola, di Albissola ; Gugl. e Giov. fratelli Dell’Isola, di Celle; Francesco Boccardo, di Celle; Pietro Merega, di Albissola). — Litterarum, reg. 1/, n. g. 1791, p. 458 v.; lett. 31 luglio 1454, al cons.; Ibid., p. 514 v., lett. 10 nov. 1454, al Re. — Reg. 18, n. g. 1794, lett. 11 settembre 1454, al Re: Ibid. 3 sett. 14J5 al Re. — Reg. 9, n. g. 178,-, lett. 3 genn. 1456, al Re. Γ — 77 — facio, presi e tenuti in ischiavitù dagli Arabi per rappresaglia delle ribalderie commesse da un pirata corso, nominato Nardo Anechino. Riguardo a quest’ultimo fatto il Doge, il Consiglio degli Anziani e i Protettori del Banco di S. Giorgio, incaricati allora dell’amministrazione dell’isola di Corsica a nome della Repubblica, facevano osservare al Re : che i trattati esistenti fra la Repubblica e il regno di Tunisi proteggevano gli abitanti dell’isola di Corsica al pari degli altri sudditi genovesi; che gli stessi trattati proibivano in modo assoluto la detenzione arbitraria dei sudditi dei due Stati; e, che perciò i Corsi trattenuti prigionieri dovevano essere posti in libertà, dappoiché essi non erano da tenersi responsabili per gli atti di un pirata che assaliva senza distinzione tanto i Cristiani come i Musulmani (151). Ho voluto rapportare questi fatti, perchè essi parmi si collegllino colla istituzione di una seconda Comperetta ch’ebbe luogo nell’anno 1460 (152). Lo scopo di questa Comperetta non risulta in modo chiaro dai nostri documenti, i quali ci dicono soltanto eh'esso era di sopperire a certe spese per Tunisi. Ma se noi teniam conto del fatto, che la medesima fu istituita per lo appunto poco dopo le dette richieste di liberazione di prigionieri (153), e che dopo tale istituzione quelle richieste non ebbero (151) Arch. di St. in Gen., sez. S. Giorgio, Lettere dei Protettori, registro 1454-57; lett· S genn. 1456 del Doge e Anziani al Re di Tun.; lett. stessa data, dei Protettori al cons. genov. in Tun.; lett. 6 ott. 1456, dei Pro-tett. al Re di Tunisi. Queste tre lettere sono pubblicate da Mas Latrie, Trailès ecc., Documenti, P· 147. 149> !50· (152) Questa e la 1* Comperetta di Tunisi, di cui in Cap. V, § 3% il 23 febbr. 1524 furono riunite dalPUfficio di S. Giorgio ai conti generali del Banco (Arch. di St., lib. Trivilegiorum ac Contractuum, membranaceo, η. XXXII, 1520 29, carte 60; Incorporatio locorum veteris et nove compere Tunetis etc.). (153) Troviamo per di più che nel dicembre del 1458 era a Tunisi Paolo Imperiale, ambasciatore genovese, il quale trattava cola appunto per ottenere la liberazione dei prigionieri corsi. (Arch. di St., busta Africa, n. g. 2774 C ; lettera di P. Imperiale, oratore, ai Protettori, 28 die. 1459, ossia, secondo il computo odierno, 1458). Questo ambasciatore è menzionato pure dal Podestà « La pesca del corallo in Africa e i Genov, a Marsacares », p. 29. * -7S- seguito, siamo indotti a credere che le spese, cui alludono: nostri documenti, ad altro non si riferiscano, se non al pagamento del prezzo di riscatto e d’indennità, che il Re doveva pretendere per acconsentire alle instanze della Repubblica. Dai documenti che possediamo sappiamo ancora, che Protettori di quella Comperetta furono Luciano de Roca e Lionello de Grimaldi, e, che il diritto imposto in Tunisi sulle importazioni ed esportazioni per soddisfare ai proventi dovuti ai creditori luogatarì venne aggiudicato all’incauto per anni cinque decorrenti dal 2 febbraio 1460, al nobile Quilico Cattaneo qm. Franco, e per l’annua somma di lire 3050 di paghe (154) di S. Giorgio, da raccogliersi secondo il tenore dell’ imposizione di detto diritto, e sotto i modi e le forme delle relative clausole (155). — hi quello stesso anno poi, essendo scaduto l’appalto del vecchio diritto di Tunisi, esso fu conferito per un triennio e per la somma di lire 6870 agli eredi di Lodisio Spinola ( r 56). Frattanto al posto del console Baldassarre D’Oria sottentrava G. Battista Grimaldi, figlio di Galeotto e parente del Doge Prospero Fregoso (157). Il Re di Tunisi, per rappresaglia della cattura (154) Paghe, Rate di pagamento di somma convenuta 0 de’suoi frutti. Lire di paghe. Essendo le Compere di San Giorgio autorizzate a differire per tre anni e poi per cinque, Io sborso delle paglie dei luoghi, si diede motivo allo sconto; per cui una lira o venti soldi di paga, anticipata già nel primo anno, si riduceva a soldi 16, nel secondo anno a 17, poi a 18 e cosi di seguito fino a che fosse maturo il pagamento integrale. (155) Diversorum Comm., Fogliazzi, filza 24, n. g. 3044, 19 luglio 1460, Venditio facla de driclu uovo Tunelis eie. — Libri Diversorum, reg. 82, n. g. 577, 20 ott. 1463, Comperule Tunelis. Dopo Quilico Cattaneo q. Franco l’appalto di tale diritto fu concesso per altri 5 anni a Pancrazio Gentile, Salvagio de Vivaldi e soci. (Busta Africa n. g. 2774 C ; 5 die. 1466, Tro collectoribus driclus Tutulis). (156) Libri Diversorum, reg. 74, n. g. 569, 26 agosto 1460. Collettori del vecchio diritto di Tunisi nel 1454 erano i nobili Borbono Centurione, Giov. Tommaso Negrone e soci. (Libri Diversorum, reg. 61, n. g. 556, 12 die. 1454). (157) Lillerarum, reg. 2, n. g. 1778, p. 352 v., lett. 1 maggio 1459, ai ^e" novesi in Tun.: Reg. 21, n. g. 1797, p. 283, lett. 3 ottobre 1460, al cons. G. B. Grimaldi ; ibid. pag. 334 v., lett. 8 giug. 1461, al Re. — 79 — di So mori operata da certo Scarincio, corsaro, ritenuto da lui erroneamente cittadino genovese, come dicono i documenti, aveva fatto imprigionare quel console: il governo della Repubblica, rilevando al Re l’errore, ne chiedeva la liberazione (158). * * * 2. — Si avvicinava così l’anno 1465, e il console genovese in Tunisi ch’era allora Filippo Di-Negro (159), ricordando al suo governo la prossima scadenza del trattato del 1433 (che per opera dell’ambasciatore Zaccaria Spinola era stato nel 1444 prorogato di dodici anni, oltre i venti per i quali venne concluso), gli faceva osservare la convenienza di mandare a Tunisi un ambasciatore per rinnovarlo. Il Doge Paolo Fregoso e il Consiglio degli Anziani, udito il parere dei nobili Bernardo Lercaro, Ambrogio De Marini e di altri, designarono ad ambasciatore da mandarsi a Tunisi per lo scopo suddetto Antonio Grimaldi de Castro, ed in seguito a raccomandazione dei medesimi di accelerarne la partenza nominarono una Commissione di tre cittadini, Giacomo D’Oria qm. Domenico Bartolomeo, Giacomo Giustiniano qm. Giacomo e Antonio de Casana, per fissare e provvedere la somma necessaria, e concretare le istruzioni a darsi allo ambasciatore (160). Detti tre uffiziali volevano che ambedue le Compe- (158) Litterarum, reg. 21, n. g. 1797, lett. 8 giugno 1461, al Re.—Libri Diversorum, reg. 73, n. g. 568, 11 die. 1460. Riguardo al corsaro detto Scarincio mi fu comunicata gentilmente dal compianto comm. Desimoni una nota del pur defunto archivista Donaud, autore della Storia di Torto-Mauri^ic. Da essa nota risulta che Scarincio fosse certo G. Batta Aicardi di quella città. Il Re di Tunisi avrebbe avuto quindi reai* mente ragione a ritenere Scarincio suddito della Repubblica e il governo genovese, sostenendo il contrario, asseriva il falso. (159) Libri Diversorum, reg. 82, n. g. 577, 11 luglio 1463 ; De expeditione oratoris transmittendi Tunetem.— Litterarum, reg. 2, n. g. 1778, p. 405; lett. 3 genn. 1464, al cons. F. Di-Negro. (160Ί Libri ‘Diversorum, reg. 82, n. g. 577, 11 lug. 1463, doc. cit. Non si è trovato finora in Archivio alcuna copia delle Istruzioni date dal gov. di Genova all’amb. Ant. Grimaldi. — 8o — rette di Tunisi concorressero nella spesa rispettivamente per una parte (i6r); ma richiesti del loro parere i dottori in leggi Francesco de Marchesi e Luca de Grimaldi, sapienti del Comune, questi, esaminati i privilegi delle due Comperette, giudicarono si dovessero gravare soltanto i partecipi o luogatari della nuova, di cui erano protettori in quell’anno, 1463, Luciano de Roca c Luca Negrone (162). Compievasi a questo punto per Genova un avvenimento di grande importanza. Il popolo genovese, già per dieci anni, faticato ed afflitto e consumato da guerre e da calamità (come scrive Γ annalista Giustiniani), desiderando per qualche via 0 umana 0 divina che si mettesse fine a tante miserie, e che gli fosse restituita la pace ed il riposo, sottomettevasi nell’anno 1464 Duca di Milano Francesco Sforza (163). In quell’anno istesso nel mese di giugno si mandò a Tunisi l’ambasciatore Antonio de Grimaldi (164); e fu appunto in nome del Duca di Milano, signore di Genova, ch’egli rinnovò il trattato del 1445. Il Re Abu-Omar-Othman, il quale sedeva sempre sul trono di Tunisi, sancì la confermazione delle franchigie genovesi per una durata di trent’anni musulmani il 15 marzo dell’anno 1465 (165). In seguito ai successi e all’ arroganza dei Turchi essendo aumentati, come si è detto, dopo gli ultimi trattati, i pericoli della navigazione, si credette opportuno ricordare nel nuovo trattato le capitolazioni che proteggevano i sudditi della Repubblica. (161) Libri Diversorum, reg. 82, n. g. 577, 20 ott. 1463, Comperale Tunelis. (162) Busta Africa, n. g. 2774 C ; Relazione di detti Sapienti. Protettori della vecchia Comperetta in quell’anno stesso 1463 erano 1 obia Pinelli e Lodisio de Neirono. (163) Giustiniani, Annali, ed. Ferrando, 1833, voi. 2°, p. 440. Vedi pure gli altri storici genovesi. Genova sottomessa al Re di Francia Carlo VII il 9 marzo 1458, si emancipava il 9 marzo 1461. Essa era stata molti anni in guerra con l’Aragonese e tribolata da continue lotte intestine. (164) Litterarum, reg. 23, n. g. 1799; lett. 22 giugno 1464, al console e ai mercanti ; id. al Re. (165) Sulla scadenza di questo trattato vedasi cap. X, § 3', Non era lecito ai patroni di fuste more catturare Genovesi o merci appartenenti a Genovesi, e, ov’ eglino avessero contravvenuto a tale dispozione, avrebbero dovuto, non appena tornati nel regno di Tunisi, rilasciare i prigionieri e le merci catturate. Se poi si fossero rifiutati di restituire le merci, la dichiarazione del loro valore fatta dalla Repubblica, doveva esser titolo sufficiente per pretendere una indennità equivalente e la punizione dei colpevoli. I Genovesi si riservarono espressamente la facoltà di pagare in natura e dopo il loro arrivo i diritti di dogana, che doveano ammontare allora al io l/a per cento. Fu detto inoltre o ripetuto, che qualsiasi vendita fatta a sudditi del Re divenisse irrevocabile non sì tosto effettuata la consegna della merce, salvo il caso in cui non si fosse riconosciuto un vizio occulto nella qualità e quantità della merce consegnata (166). II governo arabo si sottometteva lealmente a questi obblighi e spesso dava prova della sua buona volontà di osservarli col proteggere le persone e il commercio dei Genovesi ; ma non riusciva a lui cosa agevole far eseguire i suoi ordini dal popolo, che gli avvenimenti esterni sempre più aizzavano contro i Cristiani. D’ altra parte la Repubblica di Genova, in preda alle fazioni, indebo- (i66) Arch. di St. in Gen., Materie ‘Politiche, mazzo 12 ; Trattato 15 marzo 1465, in seguito ai trattati del 1433 e I445, pubbl. da Mas Latrie, Trailès ecc., Documents, pag. 151. Questo documento trovasi nello stesso quinterno sul quale sono trascritti i due trattati del 1433 e 1445, già menzionati. Si osserva che mentre questi due sono riportati per intiero, non si ha per quello de! 1465 che un semplice sunto colle nuove sovraccennate modificazioni da esso apportate sui precedenti. In una interessante traduzione del testo arabo di questo trattato, recentemente da me scoperta nel nostro Archivio, che pubblico nei Documenti (Parte II, doc. X), non riscontro queste modificazioni. Ciò però non mi fa dubitare dell’autenticità delle disposizioni contenute nella copia pubbl. da Mas Latrie, sia perchè questa fu estratta dagli atti della Cancelleria della Rep., sia perchè nei documenti posteriori trovo l’applicazione, almeno in parte, di siffatte disposizioni. Tale discordanza fra i due documenti dipende, secondo me, dall’essere state le nuove clausole convenute verbalmente, tantopiù che esse non apportano sostanziali modificazioni, ma piuttosto ampliano le disposizioni già esistenti. 6 — 82 - lita nelle sue colonie d’ Oriente, che dopo la caduta di Costantinopoli andava a poco a poco perdendo, non più godeva all esteio di quel prestigio, di quella influenza, che bastava un tempo a ren-dere temuto il suo nome e a far rispettare i suoi sudditi. Se ne può giudicare da quanto appresso verrò esponendo. * * * 3. — Non era ancora trascorso un anno dalla ratifica del trattato di cui sopra ho fatto menzione, che di bel nuovo richiedevasi in Tunisi la presenza di un ambasciatore. Una lettera veniva consegnata al governo della Repubblica, scritta in data 23 maggio 1466 da Marsacares. In quella lettera, mentre accennavasi in venerale alle condizioni dei Genovesi nel regno di O Tunisi, condizioni che dicevansi peggiorare di giorno in giorno sempre più a motivo delle continue rapine e dei maltrattamenti ond’ eran fatti segno, esponevasi certo fatto accaduto ai nobili Benedetto Giovanni Pinelli e Cattaneo de Vivaldi, i quali, dietro una falsa accusa di appropriazione indebita di giojelli, non comprovata da alcuna testimonianza 0 altra prova di legge, erano stati puniti col carcere e colla flagellazione. E terminavasi col seguente apprezzamento « che se si voleva trar vantaggio da quei luoghi, d uopo eia avere colà persona capace la quale potesse, volesse ed intendesse », alludendosi con ciò alla mancanza di energia e all inettitudine del console. Letta questa lettera in seduta del gran Consiglio il 20 giugno di quell’anno, convocato al cospetto del governatore Baldassarre de Corte e degli Anziani, presenti gli uffiziali di Moneta; ed esoi-tato il nobile Battista Spinola a manifestare in proposito la sua opinione, egli cominciava col dire : « Che il fatto esposto in quella lettera, per sè stesso doloioso « assai, doveva esser preso in attenta considerazione, dappoiché se « da una parte costituiva una vergognosa offesa per la Repubblica, « d'altra parte esso veniva a stabilire per i Genovesi commoranti « nel regno di Tunisi un precedente ben pericoloso per 1 av\e- - 8j - « nire. Il commercio che la Repubblica aveva in quelle contrade « era tale e tanto e di vantaggio si grande per essa da non do-« versi in alcun modo trascurare, massimamente quando si fosse « considerato, che il traffico col Levante (Mar Nero) in quei ul-« timi anni, per essere state colà le cose della Repubblica in grave « pericolo, era venuto sempre più diminuendo. Soggiungeva, che « i Veneziani e i Fiorentini traevan dal commercio con Tunisi « grandissimi vantaggi, e, che ora, che gli affari della Repubblica « in cotesto paese volgevano a miglior fortuna, benefìzi assai più « grandi ancora ne avrebbe dessa potuto sperare. Una ingente « quantità di panni trasportavasi a Tunisi dall’ Occidente, e per « parte dei Genovesi una tale quantità, quale forse mai si era « vista per lo passato. La nave di Squarciafico trovavasi colà ; « presto vi sarebbe andata la Giustiniana. Or questi fatti costituire « una prova non dubbia del grande aumento nel traffico con quel « regno (167). Osservava da ultimo, come il caso rapportato dalla « lettera summenzionata avvenisse per lo appunto subito dopo « eh’ era stato concluso il trattato dall’ ambasciatore Grimaldi « (§ preced.), e, come d’uopo fosse considerare il pericolo assai « grande, che avrebbe potuto derivare al commercio della Repub-« blica, ove non si fosse opportunamente provveduto. Perciò, con-« eludeva, essere sua opinione che si dovesse mandare a Tuni-« si colla nave Giustiniana un ambasciatore abile e capace, prov-« vedendosi alla relativa spesa colla imposizione di qualche diritto « sulle importazioni ed esportazioni di Tunisi ; che si dovesse « revocare 1’ attuale console, il quale non aveva saputo degnaci mente esercitare la propria carica, e, finalmente che si dovesse « affidare agli Anziani, ovvero a quattro cittadini da lor designati, « la cura e la esecuzione di queste proposte » (168). Siffatte proposte venivano in quella stessa seduta dal Consiglio approvate con grande maggioranza di voti; perlocchè il Governatore e gli Anziani eleggevano immediatamente una Commissione (167) Vedi considerazioni contenute nel cap. VI. (168) Tanto la lettera summenzionata, quanto il discorso di Battista Spinola e la deliberazione del Consiglio, sono contenute nel verbale 20 giug. 1466, Libri Diversorum, reg. 89, n. g. 584. - 84 - di quattro membri per l’adempimento delle medesime, e deputavano ad ambasciatore per Tunisi il cittadino Giovanni da Levanto (169)· I quattro commissari, ch’erano i nobili Battista Spinola qm. G. già menzionato, Niccolò de Marini, Niccolò de Fornari e Bernardo de Zerbi, radunatisi il 25 dello stesso giugno, concretavano le istruzioni a darsi all’ambasciatore e gli destinavano un seguito di quattro persone, vale a dire tre servi ed un giovane segretario (juvenis) (170). Indi, esaminata e discussa ogni singola spesa che l’ambasciatore avrebbe dovuto necessariamente incontrare nel disimpegno della sua missione, stanziavano all’uopo una somma di lire 600 di Genova, deliberando altresi eh’essa dovesse ricuperarsi, secondo la proposta Spinola, mediante Γ imposizione del diritto di un ottavo per cento sul valore delle importazioni e delle esportazioni di Tunisi (i coralli compresi), da appaltarsi da una seconda Commissione, composta dell’ ambasciatore e console (171), di Lorenzo Giustiniano, Gio. Battista Grimaldi e Benedetto Giovanni Pinelli, a colui che sarebbesi offerto di raccogliere la somma nel termine più breve (172)· Detto diritto venne poi da costoro concesso a Cristoforo Cibo; e, siccome l’ambasciatore Giovanni da Levanto avea dovuto, come vedremo, trattenersi a Tunisi molto più di quanto erasi preveduto, di guisa che le spese da lui sostenute erano effettivamente salite in totale a lire 1500, così dovette prorogarsi il termine (169) Libri Divers., reg. 89, n. g. 584, doc. cit. (170) Al segretario veniva corrisposto uno stipendio mensile di lire 13 /j di Genova, pari a lire ital. odierne 60 circa (valore intrinseco) e 120 (valore estrinseco); e, ad ogni domestico un salario di lire 4 di Genova, pari cioè a circa lire ital. odierne 18 (vai. intr.) e 36 (vai. estr.). Inoltre, era loro assegnato un soprassoldo per il vitto, che per l’ambasciatore e il segretario unitamente era di lire 24 di Genova al mese e per ogni domestico di lire 9. (Doc. cit. a nota 172). (171) L’ambasciatore Giovanni da Levanto pare abbia esercitato eziandio le funzioni di console. (172) Busta Africa n. g. 2774 C; 25 giugno 1466, Driclus impositus in Tun. pro legatione Joh. de Levanto, e, ivi unito altro doc. 25 agosto 1467. Il primo di questi due trovasi registrato nel reg. 89, n. g. 584 dei Diversorum sotto stessa data 25 g'ug. 1466, Impositio pro leg. Job. de Lev. - 8j - della concessione a Cristoforo Cibo proporzionatamente alla maggior somma occorsa; il che portò ad una concessione della durata complessiva di anni undici, mesi otto e giorni due, con decorrenza dal 28 di luglio 1466 (173). Le istruzioni che la Commissione dei Quattro rilasciava nella sua adunanza del 25 giugno all’ ambasciatore Giovanni da Levanto unitamente alle credenziali pel Re, erano in succinto: — Ch’egli dovesse partire per Tunisi sulla nave Giustiniana; indi, non appena giunto colà, chiamati a sè il console e i principali mercanti genovesi, consultarsi seco loro per decidere se avesse dovuto preferibilmente discendere al rebato dei Cristiani, oppure direttamente recarsi al fondaco dei Genovesi (174). In ogni caso, quand’egli fosse andato ad abitare in quest’ultimo luogo, avrebbe (173) Busta Africa, cit., 13 genn. 1468, Pro driclu impos. in Tutt. pro legat. Joh. de Lev. Coi dati surriferiti possiamo calcolare approssimativamente il valore del traffico che la Rep. aveva allora con Tunisi. — Sapendosi che dalla fine del sec. XIII a tutto il XVI la base monetaria era l’oro (Desimoni, App. Il alla Vita privata dei Genov. di T. Belgrano, Genova, S. Muti, 1875), devesi intendere per lire 1500 di Genova, lire d'oro ossia di genovini; e, siccome nel 1466 la lira d’oro pare corrispondesse a lire odierne 4,50 (Desimoni, 1. c.), lire 1500 di Genova di quell’epoca si ragguaglierebbero a lire 6730 di moneta attuale. Partendo da questa base, coi dati che abbiamo, si otterrebbe nel valore dei prodotti di scambio fra Genova e Tunisi dal 28 luglio 1466 al 30 marzo 1478 una media giornaliera di lire di Genova 282 circa, pari a lire it. 1269. Questo valore è però puramente metallico, e, si sa che oggidì con una eguale quantità di moneta non potrebbesi soddisfare agli stessi bisogni ed eseguire gli stessi lavori d’allora. — Ammettendo pertanto che il valore minimo della moneta a quell’epoca, ragguagliato al suo valore commerciale 0 estrinseco, stia nella proporzione di 1 a 2 (Desimoni, 1. c.), si verrà a raddoppiare la cifra suddetta, ottenendosi cosi un totale annuo nel valore delle importazioni ed esportazioni di Tunisi pari a lire 926370 di moneta attuale. Risultato del resto inferiore ancora alla realtà, dovendosi alla cifra, su cui abbiamo fondato il nostro calcolo, aggiungere una somma, corrispondente all’utile presunto dal governo genovese a favore dell’appaltatore ; cosicché si può ritenere, che il totale valore del traffico superasse la cifra di 1 milione di lire italiane; il che per quei tempi non era poco. (174) Vedi nota 134. dovuto ivi farsi lasciare l’alloggio del console e rimanervi per tutto il tempo della propria dimora in Tunisi. Gli si ordinava, dopo ciò, di sentire ancora Γ opinione dei mercanti sulla convenienza o no, in caso di assenza del Re da Tunisi, di andare a lui ovvero di attenderne colà il ritorno: e finalmente, di presentargli le credenziali e venire al fatto. A questo proposito il governo di Genova, mentre domandava al Re la punizione del colpevole, manifestava in pari tempo il desiderio eh’ ei decretasse a favore dei sudditi delia Repubblica uno speciale privilegio (simile a quello che già loro era stato concesso dal Sultano d’Egitto, sebbene fossero con esso in minori rapporti), secondo il quale nessun Genovese potesse esser punito colla flagellazione per cause civili o criminali, se prima non ne fosse stata accertata la colpa con regolare procedimento. E da tutto l’insieme delle istruzioni chiaro si scorge il desiderio che avea il governo della Repubblica di risolvere favorevolmente, con un contegno conciliante, la questione (175). Così, circa la metà dell’anno 1466, fu mandato a Tunisi l’ambasciatore Giovanni da Levanto, intorno al quale Monsignor Giustiniani si limita a scrivere poche parole, che nella loro brevità pienamente concordano con quel che sopra ho riferito (176). Non vi ha dubbio che questo ambasciatore siasi trattenuto a Tunisi circa un anno e mezzo, durante il quale tempo io ritengo egli abbia esercitato le funzioni di console in surrogazione di Filippo Di-Negro, stato revocato in seguito alla proposta fatta in Consiglio, come abbiamo veduto, dal nobile Battista Spinola. Simile mio convincimento ha la sua ragione in ciò, che, oltre di essere stata destinata all’ambasciatore Giovanni da Levanto, secondo le istruzioni più sopra riportate, l’abitazione del console, non si trova alcuna lettera del governo di Genova, durante il (175) Vedi Istruz. a Gio. da Levanto, Parte II del pres. voi. doc. XI. (176) Giustiniani, Annuii, ed. cit., voi. II, pag. 454. Egli dice cosi: «Ed in quest’anno (1466) i mercadanti in Tunisi furon molto gravati, e per la li-berazion loro fu mandato, ambasciatore a quel Re, Giovanni da Levanto ». - 8y - soggiorno di quell’ambasciatore a Tunisi, diretta ad altra autorità che a lui; e per di più ancora vediamo raccomandata al medesimo certa pratica, senza che sia fatto alcun accenno alla persona del console. Questa raccomandazione consisteva nell appoggiare la istanza di pagamento di un credito che Quilico Cattaneo e Ottaviano Imperiale, mercanti da molto tempo residenti in quel regno, vantavano verso il Re; istanza, che troviamo anche in seguito replicata più volte (177). * * * 4. — Erano trascorsi pochi mesi appena dalla partenza dell ambasciatore genovese da Tunisi, che una fiera pestilenza scoppiava colà, diffondendosi rapidamente per tutto il regno e facendo gran strage fra i sudditi. « Nell’ 873 (22 luglio 1468 a 10 luglio 1469) — narra lo storico Ibn-Abi-Dinar— infierì la peste in Tunisi. Dicesi che il numero dei morti sia salito a 14000 al giorno, e abbia il morbo portato via nello stato da 400000 persone e fuori circa un milione » (178). — Molti commercianti genovesi residenti in quel regno, atterriti dalla fierezza del morbo, tornavano in patria; il che costituiva un serio pericolo per la Repubblica. Perciò il Magistrato della Sanità di Genova, a fine di prevenire il facile contagio di quel male, che più volte in passato avea funestato la popolazione della Repubblica, vietava con proclami dell’8 aprile e 6 giugno 1469 alle navi provenienti dalle coste di Barberia di approdare in qualunque luogo si fosse delle due Riviere e scaricarvi merci senza espressa licenza di esso Magistrato, stabilendo una multa di ducati 100 per gli ufficiali che non avessero fatto osservare cotale disposizione (179). (177) Arch. di St. in Gen., Busta Africa n. g. 2774 C, Tre drictu imp.itt Tun. prò legai. Joh. de Levanto. Vedi pure Litterarum, reg. 9, n. g. 1785, lett. 4 die. 1466, a Gio. da Levanto; id. al Re: Reg. 24, n. g. 1800, lett. 8 magg. 1467, a Gio. da Lev.; id. al Re; ibid., lett. 18 maggio 1468, al Re. (178) Ibn-Abi-Dinar, Storia di Tunisi, testo stampato a Tunisi, pag. 149. La peste era scoppiata anche prima dell’anno dell’egira 873, come risulta dai due proclami citati nella nota seguente. (179) Arch. di St. in Gen., Politicorum, mazzo 2% S apr. e 6 giugno 1469, Proclami del Magistrato della Sanità di Genova alle autorità delle due riviere. — ss - Il commercio della Repubblica col regno di Tunisi, se pur poteva in certe circostanze straordinarie, come questa, rimanere momentaneamente intralciato, prosperava assai. Lo si è veduto dal discorso che il nobile Battista Spinola avea pronunziato in Consiglio, e ce ne fanno fede altresì nel loro complesso i nostri documenti. Anche in Egitto le condizioni del commercio erano buone, come risulta da numerose lettere spedite in quest’ epoca a Venezia da Alessandria, nelle quali si legge ad ogni istante di navi genovesi che entravano in quel porto con un buon approvi-gionamento di denaro e di merci, e di li tornavano con noli di spezie, cotone e altri articoli (i8o). * * * 5. — La Repubblica di Venezia essa pure, disperando mantenere i suoi possedimenti d’ oltremare contro la sterminata potenza turca, aveva rivolto ogni cura allo sviluppo del proprio commercio coll’ Africa ; e, nel regno di Tunisi e di Bugia, per la rinnovazione dei suoi trattati avvenuta nell’ anno 1456 (181), occupava la stessa posizione e godeva di quasi gli stessi favori della Repubblica di Genova. È naturale che una tale parità di trattamento in uno dei pochi mercati che ancora restavano aperti all’ attività commerciale dei Veneziani e Genovesi, risvegliando in entrambi quella gara d’interessi e quello spirito di predominio, ond’ eran stati per sì lungo tempo divisi nelle colonie del mar Nero, avesse dato un grande impulso all’ incremento del loro traffico, sebbene troppo repentino per essere duraturo, e che i rispettivi governi procurassero in ogni maniera di assecondarlo e di proteggerlo. Così da parte della Repubblica di Genova nell’anno 1474 venivano mandati a Tunisi, agli effetti suddetti, due ambasciatori, l’uno Giovanni Battista Lo- (180) Heyd, Historie du Commerce du Levant au moycn-dge. Ed. frane, pub· bliée par Furcy Raynaud, Leipzig, Otto Harrassowitz, [886, Voi. II, pag. 490 e seg. (181) Mas Latrie, Traiti ecc., Inlroduction, p. 314. niellino qm. Eliano, 1’ altro Benedetto Fieschi. Del primo di esso troviamo un semplice accenno nel Giscardi, il quale ci fa soltanto sapere che fu « mandato per affari di navigazione » (182) ; e del secondo dice brevemente il Giustiniani « che nel mese di febbraio fu mandato a Tunisi per cose importanti » (183). Quali fossero queste cose importanti ce lo riferiscono i nostri documenti. Oltre i soliti atti di pirateria e la detenzione di sudditi genovesi (184), esse riguardavano il cattivo trattamento che da parecchio tempo (182) Giscardi, Famiglie nobili genovesi, Ms. della Bibliot. civica, in Genova, pag. 1221. Il Giscardi poi ci dice, e il Giustiniani ci conferma, che nel 1476 Io stesso ambasciatore fu mandato al Duca di Milano, vale a dire subito o poco tempo dopo il suo ritorno da Tunisi. Ora, ove si consideri che il Duca di Milano era allora Signore di Genova, non parrebbe improbabile, che il Lomellino, fra le altre cose, possa aver riferito al Duca il risultato della propria missione in Africa. Perciò ulteriori ricerche negli Archivi di Milano potrebbero forse farci conoscere quali fossero gli affari di navigazione accennati dal Giscardi. (183) Giustiniani, Annali, voi. II, p. 472. Il Giustiniani indi procede dicendo che in quello stesso anno « del mese di maggio, perchè parve che la navigazione crescesse in Sorìa e in Egitto, fu deliberato di mandare un ambasciatore al Soldano (d’Egitto) ». Da un documento in data 13 maggio 1474 (Libri Diversorum, reg. 98, n· E- S93)> relativo a detta ambasciata, si desume l’antagonismo commerciale che esisteva da quelle parti fra Genova e Venezia, e lo sviluppo che avea preso coli il traffico dei Genovesi. (184) Ecco gli estratti di alcuni documenti: a) Litterarum, reg. 24, n. g. 1800. — Lett. del gov. di Genova al Re di Tunisi; 25 ottobre 1470 Cinque anr.i fa tre vostie fuste, al comando del capitano moro Raiso Manser, presero una barca di quei di Alassio presso l’isola San Pietro (Sardegna) e portarono via un piccolino che si credeva dai suoi annegato; ma ora si sa essere stato menato in Gichari, luogo presso Bugia, e trovarsi là tuttora. Suo fratello, latore della presente, viene per riaverlo, e V. Maestà voglia ordinarne la liberazione sia per benignità, sia in virtù della pace vigente fra noi, ecc. (Lett. delio stesso tenore fu scritta al console). b)Litterarum, reg. 23, n. g. 1799, p. 183. — Lett. del gov. di Gen. al R. Ar-caito a Bona, 31 ott. 1470 — Dall'acclusa copia di supplica (mancante) del diletto cittadino Cristoforo da Pogliasca V. Magnificenza intenderà il caso. Sembra ingiusto che chi fu maltrattato da pirati, incontri in altri danni per sospetto forse contro di lui lanciati. Finora egli visse senza nota nè infamia, anzi fu era usato contro i mercanti ; trattamento che non accennava punto a cessare, non ostante che il governo della Repubblica già se ne fosse occupato coll' invio a T unisi dell' ambasciatore Giovanni da Levanto. I mercanti si lamentavano dicendo, che le merci loro in dogana erano portate via a loro insaputa e contro loro volontà dagli ufficiali del Re, i quali le mandavano in castello e non le pagavano a tempo debito neppur quando le vendevano alla Corte ; ed ancora, che gli stessi ufficiali impedivano talvolta al console di esercitare giurisdizione o altre funzioni a lui spettanti verso i sudditi della Repubblica in Tunisi (185). — I parenti del nobile Francesco Cattaneo si erano pur lagnati, che, volendo egli rimpatriare dopo che già era stato spedito di ogni cosa e provvisto della licenza ritenuto sempre probo ed integro, nè in lui può sospettarsi cosa aliena ah equo. Perciò preghiamo V. M., se ha sospetti, a volersene spogliare e a non lasciar dare molestie a detto nostro cittadino, ma anzi dargli favore, affinchè abbia libere le sue mercanzie portate costà sub spe el fide pacis more mercatorio et mutua benevolentia ; nec sii opus alia remedia exquirere ; il che, ci sarà gratissimo. Ibid., al Re di Tunisi, stesso oggetto. c) Litterarum, reg. 24, n. g. 1800. — Lettera del gov. al Re, di Tun. 29 luglio 1471. Di questi di alcune vostre fuste presero presso Monte Argentaro alcuni nostri uomini, tra i quali un certo Canovino di Corniglia con suo figlio Bar tolomeo e altri due compagni e sudditi nostri di Vernazza e Monterosso. Ciò fu certo contro l’intenzione di V. M. che vuol osservare la pace, per cui preghiamo V. Serenità a far liberare i detenuti e inoltre ammonire i vostri sudditi, a non fare altri danni; il che non si potrebbe tollerare. Devono essi rispettare i nostri come facciamo noi ecc. Ibid., al console, stesso oggetto. d) Litterarum, r. 24, n. g. 1800; 4 aprile 1472, Lettera del gov. al Re di Bugia. .......Il nostro suddito Tommasino da Cà de Martori essendo costi con nostro salvocondotto si dice esser stato preso e menato schiavo in Algeri. Ciò sarebbe contro la pace e la comune amicizia, tantopiù essendo il Iom-masino sotto salvocondotto. Piacerà a V. Serenità farlo liberare, tee... Ibid. al cons. in Tunisi, stesso oggetto. (185) Arch. di St. in Gen., Litterarum, reg. 24, n. 1800, lett. 1 marzo 1470, al Re. — 9i — dell’ Arcaito di Dogana (186), mentre stava per imbarcarsi e partire fosse stato ritenuto, con grave danno de’ suoi interessi, per motivo ch’egli era fratello del qm. Quilico Cattaneo, il quale aveva lasciato debiti colà e per questi si volea rispondesse : su di che il governo di Genova, scrivendo a quel Re, gli avea fatto osservare non essere mai stato il Francesco Cattaneo in compagnia (società) col fratello, nè, a termini dei trattati vigenti, un fratello dover rispondere per 1’altro fratello (187). — Di più, oltre a questi fatti, de’ quali il Governo si era mostrato sollecito collo scrivere al Re ed al console, altri ne erano seguiti che avevano provocato un generale malcontento fra i mercanti genovesi di Tunisi. Il vecchio re Abu-Omar-Othman, tuttora in vita, era debitore di certe somme ai mercanti per merci da loro somministrate. Egli prometteva di pagarne in denari una parte, 1’ altra parte mediante assegnazione sulla dogana che 1’ Arcaito rifiutavasi di riconoscere, adducendo eh’ egli era obbligato di versare annualmente doppie 20000 nella cassa del Re, ciò che non avrebbe quindi più potuto fare. Una somma rilevante dovevano pure il re di Bona e Costantina, nipote di Omar Othman (188) ed altri della Curia. — Per questi motivi i mercanti interessati, mentre concordi rivolgevano proteste al governo della Repubblica, domandavano con istanza eh’ esso intervenisse per mezzo di un ambasciatore, il quale appoggiasse presso il Re le loro giuste ragioni ed i loro diritti, ed esprimevano in pari tempo il desiderio che la scelta di lui cadesse sulla persona (186) Arcaito (dall’arabo cald o alcaul, capo, signore). — Era il Direttore della Dogana. Riguardo alle sue funzioni e alla sua giurisdizione vedi Mas Latrie, Trailès ecc., Introduction, pag. 186 e seg. (187) Litterarum, reg. 24, n. g. 1800; lett. 3 gennaio 147r, al Re; id. al console ; id. al Signor di Dogana. (188) In lettera 12 luglio 1473 (Litterarum, reg. 24), scritta dal governo della Rep. al re di Tunisi, il re di Bona e Costantina è detto figlio di Omar Othman, e cosi pure in un documento del 9 febbr. 1474 (Diversorum, reg. 98, n· g· 593 · — Invece nelle Istruz. a Benedetto Fieschi, di cui a nota 1S9, trovo invece che è chiamato nipote. Dev’essere il figlio di suo figlio, lo stesso che succedette ad Abu-Omar-Othman l’anno 1488. di Benedetto Fieschi. Accondiscendeva il Governo alla richiesta dei mercanti, colla condizione però, che la spesa corrispettiva venisse sopportata dai ricorrenti mediante deduzione dai crediti, che per opera dell’ ambasciatore avrebbero essi potuto riscuotere ; e perciò, come al solito, commetteva a quattro cittadini, ch’erano Giovanni Francesco Spinola, Marco Lercari, Niccolò de Fornnri e Cristo-foro de Salvo, la cura di redigere le opportune istruzioni pel Fieschi; nelle quali poi gli si dettero ordini non solo in rispetto ai fatti sopra citati, ma al rilascio eziandio dei prigionieri genovesi e lombardi, sudditi del Duca di Milano (189). Benedetto Fieschi dovette poi incontrare non poche, nè lievi difficoltà nel disbrigo della missione affidatagli, se è possibile giudicarne dalla durata della sua dimora a Tunisi; giacché egli stette colà fino al 1481, vale a dire più di tutti gli altri ambasciatori che abbiamo fin qui veduti (190). Queste le notizie che sono in grado di fornire intorno alle due ambasciate dell’anno 1474, notizie che è pregio dell’opera corredare coll’indicazione delle persone, le quali, dopo l’ambasciatore Giovanni da Levanto (§ 3.), ressero nel frattempo l’ufficio del consolato di Tunisi. — Dopo la partenza del suddetto ambasciatore trovo, che la carica di console era occupata nel 1471 da Oli-viero Di-Negro (191), nel 1472 da Ballano de Fornari (192), nel 1473 da Raffaele Grimaldi (193), nel 1475 da Filippo Di-Negro (194), nel 1478 ancora da Raffaele Grimaldi (195) e dagli ultimi (189) Arch. di St in Gen., “Pandette %ich:riane (libro fasciato in carlina) fol. r 72 v. — Litterarum, reg. 24, n. g. 1800, lett. 12 luglio 1473» a' ^e" ” Diversorum, reg. 98, n. g. 593 ; 9 febbr. 1474. — Istruzioni, filza 2707 B, Istruz. a Benedetto Fieschi, 29 marzo 1474, pubbl. nella Parte II del pres. volume, doc. XII. (190) Litterarum, reg. 26, n. g. 1802; lettera 2t febbraio 1480, al Re. (191) Litterarum, reg. 23, n. g. 1799, p. 186 v., lett. 20 dic. i47Tta' cons-Oliviero Di-Negro e ai mercanti in Tunisi. (192) Litterarum, reg. 28, n. g. 1804 ; lett. 3 aprile 1481, al cons. Frane. D Oria. (193) Litterarum, reg. 24, n. g. 1800 ; lett. 12 luglio 1473, al cons. R. Grimaldi. (194) Federici, Abecedario, Ms. della Biblioteca dei Missionari Urbani. (195) Litterarum, reg. 25, n. g. 1801, pag. 16 e 31 v. ; lett. 23 genn. e 16 febbr. 1478, al cons. R. Grimaldi. — 93 — mesi del 1479 a tutto, o quasi, il 148Γ da Francesco D’ Oria qm. Gerolamo (196). Dopo costui sono eletti due consoli, Costantino e Giacomo D’ Oria, i quali, non potendo allontanarsi da Genova per motivo delle occupazioni loro, vengono surrogati dal nobile Teodoro Spinola nel maggio del 1483 (r97)> lasciandosi forse in questo frattempo ad altri la reggenza in nome dei suddetti. Di poi, nel 1486, succedette allo Spinola Gio. Battista Lomellino qm. Eliano, quel medesimo cioè che già era stato ambasciatore a Tunisi, il quale di nuovo era colà mandato nella stessa qualità (198). Di lui dirò in seguito: frattanto non credo poter omettere un fatto di pirateria, tra i molti che ne appaiono, abbastanza curioso e non privo di certo interesse storico per le notizie che vi si connettono. * * * 6. — Abu-Omar-Othman erasi dolto al governo della Repubblica, che un suddito genovese, di nome Giorgio D’ Oria, avesse catturata la nave di certo Antonio di Andora con Mori tunisini e mercanzie loro provenienti da Alessandria, adducendo che un atto simile era contrario alla pace esistente, ed invitando perciò quel Governo a darne adeguata soddisfazione. Il Doge, eh’ era al· lora Battista Fregoso, rispondeva al Re mostrandosi molto spiacente dell’ accaduto, ma osservandogli in pari tempo : che il D’Oria non (196) Diversorum Communis Ianue, fogliazzi, filza 40, n. g. 3060; 27 ott. 1479, supplica di F. D’Oria, cons. in Tunisi. — Litterarum, reg. 25, n. g. 1801, lett. 11 nov. 1479, al cons. F. D’Oria ; reg. 26, n. g. 1802, lett. 11 sett. 1480, allo stesso; reg. 28, n. g. 1804, lett. 3 e 17 aprile, 14 maggio, 13 ag. 1481, allo stesso; reg. 27, n. g. 1803, lett. 1 ott. 1481, allo stesso. (197) Libri ‘Diversorum, reg. 131, n. g. 626; 7 maggio 1483. — Litterarum, reg. 30, n. g. 1806, p. 26; lett. 16 sett. 1483, al cons. 'Γ. Spinola; reg. 31, n. g. 1807, p. 153 v., lett. 6 luglio 1485, allo stesso. (198) Litterarum, reg. 32, n. g. 1808, lettera 9 gennaio 1487, al cons. c oratore Gio. Lomellino. - 94 trovavasi più a Genova da circa tredici anni ed erasi ammogliato in Rodi; che la sua nave era stata fatta dai Biscaini, non dai Genovesi, ed armata per di più a Marsiglia, d’onde avea portato a Venezia il Duca di Lorena (199); oltracciò, che essendo stato egli bandito da tempo per i suoi atti piratici contro gli stessi Genovesi, 11011 poteva aver ricetto nel territorio della Repubblica, ove non avendo nè parenti, nè beni, in vermi modo potevasi costringere a indennità. Nondimeno, soggiungeva, avrebbe ordinato al cardinale 1 c*o O ' Paolo Fregoso (zio del Doge Battista e arcivescovo della città), capitano delle galere che si armavano in Genova contro i Turchi ad esortazione del Papa, che, qualora per avventura si fosse incontrato con quel pirata, senza indugio il facesse catturare. E a questa sua risposta il Doge, onde attestare la verità'delle proprie affermazioni e la qualità del D’Oria, oltre alla patente di bando a questi dato, univa lettere del Cardinal Savello (legato di Papa Sisto IV), che trovavasi allora in Genova per Li suddetta impresa contro i Turchi e altre dell’ambasciatore del Re Ferdinando di Sicilia, il Gran Milite Simonetto di Belprato, esso pure in Genova per lo stesso intento (200). (199) Cioè Renato II. Egli, l’anno 1482 venne in soccorso dei Veneziani contro il Duca di Ferrara, sconfisse i Ferraresi presso Adria e tornò indi in Lorena. ( Vedi 1 ' Jlrl di verifier les dates, Paris, Valade ed. 1818, voi. XW) pag. 411). (200) Litterarum, reg. 28, n. g. 1804, p. 63 e seg., lett. 4 msggio 1481, al Re; 6 maggio, decreto di bando contro G. D’Oria; ibid. lett. ai mere. gen. in Tun. Le notizie qui sopra indirettamente accennate trovano la loro illustrazione nel seguente passo del Giustiniani : « E l’anno di 1481 il papa Sisto volendo reprimere la furia turchesca e soccorrere alla Cristianità, ordinò un’armata di 24 galere, e mandò a Genova legato il Cardinal Savello ; e la Repubblica deputò 450 ducati per onorare il legato, e fu contenta di accomodar il Papa dei corpi delle galere e delle ciurme, e si armarono 21 galera quà in Genova e le altre tre si armarono in Ancona; e il capitano di quest’armata fu Paolo Fregoso, arcivescovo della città e cardinale, e i patroni furono Ceva D’ Oria, Edoardo Grillo, ecc. ecc. ; e l’armata entrò nel Tevere e montò insieme a S. Paolo, dove ebbe la benedizione del Papa, e poi navigò in Puglia, e fu a grande aiuto e molto opportuna al Re η. — Il fatto che ora ho esposto avvenne poco dopo la partenza da Tunisi dell’ambasciatore Benedetto Fieschi (§ 5.), e certo pregiudicò la soluzione delle vertenze che esistevano fra il Re » la Repubblica. A tal proposito ignoriamo quali soddisfazioni possa aver conseguito il Fieschi durante la sua lunga dimora in 1 unisi. Sta però il fatto che Omar-Othman e la sua Curia rimanevano tuttora in debito verso alcuni mercanti (201). A questa si erano aggiunte altre nuove differenze. Ludovico ed Antonio fratelli Marosi, che avevano preso in appalto dal Re di Bona, Mulei Abram (202), figlio di Omar Othman, le gabelle per mesi quattro e giorni diciotto, prima della scadenza della concessione loro fatta erano stati tolti d’ufficio e indi messi in prigione senza che fossero regolati i loro conti, secondo i quali restavano creditori verso quel Re di doppie 3000 (203). Inoltre, i Signori di dogana, contrariamente a una disposizione del trattato del 1465, pretendevano il pagamento delle decime sulle merci in numerario anziché in natura, e quando i mercanti genovesi dovevano partire da Tunisi li costringevano a pagare doppie 20, 30, 50 e più, come se fossero stati prigionieri da riscattarsi (204). Per queste ed altre ragioni concernenti il commercio e le buone Ferrando e al Duca di Calabria suo figliuolo, alla ricuperazione della città di Otranto e dell’altre terre che i Turchi avevano occupato nel paese ». Di altri fatti di pirateria troviamo cenno nei documenti seguenti: Litterarum, reg. 26, p. 7, lett. 7 febbr. 1480, al Re; pag. 135, lett. 11 sett. d°, al cons. F. D’Oria, al Re; reg. 28, lett. 13 agosto 1481, al cons. F. D’Oria, al Re. (201) Litterarum, reg. 32, n. g. 1808, p. 138 v., lett. 23 genn. 1488, al Re. (202) Diversorum Comm., fogliazzi, filza 42, n. g. 3062, lett. 2 maggio 1483 al Re di Bona, Mulei Abram, pubbl. nella P. II, doc. XIII. Da questo documento risulta pure la paternità di esso principe, poiché ivi è detto figlio del Re di Tunisi. (203) Doc. sopra citato. (204) Litterarum, reg. 31, n. g. 1807; lett. 8 agosto 1485, ai mere, genov. in Tun.; id. al Re: reg. 30 n. g. 1806, lett. 16 sett. 1483, al Re. - c,6 - relazioni della Repubblica col Re di Tunisi (205), deliberavasi nel i486 dal Doge e dal Consiglio di rimandare col;\ ambasciatore Gio. Battista Lomellino, e davasi, come d’uso, a quattro cittadini 1 incarico di provvedere per le istruzioni e spese occorrenti. Furon costoro Luciano de Rocha, Francesco de Scalia, Marco Lercaro e Costantino D'Oria. I quali convennero di stabilire per anni 26 il diritto di un quarto per cento su certe importazioni ed esportazioni di Tunisi, diritto che, approvato dai Protettori delle Compere di S. Giorgio, fu poi concesso in appalto a Gerolamo Palmaro (206). Il Lomellino tornò in patria dopo un anno e mezzo circa, senza eh’ egli avesse potuto conseguire miglior fortuna del suo predecessore per ciò che riguardava i crediti dei mercanti, forse in causa dell’assenza del Re, che trovavasi al campo. Quindi il governo della Repubblica, prendendo occasione della venuta a Tunisi di certo Gio. Battista Grillo, genovese a servizio del Re, gli dava incarico che sollecitasse da lui la spedizione di quell’ affare e 1 ordine di pagamento ai mercanti (207). E pochi mesi dopo, ossia nel maggio 1488, mandava a Tunisi sulla galeona Negrona, con istruzioni allo stesso intento e pel disbrigo di alcune altre questioni sopravvenute, il cittadino Francesco Panigarola nella qualità di console, e con autorità di ambasciatore (208). Nel settembre di quello stesso anno, dopo lunghissimo regno, Abu-Omar-Othman passava all’altra vita. (205) Litterarum, reg. 52, n. g. 1808, p. 138 v., lett. 23 genn. 1488, al Re. (206) Busta Africa, n. g. 2774 C. — i486, 5 maggio, Approv. di un diritto di 7* % Per annl 26 ecc· — Libri Divers., reg. 136, n. g. 631, 2 magg., Tro loh. Lomellino legato. Protettori delle Compere di S. Giorgio erano in quell’anno Marco Lercari, priore; Gio. Pietro de Vivaldi; Giacomo Stella; Costantino D’Oria ; Giacomo Cattaneo; Bernardo Cazelia; Battista de Passagio; Pietro Battista de Guizo. (207) Litterarum, reg. 32, p. 138 v., lett. 23 genn. 1488, al Re. Il Giscardi (Fam. nobili, ms. della Bibl. Civ. in Genova, p. 1221) registra pure questa ambasciata del Lomellino del i486. (208) Istruz. a F. Panigarola, 13 magg. 1488, P. II del pres. voi., doc. XIV. — 97 — * * * 8. — I numerosi soprusi compiuti da parte degli ufficiali del Re e alimentati spesse volte dalla connivenza di alcuni poco scrupolosi mercanti e patroni di navi genovesi (209), dal contegno tal- -volta debole ed incerto dei consoli (210), dallo spirito religioso dei Musulmani, che coll’accrescimento della potenza turca e conseguente decadenza della civiltà araba, veniva man mano risolvendosi in odio fanatico contro i Cristiani, perturbavano assai l’andamento del commercio. Il quale in questi ultimi anni erasi arrestato su quella via ascendente ond’ erasi incamminato subito dopo la caduta di Costantinopoli in potere dei Turchi (211). Il commercio dei Genovesi nel regno di Tunisi verso la fine di questo periodo, si potrebbe paragonare ad un ammalato di grave infermità, il quale, per prevenire le molte complicazioni che la natura del suo male lascia temere, si sottopone ad una serie infinita di cure assidue e diligenti, che se riescono in parte a prolungare la sua vita, non valgono però a combattere efficacemente la causa vera del male, impenetrabile alla scienza, e a ritornarlo in salute come una volta. Così noi assistiamo in questi ultimi anni ad un succedersi assai frequente di ambasciatori, dall’opera dei quali, sebbene persone pratiche e capaci, non veggiamo tuttavia il governo genovese traesse quei vantaggi, che in altra epoca avrebbe potuto sperare. E siffatta condizione di cose anziché migliorare, in progresso di tempo si aggrava sempre di più. Ne esporremo brevemente le cause nel capitolo seguente. (209) Libri Diversorum, reg. 136, n. g. 631, i° magg. i486, Tro mercatoribus in Tun. agentibus: reg. 38, n. g. 633, 3 die. 1479, Q"°i non possit imponi onus in Tun. (210) Litterarum, reg. 28, n. g. 1804; lettera 17 aprile 1481, al cons. Francesco D’ Oria. (211) Litterarum, reg. 31, n. g. 1807, p. 171; lett. 8 ag. 1485, al Re. 7 - 99 — CAPO Vili. Cause die determinarono la decadenza del commercio genovese in Barberia sullo scorcio del secolo XV. Il traffico della Repubblica, dopo la caduta di Costantinopoli, si era sensibilmente accresciuto sulle coste settentrionali d’Africa, segnatamente della Barberia e dell’ Egitto, ove ancora i Turchi non avevano esteso il loro dominio. Questo sviluppo, che si manifestava come una reazion naturale di fronte alla rapida repressione dell attività commerciale delle Repubbliche italiane sulle coste del Mar Nero operata dalla conquista turca, non poteva perdurare a lungo, oltreché per la natura stessa dei tempi, eziandio e soprattutto per le circostanze degli avvenimenti che verso la fine di questo secolo si presentarono. La morte di Abu-Omar-Othman, che durante il suo lungo e glorioso regno aveva con ogni mezzo cercato di favorire la civiltà ed il commercio, e la successione, dopo lui, di principi inetti e barbari, dovevan naturalmente produrre un cambiamento nell’ indirizzo politico e commerciale della Barberia cogli Stati cristiani, e, con Genova in particolare, ove si considerino i frequenti rapporti che con essa aveva. — L’influenza di questi eventi era tanto più sentita in quanto che i principi stessi, noncuranti di opporre, come il loro predecessore, mezzi di difesa contro l’irruente barbarie musulmana, si lasciavano trascinare dallo spirito popolare, che, dopo la presa di Granata per parte degli Spagnuoli nell’anno 1492 e le successive conquiste dei medesimi in Africa per opera del celebre Ximenes, era venuto man mano rinfocandosi contro gli Occidentali. — I numerosi atti di pirateria, cui gli Spagnuoli, imbaldanziti per i recenti successi in Africa ed in Europa, si eran dati ; e, similmente, d’altra parte gli atti di pirateria che commettevansi — 100 — dai Turchi, verso i quali, per il bisogno che i popoli sentivano di raccogliersi in grandi masse omogenee affini di razza e di religione, gli Arabi di preferenza si accostavano, questi atti, dico, fomentavano una lotta, dalla quale necessariamente doveveno nascere sempre maggiori difficoltà per la navigazione e per il commercio. Ma altre ragioni esistevano altresì nel campo economico. — Colla scoperta del Capo di Buona Speranza, delle coste orientali d’Africa e della via marittima delle Indie, nonché colla grande scoperta dell’America, il commercio internazionale prendeva un indirizzo affatto nuovo, e desso, che fino allora era stato quasi esclusivo monopolio delle Repubbliche italiane per ciò che riguarda principalmente i prodotti, che per la via dell’ Egitto e della Siria si importavano dalle Indie e dagli altri paesi d’ Oriente in Europa, dopo quelle gloriose scoperte passava ai Portoghesi e agli Spagnuoli. Dopo ciò, se noi ci rivolgiamo ancora a considerare le condizioni politiche interne della Repubblica, che per una lunga sene di anni continuò a cullarsi impotente ed indifferente tra l’ambizione di governanti propri e Γ avidità di questo o quell’ altro principe italiano o straniero, comprenderemo facilmente come 1 antico suo prestigio di fronte agli altri Stati non potesse più mantenersi. Per conseguenza venendo a mancare al commercio 1 principali suoi sostegni, che sono la sicurezza e la protezione, è ovvio che il medesimo in Barberia, sebbene per la natura stessa dei prodotti di scambio con quella regione meno lentamente che altrove, pur nondimeno anche là dovesse venire scemando. E la diminuzione del traffico colla Barberia, che si osserva verso la fine di questo secolo, segna per la Repubblica un lungo passo verso quella china faticosa e difficile, dalla quale non le era dato in avvenire di potersi più ritrarre. — ΙΟΙ — CAPO IX. 1488-1499 § ι. Abu-Zakaria-Yahia e Abd-Allah successori di Omar-Othman. — § 2. Genova per la seconda volta sotto la signoria degli Sforza. Ludovico il Moro e sua amministrazione nelle cose interne ed esterne della Repubblica. Abolizione in Genova della tassa di focaggio : accordo con l’Ufficio di San Giorgio e conseguenti disposizioni sui diritti riguardanti le due Comperette di Tunisi. — § 3. Ambasciate di Battista Grimaldi e G. B. di Monteburgo ; notizie relative. — § 4. Fatti diversi. i. — Morto nei primi di settembre del 1488 dopo un lunghissimo regno il principe hafsita di Tunisi Abu-Omar-Othman, gli succedette il nipote Abu-Zakaria-Yahia, il quale, mercè l’opera diligente del console Francesco Panigarola e dei mercanti genovesi, impose subito ai suoi sudditi con pubblico proclama l’osservanza dei trattati esistenti colla Repubblica (212). Essendo Abu-Zakaria uscito in campo col suo esercito, avvenne una sedizione nella quale lo supposero ucciso. Sull’alto seggio di Tunisi s’installò allora, nel giugno del 1489, il cugino di lui Abd-el-Mumen; ma il supposto morto ritornato, e trovato il suo posto occupato, fece uccidere l’usurpatore. Egli mori poi veramente il 15 maggio del 1494 nella pestilenza che infierì a Tunisi in quell’anno, e gli succedette Abu-Abd-AUah-Mohammed, altro cugino suo. (212) Litterarum, reg. 30, n. g. 1806; lett. 9 gennaio 1489, al cons. F. Panigarola. — 102 — * * * -· — L anno della morte di Omar-Othman, Genova, che già dal 1464 al HyS era stata sottoposta agli Sforza di Milano, travagliata come al solito dalle guerre civili, tornava di nuovo sotto la signoria dei medesimi. — Ludovico il Moro, desiderando conservare il nuovo acquisto, e sapendo come unica arte a tenersi soggetto uno stato irrequieto e turbolento fosse quello di fargli gustare le dolcezze del buon ordine, come già aveva fatto in passato il duca Francesco Sforza, attese a riordinare Genova piuttosto come alleata ed amica che come suddita, provvedendo tanto alle cose di dentro, quanto a quelle di fuori. Così, per ciò che riguarda gli affari interni della Repubblica, non si può considerare certamente come estranea all’ opera del Moro l’abolizione dell’avaria o tassa ordinaria di focaggio, avvenuta nell’anno 1490 (213). Onde compensare l’erario della perdita che veniva a subire per tale abolizione, si stipulò un accordo coll’ Ufficio di S. Giorgio, in forza del quale questo si obbligava di pagare ogni anno al Comune la somma di lire 33000, e per contro il Comune di Genova devolveva all’Ufficio suddetto una congruente quantità di benefici, tra i quali il maggiore introito che sarebbesi ricavato dall’ aumento del 5 per cento, che in questa circostanza era imposto sulle somme a pagarsi dagli appaltatori del vecchio e del nuovo diritto di Tunisi. Ai quali, in compenso della corrispettiva perdita, accordavasi l’esazione di un soldo in più per ogni lira (214). Quanto alle cose esteriori della Repubblica, la saggia amministrazione del Moro, tendente soprattutto alla protezione del commercio e della industria, si riflette pure sugli atti che toccano le relazioni di quello Stato col regno di Tunisi. Queste relazioni non (213) Giustiniani, Annali, ed. cit., voi. II, p, 558. Foglietta, Ist. di Gen., ed. cit., p. 561. (214) Arch. di Stato in Gen., Membranaceo di S. Giorgio, η. XXVII, Contractuum 1476-99, a carte 89. — 10} — erano più per le ragioni già dette sì cordiali come una volta, e ogni incidente si risolveva in un danno per i mercanti e pel coni-mercio genovese, già pur troppo in decadenza. Occorreva non solo di molto tatto per prevenire le cause di appigli e contese, ma eziandio astuzia e circospezione onde attenuarne gli effetti, e render cosi meno gravi le condizioni dei mercanti medesimi. E tale era infatti la politica che usava la Signoria, come ci dimostrano le istruzioni che or ora riporteremo. * * * 3· — Due anni e quattro mesi circa dopo l’invio a Tunisi del console e ambasciatore Francesco Panigarola partiva per quel luogo nella stessa qualità, sulla nave di Pietro Vivaldi, il nobile Battista Grimaldi. — Nelle istruzioni che la Signoria gli rilasciava, a complemento di quelle che già a voce gli aveva dato (delle quali ultime non abbiamo notizia), gli si diceva : « Che da quanto avevano scritto i mercanti genovesi da Tunisi « parea che il Re non dimostrasse loro quella benevolenza, « quale sempre aveva avuto per essi il suo predecessore Omar-Oth-« man. Se ciò era vero, i Mori imbarcati assieme ad esso amba-« sciatore sulla nave Vivalda, al loro arrivo a Tunisi, avrebbero « potuto viemaggiormente inasprire l’animo del Re per le molte « cose di cui si sarebbero lamentati a carico del patrone della nave ; « ciò che sarebbe stato veramente fatale per i mercanti genovesi. « Quindi esser d’uopo ch’egli usasse di molta prudenza. E gli si davano in proposito i seguenti consigli: « Non sì tosto ei giunto nel golfo di Tunisi, prima di sbarcare « dovea chiamare a sè i mercanti genovesi. Se questi gli riferi-« vano die il Re era ben disposto e che nessun male poteva te-« mersi da lui, in tale caso non facesse alcun passo e al più presto « se ne tornasse a Genova. Se invece apprendeva che il Re era « indignato, e che per lo sbarco dei Mori avrebbe potuto maggior-« mente adirarsi, allora, prima che i Mori scendessero a terra o « scaricassero le mercanzie loro, ingiungesse segretamente a tutti « i Genovesi di rifugiarsi a bordo la nave Vivalda portando seco — 104 — « i loro averi, ed al patrone e all’equipaggio di non mettere piede « a terra ; di guisa che, ove il Re si fosse attentato di recar danno « ai Genovesi, questi potessero trovarsi in condizioni da rivalersene « coi beni stessi de’ Mori esistenti su quella nave. A tal fine dote veva proibire alle navi Grimalda, Cattanea, ed a qualunque altra « fosse giunta o giungesse in quel luogo, di scaricare frumento o « altre merci; il che avrebbe grandemente giovato alla causa loro. « — Se dopo tal partito il Re avesse smesso le ingiurie e dirno-« strato la volontà di venire ad un accordo, in questo caso sa· « rebbe stata necessaria una matura riflessione, dappoiché sotto « Γ apparente buona volontà del Re avrebbe potuto nascondersi « una simulazione per indurre i Genovesi a tornare alle case loro, « ed i Mori a sbarcare e a scaricare le merci che avevano a bordo. « Su questo punto il governo di Genova dichiarava si sarebbe « rimesso alla sua perspicacia e abilità, dandogli pieni poteri per com-« porre la questione ; avvertendo però di far osservare al Re, come « la Repubblica sempre fosse stata ossequiente ai trattati, e che, « se pur alcun patrone genovese avesse potuto recar offesa a' Mori, « non per ciò dovessero tenersi responsabili i mercanti ed il go-« verno di Genova, il quale nullameno sarebbe stato pronto a « render giustizia al danneggiato. E ancora, fargli notare, come nel « passato anno, sebbene Genova abbisognasse di frumento, dessa, «anteponendo l’utile dei Mori a quello proprio, avesse permesso « che due navi per essa destinate si recassero invece a Tunisi. « Finalmente, qualora il Re avesse osservato essere cosa ìn-« giusta e contraria alla propria dignità che nel golfo di Tunisi, « ossia nelle acque del suo Stato, si catturassero navi, doveva « rispondergli: essere giusto che ai Genovesi non fosse usato tratte tamento diverso che agli altri, perocché sette navi genovesi « erano state prese per l’appunto mentr’erano ancorate in quel « seno, il quale, del resto, non potendo essere protetto, aperto « mare e non porto dovea chiamarsi. Se dunque i Genovesi venivan « catturati in quelle acque dai loro nemici, non esservi ragione « per cui questi non potessero essere catturati dai Genovesi. « — E, dato il caso che il Re, interrompendolo, si fosse adirato in « guisa da non poterlo egli calmare, sarebbe stato utile allora « rispondergli, che non sentendosi sufficientemente autorizzato a - ros — « trattare su quest’ ultimo punto, avrebbe chiesto nuove istruzioni « al governo di Genova. « E, conchiudendo, raccomandavangli di avere cura in tuttociò « di esaltare la sapienza e la grandezza del Re (215) ». Queste le istruzioni che Agostino Adorno, governatore di Genova a nome del Duca Ludovico (il Moro), gli Anziani e gli ufficiali di Tunisi il 24 settembre 1490 rimettevano al nob. Battista Grimaldi. Oltre la finezza e l’accorgimento politico usato dal governo genovese, dal loro complesso si intravede abbastanza chiaramente la natura dei fatti che determinarono l’invio del Grimaldi, e le difficolti ed i pericoli cui era allora esposto il commercio della Repubblica in quelle contrade, difficoltà e pericoli che tenevano il governo in continua apprensione. Così un altro fatto assai grave dava luogo un anno e mezzo circa più tardi alla spedizione di una seconda ambasciata. Il governo di Genova aveva ricevuto da Roma lettere cifrate, scritte da certo Giov. Battista Sisto, nelle quali si diceva, come i genovesi Benedetto Giovanni Pinelli e Pietro Paolo de Vivai-di (216), in Roma, meditassero di fare insulto e scotico (217) al luogo di Bona e forse anche ad altri luoghi sudditi di quel Serenissimo Re, e che già per siffatta impresa avevano allestito fanteria, artiglieria, ed ogni altra cosa occorrente (217 bis). — Allarmata di queste notizie, la Signoria, in seguito a parere degli ufficiali preposti alle cose di Tunisi e previo accordo coi Protettori delle Comperette (218), mandava segretamente a Tunisi ambasciatore (215) Diversorum Comm. lamie, fogliazzi, filza 47, n. g. 3067, 24 sett. 1490, Istruz. all’ ambasciat. G. B. Grimaldi. (216) Questi due Genovesi erano stati appaltatori delle pescherie di corallo a Marsacares (Libri ‘Diversorum, reg. 142, n. g. 637, 28 die. 1487). (217) Scotizo — Questo vocabolo ritengo derivi dalla voce greca σχοτι'α, tenebra, oscurità, d’ onde oxotsìmo' e σκότιος, tenebroso, segreto, e σκοτίζω, io ottenebro. Vorrebbe dire cioè: cosa o impresa segreta, congiura e simile. Probabilmente questo vocabolo, come tanti altri, fu importato dalle colonie del Levante. (217 bis) Vedi nota 219. (218) Libri Diversorum, reg. 148, n. g. 642, 25 febbr. 1492, ‘Balia officii rebus tunetanis praepositi. — ιο6 — Giovanni Battista de Monteburgo con istruzioni tendenti ad impedire la esecuzione dell’impresa e a distruggere l’effetto che avrebbe prodotto sull animo del Re, ove fosse avvenuta (219). Questa impresa, a giudicare dal silenzio dei documenti posteriori, parrebbe non abbia avuto effetto, in grazia forse alla sollecitudine spiegata dal governo genovese. Ciò non toglie però che il fatto abbia una certa importanza, principalmente ove lo si ponga a raffronto colla spedizione di Biserta contro il corsaro turco Cor-togoli, avvenuta l’anno 1516 (220) a nome e con la bandiera del Papa. Infatti, quando si consideri il luogo, in cui la impresa contro Bona veniva organizzata, si è naturalmente indotti a credere, possa essere stato del pari il Pontefice l’istigatore di tale impresa, per quel sentimento stesso contro gl’infedeli ond’egli era effettivamente animato più tardi, nel 1516. È un peccato non avere in proposito alcun altro documento. * * * 4. — Le due ambasciate, di cui ho testé fatto parola, costituiscono gli avvenimenti principali che seguirono nelle relazioni fra Genova e Tunisi sotto il regno di Abu-Zakaria-Yahia. Dai quali sebbene risulti chiaro, come il governo della Repubblica cercasse con una politica astuta e assai prudente di eliminare ogni cagion di dissidio con quel Re, pur tuttavia gli incidenti fra i L’ Uff. di Tunisi in quell’anno era composto dei seguenti quattro cittadini : Ambrogio Spinola, G. B. Grimaldi, Gerolamo Palmaro, e, Antonio Sauli. — Intorno al Gerolamo Palmaro e Ambrogio Spinola vedi notizie date da F. Podestà nel suo opuscolo, già citato, sulle pescherie di Marsacares. Protettori delle Comperette nell’anno suddetto erano: Baldassare Lomel lino, Antonio Picheneto e Paride Fieschi. (219) Istruz. a G. B. Monteburgo, 28 febbr. 1492 pubbl. nella P. II del pres. voi., doc. XV. Vedi pure Litterarum, reg. 34, n. g. 1810, lett. 28 febbr. 1492, a Batt. Grimaldi, Giac. Lomellino, Francesco Palmaro e Paolo da Rapallo, genovesi presso Tunisi. (220) Su questa spedizione vedi Giustiniani, Annali, ed. cit., voi. II, p. 667. — 107 — Genovesi e i Mori continuarono ad aumentare progressivamente in modo allarmante per la sicurezza del commercio, soprattutto dopo la morte di lui, sotto il secondo successore di Omar. Cosi fra i tanti che i documenti nostri riportano, mi piace notare i seguenti: Il nobile Cattaneo de Grimaldi, imbarcato su di un naviglio siciliano era stato preso da una fusta di Turchi, condotto a Tunisi e venduto colà ad un Arabo, che segretamente lo teneva prigione. Morto 1 Arabo egli era passato in potere del Re. La Repubblica ne avea chiesto la liberazione, ma invano; la richiedeva perciò l’anno successivo (221). Certo Gio. Battista Allegro, venuto a Tunisi con una sua nave carica di merci, sotto un falso pretesto era stato preso, messo in carcere e costretto dal tesoriere del Re a pagare più di doppie 400 : di che il governo genovese protestava domandando la libertà del-Γ Allegro, la restituzione del mal tolto e la refusione dei danni (222). E similmente protestavasi a favore di un altro suddito della Repubblica, Castellino Pinelli, cui da alcune fuste di Mori erano state portate via dal magazzino ov’erano depositate, a Girgenti, 8 balle (ossia 80 pezze) di saja di Provenza, del valore di ducati quattrocento, che egli aveva colà spedito colla nave Fornara (223). Ma specialmente il governo preoccupavasi per la cattura di un naviglio, carico di mercanzie appartenenti a Pietro Paolo Fieschi e soci, avvenuta nelle acque di Bona per opera di due galee patro-neggiate da Turchi, ma armate in verità a Tripoli da Turchi e da Mori. 11 Fieschi ed i suoi compagni erano stati consegnati al Re di Bona, che pretendeva per la loro liberazione una somma di denaro. Il governo genovese aveva bensì sporto reclamo per quel· 1 atto arbitrario al Re di Tunisi, domandando la liberazione del Fieschi e degli altri prigionieri, nonché il pagamento di una inden- (221) Litterarum, reg. 36, n. g. 1812, lett. 7 ag. 1494, al Re ; ibid. ai mercanti: reg. 37, n. g. 1813 A, lett. 16 nov. 1495, al Re. (222) Litterarum, reg. 37 A, n. g. 1813, lett. 25 genn. 1498, al re Boabdile (Abd—Allah) ; ibid. a Jacopo Centurione cons. (223) Litterarum, reg. 37 A, n. g. 1813, lett. 24 ag. 1499, al Re; ibid. al console. — Istruz. a R. Pallavicino, 18 nov. 1504, pubbl. nella P. II del pres. voi, doc. XXII. — ιο8 — mtà di ducati tremila per i danni da loro sofferti, ma nulla aveva potuto ottenere (224). Vedremo quali conseguenze doveva produrre in seguito il ripetersi di fatti consimili. (224) Litterarum, reg. 57 A, n. g. 1813, lett. 24 genn. 1498, al Re Boab-dile (Abd-Allah) ; ibid. al console. Queste lettere, che pubblico nella P. II, doc. XVI, XVII, ben rispecchiano Io stato delle relazioni allora esistenti fra la Rep. e il Re di Tunisi. — 109 — CAPO X. 1499-1515 i. Genova sotto il protettorato di Francia. — § 2. Malumore contro il Re di Tunisi. Incidente seguito per la presa della nave Giustiniana fatta dai Portoghesi. Invio dell’ambasciatore Damiano Negrone; vano risultato della sua missione. Rottura delle relazioni diplomatiche e provvedimenti del governo genovese. — § }. Desiderio di riconciliazione manifestato da Abd-Allah-Mohammed. Missione presso di lui del nob. R. Pallavicino e relative istruzioni. Osservazioni sulla scadenza del trattato del 1465. Negoziati per la conclusione della pace e rinnovazione di detto trattato: venuta a Genova di un ambasciatore moro. — § 4. Cattura dell’ ambasciatore moro operata dai Siciliani nel suo viaggio di ritorno a Tunisi. — Gravi conseguenze. — S 5. Conclusione della pace e rinnovazione del trattato del 1465. Inosservanza da parte del Re alle condizioni della pace e nuovi atti contro i Genovesi. Lettera del governo della Repubblica al Re. — Nuova rottura delle relazioni. Conclusione. i. — Eravamo all’anno 1499. Ludovico il Moro, il quale aveva sempre governato piuttosto con prudenza la Repubblica nelle cose più importanti, negli ultimi anni della sua signoria commetteva una serie di errori, che rendendo vane alcune piccole aspirazioni dei Genovesi, destavano in essi forti malumori e ne allontanavano da lui la devozione e l’affetto, cosicché altro non aspettavano che una occasione propizia per ribellarglisi. Gian Luigi Fieschi, uomo ambizioso ed audace, approfittando di quelle male disposizioni, offerse al Re di Francia di sollevare in suo favore tutta la riviera di Levante a patto però ne lo facesse governatore per la vita. Luigi XII acconsentì, e disceso in quel-l’anno in Italia nello spazio di tre settimane conquistò il Milanese. Ludovico il Moro fuggì in Germania, e Genova riconobbe, per le — no- male arti del Fieschi, il dominio del Re di Francia, il quale mandò a governarla suo cugino Filippo di Clèves Ravenstein, e, secondo il pattuito, accordò in governo al Fieschi tutta la Riviera di Levante (225). * * * 2· — Uno dei primi atti compiuti dai nuovo governatore di Genova, per rispetto alle cose di Tunisi, fu F invio colà del console Innocenzo Panigarola (agosto 1500), per ottenere colla sua presenza la liberazione di Pietro Paolo Fieschi e compagni (Cap. IX, ult. §), e l’indennità chiesta invano dal governo e dal console Giacomo Centurione suo predecessore: anzi per questo affare veniva conferita al Panigarola autorità di ambasciatore (226). Ma frattanto il malumore della Repubblica, per i cattivi trattamenti fatti ai mercanti, andava ogni giorno aumentando sempre più. Sotto il regime di Ludovico il Moro essa, con un contegno piuttosto arrendevole, aveva fatto tutto il possibile per non pregiudicare il commercio dei suoi sudditi in quelle contrade. La sua pazienza, messa più volte a dura prova, era giunta all’estremo limite, ed ora, che la sopravvenuta protezione di Francia le dava ardire e risolutezza, un incidente qualsiasi avrebbe potuto fargliela rinnegare. E l’incidente infatti non mancò. Il genovese Andrea Giustiniano navigava con la sua nave grossa (225) Vedi gli storici genovesi, Giustiniani, Canale, ecc. (226) Litterarum, reg. 39, n. g. 1815, pag. 15, lett. 17 ag. 1500, al Re; pag. 15 v. a Inn. Panigarola, console; pag. 16, ai mercanti genov. in Tun. Queste tre lettere furono modificate in altra forma, togliendovi cioè tutte quelle espressioni che alludevano più 0 meno chiaramente a minacce di rappresaglie per parte dei Genovesi, qualora il Re non avesse dato soddisfazione, e, furono mandate il 10 di ottobre. Dopo G. B. Monteburgo (succeduto molto probabilmente a Batt. Grimaldi nel consolato di Tunisi) fino al 1498 non risulta dai nostri documenti chi abbia tenuto quella carica; forse lo stesso Monteburgo. Nel 1498 era già console Giac. Centurione (Litterarum, reg. 37 A; lett. 25 genn. 1498, al cons. G. Centurione). — Ili — verso Γunisi di ritorno da Alessandria: « la nave era ricca e porci tava alquanti mercadanti mori, che volevano passare in Africa « per Orano. E la Repubblica mandò Giovanni de l’Aza con un « brigantino per admonir Andrea, che si guardasse dall’armata portoci ghese. E quelli del brigantino furono tanto da bene che diedero « nuova della Giustiniana all’ armata portoghese, la quale si mise a « cercarla e trovolla di prima sera tra Sardegna e Tunisi; l’armata « avea trentadue vele, fra le quali erano cinque navi grosse di « tanta altezza quanto la Giustiniana, il che considerando Andrea « temporeggiò insino al giorno chiaro, e poi si rese per manco « male, e il conte di Taronca, capitano dell’ armata, poich’ ebbe « pigliato i mercadanti mori e giudei, quali erano circa sessanta, « e le mercanzie loro, quali valevano meglio di 50000 ducati, « detenne Andrea circa otto giorni, e usatogli ogni umanità e « pagatogli i noliti a lui dovuti, il liberò » (227). Per tale fatto avvenuto senz’alcuna colpa di Andrea Giustiniano, Abu-Abd-Allah-Mohammed faceva imprigionare i mercanti genovesi in Tunisi (228). 11 governo della Repubblica gravemente sdegnato per l’atto ingiusto del Re, deliberava di mandare quale ambasciatore una persona esperta ed abile perchè gliene porgesse vive rimostranze, e procurasse di conseguire la liberazione dei detenuti nonché il risarcimento dei danni. Tale incarico venne affidato in aprile 1502 al nobile Damiano Negrone (229). Al quale si ordinava di chiamare a sè, non appena giunto a Tunisi, (227) Giustiniani, Annali, ed. cit., voi. II, p. 602. — L’armata portoghese pare fosse composta di 35 navi e non di 32 come dice Giustiniani (Vedi Istruz. a Damiano Negrone, 1502 in P. II del pr. voi., doc. XVIII). Questo fatto, riportato anche dai nostri documenti, parmi si connetta colla cacciata crudele dei Mori ed Ebrei dal Regno di Portogallo nel 1497' avvenuta per ordine di Emmanuele il Grande, sotto pena a chi fosse rimasto di rimanere schiavo. Lo sfratto venne eseguito con tal rigore, che molti padri uccisero la prole per sottrarla all’esiglio oppure alla schiavitù (Vedi Schoefer, Hist. du Tortugaì). (228) Litterarum, reg. 41, n. g. 1817, lett. 18 febbr. 150α, al Re. (229) Litterarum, reg. 41, lett. 12 aprile 1502, p. 21,al console; pag. 21 v., 13 detto, al tesoriere del Re; pag. 22, al Re. — Quest'ultima lettera è la credenziale dell’amb. D. Negrone pel Re. — 112 — il console Innocenzo Panigarola (230) per avere notizie dei prigionieri di’erano stati chiusi nel castello, e, a seconda di quelle, gli si indicava in pari tempo il contegno che avrebbe dovuto assumere verso il Re, e la risoluzione che d’accordo col console avrebbe dovuto prendere onde riuscire nell’intento (231). Ma a nulla valse la venuta di questo ambasciatore, chè anzi il Re, non ancora pienamente soddisfatto delle violenze commesse, quasi burlandosi delie minaccie della Repubblica, facendo prendere i beni dei mercanti genovesi nei loro stessi magazzini, arrecava ad essi un nuovo danno di doppie 60000 (232). Da qui nuove minaccie della Signoria e nuove istruzioni al Negrone (30 maggio), che come le prime dovevano rimanere senza frutto (233). Per la qual cosa, adunatosi finalmente il gran Consiglio, dopo lunga ed animata discussione, cui intervennero gli uffici di Balia, di Moneta, di S. Giorgio, di Scio, del Mare ed altri ancora, stabilivasi (20 giugno) il divieto ai sudditi della Repubblica di mercatare coi porti di Barberia (da Tripoli ad Hone) (234), divieto, che rinnovavasi quindi l'anno successivo (1J03), sotto pene severissime ai contravventori, nominandosi anzi uno speciale commissario da mandarsi in riviera per curarne l’osservanza, il quale fu Filippo Palla vici-no (235). Da siffatta osservanza erano però dispensati gli appaltatori (230) Il Panigarola era ancora console nel novembre del 1504 (Litterarum, reg. 45, lett. 7 nov. 1504; ai Genov. in Tun.). (231) Istruzioni a Damiano Negrone, 1502, 13 apr.; in P. II del pres. voi., doc. XVIII. (232) Libri Diversorum, reg. 161, n. g. 655, Tunelis, 4 agosto I5°2· (233) Litterarum, reg. 41, n. g. 1817, p. 32, lett. 30 maggio 1502 a Dam Negrone amb. ecc.; ivi, p. 32 v., stessa data, al Re di Tunisi. — Altre Istruzioni a Dam. Negrone, 30 magg. 1502; in P. II, doc. XIX. (234) Litterarum, reg. 41, n. g. 1817, p. 33 v., lett. 20 giugno I502,ai mercanti genovesi in Tun.; ivi, p. 34, stessa data, lett. patente ai capitani, podestà ecc. delle due riviere; quest’ ultima pubbl. nella P. II del pres. voi., documento XX. (235) Litterarum, reg. 42, n. g. 1818, p. 22; lettera patente di nomina di F. Pallavicino a commiss, in riviera, 18 marzo 1503. — Busta AJnca n. g· 2774 C, Istruz. a F. Pallavicino, comm. in riviera (18 marzo 1503), pubb. in Parte II, doc. XXI. - ii3 - delle pescherie di corallo di Marsacares, i quali avevano sempre facoltà d’inviare navi, attrezzi, provvigioni, e quant’ altro poteva occorrere al mantenimento della fattoria e all’esercizio della pesca (236). Venivano designati dallo stesso gran Consiglio quattro ufficiali, cui se ne aggiunsero poscia altri quattro (237), perchè studiassero e decidessero con quali mezzi avrebbesi dovuto provvedere alle indennità, che il medesimo aveva decretato di distribuire ai mercanti genovesi danneggiati dal Re. Ed essi, previo accordo coi Protettori delle Comperette di Tunisi, conseguentemente deliberavano che la somma all’ uopo occorrente fosse tratta dalla imposizione del diritto di un deceno per cento sopra carati di mare, che di fatto imposero essi li 23 aprile 1504; come ne instituirono altro sopra il traffico dei luoghi de’ Mori: quindi il regio Governatore, gli Anziani, l’ufficio di Moneta e i medesimi uffiziali di Tunisi trasferirono nei Protettori di S. Giorgio questi due diritti per anni cinque, così che i medesimi Protettori potessero eseguirli per tutto detto tempo. I Protettori poi per tale cessione promisero di far scrivere agli ufficiali di Tunisi luoghi 700. — Questo contratto fu stipulato a Genova il 13 maggio 1504 e rogato dal notaro Raffaele Ponsone, cancelliere del Comune (238). (236) Il decreto di esenzione dalla suddetta osservanza trovasi nel reg. 161, n. g. 655 dei Diversorum, 6 agosto 1502. Anche nelle pescherie di corallo di Marsacares i Genovesi avevano subito dei danni, e le condizioni in cui esse versavano erano allora assai deplorevoli. — Istruz. a R. Pallavicino, 18 nov. 1504 in P. II del pres. voi. doc. XXII. — Vedi pure Podestà, opuscolo su Marsacares, già cit. (237) Questi uffiziali erano: Alessandro Sauli, Gio. Ambr. Negrone, Domenico Lercaro qm. B. e Simone de Amigdala, ai quali si aggiunsero i seguenti quattro: Battista D’Oria q. Melchione, Domenico de Marini, Ambrogio de Promontorio e Gerolamo Bestagno. (Libri Divers-, reg. 161, n. g. 655, 4 e 6 ag. 1502). (238) Libri Diversorum, reg. 161, 4 e 6 ag. 1502, Tunelis·, reg. 170, n. g. 664, 12 magg. 1503,Tro relunetana; ivi, 28 sett., Consilium pro damnificatis in Tunete. Membranaceo η. XXIX, Contractuum (S. Giorgio) in Arch. segreto, fol. ^4, maij /304. Lobf.ro, Memorie storiche della B. di S. Giorgio, 1832, p. 91. 8 - ii4 — * * * 5· Le energiche disposizioni del governo della Repubblica non tardarono a produrre l'effetto desiderato. — Il Re di Tunisi, avvedendosi ogni giorno più del grave danno che le gabelle e le entrate del suo regno venivano a subire per la sospensione del traffico coi Genovesi, cercava di far loro comprendere com’egli sarebbe stato ben disposto a intavolare nuove trattative colla Repubblica per definire le questioni pendenti qualora gli avesse mandato un ambasciatore; ed anzi affermava di voler vivere con essa in quelli stessi buoni rapporti di amicizia ne’ quali era stato il suo predecessore Abu-Omar-Othman (239). La Signoria non domandava di meglio; epperciò versola fine del 1504 decretava l’invio del nobile Raffaele Pallavicino. Secondo le istruzioni che gli si davano, egli doveva procurare di ottenere soddisfazione per i danni arrecati dal Re ai Genovesi, tacendosi rilasciare i mercanti prigionieri, e restituire i beni ond’ essi erano stati spogliati e nel castello e presso la dogana e nei magazzini e al mare, comprendendo nel numero dei dannificati eziandio quel G. B. Allegro e Castellino Pinelli, dei quali si è fatto menzione addietro (Cap. IX, § ult.). Dopo ciò, fra le altre pratiche <-ui avrebbe dovuto attendere, era principalmente quella di adoprar-si Per rinnovazione, a condizioni migliori, del trattato concluso per opera di Antonio Grimaldi col Re Omar-Othman e sancito, come vedemmo, il 15 marzo 1465 (240). In via di digressione faccio qui notare, che al trattato suddetto era stata assegnata una durata di trent’anni musulmani e che percio, se il mio calcolo è esatto, esso doveva scadere verso la fine di aprile del 1494, ossia pochi giorni innanzi la morte di Abu-Zakaria-^ aliia. Ma non vi ha dubbio, che dopo la morte di costui, sia stato prorogato per cura del successore Abu-Abd-Allah-Mo- (239) Litterarum, reg. 45, n. g. 1821, lett. 18 nov. 1504, a Mole Abdili (Mulei-Abd-Allah), Re di Tun. — Istruz. a R. Pallavicino, amb. a Tun., 18 nov. 1504 pubbl. in P. II, doc. XXII. (240) Istruzioni cit. hammed; di ciò fanno prova le allusioni in proposito contenute nei documenti dell’epoca (241). E così il fatto che il governo della Repubblica ordinava nel 1504 a Raffaele Pallavicino di adoprarsi pei rinnovare il trattato del 1465 (perciò scaduto o prossimo a scadere) ci proverebbe eziandio, che la proroga stabilita nel 1494 dovea aver avuto la durata di un decennio. Pertanto il Re Abu-Abd-Allah-Mohammed pare non si fosse potuto accordare intieramente coll’ambasciatore genovese circa le condizioni apposte alla rinnovazione del trattato e alla definizione della vertenza sulle indennità e i prigionieri, che appunto per ciò non erano stati ancora liberati. Egli, nondimeno, mostravasi assai ben disposto a proseguire i negoziati, ed infatti l’anno seguente (1505) mandava a sua volta un ambasciatore a Genova (Cid Amed Ermen-denini), dove i nostri documenti ci dicono già fosse giunto nel mese di maggio (242). D’altra parte il governo della Repubblica, pur mostrandosi fermo nel suo proposito, non trascurava di mettere in pratica tutti quei mezzi che avessero potuto condurlo ad una soluzione favorevole della questione e alla rinnovazione, possibilmente con qualche nuovo vantaggio, del trattato del 1465 (243). Così, il 15 maggio 1505 esso indirizzava al popolo un proclama col quale vietava « di fare alcuno acto o segno 0 dire alcuna parola injuriosa o in desprexio de alcuna persona mora de casa de lo magnifico ambaxiatore de Re de Tunexe che sta in la contrada de le Vigne » (244); eleggeva una Deputazione di otto ufficiali per trattare con detto ambasciatore (245) ; e, il 30 di quello stesso mese a Gerolamo de Goano, patrone di una nave a Tunisi, il quale tratteneva parte di (241) Litterarum, reg. 36, n. g. 1812, lett. 7 agosto 1494, al Re; ibid. ai mercanti: reg. 37, n. g. 1813 A, lett. 16 nov. 1495, al Re: reg. 37 A, n. g. 1813, lett. 25 genn. 1498, al Re; ibid. al cons. Jacopo Centurione. (242) Proclama del governo, 15 maggio 1505 pubbl. in P. II, doc. XXIII. — Istruz. all’amb. G. de Sopranis Donato (1505) in P. II, doc. XXIV. (243) Libri Diversorum, reg. 173, n. g. 667, 12 giugno 1505, Super instaurando commercio et renovanda pace cum rege Tun. (244) Proclama cit. a nota 242. (245) Libri ‘Diversorum, reg. 173, n. g. 667, penultima maij 1505 Subrogatio. certe merci che avea portato da Alessandria, intimava di scaricarle e farne consegna ai rispettivi proprietari, perchè, essendo venuto a Genova un ambasciatore del Re di Tunisi « ad res componendas et renovandam pacem », ed esso governo volendo ottenere in quella occasione condizioni più favorevoli, quel suo atto avrebbe potuto compromettere i negoziati in corso (246). Questi negoziati infitti approdavano a buon fine; si conveniva coll' ambasciatore tunisino, che la Repubblica pagasse ducati 50000 per indennità ai Mori presi sulla nave Giustiniana dall’armata di Portogallo, e il Re da parte sua restituisse le cose tolte ai mercanti genovesi e mettesse in libertà i prigionieri (247). A tali condizioni si sarebbe dovuto stipulare il rinnovamento del trattato di pace. Altro non mancava per la piena validità dello stesso che, come oggidì si direbbe, lo scambio delle ratifiche, ed il governo genovese, approfittando del ritorno a Tunisi dell’ ambasciatore moro col suo seguito sulla nave di Agostino Gropallo, destinava per accompagnarlo, allo scopo suddetto, l’ambasciatore Gaspare de Sopranis Donato (248). Ma un avvenimento, che l’accortezza dei Genovesi non aveva saputo prevedere, sopravveniva a distruggere l’opera con tanto studio e abilità da loro edificata. * * * 4. — La nave Gropalla, partita da Genova alla volta di Tunisi, già stava per giungere a termine del suo viaggio, quando, avvistata da alcune biremi e triremi del Viceré di Sicilia e da esse improvvisamente avvicinata, assalita e presa, veniva condotta a Tra- (246) Litterarum, reg. 46, n. g. 1822. lett. 30 maggio 1505, a Gerolamo de Goano. (247) Litterarum, reg. 46, lett. 14 sett. 1505, al Viceré Hi Sicilia. (248) Litterarum, lett. cit. in nota precedente. - L’ ambasciatore moro dev essere partito per Tunisi nel luglio o nell’agosto del 1505, perchè il 2; giugno era ancora a Genova (Divers. reg. 173, 25 giugno 1505, Concilium super ex-bitatione ecc.) e il 14 sett. già il governo della Rep. scriveva al Viceré di Sicilia, per ottenere, come si vedrà, la liberazione di esso ambasciatore. pani, indi a Palermo, non ostante le vive proteste dell’ambasciatore Gaspare de Sopranis Donato ; e, per di più, sotto pretesto che sulla nave eransi trovate delle merci che ai Cristiani era interdetto portare in Africa, veniva trattenuta con tutto il carico, l’ambasciatore moro ed il suo seguito compresi (249). Sebbene il governo della Repubblica non avesse direttamente in quel fatto alcuna colpa, tuttavia, sia per la naturale diffidenza ognor crescente verso i Cristiani, sia per la gravità stessa del caso o per altro, 11011 parve al Re di Tunisi che i Genovesi non dovessero tenersi responsabili dell’avvenuta cattura, specialmente di quella dell’ ambasciatore moro, come tale sacro ed inviolabile. Da qui nuove scissure fra il Re e la Signoria ed una serie di lettere di quest’ ultima al Viceré di Sicilia, Giovanni de la Nuz, al Re di Spagna, al console genovese in Palermo e ad altri ancora, allo scopo di ottenere la liberazione dell’ambasciatore tunisino e la restituzione della nave Gropalla col relativo carico (250). Ma tutto fu inutile. Nè valse perla liberazione dell’ambasciatore suddetto l’offerta di 150 ducati fatta da Gaspare de Sopranis Donato al governo di Sicilia (251); (249) Doc. cit. a nota 247. — Vedi pure Litterarum, reg. 46, lett. 6 nov. 1505, al Viceré di Sicilia. Dopo la presa di Granata la Spagna continuò a perseguitare i Mori : in questo stesso anno 1505 essa conquistava Mers-el-Kebir (Algeria, Oran). Essendo la Sicilia in quest’epoca sotto il dominio di Spagna, che la governava per mezzo di un Viceré, si capisce perchè la sua armata avesse catturata la nave Gropalla che portava l’ambasciatore moro. (250) Litterarum, reg. 46, n. g. F822, lett. già cit. a nota 247; ivi, stessa data al cons. e mercanti genov. in Palermo ; lett. 58,6 nov. 1505, al Viceré di Sicilia ; lett. 64, 27 nov. 1505 al Re di Castiglia ; lett. 65 e 66, 22 nov. 1505 al Re di Aragona, di Spagna ; lett. 67, 24 nov. 1505, a Nicc. Cattaneo e Agostino Italiano; lett. 68, 4 die. 1505, al Re di Spagna e Aragona; lett. 71, 13 die. 1505, a Giov. de la Nuz, Viceré di Sicilia; lett. 12 marzo, 5 maggio, 25 giugno 1506, allo stesso ; lett. 26 agosto 1506, al Re di Aragona e Sicilia ; lett. 19 agosto 1506, a Nic. Oderico, ambasciatore presso il Re di Spagna. (251) Tale offerta venne autorizzata dal governatore Filippo di Clèves e dall’ uff. di Tunisi, radunato in Carignano, presso la porta conducente al mare. Ne facevano parte allora Giov. Ambrogio Negrone, priore, Batt. D’ Oria, Mel-chione Domenico de Marini, Antonio di Albaro, Simone de Amigdala e Gerolamo Sauli (Vedi Litterarum, r. 46, n. g. 1822, lett. 49" 16 sett. 1503, a Ga- - 118 — nè il dimostrare colla esibizione del libro di bordo che le merci trovate sulla nave non erano destinate per Γ Africa, ma per la Sicilia, ove la nave, non sì tosto sbarcati gli ambasciatori a Tunisi, dovea far ritorno (252). E poiché la cosa era stata messa in litigio e andava assai per le lunghe, non è a dire con quale scapito degli interessi dei Genovesi nel regno di Tunisi, gli Anziani del Comune pensarono finalmente di rivolgersi per mezzo del governatore Filippo di Clèves al Re di Francia, perchè volesse, mediante il suo autorevole intervento nella questione, affrettarne lo scioglimento (253). Frattanto l’ambasciatore genovese aveva ricevuto ordine dal suo governo, nel caso non fossero state accolte dal Viceré di Sicilia le sue istanze, di proseguire con altra nave per Tunisi (254); ed a lui, e a Giovanni Francesco Palmaro di Gerolamo veniva affidata per un tempo indeterminato la reggenza del consolato di Ί unisi, rimasto, per gl’incidenti già detti, senza titolare (255). Le istruzioni date all’ ambasciatore Gaspare de Sopranis prima della sua partenza da Genova sulla nave Gropalla non ebbero effetto (256), come si rileva dalle successive del 9 luglio I5°7> nelle quali il governo gli diceva di aver appreso dalle lettere dei mercanti scritte 111 aprile e dalle sue di giugno che « ex rebus ad quas exequendas missus, fuistis nihil feceratis cum ipso domino rege » (2/7). E non ebbero effetto perchè la Repubblica non an- spare de Sopranis; e, Libri Diversorum, reg. 173, n. g. 667, 16 sett. 1505, Decretum officii Tunetis super oratore mauro redimendo. (252) Litterarum, reg. 46, lett. 6 nov. 1505, al Viceré di Sicilia. (.255) Litterarum, reg. suddetto, lett. 4 genn. Γ506, a Filippo di Clèves, go-vern. di Genova. (254) Litterarum, reg. cit., lett. 16 settembre 1505, a Gasp, de Sopranis Donato, amb. a Tun. (255) Busta Africa n. g. 2774 C — Lettera di nomina di detti consoli. — Ad essi tenne dietro il cons. Ger. Fontana (Litterarum, reg. 51, n. g. 1827» lett. 19 genn. 1510, al suddetto). (256) Istruzioni all’ambasciatore Gaspare de Sopranis Donato (P II, doc. XXIV. Sebbene questo documento sia senza data, tuttavia dall’esame accurato di esso e dal confronto del suo contenuto colle Istruzioni del 9 luglio 1507 (Vedi nota 257), ci convinciamo esso sia anteriore alla partenza di detto ambasciatore per 1’Africa assieme all’ambasciatore moro. (257) Istruzioni a Gasp, de Sopr. Donato, 9 luglio 1507, pubbl. in P. Il, cui a aveva potuto ottenere la liberazione dell’ambasciatore moro, condizione essenziale per 1’ accoglienza favorevole da parte del Re delle richieste in esse istruzioni contenute e per la conseguente conclusione del trattato, in che 1’ ambasciatore moro doveva essere mediatore ed interprete (258). Ed anzi costui non solo era tuttora prigioniero, ma per di più era stato maltrattato e tutti i suoi uomini, specialmente il torcimano, messi in galera al remo (259). Non mancarono poi in tutto questo frattempo altri motivi per aggravare la situazione. — Certi Giovanni Antonio Aimerico e Francesco Lercaro, detto il negro, patroni di un naviglio, imbarcati alcuni mori ed ebrei in Algeri con loro mercanzie per trasportarli a Biscra, avean loro fatto burla-, quaranta di quei Mori erano stati condotti a Oneglia e da donna Peretta Doria, moglie del qm. Domenico, signora di quella città, chiusi in castello, e tante loro mercanzie pel valore di ducati 600, tra le quali cantara 200 di ferro, messe a terra (260). Così, per gli avvenimenti suddetti la conclusione della pace veniva ritardata, e fino al mese di luglio (1507) certamente l’ambasciatore Gaspare de Sopranis Donato non era approdato a nulla. Il governo genovese, mostrandosi di ciò maravigliato e dolente, ordinava a quel suo ambasciatore di adoprarsi con prudenza e moderazione per riuscire ad ottenere dal Re la sanzione del trattato, secondo i patti convenuti coll'ambasciatore moro a Genova, 0 per conseguire almeno una qualche soddisfazione, come sarebbe stata la liberazione dei Genovesi detenuti ; ma d’altra parte lo esortava, nel caso non doc. XXV. — Vedi anche Lettera del gov. di Gen. al Re di Tun., 8 lugl. 1507, in P. II, doc. XXVI. (258) Litterarum, reg. 46, n. g. 1822, lett. 5 mag. 1506, al Viceré di Sic. (259) Litterarum, reg. sudd., lett. 25 giugno 1506, a Giov. de la Nuce, Viceré di Sic. (260) Litterarum, reg. cit., lett. 28 magg. 1506, alla Magnif. donna Peretta D’Oria, signora di Oneglia. In questa lettera si parla di pace rinnovata; evidentemente è una bugia detta con volontà determinata, affinchè donna Peretta, ritenendo la pace già conclusa, non vi contravvenisse facendo novità, come dice il documento, contro i Mori, suoi prigion:eri; ciò che appunto avrebbe potuto compromettere la reale conclusione della pace. gli fosse stato possibile fare accogliere dal Re alcuna delle sue istanze, a domandare senz’altro licenza e a tornarsene a Genova (261). * * * 5· — La liberazione, probabilmente avvenuta nel frattempo, dell" ambasciatore moro, o le premure del governo della Repubblica al de Sopranis Donato e al Re ebbero il loro effetto, poiché senza alcun dubbio, anteriormente alla data di un nostro documento che ce ne fa prova (26 sett. 1508), e con molta probabilità nella seconda metà del 1507 il trattato di pace era finalmente conchiuso (262). Non è il caso qui di ripetere le ragioni d’indole sociale che fomentavano l’avversione dei Mori contro i Cristiani per comprendere come il trattato suddetto non potesse avere quella solida base di esistenza, che dalla lunga durata dei negoziati che ne avevano preceduto la conclusione sarebbe stato lecito sperare. E così non erano passati che pochi mesi appena dalla sua pubblicazione eh’esso veniva dal Re e dai suoi sudditi effettivamente violato. La nave Negrona mentre navigava alla volta di Alessandria, ove doveva trasportare alcuni Mori imbarcati a Tunisi, era stata nelle acque di Candia sorpresa ed assalita dalla gran nave di Rodi, forte di duecento uomini e munita di buon numero di artiglierie di bronzo. L’equipaggio della nave genovese aveva opposto una fiera resistenza; ma, sopraffatto dal numero e dalla potenza degli aggressori, dopo due giorni e una notte di combattimento, nel quale incontrarono la morte alcuni Mori e Cristiani, e tra questi Daniele Centurione, era stato costretto ad arrendersi. (261) Documento cit. a nota 257. (262) Busta Africa n. g. 2774 C. — Lettere al Re di Tun. e all’amb. Gasp, de Sopr. Donato, 26 sett. 1508. (Parte II, doc. XXVIII e XXVIII b's). Circa le nuove disposizioni di questo trattato vedasi quali fossero in proposito le intenzioni del governo genovese nelle Istruzioni a G. de Sopr. Donato del 1505. (P. II, doc. XXIV). Il governatore di Genova, Rodolfo di Lanoj, e gii Anziani, non sì tosto aveano avuto contezza del doloroso fatto, che immediatamente facean rimettere dall’ambasciatore Gaspare de Sopranis Donato, tuttora colà, una lettera al Re di Tunisi, nella quale, pur manifestando il proprio rammarico per la disgrazia toccata ai Mori, dimostravano la innocenza del patrone della nave e la ineluttabile necessità della resa, e discolpavansi pertanto di qualunque responsabilità esso Re lur potesse addossare (263). Ma questi, non tenendo alcun conto delle buone ragioni dei Genovesi, faceva imprigionare lommaso Negrone, che come si usava a que’ tempi era rimasto a Tunisi in ostaggio per la suddetta nave, nè, malgrado le reiterate istanze e proteste della Repubblica, voleva accondiscendere a rimetterlo in libertà (264). Così parimenti un altro fatto risultante da una lettera al Re, raccomandata all’ambasciatore Gasparo de Sopranis, viene a comprovare le considerazioni da me fatte addietro. In essa il governo di Genova si lamentava « che non ostante la pace fosse stata firmata e gridata, nondimeno non fosse stata osservata, che non essendo ancora benisuta la carta de la dieta pace, le fuste dd Re avessero fatto grandi danni in la insola de Corsica e in la Riviera, e menato via homini e done sensa alcuno rispecto de la dieta pace » e gli chiedeva la liberazione di quei prigionieri (265). — E un anno circa più (263) Busta Africa cit. — Doc. contenente due lettere in data 15 febbraio 1508, una al Re, l'altra all’ amb. Gasp, de Sopr. Donato (Parte II, doc. XXVII e XXVII bis). (264) Litterarum, reg. 51, n. g. 1827, lett. 20 luglio 1509, al Re ; ibid. al console. (265) Busta ^Africa cit., Lettera al Re, 26 sett. 1508. (Parte II, doc. XXVIII). Ivi unita altra lettera diretta all’amb. G. de Sopr. Donato (doc. XXVIII bis), in calce alla quale trovansi i nomi di alcuni dei suddetti prigionieri. Sono : Battista di Savignone, di anni 25 a 27. Gabriele di Voltri id. id. Giov. Antonio di Savignone, figlio di Grunano “2^ungo (cioè il zoppo). Francesco Verina qm. Bartolomeo. Gerolamo Clavino di Prato, fanciullo di anni 15 a 16. Niccolò de Lagio di Voltri di anni 36, povero con figli. Giacometto Rondanina povero di anni 36. Benedetto Magnono di Pegli abitante in Voltri. — 122 — tardi gii scriveva la seguente lettera, che stimo più opportuno riferire per intiero anziché riassumere. « Serenissime Princeps et Rex excellentissime, « È ritornato li passati jorni a noi da la vostra Alteza il nostro « ambasatore (Gaspare de Sopranis Donato), il quale ne ha nar-« rato tuto quello che ha tractato cum vostra Segnoria, e ne ha por-« tato una vostra lettera, il tenore de la quale habiamo inteizo e « quello examinato in li nostri consegli e se (si è) judicato nel « principio che dieta vostra Alteza se sia havuta cum noi reai· « niente e che habia mostrato segnali de voler perseverare in lo an-« tiquo amore de li vostri illustrissimi precessori verso la comu-« nità nostra, ma poi no è seguito il principiato; prima per non « esser stato restituti tuti li captivi nostri subditi, anchora per non « aver satisfacto vostra Maestà quello che se era acordato cum lo « vostro ambassatore, etiamchè de novo le fùste che eschano de « lo vostro regno prendeno li nostri subditi per tuto dove li tro-« vano; che credevano esser securi sotto la frescha pace, e poi « son retenuti per captivi e venduti in publico como spagnoli e « catalani (266). Queste son le caose, Re excellentissimo, juste de « dolersi de la pace non servata per parte de vostra Maestà, che « quanto per parte nostra noi no se possiamo vendicare de li « potenti Re e altri segnori che prendeno mori in le navi nostre : « e in el tempo de la bona memoria de Mole Ottoman (Abu-Omar-« Othman) sum seguiti simili caxi e più importanti; ma no per « questo è stato facto alchuno nocumento a li mercadanti, li quali « veneno in la cita e regno vostro per loro beneficio e de vostri « populi, e non per pegno de corsari e malfactori, nè questo le « (è) iusto nè honesto. E perchè pare per dieta vostra lettera, « che remetiati in noi lo perseverare in la pace facta per il nostro « ambasatore, noi diciamo che il proprio e naturale vivere del mer- Domenico Pignono qm. Andrea di Voltri, fanciullo di anni i> a 16. Giacomo Maxena untore di corami, cittadino genovese. Giovanni Maxena qm. Martino, untore di corami egli pure. (266) Si sa che dopo la presa di Granata la Spagna continuò a perseguitare i Mori. Nel 1505 prese Mers-el-Kebir, nel 1508 il Penòn d’Algeri, nel 1509, anno del nostro documento, Orano, ecc. — 123 — « cante è la pace; e, a tale obiecto fo mandato dicto nostro ambas-« satore. E una pace la quale sia integra e observabile noi la ha-« veiemo semper cara, sia per perseverare in la forma del viver « corno li nostri passati, sia per comodo de li nostri popoli. « Ma se sotto nome e umbra di pace, a noi no dovesse esser obser-« vato quello chi fo, e accordato (che fu ed 'e accordato) cum lo vostro « ambassatore e poi confermato per scriptura de mano propria de « vostra Maestà, questa no seria justa ni equa pace, perchè li « nostri mercadanti debeno esser satisfacti de quello ge e (loro e) « stato preizo in casa vostra, e li captivi subditi nostri cossi de « novo corno de vecho debeno esser restituiti, perchè altramenti « inanello male seria una certa goerra che una pace simulata. E « perchè vostra Alteza scrive che se (ci) faciamo debito 1’ uno al-« 1 altro, noi no intendiamo haver debito a vostra Maestà de cossa al-« chuna e, se ge (ci) fosse alchuno de vostri che se lamente de nostri « siamo presti a farge bona et expedita j usticia. Si che aveti la « nostra voluntà, la quale è de governarsi secondo vederemo esser « la volunta de vostra Altera cum noi e cum li nostri mercadanti, « li quali ve accomandiamo, pregando vostra Maestà che comande « che a loro sia facto favore e bona compagnia, e che siali satis-« facti de quello dato de uovo a la vostra alta corte; perchè a « questo modo crescerà lo amino del negociante e lo numero « de li mercadanti, e la mercadantia augumenta le cita e li reami. « Data Janue die XXIII Julii 1509. « Franciscus (de Rocajoarda) et Consilium » (267). Ora, dopo quel che risulta dalla lettera surriferita e da quanto abbiamo riportato più addietro in quest’ultimo capitolo, se noi poniam mente ancora: a) che il governo della Repubblica il 20 luglio 1509 aveva pur scritto al Re di Tunisi richiedendolo della liberazione di Tomaso Negrone e che questa liberazione in gennajo del 1510 non era ancora avvenuta, cosicché allora replicando il governo stesso lasciava intravedere quali sarebbero state le sue disposizioni in caso di rifiuto (268); (267) Busta ^Africa, n. g. 2774 C. (268) Ulterarum, reg. 51, n. g. 1827, lett. 20 luglio 1509, al Re; id. al - 124 - b) che dopo 1’anno 1510 cessa ogni corrispondenza della Repubblica col Re di Tunisi, come appare dallo spoglio dei registri Copialettere, Litterarum, e, dei registri e filze Diversorum Communis Janue del nostro Archivio di Stato; c) che nondimeno dagli atti del notaro Agostino Testa di Ovada, conservati nel nostro Archivio, si rileva com’egli abbia rogato in Tunisi dal settembre 1501 all’ottobre 1515, e nell’agosto 1512 fosse ancora console Gerolamo Fontana, mentre dopo il r 514 non è più affatto cenno di consoli genovesi (269); d) che finalmente nell’anno 1509 gli Spagnuoli presero Orano, nel 1510 Bugia; tentarono pure d’impadronirsi di Gerba e di kerkeni, e osteggiarono Tlemsen nel 1515, accrescendo in tal guisa 1 odio dei Mori contro i Cristiani in genere (270). Dall insieme di tutte queste osservazioni ne è lecito desumere, che le relazioni della Repubblica col Re di Tunisi, dopo la breve rottura avvenuta nel 1502 e le diverse alternative di miglioramento e Peggioramento succedutesi fin verso l’anno 1510, debbano successivamente essersi ognor più inasprite sino a degenerare in aperto conflitto verso la fine del 1515 a seguito principalmente delle prede commesse contro i Cristiani, e i Genovesi in ispecie, dal pirata Corto-goli, al quale, come ad altri pirati, pare che il Re di Tunisi avesse dato favore (271), pigliando, come principe, secondo legge musulmana, il quinto delle prede. Da ciò l’impresa dell’arcivescovo Federigo Fregoso contro Cortogoli e l’assalto di Biserta dell’anno 1516, di cui racconta Giustiniani nei suoi Annali. console; ibid. lett. 19 genn. r 510, al Re (pubblicata nella P. Il, doc. XXIX)! id. al console Ger. Fontana. (269) Arch. di Stato in Gen., Sala 6, sg. 136, not. Testa. L’ ultimo atto nel quale sia cenno del console G. Fontana porta la data del 30 agosto 1512. In altro posteriore del 9 nov. 1514 si dice del Fontana, olim consul januen-sium. (270) Mas Latrie, Trailès, ecc., lntrod. hist., pag. 340 e seg. Amari, Alti della Soc. Lig. di St. T., voi. V, Nuovi Dipi. Arabici, pag. 584. Gerba e Kerkeni (Cercina del Centro), isole fra la Sicilia e 1’ Africa, vicine a quest’ ultima. (271) Amari, Nuovi Diplomi Arabici in Atti Soc. Lig. St. P., voi. V, p. 587 e seg. - 125 — Ma non sembra che in quest’ultimo periodo fossero avvenute, prima del 151 altre sospensioni nei rapporti fra i due Stati, come lascierebbe credere l’illustre Amari nel riferire intorno al diploma di Abu-Abd-Allah-Mohammed del 22 febbraio 1 517 (272). Di questo diploma, a parte la breve osservazione ora fatta, tralascio di occuparmi, poiché, dopo quanto ne scrisse l’illustre Storico Siciliano, il voler dir di più, in mancanza di nuovi documenti, sarebbe opera vana e stolta pretesa. E qui finisce il mio modesto compito, giacché degli anni che trascorsero posteriormente fino al 1573, epoca nella quale i Turchi s impadronirono definitivamente di Tunisi, non risultano dalle ricerche fin qui eseguite nel nostro Archivio di Stato altri documenti interessanti all’infuori di quelli già noti e pubblicati. Sarebbe pertanto opera utile assai che ove ne esistessero altrove, dessi pure fossero resi di pubblica ragione. (272) Amari, Optra cil., pag. 585. APPENDICI 'TT ΤΤΤΓΤΤΤΤΤίΤ f ΤΤΗΤΤΤΤΤΤΙΤΓΤ'ΤΙ'ίΤΤ tTTTTTIT I. BREVE CENNO SULLE MONETE (0 Doppia. — Doppia o dobla, moneta d’oro, che nei nostri documenti s’intende moneta saracenale o africana, perchè battuta dai sovrani d’Africa (2); ma sparsa largamente in Europa, specie a Genova. Nelle lingue saracenali la doppia si chiamava più propriamente dinar, perchè gli Arabi la imitarono dal denarius aureus romano che trovarono corrente nei paesi da loro conquistati, mentre essi non avevano ancora moneta propria. Gli Europei la chiamarono dobla, come pezzo doppio del peso e valore dell’oro da essi conosciuto, vale a dire bisante doppio. Il peso della doppia si avvicina anche al peso delTaure/u romano, che era di grammi 4.53 (1) Mi limito a dare alcuni: notizie sulle principali monete saracenali in corso nel regno di Tunisi al tempo degli Hafsidi, su quelle soltanto che tro— vansi menzionate nei nostri documenti ; e ciò allo scopo di non addentrarmi più del necessario in un argomento che uomini illustri, come il nostro compianto storico Cornelio Desimoni, già ampiamente trattarono. (2) Dice Pegolotti (Pratica della Mercatura,in ‘Pagnini, Della Decima voi. Ili, cap. XXVII), che la zecca di Tunisi cominciò a batter moneta l’anno 1531. 9 - 130 - circa (i); essa pesa un poco più, fino a gr. 4.69, come fu trovato dal Sauvaire (2), e perfino a gr. 4.75 nei dinari d’Abd-el-Mumen o 3\/Cumeni (3). Se fosse di oro fino, com’era nei primi tempi, la dobla o dinar, al valore di L. 3.444 per gramma d’ oro, ascenderebbe a L. 16.15 oppure 16.36. Ma il suo fino in progresso di tempo diminuì alquanto, e, due nostri documenti degli anni 1466 e 14S6 (4) ragguagliano 10 doppie di Tunisi a lire 30 di Genova, ossia 1 doppia a lire 3 di Genova. E poiché la lira di Genova d’al-lora pare corrisponda a lire italiane moderne 4.50 circa (5), si avrebbe così per la doppia, a quell’epoca, un valore intrinseco di L. 13.50 (6). Bisante. — In origine questa moneta è lo stesso denarius aureus, di cui ho testé fatto menzione, ma battuto a Bisanzio (Costantinopoli), dove gl’imperatori da Roma trasportarono la sede ; e da ciò trasse il nome. Così anche il peso ne era eguale, cioè al taglio di pezzi 6 a saggio ossia oncia (7), 0 di 72 a libbra, che (1) Sauvaire, Matériaux pour servir a l’hist. de la Numismatique et de la Metrologie Musulmanes. Paris, Impr. Nationale 1882; ic partie, pag. 256. Vasquez Queipo, Essai sur les sysl'emes métriques et monètaires des anciens peu-ples, in Clement Mullet, Journal Asiatique, 1868. Append. I, 506-508. Desimoni, La Moneta e il rapporto dell’oro all’arg.nto, Roma, Tip. dei Lincei, 1895, pag. 20. (2) Sauvaire, Op. cit., I, pag. 269. (3) Amari, Diplomi arabi dell'Arch. di Firenze, Firenze 1863; pag. 398. Id. Journal Asiatique, 1846, p. 240-41, nota 78. (4) Arch. di St., Libri Diversorum, reg. 89, n. g. 584; 25 giugno 1466, Impositio pro legatione Job. de Levanto. Id. reg. 136, n. g. 631; 2 mag. i486, Tro Joh. Lomellino legato. (5) Desimoni, Appendice li. alla Vita Trivata dii Genovesi di T. Belgrano. (6) In alcuni degli atti rogati in Tunisi (an. 1501 in 1515,) dal notaro Testa Ag. di Ovada (Arch. di St. in Gen., sala sesta, sg. 136), e nelle Istruzioni all amb. Gaspare de Sopranis Donato, 1505 (Parte II, doc. XXIVJ, trovo menzionata una specie di doppia detta abdelia. Ritengo che, come i Mumeni presero nome da Abd-el-Mumen, le doppie abdelie fossero cosi chiamate da AbdAllah-Mohammed, che deve averle fatte coniare verso l'anno 1502. Vedi Parte II, doc. XXIV, nota 2. (7) Pegolotti, Tratica della Mercatura, voi. Ili della Decima, cap. XXVII. torna al peso di gr. 4.54. Ma la decadenza dell’Impero introdusse successive alterazioni nella lega del metallo, per cui ai tempi del Pegolotti (sec. XIV) il bisante era ridotto del valore della metà, ossia di due terzi di fiorino. Cadendo ancora divenne bisante di conto, cioè pagabile non più in oro, ma in argento ossia migliaresi, col rapporto di 10 migliaresi a bisante (1), donde fu anche chiamato bisante di migliaresi. - Nel secolo XV il bisante si scostò dall’flw-reus in valore sempre più. Nel trattato del 1433 un cafisso di grano valeva in Tunisi bisanti 5; nel 1445 è portato a bisanti 15 per la moneta mutata nel frattempo, come si dice nel documento, e si aggiunge, che ora i 15 bisanti valgono5/„ di una dobla, per cui 18 bisanti equivalevano allora ad una doppia (2). Migliaresi o diremi. — L’un nome vale l’altro, perchè quella moneta, che i Saraceni chiamavano direm, gli Europei dicevano migliar ese (3). - Il nome di diremo fu tratto dalla voce greca dramma, cioè dalla moneta d’argento che i Saraceni trovarono corrente in Persia all’epoca della loro invasione ivi, e che presero per modello (4). Il nome di migliarese era romano, e si crede derivasse dai mille pezzi che in certi tempi si tagliavano in una libbra di peso romano. In sostanza erano pezzi di buon argento. L’illustre Amari (5) li calcola di gr. 2.90 e come peso medio gr. 3.35, (1) Desimoni, La Moneta e il rapporto dell'oro all'argento, capo Vili, p. 22. (2) Si confrontino l’art. 26 del trattato del 1433, 1’art. 7 del trattato del 1445, pubblicato dal Mas Latrie, Traités,ip. 138, 144, e il penultimo capoverso del trattato del 1465, pubblicato nel pres. voi., Parte II, documento X. (3) Vedi Giornale Ligustico, 1882, IX; Desimoni, Il Libro di Oltremare; ivi Glossario, alla voce moneta. (4) Minieri Riccio, Regno di Carlo 1 d'Angiò, Arch. stor. ital., 1878, I, 444. Desimoni, Actes passis à Aias par devant des notaires Ghiois. Gènes, 188r, negli Archives de l’Orient Latin, I, 438. Mommsen, Geschichte des rohmischen Mim{wesen, Berlin, 1860, 897. Karabacek, Etne abbasidiscbe ‘Bilde.mmie silber ecc., in Numismatische Zeitsclirift, Vienna, 1870, pag. 27-28. Sauvaire, pag. 212. (del re Cosroes). (ì) Amari, Storia dei Musulmani in Sic. Firenze, Le Monnier, 1863, I, 289, ΠΙ, 45)· — 'i2 — questo forse più simile al peso originale o greco, il che, (.lato il valore dell’argento fino a L. 0.222, torna per diremo al valore di L. 0.74. Ma pel secolo XV è certo sempre minore, notandosi nei documenti un declinamento continuo rispetto alla dobla d’oro, che si conservò relativamente buona. Così, concludendo, osserviamo che, mentre la dobla d’ oro in progresso di tempo non si scostò che poco dal suo valore d’origine, il bisante, all’ opposto, continuò a staccarsi dalla dobla scendendo dalla sua metà fino al sesto e più; ma si consolidò il rapporto costante di dieci diremi ossia migliaresi a bisante. II. ELENCO DEI CONSOLI GENOVESI IN TUNISI (1404-1513) Battista Imperiale. — Eletto il 19 novembre 1404.....(1). Periodo incerto; consolato probabilmente vacante (2). Guirardo Gentii.e. — Dal ... al maggio 1427. Niccolo Bracelli. —Eletto il 17 maggio 1427. Antonio Zignago. — Dal dicembre Γ428 al settembre 1432. Andrea De Mari. — Dal 14 settembre 1432 al luglio 1434; console e ambasciatore. Consolato vacante. — Dal luglio 1434 al febbraio 1435. Andrea De Mari. — Dal febbraio 1435 all’aprile 1439. Bernabò delle Colonne Scoto. — Dall’aprile 1439 al febbraio 1442. Melchione Fregoso. — Dal febbraio 1442 al 17 giugno 1443. Cipriano De Mari. — Eletto il 17 giugno 1443 (3). Giannotto Salvago. —.....1448..... (1) Vedi Esposizione Storica, nota 39. (2) Vedi Espos. Stor., Capo III, § 2 e nota 39. (3) Cipriano De Mari era stato podestà di Pera nel 1435. Vedi Atti Soc. di St. P., voi. XIII, doc. CHI, pag. 20;. Pellegro Di-Negro. —..... 1449..... Clemente Cicero. —..... 1450..... Bernardo Imperiale. — Eletto in marzo 1452, è revocato il 27 marzo 1454. Simone Calvo. — Dal 27 marzo 1454 al 4 ottobre 1456 (1). Parente del Doge Pietro Fregoso. Galeotto Grimaldi. — Dal 4 ottobre 1456 al 13 luglio 1458 (2). Baldassare D’Oria. — Dal 13 luglio 1458 al 1°. maggio 1459. Giov. Battista Grimaldi. — Dal Γ maggio 1459 a----(figlio di Galeotto, parente del Doge Prospero Fregoso). Filippo Di-Negro. —.....1463. Giov. da Levanto. — Dalla metà circa del 1466 al 1468; an-basciatore e console (3). Oliviero Di-Negro. —.....1471 ..... Baliano de Fornari. —.....1472..... Raffaele Grimaldi. —...... 1473..... Filippo Di Negro. —.....1475..... Raffaele Grimaldi. —.....1478..... Francesco D’Oria q. Gerolamo. — Dalla fine circa del 1479 a quasi tutto il 1481. Costantino D’Oria. j Dalla fine del 1481 al mag. 1483» sur" Giacomo D’Oria. i rogati da Teodoro Spinola (4). (1) Vedi reggenza provvisoria del consolato a pag. 76. (2) Vedi pure reggenza provvisoria a pag. 76. (3) Un Giovanni da Levanto fu podestà di Pera nel 1438. Atti Soc. di St. P., voi. XIII, doc. CV, p. 204. (4) Non si sa chi fu delegato a reggere il consolato di Tunisi a nome di questi due consoli, i quali, a motivo delle loro occupazioni, non poterono lasciar Genova; forse Teodoro Spinola. Teodoro Spinola. — Dal maggio 1483 al maggio i486. Giov. Battista Lomellino q. Eliano. — Dal maggio i486 al maggio 1488; ambasciatore e console. Francesco Panigarola. — Dal maggio 1488 al settembre I49°> ambasciatore e console. Battista Grimaldi. — Dal settembre 1490 al febbraio 1492; ambasciatore e console. Giov. Battista de Monteburgo. — Dal febbraio 1492 a .... ambasciatore e console. Giacomo Centurione. —..... 1498..... Innocenzo Panigarola. — Dall’agosto 1500 al..... ^‘Riconsolato vacante. —..... 1505..... 1506. Gasparo de Sopranis Donato. | ^ Gio. Francesco Palmaro di Gerolamo. \ Gerolamo Fontana. —..... 1509..... 1513 00· PARTE SECONDA DOCUMENTI Τ ΓΙϊΤΤΤΤΤΐΤΤΤΤΠΤΓΠΤΠΤΙΤΓΓΠΤΠΤΠΤΓΓΠΤΓΤΤΤΤΤ DOCUMENTO 1. (Archivio di Stato in Genova, Sala s8. filza Istruzioni, n. g. 2707 A.) Mandatum Caroli Grilli Tunetim profecturi pro concordandis pactis cum Rege. lY)l — r4 marzo (1). In eterni Dei nomine amen. Magnificus dominus Anthoniotus Adurnus pro serenissimo domino rege Francorum gubernator Januensium et communis et populi defensor. Et suum venerabile consilium dominorum decem octo sapientium antianorum. In pleno, integro et totali numero congregatorum, quorum nomina sunt hec: (i) Questo mandato non avendo avuto luogo, come è scritto in margine al medesimo, fu rinnovato nella stessa forma il 16 maggio. (Vedi P. I, nota 29). La sola differenza che riscontrasi nel mandato del maggio sta nel nome del governatore (Valerando di Lussemburgo) e di alcuni membri componenti il Consiglio dei 18 sapienti cioè: Raffael de Facio prior ; Antonius Justinianus miles; Raffus Lecavellum ; Antonius de Lacastanea ; Janinus de Serra de Pulcifera ; Brancaleonus de Grimaldis ; Abraymus Pilavicinus ; Johannes Ususmaris Petri ; Lucianus Spinulla ; Jacobus de Auria ; Francus de Francis; Cataneus Cigalla ; Jacobus de Salvo ; Dominicus Bosonus de Struppa; Inoflinos de Sollario de Cogoleto et Petrus de Vivaldis. — 140 — Dominus Antonius Justinianus miles, prior; Gentilis de Gri-maldis ; Raffus Lecavellum; Antonius de Lacastanea; Leonel de Mari; Janinus de Serra de Pulcifera; Raffael de Facio; Abraymus Pilavicinus; Johannes Ususmaris Petri; Lucianus Spinula Cepriani ; Andreas Mamiffus; Francus de Francis; Jacobus de Auria; Dominicus Bosonus de Struppa; Cataneus Cigala; Jacobus de Salvo; Jnoflinos de Solario de Cogoleto et Petrus de Vivaldis. Agentes nomine et vice communis fanue et pro ipso communi. Confisi de discrecione et probitate nobilis viri Caroli Grilli civis Januensis. Omni via, iure, modo et forma, quibus melius potuerunt ct possunt, fecerunt, constituerunt, creaverunt et ordinaverunt eorum dicto nomine et dicti communis Janue certum verum legiptimum et indubitatum actorem, sindicum, procuratorem et ambassatorem ac nuncium specialem, et quidquid et prout de jure melius fieri et esse potesi loco ipsorum dicto nomine et dicti communis posuerunt et ponunt dictum Carolum Grillum, licet absentem, duraturum usque ad annum unum proxime venturum. Ad eundum et se personaliter conferendum ad sublimem conspe- ctum serenissimi et illustrissimi principis et domini domini Mulev Buffers (i), Dei gratia regis Tunexis et Buzee etc., ct coram quibuscumque consiliariis, auditoribus vel officialibus ipsius constitutis vel constituendis. Et ad confirmandum, ratificandum et approbandum ac de novo, si expediet, faciendum pacem, composicionem seu conventioncm et pacta, vigentem et rigentia inter dictum serenissimum regem si\e digne memorie quondam dominum....(2) olim regem patrem suum, ex una parte, et dictos constituentes dicto nomine sive dictum commune Janue, ex altera, sub illis pactis, promissionibus, obligationibus et cautellis, sub quibus fuit ultimo dicta pax et conventio composita et firmata, existentibus ambaxatoribus pro dicto communi Janue ad predictam nobilibus et discretis viris Gentile de Grimaldis ei Luchino de Bonavey. Et ad petendum, requirendum et postulandum restitutionem seu satisfactionem et emendam omnium et singulorum dampnorum. d) Vedi Parte I, nota 27. i2) £ taciuto il notre; si a che il padre di Mulei Buffer* (Abu-Fare*) fu Abul - Abbas - Ahmed. — Vedi Parte 1, nota 27. robariarum et depredacionum Januensibus seu subditis communis Janue illatorum seu commissarum contra aliquos Januenses vel eorum bona per quosvis subditos prefati serenissimi domini regis Tunexis a tempore dicte alias firmate pacis per supradictos Gentilem et Luchinum ambaxatores dicti communis Janue citra. Nec non ad requirendum, instandum et prosequendum libera-cionem et relaxacionem quorumcumque in regno ipsius captivorum Januer.sium vel subditorum communis Janue, tam qui restarent dicto tempore firmate dicte pacis captivi, quam qui postea captivati fuissent. Item ad quitandum, liberandum et absolvendum, nomine dictorum constituentium et dicti communis, prefatum serenissimum dominum regem, heredes et successores eiusdem, de omni eo et toto quod pro emendea, restitucione vel alia satisfacione dictorum dampnorum Januensibus illatorum receperit vel habuerit, seque de eo bene quietum et solutum vocandum nomine sepedicto. Iit ad unum ct plura instrumentum et instrumenta de et super predictis omnibus et singulis. Cum illis omnibus confessionibus, renuntiationibus, promissionibus, obligationibus, clausulis et cautellis, de quibus dicto sindico ambaxatori et procuratori dicto nomine videbitur et placuerit faciendum et fieri seu confici faciendum. Et demum generaliter ad omnia et singula gerendum, faciendum, procurandum et administrandum in predictis omnibus et singulis, et in dependentibus, accessoriis, annexis et connexis predictis et a predictis, ct cuilibet et a quolibet predictorum, et circa predicta que opportuna necessaria vel utilia videantur, queque per quemcumque verum, legitimum et indubitatum procuratorem et sindicum plena et omnimoda potestate sussultum fieri possent, et que ipsimet constituentes possent facere si personaliter interessent, etiam si talia forent que mandatum exigerent speciale. Dantes et concedentes dicto nomine eidem Carolo, sindico et procuratori predicto, in predictis omnibus et singulis et circa predicta, ac in dependentibus, accessoriis, annexis et connexis predictis ct a predictis, et cuilibet et a quolibet predictorum, plenum largum libcium ct generale mandatum cum plena larga libera ct generali administratiooe. Promittentes michi Antonio de Credentia notario et dicti communis Janue cancellario infrascripco, tamquam publice persone officio publico stipulanti et recipienti nomine et vice prefati sci diissimi domini regis Tunexis et heredum et successorum suorum et cuius et quorum interest, intererit vel interesse poterit, sese dicto nomine habituros et quod dictum commune habebit et tenebit perpetuo ratum gratum et firmum quidquid per dictum eorum sindicum, ambaxatorem et procuratorem, in predictis omnibus et singulis actum, gestum, vel factum fuerit, seu etiam procuratum. Sub ypotheca et obligatione bonorun ipsorum constituentium dicto nomine seu dicti communis Janue habitorum et habendorum. Mandantes etiam de predictis omnibus confici debere publicum instrumentum per me supradictum Antonium de Credentia not-irium et dictorum constituentium ac dicti communis Janui cancellarium infrascriptum. Actum Janue in palacio communis, videlicet in camera cubiculari dicti magnifici domini gubernatoris iuxta turrim, anno dominice nativitatis millesimo trecentesimo nonagesimo septimo, indicione quarta secundum cursum Janue, die mercurii XIII mensis Marcii, in sero, presentibus Conrado Mazurro notario et communis Janue cancellario, Antonio de Montaldo d^ Gavio quondam Priani, et Antonio Pellerano de Camulio dicto longo, macerio dicti magnifici domini gubernatoris, testibus ad predicta vocatis specialiter et rogatis. — Μ! — DOCUMENTO II. (Arch. di Stato in Gf.n., Sala ;8, Lillerarum, rcg. 3, n. g. 1779, carte 14 v.). Lettera del Governo di Genova al Re di Tunisi (1). 1427 — 24 maggio. Domino Regi Tunicis. Serenissime et potentissime princeps. Non miramur si Maiestas vestra, magnis negocijs implicita, non potuit finem imponere agendis nostris. Etenim, cum dudum misissemus Tunicem ballas sex pannorum largorum triginta numero in supplemento duplarum sexdecimmilium auri pro redemptione omnium captivorum nostrorum, panni ipsi dicuntur per Serenitatem vestram seu per officiales dugane fuisse capti, nulla de lioc facta noticia Ambrosio Spinule tunc oratori nostro, aut Guirardo Gentili tunc consuli. Cumque panni ipsi mensurati non fuerint, et novissime Christo-pliorus Marruflus pervenire voluerit ad calculum pecuniarum cum domino vicerege et officialibus dugane, responsum illi fuit ab officialibus dugane, Maiestatem vestram de eis pannis disposuisse ut ei libuit, quodque inventi sunt esse cannas trecentas quinquaginta, et 11011 ultra. Quod nos cogit non immerito admirari; nam, cum panni ipsi fuissent liic diligentissime mensurati et inventi esse cannas tricentas sexaginta quinque, idque verum esse affirmamus, fieri non potest, ut in I unice inveniantur deficere cannis quindecim. Asseveravit quoque nobis idem Ambrosius constituisse precium ipsis pannis duplarum currentium quinque et dimidie (1) Vedi Parte I, nota 45. pro qualibet canna ct concorditer cum prefecto dugane. Itaque, his calculis recte factis, Maiestas vestra restaret nobis debitrix duplarum quadringentarum, cui supplicamus, ut eas persolvere velit Guirardo Gentili huc mox redituro. Neve ull.i nova dubitatio nasci posset in mensuris ipsorum pannorum, predictus Christo-phorus et pretectus dugane concordes fuerunt staie pro iis mensuris testificationi litterarum nostrarum. Magna quoque admiratio nobis incussa est auditu, quod classis regia, contra pacis formam, hostiliter cepit homines decem et septem subditos nostros de Bonifacio, Calvo et Capite Corso; quorum n.ivigijs in mari sum-mersis, homines ipsi Tunicem ducti et in publico venundati fuerunt; in quorum numero quidam inventi sunt ex iis, quos paulo ante Maiestas vestra Ambrosio Spinule libere reddiderat, quique domum redierant. Cumque idem Christophorus supplicasset eos et omnes alios Januenses et subditos communis huius sibi tradi iuxta intentionem pacis, responsum illi est, quod, cum Maiestas vestra Tu-necim venerit, examinabit et inquiret qui sunt Januenses et qui non. Supplicamus itaque Sercnititi vestre, ut velit, iuxta pacis formam, omnes Januenses et subditos huius communis libere relaxare predicto Guirardo aut consoli nostro novo illuc accedenti; mandare quoque galeis ac navigiis vestris, ut de cetero abstineant ab offensionibus nostrorum ; et pacem mutuam intemerate servent, sicut nostri parte servatur et servabitur in futuro. Nomina autem captivorum nostrorum debuit Maiestati vestre scripta tradidisse scriba dicti Christophori, cui Maiestas vestra habet fidem adhibere. Ceterum, ut summa prudentia vestra intelligit, quamvis recta intentio Maicstatis vestre et nostra sufficere videantur ad conservationem pacis, inaudita tamen res est et ab omnium moribus aliena vivere sine pace scripta et solenniter testata ; eidem itaque requirimus pro mutue pacis bono, ut velit pacem ipsam solenni scripto confirmare ad tollendas omnes dubitationes et omnia inconvenientia, que inde ullo tempore nasci possent. Sincera autem et optima pacis forma ea est que quondam per Fredericum Le-cavellum firmata fuit, cum articulis additis per Christophorum Marruffum tunc cum primum ad Maiestatem vestram transmissus fuit. Super qua materia dabimus mandatum opportunum consulibus nostris veteri et novo. Insuper Maiestati vestre supplicamus, ut pro debito et iusticia ordinare dignetur, ne mercatores nostri compellantur aliquid solvere ultra formam pacis antique, quodque calculetur per officiales regios et recte videatur quanUim commune - *45 - hoc dare restet pro illo dritu bensicare (i) ; nam inter opinionem nostram et illorum, qui dicunt restare adhuc circa duplas mille, magna differentia est. Offerimus autem nos in quaque concernentia Maiest.itis vestre gloriam affectione sincera. Data xxuif" Maij. J. Cardinalis etc. (2) et Consilium etc. (1) Cioè Aben Sichari; vedasi parte I, capo. IV, § 2°. (21 II cardinale Jacopo degli Isolani, governatore di Genova. DOCUMENTO III. (Arch. di St , Sala 58, Diver>orum Comm., fogliazzi, filza 7*, n. g. 5027). Instructio data nob. Andrei de Mari profecturo ad Serenissimum D. Regem Tunecis pro confectione instrumenti pacis et aliis (1). 1432 — 15 ottobre. Oldradus, (2) consilium antianorun et ofhcium misericordie civitatis lanue. Committimus et in mandatis dair.us ut infra vobis nobili viro Andree de Mari, sindico nostro ad presentiam serenissimi d. regis Tunecis profecturo. Habetis a nobis literas credentiales et instrumentum sindkatus cum ampla potestate et arbitrio, sicut dari mos est. Voluntas tamen et mandata nostra, que nolumus pretereatis, sunt licc. Ante omni.i, cum perveneritis Tunicem, congregate mercatores nostros et alios |anuenses qui illic sunt, et ab eis sumite omnes informationes pertinentes ad articulos inferius descriptos, ut, pre· ter eas instructiones quas a nobis habetis, informationes eorum vos certius et uberius arment, ut in contentionibus sciatis promptius respondere, si quid obijeeretur vobis. His instructionibus sumptis, adite presentiam serenissimi domini regis, eique nostri parte primum congratulamini de felicitate status sui, et quod res sue prosperis successibus augentur ; eique (t) Di questo documento è dato un sunto da Jorga - H.tvM l Orimi Lulin, voi. VI, pag. 118, e Notti il Extroili four un ir à Γ hitU ia Croil·'· des au XV siicU; Paris Leroux, i88q. voi. 1, p. 556: credo utile pubblicarlo per intiero. (2) Oldrado di Lampugnano, luogotenente del Duca di Milano in Genova. ' — 147 — offerte nos et nostra ad omnia concernentia gloriam et exaltationem suam.— Post hec illi dicite, esse maxime utile utrique parti ut forma pacis dudum cum Maiestate sua firmate publicetur per notarios publicos, ut moris est, et quod utrique parti detur copia de ea. Alioquin ita vivere sine pace scripta nec esset satis tutum, nec ad quietem animorum sufficit ; quare datote operam ut publicetur et quod habeatis copiam de illa, quam ad nos mittetis custodiendam. Et, ne in testando ipsam pacem ulla controversia oriretur, portate vobiscum copiam eius, ne etiam in damnum nostrum possit variari. Subsequenter facite illi querelam pro damnis illatis subditis et districtualibus nostris postquam ad pacem cum sua Maiestate devenimus; quorum damnorum, licet aliquas instructiones succincte a nobis habeatis, uberiores tamen informationes Tunice vobis verisimiliter dabuntur. Cum autem videbitur vobis esse sufficienter informatum, tunc initabitis ut Maiestas sua, in observatione dicte pacis et bone amicitie, reddi faciat plenarie cum effectu res ablatas a nostris, aut veram extimationem earum simul cum restitutione damnorum, interesse et impensarum. Super relaxatione autem captivorum, primum pro Deo, deinde pro nostro honore erit vobis propensius invigilandum et agendum. Petetis ergo ab eo ut in observatione pacis relaxet omnes Januenses; et super omnia facite strictiorem mentionem de Bonifacinis et Calvensibus ac subditis spectabilis Simonis de Mari ; poteritis etiam illi dicere, quod tota Corsica iure optimo nostra est, et, licet quidaui populi eius non obediant nobis, ex hoc tamen non concluditur quin subditi nostri sint; petetisque relaxari omnes Corsos tanquam subditos communis Janue : hoc tamen petite ita moderate, ut non impediat relaxationem aliorum Januensium. Si rex relaxaverit Januenses, comprehensis Bonifacinis, Calvensibus et subditis Simonis de Mari, licet nollet alios Corsos relaxare, bene actum erit. Sed, si obijeeret vobis se fuisse deceptum a sindicis nostris, eoque multi sub nomine Januensium fuerint relaxati ad instantiam consulum vel sindicorum nostrorum, qui non erant Januenses, et quod vult loco illorum totidem Januenses retineri, respondebitis, vos credere non posse talem fraudem fuisse commissam. Et, si ille dixerit eos sic fraudulenter relaxatos fuisse multos, vos respondete, quod creditis aut nullos aut paucissimos fuisse ; et demum reducite rem ad numerum quanto minorem potueritis. Cum ad certum numerum rem deduxeritis, dicite illi, quod tenetur virtute pacis relaxare tales Januenses precio — 148 -- duplarum C in quemlibet, et offerte sibi solvere pecunias pro eorum liberatione, et instate, ut assentiat vobis eos liberare precio duplarum centum. Post hec dicite Maiestati sue quod contenti sumus, ut ex pecuniis, quas pro damnis debet restituere, retineat sibi dictum precium ; et, facto calculo cum eo, diminuite sibi precium horum relaxandorum. Si autem non possetis tali pecunia eum facere contentum, tunc volumus informationem sumatis an dritus ille ben-sicare (1) finitus sit; et, si est finitus, scitote quanto tempore iam ante finitus esset. Quo cognito, poteritis Maiestati sue offerre, quod velit calculare quot pecunias iam exegerit tx eo dritu, ultra tempus quo debebat finem habere ; et quod sumus contenti, quod eum iterum colligat tanto tempore quanto sufficiat ad exigendum pecunias precii ipsorum relaxandorum, compensando pecunias etiam, quas ultra debitum terminum collegisset. Demum per hanc aut aliam viam omnia facite, ut dicti Januenses liberentur. Super qua materia poteritis etiam audire consilia et informationes mercatorum nostrorum, et facere prout vobis utilius videbitur. Sed, quomodocumque sit, date operam quod Januenses omnes per vos liberentur, ncc amplius in illo periculo remaneant. Volumus edam Maiestati sue significetis, quod magnificus dominus Jacobus de Apiano dominus Piombini, qui solebat esse adherens communis Florentie, mutato consilio, constituit se filium etadheren-tem nostrum et huius communis, sicut Maiestati sue nunc scribimus, presentatis igitur literis nostris, petite, ut iubeat deinceps eum et subditos eius tractari ut Januenses, et ut galee et alia navigia regia se abstineant a damnis eius. Habetis a viro nobili Enrico Squarsafico informationem cause sue, eamque uberius poteritis sumere a Brancaleone de Guisulfis. Committimus ideo vobis, ut de ea re querelam nostri parte factaris, et instetis, ne idem Enricus tantam iniuriam pariatur; vanum et inane esset ibi consulem habere, si ad magistratus Maurorum cause no-nrorum civium devolverentur. Non ignoratis inopiam frumenti quam patimur et maiorem in dies timere possimus. Curate itaque omnibus viis directis et inditi ) ‘Bcnsicare e non gii benficart, come scrive il chiarissimo Jorga (op. e I. cit. È la erronea trascrizione del nome Ab tu Sicbari, di cui è cenno nel trattato 19 ott. 143} pubbl. da Mas Latrie, Traith etc. Documtnlts, p. IJ4- - Sl »"IU evidentemente della questione, riguardante questo personaggio moro, della quale ci siamo occupati nella nostra relazione (Cap. IV, $ 2*) t — 149 — rectis obtinere, ut frumenta aut farinas ex regno illo habeamus; et, ut informari poteritis, virtute pacis, in certis casibus rex non potest nobis hoc denegare. Audimus, quod mercatores nostri propter invidiam discorditer vivunt, et quod ob hoc aliquando fiunt multa non facienda. Congregate ideo eos nostri parte, et monete ut melius vivant ; et, si ab eis post hec aliquid fieret non faciendum, volumus omnino ut con-trafacientem puniatis. Hec est presentialiter summa nostrorum mandatorum. Quo circa si dominum regem invenietis bene dispositum erga nos et ad pacis observantiam, et quod faciat erga vos nostro nomine ea que debet, contenti sumus his casibus, ut literas vestri consulatus publicetis, ac ibi remaneatis consul per biennium : hoc tamen nullo modo volumus, nisi instrumentum tum pacis conficiatur cum solemnitatibus consuetis, de quo nobis copiam mittatis; hoc casu colligetis dritum consuetum, a quo tamen volumus quod jocalia exempta sint, et, retento vobis annuatim vestro salario, quicquid excederet mittetis nobis officialibus misericordie. Si vero idem rex nollet quod instrumentum pacis conficeretur, vel si faceret illud confici, et tamen in liberatione Januensium vel satisfactione damnorum non se haberet recte ut debet, vel saltem mediocriter, his casibus esset aliud consilium capiendum ; volu-musque, ut tunc et his casibus illi denuncietis inobservantiam pacis, que nostri parte plenissime servata est. Et, si perseveraret in mala dispositione, tunc assignetis mercatoribus nostris terminum idoneum, infra quem inde et ex toto illo regno omnino discedant, apponentes nostri parte penam inobedientie, si infra ipsum terminum non recederent. Verum, quod non sumus plene de omnibus instructi, si, cum critis Tunice, cognoveritis alias iniurias fuisse nostris illatas, aut aliquid factum, de quo esset querela digne facienda, sumus contenti in his et super talibus faciatis que vobis videbuntur digne et utiliter facienda. Ex Janua, die XV octobris MCCCCXXXII. a DOCUMENTO IV. (Arch. di Stato, Sala 58, Diversorum Comm., filza 8, n. g. Joj8) Proclama dilla Signoria. 1435 — 14 febbraio. Proclamate vos preco communis in omnibus locis civitatis Janue consuetis : Parte magnifici et prestantissimi domini ducalis locumtenentis in janua et spectabilis consilii dominorum antianorum Quod sit omnibus notum, fuisse ab eisdem prestantissimo domino locum-tenentc et consilio electum in legatum et sindicum ad serenissimum regem Tunicis virum nobilem Andream de Mari, qui habebit inter cetera procurare apud ipsum regem, ut fiat integra restitutio omnium damnorum subditis nostris ab subditis regiis illatorum. Quam ob rem iidem prestantissimi!* dominus locumtcnens et consilium commonefaciunt omnes et singulos, tam cives quam distri· ctuales communis Janue, ut in scriptis afferant in cancellariam ad cancellarium ad id deputatum tales damnorum suorum probariones ei testificationes, ut rex ipse opponere non poss't, fuisse de huius· modi damnis insufficienter probatum Qui cancellarius commissionem habet colligendi scripturas eiusmodi damnorum et eas supranominato sindico consignandi. Jacobus de Bracellis cancellarius, t die XVI febr. Johannes de Sancto Nazario, preco communis, retulit se proclamasse in omnibus locis opportunis prout superius continetur. DOCUMENTO V. i'Arcii. di St., Sala 58, Litterarum Comm., reg. 4, n. g. 1780, lett. 764). Lettera del Governo di Genova al T{_e di Tunisi. 1436 — 3 marzo. Serenissimo principi domino regi Tunecis metuendo. Serenissime princeps. — Non ambigimus Serenitatem vestram ex vocifferaciono viatorum intellexisse civitatem hanc nostram repositam in libertate, amoto a civibus nostris servitutis jugo, in qua quidem libertate favit Deus omnipotens votis nostris, qui iam supponebamur non solum servituti ducis Mediolani, ymo et regis Aragonum, sic volente dicto duce, in gravem jacturam istius civitatis et omnium civium ; ita ut, qui dictum regem vinceramus, adeo ab eo victi restaremus. Et ultra proprium commodum movit nos ad hanc libertatem quaerendam zelus et amicitia longeva, quam cum eadem Serenitate semper habuimus, quam non solum conservare, sed etiam pro posse augere intendimus. Nec hcc facere poteramus, quia opus erat nobis invitis arma movere contra Serenitatem jamdictam et subditos eiusdem, sic jubente rege Aragonum et imperante duce Mediolani ; quod quantum menti omnium civium molestum fuisset judicet vestra Majestas: que omnia eidem Majestati regie nota esse volumus. Et quia civitas hec nostra presentialiter laborat in victualium penuria, quia obtruncata est nobis via Lombardie, supplicamus prelibate Majestati regie, quatenus dignetur et velit concedere nobis tractam caffixiorum duo-milia frumenti vehendi ad hanc civitatem in navi Baptiste Ciceri, quam in bona parte ista occasione illuc mittimus. Cui Baptiste aliqua in ista re frumentaria commisimus dicte Majestati oretenus - 152 - explicanda: placeat ergo eidem fidem credulam adhibere tamquam nobis, qui semper sumus parati ad ea omnia, que concernere videantur sublimitatem et gloriam dicte regie Majestatis. Data die III Martii. Eiusdem Majestatis devoti Capitanei januensis libertatis et Consilium Antianorum. DOCUMENTO VI. (Arch. di St., Sala 58, Cod. Diversorum, reg. 42, n. g. 557). Die XJI decembris 1447 Clausule drictus Tunete Possit emptor vel collector compellere quoscumque Januenses et districiuales communis Janue, nec non patronos scribas et officiales cuiuscumque navis, ad jurandum de veritate dicenda et manifestare omne id quod ad presentem drictum pertineat sub quavis forma juramenti quomodo ipse collector voluerit, sub pena florcnorum quadraginta. Et teneantur dicti mercatores januenses et districtuales ut supra ac patroni supradicti ad instantiam emptoris et collectoris ostendere cartularia ipsorum, sub pena florenorum quadraginta. Itan quod dominus consul Tunetis, qui pro tempore fuerit, teneatur ct debeat ministrare justiciam collectori et emptori dicti dric'us, semper ad requisitionem ipsorum, summarie et de plano, sine strepitu ct figura judicii, secundum formam clausularum supradicti drictus, etiam secundum formam clausularum venditionis caratorum maris civitatis Janue, et secundum consuetudinem du-ganc dicte civitatis, tam contra quemcumque Januensem seu distri-ctualem ut supra qui fecisset seu aliqua administrasset pro quibus in aliquo teneretur presenti drictui, quam etiam contra quoscumque patronos januenses sive districtuales ut supra vel extraneos quorumcumque navigiorum januensium et districtualium ut supra ; et eos compellere aut compelli facere remediis opportunis, nec non mercatores januenses et districtuales ut supra commorantes in di- — 154 — ctis locis, ad observandum omnia et singula in presentibus clausulis et capitulis comprehensa, sub pena florenorum quadraginta. Et si aliquis fuerat contumax aut inobediens, teneatur dicius d. consul providere prout fuerit opportunum ad faciendum fieri debitum dicto collectori, etiam quod nullus ex mercatoribus januensibus commorantibus in dictis locis faciat aliquod negocium, nec tali contumaci scribat, nec ejus literas recipiat; et generaliter teiiea· tur procedere contra ipsum et bona ipsius expensis ipsius talis contumacis, sub pena florenorum quadraginta. Si vero aliquis Januensis et districtualis de bonis talis contumacis habebit, illa manifestare teneatur dicto emptori vel collectori, sub pena dupli. Etiam teneatur procedere contra patronos et dominos navigiorum januensium et districtualium ut supra, si forsitan recusarent solvere in casibus in quibus teneantur secundum predicta, etiam contra bona ipsorum et navium, aut arrestati facere possit sive detineri scribas navium donec fuerit integre satisfactum. Non audeat aliquis Januensis et districtualis ut supra, cuiuscum-que condicionis exist.it, recte aut per indirectum, palam vel secrete, nec presumat per se vel interpositam personam impedire collectorem supradicti drictus circa exactionem predicti drictus, sub pena florenorum ducentorum in auro, qjorum dimidia applicetur officio egregii d. vicarii ducalis ct pro reliqua dimidia collectori predicio, toties quoties fuerit contra factum. Et teneantur et obbligati sint quilibet patroni navium sive navigiorum et cuiuslibet vasis navigabilis Januensium collectori predicio ad so ucionem dicti introitus, sive drictus, pro rauba carri-ganda in eorum navigiis tam per Januenses 11011 pessidentes in Janua iuxia formam venditionis, quam alias quasvis personas sive conventionatas sive non, et etiam ad dandum dicto collectori infra-scripto omnes res et mercts onerandas et exonerandas in quibuscumque locis, in quibus virtute clausularum supradicti drictus cclligi possit, signa et contrassigna, rerum nomina et pronomina carriga-torum et discarrigantium, et prout continetur in vendicione cara-torum et ultra, sub pena solvendi pro corpore navis dictum introitum. Item, quod quilibet Januensis, seu qui Januensium beneficio gaudeat, teneatur solvere dicto drictui pro omni quantitate raube ac mercium conducendarum tam in januensibus navibus quam extraneorum, sive dicta rauba fuerit Januensium sive non. - 155 — Et si collectores ipsius introitus, sive drictus, in Chio, Pera, Rhodo, Famagusta ac a'iis locis in supradicto drictu specificatis constituendi et deputandi, invenierint raubam aliquam, aut ad manus eorum pervenerit, pro qua non fuerit solutus dictus drictus sive introitus in locis predictis, liceat collectoribus ipsis accipere dictam talem raubam non expeditam ut supra tamquam perditam et fraudatam ; liceat tamen domino dicto raube sic in fraudem reperte ipsam raubam suam rehabere, eo solvente dicto collectori decem pro centa-nario valoris extimationis dicte raube. Si quis autem cuiusvis qualitatis et conditionis sit qui teneatur pro rauba aliqua solvere dicto drictui et ipsi solvere recusaverit quovismodo, et collector drictus predicti in quavis mondi parte constitutus contra talem solvere recusantem de suo interesse protestabitur, possit dictus talis solvere recusans ut supra et pariter bona sua ubique reperta compelli ad solvendum duplum totius eius de quo dictus drictus defraudaretur; de qua protestatione ac valore dicte raube credatur solo verbo cum juramento dicti emptoris sive collectoris, aut legitime persone pro eis. Aliqua persona non franca 11011 possit expedire aliquas res vel merces alicuius persone france vel immunis, nisi solvat presentem d rictum. ijé — DOCUMENTO VII. (Arch. di st., Sala 58, Busta Africa, n. g. 2774 C). Istruzioni del Governo di Genova al nobile Gaspare Spinola, ambasciatore presso il %e di Tunisi. 1453 — 5° gennaio. Petrus de Campofregoso Dei gratta dux Januensium, consilium antianorum communis Janue, et officium quatuor civium electorum ad executionem infrascriptorum etc. Vobis nobili Gaspari Spinule legato nostro ad serenissimum dominum regem Tunetis profecturo committimus et in tractatu damus ut infra. Non latet vos quemadmodum superioribus annis, postquam Lu· chesius Spinula cum sua navi a Tunete discesserat, nobiles cives nostri Sigismondus et Franchinus Spinula, tunc morantes in loco Sfax regni Tunetis, capti fuerunt personaliter et carceribus detrusi spoliatique ipsorum bonis omnibus mandato serenissimi regis illius de facto et sine eorum aliqua culpa, illata in eos noxa dictt Luchesij. Quod cum intellexissemus, pro ipsorum liberatione plures litteras scripsimus ipsi serenissimo regi et consuli ac mercatoribus nostris; que cum nullum effectum sortirentur, moti iusticie debito, honore publico ac pietate, et, nonnullorum cognatorum ipsorum Spinularum vistis supplicationibus, deliberavimus, ad presentiam regis illius vos personaliter transferratis. Habetis itaque in Dei nomine ascendere navim providi Francisct de Recalo navignturam Tunetem ; quem locum ubi, Deo duce, attigeritis, adventum vestrum notum facietis consuli nostro, ut descendens in terram honorifice recipiamini, uti decet. Postea vero curabitis quam comodius fieri poterit dicti ser.mi re· - '57 - gis presentiam petere, et eius Excellende credentiales literas nostras presentabitis. Cui nos et rempublicam nostram condecentibus verbis commendabitis, resque eas vobis traditas presentabitis. Et, cum nimis satis leve sit, id honestis verbis ornare poteritis, ut potius affectus noster quam rei humilitas iudicetur. Post que dicetis nos iam diu et admirari et doluisse detemptionem, iudicio nostro innocen-tissimam, supradictorum Spinularum, pro quibus, cum plures et plurimas literas dedissemus ad regiam Serenitatem suam, nec ullam impetraverimus libertatem eorum, quasi credentes non posse bene juris percipere causam huiuscemodi sue regie dispositionis, que li-tere forte non semper ab eadem Excellentia sua inspiciuntur, vos tandem personaliter ad ex. mam Dominationem suam legare duximus, ut precationibus et rogationibus et instantiis eam Excellendam exorare possitis, ut prorsus dignetur ipsos Spinulas nostros libere relaxare: debet enim id velle Clementia sua, tum pace et observantia maxima longissime inter nos amicitie, tum etiam ex innocentia dicto rum, qui nullatenus Serenitatem suam offendisse noscuntur. Et si diceret vobis idem rex ipsos Spinulas datos fuisse a consule et mercatoribus nostris tamquam ex coniunctis et participibus dicti Luchesij, poteritis resnondere, ut noscitis eos nichil habere cum dicto Luchesio quam cognominis titulum, neque etiam licere consuli aut mercatoribus dare aut respondere liberos cives. Si vero quereretur, nos \ non sufficienter processisse contra dictum Luchesium, respondebitis, ipsum Luchesium non esse sub ditione nostra et quod, si hic fuerat, quando eius regius orator hic erat, stabat sub fide publica, contra quam non licebat eum conveniri; et bene scitis vos sic que dicere poteritis, quod, quam primum ipsum convenire curavimus, discessit ipse Luchesius a territorio nostro, ut nullum in eum haberemus iudicium aut mandatum. Rogabitis eandem Serenitatem suam velit nullam culpam nullumque demeritum dicti Luchesij in dictos innocentes inferre : non debet enim pati justus pro peccatore, nec filius iniquitatem patris substinere. Demum in re ipsa, uri presens edoctus, secundum exigentiam rei dicere et respondere poteritis ; adeo ut in hoc includatur, sive debito, sive gratia, utcumque sit, hii Spinule liberentur. Id equidem gratie sue nos omnes obnoxios faciet. Et in hoc, cum sit sola et effectualis causa legationis vestre, diligentiam, solicitudi-nem et prudentiam vestram plurimum excitamus. Et si, expertis omnibus provisionibus opportunis dictorum iuve- - 158 — num libertati, ipsam minime obtineretis, et perstaret rex in suo proposito; tunc volumus parte nostra iubeatis quibuscumque mercatoribus nostris, quatenus adeo colligant et disponant res suas, ut post menses quinque a die denuntiationis a Tunete et regno illo discedant cum omnibus suis, ad penam duplarum trecentarum a quolibet eorum secus faciente irremisibil i ter exigenda, ex nunc applicata pro dimidia dictis Spinulis pro suo iusto damno et interesse, et alia dimidia operibus portus et molis. Volumus insuper per vos inhiberi comercium quarumcumque navium nostrarum ad locum illum, ut nulli patrono post mandatum ei monitionem nostram liceat in regnum illud afferre sive exonerare raubam aliquam indeque educere, sub pena duplarum mille pio quolibet patrono assignata ut supra. Volumus namque in his omnibus viriliter audacterque procedatis, ut cuicumque notum sit, nos, abiectis ceteris omnibus, intendere ad liberationem dictorum Spinularum, quorum detemptio non esse potest sine dedecore publico, ini uria, et compassione civium nostrorum. Verum, quia forte regem in Tunete non invenietis, cum satis optemus celerem expeditionem vestram, esset mentis nostre presen-ciam regiam adiretis, quia non foret expectandum reditum eius in Tunetem. Ut scitis, dedimus ordinem per mnssariam illam provisum sit vobis pro sumptu opportuno itineri vestro. Et quia res ista satis refert, volumus eam conferatis cum nobili Bernardo Imperiali consule, et egregio Clemente Cicero, et quidquid vobis tribus videbitur exequamini, omni excusacione remota. Hec sunt que pro presenti memorare duximus, remittentes cetera huic rei necessaria discretioni et diligentie vestre. Preterea per continentiam pacis — cuius articuli copiam vobis tradidimus — quam habemus cum ser. rege illo, intelleximus, nobis tenetur Dominatio sua annuatim tractam caffesiorum XV millia fur-menti non negare, si furmentum ipsum in Tunete non excedat va-lorem bisantiorum quindecim pro singulo caffesio; et hoc egentibus nobis furmento ipso (1). Ideo, quia res hec maximum commodum afferre posset reipublice nostre, si effectualiter tractam ipsam habebimus, quam nec nobis iuste negare potest, volumus exponatis Ex-cellentie sue, quod anno presenti pro dictis caffesiis quindecim millia furmenti mittere intendimus, ex quo edoctam de hoc Dominationem suam nostro nomine facere voluistis, ut, quam primum naves ade- (1) Vedi Parte I, nota 108. 159 - runt, agentes nomine communitatis nostre tractam ipsorum furmento-rum habere possint absque aliquo impedimento ct dilatione eodem precio, quo furmentum ipsum tunc temporis valere continget. Scitis ordinem quem dedimus pro solutione duplarum ducentarum errogatarum in expeditione vestra, et etiam, si ultra tempus mensium quattuor in hac legatione permanseritis, unde vobis subveniendum est impensis vestris; et tamen pro uberiori instructione vestra copiam litterarum, quas scribimus consuli et mercatoribus illis pro re ipsa, vobis dedimus. Ideo, si consul et mercatores detractarent exeeutionem litterarum nostrarum, volumus et licentiam vobis im-partimur eos remediis opportunis coercendi quousque adimpleverint que litteris ipsis eisdem imponimus, sub pena et penis de quibus providentie vestre videbitis ad hoc, ut mandata nostra omnino serventur. Ut autem intelligamus, quanto citius fieri poterit, que per vos acta fuerint in his que supra vobis imponimus, volumus, studeatis solicite ad nos litteras dare certioresque reddere de his omnibus, que noticia nostra digna iudicabitis. Nobilis civis noster carissimus Carolus Cataneus coram nobis questus est, quod de facto et contra iusticie debitum sequestrata fuerunt, mandato serenissimi domini regis illius, per dominum dugane omnia bona, res, merces, tam sua quam aliorum, quorum curam gerit, existentia et penes Gregorium Spinulam et apud du-ganam ac debitores in Tunete, et propterea requisivit, velimus huic suo necessitatis articulo digne providere, ut indebite non opprimatur. Nos vero, qui tenemur civibus nostris adeo favere, cum iuste petunt, quod iniuriam non patiantur, immo in jure suo serventur illesi, volumus, postquam in Tunete fueritis, intelligalis qualiter sequestratio predicta procedit; et si vera sunt que dictus Carolus exposuit, reque plena cognita, querimoniam faciatis ser.mo domino regi illi, petatisque Ex."" sue relaxationem omnium bonorum, rerum, et mercium predictarum omni cum instanda et effettuali exeeutione, et ita, ut, quemadmodum fore speramus, relaxatio ipsa omnino subsequatur; super qua re solicite et effectualiter exequenda providentiam vestram maxime oneramus. Agentes pro Laurentio Perdice asseruerunt nobis, quamdam galea-cia u eiusdem Laurentii piratico more a quibusdam biremibus Maurorum superioribus diebus fuisse interceptam, pro qua re litteris nostris querimonia serenissimo regi illi facta fuit : volumus ideo, — ι6ο — si requisitum fuerit vobis, intellecta querimonia sua, eidem auxilio sitis quantum cognoveritis oportere. Adveniente casu quod opus esset mercatoribus nostris licentiam dare a Tunete discederent, quia de consule superius mentio facta non est, intelligimus gradum ipsius cum mercatoribus parem esse. (Seguono all’istruzione tre lettere, delle quali l’una è diretta alla Massaria, per le spese di cui sopra ed altri incombenti; l’altra nobilibus et egregiis viris Bernardo Imperiali consuli et mercatoribus nostris carissimis ; la terza (credenziale) al Re di Tunisi). — 161 — DOCUMENTO Vili. (Arch. di St., Sala 58, Busta àfrica, n. g. 2774 C). Lettera di Gaspare Spinola, ambasciatore presso il %_e di Tunisi, alla Signoria. 1453 - 11 maggio. Illustri et Excelso Principi D. Domino Petro de Campofregoso lanuensium duci, Magnificis Dominis de Consilio Ancianorutn ac Spect bilibus quatuor officialibus electis etc. Illustris excelse princeps et domine, magnifici domini de consilio ancianorum ac spetabiles quatuor officiales electi etc. — Usque quarta die marcii in portu isto applicui et propter casum orribi-lem Nicolay Gentillis tunc occursum tardavi descndere usque octava eiusdem, infra quod tempus Serenissimus Rex iste decolare fecit illum qui dictum Nicolaum interfecit; et de ordine prelibati S. Regis fui ad litus maris honorifice receptus, et una cutn d. consule et mercatoribus nostris in civitatem hanc conductus et in rebato alogiatus. In die vero annontiationis Beate Marie Virginis visitavi prefactam Majestatem literasque vestras credentiales presentavi et vos omnes ad eamdem recomissos feci, qui leta fronte me suscepit. Post modum vero die prima aprilis, in festo Resurrectionis domini nostii Jesu Christi, prelibatus S. Rex in mane detineri fecit in eius castro Archetum Nebi una cum quinque filiis suis, eamet die in dicto castro conducere fecit omnia bona eorum mobilia valotis, ut communis sermo hic est, duplarum quadragientarum millia et ultra, computata bona immobilia, in qua summa invente sunt duple ducentum millia felci auri; et qui vidit testimonium mihi perhibuit et verum est II — lCl2 — testimonium eius. Postea conducere huc fecit sextum filium qui detinebatur civitate Bone in compedibus, ita quod pater cum sex filiis in dicto castro detempti restant. Que omnia multum occupaverunt dictam Majestatem in modum quod detullit mihi audientiam usque XXI aprilis, qua die exposui sibi legationem meam. Munus pocius verecondosum quam aliter presentavi, qui pacienter et benigne me audivit, et tunc sumpmarie super omnibus bonam i esponsionem mihi redidit: et in discessu meo ab eadem Majestati lequixivi sibi bono respectu audiendam privatam, quam postea mihi dedit die XX\ III predicti; et tunc requixivi sibi tractam furmenti, de qua est obligatus magnifice communitati nostre, quam obtulit mihi iecoleuis furmentis novis, de quibus in copia recoligent hoc anno; et pei consequens spero ad precium de quo est nobis obligatus. Ideo, considetato quod res ista posset maximum commodu u afferre communitati nostre, eo maxime si gueram cum S. Rege Aragonum haberemus, dispono, postquam hic sum, attendere donec dictum fur-mentum collectum erit et carigatum, salvo si interim aliter mihi committeretis. Ceterum, finitis quatuor mensibus finiendis per totum presentem, providendum mihi erit impensis meis hic prout istic deliberatum fuferit, utj patet in actis Georgii de Via canzelarii; et licet per [dominjationes vestras hic scriptum fuerit d. consuli et mercatoribus istis quod dictis impensis provideant mihi, quia in hoc se opponunt, opus est de novuo aliud mandatum eis faciatis, quod causa dicti furmenti illud faciant, omni exceptione remota ; sub pena qua videbitur vobis, applicanda dimidia mihi pro meis justis dampnis et interesse. Quod mandatum in publica forma et copiam mihi mittatis, quoniam aliter ea causa hic moram non traerem, non habendo aliam mercedem. — Postea S. Rex auditorem mihi dedit super requisitionibus per me sibi factis d. dugane; coram quo hodie fui, presentibus consule et mercatoribus nostris, cui requixivi libertatem Sismondini et Franchini de Spinolis. Respondit mihi, quod prelibata Magiestas contentatur ipsos liberare ex gratia speciali et non ex debito, dumtamen per dominationes vestras satisfiet honori suo, videlicet, quod Lucesius et Dagnanus de Spinolis in Janua nec districtu valeant nec possint moram trahere, salvo si satisfaciunt id quod prelibatus S. Rex intendit a dicto Luchesio recipere debere, vel mittantur huc ad declarandum cum prelibata Magiestate quantum ab eis intendit se habere debere ; qui d. dugane mihi requixivit velle de predictis per me conficiatur publica scriptura. I - 163 — hio super hac materia cum consule et mercatoribus nostris de hic, et secundum opiniones eorum super premissis deliberationem accipiam, de quibus dominationes vestras advisabo, si facere potero, ante recessum presentis nàvili : 11011 potui hucusque aliud articulum declarare, quod dietim curabo facere, et dominationes predictas ad-visare. Fui postea cum consule et mercatoribus nostris super materia predicta, cum quibus, examinatis omnibus et attenta qualitate istorum Maurorum, unanimiter concordes restavimus, non esse faciendum per me dictum obligum nec promissionem, potissime non habendo a dominationibus vestris talem commissionem. Curabo tamen omnibus viis, modis et forma, quibus melius facere potero, dictos iuvenes 111 libertate ponere, de quo bonam spem concipio, quia omnia iura pro iis clamant; et sic omnia alia per vos mihi commissa adimplere et dominationes predictas advisare. Alia pro presenti dicenda non sunt prelibatis dominationibus: me recomissum facio. Data in Rebato Tunetis die XI Maii 1453 (1). Gaspar Spinula legatus vester. (1) Intorno ai «rebato» vedi Parte I, nota 134. — γ64 — DOCUMENTO IX. (Arch. di St., Sala 58, Busta Ajrica, n. g. 2774 C). Lettera di Gaspare Spinola, amb. presso il '\e di Tunisi, alla Signoria. 1453 - 19 maggio. Illustri Excelso Principi et Domino Domino Petro de Campo-fregoso Januensium duci, Magnificis Dominis de Consilio Antia-norum ac Spectabilibus quatuor electis etc. Illustris excelse princeps et domine, magnifici domini de consilio ancianorum ac spectabiles quatuor officiales electi etc. Usque undecima die mensis presentis scripsi vobis per Gagonum Navonum in navilio Cristufori de Piliasco de Levanto, superato de portu isto usque quindecina presentis, et dominationes vestras ad visavì de omnibus per me tunc agitatis: postea usque nunc aliud innovatum est. Non obmittam per presentes replicare sicut dominus dugane loci istius, ellectus mihi per auditorem per S. Regem istum, requirendo sibi libertatem Sisimondini et Franchini Spinolarum, respondendo dixit mihi, predictam Magiestatem contentari ex gratia speciali predictos in libertatem ponere dum tamen per dominationes vestras satisfiet honori suo, videlicet, quod istic decretatum sit Luchesium et Dagnanum de Spinolis non posse ullo tempore in Januam nec destrictu morari, nisi satistaciant totum id, quod prelibata Magiestas pretendit ab eis habere debere, vel mittantur huc ad faciendum satisfacionem predictam: requirendo mihi tanquam legatus et nomine communitatis nostre obligationem predictam pei scripturam publicam, quapropter, non habendo per instrucionem meam talem commissionem, non dispono illud facere; intelligendo — i6j - quod res hec sit deficilis ad observandum et in tempore mediante dicta scriptura posset dicta Magiestas convenire mercatores nostros de hic ad solvendum dictam monetam. Curabo tamen quantum potero per aliam viam dictos captivos liberare, de quo bonam spem concipio, si potero audientiam habere a predicta Magiestate, que multoties negata mihi est per curiales suos: et demum, si libertatem eorum obtinere non possem, quod absit, tunc sequar commissiones vestras et licentiabo omnes mercatores hic existentes, prout in instructione mea continetur. Et, sicut per alias notificavi vobis, pre-libatus S. Rex contentatur dare mihi tractam furmentorum de qua est obligatus Magnifice Communitati nostre, quando furmentum novum collectum erit, de quo magna summa erit hoc anno : ydeo dispono differre donec dictum furmentum collectum erit et ponatur ad iter, pro illuc dubitando, si ante hinc recederem, posset dicta Magiestas de facili mutare propositum. Qua de causa opus est mandatum faciatis consuli et mercatoribus de hic, ut provideant impensis meis prout deliberatum fuit per dominationes vestras, sicut patet in actis Georgii de Via, canzelarii vestri, et dictum mandatum mihi mittatis cum copia, quoniam aliter hic moram non traerem meis expensis. Sunt etiam vigintiquinque captivi hic subditi nostri de quorum libertate habui promissionem a S. Rege, quos curabo liberare, et omnia alia michi commissa adimplere, et dietim dominationes vestras advisare, quibus me semper recomissum facio. Data in Rebato Tunetis die XVIIII Maij 1453. Gaspar Spinula legatus vester. DOCUMENTO X. (Arch. di St., sala 58, Busta ^Africa, n. g. 2774 C). 7 ratlato concluso fra la Repubblica di Genova e il di Tunisi Abu-Omar-Oihman per opera dell’ambasciatore Antonio Grimaldi (1). 1465 — 15 marzo. In nomine de Dio qui perdona supra tuti quelli qui perdonano. Perdone Idio al nostro inesser e segnore Mahamet e a li soi discendenti e a li soi disipoli, e a elio sia salute sopra tutte le salutacene e de lo meglor salute, nè non ene conversione nè potencia salvo per Dio alto e honorato sopra li honorati. Da poy che iustro (2) a la alta citade e bella e grande neta e pura e principale regale dona la octomenia a gemo (3) de la bandera de la (t) Intorno a questo tratatto devasi nota 166 della 1* Parte del presente volume. (2) Ritengo sia voce del verbo juitrare, derivato dal verbo juxtare della bassa latinità, che vuol dire giungere, venire. lustro, cioè lustrò, venne. — (Du Cange, Glossarium). Per comprendere meglio Γ esordio di questo trattato, saggio curioso dello sfoggio letterario che facevano in genere i segretarii dei sovrani d’ Africa, è bene avvertire che gli Hafsidi, sebbene casa berbera senz’ alcun dubbio, pretendevano la origine loro da un connubio fra un rampollo di Omar e una pronipote di Othman. Davano ad intendere che il felice mortale uscito da quelle due illustri famiglie arabe, venuto in Africa, si ammogliò con una donna berbera e si fè credere appartenente alla stessa tribù di lei. A tal supposta parentela allude anche la denominazione di antecessori data ai califfi giusti, come furono chiamati i primi quattro, fra i quali si noverano Omar e Othman. (3) A gemo, cioè «a governo». — 167 — verità, a la quale recorre ogni persona, cita del nostro segnor re, fortessa de la nostra lege e nostro mondo; lo quale [re] ave inrichito a lo suo tempo venturoso li Salvi cioè li Mori; el quale con lo suo afare ave honorati li tempi e li jorni, e ave mantenuto con la sua justicia la raxone e la verità, e ave puniti con la sua spada taglante li soi emuli e li malfatori e li vicioxi; Idio lo ave mandato in terra per la sua mira; observa li comandamenti de la leze e ogni acto virtuoso, e ogni terra ano noticia corno esso perdona a cui alei fa injuria; li benefici del quale ogni huomo cente, el quale non mancha de far le oratione a sue hore; la altessa del suo animo sempre archa cosse alte; elemoxinaro de cosse grande; con bono animo e con la sua persona combate per honore de li Mori; ase-curatore in questo mondo de li soi per esser lui securo nel dì del judicio de la misericordia de Dio, secundo ave anonciato il propheta a li justi re — al qual propheta sea la copiosa perdonansa il più degno saluto —; conquistator de citade e terre; bastone de velli e veihe pupili e orfani e poveri, de li quali est protectore con lo ochio de lo justo e santo; re valente e ammoroso; vicario maiore nel mondo, el quale leva le bandiere de la leze, el quale seguita le vie de li re justi soi antecessori, el quale è refrenatore de carivi, locotenente de lo misericordioso, aiutato da lo adiutorio de Dio; re e judice della justicia; nostro missere e segnore re de li Salvi Aboamar Octoman (1)— che Dio facia luongi li soi jorni, e Idio benedica esso e suoi descendenti par sempre, e Idio fortifiche la sua bandera con forma (2) victoria, e Idio lo aiute al dovere e honesta lui e li soi figloli honorati — figlolo del nostro mecere e segnore principe de la segnoria del re Molei Bofers (3), e più honesto de li figloli de li re ; elimoxinario grandissimo cossi occulte corno paleze; retificatore de hospitaì ; .xtracto col core a Dio orando, et ora a Dio suplice le hore de la nocte e triunpha nelle alte castelle de lo paradisso con li innocenti del paradiso el santo de buono animo Molei Boabdile Maomet (4) el Monsor — al quale (1) Abu-Omar-Othman. Sulle opere e sui meriti di questo re, ai quali ivi si fa allusione, veggasi a pag. 49 e seg. (2) Forma — Dall’ aggettivo latino formiti della bassa latinità, derivante da fervo 0 ferveo, come dice il Dii Cange (Glossarium); è sinonimo di calidus (3) Abu-Fares. (4) Abu-Abd-AUah-Mohammed. - ι68 - rdio perdone e il facia habitare nello luogo largo de lo suo paradiso — figlolo del nostro sesjnore e mesere re de li Credenti ; più ... i degno re de li Mori; combatitor in aver e persona per amor uè lo segnor del mondo ; soprastante a la verita in adiutorio de la leze de Dio verace; el quale punice con la sua spada potente li vdolatri e non aprecia la sua persona per mantener la leze, e non preterisse li commandamenti de la leze, e domanda de consilio a maiori e a minori intendenti de la leze cossi in picolle cosse corno in grande; re justo mondo e parenciozo (i), el quale teme Idio e ene compito leone de la batagla; homo de virtù altissime e infinite, nostro misser segnor re de li Mori la santa e bona memoria de lo re Molei Bofers Abdelazio (2), figlolo del nostro messere e segnor re de li Mori ; maior de li maior, bono, de li principali re de li Mori, sapiente famoso re; grande locotenente de Dio 111 terra; misericordioso de li poveri e punisse li superbi ; combatitor per lo amore de Dio; el qual triunpha in la misericordia de Dio, nostro messer e segnor Abolabus Acmet (5), figlolo de li nostri mis-seri e segnori re honesti — Idio exalte li soi scaloni cum altitudine e mantenga la soa segnoria in li soi descendenti perfino al di del judicio. — Intrato in nel porte degne, e, representando a le audcntie altissime de sua cita degna e guardata Tunexe — la quale Idio salve lo rector paleize fra soi simili e de la sua compagnia in la natione de la sua fede Antonio de Grimaldo zenoveze, ambasatoie del segnor de li Zenoezi grande e maior de la sua natione e obedito da soi e carizado duca de Milano, sopra stante de li Zeno-vexi et exequisse le cauze de li Zenovexi; à presentado lo dito ambasatore per parte del duca e de soi subditi, e ancora de la comunità de Genova, et ave reproferto per parte del duca e del comune — che Dio il lase seguitar la via de la verita e, Idio li schive dal torto, — à prezento una lettera la quale colitene:.Prega a la alta sedia lo refermar de la pace uzada fra noi e loro per lo pasado, e tractar li Zenovexi e soi subditi e arecomandati secondo lezo pasado e la via antifata e saputa, e, contene ampia balìa da loio a esso in ogni cossa la qual elio fara 0 dira e se contenterà, se- (1) Ritengo che questo aggettivo derivi da parentia, che nella bassa latinità è sinonimo di oboedientia (Du Cange, Glossarium). (2) Abu-Fares-Azuz, o, come altri scrive, Abu-Fares-Abd-el-Aziz. (3) Abul-Abbas-Ahmed. — 169 — condo porto nella letera cristianescha cura la subscriptione usitata per loro, e ne stata confirmata la alta sedia — la qual Idio mantenga — dal consulo e mercadanti zenovexi. E fo determinato da esso — el quale Dio mantenga — el concentire a questo secondo le loro requi-xicioni e suplicationi, e comando al suo luogotenente e maior de casa sua honorata, lo caito (1) honorato excelente aproximato fidelle compiuto Abelfos Dafar, figlolo del caito maior alto excelente proximato compiuto Albiboser Ialcayr, e, — Idio a lui coniunga la oraxione della altessa — et firme la pace buiedicta con lo amba-xator sopradeto, firmamento vero, fermo, exequitivo, compiuto a tempo e a termino de 30 anni de luni proximi venturi. El primo dessi incomincia 1J anno de questo mileximo benedeto de questa carta benedeta, la qual colitene i capituli infrascripti e decharadi. El primo dessi [è], che tuti li Zenovexi capiterano a la alta terra e cita e tute sue terre e paixi da oriente e occidente siano securi con la segurità de Dio in aver e persone quanto per parte de la alta sedia e de tuti soi subditi e rectori in le loro mercadantie nel tempo del suo zonzer (2) e stansa, e cossi, voglandosi partir vendere e comprar in li luoghi uzati a lor de scendere, ad ogni modo capiterano cossi salvi conio rotti loro navilii, serano sotto la forma de la segurità de la cita alta e tutte soe terre le quale el presente sono soto poste, e cossi seranno per lo avvenire. E quando comparerà nel porro de la alta cita, o vero altri porti del suo destreto, alcuno loro inimico per voler damnificare in persona 0 avere, non se possano impasar (3), nè domandar el dito, ne ancora li Zenovexi possano esser domandati per damnificari da loro ynimici in dicti porti. Se, per caxio alcuno, fosse alcuno Moro o vero Cristiano sia sotto pace in li luogi a re sotoposti che facesse oltrazo a Zenovexi, overo forsase 0 fesse iniuria, el segnor de dugana sia obliga a far justicia e a farlo satisfarlo da cui a lui avesse facto oltragio o forsa. Ancora siano dati in loro possa fondachi e magazeni confacti per loro abitanse, con tuti soi iuridicioni, poteche, forni e chiesie, nè ad alguna altra persona possa habitar con essi loro sensa loro vogla, (1) Dall’arabo caid, capo, signore. (2) Cioè « giungere », in genovese (j) Ossia, impacciarsi. et, bisognando, per consar dicti fondogii, chiesie, poteche e forni, la duguana sia obliga a farli consar (i). Siano ordinati a loro fondochi porteri fideli, li quali vieteno el entrar de loro fondochi a Mori e altre persone, salvo de loro con-centimento. Ancora a loro sia concesso poter far in tuti li luogi del de-streto e subditi a Tunice consoli, li quali faciano raxone in fra loro. E dovendo aver algun Moro da Zenovexi, el consulo deba far raxone, e, se el consulo non la facesse, tunc lo segnor de la du-g.ina se possa impasar e far raxon fra loro. Se alguno Zuiovexe dovesse aver da Mori, deba el dito Zeno-veize domandarlo davanti lo segnor de la dugana. Non siano tenuti a pagar li mercadanti zenoveixi in Tunice, ne altri luoghi de lo destreto, per le niercadantie porterano in essi luogi, salvo lo decimo e le altre speize consuete per tempi passati, e, non altro. Ancora non siano tenuti dicti mercadanti pagar de doble e mo-nede stampate d’ arzento, overo oro e argento, salvo medio decimo senza alcuna zonta (2). Se alguno mercadante zenoveze portasse monete stampate e non fosero de la liga de la secha (3) de la cita, sia licito al segnor de dugana poterla prender, 0 vero taglarla e tornarla al suo patrone pagando medio decimo. Ancora de tuto quello spacerano per loro nome de loro mer-cadantie sea loro licito pagar el decimo con raxone, a so non sia loro facto oltrazo 0 vero ingano. Ancora debiano aspetar per loro decimi mexi doi dopo la ven· dita de loro niercadantie, o vero dopo il spazo de dugana, e, se per caxo le niercadantie fosseno vendute e lo mercadante non avesse scoso denari, sia obligato el segnor de dugana farlo spasar, o vero aspetar per fino che scoda del precio de dite robe. Se alguno portasse mercadantia 0 aver, corno perle, petre pre-cioze, ori, argenti, 0 qualunque altra mercadantia, in la dita cita 0 (t) Consar — Dal latino barbaro conciare, riparare, rifare. (2) Vale a dire <> aggiunta ». (3) Zecca. - ΐ7ΐ — vero terre sottoposte, e non potessero venderle, sia loro licito poterle ritornar onde essi voleno, e non debbano pagar alguna cossa. E de tute le mercadantie porterano nela cita e altri luogi, e a-verano pagati li decimi desse, del retrato desse mercadancie possano comprar quale merse a loro piacera sensa pagar decimo nè ulle altro dreto. Ancora non siano tenuti per mercadantie comparano de denari de noliti pagar decimo, nè vero nullo altro dreto. Se alcuno Zenoveze venderà nave o ver navilio a Mori o altri Cristiani [che] sono con pace con Mori, no sia tenuto pagar per tale vendia decimo, nè alcuno altro dreto ; e de li denari de tale vendia possano comprar quello a loro piaceri, e, solo [quando] comprador non fosse con pace con Mori, tunc sia tenuto il venditor lo decimo per la vendita. Se alcuno vendesse de le robe scripte neh liberi de la dugana a Cristiani o siano con pace o vero in guerra, non siano tenuti pagar decimo nè altro dreto per la dita vendita. Se alcuno avesse vendute robe in qual terra se voglia o avesse in la dieta terra, paga lo decimo, e, el dito volesse andar in alti luogi a comprar mercadantie, debiano farvi carte quelli de la dugana, a so non pagino nulo dreto, e possano far uno procurador per poter comprar per loro, e non sia tenuto lo procurador pagar nulla. E tuto quello venderano per mano del torcimano in la calega con testimoni sia a rexico de la dugana, e cessi in tuti li luogi soto posti a la cita maiori. E de tuto quello e quanto venderano sensa testimoni e fora de la calega la dugana non vi sia tenuta nente. Se alcuno venderà robe per mano de lo torcemano e sera vista la roba e dato lo caparo, tunc lo comprador sia obligato recevere la dieta roba e pagarla, e non se possa tornar la vendita (i). Se alcuno mercadante comperase per esso o per altri da quelli qui sono officiali de la dugana e abia carta de la dieta vendita, non se possa tornar la dieta vendita, ma sia forte e ferma, e cossi, se elio dicto officialio fosse da posto, quello verrà appresso non la possa rompir. E debiano tuti li torcimani esser in una comuni, nè alcune iner- ii) Romper la vendita. cadantie possa pigiar torcimano ex parte, e, li dicti torcimam siano tenuti a pagar miliarexi cinque per ogni centanar de bizanti e non più (i). Sia ordinato in le dugane, cossi ne la cita corno ne le altre terre e luogi, che li scrivani faciano le loro raxona, semper che elli lo demanderano; e, se li mercadanti sarano facte le loro raxone e ave-rano polisa del spaso, possano dicti mercadanti andar per tutti li luogi a loro piacera, cossi per mar corno per terra; e, se per alcuno caxo quelli tornassino a la cita, non ve possa esser dato ìm-paso nè fastidio per la dieta raxone facta, salvo con vera raxone. Possiano ancora andare e venire per le terre corno era per lo passato, e a loro non sia vedato comprar grano e farine per bisogno di victoagle de li marinarij e patroni, nè debano pagar dreto neguno per quelle. Possiano ancora montar e descendere de nave e navilii a loro piacere e non vi sia dato impaso. Neguno Zenoveze possa esser posto in prexone, nè ancora prezo per mali facti per altri, nè lui, nè in robe, nè in aver, nè in fede. Al consulo loro sia licito poter intrare doe volte il meze in la audiencia de re, e a lui sia concesso poder parlar con la altessa de re, e non ve sia vedato quello. E, se a alcuna de le nacioni cristiane fosse concesso trafìgar con le loro barche al cavo del canal (2), sia ancora licito a la nacion zenoveize. Sia ancora loro concesso poter comprar per fina a la soma de migliaia quindici di caffixi de formenti ogni anno quando el grano vale bizanti cinque lo caffixo, con questo [che ne] sia in Genoa caristia, a so non la possano vendere altrove, e de quelli non pagerano uscita nè altra cossa; e se el grano valese più de lo dito pretio, non lo possano comprar, salvo se lo Re consentisse di gratia de qualque parte. Se alcuna nave fosse rota 0 vero avese bisogno de consar in qual: te voglia de li luogi soto posti a la cita, sia loro licito poder discarigar tute le mercadantie e robe senza pagar alguna cossa, e siano salvi e securi in aver e in persona, e tuto quello discarege- (1) Migliaresi — Vedi Appendice I. alla Parte 1. del pres. volume. (2) Cioè « la Goletta ». - 173 - rano o vero stragnasse (i) in terra per fortuna, e le dite robe possano tornar a recaregar sensa pagar nolla cossi ne loro legni corno de altri. Ancora se alcuni de quelli chi averano pace con la cita sera con loro nave e Γ equipageno siano tractati corno loro. Se alcuna nave o legno de Genova o vero de soi subditi fosse trovato in alto mare da alcuno de li legni de la cita regale, o vero de suoi luogui subditi, non vi debano dar impasso, nè far oltragio. Se lo re volesse alguno de li legni [che] se trovano nel porto de la cita o in altri porti, possa pigiar (2) el terso de essi per soi bisogni, e sia pagato lo patrone de la dugana de quello e quanto resterano de acordio. E se alcuno de essi navilii avesse dato principio de carregar, non vi possa esser dato impasso nullo. Se per caxo el re nolizase una nave o vero navilio, tuta, e non charigasse salvo la meita 0 più o mancho, sia tenuto a pagar tuto lo nolo a compimento. Per la sensaria de lo sede (3) non siano tenuti pagar più de guduti do de argento per uno rotolo (4). Se venisse alcuna procura de alcuno Zenoveize e fosse in scriptura cristianescha, e lo consulo e mercadanti testificnssino esser vera, debia esser retracta in arabico e testificata, e sia valida e forte. Ancora sia licito a tuti li mercadanti zenovexi comprar in la cita e terre tute le mercadantie corente e non vi possa esser ve-dato, e meterle in magazeni e luogi consueti. E de tute quelle mercadantie coraprerano e venderano non debano dar portar de vaseli, dove elle sarano, salvo per quanto serano a pezo, a so non vi sia fato torto. E se alcuno mercadante zenoveze se vora partir per qualque (1) Stragnasse, vale a dire «il mare strascinasse, gettasse a terra». — Nel testo latino del trattato del 1433 (pubbl. da Mas Latrie, Trailès) all’art. 27 è detto per 1’ appunto « et de mercibus quas discarrigaverim, vel mare projecerit in terram». (2) Pigliar a nolo. (3) Cioè « della seta ». (4) Rotolo — Unità di peso equivalente a oncie 191/, d’ argento al peso di Genova (Pegolotti, cap. XXVII). — >74 - parte se vogla, debano li testimoni overo li officiali de la dugana, li quali sono sopra tale opere, andar in le loro caze e veder loro capsie e robe, a so non vi sia dato travaglo in dugana nè alte parte, e non debano pagar a carnali (i), marinari "e altri officiali e persone, salvo le usanze antique e verace. E questa forma de pace se intenda cossi in tuti li luogi soto posti a la alta cita corno in la cita propria, e cossi se intenda in le altre terre veniseno ad obediensa de la alta cita, nè possa, nè ancora sia licito ad alcuno oftìcialio e dugana, nè vero altri officiali, dover rompere, nè contravenire ad alcuno de li capitoli de la presente pace per usansa alcuna, nè altra qua! si vogla cossa, e se debano far copia de la presente carta e mandar per luoghi soto posti a la alta cita, a so siano tractati in dicti luogi corno in la alta cita. Non sia licito ad alcuno Zenoveze andar con legni de corsali li quali vanno in corso, e tuti li Mori habitatori de la cita e delle terre a essa sotoposte siano salvi e securi in aver e persone in le terre de li Zenovexij e de loro subditi. Se alcuno legno uscise de le terre de li Zenovezi o de loro obedienti e andasero in corso e faceseno dano a Mori, debano li Zenovexii prender li dicti legni, e amassar tuti quelli che serano in li dicti legni, e prender loro beni in quale se vogla luogi e mandarli a la dugana de la alta cita; e, se non potesero prenderli in persone, debano pigiar loro beni e mandarli a la dita dugana. Se per la alta cita foseno armati legni per prender li corsali e malfatori Genovexii, tunc debano li Genovexii armar legni e andar con essi de la alta cita in qual luogo comanderà lo gran re de la alta cita. Se alcuno legno de lo destreto de Genova, overo de loro subditi, troverano legni o vero robe e mercadantie de corsali de la alta cita, non debano a loro dar impaso. E per simile li naviganti de la alta cita e loro subditi non debano dar impaso a li Genovexi, nè a loro subditi. Se alcuno Zenovexe, overo loro subditi, venise ne li porti de la alta cita, o altri a essa sotoposti, e damnificaseno li Mori, tunc li Zenovexi [che] si trovano in li luogi de la alta cita debano dar adiutorio a li Mori per offendere diti malfatori. E lo sopra dito cristiano ambasador promete che tuti li Zeno- (i) Carnali — I facchini. - 175 - veixt e loro subditi de ogni robe, mercadantie, e ancora spedane, pagerano lo decimo ; e questo se intenda in tute le terre soto poste a la alta cita e in la dieta cita, e lo dito decimo se intenda a lungo numero, e Γ oro e Γ argento e victoaglie e biade debano pagar mezo decimo, corno se colitene in li libri de la dugana. Non se delia rompir nè anular nullo de li capitoli de la presente pace. E tuti li naviganti supra legni de Zenovexi li quali non sonno m pace con la alta cita debano e possano uzar de la presente pace quanto partene per segurità de loro persone, e in le altre cosse non vige intenda (i). E debano pagar li citadini de la alta cita e loro subditi in le terre de li Zenovexii corno pagano li Zenovexi in le terre soto-poste a la alta cita. Ancora è piaciuto a la altessa de lo segnor re far loro mercè de altri capituli de li quali el premer|e]. Tuti li captivi subditi a lo duca de Milana e del commune di Genova e loro sudditi se intendano essere introduxi ne la presente pace e dita di sopra. Lo secondo' capitulo ene, che lo ambaxador dito di sopra possa per la altessa commandamento de la altessa de re, che vi sia licentiato tante bote de vini quante a,ve bisogno sensa pagar nulla, tanto quanto stara qui de stansa. Ancora libera a li consoli presenti e venturi doe bote de vino ogni anno, per le quale non debano pagar nulla. Lo tercio capitulo, che li patroni de le nave possano per loro bisogni comprar cantara cento de bischotto sensa pagar nulla, e le nave picole cantara cinquanta. E, compiti li presenti capitoli, sono compiuti li sopra dicti pati de la pace e per la via bona e visitata. Testifica per testificatione de lo ambasadore sopra dito e contento de le cosse di sopra colitene, e lo dito ambasador è sano e voluntarie e in suo centimento, e cossi testifica per bocha de quello qui a facti li presenti pacti con lo dicto ambasadore e est locumtenente de re grande sopradito — Dio fossa durar la sua ho-noransa e prosperar in la grande la alta segnoria in ogni cossa — lo quale è in ogni perfactione de centimento e ogni altra cossa per (i) Cioè « per le altre cose questa disposizione, s’intende, non ha vigore ». — \η6 — potere far testitìcansa, e li testimoni, li quali se sotoscrivano, testificano e fano fede aver inteiso per bocha de re corno esso ave dato larga e ampia bailia de poter fermare li sopra dicti ordini e pacto a lo caito sopradito : e le cosse supradite sono state testificate ne la [secondja decena del mese de razeb benedeto in lo anno 869 (mar%o 1465) — Idio ne daga bene in questo anno e nullo bene non potè esser sensa esso Idio. — E testificano de le cosse sopradite e ancora corno li pacti sopra diti sono fatti per termino de trenta anni de lune, e incomensano da lo jorno e Γ anno scripto de sopra. Se verso Genova o vero de paexi a essa sotoposti venesseno nave o altri legni per nolezar a Mori, non ce debano partir li dicti legni sensa lasciar recona (1). Et anche [riguardo] il capitulo scripto di sopra per facti de vectoagle, vole la altessa de re possiano trazer grani de paexi subditi a la alta cita quando valerano cinque besanti. A ora vole, est contenta la altcssa de re, per esser cambiate le monete, se intenda posano trazer vectoagle quando valerano belanti quindeci, cioè cinque sexti de una dobla de oro (2), corno se contenia in uno commandamento pietoso segnato per mano de la altessa regale Ameria Octomenia (Omar Othman) Dio ge adiungia victoria misericordia honoransa e reverenda e li dicti testimonii anno visto lo dito comandamento. Et in la somma de li capitoli de li pacti dicti de sopra li qua 1 à affermati la alta segnoria - la quale Idio mantenga zonze uno capitulo in lo qual contene : che tuti li captivi zenoezi li quali se conteneno in la carta e pacti di sopra, sempre che sera intezo in la alta cita o vero terre a essa sotoposte sia alcuno Zenovexe ca ptivo, subito sia dato a lo consulo, nè deba restar in posansa e alcuno lo quai lo tegna per captivo: et se per caxo manchasse 0 consolo, se debano dar a li mercadanti. Et vole la altessa de re che questa adicione dure, nè debia aver alguna contradicione.... (3)· Et cossi ene compiuto lo capitulo sopra dicto. (1) Reconna 0 riconna — Dall’ arabo rohand « ostaggio ». (2) Vedasi Appendice 1* alla P. P, Cenno sulle monete ; in fine alla nota sul bisante. (3) Parola illeggibile. - 177 — DOCUMENTO. ΧΓ. (Arch. di St. - F'ranzoni - Informazioni date dalla Re.p. ai suoi ambasciatori. Ms. n. 652, pag. 327). Istruzioni della Signoria a Gio. da Levanto, ambasciatore presso il di Tunisi (1). 1466 — 25 giugno. Baldassar de Curte, vicegerens etc. in Janua, et consilium an-tianorum, et officium quatuor ad hec deputatum. Hec sunt que in mandatis damus vobis spectato viro Jo: de Levanto, legato nostro ituro ad regem Tunetis, ad quem damus vobis litteras credentiales. — Ibitis cum hac navi Justiniana et quam primum, Deo concedente, Tunetem perveneritis, ante descensum vestrum de navi, vocate ad vos consulem et mercatores nostros, qui illic sunt, dicimus principales domorum, et cum iliis consultate, an prius descendendum a vobis sit in rebato (2), (ubi audimus de more legatos primo saltem descensu solere descendere, et post aliquot dies pro maiori commodo in fundaco mercatorum habitare) vel recto cursu ad fundacum mercatorum concedere; et id agetis quod mercatores consuluerint, habita dignitatis nostre et rerum utilitatis ratione. Verum, quicquid sit, cum in fundacum mercatorum perveneritis, (1) Invano ho cercato in Archivio la copia originale di questo documento. Lo riproduco quale ce lo tramanda il Franzoni, rilevando però i varii errori di trascrizione da lui commessi col porre fra parentesi, accanto ad ognuno di essi, la locuzione che mi parve la più probabile, seguita da un punto interrogativo. (2) Vedi Parte 1* del pres. voi., nota 134. 12 — 178 — facite dare vobis domum, in qua habitat nunc consul, et ea sit vobis soli habitatio quamdiu istic morari a vobis contingat. Post hec videbitis an rex sit istic vel extra Tunetem; si istic erit curate omni studio et diligentia vestra ab eo audiri, quidnam (quoniam?) res, propter quam vos mittimus, exigit merito celeritatem, ut videamur casum magnificare (?). Si v<,;ro' extra Tunetem esset, tunc cum mercatoribus istic consilium capite, an adeundum sit ad regem ubicumque sit, an istic eum expectandum : in quo, cum non possimus consilium certum vobis prebere, arbitrium vobis atque mcrcatoribus relinquimus id faciendi, quod rei huic utile magis ac necessarium fore cognoveritis. Ubicumque tamen vel in Tunete vel extra conspectum regis adieritis, redditis Celsitudini sue litteris nostris credentialibus et facta commendatione nostra et nostre civitatis, dicetis hec verba. Cum longo tempore factos esse.......habitatores, et...... regni sui ea opinio.....(1) fide, ut humane ac amice tractari apud Dominationem suam speraremus, sicuri usque adhuc pro benignitate sua et antecessorum suorum factum fuit; credidimusque et etiam credimus in toto orbe nullum regnum nobis amicissimum atque humanissimum magis fore quam regnum Tunetis; in quo etsi negotiatio sit cum utilitate nostrorum, non est tamen sine sue Celsitudinis beneficio; et si antecessores sui in regia sede nos in amore et caritate semper retinuerint, securitas (Serenitas?) sua hoc idem tempore suo usque adhuc permaxime demonstravit. Si nunc aliter fieri videretur, putare non possemus hoc de mente sua fore, que sapientissima est, lusta atque humana; attamen casus qui novissime accidit in primis (personis?) nobilium civium nostrorum Cattanei de Vivaldis et Benedicti Joannis Pinelli sine ulla ipsorum culpa ad simplicem unius accusationem, sine testibus aut alia legali probatione, admirationem toti civitati nostre prebu't, et dolorem, considerantibus nobis quanta res sit, cives nostros mercatores istic cum magna fide et negotiatione vigiliti (ingenti?) habitantes verberibus affectos esse, praeter leges omnes divinas atque humanas ac praeter omnem et omnium temporum consuetudinem. Putabamus istic nostros ab omni iniuna salvos semper esse et sub singulari protectione a sua Clementia retineri; ubi maxime quicumque ex suis ad nos veniunt, non modo sicut amici, sed sicut fratres retinentur. Doletur a nobis civium (i1) Lacune esistenti nella copia stessa del Franzoni. - '79 — nostrorum incommodum, pro quibus intercedere semper debemus; sed non minus ipsa opinio apud ceteras nationes quod illic male tractari videamur. Non suam voluntatem, non suam sententiam accusare volumus, sed eorum qui hec egerunt et quorum causa tantus error processit; pro quo Benignitatem suam orare duximus, ut bonum animum nostrum erga suam Serenitatem considerare velit, maximeque in suo regno bonam et liberam negotiationem contemplare, provide-reque, ut falsus accusator penam tanti erroris sentiat: de cetero, non sic agatur contra mercatores nostros, nisi digne cognitum sit illos errasse: digneturque facere, ut qui opinione (?) in suo regno vivimus sua clementia et observantia servemur; ut perseverare in negotiationibus nostris bono animo possimus, et non cogamur illam deserere. Quod si [hoc] grave nobis esset, non tamen cum beneficio suo esse videretur. Ob hanc causam vos ad eam Celsitudinem missum fuisse, ut facti querellam faceremus, et remedium peteremus per quem intelligatur tale factum sue Celsitudini displicuisse, et nos videamur in honore nostro esse preservati; et quod nostri, qui ex nobili et magna domo apud nos sunt, in suo etiam honore pre-serventur. Videbitis quid ad hec vobis respondebitur. Putamus regem excusaturum hunc errorem, et bona verba dicturum; quam excusationem atque verba bona ostendite vos in bonam partem accipere et cum stabili opinione, ut de cetero credamus nostros istic bene et multo melius tractari ; attamen ut intelligat, si aliter fieret, nos coactos esse negotiationem illam deserere, id quod esset contra mentem nostram. Poteritis enim (etiam?) si, vel in respondendo, vel in verbis suis esset ulla dilatio, aliquando, si non regi et saltem aliquibus ex suis dicere: expectari istic multas nostrorum merces, quibus utile erit si intelligerit (?) (intelligerint?) in hoc casu satisfactum nobis fuisse, quod bono animo merces suas istic exoneravit (?) (exoneraverint ?), ne hoc casu in ista dubitatione consilium aliud suscipiant. Si responsum peteretur a vobis quid fieri in re ista vellemus, respondere poteritis, sapientiam tanti regis scire quid deceat et providere opporteat; attamen hec dici posse, ut qui falso cives nostros accusaverunt, quive huius mali causa fuerunt, si aperte puniantur, aliquid esse in suplementum (?) (exemplum?) tanti excessus: verumque speciali privilegio ac lege decernere velit, ut de cetero nemo Januensis verberari possit pro causa civili, vel que civilis esse videretur, nec etiam f — iSo — pro delicto nisi, facto diligenti processu, constabit eum fuisse delinquentem; quod quidem etsi iustitie Dei conveniat nos habebimus ad gratiam singularem, ut nostri eo privilegio istic frui possint, sicut etiam fruerunt apud illustrissimum Sulthanum (i), apud quem minima est negotiatio. Non possumus multum super his instruere, quia non satis quomodo res hec et qua causa processerit intel-ligimus, nisi quantum ex vestris litteris cognovimus tunc; etiam quid sequutum sit post hunc casum scire [non] possumus. Posset torsitan rex ille demonstrasse hoc sibi displicuisse, et mercatoribus nostris ita spem bonam pro futuro dedisse, ut paucioribus ac levioribus verbis opus esset: et posset etiam forsitan res in deterius esse prolapsa, ut his verbis opus esset ac etiam acrioribus. Eritis illic cum mercatoribus nostris a quibus esse... cognoscetis; poteritis eorum consilio mitius loqui, aut aliquid acrius prout tempori et rei conveniet; pro nostro consilio cognoveritis servare.... nobis modestiam omnium verborum et ostentatio.... (2) ad servandam potius benevolentiam suam. Volumus ante reformationem istius census et responsionem integre habitam, quod de re alicuius privati sermonem faciatis, nisi esset alia iniuria similis aut talis, que videretur vobis posse cum ista coniungi; sed, compositis que ad querellam iniuriarum pertinent, si quid esse vobis videbitur, quod ad aliquem mercatorem in privato pertineat, ubi commendatio nostra illi regi sub verbis honestis et humanis mercatoribus nostris prodesset, id placet nobis faciatis; et, si quis esset qui debitum aliquod vel aliud quid ab illo rege repeteret, quod intercessione et opera nostra (vestra?) consequeretur, volumus aliquid ex hoc a tali mercatore repetatis, quod converti possit in diminutionem presentis impense, quod minus esse non posset quam decem pro centanario; [sedj minuendum possit arbitrio vestro, si ita videbitur, considerata rei vestre conditione. Perfectis his et adimpletis que perfici a vobis potuerint, redire quam celeriter potestis mementote. Damus vobis normam impense vestre ordinate, de qua notitiam mercatoribus istic facietis, ut intelligant, quid fieri ab eis debeat, et quomodo pecunias ad hunc sumptum invenire possint; de quo tamen ad eos litteras damus particulares, sicut vos videbitis. Datum Janue die 25 Junii. (1) Si allude al Sultano d’Egitto. (2) Stessa osservazione faita a pag. 178. - 181 — DOCUMENTO XII. (Arch. di St. ; Franzoni, ms. 652, Informazioni date dalla T{.ep. ai suoi ambasciatori, pag. 616 (1). — Sala 58, Istruzioni, n. g. 2707 B). Istruzioni al nob. Benedetto Fieschi, ambasciatore a Tunisi. 1474 — 29 marzo. Guido Vicecomes etc. (2) et consilium antianorum communis Janue. Hec sunt que in mandatis damus vobis, nobili civi nostro et oratori ad regem Tunetis, Benedicto de Eliseo. Ibitis Tunetem et illic ante omnia vocabitis ad vos consulem et mercatores nostros, quibus reddetis litteras nostras, quas illis scribimus, et exponetis causam vestre legationis, ut simul consultetis quid agi oporteat in eundo ad regem et in expositione vestrorum mandatorum et presertim in hoc, si forte rex illic non esset, an eundum a vobis fuerit ubi rex sit, vel expectandum eum illic donec revertatur : in quo contentamur, ut id agatis quod consuli et mercatoribus melius videbitur. Cum vero ad presentiam regis perveneritis, exhibita a vobis consueta reverentia, reddetis Majestati sue litteras nostras creden- (1) Nel manoscritto del Franzoni è posta la data del 29 marzo 1479, ma è un errore del poco esatto copista, che scambiò la cifra 4 col.9; non vi ha dubbio in proposito, secondo risulta dalla minuta di cancelleria succitata (Istruì., filza 2707 B) e da altri documenti. (2) Governatore di Genova, dal 7 luglio 1473 al 19 ottobre 1475. — 182 tiales, quas ad eum scribimus ; quibus perlectis, et facta in primis commendatione nostra, sue Serenitati dicetis hec verba : Majestatem suam scire quod longo tempore natio nostra illic negotiatur, et qua fide, quo amore agitur inter suos et nostros, terra et mari, ubicumque contingit simul negotiari, ita ut nullum Christianorum genus putemus fore qui cum sua Majestate suisque subditis in maiori pace et majori amicitia quam nos vivant : ex quo, etsi nostri ex ea negotiatione non parum commodi accipiant, non minus putamus illi regno et subditis suis utile fore. Preterea pacem scriptam esse inter suam Majestatem et nos, quam decet sancte et incorrupte ex omni parte servare, nam quantum in nobis est nihil pretermittemus, quod ad hunc effectum pertineat: ita rationabile videtur nobis suam Majestatem, que sapientissima est et natura ac de moribus bona, velle ; et, si quid accidit, quod hoc perturbare videatur, tollere ac demere. Cum spes nostra sit Majestatem suam debere ad hec providere, ideo vos ad suam Majestatem mittimus, precantes eam et exhortantes, ut adhibere operam vellit, quod pax bona et sancta inter nos vigeat et in negotiatione mutua cum bona pace et cum bona amicitia possit perseverare. Secunda causa est, quod nonnulli istic mercatores nostri vendiderunt merces suas Majestati sue bona fide et crediderunt promissis eius, sicuti tam sapientissimo et bono regi credere licet; aliosque fuisse, qui similiter cum serenissimo nepote suo rege Constantine contraxerunt et de non parva summa, et tamen neque a sua Majestate, neque ab ipso nepote suo satisfactionem habere posse videntur ; quod certe, nisi mercatores nostri affirmarent nobis, vix credere possemus hoc de sue Majestatis voluntate prodire, qui, sicuti justitiam colit, qua nihil est quod ad reges magis pertineat,, quorum potestas a Deo data, et cui justitia supra omnes humanos actus placet; ita incumbit illi, quem fama [currit?] bonum et justissimum regem esse, advertere plurimum, ne cuipiam fiat injuria. Intelligere Majestas sua debet, quod si mercatoribus nostris non satisfieret, non possent istic negotiari, et si eos propter hec di-scedeie oporteret, suo exemplo traherentur ceteri ad discedendum ex illo regno ; quod sua Majestas velle non deberet, et ex Iioc nos precari suam Majestatem ut providere velit, quod mercatori-bus nostris quod a sua Majestate vel ab aula sua et irem ab illo serenissimo nepote suo habere debent ita satisfiat, ut querelandi causam non habeant, sicut pro sua clementia et bonitate spera- - .83 - mus illam facturam. Due sunt nature credita : unum pro mercibus quibus satisfactio promittitur manifesta ; alterum pro quo fiunt assignationes in doana ad excusandum in drictibus ; et in hoc audimus culpam procedere a domino doane, qui tales assignationes nunc non acceptat, dicens a quodam tempore citra obbligari a sua Majestate ad dandum ei omni anno duplas viginti mille in auro in capsia sua: ex quo non potest huiusn odi assignationibus, prout solebat, respondere. Quamcumque viam satisfactionis erga nostros sua Majestas suscipiat modo effectum habeat non est a nobis curandum ; sed hec diximus, ut sua Majestas intelligat unde hec novitas in magna parte insurgit, licet credita mercatorum nostrorum etiam soleant hic a sua Majestate numeratam satisfactionem habere, prout equum est atque sanctum, et sic fieri petimus et speramus a sua Majestate. Prima enim causa est, quod cum in suo regno sunt nonnulli captivi nostri, qui non possunt pro pace nostra retineri, pro quo clamor eorum venit ad nos, et ipse Deus pro pietate excitat nos ut pro sua liberatione intercedamus ; ex quo Majestatem suam precamur, ut eos omnino velit facere relaxare in observationem bone amicitie et in beneficium pro Deo ipso, qui justitiam, ut jam diximus, et pietatem inter prima rerum humanarum officia fore statuit (i). Hec sunt que a vobis primo exponenda erunt, et prius intelli-gendum quid respondeat quam ad alia transeundum. Intelligere enim nescimus quid possit respondere, nisi excusare aliquo modo tempora, vel excusare factum illud doane ; in quo erit a vobis repetendum, spem nostram esse quod sua Majestas huic rei opportune provideat, sicque nos rogare suam Majestatem, ut vivatur cum justitia et amore. Si vero excusaret debitum nepotis sui regis Constantine, et diceret st pro eo non teneri, respondete, quod cum hec consuetudo sue Majestatis fuerit satisfacere semper, non modo pro nepotibus suis et sua aula, sed etiam pro Archaitis ; ideo mercatores nostros (i) Tutto questo capoverso, che comincia con «Prima enim causa» e finisce con « officia fore statuit », dovrebbe essere posto più innanzi, come il lettore potrà osservare. Nondimeno, per mantenermi fedele alla minuta di cancelleria, ond’è stato trascritto, e alla copia del Franzoni, entrambe custodite nel nostro Archivio, ho creduto di non fare alcuna trasposizione. - i84 - liberius suis credidisse, quod aliter non fecissent ; ex quo quod sua Majestas pro sua bonitate, pro sua consuetudine fecit, equum est ut faciat saltem pro debitis factis usque ad huc ; propter quod, si dicet de cetero non velle obbligari pro suis, mercatores nostri in negotiis suis de cetero melius advertent ; licet, si nulla fuisset consuetudo, sicuti semper fuit, justitia tamen hoc vellet, quod sui cogerentur ad satisfaciendum nostris, quibus sunt ex aliqua causa debitores ; propterea, quod aliter negotiari illic aut mercatura agi non posset, et justitie locus non foret, si debitores suis creditoribus satisfacere non cogerentur ; quod ad suam Majestatem pertinet, et ad hoc pro Deo et mundo obbligatur ; et eo magis, quod pecunie, quas ille d. rex Constantine debet, expense sunt in gentibus armigeris sue Majestatis. In his tribus erit a vobis omni studio instandum ; primo, pro relaxatione captivorum propter Deum et justitiam ; secundo, quod nostris mercatoribus a rege pro eo quod debet sit satisfactum, et ille assignationes in doana facte effectum habeant ; tertio, quod sua Majestas pro nepote suo satisfaciat vel ita providear, ut nostri juste queri non possint. Si enim videretis in his esse difficultatem, poteritis, interloquendo cum illis Mauris aliquando tamquam ex vobis, dicere, videre vos manifeste necessarium fore, quod mercatores nostri ex eo regno discedant. Non dicimus quod hec verba regi dicantur, sed aliis, interloquendo, aliquando dici poterunt ; et addere, vos in mandatis habere, nisi aliter provideatur, iubendi mercatoribus nostris, ut ex eo regno discedant, et alia faciant, que ad rei huius favorem pertinere videantur. Et quoniam diximus primum curandum a vobis esse liberationem captivorum, volumus intelligatis, nos ex nostris intelligere Petrasanctenses, Calvenses et Bonifacinos. Hoc idem dicimus de Lombardis, si qui essent, quia animo omnes cives sumus sub uno ovili (i); sed pro Genuensibus et aliis ut supra agi intentius potest, quia rex ad hoc ex pacto obbligatur expresse. De Lombardis vero si non expresse tamen tacite debet intelligi, et si non agi ex pacto, bonis potest contendi rationibus; quia non minus grata nobis erit Lombardorum, si qui sunt, liberatio, quam nostrorum aliorum, quia idem sumus et esse debemus. (i) Cioè: sotto la signoria del Duca di Milano. - i85 - De tempore vestre legationis nescimus quid statuere vobis possimus ; contentamur, quod in hoc complaceatis mercatoribus illis nostris, quorum interest, et qui providere debent sumptibus vestris ; quia nolumus in hac legatione ex publica pecunia impendi, nisi duplas quinquaginta sub lege decreta ; quas committimus consuli et massariis illic ut vobis persolvant, et exinde recuperent ex bonis vel debitis que ex hac legatione vestra recuperabuntur. Datum Janue die 29 Martii 1474- — ι86 - DOCUMEN'IO XIII. (Arch. di St.; TDivers. Comm., fogliazzi, filza 42, n. g. 3062) Lettera àeìla Signoria al Re di Bona. 1483 — 2 maggio. Excelso principi moley Abram, regi Bone in Bona. Jhesus. Excelso principo moley Abram, rex Bone. La caxone de questa si è per avisar la segnoria vostra, corno davanti da noy è staito li parenti e amixi de Ludovico e Anthoono Maroxi, citadini nostri, e maximamenti lo egregio meser Luciano de Rocha, caro citadino nostro. Li quali ne ano facto grande lamenta per parte de lo dicto Ludovico e Anthogno, digando, corno la segnoria vostra aveiva apaltato alo dicto Ludovico la dugana e altre cabelle vostre e conio avanti de lo tempo de meixi IIII e iorni XVIII lo aveti levato da lo ofEcio so, e più, corno li aveti posti in prexone, no voltando fare con lo dicto Ludovico raxone ; per la quale raxone lo dicto Ludovico dixe, la segnoria vostra resta dare più de doble IH (jooo) Ancora corno aveti preizo Antogno contra lo quale per justicia no poteti dire nulla. Per le quale cosse, atento la fama de la bona justicia de lo serenmo vostro padre, re de Tunexe, cossi speremo de la segnoria vostra, de la quale se marevegemo de tre cosse. La prima che avanti de lo tempo haveti levato da lo officio lo dicto Ludovico. La seconda ène [che] teneilo (1 ) in prixone in castelo. La tercia, che dacti (1) Cioè « lo tenete ». — 187 — destraso ( i) a Anthogno so fradelo, con lo quale la segnoria vostra nullo obligo ha. Per le quale cosse requesti da li dicti nostri cita-dini, ancora per opera de justicia semo requesti a pregare ala signoria vostra ve piaxe administrare justicia a Io dictu Ludovico, asò che se jntende la segnoria vostra esser justa e justissima, imperochè cossi fasando serà fama de voy per lo mondo de la justicia vostra, corno è de quella de vostro padre, lo quale, per mantenere justicia a tuti li mercanti, ha facto lo locho de Tunexe magnifico loco. Noi alo presente ala segnoria vostra no requiremo salvo justicia, la quale noi altri principi per boclm de Dio semo obligati a mantenerla. In concluxione ve pregamo voliati liberare li dicti de castelo de la carcere e ordinare sia facta la raxone de lo dicto Ludovico e liberare Antogno so fradelo. E cossi fasando, fareti de vostro honore e cossa acepta alo Dio grande e a noi cossa gracta, e si ave-remo per caro che jntendamo (2) che le nostre lettere appresso ala segnoria vostra hano facto fructo ali citadini nostri, li quali ve arecomandemo. No altri, se in queste parte possiamo fare alchunna cossa, semo presti. Data Janue die ija madij 1483. (1 ) Cioè « danno ». (2) Vale a dire «ci avremo per caro d’intendere». - ι88 - DOCUMENTO XIV. (Arch. di St., Franzoni, Informai. della Rtp. ai suoi ambasciatori, ms. nn 652, pag. 801). istruzioni a Francesco Panigarola, console in Tunisi. 13 maggio 1488. Paulus de Campofregoso S. R. Ecclesie titulo Sancti Sisti pre-sbiter cardinalis, ducalis Januensium gubernator, consilium antia-norum et officium Tunetis communis Janue. Hec sunt que in mandatis damus vobis Francisco Panigarole consuli designato Januensium in Tunete. Conscendetis, Deo auxiliante, galeonum Nigronum, qui de proximo Tunetim navigaturus est, ad quem locum vos incolumem ducat Deus. Cum autem illuc perveneritis, ante alias vestras omnes actiones, quas volumus postponatis, volumus serenissimum regem adeatis, ad quem damus vobis pro infrascripta re litteras credentiales. Cum vero coram sua Maiestate constitutus fueritis, factis condignis commendationibus vel huiusmodi solemnitatibus que fieri solent de more a nobis, ipsi regi reddetis litteras nostras; que, et ipse credentiales sunt, narrant tamen partem rerum a vobis longiore sermone exponendarum. Dicetis sue Maiestati nobis nihil molestius fuisse quam intellexisse ea que fedifragus ille Nicolaus Lercarius fecit de Mauris illis, et quantum non nos tantum, sed universa civitas ex isto nephario facinore convincta fuerit; et quemadmodum, statim nuntio tali habito, scripsimus domino Lamberto (1) et alia fecimus; que licet vobis optime nota sint, qui om· (1) Lamberto Grimaldi, signore di Monaco. — 189 — nibus, quando hec acta sunt, interfuistis, habetis etiam copiam processus hic facti, quam vobis damus: que omnia recitaremus nunc, nisi eadem scripta essent, que vos videre poteritis. Et eadem, si fuerit opus, singulatim dicetis, et sicut nos ob reverentiam sue metuen-dissime altissimeque Majestatis et observantiam pacis, que est cum sua Maiestate nobisque, omnia fecimus que fièri a nobis potuerunt, nec ad implenda ea ad que tenemur eiusdem pacis [vigore ?] quidquam pretermissum a nobis est ; non tamen successisse rem prout forsitan fuisset voluntas sue Majestatis et nostra; tamen hoc non posse nobis imputari. Nos tamen esse huius animi non dimittere hanc rem omnino; si contingat in dies aliquid fieri posse pro ipsorum Maurorum liberatione, id libenter faciemus, nec animo aliquid ultra propensius habebimus. Erit ante omnia vobis specialis cura sue Majestati demonstrare quemadmodum d. Lambertus de Gri-maldis nobis non paret, ut scitis ; imo vivit pro arbitrio: si tamen responderet Monachum factum esse territorii genuensis, dicetis multis iam annis preteritis de manu Reipublice nostre ereptum fuisse, nec d. Lambertus.....................(1). quia constat, quod contra Nicolaum Lercarium fecimus omnes justificationes in observatione pacis, et d. Lambertum nobis non parere ; res nostra ipsa propria tuetur (?). Ultra processus, quos portatis, damus etiam vobis nostras patentes litteras nostro pendenti sigillo munitas, cum aliis sigillis, ut videbitis; que erunt nobis (vobis?) maxime utilitati, quibus omnibus credimus abunde posse satisfacere ad justificandam ex omni parte rem nostram. Preterea facietis querellam Majestati sue quemadmodum regij officiales habent previas (2) multas solutiones, quas facere debent mercatoribus pro mercibus quas emunt, quandoque recusantes, quandoque protrahentes debitum nulla ratione et nullo colore; unde quotidie multa oriuntur mala. Nam mercatores nostri, destituti spe habendi solutiones suas, per malas et indirectas artes conantur recuperare que non potuerunt bona; precabitisque suam Majestatem in hoc velit aliquod remedium adhibere; hoc etiam, preterquam quod justum est, regium etiam decus respicit, cuius fama iusticie tanta est, quanta in nullo alio rege inveniri possit. Dicetis, nos grato animo accepisse ea que ab (1) Lacuna esistente nella stessa copia del Franzoni. (2) Cioè « mature a pagarsi ». — 190 — oratore nostro superioribus mensibus de sua Majestate facta sunt, optareque uti que conventa sunt pacta serventur. Commendabitis nostros mercatores in omnibus eorum actionibus, presertim in exactionibus debitorum (ite) suorum, sive privati sint debitores, sive curiales. Dabitur preterea vobis Troili Spinule memoriale quoddam pro quadam . . . feceritis nobis rem carissimam, si pro . . (1) omnem sollicitudinem habueritis ita, ut sui voti compos fiat. Insuper ordinabitis nostri parte cum mercatoribus illis, ut drictus impositi, qui revera imposiii sunt ad communem utilitatem mercatorum negotiantium in partibus illis, exigantur sine difficultate, quia hoc non tantum pro se justum est, sed etiam fieret malum exemplum, si deinceps contingeret aliquas provisiones fieri ad utilitatem illorum qui emerunt [illos] drictus [ut debeant ?] alias vias aggredi. Luchinus Justinianus habet duo instrumenta, pro quibus habere debet ab illa curia dubias septingentas: habebitis curam etiam toto posse ut illi satisfiat. Et quia a Jacopo Cazerio facta fuit nobis maxima instantia, volumus illi esse auxilia pro liberatione Hieronimi eius fratris adhuc in carcere detenti; volumus etiam, et pro honore nominis januensis, et quia ipsa res est per se iusta, ut quanto citius fieri possit curetis omni opera et omni denique via ut a captivitate liberetur. Scribimus consuli et massariis Tunetis, ut vobis solvant dubias Xlll (i}000), quas hic exbursavimus pro rehabendis Mauris. Curate illas habere omni diligentia : si illas habueritis bene quidem ; casu quo, tentatis viis omnibus, id assequi non possetis, sumus contenti, et ita vigore presentium damus vobis facultatem, eas exigere posse de mercibus illis, super quibus exigere curatote, consulatus vobis obvenientes (2). Vos item dedistis nobis hodie dubias duas : querite eas habere modo supradicto. Francisce, ut videtis per litteras credentiales ad regem illum, damus vobis nomen oratoris: si contingat vobis habere rationem a rege illo, prout credimus, volumus, quod in hoc fiat judicii vestri : date vobis tantam partem quantam vobis videbitur. Vos vero significabitis nobis quantum habueritis et quantum impendetis. Data Janue die 13 Maij 1488. (1) Stessa osservazione fatta a pag. 189, n. 1. (2) Cioè « i diritti di consolato ». — ΐ9ΐ - DOCUMENTO XV. (Arch. di Stato; Diversorum Cornili., filza 49, n. g. 3069). Istruzione a G. B. di Monteburgo, inviato a Tunisi. 28 febbraio 1492. ✓ Augustinus etc. (1) et consilium officium rebus Tunetis prepo-situm communis Janue. Hec sunt que in mandatis damus vobis Johanni Baptiste de Mon-teburgo ituro Tunicem ad serenissimum regem illius et nostros mercatores, qui inferius describuntur. Egregie vir nobis carissime. — Havemo maior fiducia et speranza in la prudentia vestra che in lo scrivere nostro, parendone che de-biate saper parlar et tacere et governar le commission infrascripte secundo la opportunità et le conditione de le cosse che trovereti in quello loco. Noi ve diremo la caxone de la andata vostra, et poi vi distingueremo sotto brevità lo modo che havereti a tenere. Per qualque segni et ancora per qualque relationi ne pare intendere che siano alcuni Jenovesi che tenteno et cerchano de far qualunque insulto e scotizo (2) in lo loco de Bona 0 altri lochi subditi de quello serenissimo re, la quale cossa ne dispiace summamenti per la integra pace che havemo cum sua maestà et gratia de bene volentia che portemo a le cosse soe; et ancora che quello diremo dissotto per ferma certeza non habiamo, tamen la affection nostra fa che in ogni prosperità de soa maestà se conviene mostrar allegressa, (1) Agostino Adorno, governatore dal 13 setr. 1488 al 26 ott. 1499- (2) Vedi pag. 105, nota 217. — 192 — et in ogni suspictione de adversità non possiamo se non essere tanto timidi corno in cosse nostre proprie. Et questa raxon propterea ne ha facto ancora accelerare la andata vostra et non perdere più tempo inexpectare novelle più certe, persuadendose che quello serenissimo re, accada quello se voglia, debia prendere l’animo et la sincera volutiti nostra, et parendone ancora che possa seguire maior periculo in tardare la advisatione, che in significare cossa, che possa essere dubitativa. Questa è la cassone de la andata vostra. Voi adunche quamprimum sareti descezo in terra, liavuta conferentia con li mercadanti nostri, de li quali de sota vi noteremo li nomi, et non cum altri, cerchereti di intendere da loro, se in quello paese se ha noticia de tale cossa, et se non fosse noticia, statini andereti a la maestà del re, et, sotto lettere nostre credentiale, le exporeti conio noi havemo la suspicione de la quale di sopra havemo decto, de la quale havemo immenso dolore; e per questo non havemo guardato nè spesa, nè difficultà, nè rispecto altro alcuno, ma subito ve havemo mandato, aciò che la maestà soa possa provedere a la sicurtà de le cosse soe, et possa ancora intender lo animo et observantia nostra verso la grandezza soa. Et però che forsa se poteria dire che se meraviglia che nostri Jenovesi cum la excelenti.i soa tenteno simile cosse, respondereti: che non è cossa nova se in i na tanta natione, como siamo noi, se trova qualquno mal correcto; che ancora in altre natione se trovano persone, che osano et tentano cosse fora de ogni convenientia; che a la sapientia soa deve bastar che li rectori de la cita et tuti li citadini siano sinceri et affectionati a soa maestà, li quali, sempre che simili tristi et desobedienti venissero a le mane loro, fariano per modo che ogniuno intenderla quanto ne despiace che persona alcuna faccia cossa ingrata a soa maestà. Et sotto simile parole, se vi fosse porto qualque querela, miti-gareti lo animo regale, et in ogni loco et tempo che vi parerà congruo osservami le cosse nostre pronte et apparecchiate ad ogni gloria de la grahdeza soa, aricomandandoge strectamente li cittadini et mercadanti nostri chi sono in quelli soi regni, 0 chi in venturo lì vegnirano; facendoge ancora intendere corno noi, cognoscando la summa justicia che per ordine de soa eccellentia se inalitene in li soi regni, et per la bona pace havemo cum sua maestà, siamo in molti pensamenti de acrescere le mercantie et facende nostre in quelli regni; persuadendose che ogni cossa nostra in casa de uno - ί93 - degnissimo et amicissimo et iustissimo re debeno esser reguardate et secnre corno in li magazini nostri. Questo,.. ( i ) quando lì non fosse novella alcuna de questa facenda; ma perchè poteria esser, o che lì seria la noticia, o forsa che già seria tentato lo insulto et lo scotizo predicto, in tale caso bixogne-ria usar major descretione in porgere le parole vostre, dicendoli che, quamprimum qui è stata noticia de tale cossa, senza alcuna dimora vi havemo mandato a soa maestà; ma che è da credere, che quelli hanno pensato tale machinatione se siano guardati da ogniuno e principalmenti da noi, per cognoscere la divotion nostra verso la maestà soa, la quale non haveria possuto patire che se tractasse cossa, che podesse producer interesse o mancamento a soa signoria : che soa maestà debe prender l’animo et intentione nostra, la quale ha facto quanto è stato in soa mano. Et cum simili parole, che da voi sapereti dire et che ancora li mercadanti nostri predicti, li nomi de li quali serano qui dissotto, ve aricorderano, fareti ogni sforzo che la maestà soa reste contenta de li facti nostri. Queste sono quelle cosse che ve podemo al presente ricordare; ma se considerereti quante cosse pò accadere, le quale non possemo pensare, nè de quelle darve instructione alcuna, ve convene desve-giare, et secundo le conditioni de le cosse che trovereti accomodare la executione vostra; habiando sempre conferentia de tutto lo vostro affare cum li mercadanti nostri, corno disopra se dice, che se descriveranno disotto. Li nomi de li mercadanti, cum che haveti a conferire, sono questi: Baptista de Grimaldis, Jacobus Lercarius, Joannes Palmarius, Paulus de Rapallo. Ve dagamo doe lettere de credentia, l’una a li dicti mercadanti nostri, l’altra ala maestà de re, le quale a so tempo presentereti. Como ve havemo dicto a boca, questo tracto se debe fare a Bona, et per questo, se li venti lo permeterano, seguireti la via de ponenti et anderete in primis a Bona, et sotto secretanza direti a lo archayto (2) de lo loco cum uno torcimano (3) tantummodo tuto (1) Piccolo guasto. (2) Cioè: il Signore del luogo. (3) Vedi nota 64 della Parte 1”. 13 — '94 — quello che haveti a significar a la maestà de re, pregandolo che fino a tanto sareti fora et partito de lì tegna questa cossa secreta, aciò che la galea et altri non ve dagano destraxo (i); alo quale alchayto adrizemo una lettera di credenza in lo nome vostro. Se la galea suddetta vi se acosterà, o altri brigantini, et vi domandasero la caxone de la andata vostra, finzereti che seti capitato lì et che volete andare a Tunèce ad aspectare la nave for.... a (2), la quale de levante se especta in Tunice cum frumenti per far lì certe commissione de mercadanti. .........Cum ogni diligentia et studio cerche- reti de partire presto de li, perù che è sempre dificile cavare gente de caza. Perchè è venuto doi Mori, procuratori de lo archaito Gemoxi, per haver certe robe de lo dicto archayto cairiche su lo galleone de Augustino Petito, et in la summa de le cosse usano qualunque varietà de parole, direti a quelli mercadanti se faciano dar lo vero inventario de lo dicto archayto cum suo juramento et translatato in latino et sottoscripto per doi de loro, che ne lo mandate a lo più presto sia possibile per dicti Mori, aciò possiamo trovar la verità. Data Janue die XXVili februarij 1492. A tergo dell’Istruzione leggesi quanto segue: Johanne Baptista de Monteburgo. Noi ve havemo dicto per altera istructione quello havete a fare a li modi et forme che haveti a tenere in questa vostra andata, et per questa ve narreremo sotto brevità quello che de questa mattina havemo inteizo. Sotto astuto et stranio modo è capitato a le mani nostre lettere ziffrate scripte in Roma per Jo. Baptista Sixto, et per ipse letere apare che Benedecto Joanne Pinello et Petro Paulo de Vivaldo tentino in Roma de far insulto a lo loco de Bona et forza altri loci per via del Mazachareize ( 3 ); et, secundo che per ipsa lettera pare, zà se è fatto provisione de fan- (1) Cioè «danno». (2) Guasto. — Probabilmente « la nave Fornara ». (3) Regione bagnata dal fiume Marzacares, detto ora Masraga, Malfrag. — Ivi trovasi il porto di Marzacares, ossia Mers-el-Kharez, ora La Calle. - >95 - taria, altegerie et altre provisione. (Capitando prima a Bona ha-biati a mente prender da lo alchayto la fede de là che non farà nocumento alchuno a Genoexi se trovaseno o chapitaseno lì) ( i ), et per questa noticia vi mandemo là. Voi adoncha notificando queste cosse a li mercadanti de Tunice, cioè a quelli li quali in la vostra instructione havemo descripti, li fareti ancora noticia de lo modo per lo quale havemo intexo questa facenda et li nomi de quelli che tentano questo tracto, et, consultata la cossa cum loro, seguireti quanto per la nostra instructione se vè dicto. Ricordandove che de tutta questa materia, nè qui, nè in navilio, nè a Tunice, nè altro loco faciati parole cum alcuno, salvo cum li nominati per l’altra instructione. Data Janue die XXVIII februarii 1492. (1) Il periodo incluso fra parentesi forma parte di una manda la quale cade a questo luogo. — Γ9 6 — DOCUMENTO XVI. (Arcii. di St., sala 58, Litterarum, reg, 37 A, n. g. 1805) Lettera della Signoria al console Jacopo Centurione (:). 1498 — 24 gennajo. Sp.,u viro Jacopo Centuriono, consuli januensi in Tunete. Augustinus et Consilium. — Vedere te, per lo extracto incluso (2), de le lettere, quale scrivemo a la Maestà de quello Ser.m0 Re per liberatione de Pietro Paolo dal Fiesco e compagni et mercanti cum resarcimento de damni et interessi, corno già altra fiata avemo a soa Maestà scripto, e veramenti ne pare questo caso degno de remedio e de natura che male se possa tollerare, sia per lo exemplo tristissimo, sia per la ingiuria grande quale ne è facta cum poco respecto de la amicitia nostra et de la pace. Unde siamo necesitati a imponervi che, statim havute le presente lettere et quelle lecte, preso da quelle la forma de lo requerire, comparente davanti S. Maestà, et presentiate diete lettere, et a bochafaciate simile requesta, instando cum ogni sollicitudine che sia facto quanto noi reque-riamo, corno vole el debito e noi speriamo; perochè, altramenti fa-ciando, la necessità ne induerìa, per lo mantegnemento de lo honore nostro et indenità de nostri citadini, ad vegnire a li remedij scripti, li quali, quando despiacessino ad alchuno, la colpa non sana nostra, siandosi tanto’justificati quanto siamo. Questa serà cura vostra speciale, et de quello che averete facto aut spererete de fare ne dareti presto -avizo. (1) Vedi Parte I, nota 224. (2) Vedi documento seguente. — I97 — DOCUMENTO XVII. (Arch. di St ; LHUraruni; reg. 37 A, n. g. 1803. Al re Boabdile (Abd Aliali Mahammed. Lettera della Signoria al Re di Tunisi (1). 1498 — 24 gennajo. Serenissimo et potentissimo d. d. Boabdile Mahamed, regi Tunetis et totius Africe. Quanto più consideremo 1’antiqua benevolentia et reverenda che la nation nostra ha portato e continue porta a la Maestà vostra e a li predecessori vostri, la fama grande de le virtù vostre e de vostri maiori, donde est seguito questo mutuo amore et desiderio de servire l’uno l’altro quando l’occasione s’è offerta, tanto più se maravegliamo e dogliamo che, continuando la amicitia e pace antiqua, che al presente accade cossa, per la quale cum tanta iu-sticia se possiamo lamentare et dolere de bavere sì malo tracta-mento in quelle parte. Erano soliti li Genoesi nostri in quella regione essere bene trattati, bene veduti, defensati, haviano ogni officio de amicitia; el medesimo faciamo noi et de presente facemo a qua· lunche Moro che vegna in questa nostra parte e talmenti conio si fossino figioli nostri proprii. E siandosi (essendosi) da l’una e l’altra parte in questi termini, per la grande frequentia di navi, na-vili et mercanti, a l’un a et l’altra parte è seguito grande utilità et est per seguire, quando piaccia a la Maestà uzare tali termini, che non habiamo de lamentarse cum ragione, cioè de voler vivere cum amore e pace, et non patire che ne sia facto così singulare (1) Vedi Parte I, nota 224. — 198 — iniuria, como da lo excell.mo re de Buna {Bona) al presente si fa ad alchuni nostri Genoesi, cioè al nobile Pietro Paolo de Fiesco e compagni : li quali, conio gi;\ havemo scripto a la Maestà vostra, siando stati presi cum uno navilio e mercantie in quello existente in le marine de Bona da due galee patronizate per Turchi, armate revera in la citi vostra de Tripoli da Mori e Turchi, sono stati consignati in mane de dicto Re, dove al presente sono, da li quali el dicto Re domanda recato sotto colore che li habia da diete galee comperati; cossa certo non tanto da fare tra amici et benevoli corno se reputamo nei, imo crudele e injustissima, et da non potere tollerare, che quello Re voglia di carne di nostri citadini fare mercantia, cum li quali se vive in amore e pace. Et siando così, parendone questa cossa da sì trista et di pessimo exemplo, havemo de novo deliberato scrivere a la Maestà vostra e quella pregare stretamenti et requerire per vigore de la pace che voglia tal modo tenere, che lo dicto Pietro Paolo e altri omini, beni et mercantie siano liberate; et satisfacto de loro damni et interessi patiti, che sono ducati 3000; et, manchando cossa alchuna, comande sia resarcita corno la justicia vole e noi speramo; et a ciò che non siamo sforzati, primo per honore nostro, poi per sublevare li nostri da si facta iniuria, dare di quelli remedii li quali ne parirano necessari, li quali non porriamo inanellare di farli vogliando a l’una e l’altra parte provedere corno lo debito vole, et li mercanti nostri siano constreti a partirsi de quelle parte et tornare a casa, e le nostre nave et vasselli de inanellare de quello trafico de là. Et quando de questo che dicemo ne seguisse cossa alchuna che fosse molesta a la Μ. V., la colpa non saria nostra, ma de quelli che, possando a la nostra justa requesta remediare, non hano voluto, corno più ampiamente referirà el nostro consolo; a lo quale de tal cossa dagemo cura insieme cum Francesco Imperiale, nostro citadino, dagando ordine et bono provedi· mento che per lo avenire non abia a seguire tali inconvenienti, cossi per via de diete galee, corno da ogni altra banda, unde possa resultare dano et incomodità a li nostri, cossi conio vole la justicia: offeriandose aparegiati (1) da bono animo in ogni grandessa e gloria de V. Maestà. Data Janue 24 Januarii 1498. Augustinus Adurnus et Consilium. (1) Offrendoci preparati. — 199 — DOCUMENTO XVIII. (Arch. di St.; Sala 58, busta ^Africa, n. g. 2774 C). Istrurioni a Damiano Negrone, ambasciatore genovese presso il Re di Tunisi. 1502 — 13 aprile (1) Philippus et consilium ac octo deputati supra rebus Tunetis. Hec sunt que damus in mandatis vobis nobili Damiano de Ni-grono, oratori nostro electo ad serenissimum d. regem Tunetis. Cum Dominus vos ad salvamentum conduxerit in gulfo Tunetis cum barchia per nos naulisata ad hoc tantummodo, ut vos deferat ad ipsum locum Tunetis, studebitis de subito vocare advosjno-centium Panigarolam, consulem nostrum, et studebitis ab eo intel-ligere in quo gradu sunt mercatores nostri ex detentione in castelo facta mandato ipsius d. regis ; et, si intelligetis ipsos mercatores adhuc retineri, ordinabitis, ut ipse consul subito accedat ad civitatem et studeat intelligere per omnem viam opinionem ipsorum mercatorum circa modum sub quo ex eorum opinione vos gubernare habebitis; quia, licet inferius per nos vobis imponatur quantum facere habetis, tamen bonum est habere eorum consilium, qui fuerunt pre-sentes ad omnia et de quorum re agitur. Nostra autem opinio et voluntas est tamen, sub reservationibus infrascriptis, quod, si in vestro apulsu ipsi nostri mercatores erunt adhuc retenti in castelo, eo casu circumspiciatis tempus quo in (1) A questo documento manca la data del mese; essa desumesi da quella delle relative credenziali del 13 aprile 1502, di cui s nota 229 della mia Relatione. — 200 — gulfo aplicabitis, summam frumentorum que exonusta erit in terra ad Gulttam, pasagia que erunt in gulfo cum frumentis, quot numero sint ipsa pasagia, quantam summam frumenti habeant, cuius nacio-nis et qualitatis sint ipsa navigia que dicta frumenta habebunt, et que pasagia de natione nostra in eo gulfo erunt; quod exstima-mus deficere non debeat, videlicet, aut navis Lercaria ex Sicilia, aut navis Pinela ex Horano, aut alia quevis que videretur posse servire dcsignio nostro; in tali casu, concurrendo condiciones suprascripte, videlicet, quod in terra essent pauca frumenta et saxio (i) t.ilis quod Mauri indigerent adhuc frumento extraneo, et pasagia talia quibus imperare possitis ne exonerent et etiam cum eorum auxilio prohibere exonerationem aliorum; tunc nostra voluntas est, vigore litterarum patentium commissariatus quas amplissimas vobis damus, ut mandetis omnibus patronis navium et navigiorum nostrorum ac mercatoribus omnibus nacionis nostre qui haberent frumenta in navigiis nostris aut extraneis, ne ullo pacto exonerent frumenta in terram sine vestra licencia, sub illis penis que vobis videbuntur et aplicandis ubi vobis videbitur ; et advertite quod penae sint tales et tam efhcaces, ut merito deterreant omnes ab inobediencia; et faciendo notam in manuali vestro de mandatis que facere continget, et de relatione ipsorum mandatorum; quibus volumus fidem adhiberi, velut si ea mandata faceretis per publicum notarium. Et quia remedia ista sunt aliquantulum acerba et ex ultimis ad que devemie vellemus, gratum esset et sic hortamur studeatis, si fieri potesr, supei ea re habere opinionem dicti consulis et mercatorum nostrorum, et non venire ad txecucionem nisi de eorum noticia, salvo si videretis res esse in termino, quod dilatio in expectando opinionem eorum mercatorum posset nocere ipsi effectui ; cui rei necesse est vos vestram prudentiam consulatis: dicimus tam in exequendo sine consultu consulis et mercatorum, quam expectando eorum consilium, quia, si non laudarent eam viam, nolumus eam tentetis; et prop-terea, antequam ad hoc veniatis, necesse est multa circumspicere et mature in ea re procedere. Et quia, contingendo venire ad ipsum effectum, sumus certi quod d. rex et curisles debeant se multum conqueri, et forte requirent habere colloquium vobiscum, apparet eis denegare non debeatis, si erunt persone de auctoritate et officiales (i) Invece di satio, seminagione, raccolto. — 201 — ipsius ci. regis; ad quos accedere poteritis cum barchis bene in pr-dine, et loqui cum interpetre ex barchis et excusare cum his verbis, videlicet: Non debere admirari si proceditur ad eam novitatem ; ymo admirari quod tantam pacienciam habuerimus, et quod tantum expe-ctavimus, non possendo credere quod d. rex cum tanta iniusticia deberet perseverare in detentione mercatorum nostrorum; et prop-terea, vos fuisse missum pro remedio ipsius cause: et aliqua alia addere poteritis ad propositum, secundum verba ipsorum curialium. Et si videbitis viam ipsam prohibendi exoneracionem frumentorum proficere ad liberacionem ipsorum mercatorum, perseverabitis in ea tantum quod liberati sint et quod de ea liberatione ipsorum mercatorum [ipsi mercatores] obtineant mandatum regium in ampla forma, sicut conveniens est. Et quia, sicut videbitis ex tenore appodixie, presens barcha non est obligata stare in gulfo quam per dies quattuor, necesse est, volendo exequi quantum supra dicitur de prohibicione exonerandi frumenta, quod eligatis vobis aliam navem ex ejs que erunt in gulfo, in qua vos reducatis ad standum et exequendum supradicta, cum eo stipendio quod vobis conveniens videbitur, faciendo quod mercatores Tunetis promittant vel cautos faciant patronos de solvendo quantum per officium maris de hic erit iudicatum solvi debere ipsis patronis, uni aut pluribus, secundum necessitatem operis ; et si patroni essent retrogradi ad submittendum se iudicio dicti officij et quod sub eo colore declinarent ab obediencia, quod tamen non est credendum, iudicando vos esse necessarium pro favore cause navem vel naves ipsas habere, videatis omnino vos concordare cum eis ad honestum, faciendo, ut supra, quod mercatores promittant vel cautos faciant ipsos patronos de quanto restabitis de acordio. Si vero vel ex vestra opinione, vel deficientibus circumstancijs, vel ex consilio consulis et mercatorum, non videbitur per eam viam procedere; tunc, quam primum in gulfo apuleritis, vocato ad vos ipso consule et cognito statu rerum, si mercatores nostri adhuc detinebuntur in castello, capere poteritis ordinem descendendi, et studebitis habere colloquium cum domino rege quam cicius fieri poterit; et menti habeatis iuxta consuetudinem, antequam ad regem admissus sitis, stare supra de vobis et comercium habere cum paucis personis, non deficiendo semper habere per media convènientia debitas informaciones et opinionem. Cum autem eritis coram ipso domino rege, in primis cum debita — 202 — reverenda uti habebitis his verbis: Missus sum ad altam Dominationem tuam per Dominationem et ex.um Comune Janue, qui salutant Maiestatem tuam; cui referre habeo aliqua parte ipsius Dominationis et Comunis, ut videre poterit ipsa Maiestas tua per litteras credentie (quas tunc obsculatas presentabitis). Et paulo post addetis: Domine rex, scio esse consuetudinem oratorum, qui mittuntur ad magnos reges in primo congressu facere salutacionem, deinde alio die exposicionem ; sed res pro qua missus sum est tanti ponderis et tantum gravat civibus Janue, quod videtur conveniens et necessarium de ea re statim et quam cicius fieri possit verba facere. Et sic requiretis ipsi domino regi velit esse contentus ex tunc vobis dare audientiam, quod credimus non denegabit: quod si faciet, facta aliqua pauca replicatione, quod gratum vobis fuisset ex tunc exponere, tamen, quod capitis in gradu quoi sua Maiestas mandat; et tunc requiretis diem certam exponendi quam cicius fieri poterit. In qua exposicione, sive prima die, sive secunda, uti poteritis his verbis formalibus: Domine rex. Comune Janue et omnes cives Januenses fuerunt semper devoti et observantes preccssorum vestrorum; audivimus a patribus nostris multa signa amoris cum quondam Moley Bufferes (i); nos ipsi vidinlus cum quanta benevolentia nobiscum se habuerit quondam Moley Ottman, quem supra nlios reges semper obviam observavimus et magnificavlmus propter eius veram iusticiam et amorem erga nacionem nostram. Secuti sunt postea alii reges, cum quibus viximus cum amore et multa signa benevolentie fecimus, ut testari possunt multi curiales alte curie tue. Cum tua autem Majestate perseveravimus in observantia et amore et misimus mercatores et bona nostra sub umbra iusticie et fidej tue non aliter, quam in proprijs locis nostris. Cum ergo videat domin itio et comune Janue suos mercatores iam tanto tempore detineri cum incommodo personarum suarum et gravi damno bonorum suorum, pro captione a magna classe Portugalensium Maurorum et bonorum in nave Justiniana, gravem dolorem ceperunt multis racionibus : primum, quia in effectu per patronum dicte navis pichil factum fuit in damno Maurorum, quia dictus patronus et omnes sui sunt homines fideles et bone fame et experti in viagiis Maurorum ; et (i,) Cioè Abu-Fares. — 203 — ultra certissimum est et clarius luce, quod non erat possibile, dictam navem posse se prevalere a tanta classe, que erant velorum XXXV cum hominibus 6000; et que classis damnificavit ipsum patronum de naulis suis, et plures nostri mercatores qui habere debebant super raubis Maurorum . . . (1) damnum habuerunt... (2) sicut notum est Deo et mundo, Mauris et Christianis. Que verba dicimus in exoneracione patroni et tocius nationis nostre, que non patieretur ullam proditionem impunitam ; sed ultra innocentiam patroni, nos habemus pacem cum precessoribus tuis et cum tua Majestate, et vivunt mercatores sub fide Majestatis tue, tractando et nego-ciando cum utilitate et honore tuo, alte curie et Maurorum ; propter que talis novitas fieri non debuit in mercatoribus nostris et bonis eorum, etiam quando per quemvis fuissent Mauri damnificati ; quia est contra pacem, fidem datam et contra legem Dei, que iubet quod unus non teneatur pro alio, nec filius portet iniquitatem patris. Propterea requirimus, ut iubeat Majestas tua mercatores nostros liberari et in pristinum gradum restitui, ut possint perseverare in suis solitis negociacionibus et nos in observantia et amore cum Majestate tua, et ponat ad locum quod semper te bene habuimus in omnibus necessitatibus huius regni, et in presenti necessitate victualium facilitavimus mercatores nostros tam de licentia quam de pasagiis pro conducendo frumento, et possumus dicere quaxi restare solos in observantia et amore Majestatis tue ; de qua re sumus exosi et damnificati, sicut nuper contigit ex nave una, que huc veniebat cum mercibus et argentis in valore de d. 50000, capta a magna classe regum Hispanie solum quia veniebat in hoc tuo regno: et postquam precessores tui et tua Majestas experta nos est et patres nostros pro bonis et fidelibus amicis, rogamus et horiamur ne velit experiri nos inimicos. Et, his verbis dictis, subiungetis : Domine rex, hec est summa legationis meae, ultra quam habeo in mandatis non progredi donec dictam liberacionem a tua Majestate impetrem. Audietis tunc responsionem quam faciet ipse dominus rex. Si videbitur vobis bona et per quam possitis sperare liberacionem mercatorum, facietis instandam ut iubeat id (1) Vocabolo illeggibile. (2) Altro vocabolo illeggibile. — 204 — fieri ex tunc ; et, si videbitur, id requiretis pro honore vestro : si perseveraret affirmando velle facere effectum, capietis in bono gradu, et die sequenti procurabitis ipsum effectum habere; demum, vigilando in ea re cum omni assiduitate, et, si videbitur expediens, etiam cum importunitate, ut cognoscatur vos ad id solum missum fuisse : et, quia similia non fiunt sine expensa, in hoc habebitis consilium mercatorum, qui ipsimet circa eam partem omnia dirigent. Si vero responsio d. regis non videretur inclinare ad li* beracionem, replicabitis, id non esse quod hoc civitas sperabat de iusticia sua et de bona voluntate erga nos, quam mutavit sine ulla culpa nostra, cum fuerimus semper observantes et amatores sue Majestatis; et de novo cum efficacia replicabitis, quod non habet ullam iustam causam faciendi nobis tantam iniuriam, et propterea de novo requiretis, ut velit bene considerare pondus huius rei, et quod sequenti die redibitis ad eius Majestatem, tenendo ad certum, cum bene in mente sua omnia revolverit, non permittet quod ab eius facie discedatis in ale contentus: et ostendendo mesticiam, prout causa requirit, petetis licentiam pro ea die, et requiretis quod sequenti die velit vos audire, et redibitis postea ad dictum d. regem alio die, et replicabitis ea cum maiori efficacia, utendo amems et asperis verbis secundum occurrendam, donec vel impetretis effectum, vel sitis omnino sine spe id obtinendi ; quo casu, non obtinendo, capiatis licentiam ab ipso d. rege, ut possitis nobis referre et nos rebus nostris consulere; et consequenter venire poteritis; differendo tamen aliquot diebus, secundum intelligeretis posse accommodare mercatoribus nostris. Si vero obtinebitis ipsam liberacionem, procurabitis habere mandatum amplum et forte, secundum quod per consulem et ipsos mercatores consultum erit, et tunc de novo com-parebitis coram ipso domino rege et dicetis, gratum vobis fuisse quod vobis complacuerit et ad certum habetis quod civitas ista tota id acceptum habebit de quo vos referetis bene de mente sua, sicut [oste]ndit bonum animum erga nos, et quod estis certus quod mittetur ad eius Majestatem alius orator pro conservatione bone amicitie inter nos et pro signo observande erga Majestatem suam. Et licet nobis occurrat non intromittatis vos in ulla alia re, ut intelli-gatur effectus pro quo missus fuistis, videlicet pro liberacione ipsorum nostrorum mercatorum; tamen, si videretur ipsis nostris, quod per vos aliquid requirendum esset ipsi domino regi quod cederet — 2 ο; — ad bonum publicum ipsorum mercatorum aut nationis, eo casu poteritis eis complacere, si eorum requisitio videbitur vobis id mereri. Et quia posset contingere, quod mercatores nostri, videndo provisionem ex hinc tardam, aliquod acordium cepissent cum mangiarla (i); in tali casu, sunt mutanda verba exposicionis vestre, et, facto exordio coram d. rege, ut supra dicitur, restringetis quod fuistis missus pro liberacione mercatorum et invenisse ipsos liberatos; sed non sub forma debita, nec per iusticiam; ymo fuisse coactos se redimere pecunia ; que res est detestabilis et nullo modo toleranda. Et pro-pterea requiretis restitucionem omnium pecuniarum que fuissent extorte per iniuriam, que non transit inter amicos et coniunctos antiqua pace et amicicia, et de ipsa restitutione facietis instandam sub illis modis quos consul et mercatores vobis memorabunt, quia, secundum eorum [opiniojnem, loqui habebitis de re ip^a, et, secundum summam, erit plus vel minus ponderandum; et si non impetraretis restitucionem, laudamus paucum tardetis et ostendatis recedere malo animo et male contentus, utendo verbis aliquantulum asperis, secundum quod causa ìmpoitabit et secundum a consule et mercatoribus erit vobis consultum in discrecione vestra, et in quanium videatur vobis proficere ad honorem et utilitatem comunem et non aliter. — Superius dicimus, vos posse dicere d. regi quod curiales sui sunt testes de aliquibus signis amoris nostri; exclaramus id dicere pro causa loci Bone de qua vos informavimus oreienus et quam expresse poteritis exclarare, si ita consuli et mercatoribus videbitur utile esse. Quia etiam superius dicitur de acoi dando patronos de quibus velletis vobis servire pro designio supradicto, dicimus quod etiam habeatis aliquem respectum mercatoribus frumentorum : si videretur eis damnum facere de importantia quod mereretur re-sarcimentum, remissum sit vestre discretioni ipsum facere et moderate; secundum tempus et circumstantie videbuntur requirere. Insuper, quia relatum est nobis etiam, Paulum Spinulam q. Gui-rardi retineri etiam detentum, et merces eius fuisse sibi captas sive arrestatas occaxione, ut dicitur, quod illi de galeatia Saone se male habuerunt cum Mauris, volumus, re bene intellecta, procuretis etiam eius libcracionem et bonorum suorum restitucionem. (i) Mangiarla o maniaira, lucro illecito, baratteria, mangeria. — 206 — Et, quia audivimus consuevisse aliquando oratores capere pecuniam diurnam, sive ratib.im a regibus; considerata causa pro qua missus estis, nolumus ullo modo nec per ullam viam aliquod non solum accipiatis, sive requiratis; sed, si offeretur, volumus omnino recusetis, nec ullo modo acceptetis : et hoc menti habeatis, quia si aliter faceretis iudicabimus vos mandatis nostris contrafecisse et in-curi isse in penam quam inobedientes merentur. Data Janue 1502. — 207 — DOCUMENTO XIX. (Arch. di St.; busta Africa, n. g. 2774 C). Instructio pro facto mercatorum Tunetis, (all’ambasciatore Damiano Negrone). 1502 — 30 maggio (1) Spectate vir nobis carissime. — Cognito quod presentia vestra sub instructione vobis facta non profuit adhuc ad liberationem mercatorum nostrorum et bonorum suorum, visum est addere quantum inferius dicetur. Sentimus d. regem istum Tunetis cum castris profectum esse Carvonum (2); brevi tamen rediturum. In eius reditu, vel eundo in castris, prout vobis et mercatoribus expedire videbitur, visitabitis ipsum d. regem et presentabitis litteram nostram, que in effectu aliud non continet quam renovationem fidei dande expositioni nove quam nostrum parte facietis. Que erit in hanc sentenciam: Primum renovabitis querellas quod, violata pace tam longa inter clar.mos precessores suos et ipsum ac nos, non habito respectu quod mercatores vivunt et stant sub fide et umbra regis, sine ullo colore justicie, sine ulla culpa processerit ad tam longum destrasium (3) datum mercatoribus, a quibus sua alta curia tot et tanta percipit commoditates: et demum multiplicatis verbis in (1) Questo documento manca di data; essa però si ricava in modo certo dal confronto con lettera di accompagnamento della presente istruzione, lettera che porta per appunto la data del 30 maggio 1502 -(Liiterar., reg. 41, n. g. 1817, p. 32, lett. aU’amb. D. Negrone). (2) Carvonum — Cioè Carbò, ora C. Carbon (Bugia). (3) Danno, da detrahere, danneggiare. — 2θ8 — eam sentenciam requiretis de novo dictam liberationem. Quam st recusabit aut dilungabit, volumus dicatis ipsi d. regi, quod nos secuti sumus legem que decet inter amicos: per litteras, per oratorem requisivimus, rogavimus, ut abstineret se ab jniuria, ne violaret amiciciam inter nos; videndo quod sine ullo respectu perseverat in sua opinione nobis faciendi jniuriam, quod erimus excusati Deo et mundo, quod pro nobis non stetit quin perseveratum sit in pace et amicicia; et providebimus nostre indemnitati per eas vias, que videbuntur convenire pro reparatione tante jniurie; et imprimis, quod prohibebimus omne commercium de omni genere in loco Tunexij et omnibus aliis subditis sue Dominacioni ; et studebimus per omnem viam se prevalere ab jniuria, et speramus quod non deficient vires ad id faciendum; et quando eligemus requirere auxilia, quod nobis non deficient; et quod speramus in Deum, qui semper favet justicie cause et erit in nostra protectione. Et ijs dictis, requiretis si sua Dominatio vult aliquid ordinare, quia habetis m mandatis ad nos redeundi; et sic petetis licentiam et venietis ad nos, salvo si consuli et mercatoribus videretur utile adhuc restaretis, et maxime si essetis requisitus ab ipso d. rege vel ab nliquo ex curialibus parte sua. Et quia similia variantur per horas et posset aliquid intervenisse propter quod forma supradicta non conveniret, conternamur conferatis suprascripta cum consule et mercatoribus omnibus aut parte, prout vobis apparet, et addatis aut minuatis aut varietis ex verbis superius, secundum consuletis esse utile cause. — 209 — DOCUMENTO XX. (Arch. di St., Litterarum, reg. 41, n. g. 1817, p. 34). Lettera patente della Signoria alle autorità e università dei luoghi e terre delle due riviere. 1502 — 20 junij. Philippus de Cleves Ravasteni d., regius admiratus et Januensium gubernator, et consilium antianorum civitatis Janue. Universis et singulis capitaneis, potestatibus, vicariis, rectoribus, consiliis et universitatibus locorum et terrarum in nostris orientali et occidentali ripariis constitutis, salutem. Debetis habere noticiam quemadmodum serenissimus d. rex Tunetis, nullo colore justicie, sub pretextu damni illati per classem serenissimi regis Portusgalie Mauris qui erant in nave Justiniana, jam sex mensibus retinet cives et mercatores nostros in castro suo Tunetis et bona eorum impedita; cui injurie non profuit hucusque providisse per litteras et per oratorem ad ipsum regem missum. Ideo, quia cedit ad damnum et dedecus publicum quod frequentetur commercium per nationem nostram in Tunete ac aliis locis subditis ipsi regi, qui pacem et amicitiam nostram non estimat, volumus vobisque omnibus et singulis in mandatis damus, quod non permittatis exire aliquod navigium, galionum aut vax navigabile, pro Tunete, nec pro quovis alio loco Barbarie subdito ipsi domino regi, sine nostra expressa licentia in scriptis; et hoc sub pena ducatorum ducentorum usque in quingentis a quolibet vestrum auferendorum, si huic nostro mandato cum diligentia non parebitis. Si vero aliquis sentiet de hac nostra ordinacione se gravatum, ordinate coram nobis compareat, ut, audito eo, quicumque is erit, providere possimus per modum, quod omnia recte et secundum debitum procedant. Et, ut presentami litterarum plena omnibus noticia sit, eas publicari facietis, quilibet in loco cui preest. Data Janue die XX Junii 1502. 14 — 210 — DOCUMENTO XXI. (Arch. di Stato, busta AJrica n. g. 2774 C). Istruzioni della Signoria a Filippo Pallavicino, nominato commissario in riviera. 1503-marzo. P hilippus, consilium et officium deputatum super rebus Γunete. Hec sunt que in mandatis damus vobis Philippo Pilla vicino, commissario etc. Philippo. A voi è noto assai li desordeni seguiti contrali nostri mercadanti di Tunexe, le grande iniurie a lor facte per quello re ; unde circa questo non bisogna dir altro de che è seguito, che siamo stati da necessità constreti fare ordinacione et prohibitione che a niun zenoexe sia che si voglia sia licito andare trafichare, nè mandare cossa alchuna in loco alchuno sotoposto a quello re ; corno più ampiamente appare in esse prohibitione. Et tute queste sono publicate per solemne cride, et de tuto facto noticia per le rivere; cum admonitione et intimatione de punire chi se troverà essere contrafaciente; sperando a questo modo trovare qualche remedio a tanta injusticia a noi facta. Et credando ognuno dovesse essere obediente a li comandamenti nostri, havemo inteso alchuni di quela rivera [occidentale] aver contrafacto: li quali intendiamo siano puniti corno merita il fallo loro e prejudicio grande [che] hano causato a dicti mercadanti e ala speranza di vegnire a qualche partito cum li Mori per mezo de questa prohibitione, quando non fosse stata interota. Et però che intendemo esser in quela rivera al presente queli che hano contrafacto et li vasselli, vogliamo che - 211 — al più presto sia possibile ve ne andate per rivera, uzando ogni diligentia et exequendo corno intendereti de soto : Primum vi dagemo una lettera patente de commissariato in la persona vostra cum grande balia, corno vedereti, la quale uzereti et metereti in prova quando il bisogno acaderà. Ve ne dagemo un altra pure patente anchora directa a officiali et regenti de tuti li loci de quela rivera et ale università e comunità et ad ogni persona privata : che, soto quella pena che voi li imponereti, debino ad ogni vostro comandamento obedire, quanto tocha a tal contrafa-cienti, navilii, homini e beni loro; e ad obviare e cautellare che del cetero non se contrafacia; et ultra [sub pena] indignationis regie (i). Le quale lettere presentereti in loci dove serà bizogno, cosi per castigo de la contrafactione già facta, corno per obviare [che] altri non cadano, [e] vi dagamo in la copia de le prohibitione facte per maior vostra instructione. Andereti adoncha, corno dito vi havemo, in rivera, et in ogni loco dove troverete vaxelli, beni et persone le quale anno contra-facto ale prohibitione dicte de sopra: vi comettiamo statim le fa-ciate «irrestare et pervenire ale mane vostre, presentando allora le lettere patente derecte a dicti officiali et implorando lo brachio loro da nostra parte: et pervenuti in forza vostra, statim ne darete nuncio: et cossi in poi li tegnirete usque ad novum mandatum nostrum. Et questo per quanto specta li vaxelli et beni. Circa le persone, voi non li relaxirete nè fare' relaxare, salvo cum segurtà idonea et de quantitate conveniente de presentarsi davanti noi officiali di Tunexe et non partirsi sensa nostra licentia ; la qual presentanone siano obligati fare dentro da quelo tempo vi parerà honesto. Et al prender de la segurtà haverete adverdre, che li patroni et mercadanti dageno segurtà de ducati mille pro singulo. Et se pur vi parerà moderare le diete quantità, farete secundo vi parerà importeno le loro force. Et perchè potrìa essere che se troverà per voi qualche mobili de dicti contrafacienti, farete ogni diligentia de imposessionarvi de più che porrete; et de quello farete ne darete presto avizo. Et perchè porrìa esser che in qualche loco de quella rivera seria (i) Questa lettera trovasi pure scritta nel reg. 42, Litterarum, p. 22, sotto la data 18 marzo 1503. — 212 — qualche vasello per fare viagio in quelle parte de Barbaria et che paressino denagiati (i) per altre parte che per lo dicto regno de Tunexe, vogliamo et vi commettiamo che faciate strenze li patroni per li regenti e officiali e comunità de li loci a dare segurtà bone e idonee de ducati mille che non anderano a dicti lochi prohibiti ; et, per avisatione, li loci prohibiti se conteneno tra Tripoli et Barbaria da uno canto et One da l’altro. Item se acadesse, che non crediamo, qualche officiale, regente aut comunità de li loci recusasse de exequire quello che in questa nostra instructione se contenesse, in tal caxo, facto prius per voi ogni arte cum bone parole a reducerli al volere vostro, li protesterete coram notario et testibus de inobedientia versus superiorem et de penis contentis in le lettere patente ; et de ogni danno,'interesse, che ne potesse intervegnire ali mercadanti quomodocumque. (i) Termine derivato dal genovese dané o dine, denaro; vorrebbe dire: pagati, noleggiati. - 213 - DOCUMENTO XXII. (Arch. di St., Istru^.'ad ambasciatori, filza 3*, n. g. 2707 C. — Copia in Fran-loni, ms. n° 652, pag. 1089). Instructio nobilis T(_aphaelis Pallavicini, oratoris ad Serenissimum D. %_egem Tunetis. 1504 — [8 novembris. Fhilippus de Cleves Ravasteni dominus, regius admiratus etja-nuensis gubernator, consilium antianorum et officium Tunetis co-munis janue. .Hec sunt que in mandatis damus vobis Raphaeli Pallavicino, oratori nostro ad serenissimum dominum regem Tunetis nostro nomine profecturo. Nobilis orator nobis diarissime. Cum ab aliquo tempore citra d. rex Tunetis pluribus modis male et iniuste nobiscum se habuerit, visum est nobis, pro longa pace et amicitia que fuit nobis cum quondam Mole Octomen (1), avo suo, et aliis regibus Tunetis pre-cessoribus suis, ac pro eo commodo quod ex commercio utrique parti succedebat, denuo tentare animum ipsius regis, sicut a nostris mercatoribus postremo scriptum fuit, vellet ipse rex modum vivendi nobiscum mutare in melius et damna illata nostris mercatoribus satisfacere : et ad hoc procurandum, confisi de prudentia et integritate vestra ac amore in rebus publicis, elegimus vos Raphaelem Pallavicinutn nobilem et dilectum civem nostrum oratorem ad ipsum (1) Abu-Omar-Othinan. — 2i4 — d. Mole A bdili (i), regem Tunetis ; vobisque hec precipue in mandatis damus, que quantum in vobis erit et quantum ratio temporum exigit studebitis observare. In vestro appulsu studebitis habere audentiam ab ipso domino rege, ad quem accedetis associatus a mercatoribus, et quam honorifice, ut moris est, in ipsa prima audientia, facta salutatione et commendatione, ut moris est, non habebitis in alia re intrare quam in ostendendo seu presentando litteras nostras credentie, subiungendo, quod alia ad que tractanda venistis exponetis quando Maiestas sua tempus et diem vobis constituet ; et si nimis longum vobis statueretur, cum gratia ei modo requiratis abreviari, et tamen necesse est se referre ad quid ipse d. rex ordinabit, quia credimus non eo die sed postea faciet vobis noticiam fieri de die audientie: et, eo facto, redibitis domum ad habitationem vestram. Que habitatio, licet ex antiqua consuetudine dari solebat oratoribus ad rebatum (2) Christianorum, tamen, pro maiore comoditate vestra et mercatorum, contentamur, si ita eligetis, possitis residendam vestram facere in fondico Januensium ; et quia solebat antiquitus rex Tunetis dare 0-ratoribus pro eorum expensis· duplam unam singulo die, nolumus eam per rectum vel per indirectum requiratis ; si vero vobis offerret, consulta prius re cum mercatoribus nostris, ipsam acceptetis, si maior pars vel saltem dimidia ipsorum mercatorum in tali sententia incurrent, facta tamen prius convenienti recusatione pro honore rei-publice. Cum redibitis secunda vice ad presentiam ipsius d. regis ad diem constitutam, uti habetis cum eo verbis in hanc sententiam: Domine rex, Dominus te manuteneat. Sum missus ad Majestatem tuam ab excelso Comuni Janue, principaliter, ad intelligendum mentem et voluntatem tue Majestatis si in effectu placet tibi vivere in bona pace et amicitia cum Comuni Januensi et cum eius subditis, quia nos natura et voluntate ad id inclinati sumus et ab annis centum citra semper perseveravimus nos et parentes ac avi nostri m hac bona dispositione cum vestra ill.ma domo de Ottoman, suntque plures adhuc vivi ex mercatoribus tuis memores dilectionis et boni tractamenti quondam excell.mi ac sapientissimi regis domini Mole (1) Abd-Allah. (2) Vedi Parte Prima, nota 134. - 21$ - Ottomen clar.,ni avi tui erga nationem et mercatores nostros, de virtutibus cuius et summa sapientia non minus sepe est sermo in urbe nostra quam in Tunete, cum ipse dilexerit semper et mercatores et nationem nostram caram habuit et eam cum honore tractavit, et nos semper eum observavimus ut regem et venerati sumus ut parentem. Praeterea paixia et loca nostra cum hac tua civitate Tunetis et partibus Aphrice vicinitate et commercio inter se conveniunt, et natura datum est, ut mutua commercia et beneficia conservent animos et amicitias, et sub hac opinione ac sub protectione Majestatis tue iam a principio tui status mercatores nostri in hanc civitatem venerunt, merces et frumenta conduxerunt. Quale tractamentum habuerint novit Majestas tua, noruntque curiales tui noticia que est in toto populo; nolo ad presens ea commemorare, nec devenire ad querelas, quia tempus remedij et non querelle est: post omnibus notum esse, quod ex dissensione inter Majestatem tuam et nationem nostram sequitur tue alte curie et populis tuis damnum; quo Majestas tua cognoscere potest esse in bono proposito pacem et amicitiam inter Majestatem tuam et nationem nostram. Sed pax et amicitia sole stare non possunt; necesse est concurrant voluiitates duorum: mens et voluntas Januensium erga Dominationem tuam inclinat et semper prompta fuit ad omne commodum et honorem Majestatis tue : de tua autem bona voluntate erga mercatores nostros ac nationem nostram scriptum fuit ultimate per nostros mercatores, quod Majestas tua usa fuerat optimis verbis et ostendebat signa benevolentie et affirmabat velle cum natione nostra bene et amorose vivere, sicut faciebat quondam dominus mole Ottomen. Quibus litteris visis, deliberavit excelsum Commune me in oratorem mittere ad tuam Majestatem, ad intelligendum si ea, que verbis scripta fuerunt, Majestas tua effectibus exequi mandat. Predictis vel ad punctum expositis vel non mutata sententia ulterius non procedetis; imo attendetis responsionem quam conetis (nc) vobis det. Quod non faciendo procedatis ad ulteriora ut infra : Domine rex, necessitas me cogit ad commemorandum iniurias et damna facta indebite nostris mercatoribus, licet intelligam quod Majestas tua invite audire debeat; sed sicut vulnera, nisi tacta et medicata sunt, sanari non possunt, nosti quod mercatores nostri, qui sub pace vivebant in urbe et regno tuo et sub protectione tua et pro solito cum magna securitate negociabantur, omnes in carceribus longo — 216 — tempore retenti fuerunt cum gravi periculo vite, et eorum bona prò maiori parte capta fuerunt de eorum magazenis in modo, quod plu-res eorum restant quasi destructi sine substantia et, quod peius, sine fide, quia ab eo tempore citra pauci ausi sunt suum ad hanc civitatem mittere. De quo sequitur maximum damnum dugane tue et tantum, quod excedit summam valoris mercium et bonorum per tuam Majestatem captorum nostris mercatoribus. Preterea, per subditos Majestatis tue capti fuerunt et detinentur captivi nostre nationis descripti in presenti papiro, quem de presenti trado tue Majestati, ct nonnulli alij de quibus ad presens noticiam non habeo : restitutionem quorum bonorum ac liberationem captivorum tue Majestati requiro, quia ad hec precipue per excelsum Commune Janue ad tuam Majestatem missus sum. Ceterum, pro usu domus Majestat's tue ac curie tue ac etiam curialium tuorum fuerunt capte plures nierces in castello, in dugana, in magazenis, frumenta et alia ad marinam, que frumenta in speciem habebant salvumsecurum (i) a tua Majestate, de quibus etiam in parte habent tamfita (2); solutionem autem hactenus habere non potuerunt: quod absurdum est. Jubeat ergo Majestas tua eis satisfieri cum effectu, ut iustum est et regiam Majestatem decet. Que nisi fiant, erit’ impossibile amplius posse retinere damnificatos ad non armandum galeas, fustas, et alia vasa damnificabilia ad se vindicandum, cum onere tue Majestatis et damno intollerabili subditorum tuorum: quod esset addere mala malis et alienare tuam Majestatem et nationem nostiam a communi benevolentia et amicitia. Et que frumenta fuerunt cipta Antonio de Auria q. Oliverij, et si allegarent quod fuerunt requisita per alteram nationem quam nestram. habetis respondere, quod requirimus sue Majestati satisfactionem ex portione pertinente nationi nostre, pro maiori parte, pro qua non fuit satisfactum. Cui Antonio etiam in hac urbe in magazenis capte fuerunt multe pecunie, de quibus etiam restitutionem requiro. Predicta sunt que requirere habetis d. Regi et, his omnibus obtentis et non aliter, contentamur procuretis devenire ad confir- (1) Lo stesso che « salvumconductum » ; se ne ha Ia prova 1 documento XXIV, in cui i due vocaboli sono adoperati promiscuamente. (2) Tanfitum era un certificato od una ricevuta rilasciata dalla dogana 0 da qualunque altro magazzeno commerciale del governo ai mercanti, che faceva fede del loro avere in mercanzie e del loro corrispettivo credito. — 217 — mandam pacem pro annis triginta sub ea forma qua in anno 1464 (1) firmata fuit per quondam Antonium de Grimaldis, tunc oratorem nostrum, cum regia Majestate q. Mole Octomen, et de qua pace habuistis curaro inquirendi hic copiam quam minime reperire dixistis. Ideo non dubitamus eam reperietis in Tunete, ut nobis dixistis, apud consulem et mercatores nostros; quam habere studebitis, et habita, volumus capiatis ab ea formam dicte nove pacis confirmande. Ceterum, habetis requirere satisfactionem damnorum illatorum per subditos sue Majestatis quondam Castellino Pinello, cui in partibus Sicilie per quosdam piratas subditos sue Majestatis capta fuerunt diversa panna, scilicet pecie LXXX sargiarum (2) Provincie in magazenis Agrigenti in anno de 99 de mense junii, sicque etiam Jo. Antonio Cavacie, qui eum retinuit indebite eiusque bonis spoliavit et personam suam redimere fecit contra federa pacis et amicitie. Contingi posset quod per regiam Majestatem obtuleretur pro satisfactione damnorum pischaria Marsacarij ; in tali casu respondendum est per vos, quod non est ad propositum, cum damnum pertineat in parte mulieribus, viduis, pupillis et abis ignaris de simili re (3). Si forte in vestro appulsu in gulfo Tunetis reperiretis mercatores nostros detentos, incarceratos aut arrestatos quod intelligatis antequam in terram descendatis, eo casu piius quam descendatis requirite salvumsecurum; quem obtinendo in bonam formam et nobis satisfactoriam. sumus contenti descendatis et non aliter. Et, antequam procedatis ad contenta in presenti instructione, volumus requiratis liberationem dictorum nostrorum mercatorum ac bonorum suorum ·, qua obtenta et non aliter, procedatis ut in instructione superius continetur. Et non possendo obtinere liberationem mercatorum nostrorum, facta prius per vos convenienti diligentia, volumus penitus ad nos redeatis, requisita licentia ut convenit, etiam quod eam habere non possetis. (1) La conclusione del trattato avvenne bensì nel 1464, ma la sanzione non ebbe luogo fino al 15 marzo 1465, come risulta dalle due copie del trattato: una, in latino, pubblicata da Mas Latrie, ( Traités ecc., Documents, pag. 151 e seg.), e 1’ altra, in italiano, da me qui pubblicata, Docum. X. (2) Cioè sa/a, specie di stoffa sottile e leggera fatta di lana o di seta. (3) Vedi nota 236 della Parte 1". — 218 - Contingi posset quod Majestas regia denegaret vobis audentiam, quod non credimus, aut non vellet satisfacere iuxta formam impositam superius : tunc, transactis diebus viginti in circa, capiatis licentiam et redatis ad nos, etiam quod eam habere non possetis, facta prius per vos convenienti diligentia. Audivimus quod nonnulli nostri mercatores sunt debitores massarie, qui non satisfaciunt. Volumus imponatis nostro consuli aut cui de directo venit cura, det operam quod fiat satisfactio effe-ctualis ; et si quis esset renitens, qui executari non posset, eo casu mittatis aut conducatis omnino exclarationes de eorum debito, ut possit huc de opportuno remedio provideri. Ceterum recordamur operetis [ita, ut] habeamus omnimodam fidem omnium damnificatorum particulariter ac de quantitate cuiuslibet ipsorum, et que fides sit autentica ; et totum faciatis ipsam fidem habere a cura serenissimi illius regis, et non desinat etiam eam habeatis a mercatoribus cum auctoritate consulis, quam nobis mittatis vel saltem vobiscum apportetis. Licet superius satisfecerimus circa vestrum stare, si haberetis talem praticham, quod videretur vobis posse conducere rem ad nostrum desiderium, sumus contenti tardetis per menses sex sicut o-bligatus estis ; salvo si prius conduceretis rem ad perfectionem, aut alium ordinem a nobis haberetis. Et quia Thomas de Camulio filius q. Petri captivus reperitui in fossa (i) Tunetis, captus cum Panthaleone de Cassana, in specie pio· curetis liberationem eius, requirendo quod Panthaleo de Cassana, qui est captivus, etiam liberetur. Est etiam in numero damnificatorum Jo. Baptista de Aiegro, pio quo curam hic habet Bartolomeus de Senarega, cancellarius noster. Qui Jo. Baptista cum superioribus annis, tempore tamen istius ie-gis, ex Chio Tunetem navigasset, captus fuit et in carcere positus ad instantiam M.c' domini Maumet Elbarchet Solimeni (2), regii the-saurarij, qui ab eo extorsit contra omne ius duplas 300. Causam dixit esse, quod, cum in partibus Turchie ascendisset quidam nego-ciorum gestor dicti thesaurarii, nomine Celin, galeonum patroniza-tum per Sebastianum Scaliam, nostrum civem, in itinere captum fuit (1) Fossa — È la laguna che si stende fra la Goletta e la Città. (2) Ho cercato invano questo nome in Ibn-Abi-Dinar e in Bàgi, i soli autori arabi che arrivino a quest’epoca. — 219 — dictum galeonum a Cathalanis, in quo damnitìcatus fuisse dicitur dictus d. thesaurarius: fingendo quod dictus Sebastianus mala fide egisset et quod libenter se capi fecisset a dictis Cathalanis, voluit consequi solutionem a dicto Jo. Baptista non alia ratione nisi quod esset januensis. Que res fuit injusta supra quam dici possit: primum, quod ipse non tenebatur pro delicto al:eno virtute pacis ; secundum, quod non est verum fuisse factam per dictum Sebastianum proditionem: et hoc manifestissime constat per testimonium unius Mauri et Turchi, qui venerunt super ipsum galeonum januensem. Quare curabitis etiam de hac re habere sactisfactionem, quia pro parte dicti thesaurarii est ex omni parte justicia (sic); et, ut meliorem de hac re informationem habeatis, idem Bartholomeus dabit vobis pleniorem instructionem. Videtis que superius attingimus. Vos autem officium prudentis et diligentis oratoris adimplete, et φ omnibus nos certiores redditote. Data Janue die XVIII novembris 1504. — 220 — DOCUMENTO XXIi'Jls. (i) (Archivio di Stato, Istruzioni, filza 3*, n. g. 2707 C. — Copia in Fmn\oni, ms. n° 652, pag. 1094). Instructio secreta [\C‘‘ T^aphaelis Pallavicini, oratoris ad %_egem Tunecis. 1504 — 18 novembris. Philippus de Cleves R.ivasteni dominus regius admiratus et Januensium gubernator, consilium antianorum et officium Tunetis communis Janue. Hec sunt que in nostra secreta instructione mandamus vobis nobili Raphaeli Pallavicino, oratori nostro ad serenissimum regem Tunetis profecturo. Nobilis orator noster nobis diarissime. — Quoniam per instructionem vobis factam distinte diximus que nobis occursa sunt, et, licet in ea dixerimus non firmetis pacem cum do nino rege Tu-necis nisi habita prius integra satisfactione omnium damnorum illatorum diversimode nostris mercatoribus et nationi nostre, nec non restitutionem captivorum, ut in ea latius continetur; virtute presentis, cum procedat de voluntate Pauli Lercarii et sociorum habentium curam a ceteris damnificatis ac Antonii de Auria, sumus contenti, non obstantibus predictis, quod, possendo habere saltem restitucionem ex dimidia damnorum illatorum ut supra in illis assignationibus ac modis et formis, de quibus iudicabitis posse ha (1) Questa istruzione trovasi unita alla precedente (Doc. ΧΧΠ.). — 221 — bere satisfactionem (et non nocebit habere consilium nostrorum mercatorum in hoc tantum) et similiter liberationem captivorum; ac ultra dj numerato expensas per vos fiendas tam occasione vestri salarii quam stipendii navis que vos ccnducet, ac quantum solvere continget curialibus dictis domini regis pro firmanda paco, ac alias expensas per vos fiendas, ipsam pacem firmetis sub forma de qua in dicta instructione continetur. Data Janue die XVIII novembris 1504. — 222 - DOCUMENTO XXIII. (Arch. di St., Diversorum Communis, Fogliazzi; filza 61, n. g. }o8r.) Proclama della Signoria. 1505 — die XV maii. Parte illustris et excelsi domini Philipp: de Cleves etc. regii admirati et Genuensium gubernatoris et magnifici concilii don.i-norum Antianorum Comunis Geime. Se comanda ad ogni et s’ngula persona, de che grado, stado e condiction sia, chi non orse ni presume fare alcuno acto o segno o dire alcuna parola iniuriosa 0 in desprexio de alcuna persona mora de casa de lo magnifico ambasiatore de re de Tunexe chi s'-a in la contrada de le vigne; sotto pena de vinticinque paté (0 a chi fosse de età de agni doze in zù, e quelli chi havesseno più tempo de agni doze in su, de diete vintecinque paté, e ultra de fiorini dexe, applicati a lo spectabile officio de la sanit i ; et sia obbligato el padre per lo figiolo, e lo maistro per lo fante, et lo mesero per lo familio o schiavo. 1505 — die XVI maij. Antonius de Panexio, preco publicus, retulit in die beri, liora vesperarum circiter, proclamationem in Suxilla et in platea Vinearum in omnibus ut supra. (1) TjIla — Vocabolo del dialetto genovese; significa percossa, sculacciata. — 223 DOCUMENTO XXIV. ("Arch. di St., Sala 58, busta ^Africa n. g. 2774 C). Istruzioni all’ambasciatore Gasparo de Sopranis Donato. 1505 (1). Filipus de Cleves Ravasteni dominus, regius admiratus et Gè-nuensium gubernator, consilium d. ancianorum et officium Tunetis coro unis Janue. Hec sunt que in mandatis damus vobis spectato Gaspari de Sopranis Donato oratori nostro profecturo nostro nomine ad Ser.mum d. regem Tunetis. Spectare vir nobis carissime. Habetis noticiam quemadmodum ex malis comportamentis d. regis Tunetis erga mercatores nostros, fuerunt coacti locum ipsum derelinquere ; et licet, memores iniu-liarum, constituissemus se suprastare a comercio partium illarum Barbarie, tamen, acceptis semper ab ipso rege litteris amicabilibus et provocantibus nos ad bcnevolenciam et audito etiam oratore ipsius regis prudente et perito cid Amet Ermendenini; memores etiam antique benevolencie quam a longo tempore citra habuimus cum Ser.'"’' regibus Mole Bofers (Abu-Fares) et Mole Otoman, confixi de prudentia et integritate vestra ac amore in rebus publicis ellegimus vos oratorem ad ipsum d. Mole Abdile, regem Tunetis, cum baylia et mandatis de quibus infra dicetur, que, quantum in vobis erit et quantum racio temporum exiget, studebitis observare. (1) Vedi nota 256 della Parte I*. — 224 ~ In vestro appulsu in gulfo Tunetis permittetis descendere oratorem maurum vel aliquem ex suis et antequam descendatis habeatis ab ipso d. rege salvumconductum in scriptis pro persona vestra, familia et bonis, et sic pro mercatoribus januensibus et eorum bonis, si qui venient ad partes illas cum passagio cum quo vos accedetis: habito exinde ipso salvosecuro, poteritis et contentamur elligatis vobis stanciam idoneam in fondico januensi. Exinde stu debitis habere audientiam ab ipso d. rege, ad quem accedetis etiam associatus quam honorifice poteritis. In ipsa prima audienda credimus habebitis servare consuetudinem de faciendo salutacionem et commendationem, ut moris est, parte nostrum, gubernatoris et antia-norum et civium ac totius comunis Janue, presentando nostras litteras credencie et subiungendo, quod alia que exponenda sunt exponetis quando Maiestas sua tempus et diem vobis constituet, et, eo facto, redibitis ad habitacionem vestram. Cum redibitis secunda vice ad presentiam ipsius d. regis ad diem constitutam uti habebitis cum eo verbis in hanc sentenciam: Domine Rex, Dominus te manuteneat et conservet. Civitas nostra, propter multas et diversas iniurias illatas mercatoribus nostris in hac civitate et tam magnas quod fuerunt coacti locum relinquere, constituerat se abstinere ab omni commercio et negociacione huius civitatis ; tamen, lectis litteris Maiestatis tue graciozis et ;iudito prudenti et honorato viro Cidi Amet Ermendenini, oratore tuo, et benignis verbis relactis parte Doininacionis tue, memores etiam antique benivolencie et observande, que semper fuit nobis singularissima, tuis et atavis tuis Mole Bofers et Mole Ottomen, inclinaverunt cives nostri habere racionem pocius antique benivolencie quam novarum iniuriarum, existimando quod Maiestas tua, secundum promissionem factam parte Maiestatis tue per oratorem tuum, debeat de cetero quantum attinet ad negocia Januensium reicere mala consilia et procedere secundum instituta Clar.ir,,'r'"" regum precessorum tuorum et maxime quondam excellent."" regis Mole Otoman, cuius memoria apud cives nostros non minus celebratur et honoratur, quam in Mauros, propter admirabiles virtutes eius et bonam voluntatem erga nationem nostram, pro quo eum semper venerati sumus ut regem et observavimus ut parentem. Et, quia nos natura et voluntate inclinati sumus ad benevolenciam et concordiam cum clar."”1 domo regum Tunetis, et ab annis centum — 22J — citra perseveravimus nos et parentes et avi nostri in hac bona dispositione; missus sum ad Maiestatem tuam ad ea concludenda, que tractata fuerunt cum prudente et honorato oratore tuo, ad que, antequam deveniam, requiro in presens a Maiestate tua, ut, juxta promissionem ipsius oratoris tui, jubeat Maiestas tua fieri mihi restitutionem d. omnibus Januensibus et Januensium subditis qui sunt captivi in manu Altitudinis tue et omnium subditorum tuorum : et hoc est primum capitulum nobis promissum per honoratum oratorem tuum nomine Maiestatis tue. Et, hoc dicto, expectabitis responsionem suam et ordinem quem dabit pro tali effectu. Occurrit pro nobis eo die aliud non tractetis, jmo solum capiatis ordinem, ut fiat vobis restitucio ipsorum captivorum tam Januensium quam Corsorum; et, tam de eis qui sunt in castello in manu ipsius regis, quam de iis qui sunt in manu aliorum, et, tam in Tunexe quam in alijs locis Barbarie; pro quibus curabitis habere litteras cum mandatis pro restitucione ipsorum, faciendo operam possibilem pro eorum liberatione sine ulla expensa vel saltem quanto minus sit possibile: et in hoc estote vigil, quia hec est voluntas nostra et sic facere tenemur Deo et mundo: et ad alia exponenda requirite alium diem. Ipsomet die vel alio sequente, secundum quod tempus et ordo vobis dabitur, uti poteritis cum ipso d. Rege verbis tenoris infra-scripti : D. Rex, non replicabo iniurias et violencias factas mercatoribus nostris sub pretextu navis Justiniane capte a Portugalensibus, quia credo quod omnis recordatio illarum rerum det animo tuo molestiam et nos non possumus ea recordari sine magno dolore; et prop-terea, obmittendo querellas de quibus multa dici possunt, loquemur dere medio, videlicet, quod Maiestas tua mandet satisfieri mercatoribus de residuo ipsius debiti avarie, juxta concordatum cum oratore tuo; et hoc fiat bonis effectibus et quam celerius fieri potest, ut intel-ligatur in civitate nostra, Maiestatem tuam velle debitum facere et attendere id quod promisit ipse orator tuus nomine Maiestatis tue. Et supra ipso articulo faciatis bonum fundamentum, quia est una precipua pars legationis vestre; quia, nisi sequeretur effectus, non esset perorandum de conservacione benevolencie et bone voluntatis, nec cresceret animus mercatoribus ad negociandum, si non fieret satisfactio de prefato. Que autem et qualia sint tractamenta habita iS — 22Ó — hic cum oratore ipsius d. regis dabuntur vobis in scriptis in arabico manu ipsius oratoris, et etiam habebitis memoriale a mercatoribus, ut juxta ipsum possitis procedere in diem in exigendo ipsum debitum; in quo volumus omni studio vigiletis, quia, nisi sequeretur effectus satisfactionis, durare non posset concordia inter vos capiendam, quia scitis quantum fuerit molestum huic civitati damnum sequutum nostris mercatoribus pro avaria ipsa. Audivimus d. Cidi Mamet Suliman (i) tezaurarium habere magnum gradum incuria illa et plura procedere ipsius voluntate, et qui tezaurarius est filius q. Cid Amet Sulimeni, qui fuit homo magne prudentie et virtutis et tezaurarius tempore d. regis Molei Ottomen, et qui semper fuit amicus et protector nationis nostre, et sic sperabamus sequi deberet sub filio eius; sed per litteras et oretenus intelleximus contrarium: propterea volumus eum vixitetis parte nostra et, traditis litteris nostris credentialibus, dicetis ei parte nostrum quod hec civitas gaudet ipsum esse in locum quondam clarissimi viri patris sui, quem na-cio nostra habebat in curia illa tamquam patrem et protectorem, et quod racio benevolencie requirit etiam, ut ipse sit successor et heres bevevolencie quondam patris sui; et rogabitis eum parte nostra vellit nacionem nostram sub protectione recipere, sicut faciebat dominus quondam pater eius. Si cum bonis verbis et graciozis videbitis ipsum reducere ad benevolenciam et bonum tractamentum, valde gratum erit; si vero videretis ipsum se aliter continere, eo casu conternamur et volumus inter vos et ipsum solum, interprete Papa iudeo, dicatis ei aliqua verba magis aspera, tamen cum modo et gracia, et quod invite venitis vos ad querelandum de eo; sed quod pro debito vestro necesse erit id facere tam nobiscum, quam etiam cum domino rege; et tamen, quod ipse dominus tezaurarius habet magnum gradum, credimus utilius sit dare operam habere ipsum favorabilem per viam dulcem et amicabilem, quam asperam; quia male posset nacio nostra stare in eo loco cum honore et re-putacione, si ipse dominus tezaurarius nobis adversatur. In primis, quia ipse dominus tezaurarius in recessu Francisci Imperialis et Philippi de Auria post obtentam licendam a d. rege extorsit ab eis (r) Evidentemente lo stesso personaggio nominato nel documento XXN, pag. 218, n. 2. — 227 “ d. CCL ab. (i), volumus adhibeatis omnem operam, ut recuperentur ab eo ipse ab. CCL, quod si recusaret, faciatis de re ipsa querellam parte nostra d. regi et requiratis satisfactionem; quia sic promisit orator. D. rex cepit contra omnem iusticiam anno preterito nostris mercatoribus d. MDCCCXXV currentes sub pretextu census Merse-rij (?) et cuiusdam instrumenti facti adversus nostros mercatores supra ipso loco Merserij:que res fuit iniuriosa;et propterea voluntas nostra est, requiratis ipsi d. regi satisfactionem de ipsis d. MDCCCXXV et quod jubeat canzellari instrumentum factum de ipso loco Merserij, quia in effectu factum fuit ipsum instrumentum sine consensu ipsorum mercatorum; et demum habeatis curam de causa ipsa, de qua mercatores vos etiam melius informabunt, et in ea re sequi habebitis instructionem quam dabunt. Pariter quia Benimali, olim dominus dugane, erat debitor aliquibus ex nostris mercatoribus de pluribus pecuniis que venerunt in effectu in ipso d. rege, sive in domino dugane de novo, voluntas nostra est requiratis et procuretis, ut satisfiat ipsis mercatoribus de quanto habere debeat ab ipso Benimali, quia sic honestas requirit. Franciscus Cattaneus q. Christophori conquestus est, fuisse captas per iniuriam Paulo Spinule q. Guirardi nepoti suo balas duas telarum valoris de ab. DCC.L que in toto pertinent ipsi Francisco, et de qua causa habitus est sermo cum oratore regis, qui promisit se operaturum pro satisfactione ipsarum telarum, ct propterea imponimus vobis ut vos rem ipsam cure habeatis. Ultra captivos qui sunt in castello Tunetis est etiam Panthaleo de Cassana cum aliquibus captis in eius societate, inter quos est Tomas de Camulio q. Petri : volumus procuretis eorum liberationem, etiam si deberetis res requirere in gratiam, quia ipse Panthaleo in aliquibus non iam bene se habuit cum Mauris; propterea causa sua (i) Cioè «duplas CCL abdtlias» - Doppia cosi chiamata per essere stata probabilmente fatta coniare da Abu-Abd-Allah-Mohammed, allora re di Tunisi (1494-1526). — Vedi Parte 1", pag. 101, e 130 nota 6. — Negli atti del notaro Agostino Testa (che rogò a Tunisi dal 1501 al 1515 con interruzione di parecchi anni), conservati nel nostro Archivio di Stato, Sala 6", sg. 136, e gentilmente indicatimi dal chiarissimo socio, il marchese Staglieno, non trovo menzionata questa moneta prima del settembre 1502. Probabilmente fu coniata in quell’anno 0 poco prima. — 228 — et suorum erit tractanda cum dexteritate et gracia, ut extrahi possit: in quo adhibeatis operam possibilem. Et quia superius dicimus non descendatis, nisi habito salvocon-ductu pro persona vestra; posset eis mirum videri quod essendo vos orator non judicetis vos securum : ex quo bonum est quod ipse salvusconductus requiratur pro mercatoribus et eorum r.iubis et non appareat quod vos, qui estis orator, capiatis diffidentiam. Quia fuerunt facte plures avarie Antonio de Auria et socijs mercatoribus grannorum Cicilie in pecunijs et frumentis que etiam habebant salvumconductum; volumus ut de re ipsa aloquamini d. regem et cum eo accipiatis aliquam formam, ut fiat satisfactio ipsis mercatoribus nostris saltem pro eorum porcione, quia, nisi id fieret, difficile esset posse conservare benivolenciam inter (n)os : et si allegaretur quod fuerunt requisita per aliam nacionem quam nostram, respondere poteritis quod ipsa frumenta spectabant pro maiori parte civibus nostris et quod vobis incumbit pro officio vestro, quod bonum est suum habeant quod fuerat eis captum: et demum faciatis in re ipsa quantum vobis erit possibile. Quantum autem sit eorum damnum et quomodo proceditur in iis quibus tangit, habebitis memoriale. Una ex principalibus partibus legationis vestre est pro firmanda pace cum ipso d. rege, que finita est jam pluribus annis et tamen fuit prorogata, et non contentamur deveniatis ad confirmandum novam pacem pro annis triginta sub ea forma, sub qua firmata fuit per q. Antonium de Grimaldis tunc oratorem nostrum anno de MCCCLXIV, et de qua pace traditum fuit vobis exemplum in latino et in arabico (i). In qua pace tamer. multa sunt aptanda et renovanda, et propterea super capitulis pacis vetuste facimus aliqua capitula nova, in quibus aliqua melius exclarantur quam m vetusta. Inter alia quia ab aliquo tempore citra venerunt ad habitandum partibus Barbarie plures Turei, homines pirate et debiti la-trocinijs maritimis, necesse est capi aliquam formam, ne ipsi Turei qui vivunt in Africa damnificent nacionem nostram; et forma videretur, quod, exeundo fustas de Tunexa aut alia vasa, d. rex stringat patronos et conductores ad dandam fideiussionem non damnificandi nacionem nostram nec subditos nosrros, in bonis aut in personis, (i) Vedi pag. 217, nota 1. - 229 " tam in mari quam in terra; et, si opus est, contentamur obligetis etiam nos ad accipiendum similem fideiussionem a civibus et subditis nostris: et, quia locus Tripolis et Gerbij non videatur ad presens in bona obediencia, bonum erit exclaretis si habent restare inclusi vel exclusi a presenti pace, et fiat proclama de pace firmata: et quod, si erit aliquis qui presumat damnificare nationem nostram, quod punietur in bonis et personis: et promittat d. rex eos, qui non obedient sive contrafacient, quod eos habebit pro rebelibus et puniet: ed demum apponatis omnes cautelas possibiles ad prohibendum, ne fiant d.imna nationi nostre. Pro concludenda autem ipsa pace facimus vos sindicum et procuratorem nostrum, ut constat litteris sindicatus vobis traditis quas presentare poteritis. Inter cetera, quia invaluit prava consuetudo requirendi mercatoribus nostris per d. dugane et alios officiales bonam summam monete in eorum recessu ex loco illo, volumus omnino in carta pacis exclarari faciatis, quod omnes Januenses possint libere recedere sine ulla solucione vel saltem sub antiqua consuetudine pro eorum capite; et hoc bene menti habeatis, quia etiam in novis capitulis de hoc fieri fecimus mencionem. Propterea, quia ex antiqua consuetudine solebant naves nostre dare sparcenam (i) unam, que nunc reducta est in mangiarla (2), quia dicunt illi officiales non esse bonam, aut aliquid aliud pro extrahendis pecunijs a patronis; ideo [mjenti habeatis operari, ut tollatur ipsa consuetudo dandi sparcenam et pocius reducatur in solucione alicuius monete quanto minus esse potest, ut in dictis capitulis continetur. Quia posset esse, quod d. rex aut eius officiales venient vobis in mencionem ex mercibus quas retinuit Jeronimus de Goano, patronus, in talli casu occuriit nobis respondeatis, quod ipse Jeronimus semper fuit persona fidelis et honesta et quod creditis facere debeat debitum suum, quod, si recusabit, nos erimus presti in ministrando justiciam Mauris, si aliqui venient ad se conquerendum de dicto Jeronimo. Ab aliquo tempore citra Arifi Judei utuntur magna presumptione (1) Sparcena o sparcin , attrezzo di nave. Vedi Rossi G., Glossario Medievale Ligure (in Miscellanea di Si. Italiana, voi. XXXV). (2) Ossia, lucro illecito, mangeria, come già notai in altro documento. — 2 50 — contra mercatores nostros et eos continue infestant mangiarijs et minis damnificandi. Igitur habetis ponere facere in carta pacis, quod ipsi Ariti nullam auctoritatem aut actionem habeant cum mercatoribus et hanc partem bene menti habeatis, ut cautelletur. * Verum (?) supra quantum debet d. rex pro avaria.....est etiam debitor diversis nostris mercatoribus pro raubis per eum emptis el non solutis, ut dicunt constare per eius tanfita (i) et apodixias Moyrac ac Racefcas, sicut particulatim ab ipsis mercatoribus inteiligetis. Habetis advertere et, si est possibile, procurare habere aliquam formam satisfactionis, quam credimus ipse d. rex non recusabit per eas formas que videbuntur convenientes et ei possibiles;, et in hoc omnem operam adhibeatis; et quod dicitur de debitis ipsius d. regis intelligatur etiam de debitis curialium. Etiam quia Moasi Boacel et Moasi Bolchay, judei, sunt debitores de pluribus pecuniis nostris mercatoribus et habent unde solvere et tamen id facere ne· gligunt, volumus de hoc querellam faciatis d. regi et per omnem viam procuretis ut sint satisfacti, ostendendo malum contentamen-tum si videretis ad requisiciones tam honestas non dari remedium et formam, dicendo non videre quomodo cives reputare debeant negocia bene adaptata si similia vobis denegantur. V idebitis quantum superius vobis stricte comeiidatur causa civium nostrorum, ad quos spectat damnum factum per d. regem ex processu frumentorum, a quibus postea melius fuimus informati cum quanta iniuria damnificati fuerunt et ab ipso d. rege, quod cum veritate dicere possumus non debuisse fieri per piratas. Ex quo tanto magis vos stringimus, ut pro causa ipsorum mercatoribus utamini omnibus remediis que videbuntur necessaria, etiam quod deberetis differire per aliquot dies conclusionem pacis faciende; dicendo non bene intelligere quomodo deveniri possit ad pacem detinendo suum mercatoribus nostris cum tanta injuria: nec possumus credere, quod non debeat ipse d. rex dare aliquam formam satisfactionis. Quia facte fuerunt plures et diverse expense in negociis illis de runixio.opus est se (sic) valeamus de suco rerum illarum el maxime de illa masseria que exigere solet medium pro centenario de introitu et exitu. Volumus quod exigatis ab omnibus mercatoribus (i) Vedi a pag. 216, nota 2. drictum ipsum masserie, bene advertendo, ut otrmes debitum faciam, exceptis his qui solvissent, quia animus noster est habere satisfactionem pro mercibus que cunducuntur cum presenti nave Gropala. Dedimus etiam vobis auctoritatem exigendi drictum consulatus quousque de-consule provideatur; et sic procurate facere et etiam vos operare, donec in eo loco stabitis, pro honore et utilitate nationis, sicut conveniens est facere omnibus civibus et vobis presertim, qui ad presens habetis personam publicam. Ex eo quod recuperari continget a d. rege spectat comuni sive officio Tunetis quinta pars, quam quintam partem habebitis dirigere hic in Janua officio Tunetis; de reliquis autem IIIIor quintis disponite pro libito ipsorum mercatorum, sive eorum ad quos ipsa credita pertinent. Deliberavimus facere exenium d. (i) regi, ut recipiat vos meliori animo et cognoscat bonam nostram voluntatem erga eum si ipse erga nos bene se habebit; quod exenium et quantum sit intelligetis a Jeronimo Palmario, cui cura de eo data fuit: poteritis ipsum exenium ornare verbis, excusando quod propter suspicionem pesti-lencie in pluribus habuimus difficultatem. Dedimus etiam aliud exenium pro d. Manifeto (sic), cui ipsum dabitis parte nostra cum debitis circumstantijs. Et circa presentacionem ipsorum exeniorum in appulsu vestro, vel in ipsa conclusione pacis, continebitis vos secundum vobis consultum erit per expertos tam hic existentes, quam in Tunixio. Videtur necessarium, quando vobis videbitur, facere querellam, quod fuste Maurorum et Tureorum fecerint insultum et damna in insula nostra Corsice, tam mari quam terra ; de quibus omnibus habuistis instructionem ab officio Sancti Georgij : ex quo videatis cautellare in pace facienda, ne similia contingant, ut de personis ac bonis captis presenti estate fiat restitucio et includatur in requisitione quam facere habetis de captivis Januensibus et subditis nostris, et in hoc utamini omni diligentia. Ut superius dicitur, in parte destinatus estis orator ad d. regem Tunetis pro renovanda pace cum eo; ad quam deveniatis cum debitis modis et reputatione ac honore nostro ; nec jam est properandum devenire ad conclusionem ipsius, si non videretis dari bonam for- (i) Exenium o xenium, dono, offerta ; dal greco ξένιον. — 2 } 2 — mani pro executione promissorum per Elmendenini, oratorem ipsius d. regis, et attento quod nobis facte fuerunt plures iniurie, sicut ipse-met d. rex cognoscit. Potestis in pluribus que concernunt honorem et utilitatem nationis, si vobis non concederentur, stare durus et renitens cum modo et gracia, ut conducatis negocia ad honorem et utilitatem nationis. In quo credimus non habebitis multam difficultatem, quia cognoscunt Mauri commercium nationis nostre esse ad eorum propositum non minus quam nos sumus, et d. rex habet plura commoda et utilitates a natione nostra ; propter quod eciam speramus debeatis habere facilitatem negocia ipsa bene conducendi: nec erit extra propositum dicere ipsi d. regi et curialibus nos cum magna benevolentia recepisse oratorem suum sicut... (i). (i) Questo documento, che ci è giunto in pessimo stato di conservazione, manca dell ultima parte, di cui invano ho fatto ricerca. DOCUMENTO XXV. (Arch. di St., Sala 58, Istruzioni, filza 3“, n. g. 2707 C). Istruzioni a Gasparo de Sopranis Donato, ambasciatore a Tunisi. 1507 — 8 luglio. Officium Tunetis excelsi Communis Janue S. D. Gaspari Donato, oratori. Spectate vir nobis carissime. — Intelleximus per literas vestras datas mense aprili et sic a mercatoribus nostris ibi negotiantibus, per literas vestras et aliorum de mense junii, prout usque ad eam diem nihil feceratis cum domino rege illo ex duabus rebus, ad quas exigendas missus fuistis jam duobus fere annis preteritis; que res fuit nobis multum molesta, quia credebamus quod ipse dominus rex deberet velle prompte exequi ea que per oratorem suum nobis oblata et promissa fuerant, videlicet de rcffirmanda pace et amicitia inter nos et ipsum dominum regem, et de satisfaciendo quantum nostris mercatoribus per violentiam captum fuit, sub formis hic conclusis per oratorem suum. Vidimus in tanto tempore nihil exequutum fuisse, et gravat quod mora vestra ad illas fuerit tam longa, sine fructu, quia ultra dampnum et expensas cognovimus, sic stando, honorem nostrum ledi. Propterea in apulsu presentis navis Steffani de Nigrono, que venit ad illas cum aliqua summa mercium et ad spem partiti pro Alexandria, studeatis venire ad aliquam exequcionem sive effectum de contento in vestra instru-cione ; et pro tali effectu faciendo ordinavimus patrono ut non exoneret, nixi cum noticia et licentia vestra; in quo tamen uti ha- - 234 — betis prudentia et moderatione, quia omnia deducenda sunt ad utilitatem negociantium, habito etiam respectu ad publicum commodum et honorem. Et postquam eadem cau§a in parte missus fuistis ad firmandam pacem, credimus bonum sit ipsam firmare; quia, etiam quod pax nobiscum sit ipsi d. regi et Mauris in bono proposito, nobis eciam, qui de mercatura vivimus, commoda est et utilis. Circa satisfactionem pro avaria facta pretentis annis per d. regem nostris mercatoribus, videatis etiam habere satisfactionem iuxta com-posicionem hic captam cum eius oratore, vel saltem habere aliquod bonum principium de ipsa satisfacione, et pariter habere captivos qui restitui debent et quos restituere promisit; subitoque nobis significate quid fecistis in predictis et quid facere speratis, ut possimus consulere honore et commodo publico. Nam usque ad responsionem harum litterarum nostrarum a vobis differimus constituere quid facere debeatis circa recessum vestrum ex inde; et videndo non dare vobis exequcionem de predictis vel saltem pro aliqua parte principium alicuius effectus, eo casu pro honore publico volumus petatis licentiam et cum pleno passagio domum redeatis. Facimus responsionem d. regi litteris preteritis mensibus nobis scriptis, in quibus fecit querelam inter alia de Jeronimo de Goano, cui parti et sic aliquibus aliis nihil respondimus, sed solum dicimus quod vos oretenus supplebitis; et sic facere habetis. In primis de Jeronimo de Goano debetis habere noticiam prout preteritis mensibus huc venit cum sua navi et respectu: in primis Maurorum noluit in portum venire; tandem, essendo navis sua de magno valore, obtinuit salvumconductum, sub quo stat; et tamen voluimus ab eo intclligere factum ipsorum Maurorum. Qui Jeronimus multum et multum se excusat, quando fuit in gulfo obtulisse et rogasse quod Mauri venirent ad accipiendum sua, quod facere noluerunt vel non potuerunt: et propterea navigavit pro Chio, de quo loco plura restituit [omnib]us qui requixiverunt de suo. Autem hic eciam, si erit vobis aliquid dictum, poteritis excusare de salvoconductu et causa pro qua sibi datum fuit: et pariter de raubis Mauri illius de Alexandria poteritis dicere quod vivit et suum requixivit per viam domini regis Turchorum; et demum accomodate verba ad excusacio· nem eius rei ul melius potestis, postquam non est in manu nostra ad presens aliud posse facere: et de predictis respondeatis plus et minus secundum obieciones que vobis fient. Quantum attinet ad illos de Portu Mauricio qui levaverunt Mauros de Buzea et de - 235 “ lo Collo (i),de quibus dominus rex etiam nobis scripsit, poteritis, si ea verba renovabit, dicere quod fuit a nobis expulsus (sic) (2) et, ut sentivimus, reduxit Mauros et Judeos ad partes suas: et demum in similibus utamini ea forma verborum, que videatur magis exonerare rempublicam, sicut certi sumus facere debeatis. Data Janue die VIII Julii 1507. (1) Collo (Ancollo), tuttora cosi chiamata, trovasi nel territorio della moderna Algeria (Costantina). (2) Evidentemente è un lapsus calumi del cancelliere estensore, facilmente spiegabile ove si sappia che il presente documento è tratto da una semplice minuta. DOCUMENTO XXVI. Lettera della Signoria al T^e di Tunisi. (Unita alle Istruzioni date all’ amb. Gasparo Donato Γ8 luglio 1507.) 8 luglio 1507. Serenissime rex et princeps excellentissime. — Asai se maravi-giamo che, essendo jonto a voi lo nostro ambaxator gii gran tempo fa, non sia stata preza alcuna concluxione, nè de fermar la carta de la paxe, nè de haver alcuna satisfacion de li beni preizi a li nostri mercadanti cossi, corno se era accordato qui con el vostro amba-xador et vostra Maestà havia promisso de compier. La volunta e reverenda nostra verso li nostri precessori è semper stata bona, e cossi è verso de vostra Maestà; et è cossa naturale che etiam .1 noi sia respozo in amore e benivolencia, e non solo con parole, ma con boni effecti. E noi habiamo animo de perceverare in amore e reverenda con la Maestà vostra e con li Mori, perchè cognose· mo esser a propoxito vostro e nostro : e bezogna che per parte vostra si facia lo simile, asochè cresca lo comercio, vedendo die si ha atteizo le promisse, e facto bona compagnia e bona segu-ransa. Questi meixi passati hamo avuto letere da vostra Maestà , no ge hammo facto reposta avanti per esser stato la terra nostra in alcuni travagii. Per quello demostra vostra Maestà bona voluntà verso de noi e de voler compir quello esser stato promisso, se maravegiamo già tanto tempo non sia exeguito, e lo nostro am- - 237 - baxatore non sia stato spaisato: e vostra Maestà fa alcune lamente de le quale cometemo a lo nostro ambaxatore ne fìa con voi et iustificbe le cosse nostre ; per questo non diremo altro. Dio ve mantenga longamente. Data Janue die Vili Julii 1507. Maiestatis vestre obsequentissimi et amici antiquissimi, Radulfus et concilium etc. — 25s — DOCUMENTO XXVII. (Arch. di St., Sala 58, busta Africa, n. g. 2774 C). Lettera della Signoria al Re di Tunisi. 1508 — 15 febbraio. Serenissimo et excellentissimo principi domino regi Tunetis et Burbarie, amico nostro plurimum honorando. Serenissime rex et princeps excellentissime. Cum grande dispiacere havemo inteso verso Venetia il caso occurso a la nave Nigrona, la quale andava in Alexandria cum li Mori, che trovatosi cum la grande nave de Rodi, facta bataglia per doi jorni e una nocte, è seghuito morte de alcuni Mori e alcuni Cristiani. Infine, essendo dieta nave de Rodi voida e molto alta, cum grande numero de homini da guerra e grande somma de grossa bombardaria, per non andar dieta nostra nave in fondo, e perderse tuti li homini e li beni in mare, è bisognato succumbere a li inimici, essendo più possenti. Il che a noi e a tuta questa cità è doluto assai, sia per la morte de alcuni homini da bene, sia edam per lo dano de li subditi vostri. Ma a la voluntà de Dio non si pò contravenire, e bisogna prender in patientia tuto quello che a lui piace. Ne (ne è) paruto de questo dolendo caxo dare noticia a la Maestà Vostra, e notificarvi per la verità corno il patrone à facto il debito suo in difendersi. Ma queste nave de corsari vano tanto possente e cum tanta artigliaria, che non si pò resistere; non una nave, ma etiam uno castello, conio più largamenti notifichemo al nostro ambasciatore. Il quale porrà - 239 — i elei ire ;i boca a Vostra Maestà, per honore e amplitudine de la quale se offerimo cuiii tute le cosse· nostre: e Dio vi conservo lun-gamenti in sanità e prosperità. Data Janue die XV februarii 1508. Radulfus (1) et Consilium etc. (Questa lettera è allegata ad altra per Γ ambasciatore Gaspare de Sopranis Donato. Vedasi documento seguente). (1) Rodolfo di Lanoy, governatore di Genova dal... m.-iggio 1507 all’ottobre 1508. DOCUMENTO XXVir* (Unito al documento precedente). Lettera delia Signoria all’ambasciatore Gaspare de Sopranis Donato, 1508 — 15 febbraio. Radulfus etc. et Consilium etc. Spectato viro Gaspari Donato oratori apud regem Tunetis nobis carissimo. Spectate vir nobis carissime. — Intellexeritis fortasse prius sicut navis Nigrona cum Mauris, destinata pro Alexandria, prope Can-diam obviam habuit navem grossam de Rodo, vacuam et multo altiorem ipsa Nigrona, cum hominibus ducentis et tanta summa arteglarie brongij ad expugnandam arcem etiam munitissimam; cum qua nave de Rodo per dies duos et noctem unam tenuit pugnam, mortuis pluribus Mauris et exiam aliquot Chrystianis, inter quos Daniel Centurionus. Tandem, cognito eorum evidentissimo peri-culo submersionis, cesserunt dicte navi de Rodo, quod novum plurimum nobis molestum fuit multis rationibus; de quo visum est per alligatam literam (1) dare noticiam domino regi, etiam ad excusandum innocentiam patroni. Sed, quia negotia ad partes illas possent esse in termino quod non esset ut le literas ipsas dare, alligamus sub ista exemplum ipsarum literarum ad regem, ut in simul consulatis, an utile sit eas reddere, vel ne; cui rei vos pre-sentes melius consulere poteritis. Data Janue die XV februarii 150S. (1) Doc. XXVII. DOCUMENTO XXVIII. (Arch. di St., sala 58, busta Africa, n. g. 2774 C). Lettera della Signoria al Re di Tunisi. 1508 — 26 settembre. Serenissimo et potentissimo principi domino d. regi Tunetis et tocius Affrice, domino nobis colendissimo. Serenissime rex et princeps excellentissime. Da poi che vene qui lo honorato vostro ambasador Clemende-nini (1) e ne fece intender la bona voluntà de vostra Alteza verso la natione nostra, volendo seguire li vestigii ài li nostri passati, li quali sono semper vivuti bene cum li re vostri precessori, mandatilo lo nostro ambasador honorato Gasparo Donato per concluder pace cum vostra Alteza, e cossi ne scripse haverla fermata e esser stata cridata, ma male servata, perchè, non essendo ancora benisuta la carta de la dieta pace, le vostre faste hano facto grande damili in la nostra insola de Corsica e in la nostra rivera, e menato via homini e done sensa alcuno rispecto de la dieta pace. Il clic ne è stato molestissimo, e asai ne greva (2) audire le lamente de li subditi nostri, che sotto pace siano preixi e captivati e pu-hlicamenti menati in el vostro regno; de la qual cosa scrivemo al nostro ambasador ne facia lamenta a vostra Maestà e requera li-beration de li subditi nostri, e serche (3) de intender la voluntà (1) Cioè « Cid Ermendenini n, come leggesi in altri documenti. (2) Ci pesa, ci dispiace. (5) Cerchi. 16 » — 242 — vostra, como se habiamo a governare insieme. E perchè dubitiamo che dicto nostro ambasador sia partito, ve scrivemo la presente, requirendo ve piacia far liberar li nostri preixi, e da qui avanti comandare talinenti che simile sinistro non acada; perchè, facendo altra-menti, non se potria perseverar in mutua p.ice, corno havemo animo de fare per parte nostra, corno più largamenti referiri dicto nostro ambasadore. In questo mezo siamo prompti e parati in ogni grandessa de vostra Maesti. La quale Dio conserve lungamenti sana e felice. Genue, ex palatio nostro ducali, die XXVI Septembris 1508. Majestatis vestre cultores observantissimi Radulfus et Consilium etc. (Questa lettera trovasi allegata ad altra, diretta all' ambasciatore Gaspare Donato, che produco qui appressoj. DOCUMENTO XXVIII '■“· (Unito al documento precedente). Lettera detta Signoria alTambasciatore Gaspare de Sopranis Donato. 1508 — 26 settembre. Radulfus (de Lanoy) ct Consilium etc. Spedato viro Gaspari Donato oratori nostro apud regem tune-tanum nobis carissimo. Spedate vir nobis carissime. Certiores facti fuimus vos cum rege illo, sicut habebatis in mandatis, jam pridem pacem firmasse, eamque in regno eius publicatam fuisse. Et tamen superioribus mensibus biremes Majestatis sue multa damna in Corsicam et rippariam nostram, ea pace neglecta, intulerunt; captivos et captivas plures abduxerunt, et, ut fama est, eos Tunetem palam in terram deposuerunt : tamen rex ille hanc tam iniustam predam approbavit. Que res ita nobis molesta fuit, ut nichil fere accidere potuerit molestius, presertim quando audire contigit graves querellas et mestas lamentationes ac gemitus propinquorum. Ex quo necessarium judicavimus alligatas Regie Majestati scribere dubitantes vos ex eo regno iam discessisse. Verum, quoniam accidere posset, vos nondum esse inde profectum, mittimus vobis exemplum litterarum ad regem, ut dictum est, scriptarum, ut, lecta earum sententia, de omnibus suprascriptis sue Majestati gravem querellam exponatis conformem sententie litterarum nostrarum; rogando et instjndo,ut captivi subditi nostri, tam corsi quam riparienses, et bona eorum, ex forma recentis federis nobis utique reddantur: simulque explorabitis mentem Majestatis sue, utru.n intendat pacem servare, et quo modo invicem de cetero vivendum sit. Nam, si hoc modo publice lederentur nostri, non possimus certe ipsos coatinere ab uitione et ab insidiis contra Mauros; et hoc modo pax et federa perturbarentur. Respondebitis igitur nobis quid in predictis egeritis, ut denunciare nostris possimus vel securitatem vel novam dubitationem. Ex numero autem captivorum nomina queJam includimus ; nam reliqui ad nos perlati nondum sunt. Data Janue die XXVI Septembris 1508. (Seguono i nomi di undici prigionieri che ometto, avendoli di già riferiti nella vota 265 della Parte Prima di questo volume). DOCUMENTO XXIX. (Archivio l.i Stato, sala $8; Litterarum, reg. 51, n. g. 1827). Lettera della Signoria al Re di Tunisi. 1510 — 19 genuajo. A lo serenissimo, potentissimo e altissimo segnor Re de Tunexe 0 de tuta Africa. Serenissimo, potentissimo e altissimo Re. — Li mexi passati scrip-semo per nostre lettere a vostra grande Segnoria ; e a ipsa cum efficace e vere raxone, et potissimum per la immensa reverentia e devotione nostra che ad ipsa e soi antecessori habiamo semper portato, havemo requesto la liberatione del nostro citadino Thoma de Nigrone, zi (già) tempo fa per comandamento de vostra Altessa in questo loco detenuto e in aspero carcere servato, la quale cossa corno havemo inteso non è seguita, ni a nostre lettere è stato dato ulla reposta che ne («’ è) stato e è grandementi a grave, imperochè se persuadeimo la Maestà vostra dovesse più mentione fare de nostre lettere e pregete equidem juste, como se convene a uno tanto Re, e de lo mutuo commercio et amicitia è tra soi mercanti e nostri che non ha facto ; e de novo per queste nostre querella porgemo et iterum pregemo {preghiamo), voglia comandare ipso nostro citadino sensa alia induxia sia liberato, conio requere la justicia e rimorentia de ipso e de lo patrone de ipsa nave de Nigrone che ipso lascia per recena (1), perchè, corno amplamenti se (si e) (i) Receda, lo stesso clic reconna 0 ricolma, di cui a pag. 176, nota 1. — 246 — scripto a vostra Segnoria et etiam flirto intendere per propri mercadanti mori soi, ipso patrone a vostri mercadanti e robe sue serva in tuto pro viribus la fede a loro data; e se la fortuna ha vosuto che ipsa nave da una altra de Rode più grossa e melio munita de homini e altre cosse beliche che ipsa nostra sia stata preiz.i, per questo ipso Thoma recena, nostro citadino, deve patire et essere incarcerato? In verità, serenissimo Re, è cossa inaudita. La quale liberatione, se vostra Maestà manderà sia facta, asai ne sarà gratissima, e quella seguiremo amare la justicia e far mentione de nostra natione, e che ave animo possiamo perseverare et negociare in quello suo regno: se altramente aduncha farà, se daremo intendere tuto lo contrario e forsa de lo bono animo habiamo che nostri mercadanti trafegano in quelle vostre parte ; et potissimum a li presenti tempi, che ne parano de devere esser più de utilità che non erano in lo passato (1), se abstineremo, perchè non saria condecente cossa che de lo tanto amore e devotione habiamo in vostra Serenità, e de lo grande beneficio desemo a le sue cabelle et exactione e mercadanti fossemo de contrario premio resarciti: che non credemo vostra Altessa voglie segue, a la quale se offerimo semper fare piacere. Genue, die XVIIII Januarij MDX. Franciscus (2) et Consilium. (Segue lettera al console Gerolamo Fontana per lo stesso scopo). (1) Vale a dire « di maggiore utilità pel regno di Tunisi », alludendosi con ciò alle condizioni punto floride, in cui trovavasi allora quell’erario, e al bisogno di denaro che per contro il Re aveva onde preparare mezzi di difesa contro l’invasione degli Spagnoli, i quali in questo anno stesso, 15 to, occuparono Bugia. Sappiamo, anzi, che il Re di Tunisi (come pure quello del J lem· sen), per salvare la propria indipendenza, si obbligò poi a pagare un annuo tributo a'ia corona di Spagna. (2) Francesco di Rochechouard, signore di Cliampdenier, governatore di Genova dal... ottobre 1508 al 20 giugno 1512. SUPPLEMENTO AVVERTENZA. in seguito a una nuova e diligente revisione dei registri di Cancelleria della Repubblica, da me terminata quando già era stata eseguita la stampa della Parte Prima di questo volume, trovai ancora parecchie lettere su Tunisi che non figurano nella Raccolta accennata nella Prefazione. Non avendo, perciò, potuto riferire sulle stesse, parmi utile riunirle in questo Supplemento assieme ad alcuni altri documenti venuti da poco in luce. Ciò varrà ad accrescere il modesto mio contributo alla storia delle relazioni della Repubblica coll’Africa settentrionale e non potrà certo dispiacere allo studioso. TtWffìTiTffiWnTmfnW^WtWìTflWWff· i. Supplica dei mercanti genovesi nei regni di Tunisi e Granata alla Signoria. 14j6 (1) Illustri et excelso domino domino Thome de Campoiregoso, Dei gratia Januensium duci et eorum libertatis defensori, suppliciter et querelante!' exponitur parte infrascriptorum civium et mercatorum januensium, quod nobilis Paris de Mari, civis januensis, patronus cuiusdam sue et sociorum navis, dum sub certis pactis convenisset cum regibus Granate et Tunicis de viagio Malice, et ex Tunice, ubi convenit, cum dicta eius navi navigationem constitutam inijsset onusta multa Maurorum rauba et Mauris mercatoribus in navi, devenissetque ad locum quemdam Provincie nominatum Pomegas (2) Massilie, quo quidem in loco Januenses omnes securissimi esse etiam sine aliquo salvoconductu consuevere; tamen, ut saluti Maurorum quos in navi deferebat et raube ipsius abundantius consuleret, quesivit a reginali Majestate Provincie (3) sal- (t) Questo documento, mancante di data più precisa, fu recentemente da me ritrovato nei fogliazzi di Cancelleria (Diversorum) di Jacopo Bracelli dell’anno 1456 e collocato nella busta Africa più volte citata, n. g. 2774 C. (2) Vale a dire « Pomègue», una delle isole poste dinanzi alla baja di Marsiglia. (}) Ossia Isabella, figlia di Carlo II, duca di Lorena, e moglie di Renato, conte di Provenza, duca d’Angiò e redi Napoli. In quest’epoca essendo Renato a Digione prigioniero del duca di Borgogna, ch’era partigiano del conte di Vaudemont, competitore di Renato pel ducato di Lorena, il governo dei suoi Stati venne assumo dalla sposa di lui Isabella. vumconductum. Idem etiam a pretoribus civitatis Massiliensis quibus salvisconductibus impetratis atque iis quidem amplissimis, ipse patronus in terram Massilie ad ecclesiam Sancti Victoris descendit, ubi continuo a multis armatis satellitibus circumventus atque interceptus est, ct dcductus ad presides massilienses. A quibus cum sue huiusmodi captionis causas quereret lamentareturque fidem sibi datam preter equum et fas et preter merita Januensium in Majestatem reginalem preter demum honorem Majestatis ipsius violari, accepit velle Majestatem ipsam ut navim dirigeret Neapolim, quia illa opus esset sue Serenitati. Paris autem, qui cum superioribus regibus prius pepigerat ut Malicam proficisceretur, negabat id sibi licere aut integrum esse. Quam ob rem in carcerem et vincula subito coniectus fuit pretcr omnem honestatem et fidem. Addiderunt in eum preterea genus inhumanitatis et perfidie inauditi: m ; nam illum ad aculeum usque deduxerunt, et, ligatis post terga manibus, terrore maximo illum affecerunt, et demum ultimo supplicio finxerunt eum velle affligere, oblato ligno et securi, ut necaretur, et oblata sibi confessione, ut intelligcret sibi moriendum esse. His tantis malis et difficultatibus oppressus, Paris idem, ut se a tanto periculo eximeret, obtulit se que vellent omnia facturum, a quo promissionem extorserunt ut, relicto Malice viatico, frumentum re· ginale onerari faceret in navi et iter versus Neapolim caperet. Que res ad nautas et ceteros in navi existentes delata nequaquam illis grata fuit, et omnino condictionem illam capere renuerunt. Coactus tamen est Paris predictus timore et minis polliceri viaticum Neapolis sequi, omisso priore Mallicano, ad quod observandum cavit et intercessit pro eo vir nobilis Stephanus de Auria pro aureis decem milibus. Nunc, quia hec tanta tamque insignis iniuri.i non videtur pretermittenda, neque silentio pretereunda quod civis januensis sub salviconductus fide tam sit inhumaniter et crudeliter tractatus ab his presertim qui debuerunt multa nostris pro singularibus in illos nostrorum et huius inclite communitatis officiis, queiuntur primum apud Celsitudinem vestram de accepta injuria, ne feratur aut negligatur quin etiam satisfiat honori et existimationi civis de sua civitate benemeriti. Inde orant, ut vestra Sublimitas dignetur per suas litteras mandare nautis omnibus in navi dicti Paridis existentibus et ceteris in ea navigantibus, ne viaticum, quod pollicitus est idem Paris de proficiscendo Neapolim, aliqua ratione ineant neve prius constitutum Malicanum deserant aut negligant, - 2/r - maxime quia due naves magne cum uno ballenerio Neapolim versus profecte sunt, que tantam frumenti copiam in Neapolim comportabunt, ut id ad multum temporis sit satis. Adsunt preterea multe naves, que sine aliqua iactura aut detrimento possunt et parate e-runt ad serviendum regina!i Majestati, si voluerit illas debite conducere. Inde vero, si viaticum Malice omitteretur, ea res non parum detrimenti afferret multis civibus et mercatoribus januensibus apud regna Granate et Tunicis diversantibus, et toti Reipublice Januensi. Super qua re supplicantes exorant, ut vestra Dominatio ad reginalem Maiestatem det opportunas litteras, ne velit ulterius nostros lacessere aut Stephanum fidejussorem et Paridem ipsum cogere ad id prestandum, quod neque possunt, neque licet, neque ad publicam huius civitatis utilitatem, sed potius ad summam ia-cturam pertinet. Nomina supplicandum sunt hec : Damianus de Nigro. Tedisius de Auria Baptista de Marinis. Salvagius Spinula. Et ceteri mercatores in regnis predictis Granate et Tunicis dive rsantes. 2 (Litterarum, reg. |, n. g. 1780, p. 498). Lettera delia Signoria al Re di Tintisi. 1437-8 novembre. Serenissimo principi domino regi Tunicis metuendo. Serenissime princeps. — Conquestus est coram nobis nobilis civis noster carissimus Gaspar Lercarius, asserens Marinum de Mannis vendicionis nomine apud Costantinam tradidisse vestre Majestati nonnulla jocalia valoris et extimationis duplarum duarummilium fc-cilium in auro (1), quas idem Marinus sepius a dicta R. Majestate requisivit, et nichilorainus suum obtinere non potuit intentum, 111 grave damnum ipsorum Gasparis et Marini. Requirimus ergo pre· fatam Majestatem Regiam, ut pro regio honore et pro debito ju-sticie, ut mcrcatores nostri possint regna illa frequentare ; dignetur dicta Majestas Regia dicto Marino, seu Brancaleoni de Guizulhs pro eo, solutionem pro dictis jocalibus et satisfactionem integram fieri mandare. Alioquin opus esset per aliam viam providere indemnitati civium nostrorum. Novit enim dicta Majestas Regia quantum commercii cives nostri januenses cum precessoribus ct predecessoribus dicte R. M. habuerint retroactis temporibus; et non est auditum quod in mercando aut vendendo fuerit eis, aut alicui eorum, illata violentia vel injuria; nec etiam credimus fieri debere per eandem M., pro qua sumus semper parati. Data die VIII novembris MCCCCXXXVII. Eiusdem M. servitores Thomas de Campofregoso, Januensium dux et eorum libertatis defensor, et Consilium Antianorum civitatis janue. (Segue lettera al console Andrea de Mari per 1 effetto di *-ui sopra). (1) Non veggo quale moneta musulmana possa esser chiamata cosi. 1 eh (follis, φόλλ!;) è nome generico della moneta di rame che non è servita mai di conto. (IAlterarìm, reg. 8, n. g. 1784, p. 260). Lettera della Signoria al console Andrea de V\Cari ecc. 1438 - 4 settembre. Thomas dux etc. Nobili viro Andree de Mari, consuli Januensium in Tunete et cuicumque eius successori ac locumtenenti. Vir nobilis nobis carissime. — Nota vobis sunt vincula, nota benificia, quibus illustrissimo dominio Venetorum obstricti sumus; que res facit, ut etiam sine ullis litteris nostris possitis intelligere, nos decere, ut cives veneti ubique terrarum a nostris foveantur, juventur, et omni favorum genere sustineantur. Sed, quoniam illuc Tunetem venturus est vir nobilis Bernardus Quirinus, quem suis et suorum meritis carum habemus, hoc vobis onus imponere statuimus, ut curetis eum ab omnibus mercatoribus nostris fraterne ut humane tractari; vos quoque ita eum et sua commissa suscipiatis, ut in eius negociis non diligentia, non studio, non labore deficiatis; ct demum ita vos adversus eum geratis, ut intelligat huius nostre voluntatis veros effectus. Data IV septembris MCCCCXXXVIII. 4· (Litterarum, reg. το, η. g. 1786, p. 1; v.) » Lettera della Signoria al console e mercanti genovesi in Tunisi 1440 - 26 gennaio. Dux Januensium etc. Nobilibus et prestantibus viris, consuli et mercatoribus januensibus Tunete morantibus. Carissimi. — Ne fraus ac perfidia hominum cupiditate exceca-torum rebus vestris forsitan obesset, significamus vobis novos dolos fuisse nuper excogitatos fila auricalchi ordinare in capsulis more auri quod Janue filatur eaque tam pulchre componere, ut, nisi homo doctus sit, falli possit, ut credat esse aurum filatum januense. Id auricalchum, ut nostis, non Janue, sed Mediolani filatur. Dubitamus tamen ne quis ex eo portet in hac galeacia Antonii de Rapallo. Ex quo volumus, ut vos, consul, cum duobus mercatoribus deinceps inspiciatis omne aurum filatum quod illuc ex Janua deportabitur, ut, si quid dolose viciatum esset, reprobetur; et officialibus regiis, ad preservandam famam huius urbis, indicetis, id auricalchum Mediolani, non Janue filari. Utile etiam judicamus, ut mercatores indigenas, merces eiusmodi mercari solitos, moneatis ah his dolis pre-cavere. Data XXVI januarij MCCCCXXXX. (Segue licenza che dà la Signoria ad Antonio di Rapallo di esportare da Taggia e caricare nella sua galeazza 80 vegete di vino ad uso dell’equipaggio). - 255 - 5· (Litterarum, reg, io, n. g. 1786, p. 405 v.) Lettera della Signoria al %e di Tunisi. 1441 - 4. maggio. Serenissimo ac potentissimo principi et domino d. Regi Tunetis et totius Africe. Scimus, serenissime et potentissime princeps, Excellentiam vestram non solere multas preces expectare ad-ea perficienda, que et Deus jubet et justitia ac fama nominis vestri facienda suadent. Itaque satis esse putavimus narrare Majestati vestre rem ut ipsa se habeat. Accesserunt ad nos quidam prestantes cives nostri, referentes Marinum de Marinis, quondam factorem nobilium virorum Gasparis et quondam Jane Lercariorum et quondam Jofredi Italiani, vita defunctum esse Costantine; et, dum bona eius colligerentur, compertum esse rectores Buzeenon levem pecuniarum summam eidem Marino debere pro mercibus diversorum generum còntra ipsius Marini voluntatem extortis ab curia rectoribusque Buzee; ob eamque potissimum causam dixerunt ab se mitti in terras illas nobilem virum Bertonum ex comitibus Vintimilii, ut bona a quondam Marino relicta in unum colligat, a debitoribus exigat, et que pro his et eiusmodi rebus agenda sunt curet. Ac supplicaverunt nobis, ut tam equam tamque piam causam favoribus nostris adjuvemus. Hec nos movent Celsitudinem vestram, etsi forsitan non expediat, ex animo precari, ut, attento genere cause, jubere velit, huic Bertono expedientes litteras dari, ut quicumque ex curia aut alii rectores eidem quondam Marino debentes remediis juris ad satisfaciendum eidem Bertono summarie compellantur. Contra alios quoque debitores, et demum in omnibus pertinentibus ad restrictionem eiusmodi bonorum, reddatur - 256 - ei jus summarium ac favorabile, quale natura rei desiderare videtur. Quod certe acceptum Deo et glorie nominis vestri maxime accommodatum fiet; nobis quoque erit loco benefici]' et gratie, paratis semper in omnia vota Celsitudinis vestre. Data IV maij MCCCCXXXXr. Thomas dux etc. et Consilium. Ibid; a p. seg. slessa data : Lettera al console e mercanti genovesi in Tunisi. — « Da « copia di lettera inclusa coiroriginale apprenderete ciò che dovete « fare : intendetevi con Bertono; presentate al re la nostra lettera « e instate di conformità ». - 257 - 6. [LilUrarum, reg. io, il. g. 1786, p. 410). Lettera della Signoria al cR_e di Tunisi. 1441 - 5 maggio. Serenissimo et potentissimo principi et domino d. Regi Tunetis et totius Africe. Hodie, serenissime ac potentissime princeps, querule nobis affirmatum est, merces quasdam ac pecunias, penes Bernardum de Marinis civem nostrum repositas, iussu serenissimi regis Buzee sequestratas impeditasquj fuisse. Bernardus iste, mercator innoxius, et quicquid mercium pecuniarumque ad eum undique mittitur sub protectione vestra consistere inulliguntur ; regnrm enim Buzee vestrum est. Et quicquid illic digne vel indigne geritur ad Majestatem vestram, vel ad laudem, vel secus, refertur. Preca nur itaque Excellentiam vestram ut, re cognita, jubere dignetur, ut omnia apud ipsum Bernardum impedita, sicut decet, mox liberentur: quod certe et justicie et dignitati vestre convenit, et nos accipiemus loco beneficii; parati semper in omnem gloriam Celsitudinis vestre. Data maij MCCCCXXXXI. Tliomas dux etc. '7 (Litterarum, reg. 15, n. g. 17S9, p. 415) Lettera della Signoria al console e mercanti genovesi iti Tunisi. 1449 - 4 agosto. Ludovicus dux et consilium Antianorum. Nobilibus ac prudentibus viris consuli ac mercatoribus januensibus Tunete ag ntibus d lectis nostris. Adiverant hoJie nos viri nobiles ac prudentes dilecti nostri et mag ias querelas detulcunc emptor et participes eiu·; vectigalis sue drictus qui illic de more colligitur, narraveruntque compertum habere, fuisse opera vestra tractatu n et tandem impetratum, ne posthac iJ wctigal ibi co'ligi possit; namque affirmant, fuisse nomine regio, sive officialum suorum, prohibitum ut exigatur, fuisse etiam vobis consuli preceptum ne pro ipso vectigali jus reddatis. Que, dum recogitamus, vix persuaderi nobis possunt ; nam id crimen et majus et gr.ivius foret quam pleiisque videatur. Non enim id solum respiceret defraudationem eius vectig.dis, sed insuper machinationem quandam contra nos et utilitatem publicam Nam cum eiusmodi viis sepe ad prosecutionem predomini naves armaverimus, pacem cum regibus contraxerimus, et discordias in jacturam mercatorum exortas bis et eiusmodi auxiliis sustulerimus. Id si nobis interdiceretur, magno adjumento spoliaretur profecto respublica januensis. Quid enim sequeretur, si hoc idem juberet rex Castelle? rex An· glie? ceterique principes, qui semper equo animo tulerunt has et eiusmodi ex ictiones in suis regnis colligi ? Profecto si hoc ausi estis, quod non arbitramur, parum admodum commoda publica, parum futura tempora cogitastis. Utcumque autem se habeat res, — 259 — volumus \obisque jubemus enixe, ut obstacula omnia omneque impedimentum contra exactionem huius vectigalis quomodolibet illatum statim revocari prorsus et omnino faciatis, et ita quidem revocari, ut absque obstaculo libere colligi liceat, prout ante licebat. ìoquin ex nunc virtute harum litterarum decernimus, ut liceat collectori ab omnibus et singulis vestrum duplum exigere eius quod ice at ; ad quod persolvendum vos ipsi sine ulla excusatione teneamini: statuentes preterea, ut omnis magistratus, et Janue et extra constitutus, vos cogat ad exhibenda cartularia et libros, tam proprios, quam consulum, ut sic nihil ei favoris desit ad exactionem drictus sui. Vos, si aliter res habet, curate, ut id vestris litteris cognoscamus. Data IIII Augusti 1449. (Litterarum, reg. 21, n. g. 1797, p. 199 v.) Lettera della Signoria al Papa Pio II. 1459 - 16 aprile. Sanctissimo ac beatissimo in Christo patri et domino colendissimo domino Pio pape secundo. Beatissime in Christo pater et domine colendissime. — Dilectus civis noster Johannes Gr^gorius Stella anno millesimo qua-lringen-tesiino quinquagesimo sexto de mense martii oneraverat apud Tripolini, civitatem que est in Africa, in una navi nobilis civis nostri Vinciguerre de Vivaldis, saccos septuaginta novem lanarum, ballas novem coriorum, vegetes septem coUaquintiJarum, et ballas septem storiarum, quas vulgus appellat de medio junco cum filo diversorum coi irum: que omnia cjpiunt precium ducatorum mille. Quas merces e.i navis perferre Januam obligabatur nobilibus civibus nostris Manueli et Leonello de Grimaldis, ad quos spectabant consignandas. Dum ea navis esset in itinere supra maria Maltae, triremes que tunc ab apostolica sede armate erant et quarum prefectus erat ie-verendus dominus episcopus tarraconensis, eas merces intercepit, er, delatas Syracusas, pro libito vendidit. Quod quemadmodum Sanctitas Vestra intclligit alienum ab honesto fuisse, quippe qui non modo merces nostrorum capere debuit, sed, si opus fuisset, defendere; ita Clementia Vestra dignari debet, quod sit his ad quos pertinet sat sfactum ; sicque Beatitudinem Vestram oramus, que justicie [est] supremus iudex, ut ea a suis fieri pati non debeat que, si ab aliis fierent, omnino abhorreret. Ea enim classis eodem fere tempore quandam Venetorum navim intercepit, cui, ut audimus, fuit integre satisfactum : propter quod nos, qui fide et devotione — 261 — nemini cedimus, in justicia saltem pares esse debemus; sicque Sanctitatem Vestram f.icturam confidimus, quemadmodum verbo et:am nostri parte reverendus dominus episcopus marranensis uberius Sanctitati Vestre exponet; in cuius jussa sumus semper parati. Data Janue die XVI aprilis 1459. S· V. devoti Johannes, dux Calabrie et Lothoringie etc. regius in Janua locumtenens (1), et consilium Antianorum Communis Janue. (Ibià. — Segue lettera al cardinale di Rouen sullo stesso oggetto, pregandolo d’intercedere). (1) Giovanni II, figlio primogenito di Renato I d’Angiò e di Isabella di Lorena, fu governatore di Genova, a none di Carlo VII, re di Francia, dal-Γ11 maggio 1458 all’ir? settembre 1459. — 2Ó2 — 9· (Litterarum, reg. 22, n. g. 1798, p. 25 v.) Lettera della Signoria al 'R^e di Tunisi. 1460-26 luglio. Excellentissimo et potentissimo principi domino regi Tunetis et Africe etc. Forsitan non est ignotum Majestati ves’re, excellentissime ac potentis ime princeps, illustrissimum principem dominum i ohannem, ducem Calabrie ac Lo‘honngie, potitum esse parte maxima regni neapolitani ; qui, ut confidimus, erit Excellende vestre bonus vicinus et bonus amicus. Is plurimum amat Nardum Anequini, qui nunc in regno vestro diversatur ; ipseque Anequinus, si ingratus non esset, deberet profecto libenter inservire glorie ac dignitati ducis Calabrie, cui semper carus admodum fuit. Id cum nos probe sciamus, orandam duximus Majestatem vestram, ut velit licentiam ac liberam dare facultatem eide.11 Nardo, ut possit venire ad serviendum ei.lem illustrissimo do nino duci, ut eum cupere non dubitamus. Faciet enim ves;ra Majestas rem eide n Nardo, ut opinamur, jo· eundam; ipd autem illustrissimo domino duci adeo gratam, ut paratus futurus Sit in maioribus et multo diffidilo'ibus Majestati vestre gratificari. Nosque id accipiemus loco beneficij, qui sumus semper in beneplaciti vestra cupide parati. Data XXVI Julij MCCCCLX. Ludovicus de .Valle regius locumtenens et Januensium gubernator (1). (1) Ludovico la Vallèe governò Genova a nome di Carlo VII, re di Francia, dall’ 11? settembre 1459 a' 9 marzo 1461· IO. (Litterarum, reg. 22, n. g. 1798, p. 58 v.) Lettera della Signoria al Re di Tunisi. 1460 - 16 ottobre. Excellentissimo et potentissimo principi domino regi Tunetis et Africe etc. In regnis vestris, excellentissime et potentissime princeps, captivus asservatur vir nobilis Johannes Cataneus, civis noster; quem miramur etiam sine lireris ac precibus nostris liberatum non esse. Nota est familia Catanea januensis, adeo ut nomen satis probare videatur eum esse jmuensem. Precamur igitur Majestatem vestram, ut, pro justicia et mutue pacis observantia, iubere dignetur, ut Johannes ipse cum suis bonis statim liberetur. Quod quamquam per se fieri debeat, ita iubente justicia, nos tamen accipiemus loco beneficii; parati semper in omnem dignitatem vestram. Data XVI Octobris MCCCCLX. Ludovicus de Valle regius etc. et Consilium. Ibid. — Lettera al console per lo stesso oggetto. « Se per la liberazione del Cattaneo si obiettasse eh’ egli fece « lunga dimora in Maiorca, come in suo domicilio, rispondete, che « noi sappiamo eh’ ei ritornava in Genova, e finora il suo nome « stette scritto nei registri delle avarie pubbliche. Procurate con « ogni diligenza di farlo liberare. » — 2Ó4 — I I. (LitUrarum, reg. 22, n. g. 179S, p. 6r). Lettera della Signoria al Re di Tintisi. 1460 - 12 novembre. Excellentissimo et potentissimo principi domino regi Tunetis et Africe etc. Forsitan non est satis notum Excellentie vestre, potentissime et excellentissime princeps, qui sit illustris dominus Sigismundus Pan· dulfus de Malatestis (1). Raro enim eius subditis ad regna.vestra navigare contingit. Sed est dominus iste in Italia plurimum potens, multis ac nobilibus populis imperans. Hic vehementer cupit e regnis vestris educere equos cursores tres aut plures, nosque maximum in modum rogavit, velimus operam dare cum Majestate vestra, ut hec illi licentia concedatur : propter quod precari statuimus Majestatem vestram et quanto efficacius possumus deposcere, ut pro sui humanitate dignetur hanc licentiam saltem trium equorum huic domino, amicissimo nostro, liberaliter dare. Nam nobilitas et virtutes eius magne sunt et magna merentur. Et licet ipse id accepturus sit loco grandis beneficii, nos etiam volumus obbli- (i) Sigismondo Pandolfo Malatesta, figlio di Pandolfo Ili e genero di Francesco Sforza, fu signore di Rimini dal 1428 al 1468. (Vedi su di lui Cesare Cantù, Storia Universale, lib. XIIIJ. gatos recidi pro eo; quod si vestra Sublimitas aliquid a dominatione sua peteret, cupide gratificabitur petitionibus Majestatis vestre. Data XII novembris MCCCCLX. Ludovicus de Valle, regius etc. Se gue lettera al console, stesso oggetto. — « Antonio dell' Ar-« mellina, Simone Taddei e Antonio Specia qui vengono per «conto del Malatesta; abbiateli raccomandati d’opera e di consi-« siglio, come fossero de’nostri; intercedete per loro presso il re, « dicendogli che considereremo tal piacere come se fatto a noi; e, « se desiderate fare cosa a noi grata, in ciò adoperatevi con ogni « studio ed arte, sicché il re conceda la desiderata licenza. » Ibid. — Segue salvocondotto pel sicuro viaggio dei suddetti tre procuratori. - 266 - 12. Supplica di Giovanni Gregorio Stella alla Signoria contro Γ alcaid di Tunisi, che gli estorse merci.· 1470 (1). Vobis magnifico et illustri d. ducali in Janua locumtenenti et gubernatori, vestroque magnifico d. antianorum consilio humiliter et devote supplicatur pro parte devoti sei vitoris et civis vestri Jo· hannis Gregorii Stelle: Quod, cum ipse longo tempore moram traxerit in Tunete mercaturam exercendo et aliis locis regni illius, essetque in loco Constantine, ex quo certas merces extrahebat palam et sine ullo discrimine, arcliaetus loci illius, dicens eo tempore imminere regi suo quandam necessitatem, de facto abstulit ipsi Jo· hanni Gregorio inter cetera balas vigiliti pannorum lane ct telarum albarum, illasque in castelum exportavit. A quo cum satisfactionem habere non posset, querelam detulit ad regem, qui, cognita veritate, R cit se ipsius Johannis Gregorii de valore ipsarum mercium debitorem et assignavit ei satisfactionem in introitu et exitu duane sue pro illis videlicet mercibus, quas ipse Iohannes Grego· rius nomine suo intromitteret vel extramitteret. Qua assignatione non obstante, cum dominus duane non permitteret ipsum Johan-nem Gregorium excusare, ipseque Johannes Gregorius, neque a consule qui tunc erat, neque a mercatoribus ullum habere posset favorem (quia illic nulla cura est communis boni, sed omnino ad (1) Questo documento, con i due allegati che qui in seguito produco (Doc. 13 A, 13 B) trovato nelle filze di Cancelleria della Rep., fu più convenientemente collocato nella busta Africa n. g. 2774 C. Manca della data del mese, di cui per contro sono muniti i due suddetti allegati. — 26η — privata redacta ; quod est potissima causa quod mercatores januenses illic male tractantur), ipse Johannes Gregorius, necessitate ductus, convenit se cum domino duane dare sibi vigintiquinque pro centanario de eo quod cxcusaret, pro quo ipsi domino duane solvit duplas septingentas in circa, et ultra, alias ducentas pro aliis mangiariis (i) in diversis personis, ut excusaret creditum suum ; de quo tamen excusare non potuit ultra duplas duomilia ducentas in circa, licet creditum suum esset duplarum quattuormillium in circa. Et, hoc non obstante, dominus duane invenit sibi, ut vulgariter dicitur, ajhiacho (2); quod ipse Johannes Gregorius excusaverat alias merces quam suas proprias, et ob id coegit eum ad restituendum duplas septingentas, nulla facta etiam ipsi Gregorio restitutione de eo quod dicta occaxione habuerat ; volebatque cogere ad restitutionem residui, nisi ipse Johannes Gregorius, videns se esse in magno periculo et auxiliatorem non habere, discedendi ex eo regno consilium cepisset. Et ultra, ipse dominus duane, dicens velle videre cedulam quam ipse Johannes Gregorius habebat de assignatione sibi facta, quam ipse Johannes Gregorius sine suspictione sibi reddidit, retinuit eam, nec amplius voluit ipsi Johanni Gregorio eam restituere. Ex quo recursum habet ad illustrem Dominationem vestram, humiliter supplicans, ut dignetur scribere dicto regi litteras super his opportunas, et cum talibus verbis, ut rex ille materiam habeat ipsi Johanni Gregorio non injuriam faciendi : ac insuper, litteras ad consulem qui illic est, quatenus ipsum Johannem Gregorium cum dictis litteris regi presentare velit, ac etiam presentibus aliis duobus mercatoribus, qui non sint impliciti cum curia illa. Et ibi consul exponat ipsius Johannis Gregorii injuriam procuretque omnibus modis, prout facere debet, quod ipsi Johanni Gregorio de justitia ac satisfactione provideatur. Et ad hec facienda [Dominatio vestra] ita moneat consulem, qui non ob aliam caudam >llic tenetur nisi pro defensione Januensium, ut operam adhibeat necessariam; et sub aliqua pena, quia a certo tempore citra consules pro sua (1) Vedi pag. 205. (2) Non saprei spiegare il significato di questo vocabolo, molto probabilmente arabo. Parrebbe qui usato nel senso di pretesto, 0 piuttosto ancora di frode, baratteria. — 268 — proprietate se cum curia regia immiscent, vel non audent vel non volunt mercatores tueri ac eorum negotia procurare : quod causam omnium malorum que in eo regno proveniunt parturit. Nec consules estimant litteras, propter hoc, que a Dominatione vestra sibi scribuntur ; quod est prorsus indignum et ex omni parte damnosum. Vel aliter illustris Dominatio vestra et Magnificentie vestre de remedio sibi provideant, ne hoc modo tam aperte iniu-riam simul et damnum accipiat, sicut non putat esse intentionis Dominationum vestrarum. Insuper, cum inter ipsum consulem, qui nunc est, et ipsum Jo-bannem Gregorium quedam intervenerint pi o quo merito ipse Johannes Grego ius de eo consule dolere potest, et juditium suum sibi esse suspectum, habeatque ipse Johannes Gregorius certas causas cum aliis mercatoribus januensibus qui in illo regno sunt, quos pericolosum ipsi Johanni Gregorio esset sub eo consule convenire; dignentur Dominationes vestre providere quod dicti mercatores in Tunete residentes, exclusis illis cum quibus est causam habiturus, constituant ipsi Johanni Gregorio duos ex numero ceterorum aliorum mercatorum quos voluerint ac putaverint jdoneos, qui ipsi Johan ni Gregorio in quibuscumque causis suis, durante tempore pre-sentis consulis, justitiam pro more consulis ministrent ; vel si Dominationibus vestris hoc facere non placeret, quod placere potest, quia illic sunt ibi boni et honesti mercatores, saltem dignentur statuere ac declarare, quod ipse Johannes Gregorius a sententia seu a sententiis ipsius consulis appellare possit ad Dominationes vestras, vel ad dominos Sindicawes aut alios de quibus Dominationibus vestris videbitur; propterea quod aliter dictus Johannes Gregorius justitiam consequi non posset ; quod vestre Dominationes velle non debent, quibus humiliter se comendat. — 269 — I2A. (Allegata al documento precedente). Lellera della Signoria al Re di Tunisi. 1470 - 30 luglio. Serenissimo ac potentissimo principi ac domino metuendo d. regi Tunetis et totius Africe etc. Serenissime rex ac metuendissime domine.— Zohane Grigo Stella, carissimo nostro citadino, portadore de la presente, è stato in quello vostro regno molti anni alo exercitio dcla mercamia: de che è seguito, dovendo avere certi dinari dala vostra Maiestà, li fece assignatione in la doana, in la quale pudesse excusare lo so credito a certi tempi. In la quale cosa procedando, pare che dalo vostro se-gnore de doana li sia stada ptrturbada la soa assignatium, e non las-satoghe procedere a excusare lo so credito, corno era de ordine e voluntà de vostra Maiestà; imo ghe ha preixo la scriptura dela soa assignatium e constrecto a restituire grande parte de quello che già elio avea excus ido: per la qual coxa, vedendose recevere tanta injuria, è venudo de qua e a noi requesto sosidio e remedio per lo quale elio abia lo so debito. E però, non possendo noi credere che questo sia procedalo de voluntà dela vostra Maiestà, la quale è piena de justitia e per soa clementia a li nostri ha semper mo-strado e mostra amore, lo avemo confortado a retornare de là, essendo noi certi che la vostra Maiestà non li lasserà fare injuria: e cossi la pregilemo instantemente, che se degni fare bene intendere la lamenta soa. cossi in questa, corno de ogni altra coxa che è intexa, vogia provederghe che abia raxum e satisfacium de lo debito so, cossi corno requere la bona justixia e la paxe che è dala vostra Majestà a noi, nciò che li mercadanti nostri che sono in — 2 70 - quello regno non se possano lamentare e clic abiano materia cum bono animo e bona pace a procedere ala mercantia soa. In la quale coxa quantunqua noi non demandemo salvo che è justo e honesto e de bono costume dela vostra Maest;\, lo averemo tamen a grande gratia e piaxere; e per li vostri faressemo lo simile e molto piti quando bexognasse ; offrendose sempre a tuti li piaxeri de la vostra MajestA. Data Ganue die XXX Julii 1470. Conr.idus (1) et consilium etc. (1) Corrado di Fogliano fa due volte governatore di Genova pel duca di Milano: la prima, dal 28 settembre 1464 al 13 maggio Γ466; la seconda, dal 7 ottobre 146S al 22 agosto 1470. — 271 — 121!. (Allegatn al documento 12). Lettera della Signoria al console e mercanti in Tunisi. *47° - 30 luglio. Conradus et consilium. Spectatis viris consuli et mercatoribus nostris in Tunete commorantibus. Spectati viri nobis carissimi. — Videbitis supplicationem his inclusam porrectam nobis per Johannem Gregorium Stellam, carissimum civem nostrum, duo principaliter continentem : Primum quod ad injuriam sibi illatam per dominum duane illius serenissimi regis peitinet, et alterum circa suspictionem quam continet de jnditio consulis. Ad primum, si ita est prout ipse supplicat, mirum est quod vos omnes et presertim vos consul, cuius offitium atque cura ad hoc specialis est et esse debet, non aliud remedium perquisie-litis in re sua, quodque tam facile sinatis vos manifestissimis in-juiiis affici; ubi credere non possumus de mente serenissimi illius legis hec fieri, quem audimus justitiam quam maxime colere et recte. Hec negligentia vestra, vel privatus ad rem propriam affectus, facit, ut in his laqueis et in eis male sepissime incidatis ; quia, occurrentibus huiusmodi injuriis, si omnes simul una mente unoque auxilio remedium ab eo rege peteretis, consideretur vobis facile, ubi unitos vos ad non perferendas injurias esse sentiret. Et vos item, consul, si audenter ac libere pro mercatoribus pignaretis, mercatores non ita frequenter lederentur et vos officio vestro dignam operam faceretis. Quod si hucusque factum non fuit, ut id de cete 10 faciatis monemus, et hortamur vos ut promptius faciatis, nihil tamen attemptantes, nisi quod attemptari cum justitia et honestate possit, sub qua unusquisque petere debet quod libere vivar. Pro eo quod ad casum ipsum Johantiis Gregorii nunc pertinet, volumus quod vos, consul, cum duobus aliis mercatoribus ipsum Johannem Gregorium quam primum fieri possit coram rege pre-sentetis, cunctasque litteras, quas ad regem pro facto suo scribimus et quarum extractum his includimus, reddi: post quas vos, consul, ea verba adiciatis apud regem, que pro justitia ac favore ipsius Johan-nis Gregorii necessaria fierent ; et honeste dici et fieri a vobis ita, ut regia illa Majestas intelligat nobis curam esse quod mercatores istic nostri injuriam non accipiant. Et in hoc qu intum fieri a vobis possit contendite, ut ipsi Johanni Gregorio de justitia ac satisfactione provideatur, quod queri non possit et nos animo cogamur rei sue aliquo modo consulere, si injuria opprimi eum audiremus. Itaque agite demum ne dicere possit defuisse sibi operam vestram atque offitium, cuius prima ac potissima pars est nostros ab injuria de-fensare. In quo si aliter faceretis de suo interesse, ad nos vos agere posset et de vobis querelari. Ad partem vero suspicionis consulis dicimus, quod si vos mercatores, exclusis his cum quibus dictus Johannes Gregorius est caudas habiturus, intelligetis ipsi Joh.inm Gregorio inesse legitimam causam suspicionis dicti consulis ; eo casu, quia ista est apud vos consuetudo — ut audivimus hic ab aliis mei· catoribus nostris qui in eo regno conversati sunt — quod, in ca->u suspicionis consulis, alius per vos mercatores consul in causis alligantis eum suspectum [esse] eligitur, eo casu volumus, ut et vos idem, exclusis, ut diximus, illis ad quos pertinet, in hoc casu faciatis, advertendo virum eligere honescum et intelligentem. Data Janue die XXX Julii 1470. - 273 - Η · (Litterarum, reg. 25, n. g. 1801, p. 4) Lettera della Signoria all’ ambasciatori, console e mercanti genovesi in Tunisi. 1478 — 1 gennaio. Prosper Adurnus etc. et consilium etc. Nobilibus et egregiis viris oratori, consuli et mercatoribus nostris in Tunete. Nobiles et egregii viri nobis carissimi. — Hic homo presentium lator ex religione est Sancte Trinitatis, qui hoc pietatis opus precipue exercet, ut, si licet, captivos cristianos redimat a servitute Infidelium ; ob quam causam istuc accedit. Hortamur ergo vos, tum propter rei pietatem, tum propter nostros (si qui 111 aliqua calamitate sunt, quibus prodesse poterit), honorem, favorem et suffragia vestra (quantum poiestis) illi prebeatis et commendatum habeatis. Placebitis enim ex hoc Deo et nobis vehementer. Data Janue die prima januarii MCCCCLXXVIII. — 274 — ΐ4· (Litttraruin, reg. 2j, n. g. 1801, p. 16). Lettera della Signoria al console Raffaele Grimaldi o successore. 1478 — 25 gennajo. Prosper Adurnus etc. et consilium antianorum etc. Nobili viro Rapbaelli de Grimaldis, consuli nostro in Tunete, sive eius successori. Nobilis vir nobis carissime. — Comparuerunt coram nobis Lucia- nus de Rocha et Augustinus de Grimaldis, dicentes : se jamdiu esse creditores Ludovici, Mei hionis et Antonii Maroxiorum de notabili pecunie quantitate remque inter ipsos esse liquidam et sine ulla controversia, et tamen usque adhuc non potuisse habere satisfactionem ab eis, nec illa remedia que dari in eos solent et debent qui suis satisfacere iecusant creditoribus; sepiusque postulasse eos recludi in carcere, ut quod aliter facere non volunt hoc saltem freno compellantur, et tamen neque hoc remedium a vobis habere potuisse. Quod videtur nobis ab omni honesto alienum et plurimum adversari justicie ac fidei mercatorie que est etiam favoribus prosequenda. Ob id volumus quatenus ad requisitionem ipsorum vel agentium pro eis, si de debito non est controversia, recludatis dictos Maroxios debitores et quemlibet eorum in magazeno uno clauso in dughana, ex quo exire non possint, nisi satisfaciant ipsis creditoribus suis vel cum illis aliter se componant. Et, si hoc non permitteretur vobis ut facere possetis, post diligentiam a vobis exhibitam in obtinendo ab iis, qui tale remedium prohiberent, ut patiantur inter nostros justiciam fieri, sine qua mercatores nostri stare illic nec vivere pos- - 27) - sent ; hoc caso volumus, ut alligatas litteras nostras (i) serenissimo illi regi presentetis et verbis vestris sue Majestati suadeatis, ut provideat, ne forma justicie et jurisditio vestra per quempiam impediatur: pro quo includimus in his extractum ipsarum litterarum, ut intelligatis quid nos scribimus regi, et vos in hanc sententiam dicere et operam dare pro remedio huius rei possitis. Data Janue die XXIII januarii MCCCCLXXVIII. (i) Vedi documento successivo. — 2η 6 — 14 A. (Allegala alla precedente) Lettera della Signoria al Re di Tunisi. 1478 - 23 gennajo. Serenissimo principi ac metuendissimo domino d. Regi Tunete et totius Africe. Serenissime Rex et domine metuendissime. — Li nostri mercadanti li quali st.ino in quello vostro regno non fanno poche coxe in la merc.itia, la quale, cossi corno se fa cum grande fede, cossi bixogna de bona justixia e favore quando alcuno non vole fare quello che se convene. Questo si è uno de li principali respecti perchè tegniamo lo nostro consulo lì, a ciò che a li casi occurrenti possa provedere; e cossi senio certi sia ia voluntà de la Vostra Maestà, la quale è justissima in ogni coxa. Alcuni nostri mercadanti de qui deno havore bona summa de denari da trei fradelli nostri mercadanti chi sono lì, cioèLoixe, Melcliio e Antogno Maroxi, e de poi multo tempo non hano mai possuto bavere alcuna satisfactione, de che se doleno e ancora ne reportano grande jactura, e pel' questo dixeno havere requesto alo nostro consulo che li facia metere in destrecto, corno la raxum e la justicia vole e usansa, e pare che alo consulo sia stato facto qualche prohibicione che questo effecto non sia seguido. Il perchè preghemo instante menti la Vostra Maestà che se degne provedere che Γ offitio e la jurisditium de lo nostro consulo non sia perturbata, ma piuttosto datoge (datogli) ogni favore che elio possa fare justicia e tenere li nostri mercadanti in bono e honesto vivere, cossi corno senio certi sia la voluntà de la Maestà Vostra, la quale in ogni sua coxa è justissima; e ordinare che lo nostro consulo li possa far mettere in uno magazeno - 277 - in dogana, de onda non possano essire, se non se concordano cum li soi creditori. La qual coxa non solamenti noi haveremo grandementi caro, ma etiam ser;\ utile a la negotiatium de lo vostro regno, vedendo che in quello se serve bona justicia e ogni bona via de vivere honestamenti : offerendose sempre in ogni honore e piaxere de la Vostra Maestà, ala quale se recomandemo. Data Janue die XXIII januarii MCCCCLXXVIII. Prosper Adurnus etc. et consilium etc. — 278 — Ι5· (Litterarum, reg. 25, η. g. 1801, p. 51 v.) Lettera della Signoria al console Raffaele Grimaldi. 1478 — 16 febbrajo. Prosper Adurnus etc. et consilium etc. Nobili viro Raphaelli de Grimaldis, consuli nostro in Tunete. Nobilis vir nobis carissime. —Johannes Gregorius Stella, civis noster, qui illic nunc mercator est, conqueritur molestiam sepe inferri ei in sua piscatione tunnorum contra justiciam et pacta, sub quibus tale jus piscandi asserit ab illo serenissimo domino rege emisse. Etsi non sit opus hortari vos ad justiciam et ea officia que ad vos pertinent ne quispiam ledatur, hortamur tamen vos ut ad justiciam in omnes equaliter ita promptus sitis, ut de vobis nemo queri possit et mercatores inter se quiete et honeste vivant. Data Janue XVI februarij MCCCCLXXVIII. Ibid. — Lettera, per lo stesso oggetto, al Re, con preghiera egli voglia provvedere che si faccia ragione al suddetto Giovanni Gregorio Stella, e non ingiuria, di guisa che ciascuno abbia il debito suo. — 279 — ϊ6. (Litterarum, reg. 26, η. g. 1802, p. 6 v.) Lettera della Signoria ai massari e mercanti genovesi in Tunisi. 1480 - 4 febbrajo. Baptista etc. (1) et Consilium etc. Massariis et mercatoribus nostris januensibus in Tunete. Nobiles et egregii viri nobis carissimi. — Accepimus litteras vestras datas die septima decembris elapsi, per quas videmini dolere de solutione pecuniarum vobis commissa pro facto legationis gal-lice eo quod dicitis, massariam illam esse in magno debito, pro quo petitis non gravari amplius eam, quam utile est semel permittere ut sit exdebitata, ubi postea perferre poterit commodius quodeumque onus illis imponetur. Consultavimus de re ipsa cum multis mercatoribus ex illis qui illic negotiantur, quorum sententia fuit,non esse novum onus mercibus ad presens imponendum ; sed, si vos gravat illa solutio inter vos mercatores, pro rata subvenite massarie, excusandum postea in iis que recuperari ex consueta impositione continget. Nam be naves que venture sunt magnam partem oneris huius sublevabunt. Postea alia consultius agemus pro exdebitacione dicte massarie, si opus fuerit, pro qua nullam novam impositionem, ut jam diximus, faciendum pro presenti censemus, et per alias scribemus vobis quid in premissis egerimus. Data Janue die Illi februarii MCCCCLXXX. (1) Battista di Campofregoso, di Pietro, eletto doge il 26 novembre 1478, fu deposto il 25 novembre 1485. — 28ο — !/· (Litterarum, reg. 26, n. g. 1802, p. 7) Lettera della Signoria al di Tunisi. 1480 — 7 febbrajo. Regi Tunetis. Serenissime rex et domine metuendissime. — Se sono lamentati a noi multi nostri citadini, da alcuno tempo in'qua non essendo bene tractati da 1; officiali de vostra Maestà, nè reportare quelli favori et remedii li quali sareano convenienti ; il che dà despiaxeire a 1 animo et edam maravegia, perchè lo trafego de li nostri in quello vostro regno dà pure utile non poco ali populi vostri et ale intrade de Vostra Maestà. Et fra le altre cose dixemo che sono agni XVIII che Johanni Gregorio Stella, nostro citadino, non pò bavere pagamento de quello resta bavere da vostra corte et da multi vostri alcaiti, quo non obstante questi jorni passati è stato tenuto per vostri officiali in prexone in castello circa mexi V per denari che non ve deiva dare. E più che, saendo stato prexo l’anno passato da corsari a la sòa tonara de Nubia (1), Andrea, figio de Raphaele Catalano, per essere cabato (sic) e sotto del nostro signor de dugana senza comandamento vostro e senza licentia del vostro consolo e contra voluntà de’ soi figliuoli ge ha preizo a Nubia tuti soi beni; per li quali e per raxone de dieta tonara non po avere raxone contra lui, la quale cosa molto ne agreva (2) e dà grande admiratione per la bona justixia che sole fare vostra Segnoria, nè possemo credere questo proceda da vostra Maestà, nè da li vostri officiali ; perchè preghemo vostra Maestà se degne (1) Nubia — Fra Susa c Aklibia 0 Kalybia (Clypea). (2) Ci dispiace. - 281 — dare tale commissione a qualche vostro servitore che facia presto pagare Johanne Gregorio, specialmente da dicto Andrea, aciochè nel primo passagio possa vegnire a noi corno havemo comisso al consolo nostro, et l’averemo in grande piacere et generalmente per vedere che ali nostri sia facto bono portamento e il debito da ognuno; perchè saria impossibile stare li, se non ghe fosse fato lo debito da li vostri, quando sono soi debitori : offerendose sempre in ogni cosa grata ala vostra Maestà. Data Janue die VII Februarii MCCCCLXXX. Baptista etc. et Consilium. — aSz — 18. (Litterarum, reg. 26, n. g. 1802, p. 72 v.) Lettera della Signoria al %e di Tunisi. 1480 — 28 aprile. Regi Tunetis. Serenissime princeps ac metuendissime rex. — Como per altre havemo già scripto ala Maestà vostra, noi desideremo assai che li mercadanti nostri li quali negotiano lì in quello vostro regno vivano fra loro honestamenti et cum bona justicia; perla quale per benignità de la Maestà vostra tegnano lì lo consulo nostro. Acio-chè segua questo effecto, redendose certi che quando bixogna vostra Maestà ghe preste ogni so favore et lo so braso, perochè al-tramenti non ghe poniamo stare, et cossi, corno la raxum et ogni bona uzansa vole, quando uno non pò pagare convene ghe sia assignado la prexum, per la quale sia constrecto de fare lo so debito; cossi pregemo la Maestà vostra che se degne essere contenta et provedere, che lo nostro consulo, quando accade, possa fare tale effecto, et specialmenti tra li nostri, li quali in tale caxo possa fare inetere in prexum in uno magazeno ferrado in dogana, de unda non possano uscire sensa la voluntà de lo so creditore; et se per qualque caxum questo effecto fosse prohibio a lo nostro consulo che elio non lo podesse fare, vostra Maestà se degne farghe bona provisium, sì che li nostri mercadanti intendano non esser-ghe manchado de bona justicia quando accadesse el bixogno. Perochè per quanto apartene a noi ne piaxe molto che tuti li nostri seano patienti a la raxum et alo honesto, perochè quando alzamenti se facesse, che semo certi non sea de mente de la Maestà vostra, li nostri manchereano de oppinium de mandare de le soe - 283 - m irca n ti e de li, vedendo non podere haverne pagamento da li soi debitori. De che haveremo a caro che vostra Maestà se degne responderne quale se sia circa ciò la mente soa; offerendose sempre in ogni che sea in piacere de la Maestà vostra. Data lamie die XXVIII Aprilis MCCCCLXXX. Baptista etc. et Consilium etc. Ibid. — Segue lettera al console Francesco D’Oria, stesso oggetto — « Vedrete dalle incluse che cosa scriviamo al re. Curatevi del « rimedio ; altrimenti non sareste vuoto di colpa. Se alcuno v’im-« pedisce di tener chiusi gl’ insolventi, ricorrete al re, che non ri-« fiuterà favore, maxime cum videat nos summo studio id optare ; « persuadendolo che senza ciò il traffico non andrebbe avanti. Fate « che nessuno dei nostri abbia di che lagnarsi ». - 284 - χ9· (Litterarum, reg. 27, η. g. 1803, p 17 v.) Lettera della Signoria al console genovese in Tunisi. 1481 — 15 settembre. Baptista etc. et officium maris. Consuli Januensium in Tuneta. Spectate vir nobis carissime. — Quoniam data est nobis cura tute navigationis lignorum omnium januensium, ita duximus esse nostri officii noticiam vobis dare de his que nunc audivimus, ut, edocti nostri litteris de eo quod senserimus, quid agere quidve vitare possitis melius sciatis. Intelleximus nunc veris relatibus Barellinone deductas esse naves quinque novas non spernende magnitudinis, quarum quattuor jam arborem imposuerunt et que quanta possunt celeritate reliqua parant, expediuntque ad navigationem, nec quo ire debeant novit quisque; que res, quanto obscurior, tanto nos reddit magis solicitos. Nos, etsi possent inducie ultimo loco Neapoli contraete interventu serenissimi regis Fcrdinandi cum sacra regia Majestate Aragonum securos et sine sollicitudine reddere, presertim quia, quod in nobis fuit, servavimus eas integre; tamen, quia oblata malefaciendi oportunitas aliquando homines ad malum inducit, et ab utraque parte sunt illata damna, presertim a triremibus ; decrevimus vos de hac re certiores facere, ut noticiam omnibus lignis januensibus in illis partibus venientibus, utcumque sit, detis moneatisque nostri parte, ut caute navigent, nam in ea re, in qua bis errare impune non licet, circumspicere et cavere tantum non possumus quod pro re satis omnino sit. Data Janue die XIII Septembris MCCCCLXXXI. (Altra simile fu scritta al podestà e all’ ufficio di Scio). — 285 — 20. (Litterarum, reg. 27, n. g. 1803, p. 18) Lettera della Signoria a Francesco D' Oria, console genovese in Tunisi. 1481 — 1 ottobre. Baptista, Consilium et officium maris. Nobili viro Francisco de Auria, consuli Januensium Tuncte. Nobilis vir nobis carissime. — Per altre nostre kttere de qua-tordexe del passato ve havemo scripto et dato adviso de le novelle havemo dele nave de Barcellona, le quale se armano. Da puoi havemo havuto più fresche novelle, per le quale semo advisati come tre de quelle da 12000 in 15000 cantara si sono partite da Barcellona, et chi dice andate in Evisa (1) per carrigare de sale per andare a Napoli, et chi dice siano partite insalutato ; la qual cossa quanto la è più incerta, tanto più ne fa dubitare de loro, conosceando lo animo de’ Catalani verso la nation nostra, e maxime al presente habiandone essi Catalani prezo una nave de Jacomo Justiniano in le parte de Sardegna che vegniva de Sicilia carrigha de formagi e altre, vìctuaglie. Appresso avissa se armano due nave, le quale se dicano volere far corso contra Genoveixi, dele quale n’è una quella chi fo del dicto Jacomo Justiniano conducta 11 da corsali et venduta. Appresso [si osserva] horamai è el tempo che quelle nave de Spagnoli, Catalani, Biscaini e altre natione, chi sono state in favore del serenissimo re Ferrando ad Otranto (2), ritornano, da le quale non mancho a nostro judicio se può dubitare corno de quelle de Barcellona, attento la condicione de li homini che doveno essere in quelle, li quali doveno havere inanellamento de (1) Iviza. (2) Si allude all’impresa di Otranto contro i Turchi. — 286 — molte cosse, li quali se può dubitare assai le prenderiano in ogni loco. Ghe sono ancora molte caravelle portogaleize, dele quali, benché siano vaxelli piccoli, non se può se non dubitare; siando carrige de homini et altiagiarie. Tute queste cosse insieme ne fanu stare cum lo animo molto solicito, et però, habiando cura de officio de mare, havemo deliberato de tute queste cosse farvene noticia, acciò che ira tuti dagaino quelli rimedii se può a tal caxio. Se siamo convenuti cum lo nobile Theodoro Spinola, el quale manda uno leudo armato cum homini venti ... e el quale ha obligo fra quatro di, juncto lo leudo, de operare che L presente litt-ere cum le alligate vi siano date, de le quale corno vedeti ne havemo facto due copie chi sono adresate a lo patrone de la nave Giberta, per le quale potissimum havemo mandato dicto leudo, acciocché, se la nave ha-vesse a tochare a Tripoli o vero in altro loco prima che la venisse li, voi per fante proprio ghe la mandati et cossi vi incarrighamo lo faciati, et la speiza faremo vi sarà satisfata da esso patrone. A lo quale scrivemo che la paga lui cum altre speize le trarà da la roba che sarà in la nave, nori (i), corpo. L’altra [copia] voi tegni-reti presso de voi, et, justrata (2) li la nave, ghe la presentereti, et a quello narrereti tuto quello chi accade, et lo confortereti et strenzereti che navighe securo, et che, bezognando, facia additione de homini, cossi corno per le alligate li scrivemo, la cossa importando molto et publice et privatim, et però bezogna de bona provisione. Non ve diremo più avante, incarrigandove quanto possiamo a far bona diligentia che dieta nave sia secura. Data Janue, die prima octobris 1481. Ibid.c. 19. — Segue lettera all’egregio uo.no Desiderio de Lambertis patrone della nave, stesso oggetto e sostanza. — « Per provvedere alla salute vostra la prima via è di aggiungere uomini nella nave per difendervi al bisogno. Vi autorizziamo a crescere quel numero che vi parrà e a detrarne la spesa sulla nave, corpo e noli acquis portionibus ; anche la spesa del messo, se occorresse fosse mandato dal console di Tunisi. Mostrate ogni diligenza ecc. ». fi) Cioè «noli». 2) Giunta, approdata. — Vedi p. 166, n. 2. - 287 — 21. (Litterarum, reg. 36, n. g. i R r 2, p. 1 ;o v.J Elezione di Satorino Ursena a console di Bugia. 1494 — 15 dicembre. Augustinus Adurnus, ducalis Januensium gubernator ct locum-tenens et consilium antianorum communis Janue. Cum, defuncto E. Betholino Contena, consulo Januensium in civitate Bozie, necessarium et utile videretur novum consulem eo in loco diligere, et a plerisque nominatus fuerit vir egregius Sa-torinus Ursena, civis dicte civitatis Bozie, qui, preter alias virtutes, defensioni et negotiis Genuensium omnium afficitur, favoresque in omnibus causis civium et districtualium Januensium diligentissime prestare dicitur; idcirco liarutn litterarum nostrarum auctoritate constituimus, deputavimus ac elegimus ipsum egregium Satorinum Uersenam (sic) in consulem et pro consulo Genuensium ad dictum locum frequentantium et negotiantium et de cetero frequentaturorum et negotiaturorum cum honoribus, oneribus etc.... que ceteri huiusmodi consules januenses eo in loco Bozie retroactis temporibus habere et percipere soliti sunt. Approbantes etc... Mandantes quibuscumque patronis navium, navigiorum, triremium, biremium, ceterorumque vasorum genuensium navigabilium, ac aliis quibuscumque Januensibus in dicto loco Bozie existentibus ac commorantibus, negotiaturis et frequentaturis, quatenus ipsum Satorinum in consulem et pro consule Januensium accipiant etc.... ei ei de salariis etc.... consuetis temporibus respondeant etc... Data Genue die XV dicembris 1494. - 288 - 22. (Litterarum, reg. 52, n. g. 1828, p. 57 v.) Lettera della Signoria a Gasparo Donato, ambasciatore a Tunisi. 1508 — 5 gennaio. Rodulphus (1), Consilium et officium Tunetis. Spectato viro Gaspari Donato, oratori apud serenissimum regem Tunete nobis carissimo. Spectate vir nobis carissime. — Havemo inteizo como è pervenuto certa quantità de olei in voi per caxione de lo dano hauto per nostri; la qual cossa ne dà speransa de meglio. Però vogliamo e vi ordinatilo che mandate lo percevuto de dicto oleo e cossi etiam ogni altra roba che voi havessi Imito per cagione de dicto danno 0 ala jornata ve accade havere, al modo che vi diremo da basso e secundo che accaderà la oportunità de li passagi, a Venezia a Frederico Nicrono e Ottaviano de Grimaldis, in Palermo a Francesco e Pileo da Marinis, in Napoli a Battista Lomel-lino e compagni aut Augustino Lomellino e compagni ; e a tutti questi, secondo accaderà, a nome nostro ; avizandone de quello fareti ; e noi, poi, prenderemo quella forma che ne parà ; e le adri-sercti a noi officiali de Tunexe. In reliquis avisaùne continuamente de quello che ala jornata faretti aut siate per fare. Data Janue die V Januarii 1508. (1) Vedi pag. 239, nota. INDICI INDICE GENERALE ALFABETICO A Abd-el-Mumen, fondatore del regno degli Al-Mohadi: denari di, p. 130. — re di Tunisi, 101. Abdelia, specie di doppia, 130, 227. Abd-el-Oaditi, V. Beni Zian. Abelfos Dafar, 169. Aben Sichari, personaggio moro, e questione relativa, 39, 41 e s., 145, 148. Abitazione degli ambasciatori genovesi in Tunisi, 68. Abu-Abd-Allah, re di Tunisi, 21, 43. Abu-Abd-Allah-el-Montasir, re di Tunisi, 49, 167. Abu-Abd-Allah-Mohammed, re di Tunisi, 101, 1x4 e s., 130, 214, 223. Abu-Bekr, re di Tunisi, 21. Abu-Fares-Azuz, re di Tunisi, 26, 28 e s., 42, 49, 168, 202, 223. Abu-Hafs, re di Tunisi, 43. Abu-Ismail, re di Granata, 73. Abul-Abbas-Ahmed, re di Tunisi, 2t, 23, 26 e s., 28 e s., 168. Abul-Hasen, imperatore merinita, 2t. Abu’l-Ola, cid, 68. Abu-Omar-Othman, re di Tunisi, 49 e s., 65, 80, 91, iot e s., 103, 202 e s., 223. Abu-Zecheria-Yahya, prefetto di Gabes e re di Tunisi, 20, 43. Abu-Zecheria-Yahya, re di Tunisi, toi, 114. — Suo proclama, icft. Acoletus, V. Acoloriti. Acoloriti, 45. Aliai ardo Opizzone, 43. Adorno Agostino, doge di Genova, 105, 191. — Antoniotto, doge di Genova, 24, 28. Adorno Antoniotto, governatore di Genova, 29, 139. — Prospero, governatore di Genova, 273 e s., 277 e s. — Raffaele, ammiraglio, 24. — — doge, 53, 58. Adriatico, mare, 72. Aicardi G. B. di Porto Maurizio, 79. Ajhiacho, 267. Aimerico Gio. Antonio, patrone, 119. Africa, denominazione, 20. — V. El-Me-hadia. Alassio, 89. Albaro, Antonio de, ufficiale 'di Tunisi, 117. Ai biboser Ialcair, 169. Albissola, Merega Pietro di, prigioniero, 76. — Bertono dell’isola di, prigioniero, 76. Aixus, V. Acoloriti. Alessandria (Egitto), 32, 34 e s., 53, 88, 93, ut, t(6, 120, 233 e s., 238, 240. Algarve, V. Magreb. Algeri, 90, 119. — Penón d’, 192. Algeria, 20 e s. Allegro G. B., prigioniero, 107, 114, 218. Allume, 61. Al-Mohadi, impero degli, 19. Alzate, Opizzo di, governatore di Genova, 50. Ambasciatori genovesi a Tunisi, 27 e ss., 33, 38 e s., 41 e s., 43, 47, 54 e s., 67, 79 c s., 84, 88 e s., 92 e s., 96, 103, 105 e s., ito e ss., 114, nòe ss., 140, 143 e s. — V. Istruzioni. Ambasciatori mori a Genova, 64, 65 e ss., 115 e s., 222 e ss., 232. Ambrosio Giuliano, di Rapallo, prigioniero, 76. Amigdala, Simone de, ufficiale di Tunisi, 113, «7-Andora, Antonio da, 93. Andros, saccheggiata dai Genovesi, 48. Angui Giovanni II d’, a6t e s. — Renato 1 d’, 50, 249, aót.— Isabella, moglie di Renato I d', 249, 261:. — Renato II d’, 94. Antagonismo fra Genovesi e Veneziani, 48, 89. Anziani, 139 e s. Appaltatori di diritti in Tunisi, 52, 56, 78, 84, 87, 91, 96, 102, 153 e s. — di gabelle a Bona, 95, 186. — delle pescherie di Marsacares, 105, 112, e s. — di tonnare, 278, 280. Appalto di diritti sulle importazioni ed esportazioni di Tunisi. — Diritto vecchio, 55 e s., 78, 102. - Diritto nuovo, 78, 102. — Diritto di un ottavo, °[0, 84. — Diritto di un quarto °10, 96. Appiano Jacopo, signore di Piombino, 41, 148. Aragona, Alfonso di, 50 e s., 73, 8ο, T51, 162. Arcaito di dogana, 91. Archidona, presa dagli Spagnuoli, 73. Arcipelago, 72. Argentaro, monte, 90. Argento, 45, 57, 170, 175. Arifj, giudei, 229 e s. Armate contro gl’infedeli, 24 e ss., 34 e s., 94, toó, in, 202, 209. Armellina,“Antonio dell’, 265. Armi, V. Pugnali. Arzilla, presa dai Portoghesi, 73. Ascasato Gerolamo di S. Remo, prigioniero in Africa, 40. Assereto Biagio, ammiraglio, 50. Atti dei Mori contro i Genovesi, 52, 63, 76 e s-, 89 e ss., 95, 97, 107, in, 114, 121, 159, 198, 207 e s., 216, 225 e ss., 24 :, 243, 255, 257 e s., 266-272,'280. Atti dei Genovesi contro i Mori, 64, 68 e s., 93, 119, 188, 234 e s. Aumento del commercio, 71. — della pirateria, 71. Aureus, moneta, 129. Aza, Giovanni dell’, in. B Bau-el-Baar, porta di Tunisi, 68. Bairut, saccheggiata da Buccicaldo, 34. Balaran I.uca, V. Valcrano. Bai ia, ufficio di, 112. Banchi, 56. Barbarossa Kheir-ed-din, pirata, 50. Barca Giovanni di S. Remo, prigioniero, 40. Barcellona, 284 e s. Barichoc, prigioniero, 40. Barraba Antonio di S. Remo, prigioniero, 40. Belforte Giovanni, conte di Derby, 25. Bel prato, Simonetto di, ambasciatore siciliano a Genova, 94. Beni-Hafs, 20. Benimali, signor di dogana, 227. Beni Zian, 20, 50. Berat, 59. Berrino Antonio di S. Remo, prigioniero, . 4°· ... Bestagno Gerolamo, ufficiale di Tunisi, ΙΪ3- Biblioteca in Tunisi, 50. Bisante, moneta, 130. Biscaini, 94, 285. Biscotto, 59, 175. Biscra, 119. Biserta, assalto di, 106, 124. Boccardo Francesco di Celle, prigioniero, 76. Bona, re di, 91, 95. io7, l86· — arcaito di, 89. — impresa progettata contro, 105, 191, 194 e s. — appaltatori genovesi delle gabelle in, 95, 186· — disposizioni relative al commercio di, 43, — prigionieri a, 107, 162, 198. Bonavey Luchino, ambasciatore genovese, 27 e s., 140 e s. Bonifacio, abitanti di, prigionieri in Africa, 40, 41, 76 e S.,*I44, 147, i84ì danneggiati dai Mori, 52. Borbone, duca di, 25 e s. Borgogna, tele di, 45. — duca di, 249. Bosono Domenico, de Struppa, anziano, 139 e s. Botrun, saccheggiata da Buccicaldo, 34. — 29 J — Bracelli Jacopo, cancelliere della Keput-blica> 37, 150. - Niccolò, console di Tunisi, 38, }θ, 133. Breso Antonio di S. Remo, prigioniero, 40. Bucasam Cabei i, signor di dogana, 69. Buccicaldo, sue imprese in Oriente, 34 e s. relazioni di Genova con Tunisi sotto, 35 e s. Buffers, 29. Bugia, sede di pirateria, 23. — principi di, 21, 50. — presa dagli Spagnuoli, 124. — disposizioni relative al commercio dei Genovesi con, 43. — prigionieri a, 40, 89. — abitanti di P. Maurizio portano via Mori di, 234. — estorsioni, sequestri fatti ai Genovesi dalla curia e dal re di, 255, 257. — consoli di, 287. c Cà de' Martori, Tommasino da, 90. Cafisso, 45. Caid, V. Arcaito. Cairo, mercanzie di, 32. Calabria, duca di, 95. Calvi, abitanti di, prigionieri in Africa, 40, e s., 63, 144, 147, 184. Calvo Simone, console in Tunisi, 75, 134. Camali, 174. Cambio Bolognese, ambasciatore a Tunisi, 38 e s. Camogli, Pcllerano Antonio di, 142. — Tommaso di Pietro da, prigioniero, 218, 227. Campofregoso, V. Krcgoso. CANDIA, T20, 240. Cannella, 45. Canovino da Corniglia, 90. Capitani della libertà, 51. Capitoli sui diritti di Tunisi, 56 e s. Capo Corso, abitanti di, prigionieri in A-frica, 40, T44. Capo di Buona Speranza, conseguenze della sua scoperta, 100. Capo Rosso, 6r. Capraja, abitanti di, prigionieri in Africa, 40 e s. Cardò, re di Tunisi a, 207. Carignano, 117. Caristo, conquistata dai Genovesi, 48. Carlevario Raffaele, prigioniero, 40. Carlo V, sua impresa contro Barbarossa, 5°· Carlo VI, re di Francia. V. impresa di El-Mehadia. — re di Francia, signore di Geno%-a, 31. Carlo VII, re di Francia, signore di Genova, 80, 261: e s. Carne salata, 76. Carretto, Galeotto del; arma navi contro i Mori, 51. Casana Antonio de, membro di Commissione, 79. Battista de, nave di, 60 — Gasparo de, membro di Commissione, 65· — Pantaleone, prigioniero, 218, 227. Casella Bernardo, protettore delle Com- pere di S. Giorgio, 96. Caserio Giacomo, 190. — Gerolamo, 190. Castagna Antonio, anziano, 139 e s. Castello il Piccolo, 73. Castiglia, re di, 73, 258. Castro, Corrado de, ambasciatore genovese, 43. Catalani 61, 64, 2 [9, 285. Catalano Andrea, 280. — Raffaele, 280. Cattanea, nave, 104. Cattaneo Carlo, 66 e s., 159. — Filippo, membro di Commissione, 66; — id. 55- — Francesco, 90, 91. — — qm. Cristoforo, 227. — Franco, 78. — Giacomo, protettore delle Compere di S. Giorgio, 96. - Giovanni, 263. — Niccolò, 117. — Quilico qm. Franco, appaltatore del nuovo diritto di Tunisi, 78; iti. 87,"91. Cattura di Cristiani. — V. Prigionieri, di Mori, 64, 78 e s., u6 e ss., 119, 188, 234 e s. Cavacia, Gio. Antonio, 217. Cavalli, 264. Celin, moro, 218. Celie, abitanti di, prigionieri in Africa, 76. Cengio Leonardo, arma galee in Napoli contro i Mori, 51. — 2 23ci 24[, 243- — pirati corsi, 77, 262. Corte, Baldassarre della, governatore di Genova, 82, 177. Cortogoli, pirata turco, 106, 124. Costantina, re di, 91, 182 e ss. — 29i - GoSTANTINA, 2*>5- Costantinopoli, influenza della presa di C. sulle relazioni fra Genova e Tunisi, 71. Credenza, Tommaso di, cancelliere della Repubblica, 37, 141 e s. Crediti dei Genovesi verso il re e la curia di Tunisi, e il re di Bona e Co-stentina, 87, 91, 95, 182, 186, 252, 280. Cristiani nativi di Tunisi, 68. — forestieri in Tunisi, 68. Cuoi, 61, 76, 260. D Damasco, mercanzie di, 32. Debiti del re e della curia di Tunisi, del re di Bona e Costantina verso i Genovesi, 87, 91, 95, 182 e ss., 186, 252, 280. Decenum, o Decimo, diritto di dogana, 44. Denarius aureus, moneta, 129. Deputazioni, V. Commissioni. Derby, conte di, 25. Diaria, data dalla repubblica agli ambasciatori mori, 65. — data dal re di Tunisi agli ambasciatori genovesi, 65. Digione, 249. Dinar, moneta, 129. Di-Negro Damiano, mercante, 251:. — Filippo, cons. in Tun., 79, 92, 86, 134. — Oliviero, console in Tunisi, 92, 134. — Pcllegro, console in Tunisi, 70, 134. Di-Negro, portico in Genova, 56. Diremo, moneta, 131. Diritti della dogana araba sulle importazioni ed esportazioni dei Cristiani, 44, 59. 8t. — della Rep. sulle importazioni ed espor-taz. genovesi di Tunisi, 52, 55 e ss., 63, 66, 78, 84, 96, 102, 113. Diritto vecchio di Tunisi (I Compercttal, 55 e ss., 78. — nuovo di Tunisi (II Comperetta), 78. — di torcimania, V. Mursuruf. Discorso di G. B. Spinola in Consiglio, 82 e s. Divieti della Rep. ai suoi sudditi di trafficare con Tunisi, 37, 1:12, 209. Dodo Francesco di S. Remo, prigioniero, 40. 1 Dodo Giorgio di S. Remo, prigionero, 40. Dogana araba, privilegi concessi ai Genovesi relativi alla, 58 e s. Dogana, V. Diritti della dogana ecc. Doppia, moneta, 139. D'Oria Antonio qm. Oliviero, mercante di grano, 216, 220, 228. — Baldassarre, console in Tunisi, 76, 78, 134- — Battista, ufficiale di Tunisi, 113, 117. — Ceva, 94. — Costantino, console in Tunisi, 93, 134. — — protettore delle Compere di S. Giorgio 96. — Domenico, 119. — Domenico Bartolomeo, 79. — Filippo, 226. — Francesco, console in Tunisi, 93, 134, 283, 285. — Gerolamo, 93. — Giacomo, console in Tunisi, 93, 134. - Giacomo qm. Domenico Bartolomeo, membro di Commissione, 79. — Giacomo, anziano, 139 e s. - Giorgio, corsaro, 93. — Melchiorre, 113; sua nave, 65. — Niccolò, corsaro; cattura della sua nave nel porto di Rodi, 53 e s. — Peretta, Signora d'Oneglia, 119. — Stefano, capitano, 6t — — 250. — Tedisio, mercante, 251. Drictum, V. decimo. Droghe, 32, 45. Duca di Calabria, 95. — di I.orena, 94, 249. — di Milano, 37 e s., 47 e s., 50 e s., 60, 66, 80, 89, [02, 151, 168, 175. — di Borbone, 25 e s. — di Borgogna, 249. E Egitto, emporio dell’estremo Oriente, 73. — commercio dei Genovesi in, 88 e s., 99. — via commerciale dell’, 100. — sultano d’, 86, 89, [80. — ambasciatore genovese presso il sul- tano d’, 89. — navigazione di Buccicaldo sulle coste d', 34· V. Alessandria, j Ei-Bagi, storico arabo, 50, 218. — ’ g6 El-Mamln, califfo almoade, ao. Ei-Manera, porta di Tunisi, 68. El-Mehadia, spedizione di, 35 e s. El-Montasir, 49. Emmanueie il Grande, re di Portogallo, III. Esportazioni di Tunisi — V. Diritti della Rep. sulle importaz. ed esport. genovesi di Tunisi. El-bea, saccheggiata dai Genovesi, 48. Exbitatio di luoghi di S. Giorgio, 55. F I* Acio Raflaele, priore degli anziani, 139 e seg. Fasiagosta, collettore in, 155. Fedo, diritto, 44 e s. Feitro, V. Fedo. Fels, 352. Ferdinando, re, 94 e s. 284. Ferrara, 48, 94. Fiandre, diritto della Rep. sulle import, genovesi in Tunisi, Orano ed Hone dalle Fiandre, e viceversa, 56 e s. Fieschi Benedetto, ambasciatore genovese a Tunisi, 89, 92, 95, 181. — Gian Luigi, 109. — Giovanni, 76. — Oberto qm. Giovanni, prigioniero, 76. — Pietro Paolo, prigioniero, 107, no, 196, 198. Finale, marchese di, 51. Fiorentini e Firenze, 41, 45, 83, 148. F0GLIAN0, Corrado di, governatore di Genova, 270. Fondachi dei Cristiani in Tunisi, 68. Fondaco dei Genovesi in Tunisi, 58, 68, 177, 214, 224. Fondazioni pie in Tunisi, 50. Fontana Gerolamo, console in Tunisi, 118, I24> 135-Formaggio, 76, 285. F ornara, nave, 194. 1* ornari, Ballano de, console in Tunisi, 92, 134- — Niccolò de, commissario per affari di Tunisi, 84, 92. Franchi, 23, 25 e s. Franchi, Franco de, anziano, 139 e s. — Gerolamo, 56. Franchigie, V. Privilegi. Francia, re di, 2;, 31, 80, 109. Frati francescani, prigionieri in Atrica, 76. Fregoso Battista, doge di Genova, 93 e s., 279, a8i, 283 e ss. Fregoso Federico, arciv., 124. - Ludovico, doge di Gcvova, 258. — Melchione, console in Tunisi, 52 e s., 133- Paolo arciv. e doge di Genova, 79. — — governatore di Genova, 188. — — cardinale, 94. - Pietro, doge di Genova, 63 e s., 66, 75, 156, 161, 164. — Prospero, doge di Genova, 78. — Tomaso, doge di Genova, 37, 51 e ss., 249, 252 e ss. Frumento, tratta di, 45, 59 e s., 67, 69, 148 e s., 151, 158, 162, 165, 172, 176. — prezzo del, 45, 60. Frutta secca, 61. Fuserio Siretto di S. Remo, prigioniero in Africa, 40. — Giovanni di S. Remo, prigioniero in Africa, 40. G Gabes, prefetto di, 20. Gavi, Antonio Montaldo qm. Priano di, 142. Gemoxi, arcaito, 194. Genova, Piazza delle Vigne, 115, 222. — Porta del Marc, 117. — Carignano, 117. — Soziglia, 222. — Portico Di-Negro, 56. Genovini, 55. Gentile Guirardo, console in Tunisi, 38, 133. 143 e s. — Niccolò, 16 r. — Pancrazio, appaltatore del nuovo di- ritto di Tunisi, 78. Gerba, impresa di 24. -- tentativo degli Spaglinoli contro, 124. — ribellione di, contro il re di I unisi, 229. Ghisolki Brancalcone dei, 148, 252. Giano, re di Cipro, 34. Giberta, nave, 286. Gibilterra, presa dagli Spagnuoli, 73. GichaRi, 89. Gioielli, 57, 149, 170, 252. Giovanni II d’Angiò, governatore di Genova, 261 e s. — 297 — Girgenti, 107, 217. Giudei, 229 c s., 235. Giustiniana, nave, 83, 85, in, xi6, 177, 202, 209, 225. Giustiniani, Maona dèi, di Scio, 47. Giustiniano Andrea, no. — V. nave Giustiniana. . — Daniele, 56. — Domenico Antonio, anziano, 139 e s. — Giacomo, 285; membro di Commiss., 79. — Giovanni qm. Daniele, 56. — Lorenzo, membro di Commissione, 84. — Luchino, 190. — Martino, membro di Commissione, 65. — Niccolò, 6i, 66. Goano, Gerolamo de, patrone di nave, 115, 229, 234. Goletta, 63, 200, 218. Granata, diritto della Rep. sulle merci importate dai Genovesi in Tunisi dal rejno di, e viceversa, 56. — mercanti genovesi nel regno di, 250. — presa di 99. — re di, 73. — Granello Giorgio, capitano, 32. Grillo Carlo, ambasciatore genovese a Tunisi, 29, 139. — Edoardo, 94. — Gio. Battista, 96. Grimaida, nave, 104. Grimaldi de Castro Antonio, ambasciatore a Tunisi, 79 e s., 103 e s., 166. Grimaldi Agostino, 274. — Brancaleone, anziano, 139. — Cattaneo, prigioniero in Africa, 107. — Cebà Niccolò, membro di Commissione, 66. — Galeotto, console in Tunisi, 76, 78, Ϊ34· —- Gentile, anziano, 140. — — ambasc. a Tunisi, 27 e s., 140 e s. — Gio. Battista, membro di Commissione, 84. — di Galeotto, console in Tunisi, 78, 134. — G. B., ufficiale di Tunisi, 106. — —■ ambasciatore e console a Tunisi, 103 e ss., no, 135. — G. B., mercante, 193. — Lamberto, 188. — Lionello, mercante, protettore della 2a comperetta di Tunisi, 78, 260. — Luca, sapiente del Comune, 80. Gkimai di Manuele, mercante, 260. — Ottaviano, 288. Raffaele, console in Tunisi, 92, 134, 274, 278. — Raffaele, prigioniero a Bugia, 40. Gropai 1.0 Agostino, cattura della nave di, 116 e ss., 231. Grunano Gio. Antonio di Savignone, prigioniero in Africa, 121. Guardia d’onore del re di Tunisi, 68. Guiermono Battista di S. Remo, prigioniero in Africa, 40. Guizo, Pietro Battista de, protettore delle Compere di S. Giorgio, 96. H Hafsidi, dinastia degli, 20. Halka, 44. Hone, città, 57. — diritti della Rep. sulle importazioni ge- novesi in, 57. — limite del traffico dei Genovesi col re- gno di Tunisi, 112 212. I Ibn-Abi-Dinar, storico arabo, 87, 218. Ibn-Khaldùn, storico arabo, 23. Ifrichieh, 20. Imperiale Andrea, nobile mercante, 60. -— Battista, console in Tunisi, 36, 133. — Bernardo, console in Tunisi, 70, 75, 134, 158. — Francesco, 226. — Ottaviano, 87. — Paolo, ambasciatore a Tunisi, 77. — Quirico, 56. — Segurano, reggente il consolatodi Tu- nisi, 76. Importazioni, V. diritti del'a Rep. sulle import, ed esport. di Tunisi. Impresa di Gerba, 24. — di El-Mchadia, 25 e s. — progettata contro Bona, 105 e s., 194 e s. j — di Buccicaldo in Oriente, 34 e s. — contro Cortogoli, 106, 124. - contro Barbarossa, 50. — contro i Turchi, 94. Incanto di luoghi, 55 c s. Indie, conseguenze della scoperta della via marittima delle, 100. Inghilterra, diritto della Rep. sulle merci importate dai Genovesi in Atrica dall’; e viceversa, 57. — re d', 25, 258. Interpreti, 44. Intrighi dei Veneziani, 48. — dei mercanti in Tun., 63. Isabella, regina di Napoli, 249, 261. Isoia, Bertono dell*, di AlHissola, prigioniero in Africa, 76. Giovanni, di Celle, prigion. in Africa, 76. — Guglielmo id. id. id. Isolani, Jacopo degli, governatore di Genova, 145. Istruzioni ad Andrea de Mari, ambasciatore a Tunisi, 41 e s., 146. — a Benedetto Fieschi, ambas. a Tunisi, 92, i8t. a Damiano Negrone, amb. a Tun., ut e s., 199, 207. — a Filippo Pallavicino, commis., in ri- viera: 112, sto. — al· rancesco Panigarola, amb. a Tun , 96, 188. — a Gaspare de Sopranis Donato, amb. a Tun. 118 e s.f 223, 333. — a Gaspare Spinola, amb. a Tun., 67, 156. — a Giovanni da Levanto, amb. a Tun. 85, 177· — a G. B. de Monteburgo, amb. a Tun., 106, 191. — a Raffaele Pallavicino, amb. a Tun., Ir4> 213, 220. Italiano Agostino, 117. — Goffredo, 255. Iustrare, 166. Iviza, 285. K Kasseres, occupata dagli Spagnuoli, 73. Kassr-es-Sechir, occupata dai Portoghesi, 73- Kerkeni, tentativo degli Spagnuoli contro, 124. K1 lEir-ed-din Barbarossa, pirata, ^o. L La Calle, 61. Lagio, Niccolò de, di Voltri, prigioniero in Africa, 121. Lamberti Desiderio, 386. Lampugnano Oldrado, luogoten. del duca di Milano in Genova, 146. Lana, 61, 217, 260, 266. Lanfreducci Niccolò, ambasciatore pisano a Tunisi, 38. Lanoy, Rodolfo di, governatore di Genova, 121, 237, 239 e s., 242 e s. Lantero Luca di Ventiiniglia, prigioniero in Africa, 76. Laodicea, tentativo di Buccicaldo contro, 35. Leardo, prigioniero in Africa, 40. Lecavello Federico, ambasciatore genovese a Tunisi, 24, 28, 33, 35, 39, I44· — Ilario, 29. — Raffo, anziano, 139 e s. Lercara, nave, 200. Lercaro Bernardo, mercante, 60, 79. — Domenico, 56. — Domenico qm. B., ufficiale di '1 unisi, 113. — Francesco, patrone di nave, 119. I — Gaspare, 252, 255. , — Giacomo, 193. ■ — Giovanni, 255. — Marco, protettore di S. Giorgio, 92, 96. — Niccolò, 188. — Paolo, 220. — Raffaele qm. Domenico, appaltatore di diritti in Tunisi, 56. Lettere di Omar Othman, al doge di Genova, 64 e s. — dcll’anib. G. Spinola alla Signorìa, 68, iói, 164. — della Signoria al re di Tunisi, ai con- soli, ai mercanti Genovesi in 1 unisi. V. note alla Parte I c Indice delle Parti. — della Signoria al re di Bona, 186. Levanto, Giovanni da, ambasciatore a 1 u- nisi, 84 e ss., ιηη. — Cristoforo de Piliasco di, 164. Ligiole, Giovanni delle, 63. Lire di genovini, 55. — di paghe, 78. Lombardi, prigionieri in Africa, 92, 184· Lombardia, 60, 65 e s., 15Γ. Lomellino Antonio, anziano, 67. — BatLista, mercante in Napoli, 288. — Battistina, 56. — Galeotto, nave di, 60. — Giacomo, 106. — Gio. Battista qm. Eliano; ia ambasciata a Tunisi, 88 e s.; 2'1 ambasciata, 93, — 299 — 96; console, 93; ambasciatore al duca di Milano, 88 (n. 182). Lomei i ino Leonardo, 6n. — Lodisio, 61. — Oberto, 56. — Pietro Battista, 56. Lokena, duca di, 94, 249. Lucemburgo, Valerando di, governatore di Genova, 29. Luigi lidi Clcrmont., V. duca di Borbone. Luigi XII, re di Francia, signore di Genova, 109 e s. Luogatari di S. Giorgio, 56. Luoghi di S. Giorgio, 55 e 5., 113. Luogotenenti del re di Tunisi, 42, 59. M Maestro (Gran) di Rodi, 53. Magistrato della Sanità, 87, 222. Magnono Benedetto di Pegli, prigioniero in Africa, 121. Magreb, 19. Maiorca, 263. Malaga, diritti della Rep sulle merci importate dai Genovesi in Africa da, e viceversa, 56 e s. — V. Paride de Mari. Malatesta Pandolfo Sigismondo, Signore di Rimini, 264. Malfrag, 194. Malta, 260. Mangiaria, 205, 229, 267. Manifeto, 231. Mantega Costantino di S. Remo, prigioniero, 40. -— Gasparino di S. Remo, prigioniero, 40. Maona di Scio, 47. Maraboto Antonio, collettore di diritto in Tunisi, 52. Marano, vescovo di, 261. Marchese di Finale, 51. — di Monferrato, 31, 34, 36. Marchesi, Francesco de, sapiente del Comune, 80. Mare, ufficio del, 33, 112, 201, 284 e s. Mari, Andrea de, ainb. a Tunisi, 41 e s., 46 c s., 133, 146, 150; console, 52, 133, 252 e s. — Cipriano de, console a Tunisi, 53, 64, 7°, 133· — Gio. Ambrogio de, 56. — Leonello de, anziano, 140. Mari, Paride de, incarcerato a Marsiglia, 249 e s. — Simone de, *40 e s., 147. Maria, regina di Sicilia, 24. Maricono Gerolamo, 56. Marini, Ambrogio de, 79. — Battista de, mercante, 251. — Bernardo 3e, 257. Costantino de, 64; reggente il consolato di Tunisi, 76. - Domenico de, uff. di Tunisi, 113, 117. — Francesco de, mercante in Palermo, 288, — Gabriele de, 56. — Gio. Ambrogio de, 56. — Lazzaro de, 56. — Marino de, 252, 255. — Niccolò de, commissario per affari di Tunisi, 84. — Pileode, mercante in Palermo, 288. Marocco, 19, 73. Marosi Antonio, 95, 186, 274, 276. — Ludovico, 95, 186, 274, 276. — Melchione, 274, 276. Marsacares, pescherie di, 6x, 82, 105, 113, 194, 217. Marsiglia, 25, 94, 249 e s. — chiesa di S. Vittore a, 250. — isola Pomègue, 249. Martini, Oliviero de, amb. genovese a Tunisi, 27 e ss. Maruffo Andrea, anziano, 140. — Cristoforo, amb. genovese a Tunisi, 39, 44, L43 e s. Masraga, X94. Massari, Massaria di Tunisi, 52, 66, e s., L9°, 279. Mastice, 45. Maula, Maulana, Maulei, 29. Maumet Elbarchet Solimcni, tesoriere del re di Tunisi, 218. Maxen a Giacomo, prigioniero in Africa, 122. — Gio. qm. Martino id. id. id. Mazurro Corrado, notaro e cancell. del Comune, 142. Medicina, V. Pietro di Vernazza. Medium drictum, 44. Mei 11 la, occupata dagli Spaglinoli, 73. Merega Pietro di Albissola, prig. in Africa, 76. Merinidi, 19. Mers-el-Kebir, conquistata dagli Spa-gnuoli, X17. Metalli, 45, 57, 6t, 170, 175, 254. — joo — Mie.OLE, 44. Migliarese, moneta, 131. Milano, V. duca dì, — lavorazione dell’oricalco a, 354. Mina di Genova, 45. Mirko Giovanni de, napoletano, patrone di di nave, 61. Misure, 45. Moasi Boacel, giudeo, 230. — Bolchav, id. id. Mocenigo Andrea, ammiraglio veneto, 47. Modone, battaglia di, 35. Monaci, 41, (n. 55), 76, 373. Monaco, signore di, 188. Moneglia, Felice da Chiesanuova dì, 63, Moneta, ufficio di, 66, 82, ita c s. — falsa, 64. Monferrato, marchese di, 31, 34, 36. Montaldo Antonio di Gavi qm. Priano, 142. — Leonardo, 33. — Paolo, patrone di nave, 33 e s. — Raffaele, podestà di Scio, 47. Monteburgo, Gio. Battista de, amb. a Tunisi, 106, 1x0, 191. Monterosso, abitanti di, presi dai Mori, 90. Moscerufo, V. Mursuruf. Moyrac, giudeo, 330. Mulei Abram, re di Bona, 95, 186. — Siech, luogotenente del re di Tunisi, 42- 59-Mumeno, moneta, 130. Mursuruf, diritto, 44 e s., 59. N Napoletani o Napoli, 32, 51, 60 e s., 73, 350 e s. 262, 284 e s., 288. Nardo Anechino, pirata corso, 77, 262. Nasso, saccheggiata dai Genovesi, 48. Navigazione, cause di difficoltà per la, 100. Navone Gregorio, 164. Nebì, 161. Nec.rona, nave, 96, 188, 333. — cattura della nave, 120, 238, 240. Negrone Damiano, ambasciatore a Tunisi, ni e s., 199, 207. - Federico, 288. Gio. Ambrogio, uff. di Tunisi, 113, 117. — Gio. Tomaso, collettore del vecchio di- ritto; 78. — Lodisio, protettore della xa Compc- retta, 80. Neurone Luca, protettore della 2'1 Comperetta, 80. — Stefano, nave di, V. Negrona. — Tommaso, prig. in Africa, lai, 123, 245. Negroponte, 48. Noli di navi, 171, 173, 176. Nubia, tonnara di, 280. Nuz, Giovanni della, viceré di Sicilia, 117. o Oderico Niccolò, ambasciatore in Ispagna, 117· Oliva Leonello, luogatario della Coni-peretta, 56. — Manuele, massaro in Tunisi, 52; luoga- tario della ia Comperetta, 56. — Manuele Grimaldo, membro di Commis- sione, 65. — Martino, uff. di Tunisi, 56. Omar, califfo, 166. Omar Othman, V. Abu-Omar-Othman. Omne, V. Hone. Oneglia, 119. Orano, città, 57. — presa dagli Spagnuoli, 122. — diritti della Rep. sulle importazioni dei Genovesi in, 57. Oricalco, 254. Orlandi Francesco, ammiraglio pisano, 24. Oro, 45, 57, 170, 175, 254· Othman, califfo, 166. Otranto, impresa d’, contro i 1 urchi, 95, 285. P Pache di S. Giorgio, 78. — lire di, 78. Palermo, 117, 288. Palla vicino Abramo, anziano, 139 e s. — Filippo, commissario in riviera, 112, 210. — Raffaele, ambasciatore a Tunisi, 114, 213, 220. Palm aro Francesco, 106. — Gerolamo, 118, 231; appaltatore di di- ritto in Tunisi, 96; uff. di Tunisi, 106. — Giovanni, mercante, 193. — Giovanni Francesco di Gerolamo, reg- gente il consolato di Tunisi, 118. Panesio Antonio, 222. Panigarola Francesco, console e ambasciatore a Tunisi, 96, io:, 135, τ88. Panicarola Innocenzo, console a Tunisi, no, ira, 135, 199. Panni, 45, 61, 83, 143 e s., 217, 260, 266. Papa, 94, 106, 260. — giudeo, aaó. Passagio, Battista de, protettore di S. Giorgio, 96. Patta, aaa. Péci.i Benedetto Magnono di, prigioniero in Africa, rai. Peli erano Antonio di Camogli, 142. Pelli, V. Cuoi. Penón d'Algeri, 122. Pepe, 45. Pera, collettori in, 155. Perdice Lorenzo, 159. Perle, V. Gioielli. Peste, 87. Petito Agostino, 194. Pietrasanta, abitanti di, prigionieri in Africa, 184. Pietre preziose, V. Giojelli. Pignoli Luchetto, ambasciatore genovese a Tunisi, 43. Pignono Domenico qm. Andrea di Voltri, prigioniero in Africa, 122. Pinella, nave, 200. Pinelli Benedetto Giovanni, 82, 84, 178, 194; sua progettata impresa contro Bona, 105. — Castellino, danneggiato dai Mori, 107, 114, 217- — Tobia, protettore della Ia Compcretta di Tunisi, 80. Pio li, papa, 260. Piombino, signore di, 41, 148. Pirateria, cause d’aumento verso la fine del sec. XV, 71 e s. — atti di. V. Atti dei Mori contro i Ge- novesi, dei Genovesi contro i Mori e Prigionieri. Pisani, alleati dei Genovesi e Siciliani contro i Mori, 24. — ambasciatore dei, 28. Piume di struzzo, 6i. Pogliasca, Cristoforo da, 89, 164. Pomf.gue, isola, 249. Ponsone Raffaele, not. e cancelliere del Comune, 113. Ponza, battaglia navale di, 50. Portofino, Bartolomeo da, prigioniero in Africa, 63. Portogallo, re di, in. Portogallo, diritti della Rep. sulle merci importate dai Genovesi in Tunisi dal regno di, e viceversa, 56 e s. — conquiste in Africa del, 73. — commercio del, 100. - caravelle di, 286. — armata di, in, 116, 202, 209, 225. I’orio-MAUUI7.IO; abitanti di P. M. portano via Mori, 234 e s. — G. B. Aicardi di, 74. Prato, Gerolamo Clavino di, prigioniero, 121. Prete Pietro di Savona, prigioniero, 76. Prigionieri corsi in Africa, 40 e s. 63, 76 e s., 144, 147, 184, 331. — genovesi in Africa, 40, 63, 66 e ss., 76, 89 e s., 92, 107 e s., no, 114, 121 e s., I23> Mi. 144. r47. 156 c ss., 162 e s., 164, 196, 198 e ss., 205, 207 e ss., 216 e ss., 225, 231. — lombardi in Africa, 92, 184. — mori, 64, 78 e s., 93, 119, 188, 234 e s. Privilegi concessi ai Genovesi, 42 e ss., 59 e s., 80 e s. Proclami del re di Tunisi, 101. — del governo di Genova, 37, 46, 87, 112, 115, 150, 209, 222. Promontorio, Andrea da, uff. di Tunisi, 56. — Ambrogio da, uff. di Tunisi, 113. — Pellegro da, anziano, 67. Protettori delle Compere di S. Giorgio, 96. — delle Comperette di Tunisi, 78, 80, 105, 113· Provenza, 25, 76, 249. — saja di, 107, 217. Pugnali, 45. Q Quirino Bernardo, 253. Quitanza della dogana araba, 59. R Rabadii, V. Rebato. R acebas, giudeo, 230. Raiso Manser, capitano moro, 89. Rapallo, Antonio de, 254. — Manuele da, 66. — Paolo da, 106, 193. — Giuliano de Ambrosio di, 76. — Cristoforo de Piliasco di, 164. Ras Diebel o Razagibel, 6i. Re di Bona, 9t, 95, 107, 18Ó. — di Francia, 35, 31, 80, 109, 261 c s. — d'Inghilterra, 35, 258. — di Napoli, V. Angiò e Aragona. — di Portogallo, ni. — dì Sicilia, 34, 117, 94. — di Spagna, 117. V. Castiglia. Rebato di Tunisi, 68, 163, 165, 177, 214. Recalo, Francesco de, 67, 156. Recena o Reconna, 176, 245. Relazioni, rottura delle, fra Genova e Tunisi. V. Indice delle Parti. Religiosi, prigionieri in Africa, 76. — in Atrica pel riscatto di prigionieri cristiani, 41, 273. Renato I d'Angiò, 50, 249, 361. Renato II d’Angiò, 94. Ribei 1 ione di Genova al Duca di Milano, 50; alla Francia, 31, 80. Ricci Ogerio, ricostruisce il fondaco dei Genovesi in Tunisi, 68. Rimimi, 364. Riviera, Commissario in, 112, 210. — abitanti di, prigionieri dei Mori. V. Pri- gionieri genovesi. Rocca Luciano, protettore della 2a Comperetta, 78, 80, 96, 274. Rochechouard, Francesco di, governatore di Genova, 133, 346. Rodi, signore di, 53. — gran nave di, 120, 238, 240. — Buccicaldo si rifugia colla sua flotta nel porto di, 35. — collettori in, 155. — 94· Rocerio Stefano di S. Remo, prig. in Africa, 40. Romania, 72. Rondanina Giacomo, prig. in Africa, I2t. Rotolo, unità di peso, 173. Rouen, cardinale di, 261. S Sagetta, sbarco di Buccicaldo a, 35. Saja, 107, 217. Saida, 35. Salarii, V. Stipendii. Sal vago Gianotto, console a Tunisi, 70, 133· Salvo, Cristoforo de, 92. — Giacomo, anziano, 139 e s. San Giorgio, Banco di, 72, 77, 9^> i°2p 112, 231. San Nazzaro, Giovanni da, 150. San Pietro, isola, 89. San Remo, abitanti di, prigionieri in Afri-ea, 40, 63. Sant'Alosio, Urbano di, ambasciatore a Tunisi, 38, 39. Santa Maria, chiesa di, in Tunisi, 68. San Vittore, chiesa di, a Marsiglia, 250. Sapia Giacomo di S. Remo, prig. in Atr.,40. — Giacomo qm. Raffaele di S. Remo, prigioniero, 40. Sardegna, 62, 76, in, 285. Sauli Alessandro, uff. di Tunisi, 113. — Antonio id. id., 106. — Gerolamo id. id., 117. Savello, cardinale, 94. Savignone Battista de, prig. in Airica, 121. Savona, Pietro Prete di, prig. in Africa, 76. — galeazza di, 205. Scali a Francesco de, 96. — Sebastiano de, patrone di nave, 218. Scarincio, corsaro, 79. Scio, Maona di, 47. — ufficio di, 112. — collettori in, 155. — assedio di, 47. — 234. Scotizo, 105, Ι9Γ. Senarega Bartolomeo, cancelliere della Repubblica, 218. Sensali, diritto dei, in Tunisi, 66 e s. Serra Giannino, di Polcevera, anziano, 139 e s. Sfax, 64, 66, 156. Sforza Francesco, 66, 80. — Ludovico (il Moro), 102 e s. Sicilia e Siciliani, 24, 72, 76, 94, 107, 116 e s., 200, 217, 228, 285, 288. Siracusa, 260. Siria, navigazione di Buccicaldo sulle coste di, 34. — commercio de’ Genovesi in, 89. — via commerciale della, 100. Sisto Gio. Battista, 105, 194. Sisto IV, papa, 94. Sobborghi di Tunisi, 68. Solari Inoflino di Cogoleto, anziano, 139 c s. Sopr anis Donato, Gasparo de, ambascia· tore a Tunisi, 116 c s., ii8e s., 223, 233, 240 c s., 243, 288. Soprusi degli ufficiali del re di Tunisi, 90, 95i 97i TI4r 216, 266, 272. Soziclia, 222. Spagna, re di, 117, — diritti della Rep. sulle merci importate dai Genovesi in Africa dalla, e vice* versa, 56 e s. — conquiste in Africa della, 73, 117, 124; influenza di esse, 99. — commercio della, 100. — V. Biscaini, Catalani. Sparcena o sparcina, 229. Specia Antonio, 265. Spinola Ambrogio qm. Antonio, ambasciatore a Tunisi, 38 e ss., 143. — Ambrogio, uff. di Tunisi, 106. — Arduisio, 61. - Battista, 67, 82, 84; discorso di, 82 e s. — Damiano, 69, 162, 164. — Eliano di Luccoli, ufi', di Tunisi, 56; massaro in Tunisi, 52. — Francesco Giovanni, 92. — Franchino, prigioniero in Africa, 66 e ss., 156 e ss., 162, 164. — Gaspare, ambasciatore a Tunisi, 67, 156, 161, 164. — Gregorio, 159. — Lazzaro, 61. — Lodisio, membro di Commissione, 65; appaltatore del dir. vecchio di Tunisi, 78. — Luchesio, armatore, 64, 66, 69, 162, 164 ; luogatario della Ia Comperetta, 56. — Luciano di Cipriano, anziano, 139 e s. — Luigi, prigioniero in Africa, 63. — Paolo qm. Guirardo, 205, 227. — Salvagio, 56, 151. — Sigismondo, prigioniero in Africa, 66 e ss., 156 e ss., 162, 164. — Teodoro, 286; console in Tunisi, 93, 135. — Troilo, 190. — Zaccaria, ambasciatore a Tunisi, 55, 58. Squarciafica, nave, 83. Squarciafico Enrico, 148. — Tommaso, 38. Staja di Venezia, 45. Stati Barbareschi, 19 e s. Stella Giacomo, protettore di S. Giorgio, 96. — Gio. Gregorio, 260, 266-272, 278, 280. Stipendii, 84. Strappa Bosono Domenico de, anziano, 139 e s. Stuoja, 260. Sultano d’Egitto, 86, 89, 180. Supplica dei mercanti genov. nei regni di Tunisi e Granata alla Signoria, 249. — di Gio. Gregorio Stella, 266. — della famiglia Spinola per la liberazione di due giovani di essa prigionieri in Africa, 67. T Taddei Simone, 265. Taccia, 254. Tanfid, tanfitum, 216. Tangeri, presa dai Portoghesi, 73. Taronca, conte di, ammiraglio portoghese, in. Tarragona, vescovo di, 260. Tassa di focaggio, abolizione in Genova della, 102. Tavale, diritto, 43, 45, 59. Te aldo Giovanni, cappellano della Chiesa di S. Maria in Tunisi, 68 e s. Tela, 45, 61, 227, 266. TeCemsen, 20, 50, 55, 124, 246. Terrile Antonio di Bernardo, 63. Tessalonica, 47. Testa Agostino di Ovada, 124.— Tommasino da Cà de’ Martori, 90. Tonnare, 278, 280. Torcimani, 44, 171 e s. Trapani, 116 e s. Tratta di frumento, V. Frumento. Trattati anteriori al regno degli Hafsidi 43 (n· 63). Trattati fra la Repubblica di Genova e il regno degli Hafsidi: del 1236, 43 (n. 631. del 1250, id. id. del 1272, id. id. del 1287, id. id. del 1383, 24. del 1391, 28 e s. del 1433, 39, 42 e ss., 58 e s., 79. de! 1445, 59 e s. del 1465, 80 e s., 114, 166 e ss. del 1507, 120. Tripoli di Barberia, 50, 64, 107, 112, 198, 212, 229, 260, 286. Tripoli ili Siria, tentativo di Buccicaldo contro, 34. Tri vuizio Ermes, governatore di Genova, 5°· — regno di, 20 — tossa di, a 18. I l'xisi, sobborghi di, 68. — rebato di, 68. — castello di, 114, i6t, 199, 201, 316, 327, a66, 380. — porte di, 68. — zecca di, 139, 170. - fondachi dei Cristiani in, 68. — chiesa in, 68. — biblioteca di, 50. — collegi c fondazioni pie, 50. massaria genovese in, V. Massari. — consoli genov. in, V’. Consoli. I L'RCHI E 1 URCHlA, 47, 73, 80, 94, IOO, 107, 198, 318 e s., 338, 331, 334. u Ufficio di Balia, ila. — del Mare, 33, 113, aot, 384 e s. — di Misericordia, 146. — di Moneta, 66, 83, ita e s. — di S. Giorgio, V. S. Giorgio. — di Sanità, 87, 2aa. — di Scio, ita. — di Tunisi, 105 e s., 113, 117, 188, 191, 313, aso, 233, 331, 333, 188. L 1 meta, Battista di Antonio de, di S. Remo, prigioniero, 63. Pietro de, di S. Remo, prigioniero, 63, — Sandocino qm. Pietro de, id. id. Ursena Satorino, console di Bugia, 287. Usodimare Giovanni, di Pietro, anziano, 139 e s. V λ alerando di Lucemburgo, governatore di Genova, 39. Valerano Luca, 64. \ allée, Ludovico la, governatore di Genova, 363 e s., 265. Valutazione del traffico della Rep. con Tunisi, 85 (n. 1731. Vaudf.mo.nt, conte di, 249. Veces, 60, 254, 260. Venezia e Veneziani, 35, 47 e s., 66, 83, 88, 94, 238, 353, 260, 288. Ventimiglia, Lantcro Luca di, prigioniero dei Mori, 76. — Conti di, 355. Verdura Giuliano, 64. Vf.rina Francesco qm. Bartolomeo, prigioniero dei Mori, iat. Vernazza, abitanti di, presi dai Mori, 90. - Pietro di, inviato al re di Tunisi, 41. Vescovo di Tarragona, 260. — di Marano, 361. Vettovagi ie, 57, 175 e s. Via, Giorgio de, cancelliere, 162, 165. Viceré di Sicilia, 116. Vignale Giovanni, ufi', di Tunisi, 56. Vigne, piazza delle, 222. Villafranca, 63. VlNCTENUM, 44. Vino, 60, 175. Visconte Guido, governatore di Genova, 181. Visconti Filippo Maria, 37 e s., 47 e s., 50 e s. Vivaldi Cattaneo, 82. — Filippo, patrone di nave, 38. — Luca, 56. — Pietro, 139 e s. — Pietro (nave di), 103. — — protettore di S. Giorgio, 96. — Pietro Paolo; sua progettata impresa contro Bona, 105, 194. — Salvagio, appaltai, del nuovo diritto, 78. — Vinciguerra, nave di, 260. Voltri, abitanti di, prigionieri in Africa, 121 e s. X XlMENES, 99. z Zafferano, 45. Zecca di Tunisi, 129, 170. Zeno Carlo, ammiraglio veneto, 35. Zenzero 45. Zerbi, Bernardo de, commiss, per affari di Tunisi, 84. Zignago Antonio, console in Tunisi, 40 e ss., 133. INDICE DELLE PARTI Lettera all’ Illustrissimo Sio. Prbsidente della Società Ligure di Storia Patria.................Pag. ,, PARTE PRIMA. — Esposizione Storica. Capo I. § i. Divisione politica dell’Africa Settentrionale dopo lo smembramento dell’ Impero degli Almoadi. - § 2. Breve cenno sul regno degli Hafsidi di Tunisi dalla sua fondazione al re Abul-Abbas-Ahmed . . » j8 Capo II. (1388-1397). — § 1. Sviluppo della pirateria in Africa nella 2* metà del sec. XIV ; sua organizzazione. — § 2. Conseguenze della pirateria. Guerra dei Genovesi contro il re di Tunisi. Presa di Gerba. Spedizione di El-Mehadia. — § 3. Invio a Tunisi di ambasciatori genovesi. Trattato del 1391 e posteriore sua conferma o rinnovazione.....» Capo III. (1397-1421). — § 1. Condizioni politiche di Genova alla fine del sec. XIV. Loro influenza nelle relazioni con Tunisi. Fatti diversi. § 2. Relazioni di Genova col re di Tunisi sotto Buccicaldo e successivamente fino alla dominazione di Filippo Maria Visconti..... Capo IV. (1421-1436) — § !· Governo di Filippo Maria Visconti, signore di Genova. Invio a Tunisi di ambasciatori e ristabilimento delle relazioni con quel Re. — § 2. Difficoltà per la conclusione di un trattato definitivo di pace e rinnovazione generale dei trattati. Fatti relativi. Risoluzione di tali difficoltà. Andrea De Mari console e ambasciatore a Tunisi. Sue istruzioni. Conclusione di un trattato nel 1433. Contenuto di questo trattato. Nuovi disaccordi col re di Tunisi. — § 3. Considerazioni ..................... 31 37 20 — 306 — Capo V. ("1456—1453). — § 1. Morte di Abu-Fares ; suoi successori. Ribellione di Genova contro la signoria di Filippo Maria Visconti, duca di Milano. Favorevoli conseguenze di questi due avvenimenti. — § 2. Consoli di Tunisi. — § 3. Fatto che die’ origine ad una prima Coni-peretta di Tunisi, e missione dell’ambasciatore Zaccaria Spinola. Istituzione di detta Compera e diritti da essa dipendenti. — § 4. Trattato conchiuso nell’anno 1445 e sue disposizioni. — § 5. Buone relazioni esistenti in questo periodo fra i due Stati. Richieste di frumento fatte dalla Repubblica. Concessione ai Genovesi delle pescherie di Marsacares. — § 6. Incidenti diversi. Conseguente invio a Genova di un ambasciatore moro : accoglienze avute : sua gita a Milano. Reclami del governo genovese per la detenzione di due giovani Spinola a Tunisi e invio colà dell'ambasciatore G. Spinola : sue istruzioni : risultato ottenuto. — §7. Segue: consoli...............» 49 Capo VI. Aumento della pirateria in Africa e istantaneo accrescimento del commercio dei Genovesi col regno di Tunisi nella seconda metà del secolo XV.....................» 71 Capo VII. (1453-1488). — § 1. Consoli. Richieste di liberazione di prigionieri. Istituzione di una seconda Comperetta di Tunisi. Nuovo appalto del vecchio Diritto. — § 2. Scadenza del trattato del 1445. Francesco Sforza signore di Genova. Conclusione di un trattato nel 1465 per opera dell'ambasciatore A. Grimaldi e suo contenuto. Osservazioni. — § 3· Fatto che die’ luogo all’invio a Tunisi dell’ambasciatore Giovanni da Levanto. Discussione in Consiglio: importante discorso del nobile Battista Spinola : deliberazione seguitane. Imposizione del diritto di un ottavo per cento. Istruzioni all’ ambasciatore suddetto : sua opera. — § 4. Peste in Tunisi e disposizioni sanitarie del governo di Genova. Osservazione. — § 5. Viva emulazione commerciale nel regno di Tunisi fra Veneziani e Genovesi. G. B. Lomellino qm. Eliano e Benedetto Fieichi ambasciatori presso quel Re. Consoli. — § 6. Fatto di pirateria del genovese Giorgio D’Oria. — § 7. Seconda ambasciata di G. B. Lomellino; ragione, risultato passivo di essa. Francesco Panigarola console e ambasciatore. — § 8. Considerazioni.........» 75 — 307 — Capo Vili. Cause che determinarono la decadenza del commercio genovese in Barberia sullo scorcio del sec. XV............ 99 Capo IX. (1488-1499). — 1. Abu-Zakaria-Yahia e Abd-Allah-Mohammed successori di Omar-Othman. — §2. Genova per la seconda volta sotto la signoria degli Sforza. Ludovico il Moro e sua amministrazione nelle cose interne ed esterne della Repubblica. Abolizione in Genova della tassa focaggio : accordo con 1’ ufficio di S. Giorgio e conseguenti disposizioni sui diritti riguardanti le due Comperette di Tunisi. — § 3. Ambasciate di Battista Grimaldi e G. B. di Monteburgo ; notizie relative. — § 4. Fatti diversi...............» joi Capo X. ( 1499—r 515)- — § 1. Genova sotto il protettorato di Francia. — §2. Malumore contro il re di Tunisi. Incidente seguito per la presa della nave Giustiniana fatta dai Portoghesi. Invio dell’ ambasciatore Damiano Negrone ; vano risultato della sua missione. Rottura delle relazioni dip'omatiche e provvedimenti del governo genovese. — § 3. Desiderio di riconciliazione manifestato da Abd-AUah-Mohammed. Missione presso di lui del nob. R. Pallavicino e relative istruzioni. Osservazioni sulla scadenza del trattato del 1465. Negoziati per la conclusione della pace e rinnovazione di d. trattato : venuta a Genova di un ambasciatore moro. — § 4. Cattura dell’ ambasciatore moro operata dai Siciliani nel suo viaggio di ritorno a Tunisi. Gravi conseguenze. — § 5. Conclusione della pace e rinnovazione del trattato del 1465. Inosservanza da parte del Re alle condizioni della pace e nuovi atti contro i Genovesi. Lettera del governo della Repubblica al Re. Nuova rottura delle relazioni e conclusione........» 109 Appendice I. Breve cenno sulle monete..............» 129 Appendice II. Elenco df.i consoli genovesi in Tunisi (1404-1113) » 153 — ;o8 PARTE SECONDA. — Documenti. Documento 1. V1397 — *4 marzo). Mandatura Caroli Grilli Tunetim profecturi pro concordandis pactis cum Rege..............Pag· *39 Documento II. (>427 — 24 maggio). Lettera della Signoria al Re di Tunisi. ■ · » J43 Documento III. (1432 — 15 ottobre). Instructio data nob. Andree De Mali profecturo ad serenissimum d. Regem Tunecis pro confectione instrumenti pacis et aliis..................... . » 146 Documento IV. (i43 S — 14 febbraio). Proclama della Signoria.......» !5° Documento V. (1436 — 3 marzo) Lettera della Signoria al re di Tunisi. ..." Documento VI. (1447 — 12 dicembre). Clausule drictus Tunete ....···» r53 Documento VII. (1453 — 30 gennaio) Istruzioni al nob. Gaspare Spinola, ambasciatore presso il re di Tunisi..................® 15^ Documento VIII. (1453 — 11 Magg'0)· Lettera di Gaspare Spinola, amb. presso il re di Tunisi, alla Signoria................* I^1 Documento IX. · (1453 — 19 maggio). Lettera di G. Spinola alla Signoria. ...» '^4 Documento X. (1465 — 15 marzo). Trattato concluso fra la Rep. di Genova e il re di Tunisi per opera dell’ambasciatore Antonio Grimaldi .... » Documento XI. (1466 — 25 giugno). Istruzioni a Gio: da Levanto, ambasciatore presso il Re di Tunisi..................» 177 Λ — ?09 — Documento XII. (1474 — 29 marzo). Istruzioni al nob. Benedetto Fieschi, amba- sciatore a Tunisi....................» 181 Documento XIII. (1483 — 2 maggio). Lettera della Signoria al re di Bona. ..· a 186 Documento XIV. (1488 — 13 Maggio). Istruzioni a Francesco Panigarola, console a Tunisi..... !,.................« 188 Documento XV. (1492 — 28 febbraio). Istruzione a G. B. di Monteburgo, inviato a Tunisi.......................» 191 Documento XVI. (1498 — 24 genn.). Littera della Signoria al console Iacopo Centurione ..................» 196 Documento XVII. (1498 — 24 genn.). Lettera della Signoria al Re di Tunisi ...» 197 Documento XVIII. (1502 — 13 Aprile). Istruzioni a Damiano Negrone, ambasciatore presso il re di Tunisi..................» 199 Documento XIX. (1502 — 30 maggio). Instructio pro facto mercatorum Tunetis. . « 207 Documento XX. (1502 — 20 giugno). Lettera patente della Signoria alle autorità e università dei luoghi e terre delle due riviere.........» 209 Documento XXI. (1503 — marzo). Istruzioni della Signoria a Filippo Pallavicino nominato commissario in riviera......... .....» 210 Documento XXII. (1504 — 18 Novembre). Instructio nob. Raphaelis Pallavicini, oratoris ad serenissimum d. regem Tunetis...........» 215 20 * — 3io — Documento XXII.iis (1504 — 18 novembre). Instructio secreta M.ci Raphaelis Palla vicini oratoris ad regem Tunetis................» 220 Documento XXIII. (1505 — 15 Maggio). Proclama della Signoria. 222 Documento XXIV. (!S05)- Istruzioni all’ambasciatore Gaspare de Sopranis Donato. . » 223 Documento XXV. (1507 — 8 luglio). Istruzioni a Gasparo de Sopranis Donato, ambasciatore a Tunisi..........................233 Documento XXVI. (1507 — 8 luglio). Lettera della Signoria al re di Tunisi ... « 236 Documento'XXVII. (1508 — 15 febbraio). Lettera della Signoria al re di Tunisi . . » 258 Documento XXVII.iis (1508 — 15 febbraio). Lettera della Signoria all’amb. G. de Sopranis Donato....................» 240 Documento XXVIII. (1508 — 26 settembre). Lettera della Signoria al re di Tunisi. . » 24> Documento XXVIII.iis (1508 — 26 settembre). Lettera della Signoria all’amb. G· de So- pranis Donato....................» 245 Documento XXIX. (1510 — 19 gennaio). Lettera della Signoria al re di Tunisi . . » 245 SUPPLEMENTO. avvertenza....................» 247 Documento i. (1436). Supplica dei mercanti genovesi nei regni di Tunisi e Granata alla Signoria........ ............» 249 — ; 11 — Documento 2. (*437 — 8 nov.). Lettera della Signoria al re di Tunisi .... » 252 Documento 3. (1438 — 4 sett.). Lettera della Signoria al console A. de Mari. . » 253 Documento 4. (1440 — 26 genn.). Lettera della Signoria al console e mercanti genovesi in Tunisi...................» 254 Documento 5. (1441 — 4 maggio). Lettera della Signoria al re di Tunisi ...» 255 Documento 6. (1441 — 5 maggio). Lettera della Signoria al re di Tunisi ...» 257 Documento 7. (1449 — 4 agosto). Lettera della Signoria al conosle e mercanti genovesi in Tunisi...................» 258 Documento 8. (1459 — 1^ aprile). Lettera della Signoria al Papa Pio II. . . . » 260 Documento 9. (1460 — 26 luglio). Lettera della Signoria al re di Tunisi ...» 262 ’J .. Documento io. (1460 — 16 ottobre). Lettera della Signoria al Re di Tunisi . . » 263 Documento ii. (1460 — 12 nov.). Lettera della Signoria al re di Tunisi. ...» 264 Documento 12. (1470). Supplica di Gio: Gregorio Stella alla Signoria contro l'alcaid di Tunisi, che gli estorse merci......:.......» 266 Documento 12 A. (1470 — 30 luglio). Lettera della Signoria al re di Tunisi . . . » 269 Documento 12 “B. (1470 — 30 luglio.) Lettera della Signoria al console e mercanti in Tunisi......................» 271 — 112 — Documento 13. (1478 — i genn.). Lettera della Signoria all’ambasciatore, console e mercanti genovesi in Tunisi............... Documento 14. (,1478 — 23 genn.). Lettera della Signoria al console Raffaele Grimaldi o successore. ... .............. Documento 14 A. O478 — 23 gen.). Lettera della Signoria al Re di Tunisi · · Documento 15. (1478 — 16 febbr.). Lettera della Signoria al console R. Grimaldi. Documento 16. (1480 — 4 febbr.). Lettera della Signoria ai massari e mercanti genovesi in Tunisi.................... Documento 17. (1480 - 7 febbr.). Lettera della Signoria al re di Tunisi. . ■ · Documento 18. (1480 — 28 aprile). Lettera della Signoria al re di Tunisi . . ■ 1 Documento 19. (14R1 — 13 sett.). Lettera della Signoria al console genovese in Tunisi.......................” Documento 20. (1481 — i ott.). Lettera della Signoria a Francesco D’Oria, console genovese in Tunisi.................* Documento 21. (1494 — 15 die.). Elezione di Satorino Ursena a console di Bugia. » Documento 22. (1508 — 5 genn.). Lettera della Signoria a G. de Sopranis Donato, ambasciatore a Tunisi..................“ Indice generale alfabetico..............” » 273 » 274 » 276 » 278 279 280 282 284 285 287 288 291 Errata Corrige Pag. 12, riga 6: Mussulmani......leggi Musulmani » 16, » 6: la ringrazio . . .■ . . Λα ringrazio » 45. » 38: equivale....... equivaleva » 76, » 32: Pietro, prete savonese . . » Pietro Prete, savonese » 130. » 36,: nota 2....... pag. 227, nota » I45> » 3: in quaque ...... in queque » 162, » 8: Majeslali...... Majestate » 166, » 14: questo tratatto devasi . . » questo trattato vedasi » 225, » 29: dere medio...... de remedio » 229, » 35: sparcin....... sparcina » 288, » 17: Pileo da Marinis . . . » Pileo de Marinis -■ t ■ . 4