L- *./■ S. /iyi. S- N. /• ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA Ù VOLUME Vili — FASCICOLO I. GENOVA TIPOGRAFIA DEL R. I. DE’ SORDO-MUTI MDCCCLXVIll ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME Vili. GENOVA TIP. DEL R. I. DE’ SORDO-MUTI MDCCCLXVIII. PROSPETTO DEGLI ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA Quantunque sulle copertine dei fascicoli di questi Atti siasi comunemente avuta cura d’ annunciare le diverse pubblicazioni alle quali sarebbesi di mano in mano data opera dalla Società Ligure; ciò non pertanto si ravvisa utile di far conoscere anche più particolarmente 1’ ordine giusta cui le diverse materie saranno distribuite, almeno fino al xn volume, al quale giungono appunto gli scritti che si hanno di già preparati. Così mentre per una parte nel corso della stampa si verranno alternando memorie di vario argomento ( il che è consentaneo alle esigenze di ogni pubblicazione periodica), tornerà agevole per l’altra il constatare come tutto proceda a seconda di norme razionali già stabilite, e come i diversi lavori, assimilali in certa guisa fra loro, debbano infine risultare adunati quasi in altrettanti gruppi rappresentati da uno o più volumi. Volume I (completo). Volume II, Parte I. Illustrazione del Registro della Curia Arcivescovile di Genova (da pubblicarsi). Volume II, Parte lì. Testo del detto Registro, Indici, ecc. (già pubblicato). Volume III (completo). Volume IV (completo). Volume V. Geografia. — Di questo volume è pubblicato il solo fascicolo I. La seconda dispensa è prossima a comparire, e conterrà: Nuovi studi sul-1’ Atlante Luxoro. — Relazioni di Benedetto Scotto (del sec. xv), desunte da due rarissimi codici a stampa della Marciana di Venezia. Volume VI. Codice diplomatico delle Colonie Tauro-Liguri. È uscito il fascicolo I. Volume VII. Continuazione e fino del detto Codice. Volume Vili. Documenti ispano-genovesi dell’Archivio di Simancas(i quali si pubblicano di presente). — Relazione dei medesimi. — Rendiconto dei lavori fatti dalla Società dopo l'anno accademico 1865-66. Volume IX. Miscellanea: Archeologia — Letteratura — Belle Arti — Costumi. Volume X. Trattati di Genova coll’ Impero Greco — Monografie di famiglie genovesi che dominarono in Levante. Volume XI. Epigrafia numismatica ligure; con memorie e documenti relativi alla Zecca di Genova. — Sfragistica. Volume XII. Iscrizioni della Liguria, da’ primi tempi cristiani a tutto il secolo xv. Pubblicazione in gran formato ILLUSTRAZIONE STORICO-ARTISTICA DEL PALAZZO .DI ANDREA D’ ORIA A FASSOLO CON INCISIONI IN RAME Le tavole sono di già preparate; e solo, innanzi di por mano alla stampa, si attende l’esito d’alcune ricerche di documenti. La Società inoltre dà opera alla compilazione di un Cartario e Regesto di documenti genovesi, preceduto da una raccolta d’estratti di antichi geografi e storici sulla Liguria. Genova, lo novembre 1868. Il Segretario generale I.. T. Ht JCHWO. PER LA MORTE DEL MARCII. VINCENZO RICCI PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA COMMEMORAZIONE DlìL SOCIO ANTONIO CROCCO VICE PRESIDENTE /i compiere un dovere ben grave per le mie forze, ben doloroso per la cagione da cui muove, m’ invita oggi, o Signori, quéll’ ufficio onorevole a cui degnaste chiamarmi nel giorno medesimo, sì poco da noi lontano, nel quale il vostro unanime assenso raffermava Vincenzo Ricci nel seggio per lui sì degnamente occupato qual reggitore supremo delle vostre lodate fatiche. E doloroso è invero il pensare come la morte sì acerba e inaspettata di’ Egli incontrò, e che Genova ancora deplora come una pubblica sventura, seguitasse di sì breve intervallo a quell’adunanza in cui lo acclamammo nostro Preside J; e ne udimmo la modesta ma ferma parola, lo mirammo di aspetto sano, e promettente lunghezza di vita non punto caduca, e sopratutto ne ammirammo la mente non solo integra ma pronta, ma vivida sempre di ala-critità giovanile. (’) Il march. Ricci, confermato Presidente nella tornata del 2G aprile; mancava improvvisamente nel pomeriggio del 17 maggio successivo. V ( V'H ) Al cittadino che vestì e serbò incontaminata la toga di magistrato; che per sì lunghi anni, con suffragio ognor rinnovato del popolo, sedette operosissimo nei Consigli del Comune, della Provincia, del Parlamento; a chi, in tempi difficili e procellosi, fu due volte Ministro della Nazione, presteranno certamente omaggio degno e compiuto scrittori autorevoli; renderà testimonianza di lode la Storia Civile del nostro tempo; a me la povertà del- 1 ingegno non consentirebbe di svolgere il ponderoso argomento : quindi e che il breve e mesto mio ragionare sarà unicamente rivolto alla pietosa commemorazione di quanto il patrio zelo di Vincenzo Ricci venne operando a pro’ del nostro Instituto; a compiangermi con voi del danno memorabile che la perdita di quell’ottimo ci arrecò; a dimostrare quanto giustamente al dolore d’ogni ordine della città debba in particolar modo associarsi il nostro dolore, mentre dell’ ingegno del Ricci (sotto questo aspetto non abbastanza apprezzato) e degli studi di lui nella ricerca e nella fruttuosa meditazione delle patrie memorie, tanto potevamo ancor riprometterci per l’incremento delle storiche discipline. E un singolare acume d’ingegno, una felice attitudine ad ornare la mente di varia e profonda dottrina nei rami moltiplici del sapere, Ei cominciò a manifestare nel primo fiore dell’età; e assai per tempo queste doti con bella armonia si congiunsero nel nostro concittadino alla integrità della vita, alla severità del costume, a quell’ intenso e generoso amore del luogo nativo, che taluno avrebbe per avventura reputato in lui più bisognevole di freno che di eccitamento. Senonchc, fra le virtù dell’ animo, ( IX ) era nel Ricci segnalata, e dalla semplicità e quasi trepi-danza del contegno e dei modi resa più splendida, quella costanza nei forti propositi che lo rese un tempo franchissimo pronunciatore del vero in cospetto del potere armato di arbitrio e di improvvida immanità. Dimesse spontaneamente le cure della magistratura, che tanto di lui si pregiava, e quegli uffici ne1 quali io ebbi per la prima volta la ventura di ammirarne il merito da vicino, non abbandonando però lo studio e l’amore delle scienze giuridiche, per cui sempre ottenne lode di rara perizia, ebbe agio di secondare la naturale inclinazione dell’ animo che lo traeva a promuovere il bene e il decoro della diletta sua Genova ; della quale eletto Decurione, ebbe tosto .occasione di consacrare i tesori della vasta sua » i mente e la sua costante solerzia a quelle parti del-l'Amministrazione Municipale che gli venivano, come a maestro della materia, specialmente affidate. Di un’opera invocata vanamente, e con tanto disdoro dei Liguri per ben tre secoli differita, fu quindi il nostro Ricci promotore ardentissimo : conciossiachè affratellandosi nella degna impresa d’ innalzare un monumento a Colombo coll’ inclito amico suo Lorenzo Pareto (del quale avemmo pure a piangere la fine immatura), non rallentò lo zelo e la pertinacia di un volere sospinto dall’ affetto profondo finche non surse la mole destinata ad espiare un gran peccato d’ingratitudine cittadina. Di quanto valesse il Ricci nel reggere e provvedere la cosa pubblica, come Ministro e come Deputato, già dissi non essere delle mie parti lo intrattenervi con parti-colarizzato ragionamento; ma vuole rettitudine che dei ( X ) principii della sua politica, in occasione solenne da lui proclamati, io qui vi porga alcun cenno, senza preoccupare il giudicio che del suo operare renderà lo storico imparziale e remoto cosi dai preconcetti sistemi come dalle ire e dagli amori di parte. E di accennar questo io mi faccio tanto più carico doveroso, quanto dalle massime e dalle gravi parole del Ricci emerge spiccata l’immagine dell’ indole sua ; e in esse si ha il documento più autorevole per riconoscere quanto gli fosse profondamente scolpito nell’intimo cuore il sentimento della umana dignità, l'affetto alla Religione, alla Patria e alla Libertà, eh Ei non sapeva concepire se non fondata sulla giustizia sociale. « Norma prima di condotta civile (così egli nella sua lettera indirizzata agl’ Intendenti il dì 20 aprile 1848), norma prima a me saranno quelle massime stesse di severa giustizia, di caldo amore al risorgimento italiano, che, privato cittadino, ho seguite, e che sole fra gli esterni pericoli... possono mantenere l’unità e la dignità della Nazione, appagarne i giusti e lunghi desiderii, affrettarle il conseguimento di un glorioso e ben meritato luogo fra le nazionalità europee. Ormai i voti italiani di tre secoli sfanno compiendosi ; a noi finalmente è dato l’attuarli; immenso, irreparabile sarebbe il carico della presente generazione, se, per difetto di coraggio e di sacrificii, fallisse alla bene iniziata impresa ». E poco appresso egli scrive: « L’azione politica deve favorire ed eccitare lo svolgimento di tutte le forze morali, industriali ed economiche del popolo;... le cure di tutte le autorità provinciali debbono rivolgersi a ravvivare i disegni di lavori pubblici, di educazione ( XI ) popolare e scientifica, che la privata autorità può intraprendere ». Scendendo quindi a specificare le norme, clic gli elettori politici dovrebbero aver sempre di mira, viene inculcando come « niun saggio elettore dìa il suo voto a persona, ancorché chiara per ingegno e versata nelle cose di Stato, se la sua condotta anteriore non è senza macchia, e la vita privata non ò testimonio dell’animo suo; e vieppiù se nelle cose pubbliche lasciò per lo passato una riputazione ambigua ; e se ad ogni mutare di vento mutò di procedere e di sentimenti, e se, per rendersi popolare, affètta, opinioni o fallaci o sovvertitrici ; se, finalmente, nel procurarsi i suffragi, die segni di soverchia ambizione, e discese ad arti indegne della dignità e dell’onestà di cittadino». E quando il Ricci fu chiamato ad esser parte del Ministero che dal Gioberti prendeva il nome, nella Relazione da lui presentata alla Maestà di Carlo Alberto così preludeva con severi dettati di sapienza civile alla proposta riforma della Reai Casa, che venne quindi sfrondandosi del troppo c del vano che rende nel nostro tempo incomportabile e contennenda quella pompa di uffici aulici e palatini : « Le esteriori forme della società, a voler esser logiche e razionali, hanno a rendere immagine degli ordini civili ; laonde istituzioni nazionali e durevoli sono quelle soltanto che abbiano fondamento nella storia, nel carattere, nei bisogni sentiti dai popoli, e secondino l’ordinato svolgersi di tutte le forze individuali e sociali, suprema e provvidenziale meta d’ogni umano consorzio. Perciò il vostro Ministero professava altamente che solo il principato costituzionale può dare alla patria unità, ( XII ) dignità e forza contro lo straniero nemico, i mezzi di stabilire una nazionalità libera, concorde, sincera, degna delle gloriose memorie e delle speranze italiane; che, isolato dal genio popolare, il Principato male risponderebbe ai giusti ed universali desiderii, all’ adempimento della nobile sua missione di rendere l’Italia libera c indipendente. E formava saldo proposito di adoperarsi a mettere tale un accordo tra gli ordini monarchici e gli spiriti di eguaglianza civile, che avessero quelli a rassodarsene, questi a contemperarsi infino a raggiungere la più perfetta forma di reggimento... Non coll’ avversare, ma col precorrere i bisogni della civiltà nuova, che va operando una profonda trasformazione in tutte le condizioni sociali, convien che il Principe, veramente nazionale, conformi anche l’interno ordinamento della sua Casa con quelle norme fondamentali dell’uguaglianza civile che in se tutte compendia le conquiste dello spirito umano, o piuttosto va affrettando il sospirato e profetato regno evangelico sulla terra... A queste norme e idee morali si attenne, o Sire, il Consiglio nel diviso di decreto, che, di speciale vostro incarico, si pregia di presentarvi. Piacciavi di sancirlo, e porgere al mondo il nobile e primo esempio dell’ ordinare un Reai Palazzo secondo ragione, fondata nella verità propria degli ordini costituzionali, ringiovaniti e migliorati dal senno italiano ». E allorquando, nel 1860, credette il Ricci opportuno il dichiarare altamente al Corpo degli Elettori, che gli raffermavano poscia il mandato, quei principii di libertà e di amore all’ Italia eh’ Ei compia-cevasi di aver succhiati dal petto materno e nudrili dalla ( XIII ) prima sua gioventù, e professali quando il far ciò non era per alcuno e non fu per lui senza danno c grave pericolo, non meno solenne ed animoso linguaggio adoperava- intorno a quant’ avvi di più caro e sacro per l’uomo. « Educato, egli scrive, nel Cattolicesimo, e persuaso di quella fede, non ho vergognato mai farne modesta ma aperta professione. Nelle convinzioni religiose, nelle relazioni fra Dio e gli uomini, non devono nò possono introdursi umane considerazioni ; ma , sotto il rispetto sociale e anche storico, credo che la Religione Cattolica, ove non fosse per la intrinseca sua essenza luce comune a tutti gli uomini, potrebbe per l’austera ma generosa sua morale, per la maestà dei riti, per le sue tradizioni, per la sua sede, quasi per conformità di genio, chiamarsi la Religione Italiana ». Il miglior commento alle dottrine razionali e teoriche d’un uomo si è la vita privata ; e, sotto questo aspetto, niuno poteva a Vincenzo Ricci contendere il vanto di non aver mai posto l’animo a farsi scala di uffici pubblici, o del mandato elettorale per procacciare a sè gradi ed onori che mai non ambì, e dai quali anzi rifuggì sempre per istinto di sdegnosa natura ; il vanto di aver sempre faticato pel pubblico bene senza alcun pensiero di ricompensa e di lucro; di essersi, fin dai primordi della sua vita, rassegnato, com’ Ei diceva, a morire, come difatti morì, senza quel fregio che da lui avrebbe ricevuto, più che a lui dato, onoranza. Ma, accostandoci ora alle cose, che, come enunciammo in principio, debbono fornire più dirittamente materia al discorso, è invero debito sacro del nostro consorzio, o ( XIV ) Signori il ricordare con dolente desiderio come Vincenzo Ricci fosse tra 1 primi fondatori della nostra Società, che consegui sì felice e sì rapido incremento fra noi ; che non solo si mantiene in fiore, trascorso più clic un decennio dalla sua origine, ma viene acquistando favore ognor crescente nel plauso universale degli italiani e stranieri Instituti, che si piacciono di cooperare con noi ad un intento conforme, e che ci danno sì frequenti ed onorevoli pegni di benevolenza fraterna. E bello e glorioso è per Genova che ciò si avveri nel tempo che molti spiriti della presente generazione o anneghittiscono per incuria e per manco di entusiasmo e di ardore verso gli studi, o vanno presi, e diremmo anzi sommersi, nelle brighe di una politica battagliera, gareggiante a salire colà ov’ è sì amaro e combattuto lo stare, sì precipitoso ed imprecato il discendere. E appunto in quella prima adunanza dei promotori della ligure Società veniva il Rìcci lietamente augurando ai lavori dei suoi futuri colleglli, e additando colla scorta di sagacissimi avvedimenti la via che il nostro Instituto, fra tanta luce di civiltà, avrebbe dovuto percorrere affine di non fallire alla meta desiderata. Ed infliggendo a buon dritto, e con accesa indignazione, nota di vitupero a quel popolo che, ricco di gloriose memorie, ne dimentica o ne trascura i monumenti, nò si commuove al ricordo dei fatti magnanimi de’ suoi maggiori, si compiace il Ricci nel riconoscere come tali non siano i Liguri, atti ancora a ridestare in loro quella vita, di cui serbano nel forte animo le faville; il che li rende capaci di quei felici rinnovamenti che non possono mancare alle nazioni cristiane che efficacemente li vogliono. ( XV ) Senonchò una siffatta eredità di memorie, Egli esclamava, ne impone obblighi severi di onore; nò la presente generazione vorrà disconoscerli e mancare al sacro suo debito; ma vorrà considerare che solo dalle sincere meditazioni della storia si possono ripetere i sinceri miglioramenti dell’umana convivenza. A rendere perciò più proficuo al cittadino lo studio della storia, Egli ci richiamava in quel suo lavoro, quanto ristretto di mole altrettanto ricco di dottrina e di senno, a quella accurata meditazione degli uomini e dei fatti che ci fa scrutatori pazienti così degli errori come delle virtù e dei grandi concetti de’ nostri padri; e indagatori severi delle singole parti come del complesso della vita morale propria delle genti che abitarono un tempo le nostre contrade. E, posto in pieno lume il nobile intendimento a cui dovea rivolgere e consacrare le sue fatiche il nascente Instituto, Ei voleva associata l’opera di tutti i cultori e amatori della storia patria in modo che non più riuscissero lavoro recondito e disgregato i loro studi, ma, consertati fra loro, potessero arricchire il comune retaggio. Ci porgeva Egli quindi quel metodo che giudicava più acconcio ad una bene coordinata ripartizione delle materie, inculcando singolarmente la necessità di attendere alle monografìe, da cui può sorger la sintesi della storia italiana, ed insistendo sulla importanza di dedurre dai fatti”e dalle istituzioni le leggi morali, gli stadii di civiltà precorsa e ad altri partecipata, quanto insomma costituisce l’essenza della storica filosofia. Con quanto ardore di patrio affetto, dopo avere accennato le ricerche da istituirsi negli ardimi stranieri, andava incuorandoci alla illustrazione e ( XV. ) pubblicazione dei codici molli de’ nostri annalisti, che rimasero inediti, delle Relazioni dei nostri ambasciatori, per cui verrebbe agli studi storici forse non minor luce di quella che diffusero le Relazioni dei Veneti pubblicate ai dì nostri ! E ci animava a scrutare e chiarire quanto rimane ancora d incerto nella nostra vita nazionale durante i secoli IX e X; e lunghe e pazienti investigazioni diceva ancora richiedere la storia delle nostre conquiste, delle nostre colonie, de’ nostri commerci in Oriente, e ne additava le fonti ; e, deplorando il silenzio degli storici genovesi intorno alle antiche nostre attinenze colle principali città trafficanti del settentrione, le indicava a subbietto d indagini che sarebbero feconde di peregrine notizie. Con animo reverente e compreso d’ ammirazione Ei salutava quindi il potente e meraviglioso congegno di sapienza politica ed economica che rese tanto famoso il Banco di S. Giorgio; quel Banco che gli altri Stati per sì lungo corso di secoli c’invidiarono, ma non seppero clic tardi e imperfettamente imitare; e c’invitava con calde esortazioni a meditarne e porne in chiaro le vicende, le lotte, le relazioni col commercio universale, valendoci del tesoro racchiuso nei volumi di quell’archivio, che aspettano mani risolute, perseveranti, veramente italiane, che gli aprano al mondo. Assennatamente, Egli, sull’ultimo, veniva proponendoci ad argomento di belle ricerche, quale materia non rischiarata abbastanza dalla sana critica, la natura vera e lo spirito così delle antiche leggi politiche e commerciali della Repubblica, come del regime delle colonie. Ci è avviso insomma, o Signori, che in quel ragionamento proemiale che sì meritamente sta in fronte ( XVII ) alla raccolta degli Atti della nostra Società 0), abbia il Ricci condensato, a dir così, quanto l’acume penetrativo di lui aveva saputo raccogliere intorno ad un filosofico ordinamento degli studi storici, che solo può renderli operatori di benefizio sociale, e in sommo grado profittevoli a tutti i rami del sapere e dell’arte. E quando Egli definiva il nostro Instituto una palestra di studiosi cittadini, custodi amorevoli del patrimonio lasciato dai nostri maggiori, e ci animava a render fruttifero il prezioso retaggio sfuggito alle ingiurie del tempo e dell’avversa fortuna, prenunziava felicemente ciò che sapeste avverare coi lavori moltiplici con che avvivaste le adunanze delle varie Sezioni, ed arricchiste i volumi degli Alti, che vi dan titolo luminoso per mostrarvi, in cospetto di tutto il mondo civile, fattori solleciti, anziché sterili promettitori, di opere degne del plauso dei savi, per la scienza proficue, onorevoli per la patria. Nè senza commozione profonda possiamo oggi ricordare come, a corona di quello scritto, Egli ponesse l’ammaestramento che primo, diceva allora , avremmo dovuto ritrarre dai nostri annali : la unione degli animi, la mutua tolleranza , la prudente e non punto stizzosa emulazione, aver fatto sì che da umili principii gli antichi Liguri, con rapido progredire, conducessero il lor Comune alla potenza e al felice stato che lo fece, più che altro Comune del mondo, temuto in mare; e per lo contrario, le ire eie gare di parte aver resi talvolta i nostri padri infelici non solo, ma favola al mondo ed a se stessi odiosi ; quindi (’) Volume I, pag. X1I1-XXXVI. ( XVIII ) augurava che, come auspice delle nostre adunanze era stato 1’ amor di patria, ne rimanesse compagna inseparabile la concordia degli animi. E ben parve allora presentire quello spirito di fraterna armonia, che costante fra noi si mantenne. E noi sempre delle norme sapienti, che il Ricci additava ai nostri studi, faremo prò’; sempre saremo fedeli a quel paterno ricordo, raccogliendo, come sacra eredità, quel tesoro di splendidi ammaestramenti che ora acquistava suggello di solenne autorità dalla morte. Per ben quattro volte dai nostri suffragi chiamato il Ricci ad occupare quel seggio che ora è rimasto sì inaspettatamente deserto, non fu pago al confortarci in varie occasioni di eloquenti parole e a giovarci di savie proposte; ma ognor pensoso dell' incremento della nostra Società pose opera diligente ed assidua, e rinnovò cure officiose presso il superiore Dicastero di Pubblica Istruzione e presso il Consiglio Municipale, finché al nostro Istituto si prestò incoraggiamento e favore con decorosa e stabile provvisione : ricordate come, a rendere maggiormente pregevole la raccolta degli Atti, Egli fosse liberale a’ suoi colleghi di documenti e notizie; e agevolasse le Ior fatiche, consentendo cortesemente che si valessero della scelta sua biblioteca; sapete come a procurare bene esemplati gli antichi monumenti idrografici italiani, istituisse accurate investigazioni negli archivii e nelle biblioteche di Torino, e di Firenze; con quanto zelo promuovesse la cominciata edizione ed illustrazione dei documenti riguardanti le convenzioni e i domimi dei Genovesi nel Levante; ed a tal uopo procurasse con suo ( ) dispendio e donasse alla Società nostra diversi volumi; e quello singolarmente delle Memorie della Società di . Stona ed antichità di Odessa, delle quali è parte per noi sì importante lo Statuto di Gaffa del 1449. Ma, a rendere ognuno vieppiù capace di quanto ardore Ei proseguisse gli studi storici, e bene ne meritasse come operoso cultore, giova anche accennare che nel riordinarsi in Torino della R. Deputazione sopra gli studi di Storia Patria nel 1860, essendo a lui conferito l’ufficio di _ Vice-Presidente della Sezione Ligure, cresceva pregio al quarto volume della Miscellanea di Storia Italiana, pubblicata per cura di quella Deputazione, col porre in luce una serie di 450 lettere inedite, indirizzate al patrizio genovese Giannettino Giustiniani dal cardinale Mazza ri ni, ricavandole dagli autografi che possiede l’egregio avvocato Ambrogio Mollino; e corredava quella raccolta di un erudito proemio, nel quale è rilevata la importanza di quegli scritti, in cui si palesa la mente dello statista italiano « che per quasi diciotto anni tenne in Francia il supremo potere, e raffermò l’unità di quel Reame senza le atrocità, e senza l’orgoglio del suo terribile predecessore ». E considerava come gran luce da siffatte lettere si diffonde non solo sugl’interessi francesi in Italia, negli anni che corsero tra l’agosto del 1644 e il dicembre del 1659, ma sulle agitazioni politiche della Francia, sulle lotte col Parlamento, sui tumulti di Parigi, sulle offerte alla Repubblica di Genova, fatte per istaccarla dall’alleanza di Spagna e condurla a quella di Francia. E, rallegrandosi che la Deputazione attendesse a far di pubblica ragione tutti gli statuti genovesi dal secolo XII al XV, ( XX ) veniva proponendo die avessero a comporre il secondo volume delle Leges Municipales nei Monumenta Historiae Patnae; onde avvenne, che, accolta quella proposta dal favore concorde della generale adunanza, fu affidato 1 incarico di preparar là materia e illustrarla ad una Commissione speciale, di cui era Egli eletto a far parte insieme al conte Cibrario, al commendatore Giambattista Adriani, e a quelli infaticati e chiari nostri colleglli, cui deve tanto del suo progredire e del suo lustro la Società Ligure, i cavalieri Tommaso Belgrano e Cornelio Desimoni. E grato mi è qui l’annunziare che quel lavoro compiuto per le cure appunto del Ricci e dei due dell eletta schiera, dei quali vi ho qui in ultimo enunciato i nomi onorevoli, già venne inviato al Consesso illustre, che ne renderà comune il profitto ai cultori della scienza e a quanti hanno a cuore la religione delle patrie memorie. Signori! sul mancare del giugno 1865, Vincenzo Ricci pronunciando, con visibile commovimento dell’animo c con voce tremante per la interna angoscia, parole di supremo commiato presso il feretro del suo Lorenzo Pareto; che un folto corteo di cittadini accuorati avea seguito nel sacro asilo, applaudiva con lagrime a quello spontaneo e meraviglioso accorrere di un popolo intero per tributare omaggio di sincero compianto all’ amato e benefico concittadino; e, deplorando la perdita di quel buono, sciamava: « Consentite a me, vecchio amico e talora compagno di sue ardue fatiche, eh’ io doni 1’ ultimo vale a Colui che porta con sè tanta parte, e la più preziosa e più cara, delle memorie di tutta la mia vitaI » ( XXI ) Nel dì 22 maggio 1868, vedemmo, o Signori, rinnovalo quel mesto commovimento nella città, rinnovato quel funebre e numeroso corteo; su tutti i volti era l’impronta di una sventura! E perchè? Vincenzo Ricci, cuore aperto alla beneficenza, fervente in tutti i nobili affetti, rapito con subito disparimento alla patria, era salito a riabbracciare nelle sedi eternali lo spirito che avea quaggiù vissuto al suo spirito sì strettamente congiunto ! A me, con molli di Voi, collocalo presso la bara nel sacro recinto, in mezzo a Senatori e Deputati del Regno, in cospetto di due valenti oratori, si addiceva allora il silenzio. Oggi il qui vedermi in famiglia, m’ infondeva coraggio, e v’intrattenni commemorando le doti che ornavano il nostro ottimo Presidente e i beneficii che da lui derivarono al nostro Instituto. Ponendo ora fine al mio dire, mi conforta il pensiero che Voi mi abbiate con qualche favore ascoltato, perchè, non le mie, ma quasi sempre vi porsi le parole medesime dell’ Uomo specchiatissimo che ci lasciò ! (') Pronunciata nella solenne adunanza generale del o luglio 1868. DOCUMENTI ISPANO-GENOVESI DELL’ ARCHIVIO DI SLMANCAS ORDINATI E PUBBLICATI dai socii MASSIMILIANO SPINOLA L. T. BELGRANO E FRANCESCO PODESTÀ . 1 ■ ■ / documenti ette qui si pubblicano fanno parte di una preziosa Collezione di estratti, procurata con ogni pia desiderabile diligenza dall’Archivio di Simancas a S. A. li. il Conte di Villafranca. Il quale, aderendo alla preghiera indirizzatagli da questa Società, ha consentilo liberalmente a che venissero messi a disposizione della medesima. Tali atti sono in numero di circa dugento ; e (salvo pochissimi di recente usciti a stampa) inediti non solo, ma sconosciuti. Se ne togli alcuni, i quali hanno tratto al principio di quel periodo che suole da' nostri annalisti chiamarsi della ricuperata libertà, gli altri si rag guardano precipuamente a due fatti: la Congiura, cioè, del conte Gian Luigi Fieschi; i progetti e le trattative per l’erezione in Genova di una fortezza, che avrebbe resa l’Iberica Monarchia padrona assoluta di quella Repubblica. Non sono però, questi due fatti, considerati in sò stessi (n de’ quali, oltre ad alcuni di noi, pigliarono a trattare di fresco più egregi scrittori), che mossero la Società a profilare delle ( 4 ) maggiori larghezze concedutele dalla prelodala A. R., e a deliberare così, la presente pubblicazione ; sibbene le infinite particolarità che si vengono come aggruppando intorno ad essi, e riescono della massima rilevanza. Siffatte particolarità non saranno al certo per is fuggir e alla sagace penetrazione dei lettori ; noi però non mancheremo di presentarne loro la sintesi, in una Relazione che terrà dietro al testo dei documenti medesimi. Di note saremo parchissimi, limitandoci a quelle che si renderanno strettamente necessarie per la più spedita e completa intelligenza degli alti. Genova , Settembre 1868. DOCUMENTO I. Brano di lettera di Andrea D’Oria, con cui assicura l’imperatore Carlo V della fedeltà dei genovesi. 1528, 26 ottobre ( Estado, Legajo num. 1362, fol 133) Syre. Ardisco dire che veduta et inteisa che hanno tutti questi signori de la terra la delta littera, in quella parte che tocca el particolare de la Cilà, doue si conosce la memoria che V. Majestà ne tiene (’), che così corno prima generalmente tutti erano affectionalissimi seruitori a quella, al presente ne ha lassato la peste, li sono restati perpetui affectionatissimi seruitori et sclaui, et dico tanto quanto li soi proprii subditi che sono nel core del suo regno di Spagna, et sensa alcuna diferenza, tal conto si ne può fare; et non tacerò che Dio ha facto euidentissimo miraculo a disponer tanto bene, et unire tante contrarie voglie in uno ponto di questa terra. Però mi confido in la sua bontà et clementia, mediante la bona intentione di V. Majestà, che questa cita perseuerarà di bene in meglio et ben deuota al seruicio di quella. (’j Quale sia questa missiva di Cesare, che, al dire del D’ Oria, pose in tanta allegrezza i genovesi, non è punto accennato nella copia del documento onde ci gioviamo per la presente edizione. ( G ) DOCUMENTO II. Altro brano di lettera, con cui il D’Oria prega Cesare perchè gli piaccia surrogare con altro soggetto 1’ ambasciatore Don Lopez de Soria. 1528, 30 novembre (Estado, Leg. 1555, fcl. 205) aDrl^VnC7 1Dle”der a V. M. clie essendo l’altro giorno comparso qui ouesn et'0 °^C, ' ^0I*a com*sa™ d' quella, per venir ambasciato!1 suo in • ìue^ti cìrr ’ secon 0 'i les^ideua al tempo de’ signori Adorni (’), intendendolo Lono in° ,r' ° ouerno, et considerando le longh,e pratiche da esso Don sf* U T* AJorai’el "X1*ric”tia che 1,3 d2 ,uui " risDeitn 5 parseli non esser conueniente admellerlo per tal , e tanto più conuenendo alla noua reffòrmatione et institutione presa ouietp At*3 °°ni U,n^rezza et gelosia che possa preiudicarc alla presente suplicai lo lllml sn0princ°ra ^ ^ '' ^ S'gn°ri 81 mia SCTÌSSÌ Ct _ . ,. ‘ Pe ( )> con ordine del qual era venuto, fosse contento, sidenrh Seruic‘0 ^ com’anche a me par conuenire, la res- nur h Un SU° am^assac*ore qua. destinarli qual si volesse altra persona, nel ■ f mnCaSSU ^ 1ueste ,al pratiche et suspicione che si presupongano araiìt i • ò °D ^°Pe> Per c^e sarebbe, com’ è debito, acceptato di singular di tal ' ’ ParS° ^e^'t0 ^arne notlcia a V. M. ad ciò non resti maravigliala snn tenlia’ suplicando ancor lei si degni, volendo tener Ambassadore far-ì e| ljroue^erli, com è detto, d’altra persona, perchè oltra che si et 1' SerUILÌ° SU0> satisfara anche mirabilmente al viuer di questa Cita, metter-I^V inl8Dder vo,er,a conseraar in quella libertà, che s’ò degnata di V \i ■ DOn 0CC0reD^0we altro, resto pregando n. s. Dio, che vita et stali '• ^esla C0Dse^i et sublimi con la felicità. leccLH'7. ,GmP° dCl. d0gat0 d’Anfoniotto Adorno. Nel voi. XXIV della Co-dispacci di .°CUment0S inedttus Para la ldstoria de Espana, si hanno parecchi 43*3 a/ Ì TZ’ rC,alÌVl a,,a sua ^«onc di Genova, da. 31 agosto °-s 31 novembre 1527. (*) Forse il Principe d’Orangest ( 7 ) DOCUMENTO III. Altro squarcio di lettera del D’Oria, il quale informa Carlo V dei maneggi de) Ile di Francia. 1528 , 2 dicembre (Estado, Leg. 1553, fol. 2G0) ..... Vn altra cosa mi occorre far intender a Y. M., più per debito de mia seruitù et per informasione de le pratiche de soi inimici, che per expettacione di maggior premio nè di altra cosa de lei, per che li trattamenti che V. M. s’è degnata farmi, et le molte gratie et mercede che già da quella ho hauuto, excedano mille volte i meriti miei. Però la saperà corno nouamente per via indiretta, et per parte del Re de. Franza et de Sant Poi, mi sono stale factc grande offerte, pur ch’io volessi solamente operare, giudicandomi potissimo mezzo che questa Cita se non voleua inlrare con esso in liga, conio la per-suadeua, restasse almanco neutrale, nè deppendesse più ala deuotione de Y. M. corno a quella del prefato Re de Franza; lo qual in tal caso prometteua remetlerli ogni ingiuria di quello che preteudeua esser offenso, et lasciarlo in quello termino die si troua; al che ho facto quela resposta che mi pareua conuenir al seruicio di V. M. et a l’honor mio, la qual può esser certa che fin eli’ io viua, et se sarà possibile anche doppo la morte, non mancarò mai d’ esserli quel fidelissimo seruitore che li son tenuto. ( « ) DOCUMENTO IV. liarcz l*° ligueroo, ambasciatole presso la Repubblica di Genova, n . ' ‘-‘-r111,11 io Imperiale D. Francesco di Covos la partenza del "a, e gli fa noti alcuni particolari riguardanti il medesimo. 1 ì>2.), 8 ghigno (Esiado, Leg. 1502, fol. 8) lo que dèuo al^ruicb1 7“*“ ^ preSUD«ÌOn P°r CUmp,'r C°n todo pi fan« J»ageslad, quiero acordar lo que aqui dire, que Tel 1 y ”mfd l|U0 Su “■*«*«* en publici sera bien uicio de Su y^'1" ,a 'olamat* e* maestra de yr derecliamcnte en el ser-abioridnd r °C ^ P0I(Jue l0^as *as cosas de aqui dependen de el con la de ane L ^ n aperto', ma ncn «in ” SPa£l,a- Si blandisca dunque Cesare, mutando le circoT^!^^ 3 ^ dC’ ^! ** ) potrebbe senza molli ostacoli sbarazzarsene. ( 9 ) DOCUMENTO V. Andrea D’Oria prega l’Imperatore acciò voglia comprendere la Repubblica di Genova nella pace col Re di Francia. 1529 30 novembre (Estado, Leg. 13G2, fol. 134.) Sacratissima Cesarea Catolica Majestà Essendo questa Republica nouamenle auisata dal’ homo suo residente in Franza (1), corno francesi non intendeno in alcun modo che questa cita resti compresa in li capitoli della pace fatta con Vostra Majestà, anzi apertamente (5) la tengono per inimica, corno cosa de la quale dicano esser stati mollo offesi, mi ò parso, oltra quello che già ne ho parlato et scritto a Vostra Majestà, tornarla a supplicar, che si conio detta Republica è stata et ò deuolissima et fidelissima al suo seruilio, e per questo rispetto l’ hanno exosa, cosi Vostra Majestà si degni in questo caso (seguendone ai soi ambasciatori o altri che gli parerà in Franza) talmente fauorirla, che le persone e i beni di essa non riman-ghino in preda di francesi, ma che siano espressamente nominati et inclusi in detta pace, corno di adherenli et deuoti di quella, secondo hanno fede et speranza in Vostra Majestà, et secondo -da lo Ambasciatore di detta Republica quella ne sarà anche più largamente informata (3); de che tutta la Citò ne sarà (’j Qui trattasi di un qualche agente segreto. (2) La pace di Cambiai, sottoscritta il 5 agosto 1529 (V. Dumo.nt, Corps Diplom., voi. IV, p. II, p. 7). (3) L’ambasciatore era il conte Sinibaldo Fiesclii, al quale pure si accenna nel Documento VI. Per ben due volte ei fu nel 1529 spedito a Cesare dalla Repubblica; cioè con istruzioni del 3 marzo e 12 dicembre. Colle prime veniva specialmente incaricato di ottenere da Carlo V « che in ogni e qualunque pratica d’ accordo, pace o tregua che si concluda, si facci menzione espressa della ( 10 ) perpetuamente obligata a Vostra Majestà. Et io insieme con essa ne rcccuorò gratia singulare, pregando Nostro Signor Dio clic la vita et Stati di quella conserui et sublimi conio desidera. Da Genoa, alli xxx di nouembre ai. d. xxix. De Vostra Sacratissima Cesarea Catholica Majestà humillissimo seruitor qual sue man basa Andrea Doria. DOCUMENTO VI. La Repubblica di Genova prega Cesare di volerla esaudire nelle sue domande contro le pretese di Francesco II Sforza Duca di Milano. 1529 2G dicembre (Estado, Leg. 1502, fol. 108) ^ Sacra Gesarea e Catholica Majestà. Cesarea Majestà ^ ' -*0500 ani*)assat0r di questa Republica apresso Vostra detta Vostra (’ ' ^ Tr' ÌU° C*16 'a ,e ciomande fatte per lui in nome nostro a * ajestà, tocante il stabilimento de li loci de le confino no- lermezza della nostra libere', » in modo che la I{c > jki- * ’ scconde poi gli ora commesso: 4.° di fare fra Cesare il Pm,1 r 103 lestasse 00mPresa nella lega die si stava trattando si concluse diradi j] or?00500 11 S,orza Duca di Milano ed altri principi, e clic Par- D, p. 53). oc )■ ICCin,Jre dt'110 ^so anno 1529 (V. Dmoxt, voi. IV, vestitura de’ luoghi di Nov°CW0TC 3,18 R<‘pu^)lica medesima un diploma d’in-Pretese ricordafP°'.n„ \°' *’ G°' *’ °'ada Jiacconc, sui quali lo Sforza vantava le 0 0,00 *’>Dn°- v. m suZi 'T 10 dc "eri a sci i' "«• » -* quale andando a Gennua "incont ^ ^ ^ Conte ha data libertà à t V1CID° qUeSta DU°Ua’ eg,i d,Ce °bc Jctt° et che (ìi'innoit' n • ciurme delle galere del detto Principe, mazzato di trP ° ^ ^ a in que. tumulto, fu an- rìio à lui. Del P 61 Che persone che lo viddero morto l’hanno rife- dire che peri 2; t Ò C,1C S'a mortj; a,CUnÌ VOg,ÌODO alla volta di PnnPm n-"™ ° Arena si sia sa,uat0 sopra una fregata di V. M pj 6 1 tU|l° (,Uest0 1)0 dal° auiso a ciascuno de’ Ministri cassero per GenT^1'10 ^.i Sl°l,ia C,ie Sl riteDS,iino tutti i nauili che si cariche per seruitio di'Tm f0llr° * h° pregat0 '' DuCa d‘ FÌ°rCDZa Che voelia cnlr.™ ■ r ' Cl medesimo in tutte le parti di Toscana, et cose di°V. M pi™ ^ ° C°nfi.DI de’ Genouesi, et dar tutto quel calore alle possino far infino I °t‘ ^ P°SSlbl,°'. Et domattina penso dar ordine che si non sia faitn 6 ° flUattro milia funli; persuadendomi che questo moto non debbino mann ^PUta et J^teNigenza del li e di Francia, et che francesi come quei che ^ ^ ^ Vla Cll<3 Potranno di ai‘ular quest0 tumulto, e que, che sanno quanto danno ne può resultar a V. M Ponsò anchora domani n i* i vicino et alle cose di r irmene in Alessandria, per esser più enova, et a quelle d’Aste et del resto del Piemonte; (') Imperiale D’Oria, figlio di Bartolomeo c di Peretta qm. Stefano D Olia, signore di Dolceacqua. Mori all’assedio di San Fiorenzo, nel <533. ( 17 ) et dal curito mio usarò tutto le diligcntie possibile.. Et V. M. nc sarà auuisata continuamenli; con la quale mi doglio di questo subito caso, si perche egli può inquietar le cose de qua, si perchè sono in dubbio se nuocerà poco alla vittoria cosi honorata che V. M. si trova nelle mani. Di Milano, alli ni di gonaro 1 oi7, à sei hore di notte. DOCUMENTO XI. Relazione inviata dalla Repubblica di Genova a S. M. \ 547 , 4 gennaio (Estado, Leg. 1370, fol. 72) Sacra Cesarea e Catholica Majestà. Acciochè Vostra Sacra Cesarea Catholica Maestà possa quietar per la pura verità de gl’accidenti et importantissime nouità seguite in questa Città la notte venendo il terzo giorno di questo instante mese, gli diremo qualmente riposandosi ogniuno sotto questo felicissimo gouerno, il Conte dal Fiesco e suoi fratelli se-cretamentc introdussero in la città alquanti soldati e subditi, e cosi alle noue ore dell’ istessa notte partendosi dal suo Palazzo, camino con la gente verso il Dar-sinale doue siuernano (') le galere del Principe Doria, e così hauendo prima [in l’oscurità e confusion della notte occupate doe porte della Città, sforzati et ammazzati li custodi del Darsinale, tanto si adoprorno che metterono l’istesse galere in libertà, e così le disarmò, morto il capitan Gioannetino chi veneua a soccorrerle; e tanto fu repentino il caso che prima s’intesero gl’accidenti tristi che la noticia. E non ostante ebe l’bora causassi confusione, non per questo mancassimo di congregarsi e rauedersi per riparar alla più importante causa, cioè alla conseruation del stato, e cosi stetemo insin al giorno prouedendo a tutto quel che fora necessario col maggior nrdor de tutti e desiderio di conser-uarsi, del mondo. Venuto il giorno, visto li contrari e coloro chi haueano tumultuato, che alcuno della città non si era mosso in fauore, lor presero per espediente uscir della città ; e dicesi per cosa certa che l’istesso Conte resti affogato in mare, passando armato da galera a galera. Il Principe (*) Vocabolo marinaresco, clic vale svernare, restare in disarmo lungo l'inverno. \ *'■' ) Doria, gratia Dio, è viuo; et al ritorno dello galere età ridurle nel primitiuo stato s’ adopriamo et adopreremo con tutte le forze , talmente che si può spe rare di buon frutto e presto, essendosi ricuperato più delli doi terzi della chiurma. La città resta in quel pacifico di prima; li cittadini tutti et habitanti dispostissimi a consertarla in la sua libertà et alla continua deuo-tioue di S. M., come hanno fatto insia al dì d’hoggi e faremo in 1 auenire. Tuttavia si vano facendo le prouisioni per ben assicurarsi et a ingagliardii si di forze, per poter resistere a tutti li nuoui accidenti che soprauemr potessero impensati, e che si puotriaa temere, non sapendo più oltra, anchor che, gratia Dio, si veda vn ardor in tutti, chi ingagliardirebbe vn mondo, di conseruarsi in questo pacifico alla deuotion di V. M., come più apieno raguagliarà detta V. M. il suo Ambasciatore, quale è stato presente al lutto. Questo è il stato di questa Republica per l’istessa verità narralo. Quel che succederà in 1 avenue sera dal detto suo Ambasciatore e da noi raguagliata. Nostro Signor Dio con serui la persona di V. G. M. et augumenti li felici successi di quella conformi al suo santo disio (’). Da Genoua, alli mi di genaro del m. d.xlvii. Di V. S. C. C. M. humili et devotissimi servitori Duce e Governatori della Repubblica di Geno\a. Ambrosius. DOCUMENTO XII. Altra di Adamo Centurione a Carlo V. 1547, 4 gennaio (Estado, Leg. 1579, fol. 171) Sacratissima Cesarea Calholica Maestà. Ritrouandosi il Principe a letto con un poco d’indispositione per una doglia venutali in un braccio, occorse dominica prossima la notte, che il Conte (’) Questa lettera, con qualche variante di poco momento e colla data del 3 gennaio, fu già pubblicata dal Bernabò-Brea (Sulla Congiura del conte Gio. Luigi Fieschi, Documenti inediti raccolti ecc.; Genova, 1863; p. 12;. Dove può anche leggesi (3 gennaio) una somigliante relazione della Signoria stessa al Gon-zaga (p. 14), colla relativa risposta del giorno o, speditale da Voghera (p. 17;. ( 19) di Fiesco con soi fratelli, del quale tanto manco si persuadeua una tal sce-leraggine, quanto sempre è stato reputato da proprio figlio dal prefato principe, hauendo prima li giorni passati fatta venire da Civitauecchia una sua galera, la quale daua fama di voler mandar in corso, sotto colore di armarla bene di gente da combattere, era andato introducendo in questa città da trecento huomini suoi sudditi, et cusì con quelli el con non so che altri di-sgratiati eh’ era andato solleuando, occupate prima le porte della città, andarono a la volla della Darsena, doue slauano le galere ridutte in siuerno, et le sacchegiarono et disarmareno tutte, con l’hauer sferrato tutti li forzati et schiaui che vi stauano sopra; il cui rumor sentendo il Capitano Giannetino, che si trouaua col Principe, imaginandosi ogn’ altra cosa che una tal scele-raggine, andò alla porta per intrare, doue fu morto et assassinato. Depoi andando detti Fieschi scorrendo tutta la città, chiamando il popolo alle arme, niuno si mosse; anzi, come fu hier mattina il giorno, si usò tutta la diligenza che si conueniua alla conseruatione della città in tornar a recuperar le porte occupate da loro; et così morto il detto Conte, autore di così nefanda congiura, il quale si stima che annegasse alle galere, gli altri incalciali da quelli della terra, andarono via, di maniera che la città resta quieta et alla solita deuotione di V. M. ; et così ne può ben star con l’animo molto quieto. Il Principe, sentendo il tumulto, s’imbarcò con una fregata, et andò ad un loco qui vicino, doue hoggi mando una lettica a leuarlo. Io attendo a fare quanto si conuiene alla deuota seruitù mia verso il seruitio di V. M., et à fare armar le galere con li schiaui e forzati, che si vanno trouando per la città et per i lochi conuccini, e con l’aiuto di N. S. Dio s’andranno recuperando. Et così facendo fine, prego Sua Diuina Maestà conserui et prosperi la M. V. come desidera. • Da Genoua, li imi di Gennaro 1547. Di Vostra Sacratissima Cesarea Catholica Maestà humillisimo seruitor il quale sue mani e piedi bascia Adam Centurione. ( 20 ) DOCUMENTO XIII. Notizie del Figueroa al Gonzaga sul ritorno c la saluto del D’ Oria c sulle condizioni di Genova. 1347, 4 gennaio (Estado, Leg. 1379, fol. 221) (Extra) Al \llrao y Exmo Seiior, el Seiior Don Fernando de Gonzaga, ecc. (lntus) ^ o tenia escrito la que va con està, y este correo se ha detenido espe- • irando la venida del Principe, el cual vino boy alas xxn horas, bien fatigado de su brago, con la alteracion del camino y la congoja del caso subeedido, que en verdad me ha hecho laslima de velie, todauia le he consolado y dado buena esperanza que S. M. terna memoria del, y de los bijos del capitan Juanetin Doria. Poi la antecedente di aviso a V. E. en los terminos que estavan las cosas desta Ciudad; la cual, con ayuda de Dios, va perseverando y tornando en el piistino estado que solia, y con la tornada del Principe se asosegara todo, y se dara remedio a todo lo que mas es menester; y las galeras se v.m tornando à armar, y esperò en Dios que, demas del daiio seguido de las muertes de Juan Doria, y del Conde y de otras personas particulares, no habia mas daiio. \ erdad es que es menester que S. M. de remedio a castigar tam grande sacatamiento, y dar orden corno se tengan aqui alguna fuergas para refrenar la ynsolencia de algunos mal inclinados, por que si no lo liace se podria seguir otro mayor ynconveniente del passado, y no sera en mi mano podello estoruar ni remediar. El Coronei miger Agostin (’) ha llegado aqui, y segun me dixo hezo bolver sus hermanos con la gente que traliia por los abisos que le dimos de los terminos en que estavan las cosas que ha sido cosa bien acertada Despues de escrito lo de arriba, he recebido la carta de V. E. en respuesta de la mia de la misma datta, y por ella quedo avisado del de-splacer que V. E. ha tornado del caso subeedido en està ciudad, ansi por qui toca al servicio de S M., corno por la quietud y pacifico desta ciudad, la qual por justa causa se deve sentir por todos respectos; y por otra se pueden alegrarse del buon subcesso, y que las cosas hayan determinado en (’) Agostino Spinola, del quale si parla moltissimo in appresso. ( 21 ) bien que hasido, cosa que yo no esperà va; por lo qual sean dadas ynfinitas gracias a Nueslro Seiior; y por està causa me paresce que Y. E. no deve pasar mas adelanto con la gente, ni hacer otros aparatos, pues las cosas estan quietas, y se attiende a dar orden para que se pueda bivir con quietud y pacificamento, y mas con la tornada del Principe y venida del coronel Agostin Espinola que daran mucho favor a los que son bien inclinados. Si otra cosa sera menester, yo dare aviso à V. E. de passo en passo; cuya Yll.ma y Ex.ma persona nuestro Seiior conserve y prospere, con acrecientamento de mayor estado. De Genova, a los mi de Enero mdxlvii. servidor que las yll.mas manos besa Gomez Suarez de Figueroa. DOCUMENTO XIV. Relazione di Andrea D’Oria a Cesare. 1547, 4 gennaio (Estado, Leg. 1379, fol. 109) Sacratissima Cesarea Catholica Majeslà. Io sono certo che V. M., la quale sa parte di quello che già ho operato a beneficio del Conte di Fiesco, piglierà admiratione ch’egli habbi potuto contra di me pensare, non che operare, cosa alcuna trista; ma molto più le dourà parer strano, che sendo lui vasallo et pensionano di V. M., habbi presumito tentar di solleuar questa città et pigliar le galere che tengo al seruitio di quella, con il maggior tradimento che sia mai stato usato da alcun’ altra persona scelerata ; però che uedendomi il detto Conte da quattro giorni in qua star iu letto, per una discesa venutami in uu brazzo, et che Giannettino per la indispositione mia mi dimoraua assai intorno, gli parse occasione, per auentura più facile, di poter eseguir il suo maluagio pensiero, dissimulato, per quanto si comprende, già molto tempo innanti ; perchè ogni uolta più in apparentia si dimostraua amoreuole verso di me et delle cose mie, venendome in casa ogni giorno, et conucrsando et mangiando con Giannettino, come se l'ussero stati fratelli; sì che Dominica la notte, che furono li dui del ( 22 ) presente, circa le dieci bore, Imuendosi prima ridutti in casa diuersi soi sudditi di montagna, et qualche pochi adherenli qui della città, gente però tutta di bassa et mala conditione ('), sotto colore che li accumulasse per metter ad ordine una galera che diceua di voler mandare in Leuante, uscitte il d'Hto Conte alla volta de la Darsena oue stanno le galere, hnuendo prima falto metter la detta sua galera a la bocca della detta Darsena che alcuno non potesse intrare nè uscire, et dall’altro canto mandò uno de’ soi fratelli a pigliar la porta della città qui presso la casa mia (') con inganno, et un’ altro fratello con altre genti andaua scorrendo per la città, et chiamando il Popolo a pigliar le arme et la libertà, cridando anche qualche volta il nome di Franza, con dar fama della morte mia e di quella di Giannettino insieme; et restando la brigata tutta sbigottita, venne falto al detto Conte di amazzar la prima guardia delle galere, et in appresso, col rumor grande che si fece, dar adito olii sforzati e schiaui di sferrarsi, eccitandogli egli medesmo alla libertade. Et come volse la mala sorte che Giannettino non potesse aver noticia alguna della presa della porta, nè d’ altro, saluo del strepito, et andando per riconoscerlo, come fù dentro la porta della città fù amazzato da quelli traditori, che la teneuano occupata; della qual morte V. M. può bene comprendere quanto mi debba dolere, non solamente per il sangue et per tenerlo per figlio, ma anchora per seruitio di quella a cui era deuotissimo et suiscerato quanto si possa dire. Et come piacque a Dio, io me saluai a cauallo distante dalla città circa xv miglia, de doui sono ritornato hoggi qui. Et non ostante le molte trame et persuasione del detto Conte, et il tumulto grande seguito, hauendosi anche impatronito de altre principale porte della città, V. M. ha da saper che tutte le bone rella-tione che continuamente le ho fatte della uniuersal deuotione et osseruancia verso /ei di questi cittadini, sono stale inferiori assai alla demostratione et effetti che addesso se sono visti, perchè li gouernatori di quella et tutti li gentilhomini et altre persone di conto, con la diligenza anchora dell’ambas-sadore Figueroa, non potriano hauer fatto più suo debito di quello che hanno fatto per conseruarla a seruitio di V. M. et per recuperatione delle cose mie; di modo che vedendo i ribaldi non reuscirli il disegno, et che se li cominciaua a far ostaculo dagli amici miei, si relironno circa una hora e mezza di giorno in Violato, et dipoi assai presto verso un lor castello. Et poi che di questi accidenti so che V. M. sarà auisata da altri, ho voluto aui- (’) Come altri cittadini raunasse Gian Luigi a tradimento nel suo Palazzo di Vialata, e per violenza li avesse complici nelle trame, dicono tulli gli storici. (’) Cioè la porta di san Tommaso. ( 25 ) sarnela aneli’ io particolarmente, acciò stia più con 1’ animo riposato delle cose di questa Città, essendo già quietato tutto; et tanto più non hauendo voluta Iddio lasciar impunito il detto Conte, il quale si afferma che, volendo montar in la galera capitania, li fusse data una archibusata et che cadesse in mare, doui restasse affogato (’); suplicando V. M. si degni mostrar per sue lettere alli delti Gouernatori quanto si sente seruita della fede el constantia loro verso quella. Et in appresso, benché sia più che certo che V. M. debba far di quelle prouisioni et demostrationi conira il detto Conte et fratelli che ricerca un tanto tradimento et assassinamento, il quale si è poi saputo che haueua ordinato di fare in la persona di Giannettino, in volerlo menare a punto questa notte a cena con lai „ et dipoi condurlo in una camera et amazzarlo per più sua sicurezza, et successiuamente venir ad amazzar me et a Tar il resto che ha falto, se non che ha dubitato non si scoprisse il trattalo (5); la supplico con quanta maggior instancia posso, che, conforme alla giusticia sua et per esemplo di tanta sceleraggine, si degni mostrar quanto ella ne sia stata offesa, che al resto del danno et reparatione delle galere resterà remediato come conuiene al seruitio di V. M., verso la quale spero che Iddio mi farà anchor gratia di prolongar la vita et la mia seruitù; che così prego la Diuina S. M. prosperi et feliciti ogni sua impresa. Da Genoua, li mi di Gennaro 1547. Post data. Non mancherò di dir a Y. M. che hauendo il detto Conte, ouero l’altro fratello che viene a succeder a lui (3), alcuni castelli nel Stato di Milano, V. M. potria comandar a Don Ferrando Gonzaga che ne facesse pigliar il possesso come di suo ribelle; li altri castelli li tengano sul Piacentino e Par-megiano, che per auentura facendone scriuere V. M. al Djica di Piasenza sarebbe facile che se li pigliasse per lui. Di Yoslra Sacratissima Cesarea Catholica Maestà humillisimo seruitor et vasallo il quale sue mani Lascia Andrea Doria. (’) Che il Fieschi cadesse in mare, colpito di moschetto, corse voce allora ; ma senza fondamento. (2) Questi progetti di sangue pare che debbano attribuirsi piuttosto che al Conte direttamente, a Giambattista Verrina suo consigliere, ed anima della cospirazione. (5) Il conte Girolamo. ( 24 ) DOCUMENTO XV. Altra dello stesso al Gonzaga. 1547, 4 gennaio (Estado, Leg. 1379, fol. \o\) Heri da Masone feci scriuere a V. S. Ill.ma il successo della notte innanti in questa città per il tradimento del Conte di Fiesco, qual ò stalo tanlo maggiore, quanto più si dimostraua amico a mi et fratello a Giannettino, et eh’ io per il detto Conte ho fatto quelli uflicii che mi fosse stato figlio. Moggi sono tornato qui, doue da tutta la città mi è stata mostrata quella buona volontà che prima mi haueano dimostrata con fatti in recuperatione delle cose mie et in fare ostacolo al detto Conte, benché questo principalmente si ha da attribuire alla universale deuotione et osseruanzia che ella porta a S. M-, della quale non hò mai hauuto dubbio; et con questa dimostratone V. S. Ill.ma ne può stare con 1’ animo tanto più quieto. Non lascierò di replicare come hauendo fatto venir il detto Conte diuersi suoi sudditi, sotto colore di voler mandare una sua galera in corso, et sapendo ch’io staua in letto da quattro giorni in qua, per una discesa venutami in un braccio, et che Giannettino per l’indisposition mia mi staua intórno più del solito, gli è parsa occasione per auentura più facile da poter exeguire il suo maluagio pensiero, dissimulato di inolio tempo innanti, perchè in apparentia se mi dimostraua sempre più amoreuole, et così a Giannettino, et conuersando et mangiando spesso con lui et venendo a vedermi ogni dì in casa; et così dominica, circa le x hore, uscitte con qualche numero di plebei anchora suoi seguaci, tutti di bassa conditione et di mala sorte, oltre li detti suoi sudditi, et venne alla Darsena oue stanno le galere, hauendo fatto mettere quella sua alla bocca della Darsena, che ni uno potesse entrar nè uscire, et da l’altro cauto mandò un suo fratello con genti a pigliar l’armi et la libertà, et anco fù sentito gridar il nome di Francia. A lui venne fatto d’ammazzar all’improuiso la prima guardia delle galere, et con quel tumulto eccitare li schiaui et sforzati alla libertà. Et Giannetino non sapendo che la detta porla fusse persa, andando per riconoscere il romore delle galere che hauea sentito, quando fu alla delta porta, l’ammazzarono. Però non volse Iddio lasciarne allegro il detto Conte, ( 25 ) nè impanilo, perchè volendo montare su la galera capitana, gli fa data una archibusciata, et cadette in mare oue restò affogato (per quanto si afferma); et tra questo, et che niuna persona di conto si volse dimostrare in suo fauore, siati che furono li fratelli fin ad un’ hora et mezza di giorno patroni delle porto principali della città, si ritirorno in Violata, e dipoi a Montoglio loro castello. \. S. Ill.ma può giudicar che natura trista fasse di costui, che se non dubitaua di essere scoperto, hauea dissegnato menar Giannetino appunto questa notte a cena con lui, sotto colore di festeggiar la sorella maritata nel cognato (’), et dopo cena retirarsi in una camera et ammazzarlo, et inoltre per più sicurezza venire ad ammazzar me, et fare il resto eh’ ha fatto, et essendo vassallo et pensionario di S. M. presumere di tentare di solleuarle questa città e pigliare le galere .che io tengo al seruitio di quella. Però tulto saria stato niente, se la mala sorte non li facea succedere la morte di Giannettino, della quale V. S. Ill.ma può comprendere quanto ne resti afflitto, el per il sangue et per essere tanto diuoto di S. M. et di V. S. Ill.ma, alla quale sono certo, che per tulli i rispetti, et perchè so che 1’ amaua, ne debba dolere. Al resto delli danni et reparatione delle galere non si mancherà di riparare quanto al seruitio di S. M. conuiene. DOCUMENTO XVI. Nuove c più circostanziate informazioni del Figueroa a S. M. 4347, 4 gennaio (Estado, Leg. 1579, fol. 200-202) (Extra) C. M. del Emperador y Soberano Seiior, etc. (lntus) Està manana (sic) he escrito a S. M.dos cartas breues, dando auiso del alborollo que auia subeedido en està ciudad, por estar ocupado eu proueher lo que conuenia, que no pasase mas adelante, corno a Dios gracias se hizo. Al presente quedan las cosas en el estado que V. M. emenderà; esto ha sido vn gran ynsulto, y gran traicjion, y poco respetto al seruicio de V. M. ; y sino huuiere (’) Peretta D’Oria, sorella di Gianettino, sposata a Giulio Cibo. ( 26 ) sido por la niuclia gente de bien seruidores que V. INI. tiene, lodo yua perdido. Dios, por su misericordia, no dio lugar a que tanto mal seguiese; yo enibie a Damar el corone! miger Agostin Espindola, quo viniese con la gente que pu-diese; y Estollali Espindola ha mostrado ser verdadero seruidor de V. M. con todos los de su casa. El viernes, en la noche, que fue alos xxx del passado, el principe Andrea Doria se sentio mal de una desesa que le vino et vn braco y en la mano, de que lmuo muy gran dolor, y se puso en la cama, y como es viejo, y todos esten mirando a su muerte, por ver lo que se seguiria desto gouierno, vnos con buena yntencion y otros con mala, corno ha paraculo por los elfectos que an seguido, lo jusgauan por muerto, y, seguii parere, el Conde de Fiesco tenia en su pecho guardado la mala voluntad que tenia principalmente a Juau Doria, auiendo de muchos dias pensado de liazer lo que hizo, que fue el domingo. En la noche, enlre las nueue y las diez de noche, salio de su casa cou tres hermanos suyos, los dos legitimos C) y el vno bastardo (a), con algunos mancebos del pueblo sus alegados, y con jente del burgo, que son sus apanya-guados, con alguna otra gente que auia heclio venir de su tierra con escusa de armar vna galera que tenia aqui, que todos podian ser en el principio duzientos hombres antes menos que mas, y commengaron apelidar liberta, viua sau Jorge, y otros dizen que dizian liberta, viua pueblo; y con esto ape-lido llegaron a la Darsene adonde estauan las galeras del principe, y con su galera se puso a la boca de la Darcena, para estorecar que no saliesen las del principe, y donde alii las comengo a bombardear, y el conde por tierra cou el apelido libertad, libertad, se comengaron a desherar todos los forcados, de manera que en breue espagio fueron desarmadas todas las galeras, y en vn mismo tiempo se hizieron senores de las puer'as de santo Eslellari y de santo Thomas, que son las dos puertas pringipales de està ciudad, con inuerte de algunos soldados que las guardaban. El capitan Juan Doria que se allaua en casa del pringipe, que sentio el romor, vino por socorrer a las galeras, y corno llego a la puerta de san Thomas, no sabiendo que fuese tomada, entrando en el puente le domandaron quien viue; y dixo, non me lireis que soi Juanetin, y ellos respondieron el buscamos, y lo mataron ; y por ser de noche non se sabia lo que se auia de liazer, ni de donde nagiese està rebolugion; mas que se dezia que el principe y Juanetin eran muertos; y assi estuuieron asta que fue de dia, pensando enseiiorearse de la tierra; (’) Girolamo cd Ottobono. (*) Cornelio, nato da una Clementina di Torriglia. ( 27 ) mas con los gentiles liombrcs y la bondad del pueblo, conocio el daiio que se seguia, si esto error passaze addante; todos acudieron a palagio, y los que non vinieron se estuvieron quedos, en sus casas, de manera que con las buenas prouisiones que se hizieron ea Se'rioria, la qual fue cregiendo de fuercas, los alborotadores comengaron a disminecyr de tal inanera, que tuuieron por bien de dexar la tierra libre y yrse fuera, visto que su disino no auia salido en parte corno ellos pensauan, de manera que la ciudad queda libre, y la Senoria con la autoridad que estaua, y todas las cosas quietas; de lo qual deuemos dar muchas gracias a Dios todos los que nos auemos allado presente, por que auemos corrido mucho peligro; y gierto que V. M., y yo en su lugar, soy obligado à la buena demostracion que este pueblo en generai ha mostrado, que en el particular no hablo*, por que ay muchos gentiles hombres que son seruidores de V. M. El principe se pensaua que era muerto, y segua parece con lodo su mal se leuanto, y se fue en vna fragada a desembarcarse en Sestro, y se fue a Mason adonde està. Hauemosle escritto que se venga , pues las cosas estan en los terminos que tengo dicho y se entiende; en cobrar los forgados que se huyeron y creo que se allara vna buena parte. El Conde de Fiesco no parece; y, segun se dize, se hahogo quiriendo saltar de vna galera en otra; y esto es lo que se sabe asta agora del, que con el alboroto no se ha podido entender otra cosa. Vna galera de las del principe se liuyo, en la qual van asta trezientos turcos; la qual va con pocos remos y sin timon y velas, sino solo el trinquette, y allandose aqui las dos galeras de V. M. que truxo don Bernaldino de Mendoca, las quales non recibieron ningun daiio, por que los soldados dellas las deffendieron (que non fue poco segun el gran tumulto y rebuelta), las he enbiado tras dela. Dios las guia. La galera del conde tambien se fue la buelta de poniente. En estos terminos quedan las cosas asta agora; de lo que mas subeediere dare auiso a V. M. El portador desta sera el correo que viene despachado d’Espaiia para V. M. Nuestro Seiior ensalce el soberano estado de V. M. con acrecientamiento de muchos reyuos y seriorias. De Genoua, a los mi da Ilenero mdxxxxvii. Este caso subeedido, por lo que asta agora se puede entender, tenia mas fundamento de lo que ha paregido; y si el conde no muriera, las cosas an-dauan mal; y por lo que se ha conogido de los hermanos que quedan, no son menos mal ynclinados, y demas desto son muy bestiales; por donde se puede considerar que las cosas no estan con la seguridad que conuiene, y que tienen necessidad de remedio para euilar que con la muerte del principe ( 28 ) liou subgeda oiro mayor ynconuenieifte, y seguii Ia ynsolencia y desacato quo osios an vsado contra V. M., merecen vn gran castigo; y por otra parte conuiene que aqui se este con alguna guardia, por que de otra manera yo no me confiaria de poder remediar ni resistir a vna furia de vn pueblo como cmo, tan umigo de nouedades, y con las pasiomjs que entréllos ay, y mas desta enemistad que de nueuo se ha encendido, Ia qual puede causar que se eucieuda otro mayor fuego; y el coronel miger Agostin Espindola esta en sus castillos, y-antes que se le de auiso y venga es subeedido el ynconue-niente, yo estoy solo de manera que no puedo proueher ni remediar a Io que seria necessario. A me parendo dar auiso a V. M. por Io que importa a *u ymperial seruigio y tambien por desgargo mio. He V. C. C. M. umilde vasallo que los Reales pies y manos besa Gomez Suarez de Figueroa. DOCUMENTO XVII. Dispaccio del Gonzaga a S. M.- sulle provv.'denze adottate per conservare la tranquillità di Genova. 1547, 5 gennaio (Estado, Leg. 1579, fol. ioó) Già \. M. hauerà per altra mia intesa la nouità che l’altra notte succede in Genoua; hora la saperà che non obstante alcuni auuisi hauuti per me di qualche meglior successo, non per questo son restato di venir al mio camino, et qui presso Voghera ho hauta la lettera che mando qua an-1 nessa del Principe Doria ('), con la quale V. M. (vedrà) come Nostro Signore Dio ha ridotta la cosa, senza che ci sia corso qualche disservizio di quella, che si poteua dubitare; di che infinitamente me allegro con Ia M. V., come di cosa che torna in altretanto seruigio suo, quanto sarebbe stato il contrario, il fine dell effetto fosse riuscito conforme al principio et alla mala volunlà '*) V. Documento XIV. ( 29 ) di chi P ha causalo. Non dirò altramente a V. AI. le prouisioni che hauea fatte, secondo che la conditione del caso et 1’angustia del tempo comportaua, perchè molte d’ esse hora cessaranno; dirò solo che anderò pur in Allessan-dria, et mi ci fermarò per esser più comodo a dar qualche caldo (sic) al stabi-mento de le cose di Genoa, che sarà opportuno, o che sarò auisato dal Principe et dall’ambasciatora di V. AI.; et non riuocarò altrimenti gli mille fanti che già hauea apprestati, poi che la maggior parte de la spesa è corsa, et che quando V. AI. fosse seruita, che, olirà il castigo che Dio ha permesso ne la persona del Conte di Fiesco, fosse anche castigato nelli beni, come crederei che non fosse inconuenienle, per reprimer con questo essempio I’ insolentia di quelli che ardiscono di poner mano al disservitio di così gran Principe come V. AI., et facilmente si faria questa essecutione, cominciando al luogo di Pon-tremoli che è bonissimo, et posto fra le confini di Lombardia, di Genoa et di Toscana, et così saria a'ssai facile in gli altri, saluo che al luogo di Alon-togio, vecino a Genoa xv miglia, a la deditione del quale si trouaria anche buon rimedio. Io ho mandato ad comunicare questo parer mio con il Principe e 1’ Ambassadore; se loro coocorreranno nel medesimo, lo metterò in esse-co tione. Ale allegro fra 1’ altre cose con V. AI. dell affectione et buona volontà et deuotione di quella Città al seruitio de la Al. V.; che certamente per quello s’intende, e per l’effetto se ne vede, è stato quanto maggior si possa desiderare. Son ben certo che gionto all’ inclinatione di quelli cittadini l’officio facto in questo così repentino et grandissimo trabaglio per lo Ambasciato!-di V. AI. sia stato di grandissimo frutto, come che non sia mancato a tutti quelli remedii che siano stati possibili con ogni diligentia et prudentia et con constantissimo animo. Y. AI. certamente così presso a gl’ altri seruigi suoi che le sono notissimi, deue segnalar questo per supremo, et tenerlo in quella memoria che conuiene. Bascio humilmente etc. Di Voghera, a v di Genaro 1Ì5-47.' ( 30 ) DOCUMENTO XVIII. Informazioni del Figueroa al Principe Don Filippo, figlio di Carlo V, sull’accaduto in Genova e sul buon andamento delle cose nella slessa città. Ia47, 6 gennaio (Eslado, Log. 1579, fol. 2(35) Muy Aitò y poderoso Seiior. Lo que al presente ay de nuevo es que el viernes passado, a los xxxi (') de diciembre, en la noche, el principe Andrea Doria se seotio malo de una desesa que le vino en un brago y en la mano esquierda, de que huuo muy gran dolor; se puso en la cama, y como es viejo y todos esten mirando a su muerte, por ver lo que seguiria deste gouierno, unos con buena iutencion y otros con mala, corno ha parecido por los effectos que an seguido, lo juz-gavan por muerto; y segun parece, el Conde de Fiesco tenia en su pecho guardada la mala voluntad que tenia principalmente al Capitan Juan Doria, y aviendo muchos dias pensado de liacer lo que bizo, que fue el domingo en la noche, entre las nueue y las diez horas de la noche, salio de su casa con tres hermanos suyos, los Jos legitimos y otro bastardo, con algunos man-ciuos del pueblo sus alegados, y cierta gente del burgo que son sus panya-guados, con alguna otra gente que habia hecbo venir de sus tierras con escusa de armar una galera que tenia aqui, que todos podian ser en el principio 200 hombres antes menos que mas; y comenzaron apelidar libertà, libertà, pueblo, pueblo; y con esto apelido llegaron a la Darcen, adonde estauan las galeras del principe, y con esto se le ajunto alguna gente, y con la dicha su galera se puso a la boca de la Darcen para estorbar que no saliesen las del dicho principe, y donde alii las comenco a bombardear, y los hermanos por la tierra con el apelido de libertad; se comencaron à deserrar todos los forzados, de manera que en breue espacio fueron desarmadas todas las galeras, y en un mismo tiempo se hicieron seriores de las puertas de sant Esteffan y de sant Tomo, que son las puertas principales desta ciudad, con muerte de algunos (’) NH Documento xvi dice invece xxx. ( 31 ) soldados que las guardauan; y cl capitan Juan Doria que se halluua en casa del principe, que sentio el romor, vino para socorrer a las galeras; y corno Nego a la puerta de sant Tomo, no sabiendo que fuese tomada, entrando en la puerta con aquella agonia que traya, le demandaron quièn viua, y dixo : abrid, que soy Juanetin Doria; y assi le abrieron, y temendo ld mitad del cuerpo dentro del portillo, le desspararon un arcabuz en lo pecho, y con otras muchas heridas lo mataron, y por ser de noche, no se sauia lo que se auia de haeer, ni de donde naciese està rebolucion, mas que se decia por la tierra que el principe y Juanetin eran muertos, y assi estuuieron asta que fue de dia, pensando enseilorearse de la tierra ; mas como los gentiles hombres y la bondad del pueblo conocio el danno que se siguiria si este error passase adelante; todos acudieron al palacio, y los que no vinieron se esluuieron quedos, guardando sus casas, de manera que con las buenas prouisiones que higimos en Seiìoria, la qual fue creciendo de fuerzas, los alborotadores comencaron a disminuir de tal marlera que tuuieron por bien de dexar la tierra libre y yrse fuera, visto su desino no auia salido en parte corno ellos pensauan; de manera que la Ciudad qneda libre, y la Senoria con la autoridad que estaua de primero, y todas las cosas quietas. De lo qual deuemos dar muchas gracias à Dios todos los que nos auemos allado presentes, por que auemos corrido mucho peligro; y cierto que su Magestad, y yo en su lugar, somos obligados a la buena demostracion que este pueblo en generai ha mostrado, que en el par-licular no hablo por que ay muchos gentiles hombres que son seruidores de S. M. El principe se pensaua que era muerto, y segun parece con todo su mal se leuanto, y cabalgo en un caballo asta Sestre, cinco rnillas de aqui, adonde se‘fue en una fragada asta otro lugar adonde le parecio que se podia saluar, y fue por tierra en un lugar que se dice Mason, xv millas de aqui, que es de Adan Centurion, a donde escriuimos que viniese; el qual llego dos dias ha muy faligado, assi por su indispusicion corno por la muerte de Jua-. netin Doria, y saber que sus galeras estuuiesen desarmadas. Yo lo conforte Io mejor que sape, promeliendole que Su Magestad no le fallaria de justicia contra quien tan gran traicion y poco respecto auia usado contra al seruicio de Su Magestad, scendo su feudatario y pensionario corno lo hera el dicho Conde de Fiesco. Las cosas quedan en estos terminos, y se entiende en cobrar los forzados que se huyeron y se an ya allado los mas, de manera que con ellos se an puesto ya en orden xv galeras y se entiende en armar las demas. El Conde de Fiesco no parece, y segun se dice se hahogo queriendo saltar de una galera en otra; y a noche llegaron algunos gentiles hombres que la ( 32 ) galera del dicho Conde auia heclio prision, y entrellos el capitan Larca (’) que tiene en guardia las puertas desta Ciudad, que los dexaron en Villafranca de Niga, y Ja dicha galera se fue a Marsella; los quales certisfican Ia muerte de dicho Conde. Ha sido permision diurna, por que si viuia no parara en esto sino que todo fuera perdido. Yo he dado dello auiso à Su Magestad, para que mande dar la orden que conuiene para la paciflìcation, y seguridad y conseruacion desta Ciudad, por lo que toca a su imperiai seruicio, y por euilar otro semejante escandolo que podria subceder con la muerte del principe. Esperò la orden de lo que en elio se lumiere de hacer en seruicio de Su Magestad, y lo principiai es que se haga alguna jente de guerra por no ponerllo todo en auentura. Yna galera de las del principe se fue con el alborotto, con està 500 turcos en ella con pocos remos y sin timon ni velas, sino solo el trinquetto; y allandose aqui las dos galeras de Espaila, las quales no recibieron nigun dano, las he embiado en busca della. Dios las guia. Estando escritto lo de arriua son buellas las dos galeras en este punto las quales no au allado nada, y pensando que huuiese tornado la buelta de lebante tomo la de poniente, y assi no se pudieron topar abrase saluado en Marsella. De lo que mas subcediere, auisare a S. M. Alos cuatro del presente en la noche se hizo la elecion del Dux nuebo, que se suele hacer en està ciudad de dos en dos ailos, en la persona de micer Beneditto Gentil, que ha sido gran tiempo cortesano romano, y solea ser de la ^ glesia, y ha pocos dias que se caso con otra gentil’ dona desta ciudad (a); segun parece es buen seruidor de Su Magestad. Nuestro Seiior ensalce el soberano estado de S. M., con acrecientamento de muchos reynos y senorias. De Genoua, a los vi de Enero 1547. De Vuestra Alteza muy umyled vasallo que los serenissimos pies y mauos de V. A. busa Gomez Suarez de Figueroa. (1J Lercari. (’} Benedettina figlia di Paride l'ieschi. ( 33 ) DOCUMENTO XIX. Il Figueroa annunzia a Cesare il ritorno in Genova di Andrea D’Oi'ia e d’ Agostino Spinola. Tocca in seguito dell’ arrivo della galera del Fieschi a Marsiglia c della sospettata connivenza di Francia nelle trame; dice d’alcune provvidenze date dal Gonzaga, ed insiste sulla necessità di avere precise istruzioni , pel caso in cui il D’ Oria venisse a morire. 4547, 8 gennaio (Estado, Leg. 1379, fol. 203-203) Sacra Cesarea Catholica iMagestad. La ultima que eseriui a V. M. fue a los cuattro del presente, y por ella di auiso a Y. M. del caso subeedido y en los terminos que quedauan las cosas desta ciudad, y corno escriui al principe que se viniese, el cual llego aqui el martes, dos horas antes que anocheciese, y en el punto vino el Coronei micer Ago-slin Espindola ;y con su venida, y con auerse allado el Conde hahogado, se vau las cosas asosegando y prouiendo, de manera que se pondra subsiego en los animos de los ciudadinos que eslan alterados del caso subeedido, los unos de miedo y los otros con mala yntencion. Aliendese con gran deligencia a tornar armar las galeras, y anse allado la mayor parte- de los forcados, assi ynfieles corno cristianos, y cada hora trayen assi de los que estan escondidos por la ciudad corno de los que se auian huydo por de fuera, que no se pueden esconder, y assi mismo se cobren todos los otros aparejos que cada uno saqueho su pedalo; de manera que, con aiuda de Dios, presto tornaran a estar armados corno estauan, en lo cual, y en lo demas que fue menester quando se sequio el alborotto, micer Adan se mostro corno verdadero seruidor de V. M. y amigo del principe, y no fallo de poner su persona a todo risgo, el qual me ha hablado juntamente cou ei principe; para que supliqu-ì a V. M. que tenga por enco-mendado los hijos de Juanetin pues es muerto en su semidio, y yo lo suplieo quau umilmente puedo à V. M., assi por lo que digo corno por el bueu exemplo que dello se sigue por los otros. Las dos galeras de don Bernaldino, que fueron en seguimiento de la galera que se huyo con los turcos, son tornadas sin auer auido vista ni rastro de la dicha galera, aunque llegaron asta Corsega; la otra galera del Conde ( 54 ) Ionio cl camino do Marsella, y cuando Nego sobre Niga dcsombarco el capitan La rearo, y el capitan Alonso lìenites y otros que lleuauan presos; los cuales son llcgados aqui, dicen que la galera yua a Marsella con intengion de demandar saluo condutto, para que no se la tomasen; yo creo que se lo daran, mas quo no se lo guardaran, y que le tomaran la galera, y segun la demonstracion qut en esto iiicieren, se conocera si tenian algun concierto en este negocio, por que aunque lo disimulan, no podran tanto encobrillo que no den algun serial; y està sera uno dellos que yuan en la galera un doctor que se llamà Saco, que es de Saona, que era auditor del Conde, el cual ha sido principal autor este negocio, y un camarero del Conde, que se dige Vincencio, y un Gaspar otto, y un \errina, y un Gaui, y un criado del Franges; la otra gente son forasteros los mas. El Conde se pesco y se saco fuera, y el principe mando que lo tornasen ^ ìec ar en el agua, diciendo que pues el auia elegido aquella sepultura, que tuuiese. 'io creo que aya sido por dos cosas, la una por no alterar a animos de los mal inclinados, y la otra porno proceder contra el cuerpo, omo hombre que cometio crimen lese majestatis y contra su patria, auiendo està eiioria dado perdon generai al Conde y a todos los que con el se allaron; e qual dieron quando se allauan, en la necesidad que estauan por saluar a ciudad que no fuese saqueada , y por salvar sus vidas y de sus hijos; por que si esto no se hiciera, sobreviniera la noche y no fuera posible podello remediar, pues dentro de la ciudad no teniamos fuergas para poderllo hacor, y as que esperauamos de fuera no podian ser a tiempo quo aprouechasen; y por està causa y por otras muchas que yo sentia, y veya y conogia, concurri por librar està ciudad de tan gran daiio y conseruarla por V. M. comò està, por lo cual sean dadas infiniias gracias a Dios. Don Hernando de Gongaga ha embiado à Juan Pedro Cicogna y el capitan acm, ( ) aqui al principe y a mi y a està Senoria para hacer sauer cuanto auia paisado del caso subeedido, y el preparatorio que auia hecho por parte do V. M, para socorrer a està ciudad, si fuere a tiempo y si no para reco rar a, y entre otras cosas que trugeron en comission de platicar con el P ipe y con migo, la principal era que le paregia que se deuia proceder contra e Conde como traidor y rebelde de V. M., y confiscatile los lienes, el ^ ’ maJr°rmente *as cosas que son feudos que reconocen o e .lilan, como es Pontremol, y otras cosas, y que para la esecugion deliziali dri r ^ ’ nUm‘ Possono leggersi le lettere cre- G°nZaga a‘ «v. Pietro Cicogna, in data di Milano, 4 gennaio. ( 33 ) desto el so allaua con inil enfantes que h mia hecho, y dadole algun dinero, que con ellos se pondria hacer, el principe y yo fuymos do parecer seria que la esecucion deuia hacerce por castigar alos malechores y dar esemplo a los otros, mas que nuestro parecer seria que se hiciese sin armas, embiando un comisario para elio, y que si esto no aprouechase, que se hiciese con la fuorca; porque nuestra intencion era que no se ynouase ninguna cosa, por no dar lugar à alterar las cosas de Italia. Yo creo que don Fernando abra dado auiso a V. M. de lo que passa y de lo que piensa de hacer. Todo lo quel conde tiene vera V. M. por el memorial que con està va, bien creo que no fallaran demandadores assi de los de aca conio de los de otras partes. Eri lo que toca a la conseruacion y guarda de està ciudad, yo dixe a V. M. por lantecedente mia que era necessario proueher de tener algunas fuergas dentro, con que poder guardarse y resistir quando subcediese algun ynconue-niente corno el passado; por que el caso subeedido nos da exemplo para remediar a Io por venir, pues no saue hombre de quien se ha de guardar, y considerando que el principe es viejo y que comienga a cargar de enfenne-dades, y que en una hora avia perdido las galeras y la ciudad, y que luuo que hacer eD saluar la vida no me parere que para lo que conuiene al seruicio de V. M., se puede dormir corno asta qui sotta la sombra del principe y de su parcialidad, pues fallando el falla todo fuera de micer Adan, que lo tengo por verdadero seruidor de V. M. y bien ynclinado para la conseruacion de su patria, y para que este estuuiese corno se desea, seria bien quel coronel micer Agostin Espindola residiese siempre en està ciudad, por que es muy bien quisto y amado y fiel seruidor de V. M., y para que estuuiese con alguna autoridad seria menester darlle titol de Capitan generai y salario con que se pudiese entretener, que està es la causa por que el no està qui; y aunque esto costase algo a V. M., yo creo que seria lan buena despesa corno la que se hace en Monaco, y mas necessaria; mas seria menester que se higìese de manera que fuese con uoluntad del principe, y que el venise bien en elio, por que la Senoria lo amara y olgara dello, y el principe le estaria bien, por que el corronel no entiende si no albien desta republica, y olgara demonstrar que depiende del principe, pues el no tiene galeras ni otra cosa que le de celos, y a mi parecer este seria la rnejor prouision que al presente se pudiese hacer, y que mas seguridad se podria tener, hame parecido acordallo a V. M. por que lo mande considerar y proueher lo que mas fuere su impenai seruicio. Asimismo ay otra cosa que es menester tener aduertencia, que eslas galeras las gouierue y tenga persona, que sea seruidor de Y. M., por que munendo el ( 50 ) pi incipe se podrian algar con ellas y mudar esto estado a la deuo e che subito intensa la inno- • .. ^ie |a Signoria hauea mandato a dimandare Agostino Spinola, io ad ali ' CaUa.*ere Cicogna a quella città, a persuaderla a non sottomettersi I ! Palr0C7 Che al SU0 Ja protlectione di V. M„ con luriw C,1|e Sepp' tlouare migliori in questa materia, che fariano -nuere. quale e ritofnato, et riporta, esserle stato molto caro et ( 41 ) accetto questo ufficio; et hauendoli ragguagliati delle molte prouisioni che io haueua dissegnate per aiutarli, ne sono restati soddisfattissimi, et me ne hanno rese infinite gratie, mostrando oltra modo desiderar di mantenersi lo stato presente, et la protettione di V. M. Sopra di che hauendo loro anche ragionato molto lungamente et prudentemente 1’ Ambasciatore di V. M., et persuasi a pigliare più sicuro parlilo alle cose loro, et a guardarle meglio che per lo passato non le hanno guardate, proponendo et mettendo loro innanzi agli occhi "il pericolo anchora presente nel quale erano siati, et quello in cui potrebbono incorrere per l’auuenire, non lo facendo; hanno trattato et deliberato di molte prouisioni, che sono risoluti di fare per loro sicurezza, et fino alla partita di esso Cicogna haueuano augumentala la guardia che tengono ordinariamente al Palazzo (la quale era di 300 fanti, et di questi se ne smembraua certi pochi per la guardia delle porte) sino al numero de 500, con dissegno che questi 200 accresciuti attendino solamente alla guardia delle porte, et gl’allri del Palazzo come sogliono. Hora, in proposito di queste prouisioni , al ambassatore Figueroa è sovenuta una cosa che altre volte fu pensata et tractata, et a me piace sommamente; ciò è negociar destramente che genouesi si eleggiano per loro capitano generale il detto Agostino Spinola. Egli è partialissimo di V. M., et di lui può veramente confidare quanto di qualunque altro suo seruitore, et promettersi che lui non sia per hauer altro fine in quella città, che la conseruatione di essa nel seruitio et deuotione di V. M. in quella parte. Et ben che le ragioni siano molte, dirò solamente queste come più solide, che essendo Agostino predetto fidelissimo di lei, et haueudo le forze della città in mano, haberebbe anco forma di mostrare la fedeltà sua, et potrebbe con quelle incamminare delta città et piegarla al‘fme che volesse lui per seruitio di Y. 31., et con le medesime opporsi a qualunque, si fusse che pensasse o tractasse contra il dello seruigio; poi sotto questa forma di libertà la città si gouer-neria con publica el uniuersale soddisfatione sua ; ed essendo liberi, V. 31. non si conciteria odio nissuno, sì che pensassero a mutar il gouerno o migliorare sotto alcun altro. Et essendo le forze io mano ( come ho detto ) di una persona diuota et partiale di lei, Y. 31. potria fare quelli medesimi disegni sopra la detta città che farebbe se ella vi hauesse dentro un castello, senza che con la introduttione di queslo carico al presente, si potrà anche introdurre poi alla morte di detto Agostino che facessero electione di persona dependente da V. 31.; et per questa v*a mantenerla sempre nei medesimi termini detti di sopra. Questo per le ragioni dette, a mio giudicio, saria il vero cammino et facile dello assecurarsi V. 31. perpetuamente la cillà di ( te ) Genoua, como le discorsi pochi dì prima clic la nouità succedesse. Et certo quando l’ambassatore potesse condurlo a fine, V. M. non harebbe ad esserli manco obligata di questo, che debe esserle delle altre cose passate; il qual ambassatore non ha comunicato questo suo pensiero con altro che con meco, perchè il principe Doria in altri tempi non ha voluto sentire che se ne parli; et dice che quando si troui espediente da fare che il Principe vi condiscenda (il quale si crede che non contrasterà molto, poiché si vede mancato Gianettino; et Adam Centurione ha conosciuto esser necessario pensare alla segurezza sua propria, et estarsi di altra maniera in quanto alla sigurità male, et pensa et ha come per fermo che vi consentirà facilmente, come quello che ha presente il pericolo ancora, et desidera assicurarsi di tutto quello che potesse nello auuenire occorrere); ma esser necessario operare che il Principe non solamente concorra senza alteratione, ma aiuti «et fomenti; perchè esso non mancherà poi di porgere la cosa di modo che non si farà da canto nissuno replica. Il che a mio giudicio (parlo di farui condescendor il Principe) non si può fare da noi soli fin hora, perchè non habbiamo la mente di V. M. intorno a questo, et desideriamo hauerla; onde l’ambassatore ha voluto che io solo la scriua a V. M., acciò che per consequente a me solo risponda, sì che la cosa non passi ad altre orecchie che di lui et di me, che gli farò poi intender la mente di V. M. con ogni dissimulatione. Supplico pertanto V. M. che subito ci auisi della voluntà sua circa questo particolare, acciò che possiamo estringere o allargare la pratica, secondo che quella ci comanderà. La qual supplico ancora a considerar quanto quella città sia hora soggetta alle innouationi, et quanto pericolo habbino corso le cose sue, non solamente di Italia, ma quelle che hora ha nelle mani, così importanti, et non lassi nella occasione che hora i tempi le hanno mandata (per quel che io credo) da Dio a miglior fine, di far una bona risolulione sopra le cose di detta città, et conforme ouuero alla sopradetta o ad una delle altre che nelle mie lettere discorsi, quando, come ho detto, non era occorso il bisogno che è occorso dipoi, ouuero a qualche altra che si appres-senterà al sapientissimo giudicio di Y. M. Et non lasci di rompere questo camino, che li nimici suoi hanno così facile et aperto, di potere molestarla in ogni loco, per essere questo di Genoua comodo a tutti i regni et paesi suoi, come ella sa. Et quando Y. 31. si risolua a demandarci che debbiamo sii ingcr a la detta pratica, mi accade soggiungere che quella succedendo, come si speia, conuerria che Agostino Spinola se ne stesse del continuo in Genoua con maggior spesa et molto più incomodo che hora non sostiene in c.isa sua, onde I ambassator et io giudicamo, che non potendosi fardi manco, ( 43 ) se gli debba diputaro conueniente prouisione. Et suplichiamo V. M. che intorno a questo particolare degne similmente mandarsi ordine che se gli deputi da cento cinquanta escuti. a basso quel tanto che si potrà conue-nire (’). Il Conte de Fiesco mori, perchè è stato ritrouato morto di poi ; et dicesi che passando per entrare nella capitana del Principe, cadde in mare, et essendo armato oltre l’uso ordinario, si affogò; et certo la morte di lui è stata cagione potentissima del buon fine come del caltiuo principio di questo caso, perchè venuto il giorno molti se affalicauano in spiare di lui, i quali non trouandolo si separauano dal fratello (!), non hauendo forse quella fede in lui che haurebbono hauuta nel fratello Conte; onde è commune oppinione, el io concorro in quella, che se fusse restalo viuo le cose sarebbono state guidate con più calore, perchè da quei tali et da altri cittadini haberebbe hauuto molto più seguito, che non potette hauere il fratello. Perchè di nuouo supplico V. M. che abbia matura consideratione al sopradetlo, et faccia'una ri-solutione degna di lei. In conformità di quanto scrissi a V. M. per la ultima mia, è parso al Principe et all’Ambassatore Figueroa che si leui Io stalo a detto Conte, et si cominci da quella parte di esso che è feudatario di questo, cioè da Pontremoli et da ... . (3); perchè penso di mandare un Commisario con alcuni caualli prima a comandare a dette terre che si rendano a Y. M., perchè forse questo basterà veduto che non hanno riparo alcuno. Et se non basterà il detto Commisario a far lo effetto, metterò in ordine duo mille fanti per mandameli; et perchè la artelleria delle piazze di questo Estato, sì per lo gelo come per la lontananza, non è comoda a Pontremoli, ho disegnato farmene prestare da luchesi et da genouesi medesimi che sono là vicini, et del seguito auuiserò V. M.; la quale supplico mi faccia ordinare se hauuti questi lochi, che sono feudatari, douerò procedere contro gli altri, poiché sono soggetti allo (’) In margine a questo passo leggesi la nota seguente: « Paresse que esto es lo mas conueniente en tódo caso , y a un senaladamente por lo que ultimamente se scriuio a Don Fernando sobre lo de apoderarse V. M. de Genoua. Y quanto al entretenimiento del coronel Spinola que bastaria se le diesen al mes entrando en ellos la pension de mismo que tien en Milan , pagandole lo recargado y consigliandole la paga del entretenimento en aquel estado , pues tambien sera obligacion al dicho Augustin por la cosas de Milan ». (2) Girolamo. (3) Guasto nell’ originale. ( U ) Imperio. Et se forse estanno in possessione del contrario, non ò possessione legittima, ma abusione (’)• Scrissi anchora a Musy mio secretario, che facesse intendere a V. M. come il Duca di Piacenza si era aneli’ egli mostrato molto pronto in questa occasione, dicendo che non comprortarebbe gente straniera passare per lo Stato suo contra il seruitio di V. M.; et hauendo spediti commissarii per tutto a detentione de schiaui et forzati dalle galere fuggiti ; et hora mi fa intendere per lettere di uu gentil huomo- inuiato da me a stargli appresso in questo tempo, che volendo seruirme di due o tre mila fanti do’ suoi, potrò farlo liberamente, soggiungendo che il non essersi offerto nel passato, è stato per non essersi trouato libero nello Stato, et cose simili tutte degne di gratitudine. Perchè supplico similmente V. M., che facendolo ringratiare, lo faccia più deuoto et renda più pronto ogni hora (2). DOCUMENTO XXIV. Nuovi ragguagli del Figueroa al Principe D. Filippo circa i provvedimenti riguardanti Genova, e il disegno del Gonzaga di por sequestro ai beni dei Fieschi. 1547, 40 gennaio (Estado, Leg. 1579, fol. 265) Muy alto y muy poderoso Seiior. Alos vii del presente escribi a V. A., y respondi a las cartas de 16 y 17 del passado, que recibi con el correo que paso en Alemaiia, y auise de la salud de S. M., y enbie el sumario de las nueuas que se tenian de su feli-cisimo extato. Tan bien di auiso del caso subeedido en està ciudad, y corno 0) Al margine è questa postilla: * Paresce que todo es una misma razon, y que passa el cabo pues todo deue scr confiscado ». (2) La lettera è scritta da Alessandria. ( *5 ) habia sido muerto el capitan Juanetin Doria, y haogadose el Conde de Fiesco, y corno, mediante la gracia de Dios y con las buenas prouisiones que en compania des los Seiiores yo hize, las cosas se reducieron a tales terminos que la ciudad quedo libre y en loda pacifìcagion como estaua primero, y los henemigos se fueron fuera, y corno se attendia a tornar a armar las galeras, en lo cual se usaua toda diligencia en buscar los esclauos y forgados que se hauian huydo, y por lo paresce presto lornaran a estar armadas. Lo que de nueuo se puede escribir, es que don Fernando de Gonzaga ha escrito al principe Andrea Doria y a mi que por seruicio de S. M., y castigar tan gran insulto y atreuimiento, que quiere tornar todo el estado del Conde de Fiesco en nombre de S. M., assi por castigar a los mal hechores corno a los otros; y al Principe y a mi nos ha precido que es necessario que se haga por lo que digo, mas que sea de manera que no de ocasion a alterar ninguna cosa que pueda encender otro mayor fuego que el passado. Yo he dado auiso a S. M. de todo, para que mande lo que mas fuere su imperiai seruicio. Nuestro Senor ensalce el souerano estado de V. A. con accrecien-tamiento de muchos reinos y seiìorias. .De Genoua, a los x de Enero mdxlvii. De V. A. Muy umyl vasallo que los serenissimos pies y manos besa Gomez Suarez de Figueroa. DOCUMENTO XXV. Androa D’Oria al Principe suddetto. Ritesse la storia del moto de’ Fiesclii e della partecipazione di Francia in quelle trame. 1547, 10 gennaio (Estado, Leg. 1379, fol. 122) Serenissimo Principe. Alli vi io scrissi a V. A. il tradimento fatto in questa Città dal Conte di Fiesco, per leuarla dal seruitio di S. M. et per pigliar a me la vita e le galere insieme, et come Iddio non auea voluto comportare tanta sceleraggine et crudeltà, quanto il ribaldo hauea determinalo di fare, non solamente ( 46 ) contra tutta la casa mia, perfino ad ammazzar i figli piccoli, ma contra tutti li gentiluomini et persone principali della Città. Sul principio dell’ ese-cutione cadetto miracolosamente in mare, oue resta sommerso; et così, come anche ho scritto a V. A., la città fin di quel primo giorno tornò tutta pacifica et quieta, et sempre più ha dimostrato per effetto la deuotione et os-seruanza che tiene al seruitio di S. M., di sorte che fra tutti questi accidenti non si è perduto altro che la pcrsoua di Giannetino mio nepote ; che quanto per il danno delle galere, saranno in breue ridutte in li loro primi termini senza alcuna falta del seruitio di S. M. in ogni suo bisogno, essendosi ricuperalo la maggior parte degli schiaui et forzati, et ogni dì se ne trouano degli altri, che s’erano occultati; et al resto si supplirà con denari. Et il tutto ini è parso rep^care a V. A., acciò eh’ ella possi star con con 1 animo ben quieto di questa città, et sappia anchora come, Dio gratia, io sto sano, et con speranza di poterla seruir per più tempo che forse da qualche altri non era stato designato. Auisando V. A. che tuttauia si afferma questo tractato essere estato con inteligencia de francesi, perchè la genie del traditore subito dopo il fatto se ne andò a la volta di Prouenza, et il Principe che fu di Melfi era già nenuto al Mondouì preso Sauona, et che anche il Papa ne fosse consapevole ('). Hora si stà aspettando che S. M. comandi si facci contra le cose del detto traditore di quelle demostrationi che un tanto eccesso ricerca, massime essendo la maggior parte dèi luochi suoi infeudati da S. M., et che facilmente se li possono leuare, senza pericolo d'alcun altra alteratione, anzi con grandissima satisfattione di tutti li seruitori di S. M., perchè seruirà un esemplo ad altri, et sarà opera degna della grandezza et reputatione di quella. Et così resto, pregando Iddio per la continoua salute el prosperità di V. A. Da Genoua, li x Gennaro 1517. Di V ostra Altezza humillissimo seruitor il quale sue mani bascia Andrea Doria. (’) Le parole in corsivo erano scritte in cifra. ( 47 ) DOCUMENTO XXVI. Risposta di Carlo^V alle lettere indirizzategli dal Figueroa in data del 3 (’). 1547, 10 gennaio (Estado, Leg. 644, fol. 118) Està noche, que son x del presente, se ha recebido vuestras cartas de tres del mismo, y nos ha desplazido quanto es razon y podemos encarescer por el caso subeedido en essa ciudad, assi por ser de la qualitad e impor-tancia que es, corno por respecto del Principe y de su casa, y hasta entender mas particularmente el fundamento de esto motiuo y en Io que haura parado. Despues de lo que nos escriuistes, no paresce que de aca se pueda hazer otra prouision mas promta que embiar al Seiior Don Fernando un poder para que pueda vender alguna cosa en el estado de Milan, hasta en quantitad de cinquenta mill escudos, de que se pueda valer en caso que la cosa vaya adelante, y sea necessario leuantar alguna gente, teniendo por cierto que el Duque de Florencia corno siempre se ha mostrado aficionado a las cosas de nuestro seruicio, socorrera con la scusa corno mas vecino a a las tierras de esa republica, allende de los muchos afiìcionados y seruidores nuestros que tenemos dentro de essa ciudad y por el contorno, pues es de creer que ellos y los del gouierno queran attender mas al beneficio de su patria tranquilidad y sosiego della, que no a ninguna otra nouedad, de que a todos generalmente redundasse danno y trauajo. Aunque bien considerado todo lo que en està materia nos ocurre, y lo que antes se tenia entendido del odio que el de Fiesco, y otros particulares de la ciudad tenian con Juanetin Doria, no dexamos de creer que este mouimiento podra hauer sido por solo su respecto, tanto mas no teniendose auiso que franceses tengan gente en Italia para hazer espaldas al de Fiesco, si no fuesse sacandola de las guarniciones, lo qual es de creer que no haran en tal tiempo por no dexar en auentura lo principal demas del buen sucesso que han lleuado y lleuau las cossas desta empresa, que les dara bien que pensar; y por agora hasta entender mas particularmente el fundamento de està nouedad y lo que mas aura sucedido, no sabriamos que mas decir de loar la diligencia que hezistes assi cun los del (’) V. i Documenti Vili e IX. ( 48 ) gouierno como con los feudatarios y Don Fernando, y tener por cierto quo habreys procurado, enderecado y hecho todo lo que a este proposito os liaura parecido conuenir, corno confiamos que continuamente haureys de liazer en las cosas de nuestro seruicio, mayormente de la qualidad «desta corno de tan gran iniportancia, en la qual no dubdamos que terneis buena correspondencia con el dicho Don Fernando y los otros nuestros Ministros, y que cadauno por su parte hara lo mismo con vos en lo que conuenga. DOCUMENTO XXVII. Paragrafo di lettera in cifra scritta da Giovanni de Vega a Carlo V , in data di Roma , in cui si crede essere il Papa stato consapevole del moto dei Fiesclii. 1547, 13 gennaio (Estado, Leg. 874, fol. 5) Sacra Cesarea Catholica Magestad. Despues que se paso con S. S. lo que scriui a V. M. en primero desto mes, vino la nueba de corno se auia rendido Vlma, del estado en que estaua lo demas de Alemania, y puntamente el acaescimiento de Genoua y estado seguro en que quedaua lo que toca a lo publico de aquella ciudad, despues del alboroto, que pienso que ha sido todo al rebes de lo que se speraua por algunos, aunque en lo de Genoua no creo que directamente el Papa aya entreuenido mas de hauer sabido parte dello, y persuadirme que dessea el danno del Principe Doria y ds Juanetin, como screui a V. M en cinquo de junio del anno pasado de 1546, que me hauian auisado por afìrmatiua que el Conde de Fiesco se hauia dolido con S. S. y el Cardenal Farnes, cuando andaua aqui quexandose del Principe y de Juanetin, y que S. S. se ollre-scio de fauorescerle. DOCUMENTO XXVIII. L Imperatore manda al Figueroa di ringraziare i genovesi della loro fedeltà ; annuncia l’invio del suo gentiluomo Rodrigo di Mendoza , ed ordina 1’ occupazione delle terre del Fieschi. 4347, 14 gennaio (Estado, Leg. 644, fol 120) Por la carta que escreuiste a Don Hernando de Gonzaga, de los ini del presente, que nos embio junctamente con otra suya y del Principe, entendimos los buenos terminos en que quedauan las cossas dessa Ciudad, y lo succedido basta entonces, con la buelta de) Principe a ella, y buena dispusicion con que quedaua; que cierto nos fue cosa de mucho contentamienlo y quilarnos del cuydado y suspension grande en que estauamos. Aunque siempre nos persuadimos que los de Genoua, entre los quales ay tantos seruidores y afli-cionados nuestros, fueran los que han sido, assi por lo que concernia al beneficio, quietud y sosiego de su patria, corno el parlicular de nuestro seruicio, a los quales nos ha parescido escreuir y agradescerles la demonstracion y buen animo que en elio han usado; y para hazer esto officio, corno para visitar y consolar al Principe Doria, micer Addan y su hija (') de la muerte del Capitan Juanetin, de que cierto nos ha desplacido, embiamos a Don Rodrigo de Mendoza, nuestro gentil hombre de la boca, para que puntamente con vos haga lo que por su instrucion se le orde'na, por la via que mejor os parescera; a quien dareys entera fee y creencia. Y por que considerado todo lo que toca a està nouedad succedida en essa ciudad, y que cada dia podria acaescer lo semejante, es mas que necessario que se mire de dar y hazer tal prouision, orden y assiemo en las cosas de Republica, que por lo presente ni venidero no puedan succeder semejantes inconueuientes, ny sea en mano de quien quiera suscitar nouedades ni sediciones, comunicarlo eys con el Principe Doria para que con su parescer se haga de manera que essa ciudad pueda estar y se conserue en la segu-ridad, tranquilidad y sosiego que conuiene y lo desseamos, leniendo por cierto que por vuestra parte no se fallara de hazer el buen officio que soleys, para acordar lo que a esto conuerna por lodos respectos. (’) Oricltina figlia di Adamo Centurione. ( «0 ) Por que allende del castigo que Dios dio al Conde de Fiesco, por lo que toca a nueslra auctoridad, y respecto del Principe y su sangue, es justo que tambien se le de a sus bienes y de sus hermanos, que tan gran traycion y aleue cometieron, y por refrenar el atreuimiento y iusolencia de los seme-jantes, demas de ser nuestro feudatario y pensionarlo, escreuimos a Don Her-nando que les occupe sus tierras por comission espresa del Imperio, y que el dicho Don Rodrigo le de prisa a elio; dezerlo eys al dicho Principe, y hareys por vuestra parte, con buena correspondencia del dicho Don Fernando, Io que vereys ser necessario a este proposito, corno lo confiamos de vuestra diligentia y contiuuo cuydado en las cosas de nuestro seruicio, de que te-nemos entera memoria. DOCUMENTO XXIX. Istruzioni di Cesare al Mendoza. 1547, 14 gennaio (Estado, Leg. 1194, fol. 425) El Rey. Instruction de lo que vos don Rodrigo de Mendoga, nuestro gentil hombre de la boca, haueys de hazer en Milan y Genoua, donde os embiamos, usando en vuestros caminos de la diligencia que buenainente pudierdes. Primeramente haueys de yr derecho a Milan o Alexandria, o donde estu-uiere Don Hernando de Gonzaga, nuestro Gouernador en el estado de Milan y Capitan generai, y dandole las cartas y despachòs que lleuays para el, comunicarle lo contenido en nuestra ynstruction, para a declararle nuestra yntencion a boca demas de lo que por sus cartas se le scriue. Y por que hauiendo sido la traicion del Conde de Fiesco y sus hermanos, la que teneys entendido, conuiene assi por lo que toca al publico, como por respecto del Principe y de su sangue, que estos sean castigados en las ha-ziendas, pues ya el principal lo fue in la vida, direys al dicho don Hernando que nuestra yntencion es que luego, sino Io hubiere hecho, passe a occupar el stado y tierras del dicho Conde de Fiesco y sus hermanos, para despues or-denar dello lo que vieremos conuenir, con todos los respectos que se deuran tener, corno se lo screuimos. Hauiendo dicho esto a Don Hernando, y dadole sus cartas, passareys a Genoua, y dando a nuestro embaxador las que lleuays para el, y comunicandole està nuestra ynstruction, yreys luego a visitar al Principe Doria nuestro Capitan generai de la mar, y dandole nuestra carta le direys la pena en que quedamos por su yndispusicion, y lo mucho que hauemos sentido la desgracia subgedida al Capitan Joanetin Doria, assi por lo que le queriamos y conoscimos siempre de su afficion, fidelidad y seruicios, conio por respecto del dicho Principe y de su casa, de que tanta protection y quenta hauemos de tener, y lenenios. El mismo officio hareys luego con mi§er Adan Centurion, muger y hijos de Juanetin, visitandolos y consolandolos de nuestra parte, y oiTresciendo que della y los dichos sus hijos ternemos la protection y memoria que es razon, para mirar siempre por ellos y hazerles merced en lo que huuiere lugar. Lleuays la carta que haueys vista para el Duque que nueuamente se ha elegido , quo se llama Benito Gentil, darsela eys, congratulando os con el de nuestra parte de la dicha election hecha en su persona, con las otras pa-labras que al embaxador y a vos parescera, para tenerle grato e ynclinado mas a nuestra deuocion. Los del gouierno en està alteragion y tumulto se han mostrado de manera, que aunque ha sido cumplir con lo que deuian al beneficio, tranquilidad y sosiego de su misma patria, y a la protection que della tenemos, no podemos dexar de estimarlo en lo que es razon; y assi se lo agradecereys de nuestra parte, dandoles nuestra carta, y diziendo corno que lo que han heco se spe-raua de su affection y buen zelo. El Coronel Espindola se ha mostrado siempre muy seruidor y aficionado nuestro, y de los primeros que en està occasion se senalaron, acudiendo con la gente de sus tierras y amigos. Agradecerselo eys mucho de nuestra parte, diziendole que no es nueuo para nos la voluntad y promptitud de animo que.tiene, y ha de mostrar siempre, a nuestro seruicio, corno lo deue a la que nos le tenemos. Y por que, aunque en generai todos lo han heco muy bien, por ventura huuo algunos, corno entendereys de nuestro embaxador, que se mostraron mas afficionados, y lo son con effecto, a nuestro servicio, lleuays diez o doze cartas, los sobrescriptos en bianco, para que se ynchan y den a las personas que al Principe y nuestro embaxador parescera, para que conozcan y Ics deys à entender la cuenta particixlar que con ellos tenemos. Y pues haueys visto las cartas que screuimos a Don Hernando y nuestro embaxador, por no replicar aqui lo en ellas contenido, bastara que les hableys ( 32 ) conforme à ellas, diziendo seiialadamente ài embaxador que de lo que eri està occasion ha trabajado, y buen officio que siempre continua en nuestro seruicio, ternemos entera memoria para hazerle la merced quo meresce en la ocasion quo se offrescera. De Albrunch, d xmi de Enero de mdxlvii. Yo el Rey (L. S.) Vargas. DOCUMENTO XXX. Credenziali dei Mendoza presso il Doge di Genova. 1547, 14 gennaio (Estado, Leg. 644, fol. 119) Al Duque de Genoua. Hauiendo entendido la election que se ha hecho de vuestra persona para &ouiemo dessa ciudad y dominio, y la confìanza y estima que con razon pue e tener de vuestra persona, para pensar que habeys de mirar por las sas de su beneficio, pacification y sosiego, y particulares de nuestro seruicio, enderegadas al mismo fin, nos habemos querido congratular por està, y certificar os que en nos hallareys siempre toda voluntad, tanto por la que concermere al bien comun y prò de la dicha ciudad, corno particular vuestro, gun que lo entendereys mas largo de nuestro embaxador y de Don Ro- Oo e Mendoga nuestro gentil hombre de la boca, a quienes nos remitemos. DOCUMENTO XXXI. Altre dello stesso presso la Signoria. 1457, 14 gennaio (Estado, Leg. 644, fol. 119) Al Duque y los del gouierno. * Por cartas del Comendador Gomez Suarez de Figueroa, del nuestro Consejo y nuestro embaxador, hauemos entendido lo succedido en essa ciudad, y la ( 53 ) presta prouision que hezistcs para que la danacla intenciondel Conde de Fiesco no passasse addante; que ha sido conforme a lo que siempre hauemos espe-rado y desiado al benefìcio, tranquilidad y sosiego de vuestra propia patria, de cuya conseruacion, assi por su deuocion corno por la protection que en generai y particular tenemos de sus cosas, y demonstracion que en està haueys usado, podeis ser cierto que ternemos el cuydado que por lo pasado haueys podido conoscer, por mirar por ellas y fauorescerlas, corno entendereys mas largo del dicho nuestro embaxador y de Don Rodrigo de Mendoca, nuestro gentil hombre de la boca, que para este effecto embiamos (’)• DOCUMENTO XXXII. Credenziali del Mendoza presso il D’Oria. 1547, 14 gennaio (Estado, Leg. GM, fol. 131) Al Principe. Abiendo entendido por cartas de nuestro embaxador la alteracion y tumulto dessa ciudad, y muerte del Capitan Juanetin, de que verdaderamente nos ha infinito desplacido, assi por la affection que le teniamos, corno por vuestro respecto, embiamos a Don Rodrigo de Mendoza nuestro gentil hombre de la boca para que os visite y consule de nuestra parte, y que juntamente con nuestro embaxador os diga y comunique lo que lleua por instruction, tanto por lo que toca al castigo del Conde de Fiesco y sus hermanos, que tan grand trayeion y aleue han usado, quanto por las cosas del gouierno dessa ciudad y pacification della; en que no dubdamos que habreys hecho y hareys todo lo que os parescera conuenir a este proposito, y al particular de nuestro seruicio, corno siempre lo haueys mostrado. (’) V.- Bernabò-Brca, pag. 18. (54) DOCUMENTO XXXIII. Altre dello stesso presso Adamo Centurione. 1547, 14 gennaio (Estado, Leg. 544, fol. 119) A micef Addam. Hauiendo entendido la alteracion y nouedad suscedida en osa ciudad, y la muerte del Capitan Juanetin Doria, de que en verdad nos ha desplazido quanto es razon por infinitos respectos, embiamos a Don Rodrigo de Mendoca, nuestro gentil hombre de la boca, para que visite y consuele de nuestra parte al Pi incjpe y a vos, no dubdando que ambos lo hauereys regebido con aquella cordura y prudencia que se deuen tornar las cosas de mano de Dios, y para certificaros que de su muger y hijos ternemos la memoria y cuenta que su fidelidad y seruicios merecieron, corno lo eutendereys mas largo del dicho Don Rodrigo, aquien nos remittimos. DOCUMENTO XXXIV. Altre dello stesso presso il Colonnello Spinola. 1547, 14 gennaio (Estado, Leg. 644, fol, 119) Al Coronel Spinola. Por cartas de nuestro embaxador hauemos entendido la nouedad succedida en Genoua, y muerte de Juanetin, de que hauemos recebido el desplazer y pena que es razon por todos respectos. La promptitud y buen animo con que acudistes para el sosiego y remedio de la alteracion, por lo que tocaua al generai de la ciudad y particular de nuestro seruicio, de que tambien nos ha auisado nuestro embaxador, es corno lo sperauamos de vuestra affection, } deueys ala que con razon os tenemos; y assi podeys ser gierto que en la occasiun que se offreseera ternemos la manera que es razon para hazer os erced, corno lo entendereys mas largo del dicho nuestro embaxador y de Rodrigo de Mendoca, nuestro gentil hombre de la boca, a quieues dareys entera fee y creencia. ( 55 ) DOCUMENTO XXXV. Istruzioni segretissime di Cesare al Figueroa, sul modo con cui si potrebbero più destramente sorprendere gli animi de’ genovesi, per indurli a consentire che della Repubblica loro si rendesse padrona assoluta la Spagna. 4547, 4 4 gennaio (Estado, Leg. 644, fol. 121) Al embaxador Figueroa. Demas de la otra nuestra carta que va con està, y se ha mostrado a don Rodrigo de Mendoca, ha parescido screuiros en està lo que abaxo vereys, de lo qual, por ser de tan gran ymportancia, no se le ha dado parte, y con-uiene que sea solamente para vos. Considerando lo que agora ha succedido en està giudad, y el ynconueniente que estuuo en la mano y se pudiera seguir en deseruicio nuestro, si Dios no lo remediara, y el recelo con que siempre se ha de eslar de que no succedan semejantes sediciones y nouedades, acordando nos de lo que algunas vezes hauemos con vos tractado sobre las cosas del gouierno dessa ciudad, y quanto nos conuernia y estaria bien ympalronizar nos y ser seiior della y de sus fuergas, no ay dubda sino que esto seria lo mas a proposito para su seguridad y pacificagion, y para que nos estuuiesemos descansado por lo que de cada dia, corno agora se ha visto, podra yntentar quien quisiere tanto mas veniendo a morir el principe, seiialadamente por el desseo que frangeses tienen de apoderarse della, e ynclinagiones diuersas que siempre ay en ese pueblo tan amigo de mudangas, alteraciones y nouedades, y no sera sino bieu que con ocasion desta nouedad y que el principe despues de sus dias y las otras personas cuerdas y afìcionados nuestros pueden conoscer que cada dia se podrian ver en lo mismo; mireys, por la mejor manera y forma que os parescera , de tentar y sentir corno de vuestro assi del dicho Principe y del coronel Spinola, corno de otros deuotos y seruidores nuestros, que seran parte para elio, si podria hauer manera corno nos pudiesemos empatronizar dessa ciudad, y ser seiior de sus fuergas, para tenerla siempre segura y libre de los diclios ynconuenientes; y pareciendo os que se ynclinan a elio, y que se podria cncaminar corno cosa que a todos les estara mejor por su tranquilidad (36) y sosiego, les persuadays a elio, poniondoles de lanie, para mas atraerles, las alteraciones y nouedades que, qucdando assi corno agora osta la republica, se pueden seguir, y el ojo que francescs lienen de apoderarse della con Io demas de sus yusolencias y lirauias, y lo que mas os parescera a esie proposito, para que con temor y recelo de no caer en sus manos, ny ser sotopueslos a Ja passion popular con riesgo y contino peligro de sus vidas y haziendas, sean atraidos a elio; y aun persuadan e ynduzgan alos otros alo mismo, pues al fin como podeys considerar y se comprehende de lo do hastaqui, no se puede tener seguridad que esa ciudad este jamas pacifica sin este remedio, ny que nos podamos estar fuera dei cuidado que continamente tenemos de lo de ay, pues al cabo ha de venir a sor del Rey de Francia ó nuestra, de manera que sera mejor preuenir y vsar do Ia ocasion, olfreciendose pues que con tanto cuidado, como siempre, hauemos tenido del sosiego dessa tierra, con no pocos gastos y benefieios hechos al generai y particular della, y que no por eso han dexado de continuar en sus nouedades, no fal-taran despues causas con que justificarnos con los potentados de Ytalia, y los deruas allende que no se dexa de considerar que agora este Genoua en republica, o en capellaco, como dizen siempre, sera necessario que tengamos principal cuidado y contino gasta en sostenerla, y podria ser que al cabo de todo elio viniese tal oportunidad que franceses se apoderassen della, con ba-uerse perdido todo el trauajo y gaslo que de nuestra parie se huuiesse pueslo, que seria dei ynconueniente que podeys pensar para Ia quietud de \talia, y los otros nuestros reynos y estados; y en caso que hauiendo persuadido alo suso dicho al principe y los demas y conosciendo que corresponden con nuestro desseo en esta parte, mirareys tambien de tractar y entender dellos, como de vuestro, los medios que para encaminarlo podrian ser a proposito, auisando luego dello a don Fernando de Gonzaga, a quien screuimos en esta conformidad, para que con buena correspondencia de ambos veays la manera y orden que se deura tener para passar odelaute y ponello en effecto; però si con hauer vsado diestramente de los medios que arriba se dizen, vieredes que no vienen bien en elio, y que no lleua dispusicion esta platica para venir en ellecto, dexareys por entonees de hablar mas en elio, suspendiendolo corno cosa que corno de vuestro, y con ocasion desta nouedad, lo hauiades pensado y apuentado confidentemente, dando a entender que nuestra yntencion no es otra sino de que esa ciudad y dominio se gouierne por republica, y conserue como agora esta, comò siempre se lo hauemos concedido y otorgado por preuilegios, pues no ay dubda sino que esta manera de gouierno, no se haziendo lo de arriba, es muy mas conueniente que no la de capellaco; en ( «7 ) Io qual todo tcrncys buena yntelligencia y corrcspondencia con cl dicho don Fernando, dando nos auiso de Io que en todo se hiziere, y ynclinacion que haureys hallado assi en el dicho principe corno en los demas. DOCUMENTO XXXVI. Dispaccio di Cesare al Gonzaga, per notificargli quanto scrive al Figueroa dei suoi progetti su Genova, e per dargli istruzioni del come dovrà maneggiarsi colla Repubblica nella occupazione dei beni de’ Ficschi. Accenna ai disegni ostili di Francia sull’Italia, ma crede che si asterrà dal mandarli ad effetto; e spiega gli intendimenti che gli sembrano a proposito per avere lo Stato del duca Farnese. 1547, II gennaio (Estado, Leg. 1-194, fol. 508-369) A Don Fernando. Demas de lo que vereys por esa otra nuestra carta, la qual se ha mostrado à don Rodrigo de Mendoza, para que conforme a ella os hable y defilare nuestra yntencion, ha parescido scriuiros en esta algunos punctos de que no se le a dado parte y es bien que se tengan secretos. Visto lo que nos screuis en vuestra carta de dos del presente sobre las cosas del Gouierno de Genoua y lo que sobrello discurris, que es con la consideracion y prudencia con que soleis mirar y tractays la cosas de nuestro seruicio, y acordando nos de lo que algunas veges con vos .hauemos platicado no ay dubda sino que de los tres medios que proponeis, tocantes ala forma del gouierno que en nuestros tiempo, se ha tenido, el que mas nos conuernia, y para beneficio y pacification de aquella ciudad seria impatro-nizarnos della y de sus fuerzas, assi por las nouedades que cada dia alli se pueden yntentar, seiialadamente despùes de la muerte del Principe, corno por el desseo que frangeses tienen de apoderarse della, e ynclinaciones diuersas que siempre ay en aquel pueblo amigos de mudanzas, sediciones y nouedades, y conforme a esto escreuimos agora al embaxador Figueroa que con esta oc-casion y nouedad que ha subeedido, y que el principe y las otras personas ouerdas pueden conoscer que cada dia se podria ver en lo mismo, mire por la mejor manera y forma que le parescera tentar y de sentir corno de suyo, ( SS ) assi del dicho Principe y del corone! Espinola corno de otros deuotos nuestros que fueren parte para elio, si podria hauer manera corno nos pudiessemos en patronizarnos y ser seiior de la dieha ciudad, y que vieudo que las tales personas vienen bieu en elio, que se podria encamiuar conio cosa que a todos les estara mejor por la seguridad, tranquilidad y sosiego do aquella ciudad, les persuada à elio, poniendoles dotante, para mas atraerles, las alteragiones y nouedades que, quedando assi corno agora esta la Republica, so pueden seguir, y el ojo que franceses tienen de apoderarse della con Io demas de sus ynso-lencias y tiranias, y Io que le parescera mas a este proposito, para que con temor y regelo de no caer en sus manos ni ser solos puestos ala passion popular, con riesgo y contino peligro de sus vidas y haziendas, sean àtraydos à elio, y aun persuadan e ynduzgan à los otros a lo mismo, pues alfin, corno vos podeis considerar, y se comprehende de lo de hasta qui, no se puede tener seguridad que aquella ciudad este pagifica sin este remedio, y que al cabo ó ha de venir a ser nuestra ò del rey de Frangia, de forma que seria mejor premunir nos y usar de la ocasion, ofTresciendose, pues que con tanto cuydado, corno siempre hauemos tenido, del sosiego dessa tierra, y con grandissimos gastos y benefìcios hechos al generai y particular della, y que no por esso han dexado de continuar en sus nouedades, no faltara despues causas con que juslifìcamos con los potentados de Ytalia y los demas hallende, que no se dexa de considerar que agora este Genoua en republica ó en ca-pelazo, corno digen, siempre sera necessario que tengamos principal cuydado, y contino gasto en sostenerla, y podria acaheger que al cabo de lodo elio viniese tal oportunidad que franceses se apoderasen della, y que nos hubie-semos perdido todo el trabajo y gasto que se hubiese pueslo, que seria del ynconueniente que podeis pensar para lo de Ytalia y los otros nuestros reynos y estados, y que en caso que hauiendo persuadido a esto al dicho principe y los demas, y conosciendo que corresponden con nuestra voluntad y desseo en esta parte, de tractar y entender dellos, corno de suyo, los medios que para elio podrian ser a proposito, y ós auise luego dello, para que con buena correspondencia de ambos veays la manera y orden que se podria tener para pasar adelante, y ponello en effeclo, pero que si hauiendo vsado de los medios que arriba se dige, viere que no ay dispusicion para ponerse en effecto esta platica, ny que el dicho principe ni los demas se inchinan a elio, que dexe de hablar en elio y lo suspenda, dando a entender espresa-mente que nuestra yntencion no es otra sino de que aquella ciudad y dominio se gouierne por republica corno agora esta, corno siempre ge lo hauemos otorgado y concedido por preuilegios, pues no ay dubda que esta manera ( 39 ) do gouierno cs muy mas conueniente que no la de capelaco, y por que nos screuimos en esta conformidad al dicho nuestro embaxador, lerneys buena ynleligencia con el, para que con correspondencia de ambos, y to.da dissimulacion y secreto, se guie y enderesce este negozio, de manera que aya buen effecto. Lo que toca al castigo y ocupacion de los bienes del conde de Fiesco y sus hermanos, que en la otra ós escreuimos ('), ha de ser con tal desteridad y manera, que los de Genoua, siendo menester, no puedan perder esperanza que los queremos gratificar de algo; y en caso que el principe y los del gouierno de Genoua no viesen bien en la occupacion de las tierras del dicho Conde, no por esso dexareys de hazer la empresa, con dar a entender que, siendo el dicho Conde feudatario del Imperio y pensionario nuestro, no cumpliriamos con el deuer, ny con nuestra Imperiai auctoridad, si no castigasemos exemplar-mente vn caso tan feo, demas de la obligàcion particular y affection que tenemos à aquella republica ; y aun paresciendo os que sera necessario, les podreys hazer entender, y que se persuadan, que tornado el estado y temendole en vuestra mano, nos miraremos lo que buenamente se podra hazer por complazerlos; y no sera menester aduertiros de lo que conuiene y ym-porta la execution y buen effecto desto, pues demas de las causas y consi-deraciones que se offrescen, para no dexar de proceder contra personas que tan notoriamente nos han deseruido, son estas tierras muy a proposito para la seguridad de làs cosas de Milan y la Toscana, allende que sera muy grand freno para las de Genoua, estando tan alas puertas. Dexando de sàtisfacer para con otro alos cabos de las vuestras cartas antes regeuidas, se respondera en esta solamente ala de vltiino del pasado, que nos screuistes sobre los auisos que teniades del Piamonte, de los discursos hechos por los ministros del Rey, y paresceres diuersos que entre ellos hubo ; los quales no dubdamos que se hubiesen fundado en la ruin intencion que tienen a nuestras cosas, y à impedir en seruicio de Dios todo buen effecto, corno lo acostumbran; però con el prospero successo que nuestro Seiior ha comengado a dar desta Germania, y segun que hareys entendido y vereys por sumario que va con esta, ternan por ventura mas que pensar y no dar occasion de rompimento, pero, por todos respectos, es muy bien, y, corno lo confìamos, que esteys preuenido y sobre el auiso, para tener el cuidado que dezisdela fortificacion y reparo de las plazas del Piamonte, serialadamente de sancì Germano, y las otras a que tiran o pueden enderecarse sus desinos, y de que aquellas que esten proueidas de municiones y victuallas, por la necesidad que se podria offresger. (’) V. Documento XXVIII. G (00) En lo demas que en la diclia vuestra carta discurris, toccante al duque c Casti o, )a haueros persona digna de fé certificado que estas praticas de lancia liazcu no poco fundamento de la que de algunos dias aca con el icho duquo, juagando que de lo que haueys compreliendido de sus demo--traciones, \ terminos de que ha vsado, no anda en las cosas de nuestro sauicio tan duecho conio conuernia,-y que sobresto ós declaremos nuestra tencion, paia eonfoime à ella gouernaros de aqui addante en las suyas, y rai eentnttnei \ persuadir algunos gentiles hombres de sus tierras y feu-i ics, no sera bino bieu que esto se haga con aquella buona manera, dexteridad } or ui a quo \ erey a conuenir y el caso lequiere, corno lo considerare)^ v se ^0r ^ue s'eUll° el estado de Parma y Plasencia de la importancia que es ver aderamente del Imperio, seria grand cosa que se pudiesse encaminar p atica quu seos ha mouido, ó otra qualquier, de empatronizarnos destas, ^ p5 la platica con toda simulacion y secreto, teniendo entendido que por , nunca se le ha dado ynvestitura de las dichas tierras, ny concedido ni - C0:sa Por ^',u^e se pueda dezir que se aya perjudicado a la natura del eu o ni deiecho del sacro Imperio, demas de la poca seguridad yconfianza 1 ^ se puede tener desta gente Fernesa, tanto menos con las platicas e yn-iQencias que agora tienen con Francia, pues no ay dubda sino que si tas tieiras se pudiessen recuperar, y yuntar con esse Estado, demas que ia vn grandissimo freno para la ambicion frangesa, y tambien para los potentados de Italia, seria el verdadero medio para el sostenimiento y ruacion del dicho Estadj, tanto mas estando el de Florengia en nuestra * °Dj ^ ^ ’ COm° esla ' y Por est0 sera DieJi que tengays cuydado de ot 6a"te 6stas P^at*casJ si vieredes que tienen fundamento, ó mouer alpun 33 ° SI0mPre Sente corno Io liauey? apunctado, para que viniendo la ■ T C°"UDlara;’ ® sec^e vacante ó otra de que ós podremos auisar, > si uere poaible este apuncto, para executnrse. V. Documento XXXV. ( 01 ) DOCUMENTO XXXVII. Il I'igucroa ragguaglia Cesare delle cose di Genova, e dello invio di Ceva D’Oria da parte della Signoria e del Principe. Soggiunge notizie di Francia, c dice come gli fosse offerta la resa di Pontremoli. 4547, 46 gennaio. (Estado, Leg. -1579, fol. 208) Sacralissima Cesarea Catholica Magestad. A los 7 del presente escreui a V. M., y di particular quenta del caso subeedido y en lo terminos que quedauan las cosas desta giudad; lo qual, con ayuda de Dios, se va continuando; y de contino concurren aqui personas im-biadas por los ministros de V. M. desde Napoles, y el duque de Florencia y el de Plagengia, todos a condolerse del caso pasado, y alegrarse del buen subceso. Dios los conserue para seruicio de V. M., come ha estado asta aqui. El Duque y Gouernadores han elegido a Ceua Doria por su embasador, para que valla a dar quenta à V. M. del caso subeedido ('), y, por lo que en-tiendo, tambien para aregordar a V. M. que auiendose de disponer del estado del Conde, que se acuerde dellos, por que tienen cierta pretension a ciertos lugares. Este Ceua Doria es todo cosa del Principe y de su casa, y ara el oficio por el uno y por el otro. Las cosas se van tornando al eslado que primero estauan, y no se siente otra nouedad en estas partes. De Francia se entiende que el Rey torna ar-remeter las compaiiias de la gente de armas que auia despedido, y que procura de allegar dineros, y*que se dice publicamente que esta primauera verna en Italia. En Niga se ha sentido que auia un tratado de lo que yo he auisado alos agentes del Duque que estan a qui, y asimismo al obispo de Nica; y don Fernando me escriuiò sobre el misrno caso, y que avia proueydo al Prior de mill escudos para que fuese alla. Yo creo que deuia ser toda una trama, para que en un tiempo se hiziese el un effetto y el otro. Dios lo ha hecho mejor. (’) Le istruzioni date a questo ambasciatore dalla Repubblica portano la data del 18 gennaio, e possono leggersi nel Bernabò-Brea (p. 33-45), insieme alla corrispondenza del legato medesimo ( p. 47-14 8 ). ( <ì2 ) Yo he entendido quo Adan Genturion gouernara la galeras del Principe; y como escreui a V. M., no me parece que podria aver persona mas a proposito del seruicio de V. M., y para la seguridad do esta giudad, acompanada con la prouisiou que escreui de la residencia del coronel Àgustiu Spinola y de buena guarda de gente ; por que con esto y con los que son bien yncli-nados, se podra eslar con la seguridad que conuiene, en caso que el Principe viniese a morir. Antonio Doria se esperà aqui presto, segun eseriue el Vise.Rey; por-que con el primer aviso que tubo del caso, le hordeno que se partiese; no se si despues, con los otros auisos, aura mudado de opinion. A yer me vinieron ablar ciertos parientes y criados del conde de Fiesco, diciendome que avian entendido que don Fernando de Gonzaga bazia preparatorio de gente, para tornar la posesion de Pontremol y de los otros lugares del conde; que si yo queria tornar la posesion del en nombre de V. M., que me la darian, sin que fuese menester ymbiar gente. Yo les respondi que yo no tenia comision de Y. M. para elio, y que sin ella no lo liaceptaria, y que esto tocaua a don Ferdinando, corno lugar teniente de V. M. y Gouernador del estado de Milan; y que yo les aconsejaua que lo hiziesen assi ; y esto me parecio que conuenia que se hiziese, as si por el seruicio de V. M. corno por poderme conseruar con los de aca y con los de fuera en buena concordia, y que no piensen que yo me quiere tornar mas autoridad de Ia que V. M. me diexe. De Genova, a los 16 de Henero 1547. De Vostra Sacratissima Catholica Cesarea^Magestad muy umil vasallo que los serenissimos pies y manos de V. M. besa Gomez Suarez de Figueroa. ( «3 ) DOCUMENTO XXXVIII. Lettera del Figueroa a S. M., circa le deliberazioni prese dalla Signoria .contro de’ Fiesclii, i diritti accampati dalla medesima su Varese e Roccatagliata, e 1 occupazione di Calistano seguita da parte del Duca di Piacenza. 1547, 47 gennaio (Estado, Leg. 1379, fol. 206) Sacra Cesarea Catholica Magestad. Temendo escrita la que va con esta, me ha hecho entender el Duque y gouernadores que .auian determinado de publicar al Conde y à sus hermanos por traydores, y confiscalle los bienes, y deriballe las casas de Violò, y lo mismo haran contra algunos de los que se hallaron con ellos, de los que mas culpados se allaren; lo qual han hecho por que el principe se lo ha dicho que lo deuen hazer, assi por castigar a los malhechores, corno por refrenar a los que tienen la intencion daiiada, y porque V. M. conosca la buena vo-luntad que tienen a permaneger en el seruicio de V. M. y de baxo de su protecion; lo que hera necessario que se hiziese, por que si Io pasaran en disimulacion, dieran causa que otros hizieran lo mismo. Ablando oy con el Principe, me ha dicho que esta republica tiene augion a dos lugares del Conde; el vno se dice Vares y el otro Roca Tallata. Yo le dixe que si tenian claridad dello, que V. M. no les faltaria de justicia, y que no dispornian tan presto dello, que no tubiesen tiempo de poder dar razon a V. M. dello. Despues me vinieron à ablar dos de los procuradores, de parte de la Serioria, haziendome saber corno ellos tenian derecho alos dìchos lugares, y que su justicia estaua muj^clara, y que entendiendo que algunas personas se entremelian à tornar algunos lugares de los del Conde, que ellos querian tornar à Vares y à Roca Tallada, sobre los quales ellos pretendian tener augion, por que estando en su poder estauan en seruicio de V. M. y a su dispusicion. Yo les dixe que yo tenia por cierto que si tenian buen derecho, que V. M. no les. faltaria de lo que requisiese la justicia; que me parecia que deuian dar quenta dello à V. M., antes por que a mi no estaria a dalles la licengia, ni menos a quilarsela; ellos me dixeron que lo harian, mas quel liempo no daua lugar a elio, por que otros los ocuparian, y que despues no serian a tiempo de lomallos; que teniendolos ellos, podria V. M. disponer lo que fuese seruido. ( 64 ) El Principe tubo oy cartas del Potestà de Chabari, quo lo auisa corno cl Duque de Plasengia aia embiado à tornar la posesion do un lugar djl Condo, que se Ilama Calistan, el que le staua obbligado por la paga de las galeras, y demas desto reconoge el feudo a Plagengia; y debaxo desto color aura procc-dido a lo que digo. Assi mismo dizen que auia embiado a decir a los del burgo de Yaldetar que se riudiesen; en el qual lugar, por lo que yo entiendo, no tiene que hazer, antes dizen que es feudo do V. M. Por esta causa, esta republica ha determinalo de tornar à Vares, por que esta cerca del burgo por que tambien no se enlre alli. Yo he dado auiso dello à don Fernando, para que lo haga saber al duque, y para quo prouea lo que juzgare ser mas seruicio de V. M. Aqui ha estado el Fancin, por parte de don Fernando Gonzaga, para dar horden en la espedicion para tornar a Pontremol, cl qual creo que se rcndirà sin hazer defensa. Nuestro Seiior aumente y ensalze el soberano estado de V. M., con acrecentamiento de muchos reynos y senorias. De Genova, à 17 de Henero de 15-Ì7. De V. S. C. C. M. muy vmil vasallo que los Imperiales pies y manos besa Gomez Suarez de Figueroa. ££* DOCUMENTO XXXIX. Biano di lettela di Giovanni de Vega a Carlo V, in data di Itoma, circa Ia sospettata partecipazione di Pier Luigi Farnesi e del Papa nella trama del Fieschi. 1547, M gennaio (Estado, Leg. 847, fol. 6) Ha venido aqui una carta de un Antonio Bocio ginoues, persona del conde de Fiesco, a un micer Franco de Achauary (’), tambien ginoues, y antiguo corlesano en esta corte donde hazia los negocios del dicho Conde, en que dize, (’) Leggi : Chiavari. ( 65 ) coniando una liabla rjiie liizo a unos, poco ante quo tentase aquel hecho, queriendoles persuadir a que era facil la empresa, eutre las otras causas que dio para argumento dello, fuè una que Pero Luis le embiaria de Plazencia 111 ili infantes, primero que otra gente pudiesse venir en su disfauor; y alle-gandose a osto otros indicios y palabras, que se han soltado en especial al cardenal Farnes, cresce cada dia mas la sospecha de que lo succedido en Genoua aya sido con interueneion del Papa. DOCUMENTO XL. Lettera di Andrea D’ Oria a Cesare, in cui ricerca le più probabili cagioni della congiura del Fiesehi, escludendo il preteso odio contro di Giannettino. 1547, 18 gennaio (Estado, Leg. 1579, fol. 106) ■ " ■ • Benché per altre tre mie di mi, vm et ix del presente (’) habbi scritto a V. M tutto il successo fin a quell’ Hora del tradimento falto dal conte di Fiesco, et come già stauano le cose quiete, et che, dalla perdita di Giannettino in in fuora, al resto tutto saria in breue remediato, massime al fatto delle galere (essendosi recuperati tanti schiaui et forzati) che non mancheranno al debito tempo di esser tutte ad ordine come prima, et al più tardi fra un mese, per poter eseguire qualunque seruitio che da V. M. sarà comandato; non ho voluto lasciar di replicarlo el affirmarle il medesimo anchora adesso, acciò che V. M. non metti dubbio alcuno in quello che tocca alla conserualione di questa città al suo seruitio, hSuendone già visto la esperienza. Però, che se in un tumulto et trattato tanto impensato non ha falto nouità alcuna , saluo in confirmatione della uniuersal deuotione verso V. M , maggiormente se ne ha da prometter per l’auuenire, restando euacuata da così pestifero veleno che staua occulto, del quale era impossibile guardarsi, mostrandosi in apparenza quel scelerato Conte tanto afTetionato seruitor di V. M., et tanto amico mio et intrinseco di Giannettino, come per le antecedente mie le tengo scritto. Et perehò appunto in questo instante per la lettera che V. AI. ha fatto scriucr all’ambassatore Figueroa sopra il primo auiso hauuto di questa no- (’) V. i Documenti XIV, XX e XXII. ( 66 ) uit.t, pai mi di comprendere sia stata attribuita la causa a parlicolar inimicitia clic il Conte tenesse con Giannettino, della qual cosa, benché si conosca chiaramente tutto 1 opposito per li successi, et come non ò proceduta da altro che da malignità d animo et da presuntone di volersi far patrone di Genoua et di queste circonstantie, come egli medesimo partendosi da casa sua disse che si farebbe in quella notte uno delli grandi d’Italia, o clic sarebbe il più ruinato di tutti, et che lo dimostri la esecutione contra questa galera, clic fu la prima a tentare, et doue lui morì, et in appresso la andata della sua a Marsella, oue è stata ben receuuta et tractata, et li homini che la gouer-nauano andati a la corte di Francesco I denotino meglio la intelligenza oro, non posso mancar in questo proposito di dire che quando li fosse stata inimicitia, poteua il traditore vindicarsene facilissimamente, senza un minimo suo risico, et senza metter la città nè altro in ruina, perchè di notte et giorno Giannettino, senza arme ofTensiue nè diffensiue, conuersaua domesticamente cou lui et con li fratelli, che in casa sua medesima o doue più li fosse piaciuto 1 harebbe potuto ammazzare o far ammazzare; ma il disegno suo era, com’ è notorio, di esaltarsi col mezzo d’un tradimento et sceleraggine inaudita, della quale Iddio l’ha castigato prima che morisse Giannettino; et così spero che la M. V. non lascierà andar gli altri fratelli impuniti, come conuiene alla giustitia et grandezza sua, per esemplo degli altri simili ribaldi. DOCUMENTO XLI. Credenziali di Cova D’Uria, ambasciatore della Repubblica a Cesai e. 1547, 18 gennaio (Estado, Leg. 1379, fol. 71) Sacra Cesarea et Catholica Maestà L’ esbibitor di questa, Sacra Cesarea et Catholica Majestà, sarà il magnifico Ceua Doria, orator di questa sua deuotissima Republica, qual destiniamo a detta V. C. M. per le poste a ralegrarsi delli felici successi delle alte c sante imprese di Y. C. M., et a fin di rimostrargli come.siino successi, per la verità, li disordini e tristi effetti causati dal conte Fiesco in questa Città, ( 67 ) la notte venendo il terzo di genaro, e con quanto ardor per noi bene e presto se gli sia riparato. Si degnarà per questo V. M. credergli come a noi stessi, se presenti fossimo. Che il Signor Dio augumenti la felicità, conserui la persona e prosperi li successi di V. G. M., deuotissimamente e con ogni humilità ràccomandan-dosegli (1). Da Genoua, alli xvm ,di genaro del. xlvii. Di V. S. G. C. M. humili et deuotissimi seruitori Duce e Gouernatori della Repubblica di Genoua. Ambrosius. DOCUMENTO XLII. Don Ferrante Gonzaga sognala a S. M. la partecipazione di Francia noi disegni del Fieschi, la necessità di denaro in cui si trova, e le risoluzioni prese dalla Repubblica per punire i ribelli. 1547, 19 gennaio. (Estado, Leg. 1194, fol. 3) Per le mie che ho scritto di Alessandria, V. M. rimane auuertita del fermine in che restauuno le cose di Genoua, le quali fin hora sono in quel medesimo. Con questa non ho da dire altro se non che dalle espie che io mantengo in Piemonte fu presentito il successo di quelle; ma per non auer voluto dare loro credilo quel tale a cui speda principalmente di mandarmi gli avvisi di quella parte, io ne rimasi inauerlito, si come V. M. intenderà per la copia di una lettera del medesimo che doueua mandarmi il detto auuiso, il quale accusa se stesso, et dice quel più che V. M. potrà vedere per detta copia alligala. Questo dico acciò quella possa ritrarne quello che ne ritraggo io, cioè che francesi ne siano stati partecipi, a confirmatione della pratica la (’) Questa lettera può vedersi del pari nel Bernabò-Brca ; il quale pubblicò eziandio le credenziali fornite dalla Signoria allo stesso Cova pel ministro Granvela (p. 4647). ( 68 ) ?!niTj’m'Ì " 7- * Ch “ lancia «„ fra,elio di Pii 1 mC° °n° PCrsuaso medesimi attuisi a credere che il duca inticraniPìU ", *7" ^ ^ ^ “ so/o> * wo* lo °red° 7-^ *■ ~ ;rr ^ ^ ° ^ Quanto ìp m ,7 1 ^C> ^°Passat0> et h°ra nuovamente dal successo di Genoua, alterarla !* ' 7*T°, ^ atte “ paUre’ ct 9mnl° Poco successo basti ad Per tini ,l Z *’ Stmdo> come hora stanno, in bisogno di ogni salute, siderarp V ^ M hauerd fatto intendere al secretano Riccio, el condi danari Vf T’- ^ ** mmdai aProPorre, da cavar qualche somma la sunnli, n 1 en:' a Vl 0>^ne ei di respecto per tutte le necessità repentine, decti Lj ™ente che v09Iia consentire che si usi delli espedienti preonore I CaUare deUa S°mma ’ Penhè p0SS0 dtre a V• M > sul mio r • SC n0H ^ene 0>(a nel detto successo di Genoua, nel qual io mi trovai otta t/m 7 Ct p0le>0 ^ danaro e di espedienti, che se non erano quelli siccome T ° ^arrani> depositati presso il Capitano di Giustizia, t0 . B *nf0> mataS quali si trouarono prompti, era impossibile che sandri ^ ^ l>° ° ^Ual(ro 9^ornh dopo inteso il caso, andare in Ales-se j ’ P>ouuisione alcuna di quello che feci; la qual dilac.ione, sè stp 0ccdeuan° P™ °^re secondo il principio, V. M. può giudicar per di dan ° C°n^US*0ne m c^ie sarei trovalo in tanta scarsità et penuria t1 iwedi. Pct che di nuouo supplico V. M. che vi facia la prouuisione. che Di1 /e,UUla ^ ^eUera M V- M. delli x, in risposta della mia del ili; el poi non m' ^ 0m*st0 0PPorlunamente al rassetto di Genoua, come ho detto, dpi le Gj(X e con questa risponder altro, se non che il podere di vendere aeue entrate di V Jlf fin •> command ) ' ' a cinquanta mila scudi, si conseruerà ( se così quella esser cert ^ ^& necess^1 c^e potessero occorrere, potendo V. M. mp l’i n°n SÉ He usera se non in caso simile a quello per che Ella » < hamanda",, » chl dd „ fc ^ pubblica l^01 e ^ue>0a auuisa che genouesi hanno determinato di et di nmr 1 C0Hte ^ ^iescù et i fratelli complici del trattato per traditori, quelle. In ^ C01\tr0^oro> el far atterrare le abitazioni et case di Repubblica h> * ^ ^ 3 perc^ie intenda la diuotione, che quella Pubblica le mostra ogni hora più in questa occasione (’). . . . . . tampato in corsivo era, nell' originale, scritto in cifra. ( «» ) DOCUMENTO XLIII. Avviso dell’agente segreto di Spagna in Piemonte, al Gonzaga, del quale si tratta nel Documento precedente. -lo47 . . . gennaio (Estado, Leg. 1194-, fol. 4) Non posso mancare, dipoi di hauer fatto uno fallo, di manifestarlo, per non commettere due errori. Però V. E. sappia che sono quindici giorni, o circa, che io fui auuertito dal mio homo come si douesse guardare da uno trac-tato qual si faceua in Genoua ; et io, estimando tale cosa fora di ogni sospetto, non presunsi darne notizia alcuna a V. E., dubitando che Ella estimasse tale cosa essere uno sogno; anzi io li scrissi che mi merauigliaua che douesse scriuere simile auuiso, et così poco verosimile et discosto tanto da ragione. Et se bene al presente scriuerlo non porta fructo alcuno, però ne ho voluto dare auuiso a Y. E., perchè resti ancor più confermato che questo era tractato di inimici praticato da lunga mano. DOCUMENTO XLIV. Altra lettera del Gonzaga, per avvertire Cesare come il Famose abbia paté le terre dei Fieschi poste nel suo Ducato. 1347, 19 gennaio (Estado, Leg. 1194, fol. 315) 11 duca di Piacenza ha mandato a farmi intendere che due delle terre che erano del conte di Fiesco, cioè il Boroo di Valle di Taro et un’altra che dice non esser di molta importantia ('), sono sotto la sua giurisditione di Parma; et che per questo egli ne ha preso il possesso; et mi prega a non volere mandare in quelle a nome di V. M., poiché sono cose sue. Ho risposto che io non posso lasciar di mandare in ogni loco che sia compreso nei beni di (’) Calìstano, di cui si parla anche nei Documenti XXXVII e L. ( 70 ; detto Conte, perchè hauendo egli commesso una ribellione tale contra Y. M., era giusto che tutto il suo venisse in mano di lei primamente, et che non essendo stalo ribelle a lui, non credeuo che gli fusse lecito il pigliarsi cosa alcuna di suo; e che per tanto io Io pregaua a non volere impedire quello che è stato comincialo, potendo esser certo che se così hora si pigliaua la possessione di delte terre in nome di S. M., quella nondimeno gliele farebbe dare, subito che egli facesse constare che fossero le sue, come egli dice. Con questa risposta il suo (legato?) si è partito, nè so quello che risoluerà detto Duca; ma del successo V. M. sarà auuisata. Scrissi da Alessandria che manderei ad intimar alle terre del detto conte di Fiesco che si douessero rendere a V. M., et che resistendo userei della forza. Saprà hora V. M. che alla detla intimatione si è resa Pontremoli, et ha giurata fedeltà. È vero che tre castelli che ci sono dentro, in uno dei quali era uno de’fratelli di detto Conte, che poi se ne è fuggito, si tengono ancora a nome dei Fieschi da certi soldati che il fuggiliuo vi ha lasciali dentro. Ho mandato a far loro l’ultimo protesto, et se contrasteranno, vi manderò gente con artiglieria fin al numero di mille fami; et già l’artiglieria è commoda et vicina a quel luogo; et la compagnia dei spagnuoli eh’è stala fatta per la guardia di Siena, camminerà a quella volta. La medesima fe-delità hanno giurata alcune altre terre del detto conte di Fiesco vicine al Tortonese, però terre aperte, et al borgo di Val di Taro, occupalo come ho detto dal duca di Piacenza, mi risoluo di mandar pure uno trombetta perchè si renda a V. M., la quale auuiserò poi di quello che sarà seguito. Bascio le mani a V. M., pregando alla sua imperiai persona ogni felicità. Di Milan, alli 19 di Genero \U1. Di Vostra Sacratissima Cesarea y Catholica Magestad humilissimo sobreditissimo seruidor y criado Fernando Gonzaga. ( 71 ) DOCUMENTO XLV. Il Figueroa soggiunge a Cesare nuovi particolari sui moti fliscani, c sullo stalo degli animi in Genova. 4 547, 4 9 gennaio (Estado, Leg. 1379, fol. 210) Sacra Cesarea e Catholica Magestad. Teniendo escrita la que sera con esta, que es duplicado de la que escreui con el embaxador desta Repubblica, he reciuido la carta de V. M. hecha alos x en la noche, en respuesta de la mia que escreui a los tres dando auuiso del caso subgedido en esta giudad. Despues ha V. M. recib'do las que esgrebi con Portillo correo alos cuatro, y alos siete con otro que vino de Esparla, por las quales daua quenta a V. M. particularmente en los terminos que estauan las cosas de esta ciudad, y corno se yuan aquietando los animos de algunos que los tenian alterados, lo qual se ha ydo continuando; y las galeras se van proue-yendo y poniendo en horden, y està Reppublica ha dado horden de hazer alguna gente para estar con mas seguridad. Yo he dado parie al principe y a esta Republica de lo que V. M. me mandò escreuir en su fauor y ayuda, en caso che fuera menester; de lo qual esla Republica ha sentido mucho fauor, y alegria de la memoria y guydado que V. M. ha tenido dellos, de io qual parece que estan muy obligados; y cierto la mayor parte de las gentes de bien, especialmente los gentiles hombres, todos son aflicionados al seruicio de V. M., y conogen que no pueden viuir sin los reynos y seriorias de V. M.; mas la mala voluntad que los otros del pueblo tienen, no da lugar a que tengan este conuincimiento. Todavia faltandoles cabeza, no creo que subcitaran al presente otro motiuo, sino fue se en muerte del Principe; el qual parege que ha sentido que V. M. sea ynformado que lo que el Conde hizo fue por enemistad par-licular que tubiese con Juanetin (’); lo qual, a lo que yo puedo alcanzar, el le tenia mala voluntad por que tenia ymbidia de que fuese mas en esta giudad que no el; mas esta mala voluntad no se la moslraua, antes conuersaban y estauan yuntos, y agora mas que nunca, por el casamiento que el marques de Masa auia hecho con la hermana de Juan Doria, que heran cunados, y por lo que el Conde hizo, y cada hora se va entendiendo, su yntencion hera ha/erse (’) V. Documento XL. ' ree i sta giudad, y tenella tiranizada y roballa, y matara todos los que parecieua quo lo podian contradezir, para lo qual pensaua valorse del ' 01 e Frami.i, |>>»ru ollo y para salir eoa osto lo parecia que no lo podia .in matar a Juan Doiia y al principe, si tubiera lugar para elio, y de-sarmar las galeras conio lo hizo; y esta hera cosa tramada y platicada de ios tas, poio Dios no le dio lugar, para que pudiese efetuar tanto mal corno el tenia pensado. r ^ -|eij ^ "«go à Marsella; y, segun dizen, fue reo i a, por quo los dixeron que està giudad quedaua por el Conde, y n l r jUU° ^°r 13 ^°Sta a'a 001 le creo que los franceses , " "C10 eniostra?ion, por que el caso no sugedio conio pensauan; quo de otra manera lo vbieran hecho. esciiui à V M. corno esta Republica auia helegido por su duxe a Be-entil, ti qual muestra ser muy gran seruidor de V. M.; y para conai e ,u buena voluntad sera bien escreuille una carta en mi credencia de la que se escribiere en generai a toda la Senoria en respuesta de la uyaj y asimismo al cardenal Doria, y alos demas que *V. M. mandare de Jos que se han mostrado seruidores de V. M. E-ta Ripubblica ha ymbiado oy dos galeras con algunos capitanes y gente, paia tornar la posesion de '\ ares y Roca Tallada; y el Principe dize que lo ha-zen por que han entendido que un Conde de los del condado de Plagencia (jueria^ \cnir a ocupallos, con titulo que fueron dados en dote a uno de su l ontremol se rindo à don Fernando, y lo mismo haran los otros lugares, fuera de Montojo, que tiene vn castillo fuerte. El coionel Agustin Spinola està aqui; el qual viendo que la ciudad està quieta, ha dico oy al principe Boria que si le par esce que se vaga; y el le ha icio que le pai esce que lo puede hacer, pues està tan cerca. Yo creo que es menester que, tratandose de su estado en esta giudad, corno lo hauia acor-ado d \ . M-, que se haga tan delicadamente que no se de sospecha al principe Dot ia de ning'una cosa, porque es tan geloso desta su preminenda y au-oridad, que no quiere dar a torcer su brazo aunque se ha visto en la cesidad passada, y tanto mas estara recatado, siendo Spinola che si fuese l 0 > y hauiendose de hazer, lo qual es muy necesario, ha de ser de manera q e salga del. lo he tentado à micer Addan de largo lo que ocurre al P incipe Doria paia la conseruacion desta giudad, y que permanezea en la n que esta, y en seruicio de V. M. ; y hame respondido que mientras I -ipe Doiia viuieie se conseruara corno està, y que quando el viere q se puede consei uar desta manera, que el mismo sera y ayudara para ( 73 ) que osta ciudad quede perpetuamente a la deuoc,ion de V. M. Yo le he dicho que V. M. no quiere dellos otra cosa, sino la auctoridad y pr e eminenda imperiai, y que no venga en poder de quien V. M. redba desseruicio; y que liagiendo esto V. M. no fattura de ayudallos y fauoregellos, corno siempre ha hecho (’). El Principe ha reciuido muy gran darlo en sus galeras, por que demas de los forcados y esclauos que se han perdido, faeron saquendas las galeras, que no les qnedò sino el artilleria. No se si tiene objeto al estado del Conde, aunque el ha dicho que no. Misser Adan me ha dicho que suplica a V. M. se acuerde de mandar dat' horden que sea sastisfecho de lo que ha de auer en el Estado de Milan, para que pueda remediar a las negesidades del Principe. Antonio Doria ha llegado esta mariana de Napoles por tierra. Nuestro Seiior aumente y ensalze el soberano estado de V. M., con acre-centamiento de muchos reynos y serlorias. De Genoua, a los xix de Henero 1547. De Vostra Sacratissima Cesarea Catholica Magestad muy vmil vasallo que los Imperiales pies y manos de V. M. besa Goinez Suarez de Figueroa. DOCUMENTO XLVt. Avviso in cifra spedito dal Segretario Montesa al Gonzaga e al P’Oria, circa le mosse de’ Fiesclii. ■1547, 21 gennaio (Estado, Leg. 1194, fol. 328) Yll.mo y Ex.1110 Serior. En esta hora me auisau que es venido a Mirandola vno de los Fie-scos,' acompanado de algunos cauallos de Pero Luis, à demandar ayuda de gente y dinero al conde Galeoto y à Petro Estroci, para guardar giertos castillos suyos ala deuocion del Rey de Francia; a lo qual dize que le respondieron que no podian hazer nada, mas que auisariau que (*) Cifra. ( 74 ) el embaxndor de Francia aqui, cl qual ha embiado su seruicio a la Mirandola sobre esto, y dize que han deliberado que osto embaxador auise al Rey con diligencia, y eutretanto que procure de eutretenerse el Fiesco lo meyor que pudiese. Dame parescido auisai1 dello con diligencia a V. E. y al Seiior Principe, por que con el tiempo se podria celar alguna otra Mirandola en Italia. De ^uecia, à 2-2 de Enero, loi7. documento xlvii. Il D Oria avvisa Cosare della resistenza che oppongono i Fieschi fortificati nel castello di Montoggio, il quale minacciano di consegnare alla Francia quando più non si tro\ino in istato di continuare nelle difese da soli. Però la Si- gnoiia, a persuasione di lui, si dispone ad inviarvi contro buon nerbo di milizie. 1547, 25 gennaio (Estado, Leg. 1579, fol. 102) Hauendo già per altre quattro mie auisato V. M. degli accidenti passati ia questa città, non accade più fastidirla d’altra replica, ma solamente aggiungerle che non si è mancato, nè si manca lutlauia, di proueder a quelle cose che sono più necessarie per la quiete e conseruatione di detta Città al seruitio di \. M. Et perchè questi Fieschi tengano ua castello qui presso una legua e mezza, assai forte, chiamato Montobio, il quale è sempre stato un receltacolo di ribaldi et di banniti, et oue adesso la maggior parte di questi rebelli si sono ridutti; li quali minacciano di darlo a francesi quando più non potranno difenderlo, et già ne sono corse pratiche, che sarebbe causa di grandissima altera tione et disordine se hauesse elfetto ; ho persuaso pei mio debito alli Goueinalori della Città, che, per assicurarsi d’ogn’altro incon-ueniente maggiore, non mane si no di far la spesa per pigliarlo; al che tutti prontamente sono condiscesi, conoscendo mollo bene la necessità che si ha di farlo, et cosi fra uno o due giorni li inuieranno una compagnia di fanti, per cominciarlo a tener restretto. Però, desiderando sempre procedere in tulte le cose loro con buona satisfattione et notitia della M. V. hanno ordinato all’ambassatore loro che gli ne parli, e la suplichi resti seruita non solamente di prestarli ( 75 ) il consenso et autorità sua, ma di fargli gratia dal detto castello, poiché, come ho detto, questa Republica suplirà alla spesa che farà di bisogno per pigliarlo. Et perché anche vicino a quello resta un altro loco di detti Fieschi, chiamato lorriglia, che per il comercio potria sempre generar sospitioni o qualche insidie, quando fosse in mano d’altri, suplicano similmente a V. M. sia contenta farli gratia così di l’uno come di l’altro, che se bene ha da esser la spesa maggior che l’utile, sarà di grandissima satisfattone et contentezza a tutta questa Città veder con queste demostrationi che V. M. habbi a caro la quiete et conseruatione di essa al suo seruitio; et io particolarmente Io re-ceuerò in singular gratia et mercede da quella. DOCUMENTO XLVIII. Relazione a Cesare di due avvisi spediti al Gonzaga dagli agenti segreti di Spagna nel Piemonte ed in Francia , rispetto ai disegni di Francesco I, ed alle intelligenze di costui con Pier Luigi Farnese. 4547, 25 gennaio. (Estado, Leg. H94, fol. 325) Que a los xxv de Henero el amigo de Turin le refìriò que franceses no piensan al presente mouer guerra, sino tanto quanto el suceeso de V. M. les diese buena occasion, y que la publica y uniuersal opinion es que el Rey de Francia se balla antes en necessidad que de otra manera, y que por esta occasion se ha de deferir la rotura por su parte, mayormente que no se fian de los ingleses, antes estan con temor. Lo qual dice hauer entendido por una carta que Polin scriue a mossiur (sic) de Termes, en que se contienen estas palabras formales: « Tengo mas que hazer con estos medio christianos, que jamas tube con turcos, quando estube entrellos » ; y que demas desto le ha dicho que se afirma, y tiene por cierto, que el duque de Plasengia esta acordado con Frangia, y que en elio no se pone dubda ny dificultad alguna, y que piensa que el tractado de Genoua se hizo con assensu y voluntad del Rey y del dicho Duque; lo qual conjectura', por que tiene por gierto que los ministros, que el Rey tiene en Italia, no tenian nueua gierta dello, y que si alguno Io sabia era solo el Principe que fue de Melfi, por que un dia antes que suc- 7 ( 76 ) cediese el alboroto en Genoua llegò un correo de Francia con loda la dili- gencia del nmudo, que trajo uu mandamiento para cl dicho Principe,, para que, pesquisiendole el conde do Creuacuer xv ni. escudos, se los diesse sin otra replica alguna, y que todo esto lo sabe de gierta sciencia, y que cl dicho conde de Creuacuer fueel que dio auiso, assi de lo premiero, conio de lo se- gundo que succedio en Genoua, assi a los ministros del Rey corno al dicho Duque; el qual dicho Conde es genoues de la casa de Fiesco, seruidor y pensionano del Rey, y era muy amigo y conjuncto del Conde muerto de Fiesco. Que embia otro auiso, que despues deste tenia, de otro amigo de Francia, que contrc^dize al del amigo de Turin, en lo que liabla de la necesidad que el Rey tenia de dinero, para que visto lo uno y Io otro, V. M. juzgue lo que por su grande prudencia alcancara. documento xlix. un dispaccio in cifra del Gonzaga a Cesare, dove si commentano Farnes et questo ricaua da questo con tutta la ,1..*3rima C e sucedesse innouatione, arriuò un corriera di Francia cipe che essJgenCla d6' P6r ]° qUaIe venitla cnmandat° al dello Prin- de^è subilo spn° T * di di **«* '•* —glieli sub,» senza *. replica; de| ^ ^ ^ ( 77 ) del sacceso di Genoua, il quale similmente ne auisò il duca predetto di Piacenza, et che questo lo sa di certo; et perciò conclude, che essendo estnto mandato dal re di Francia con tanta diligenza l’ordine dello esborsare questa somma, et hauendo il conte predecto di Creuacueur usata la medesima diligenzia in mandare lo auiso al duca di Piacenza che usò nel mandarlo ai francesi, conclude che ciò tutto fusse un concerto fatto prima con esso Duca, sperando da lui comodo aiuto e soccorso in caso di bisogno. Questo conte di Creuacueur è genouese', di casa Fieschi, seruitore et pensionalo del re di Francia, et era molto amico et congiunto del conte di Fiesco morto; le quali cose, unite alle sopradetle et a quello che ultimamente scrissi a V. M. hauer inteso del duca di Piacenza, se ben non ho finito poi di verificarlo, a mio modo, mi fanno credere interamente alla relatione dello amico predetto, perchè quelle genti che esso Duca (come si dice) teneua in ordine, non haueua perchè tenerle a queili tempi se non per questo effecto. Et in questo proposito voglio anche dire a V. M., che parmigiani hanno certa diferenza con cremonesi, et ogni dì usano tante delle ynsolenze, che certo (et V. M. mi creda) se hauessero da fare con il minor barone di Turin, non potrebbono mostrarasi più arroganti, nè più ynsolenti, trapassando tutto il giorno in mille modi le conuentioni che hanno con li ministri di questo Estato, et usando della forza contra di essi, come se tractassero con un gentil homo priuato. Voglio anche ridurre alla mente di V. M. il proceder suo (') nelle cose di Romagnese, nelle quali ha usato di tanta temerità, che se il re di Francia volesse rompersi con V. M., io per me credo che procederebbe con assai più riguardo; perchè, tra li altri portamenti suoi, egli ha fatto quella estima delli ordini di V. M. che io per le mie gli ho fatto intendere, cioè pochissima estima. Ynoltre esso si ha mandalo' a pigliare la posessione di due lochi del conte già di Fiesco, come escrissi a V. M., dicendo essere sottoposti alla ju-risdizione di Parma, et per ciò volerli per lui; et di qua si vede chiaro che non si moue a ciò per desiderio che in lui sia di danneggiare la casa di Fiesco, come dourebbe essere, ma per desiderio di aiutarli con questo mezzo, per ciò che un terzo fratello ‘del Conte morto, nominato Ottobono, quello alla cui preseucia fu morto Giannetino, et dopo di esser morto volse ferirlo di sua mano, è stato in Parma di notte, ragionando con esso Duca per più di tre hore continue. El sono informato poi che da detta città sono usciti archibugi et altre monitioni per soccorso dello castello di Pontremoli; onde, come altre volte ho (’) Cioè del Farnese. ( 78 ) detto, a me pare clic si possa dare piena fede a costui (’), et fare certo giudicio del suo non buono animo; ct scriuo liberamente a V. M. la opinione mia, per sodisfare al mio debito. Ala ben supplico quella humilmente a voler credere che non mi spinge passione alcuna, la quale si possa dire che io habbia con il Papa et con casa sua, perchè certamente l’animo mio non è sottoposto a passione alcuna, se non di quel tanto che tocca al seruigio di V. M. DOCUMENTO L. Lotterà del Figueroa a Carlo V, circa le cose di Genova e l’occupazione dei feudi de’ Fieschi così da parte della Repubblica come da quella del Farnese. 1547, 25 gennaio (Estado, Leg. 1579, fol. 219-220) _ I A los xix del presente screui a V. M., y respondi a la carta de diez que auia receuido en respuesta de la mia de los tres, que screui dando auiso del caso subeedido en esta ciudad. Despues aura receuido V. M. las que screui a los quatro, y a los siete y a los deziseis y diezynueue (2), y por ellas aura visto V. M. en los terminos que las cosas estauan, las quales se van continuando, y esta Republica ha pregonado al Conde y a sus hermanos por rebeldes y le-uantadores del pueblo, y deslerrados perpetuamente de esta ciudad y de todos sus dominios, y que se derriben las casas de Violò; y las demas que tienen en està ciudad queda en arbitrio de esta Senoria de hazello, si le parecera; y lo mismo han hecho de otros que van en una lista que ymbio con esta ( ) por que sean conocidos en todas partes. Justicia no se ha hecho de ninguno asta agora, por que los muy culpantes se han absentado, y los que han quedado se han (’) S’intende all’agente segreto. (*) Documenti XIII, XVI, XXXVIl e XLV. La lettera che il Figueroa accenna qui ed altrove ( Doc. XXVII ) come scritta il dì 7, non esiste; ma vuoisi intendere per essa il Documento XIX, che reca la data dell’ 8. Egli ricorda del pari, nel Doc. XXIV, di avere scritto lo stesso giorno 7 al principe D. Filippo; ma invece quel suo dispaccio (Doc. XVIII) ha in calce la data del dì precedente; ed appunto come spettante al dì 6 citasi altrove (Doc. LXXVI), c nella risposta del Principe stesso (Doc. LXXIX). (s) V. il Documento seguente. ( 79 ) presentado y prueuan sa inocencia; bien creo que si fuera en otra parte que se hiziera la essecucion con mas siguredad, por qw estos proceden mas piadosamente de lo que el caso requiere, para poner en terror a la gente baxa, mas van mas considerados de lo que era menester, por qve oij es por vn mahana por ti ; y por està causa no me paresce que se puede estar con el animo asoseyado. 1 o he hablado con el principe Doria en elio ; y me dize que estè seguro, y que assi lo scriue a V. M., que el procurar a de dar tal orden en esta giudad, que permanesca en el seruicio de V. M ; mas no se dexa entender hasta agora corno ha pensado de hazello; y yo para mi pienso que en està conyuntura podr'a hazer todo lo que quisiere, para que esta cibdad se conserue en el seruicio de V. M. y a su deuocion, y de baxo de su proteccion. Esla Republica ha crescido el numero de la gente, quinientos infantes con los trezientos que tiene en la plaza, que, con tener el Principe las galeras mejor proueydas que estauan, paresce que bastan, no hauiendo en Pia-monte mas fuerzas de franceses de las que ay. lìanme tentado si contrybuire en el gasto extraordinario ; yo les he dicho palabras generales, que V. AI. no les fallata, corno ha hecho por lo passado, mas que este es poco gasto para demandar ayuda; y esto hize, por que no me parecib que era en tiempo de negarselo abiertamente. Doy auiso a V. AI. de lo que passa, por que me imbie a mandar lo que juzgare ser mas su imperiai seruicio ('). Yo screai a V. M. corno don Fernando de Gonzaga avia imbiado a tornar a Pontremol; el que, por Io que entiendo, con los dos castillos qae tiene se ha rendido. Tambien screui corno los de esta republica auian imbiado a tornar a Yares y Roca Tallada, con titolo que es suyo, y que los condes pasados se lo tenian robado y forzado. El Vares se habia rendido; el Roca Tallada no tengo auiso si hizo Io mismo. El daque de Plasengia tomo la posesion de an lugar, que se llama Calestan, que està en la juredigion de Plasengia y està obbligado a la paga de la galera que el Conde comprò; aunquel tiene los dineros que los receuido y tambien las galeras, de manera que pudiera escusar de no tornar el lugar; y demas desto han escrito aqui que ymbiò un trompeta al burgo de Valdetar a que se rindiese; al qual por ninguna razon le toca hacer lo que hize. Yo le escribi a don Fernando, para que proueyese lo que mas fuese seruicio de V. M. Hame respondido qae ha escrito al duque que no se entrometa en lo que toca a la juredicion de V. M. No se lo que le aura respondido. (’) Il corsivo indica, al solito, la ci Tra. ( 80 ) ambien me ha dicho Antonio Doria que el Principe le ha dicho que un ugar che es dize Sant Esteuan hera de unos parientes suyos, y que a estos Dona se lo robaron, que seria bien que lo fuese a tornar; yo creo que al ' pe tiene tanta gana que esto Estado se desaga que busca todos Jos caminos ^ t 6 ^3ra e^°J C°n ^U0 S0an Porsonas H116 sean seruidores de V. M. am len ha embiado aqui el cardenal Qibo una persona a ablar al Principe y a mi, a ofreeer in persona y quanto tiene por seruicio de V. M., y demas me a ìc o corno la dote de su subrina, muger del Conde, està asegu-re un castillo que està en Lodexana, que compro el Conde de un marques Mala Espina (*); y que por està causa lo queria tornar, por que 1 pusie.e eri el alguna persona que les diese que hazer, por que ay en el un castillo que es bueno. que se entiende de los hermanos del Conde es que el Geronimo, que () Cioè il castello di Cariscto. Fra lo carte dell’Archivio di Simancas ■stado, Leg. 1194, f0|. ^1) leggesi a questo riguardo un estratto di convenzione, che è del tenore seguente: Clasula hipotece dotalis super feudum castri Cariseti, pro summa scuto- > am novem milium, pro portione dolis illustrissime D. Leonore Cibo, in instrumentis dotalibus celebratis inter illustrissimum tunc temporis Comitem de lsco> et agentes pro Reuerendissimo Cardinali Cibo, de anno m. d. xxxxiii, te mu mensis Januarii, rogatis per Bernardum Usus viaris Granellum no-narium januensem, actis Janue; est tenoris ut infra: Et que scuta nouem millia, modo prefato habita, prefatus illustrissimus Joannes Aluijsius I-l/scus, per sesuusque heredes ac successores, promissit ac pi omittit saluare et custodire in omnibus suis bonis mobilibus et immobilibus, a o ialibus et feudulibus, presentibus et futuris, ipsius illustrissimi D. Joannis luyisii, et illa restituere, in euentum dotium restituendarum, prefate illustrissime D. Leonore, et seu illi vel illis, cui vel quibus erunt restituende, juxta foiman statutorum et or di namentorum januensium, me dicio notario tamquam pei sona pnb tea stnpulante nomine et vice predicte illustrissime D. Leonore, cuius vel quorum interest seu interesse poterii in futurum-, et sic obligandi omnia et singula bona sua predicta mobilia et immobilia, presentia et futura; et viti a generalem obligationem predictam, pro cautione dictorum scutorum nouem millium numeratorum ut supra, specialiter et expresse obligauit ethipo-eiauit castrum et feudum, cum suis turribus et pertinentiis, castri Cariseti, emptum et acquisitum per prefatum illustrissimum Joannem A log sium, vigore tus tumenti rogati per Joannem Jacobum Cibo Peyranum notarium, saluo sempei superiori assensu; quem assensum pre fatus illustrissimus D. Joannes oysius promissit se facturum et curaturum quod impetretur et obtineatur, ( 81 ) os el mayor, està en Montojo, que es una fuerza suya que es diez millas de aijui, la qual puede hazer alguna resistencia, por que es fuerte, y conuiene que se tome por desarraggar a estos de aqui, por que de otra manera sera aco-gimiento de todos los que estan desterrados y de los otros malhechores que de aqui salieren, y por ser tan vezinos siempre ternan inteligencia y tratados; y siendo el castillo no muy grande, se podra tener zercado con poca gente, y de aqui siempre daran todo el fauor que pudieren para elio, por que ellos desean mucho asello para quitallo de alli, en lo qual con el tiempo V. M. mandara considerar si sera bien que venga en su poder, o tenello por mayor seguridad desta ciudad y de la persona que aqui estubiere por V. M. ; y segun las cosas se determinaren, asi se podra hazer deste castillo. Otra cosa no ay al presente do que dar auiso a V. M. ; de lo que mas se supiere lo bare siempre. Antonio Doria esta aqui y bien con el Principe, a lo que parece en lo publico. eius sumptibus et expensis, a Cesarea Majestate infra annum unum proxime venturum. Promittens etiam ad cauteliam prefatus illustrissimus D. Joannes Aloysius dicta bona obligata tenere et possidere, in dictum casum, nomine et vice predicte illustrissime D. Leonore, et quorum intererit seu interesse poterit, et pro ea, donec et quousque veram et reakm ac naturalem acceperit possessionem, in casu non facte integralis solutionis faciende de dicta summa, quam accipiendi eo casu, ex nunc pro ut ex tunc, et conuerso, licentiam liberam concessit dicte illustrissime D. Leonore, me dicto notario stipulante nomine et vice ipsius, et propria auctoritate et absque alicuius magistratus aut judicis licentia, et itaque nihil possit in contrarium aleguri aut dici; et que possit ipsa illustrissima D. Leonora, siue agentes pro ea, et eius successores ea bona que maluerint et elegerint,'et precipue ipsum castrum, vendere, obligare et alienare pro suo libito, usque ad integram satisfactionem predicte summe, cum damnis, expensis et interesse, nulla juris vel statutorum, decretorum vel consuetudinum solemnitate semata; et ex nunc ipse D. Joannes Aloysius appro-bauit et ratificauit, approbat et rati/icat, omnem quamcumque alienationem et venditionem predictorum bonorum quam facient illustrissima D. Leonora, seu. agentes pro ea et successores, et pro consequenda predicta satisfactione sua pro summa predicta. Promittens prefatus illustrissimus D. Joannes Aloysius non contrauenire aliquo modo, imo illa defendere et manutenere emptoribus dictorum bonorum in forma debita per inde ac si ipse illustrissimus D. Joannes Aloysius vendidisset ct pro speciale pignus obligasset ; et quod in periuditium presentii contractus et conuentorum in eo non possint supradicta bona a pre-fato illustrissimo D. Joanne Aloysio vendi, obligari et alienari. ( 82 ) Despues de escrito lo de arriba, son venidos los capilanes quo fueron a toni r a Vares y Roca Tallada, los quales se rendieron a esta Repubblica, y asi quedan por ellos; y si no fueran prestos a ymbiar alla, no fueran a tiempo de tomallos, porque uno de los condes de Landò abia juutado gente para tomallos; lo qual, segun dizen, hera con fabor del duque de Plancia, el qual tomo el burgo de Val de lar y tiene el castillo, por que se le rindio, y la tierra, seguii dicen estos, Dama ymperio. Yo he dado auiso a don Hernando de Gonzaga, tl qual ha escrito al Duque esortandole que no se empache a los hermanos del Conde, pues son rebeldes de V. M. y han ydo contra su patria, j cl castigo y priuacion de los bienes loca a V. M., y a su preminencia y autoridad ymperial. Asimismo he entendido corno han determinado de ymbiar gente sobie Montojo, por que el hermano del Conde se ha retirado alli con alguno de los malhechores y otras gentes, y por estar tan vezino a esta giudad, y auelles escrito una carta muy desouesta, han pensado que si se dexa alli aquel nido que seria causa de alterar esta giudad, con la parte que tienen dentro y los que de fuera estan; y tambien que entienden que tstos hermanos del Conde tienen piaticas cou frangeses, y que dicen que antes que consentir que este castillo venga en poder de esta Republica, lo daran a frangeses, y por otra parte no dexan de tener platiqua con el duque de I lasencia que lo tome el. El Principe me ha dicho que ellos no quieran hazer la ympresa de Montojo, por que no tienen fuerzas para ellos; mas que quieran tener alguna gente en el contorno por estornar que no vengan en esta giudad, ni traten en su juredicion, ni les entren biluallas, ni gente. Yo bien ecro que si pueden hazer mas, que lo haran, por la voluntad que tienen de quitarse este sobre hueso de delante; y el Principe, por.enemistallos mas con esta casa del Conde; de mas de las causas diclias, haze ystancia en que hagan esecucion contra ellos, y les desposen de todo lo que era suyo, proponiendo siempre que el seruicio de V. M. se conserue, y que esta ciudad estè siempre al seruicio y deuogion de V. M. En este punto me han ymbiado a decir que despachan un correo a V. M.; y aunque no me han ymbiado a decir la causa, yo pienso que seaerbos las cosas que han hecho en lo de Vares y Roca Tallada, corno de lo demas que piensan hazer en Montojo; como V. M. vera por su carta y por la relagion de su embaxador, y tambien pienso que el Principe escreuira, pues no haran cosa sin que el lo sepa, corno es razon, pues es tan interesado en elio asi por el seruicio de V. M. corno por el bien de su patria. ( 83 ) DOCUMENTO LI. Condanne inflitte dalla Repubblica a’ Fieschi e loro seguaci 1 547, 25 gennaio (Estado, Leg. 1379, fol. 207) Gio. Aluigi, Girolamo, Ottouone, Cornelio, fratelli Fieschi, banditi in perpetuo. Rouinata Violata di presente; et il resto de le lor case in arbitrio de la Illustrissima Signoria. Raphaello Sacco, saaonese, dottore, Vincenzo Calcagno, cameriere, Jacobo Conte, banditi in perpetuo, et rouinarli le lor case. Gio. Baptista Fiesco Verrina, Scipione Del Carretto, Dominico Bacigalupo, Gerolamo Garauenta, Desiderio Cambialancia, banditi in perpetuo, confiscati i lor beni, et la rouina di lor case riserbata in arbitrio de la Illustrissima Signoria. Baptista Imperiale Baliano, Girolamo Vsodimare di Magliolo, Gaspare Fiesco Botto , Lazaro de Caprile, banditi per anni cinquanta, et confiscati i lor beni. Francesco (Pinello) de Gaui bandito per anni otto. Francesco Curio per anni cinquanta. Bernardo Ciriegia per anni cinquanta. Girolamo Maragliano, detto Garauentin, per anni cinquanta (2). Giulio Fregoso per anni cinquanta. Girolamo Fiesco del quondam. M. Gio. Georgio per anni dece. Baptista Justiniano del quondam M. Balthasare per armi dece. Paulo Girolamo Fiesco per anni dece. (’) 11 bando che portava queste condanne, nelle quali il Figueroa lamentava che la Repubblica procedesse molto rimessamente ( Doc. L ), può leggersi nel Bernabò-Brea (p. 139 ), colla data del 12 del successivo febbraio. Egli è però da presumere che a questa data ne sia stata fatta soltanto la ripubblicazione, giacché il Figueroa, scrivendo il 2 dello stesso mese al principe Filippo, accenna chiaro che la Signoria avea fatte pubblicare dal banditore le condanne sovra enunciate (Doc. LXIX). (2) Dopo del Celesia, il bando precitato pone «* Thomaso de Axereto, detto Verze », clic è ommesso nel presente elenco. ( 84 ) Francesco et Talon (’), fratelli Badarachi, per anni dece ogni uno di loro. Andrea de Sauignon per anni cinque. Francesco Maragliauo per anni cinque. Nicolò de Valdetaro per anni cinque. Nicolò Caietan per anni dece (*). Gio. Baptista Rpfjliaro per anni dece. Benedetto Botto per anni dece. DOCUMENTO LII. Il Gonzaga significa a Cesare il progetto che egli ha di tenere in Alessandria un convegno coll’ambasciatore Figueroa, per sempre meglio assicurarsi di (jenova; e nota come pensi eludere sopra ciò l’avvedutezza del Principe D’ Oria, di Adamo Centurione e della Repubblica. 1347, 2G gennaio (Estado, Leg. 1194, fol.‘503) Sacratissima Cesarea Catholica Maestà. Parendomi le cose di Genoua esser di una mirabile importantia al serutgio di V. M., come Ella medesimamente sa, et non restando sodisfatto di quello che prima ne intesi dal caualiere Cicogna nel suo ritorno, elessi poi di mandare miger Gismondo Fancino a quella città, ad effecto, che, sotto colore delle prouisioni che si haueano da fare per la ympresa delli castelli di Pontremoli ( ), procurasse, con lo mezzo de’ seruitori di V. M. et di amici miei particolari, di ricauarne qualche cosa di più di quello che fin all’ hora me ne era stato re-ferito. Il quale, essendo ritornato, me ne ha fatta la relatione che sarà con questa, la quale mando acciò V. M. da quella comprenda et giudichi le cose di quella città, non essere fin hora sicure (*); per dirle che visognando per tanto pensare al i espedienti che possono apportare questa sicurezza, et farui sopra quelli discorsi che si conuengono alla ymportancia del caso, io desidero in (1) Cioè: Francesco e Pantaleo, detto Tallone. (*) Questo nome non trovasi nel Bando summentovalo. (s) V. Documento XLIV. * (*j Documento seguente. ( 85 ) estremo di abboccarmi con lo ambassatore Figueroa, et per ciò penso di scri-uerli che se egli potesse venire in Alessandria, questo effecto Io giudicherei molto à proposito; et crederei che si potesse fare senza escandalo, et che per leuare la brigata di sospetto potrebbe venirui similmente Addan Centurione, et ancora una persona da parte della Signoria, sotto colore che per noi si hauesse da tractare della forma che nello auenire si hauesse a tenere in detta città; et che per venire a capo di questo disegno si potrebbe satisfare al principe Doria, con il mostrare che per noi si potranno meglio tractare et proporre le cose che a lui toccano, sotto calore della conseruatione et quiete della città, et effectuarle, che non si potriano proporre nè effectuare da lui; et alla Signoria con dire che poi si conosce tutto il giorno il grande amore che V. M. porta alle cose de quella Republica, è bene che gli ministri che V. M. tiene in queste parti, tratleno insieme con li suoi della loro medesima conseruatione et pace; et a Addan Centurione, che essendo il Principe della età che è, pare espediente che quello che tocca alla conseruatione della città et de le galere, et breuemente di tutto quello che da lui ha da dependere, si accomodi di una volta. Con le quali tre diuerse-cose dissegno di poter condurre ad effecto il detto abboccamento in Alexandria, perchè gli umori di quella città sono diuersi, et diuersamente tendono a vari fini. Non so quello in che mi risoluerò ; ma del seguito V. M. sarà sempre ragguagliata. DOCUMENTO LUI. Relazione del Fancino sulle coso di Genova. 1547, ..... gennaio (Estado, Leg. 119Ì, fol. 519) La relacion que trujo el Fancino de las cosas de Genova. Que hallo aquella ciudad harlo pacifica y quieta en aparenria, y bien dispuesta al seruicio de V. M.; mas muy contrario el effecto, por la diuer-sidad de los humores. Que el Principe, y los que absolutamente dependen del, son faciles a crer estas aparencias ; y los que sienten al contrario no lo muestran, por ver al Principe ynclinado a aquella libertad que el pretende hauer introducido, y tambien por que conosce del que quiere que se crea por todos que la ciudad ( ) aya hecho en esta nouedad lodo lo que se podra dessear de su deuocion, lo qual se vio muy legos entonces, por que asta que se vio muerto el Londe ningunos comparecieron ny siguieron la faction del Principe. Que la Republica se muestra niuy fria y remisa en la punicion y castigo de los que se hallaron culpados en la novedad. La prouision que ha hecho aquella Repubblica de cc fantes de mas de los ccc que antes tenian de guarda, con lo qual el Principe, con el presu-puesto que tiene del buen animo de los del pueblo, piensa que estarà lo de alli con la seguridad que conuiene, que es en lo que dissìenten muchos, polla poca demostracion que hizieron en el tiempo de la nouedad ni en la exe-cucion del castigo de los delinquentes. Que misser Adam Centurion siente mucha parte desto assi, y se conforma con el embassador, mayormente en parescerle que conuernia assentar mejor las cosas de alli en seruicio de V. M., sino que no se atiene a tractar de cosa que sea diuersa de la mente o inclinacion del Principe. Que el embaxador, y otros muchos que hablan en esto, yuzgan que aunque esta guarda de los d soldados sea bastante a tener la ciudad a recabdo, no basta si la persona que los terna a cargo no hes qual conuiene, concur-riendo que la del coronel Spinola es muy a proposito, aunque hallan la ne-gociaeion dificil, assi por respecto del Principe conio por no meter al dicho Spinola en dillidencia de la ciudad. Que ay muchos que piensan que aun no bastaria solamente lo del Spinola, para que lo de alli estubiese corno conuernia, sino que seria necesano acrescentar en alguna cierta manera la auctoridad de V. M. mas de lo que agora està, de manera que fuese temida, platicando en estas cosas de forma que quasi todos los nobles y principales han llegado a tractar de la reedificacion del castillo, y que se pusiese en manos de ministros de V. M. Pero que dexado esto a parte, lo qual yuzga don Fernando que lo aja locado por demasndo afection que tenga a V. M., o por temor, el embaxador eschucha a cadauno, pareciendole que haura harta dificultad en qualquiSra buena resolucion, assi por no poner la Republica en gelosia de susjection y difidencia, corno por el respecto que se deue tener al Principe, y no desa-gradarlo no solo en el effecto, eslando tan inclinado a la libertad corno en la manera de la negociacion, por que no entro en sospecho de que le tengan por de menos auctoridad y prudencia que hasta aqui. Que a misser Adam le paresce que se podria hazer otro parlido, con que se assegurase meyor la tierra, y V. M. tubiese mas autoridad en ella, que seria augmentar la guarda hasta el numero de ncc soldados, con que ( 87 ) V. M. pagase los cc, por que no halla facil el platicarlo con los dei gouierno, ny sabe si concurririan en Ia election dei Coronei para cabo desia guarda. Que misser Adan està resoluto de andar con la galeras, por assegurarse dellas. Que Ia galeras, que el Principe dige que eslan armadas, son hasta xxi, por que, por lo que se sabe, no estan cumplidamenle armadas, por la falla de la chusma ; por que si estubiesen corno deue estar, no ay chusma para mas de xm, aunque de cada dia se recuperan los forgados, y ay buena gente de cabo. DOCUMENTO LIV. Brano di altra lettera del Gonzaga a S. M., circa lo stesso argomento ed i feudi dei Fieschi. 1547, 27 gennaio (Estado, Leg. 1194, fol. 300-302) Sacra Cesarea et Catholica Maestà. Scritto circa le cose di Genoua quello che V. M. vedrà per l’allegata, è sopraggiunto don Rodrigo de Mendoca, mandato da lei per lo medesimo particolare, per relatione del quale, et pel tenore delle lettere che V. M. mi ha fatto scriuere per lui, resto informato della mente di lei, et di quanto è stata seruita ordinarmi in questo affare delle cose di Genoua (’). Per il che ho aduertito l’ambassator Figueroa di quanto ella vedrà similmente , per la annessa copia della memoria che ho data a don Rodrigo. (*) Et potendo quello venire in Alessandria, o in altra parte, doue potessimo aboccarse ynsieme, come li scrivo, che seria necessario, per comunicare et tractare del negocio in presenzia, poiché in absencia con le lettere è difficile a poter farsi, di quello che risolueremo et appunteremo insieme sopra di ciò giuntamente, ne auuiseremo V. M. Et in questo per hora non mi accade dir altro. (’) V. i Documenti XXIX e XXXVI. (2) V. il Documento seguente. ( 88 ) Circa il castigo della indegna memoria del conte di Fiesco, ho veduto ciò che da V. M. mi viene comandato; et mi piace con hauere inuiato, segondo per altre mie hauera inteso, ad occupare il suo stalo in nome di lei, di hauere accertato in quello che era la sua volontà, auuisandola come alla hora di mó da due luoghi in fuori, assai forti, nominati Monloio et.....(') quali si tengono anchora per li fratelli di esso Conte, tulio il resto dello Stato, senza molto strepito, s’è ridutto a nome di V. M., con hauer giurato la fedeltà in forma. II Duca di Piacenza, per la richiesta che ho mandato a fargli della restitutione di quelle due terre, che io scrissi a V. M. hauersi occupate di esso Stato, nominate il borgo di Valditaro y Calestano, come terre della giuiisditione di Parma, mi ha scritto vna lettera dolendosi meco di ciò, come per la copia, che va qui alligata, V. M. potrà vedere (*). Al quale ho risposto assai modestamente, con mostrare che in ciò non ha ragione di dolersi,nè di V M. nè di me, nè di fare replica alcuna; di me perchè io faccio 1 officio che deuo in difendere le ragioni di V. M., et in auuisarla diJIe cose che occorrono, concernenti il seruigio di quella; di V. M. meno, se volendo castigare un suo rebelle li toglie lo Stato; nè esso per questo caso può hauere ragione contra il detto Conte, o cose sue, poiché Ia rebellione commessa da lui non è contra di esso Duca, se non contra V. M., soggiu-gnendo che io ne darei auuiso a quella, non narrando se non la verilà come soglio, et così faccio, lasciando a lei la cura del resto. Et di questo che ho fatto, haurò ben caro intender che ella resti seruila (3). Guasto nell’originale; ma s’intende di Cariseto. ( ) Questa lettera non fa parte della collezione di S. A. R. il Conte di Villa-franca. ( ) 11 presente Documento fu già pubblicato dall’Odorici, che lo desunse da un Codice della Parmense, nel suo egregio lavoro : Pier Luigi Farnese e la congiura piacentina, p. 65. ( 89 ) DOCUMENTO LV. Istruzioni del Gonzaga al Mendoza, ricordate nel Documento precedente. 1547, .... gennaio ( Estado, Leg. U9i, fol. 310) La orden que me paresce que Vuestra Magnificiencia ha de tener en su yda a Genoua es la siguiente. De dezir al Principe y a la Senoria, y à Adam Centurion, que la causa por que S. M. le ha embiado, es para visitar al Principe y dolerse con el de la muerte de Juanetin y del dano que recibieron las galeras; el qual se huelga que sea menos de lo que al principio le habian dicho, y para de su parte offrecerle loda la ayuda que le podrà dar por que se tornen a armar, Io qual S. M. desea mucho, asi por lo que toca al seruicio de S. M. corno por la satisfacion y meritos suyos, y gana que S. M. tiene de hagerle merced. Con la Senoria esta bien el cumplimiento que S. M. haze, ny con ellos me paresce que se deue usar de otras palabras en particular, sino en generai agradescerles de lo hecho, y persuadirles su misma conseruacion, offrecien-doles para elio todo los que ellos mismos jusgaran que por parte de S. M. se puede hazer. Lo que S. M. manda del asiento que por lo venidero se huuiese de tornar, para tener seguridad de aquella ciudad, es Io que, despues de succedido el alboroto della, siempre hauemos platicado el ambaxador Figueroa y yo, ha sido menester, y al presente mas que nunca proceder con mucho tino y dexteridad, por que aunque la mayor. parte de los principales de aquella ciudad sean aficionados al seruicio de S. M., todauia son diuersos los fines con que cada uno dello querria este seruicio, y lo enderescan y encaniinan cada uno segund su pasion y humor particular; y aunque esto entre en el ambaxador y mi aya sido cumplidamente tractado, y con el Fansino el me aya embiado à dezir diuersos particulares, todauia hastagora no nos hauemos podido resoluer en nada, por que este negocio es de manera que no se puede esforzar sin peligro de quebrarse, es necesario, corno tengo arriba dicho, proceder en el con mucho tino. Goncierne y es necesario que Vuestra Magnificentia comunique todo Io que S. M. le ha mandado comunicar .conmigo con el dicho embaxador ; al qual ( 90 ) me pnresco quo podra anadir, que para, tornar resolucion en este negocio y Iralar, conio se podrà asentar aquella ciudad, en seruicio de S. M., me occurre que, sin escandalo, nos podriamos zuntar en Alexandria el y yo; y que por dar menos sospecha podria tambien venir alli Adam Centurion, y aun alguna persona por parte de la Senoria, so color que se hubiese de tractar de la foima que en lo venidero se hubiese de tenir; y que para esto se podria satisfacer al Principe con mostrar que se podria mejor proponer por nosotros las cosas que a el le tocan, so color de Ia conseruation y sosiego de la misma ciudad, y eflectuarlas que no por el; y con la Senoria que pues se conosce cada dia quanto amor S. AI. tiene a las cosa de aquella ciudad y Republica, era bien que los ministros que S. M. liene en estas partes tractasen junta-mente con ella, y los suyos, de su misma conseruacion; y con Adam Centurion se podria satisfager, con dezir que siendo el Principe de la edad que es, era bien que para la conseruacion de la ciudad, y de lo demas que ha de depender del, y de las galeras, y otras cosas, se assentase de una vez lodo. Y por que, podria ser que para los humores de aquella ciudad, esto no fuese juzgado a proposito, el embaxador Figueroa informara à Vuestra Magnificentia y de todo lo que entre nos otros ha pasado, y lo que por el Fan-zino me embiò a dezir, y segund su paresger se podrà tractar de corno hauremos de guiar y discutir este negocio, el qual el y yo juzgamos no deuerse dexar ansi, y lo hauemos scrito à S. M., la qual pues lo ermite a que se piense por nos otros la forma del assiento; a mi juicio es necesario que lo tractemos en presencia, y de mas gerca de lo que por cartas so puede tractar. ( 91 ) DOCUMENTO LVI. Lotterà di Carlo V al Figueroa, specialmente relativa alla destinazione di Agostino Spinola a capitano generale delle truppe in Genova. 1547, 28 gennaio (Estado, Leg. 614, fol. 122) Despues de Io que ultimamente os escreuimos con don Rodrigo de Men-doga (*), corno hauereys visto, se recibiò vuestra carta de ìx del presente, por la qual acabamos de entender mas particularmente el sucesso passado, y buenos terminos en que quedauan las cosas desa ciudad y las galeras, con lo demas de la demonslracion que en generai y particular han todos usado en nuestro seruicio; y assi escreuimos a los cardenales Cibo y Doria, dandoles las gracias de su buena voluntad, corno os paresce, y diziendo hauerlo entendido por vuestras cartas; y assi mismo al duque de Florencia, y los demas. Lo que escreuis tocante al coronel Augustin Spinola, y lo que conuernia que el residiese ay por capitan generai de la tierra, es muy bien considerado, y nos paresce muy buen medio y a proposito para lo que conuiene a nuestro seruicio, y la quietud y seguridad dessa ciudad, y conseruacion della en nuestra deuocion, corno se lo escreuimos a don Fernando de Gonzaga, el qual os darà auiso de Io demas que cerca dello le escreuimos (*), no dubdando que assi para tractarlo con los del gobierno, corno para que el Principe lo tenga por bien, y lo enderesce y esfuerce, usareys de la buena manera y dexteridad que soleys, y corno la qualidad y exigencia del negocio lo requiere. Lo demas que loca a las galeras del Principe, pareciendoos que seria bien mirar en la persona que las haura de gouernar, tanto mas por Io que po • dria succeder despues de la muerte del Principe, Io podriades tractar con el, corno de vuestro, y con las cousideraciones que apunctays, para tentar y entender del a lo que se inclina, para gouernaros conforme a elio, y dar nos auiso de su intencion, persuadiendole a elio con las razones que conuerna. (’) V. Documento XXXV. (2) V. Documento LVIII. ( 92 ) A los del gouierno desta republica escreuimos la carta quo vereys, en re-puesta de las suyas; darsela eys, anadiendo lo que mas os parescera y seri a proposito, segun la occurrencia y terminos en que estaràn las cosas. De los hijos del capitan Juanetin ternemos la memoria que es razon, y corno lo meresciò su fidelidad y seruicios. Nunca nos abeys dado auiso que se hizo la gabra quo huyo la manana de la rebelta cou los ccc tureos, y donde fuè a parar. DOCUMENTO LVII. Risposta di Carlo V alla Signoria. 15Ì7, 28 gennaio (Estado, Leg. 1579, fol. 75) Hauemos recebido vuestras cartas de mi y vm del presente, y. por ellas y las del illustre principe Doria, y nuestro embaxador, entendido la buena voluntad y diligencia con que se ha trauajado en la pacificacion y quietud desa ciudad, seguridad y buen recabdo della, juntamente con el buen animo que en generai y particular se ha mostrado en nuestro seruicio, por su de-uotion, y la protection y cuenta que della tenemos; lo qual es conforme a lo que siempre se ha conogido, y deueys a la quietud y pacificacion de vuestra propria patria, y a lo que nos hauemos de continuar en su beneficio siempre que se olfreciere la occasion, corno lo entendereys mas largo del dicho nuestro embaxador. De Vlma, a xxviij de Enero mdxlvii anos (1). Carolus (L. S.) Vargas. (') BERNADÒ-BnEA , p. 159. ( 93 ) DOCUMENTO LVIII. Cosare al Gonzaga, approvando la destinazione dello Spinola a comandante generale, e sollecitando la completa occupazione dei feudi de’ Fieschi. 4547, 28 gennaio (Estado, Leg. -1194, fol. 409-410) A don Fernando Gonzaga. Desde Gayslinghe, a los xxim deste, os screuimos vltimamente corno ba-ureys visto, despues se ha regebido vuestra letra de ix del mismo, por la qual hauemos entendido la yda de Juan Pero Gigona a Genoua, y la buena demostracion y prontitud de animo que hallo en los de aquel gouierno, con el crescimiento de la guardia, y lo demas tocante a la comprouacion y buen recabdo de aquella ciudad, en lo qual no ay que dezir, pues, a Dios gratias, todo està pacifico y quieto y a nuestra deuogion, conio lo deue a la protection que siempre hauemos tenido, y tenemos, de generai y particular de aquel dominio. Las considerationes y causas por las quales os paresse conueniente y necesario lo que el embaxador Figueroa acuerda del coronel Spinola, son las mismas que nos hizieron pensar en lo que con don Rodrigo os screuiemos, corno haureys visto; y assi nos paresce muy bien este camino, que el dicho embaxador apuncta, y vos aprobays assi por Io que toca a la seguridad de aquella ciudad, que tanto nos ymporta para la de todos nuestros reynos, estados y senorias, corno por que con este medio se podrà poner en effecto algun dia lo que tanto es necessario, y os screuimos, por todos respectos; v no se dubda sino que siendo el dicho Coronel tan aficionado y seruidor nuestro, y acabandose con los del gouierno, que el tenga el cargo de la gente y fuercas de la dicha ciudad. Lo de alli, corno prudentemente apunctays, estarà siempre a nuestra deuogion, y con la quietud y seguridad que conuiene a nuestro seruicio y estado; y assi seremos muy seruidos que este se encamine y haga con la dexteridad y manera que mejor paresgera a vos y al embaxador Figueroa, aquieu le screuimos, remittiendonos a vos, corno screuis que se ha concertado entre ambos; y quanto al entretenimiento del dicho Coronel, pues es assi que haurà de residir forcadamente en Genoua, y que se le ( 94 ) rccresccrà mas gasto, paregiendo os que se le deue dar ccnueniente prouision, presupuesto que el tiene de pension en esto Estado cccc o dc ducados al ano, paresse que bastaria darle, ynclyuendo aquella hasta la summa de ciò ducados al ano, y que estos le sean muy bien pogados en este Estado por sus tercios o meses, corno mejor le estuuiesse; pues es de creer que no pudiendo gozar de la dicha pension por las necesidades presentes, que bara cuenla que se le dan estos cid de nueuo, y paresce que sera competente sueldo, aunque pues haurà tiempo para elio, nos podreys auisar de lo que cerca desto os paresge. Quanto à lo que screuis sobre la ocupacion de los bienes y estado del conde de Fiesco, ya por lo que lleuò don Rodrigo haureys entendido nuestra yntencion; pues es justo que quien tan atreujdamente intentò tan gran traigion, se le de el castigo exemplar que meresce; en lo demas que consullays, si ocupados los lugares del dicho Conde, que son feudatarios, procedereys conira los otros, pues son subiectos al sacro ymperio, pues todo es una misma razon y deue ser confiscado, no haurà para que liazer diferencia, sino ocupar todo su estado sin exception ninguna hasta el cabo ; y assi os Io encargamos de nueuo, rogando os que en la ocupacion de lo vno y de lo otro vseys de la dilgencia possibile, antes que succeda cosa o nouedad que lo ymirida ('); pues todos los que tienen entendida la traigion que el Conde vsò en nuestro deseruicio, siendo nuestro feudatario y pensionano, eslan con los ojos, sperando, a uer el castigo. DOCUMENTO LIX. Dispaccio in cifra del Figueroa al Gonzaga, dove non crede opportuno il convegno d’Alessandria. 1547, 28 gennaio (Estado, Leg. 1194, fol. 525) En lo que V. E dize, que desea bablar conmigo, por que de otra manera no se puede satisfacer de lo que en este caso se puede resoluer, y que yo fuese acompanado de micer Adan Centurion y de alguna persona de la Senoria, yo lo deseo, y aunque no fuese por otra cosa que por besar las manos de V. E., que era cosa muy bastante; mas, considerando que de mi (’) Cifra. ( 95 ) ansencia agora, fuese solo ó acompanado, seharian grandes juigios, y masen esta conyuntura, me paresce que por ninguna cosa conuiene, por que seria causa de dar que pensar mas adelante de lo quo agora haze; y no es platica que se pueda hazer con la compailia que V. E. dice, por que aunque de la una se podria fiar, y la otra es de huyir. Veremos la resolucion que toma el Principe, y con ella nos podremos resoluer mejor. DOCUMENTO LX. Avviso di Roma circa le intelligenze di Ettore Fieschi col Papa, il duca Farnese e il Re di Francia. 1547..... gennaio (Estado, Leg. 614, fol. 130) Auuiso di Roma da persona degna di fede. Che sendo il Maffeo in casa sua, vi capitò un suo amicissimo, col quale poteua conferire ogni sorte di negotii; et hauendo il Maffeo un pliego di lettere in mano, gli domandò che lettere fussino; rispose essere lettere venute da Genoua sopra il trattato di quella città, et domandandogli quel tale chi scriueua, disse che era il serenissimo Hettore del Fiesco; il quale scriueua che quelli altri gentil’ homini erano contenti della promessa del Papa j et che quella gli pareua buona via da tirarli alla sua deuotione et alle sue mani quella città. Al’ hora quell’ amico gli domandò che modo haueuano a tenere; rispose : noi faremo mostra d’armare gagliardamente per le cose di Napoli, et ragione-uolmente il principe Doria manderà le sue galere con gente del duca di Fiorenza o di don Ferrante per soccorso; le quali partite, hauendo ancora rinforzala la guardia in Parma, andremo con galere (ma chi riferisce questo non intese se erano galere del Papa o del Re di Francia); et una notte pi-glieremo il Principe nella propria casa sua ; et quelli della congiura occuperanno il palazzo di Genoua facilmente, et una porta; et in questo mezzo arriueranno le forze di Parma, alle quali aggiunte quelle delle galere, la terra verrà in nostra mano. Rispose quell’ amico al’ hora : hor sì che questa mi piaze et è riuscibile, non quell’altra cosa di che parlaste (qui notando chi riferisce por le parole di colui liauer costoro un altro maneggio oltre a quello di Genoua; ma non potò penetrare doue, se non che intese che non ( 90 ) pareua loro riuscibile). Al’hora ambidue dissero: andiamo a conferirlo col Papa, che gli daremo una buona nuoua; et con S. S. discorreremo quel che di più bisognerà. Et si partirono con dette lettere in mano di casa del detto Malleo. DOCUMENTO LXI. d altro avviso di un soldato, da Piacenza, circa la partecipazione di quel Duca nei ridetti disegni. '•547..... gennaio (Estado, Leg. 4194, fol. 323) Quello che tra le altre cose riferisce il soldato che è stato in Castel Verde presso Piacenza. Dice esso rifeiente che da Giouan Jacomo Cussano, et dal capitan Giouan ao o Beuilacqua, ha udito dire giloberamente (sic), che il duca di Piacenza sapeua della cosa di Genoua, prima che si tentasse; et che haberebbe dato aiuto, et fomento alli partecipanti in quella, concludendo in effecto che alli andamenti che ha visto in quello castello, et al mottegiare e parlare delli so-pranominati, non può se non pensare che vi sia disegno et mal pensiero contra il seruicio di S. M. DOCUMENTO LXII. Awiso di un agente segreto, da Piacenza, circa le dette trame e le intelligenze che i .Mescili seguitano ad avere in Genova e col Duca di Piacenza. 4 347, . . . gennaio (Estado, Leg. 119i, fol. 101) Come li Heschi hanno di nuouo intelligentia in Genoua con alcuni populari et gentiluomini. Delli populari non si sa il nome; delli gentiluomini si dice di M. Stefano Ragio, quale ha il figlio bandito. M. Ansaldo Giustiniano, quale ha il fratello bandito. ( 97 ) M. Nicolao Doria cognato delli Conti. M. Gio. Battista Baliano cognato di Gio. Battista Yerina bandito. II signor Hettore dal Fiesco Che batteranno la porta dell’Arco. Che hanno un caporale della guardia a loro diuotione, di cui non si sa il nome. Che dissegnano nascondere le genti nel Lazaretto presso alla marina. Che non mancherà loro la militia del duca di Piacenza, con tutti quelli fauori che il Papa et lui potranno lor fare. Che il signor Cornelio di Fiesco con il capitano Scipione Borgognone da dieci giorni in quà è stato a parlamento secretamente con il duca di Piacenza, et poi sono andati alla Mirandola, et che si daranno danari alla Mirandola (’). Che il Giustiniano è stato dal duca di Piacenza, et poi è partito per Poma, et si ha fatto guidare fuori del diritto cammino, per non toccar lo slato di Firenze. DOCUMENTO LXI1I. Brano di dispaccio de) Figueroa al Gonzaga , dove accenna a minaccio di nuovi torbidi ed alla necessità di avere qualche truppa. \ 547, 29 gennaio ( Estado, Leg. e fol. citati ) Tambien me ha venido à hablar Anton Doria, y me dixo que la noche pa-sada haT)ia hauido compania de gente por la tierra. Yo no creo todo lo que me dizen, ny dexo de creer alguna cosa, segund veo los animos de todos lau alborotados, y de tal manera que, segund son vanos y mal inclinado, no hagan otro yerro peor del passado, por que los vnos dicen que el Emperador quiere meter la parte Adorna, otros que se quiere hazer senor absoluto, otros la parte Fregosa, de manera che todos estan sin causa alborotados, y de qual -quiera cosa se escandalizan sin causa; y el remedio para assegurallos, seria que tubiesemos dc ó dcc infantes; con esto se reposarian los animos de los (’} V. Documento XLVI. ( 98 ) buenos, y de los malos se preseruarian; y la otra seria que Montojo so qui-lase de alli, por que temendolo los hermanos del Conde, siempre haurà en esta giudad tramas y platigas; y hagiendo V. E. esla empresa, esta Senoria ayu-darà segund lo que pudiere, y a V. E. le pareseiere que serà necessario; y quanto mas presto fuese serà mejor, por no dalles lugar que se prouean y hagan mas tramas de las que tienen hechas. DOCUMENTO LXIV. Lettera del Figueroa a Cesare, confermativa delle precedenti, circa le condizioni di Genova ed il buono animo del D’ Oria. Insiste tuttavia sulla necessità di maggiori truppe, e fornisce nuovi ragguagli sull’ occupazione dei beni dei ribelli. 1547 , 29 gennaio (Estado, Leg. 1579, f. 214) Ya asimismo quedo auisado como V. M. recibiò mi carta, que escrebìalos quatro, por via de don Fernando de Gonzaga, por la qual daua auiso en los terminos que quedauan las cosas de esta ciudad; las quales, con ayuda de Dios, se han ydo continuando; y se va procurando con toda la desteridad que puedo de traellas a terminos que V. M. se pueda asegurar, y que sea de manera que proceda de la voluntad del Principe, para que sea bien guiado. Entretanto esta Republica ha dado orden de hacer quinientos infantes, para la seguridad y pacifico de esta ciudad'; però, a mi juicio, sòn pocos para guardar la placa y las puertas, y socorrer adonde fuese menester, quando se ofreciese la necesidad ; y, como escriuo a V. M. por la que serà con esta (’), ellos me han tentado si V. M. les queria ayudar; y no les he respondido sino palabras generaies, por parecerme que en este tiempo era menester hacello asi; y si esta gente que ellos crezen dependiese de Y. M. y estuuiese de baxo de la mano de un capitan que se tubiese seguridad del, yo suplicaria à V. M. que entre los muchos gastos que tiene, hiciese este por asegurarse de esta ciudad, y eslar con el coracon reposado mas. De esla gente yo no tengo confianca, por que en esta traicion que el Conde hordenò, se hallai on 29 soldados de la plaza con el; y en caso que V. M. vizere de hacer algun gasto, yo suplico a V. M. que l1) V. Documento LXV. ( 99 ) sea seruido de mandarme pagar a mi asta treinta o veinte y cinco hombres, que pueda tener en mi casa, para mi seguridad y guarda, porque la noche que subcediò el caso, tuue harto trabajo en poner el dinero que tenia en casa en saluo, y me hallè con solos los que tenia en mi casa; y dellos estauan fuera quatro, que los auia ynuiado a V. M. con dineros. Esto no lo pido a V. M. por pompa, sino por seguridad; que por lo demas, corno he pasado tanto liempo, pasarè agora. Las cartas que truxo don-Rodrigo un bianco no nos ha parecido de darlas, por no poner diuision entre ellos, sino en generai decilles quan seruidores han quedado de V. M. dellos, y en particular ablado algunas personas que yo le he dicho. Al cardenal Doria ha vesitado da parte de V. M. ; al que serà bien que V. M. escriba, por que, corno tengo escrito por otras mias, el se mostrò seruidor de Y. M. y amigo de su patria. Antonio Doria es venido, el qual es amigo de fauores, mayormente de los de V. M. ; y creo que le recibiera por muy grande en que V. M. le mandarà escrebir. Don Rodrigo le dixo que V. M. no sauia que se allase acqui; que si lo supiera que lo mandarà hacer. Quanto a lo que V. M. ha mandado à don Fernando de Gonzaga que haga, en prosecucion del estado del Conde y de sus hermanos, ya tengo escrito à V. M. lo que hasta agora se hauia hecho, y corno Pontremol se abia rendido a don Ferdinando, y Torrya y otros lugares, y corno esta Senoria auia tornado a Vares y Roca Tallada, y el duque de Plagencia al burgo de Val de Tar, y San Esteuan se auia rendido al comisario de don Ferdinando, despues de venido un hermano bastardo del Conde, y de noche ha escalado el castillo y tomadolo. El otro hermano està en Montojo, que es un buen castillo a diez millas de aqui, del qual ellos hacen fundamento de tenerse ; y, corno tengo escrito, ay mucha necesidad de tomalle por quitarles el nido. Esta Republica ha platicado de ymbiar gente a cercalle, y hanlo dexado de hacer, por qus don Fernando les ha escrito sobre lo de Vares, que no le parece bien que le ayan tornado de su autoridad. Yo les he ablado ; escusanse con la razones que tengo escritas à V. M. con su embaxador; por otra parte el Principe parece que lo querria; y dige que esta empresa se podria hager, haciendose en nombre de esta Republica, mejor y con menos interes. Como por otras mias tengo escrito a V. M., a mi parecer, este castillo estaua bien por V. M., para tener un poco en freno a los desta ciudad; mas considerando que el Principe es tambien seruidor de V. M., y los danos que ha recibido, que son muy grandes, que es cosa yusta que V. M. use con el de su acostumbrada grandeza y libcralitad, gratcficandole en lo de este estado del Conde, por que, demas de ( 100 ) la mèrced qae V. M. harà al Principe y a loda su casa, serà obligallos para que sean perpetuos seruidores de V. M. y enemigos de los que no lo son. Y este estado del Conde, por ser antigo desta casa, creo que se podrà mal sosleaer que los vasallos no se rebelen à quelquiera nouedad, sino se pone en poder de personas que le puedan tener y defender, y que tengan gerca de alli otros lugares ; y, por lo que yo he podido alcangar, el Principe es de opinion que sèria bien que V. 51. hiciese merced a don Fernando de Gonzaga de Pontremol, que està cerca de la Castalda que es suya, y a esta Republica de Yares y Roca Tallada, y el burgo de Val de Tar, y Torrixa y Montoyo al Principe para los hijos de Juanetin: y otros lugares que tiene enlre los Spinolas, que se hiciese alguna parte al coronel Aguslin Spinola; y, a lo que yo puedo compreender, el Principe querria que se diese Sant Esteban a Antonjo Doria, por que fuè de unos parentes suyos; y alfin, por lo que yo puedo alcancar, el Principe querria que V. M. le hiciese este fauor, que las mercedes que de este estado se hubiesen de hacer, fuese por su yntergesion. Esla ma-nana ha ymbiado dos galeras a tornar un lugar del Conde, que se llama Monleon, que està en la ribera de ponienle; que es del hermano menor del Conde; el qual me ha dicho que ha hordenado que se tome en nombre de V. M., y que pues se puede tornar sin gasto de V. M., que todo es uno que lo tome el o que lo tome don Fernando, pues es todo a dispusicion de V. M. Don Rodrigo de Mendoza y yo fuimos a vesitar al Principe y dalle la carta de V. M. en su creencia, en virlud de la qual le digo quanto se contenia en su ystruigion ; el qual quedò muy consolido y satisfecho del fauor que V. M. le ha mandado hacer en ymbialle a vesitar y consolar; por lo qual besa yn-finitas veees las ymperiales manos de V. M.; y cierto parece que despues que llegò don Rodrigo, que ha mejorado mucho de Io que primero mostraua. Despues fuimos a vesitar a la Serioria, con la qual se higo Io mismo que con el Principe; y el Dux y Goucrnadores han quedado tan satisfechos y fabore-cidos de la memoria que V. M. ha tenido dellos, y del contentamiento que V. M. muestra tener de la buena manera que tubieron, cuando se ofreciò el leuantamienlo del Conde y de sus hermanos y sacaces, que muestran quedar muy obligados al seruicio de V. M.; y en verdad que enlre los que gouiernan, y la gente de bien que tengo por cierto que es assi, corno lo dizen, mas este negocio es de calidad, que aunque ellos no lo meregean, es necessario que V. M. les haga bien por fuerza. De V. S. C. C. M. muy umil vasallo que los imperiales pies y manos de V. M. besa Gomez Suarez de Figueroa. ( 101 ) DOCUMENTO LXV. Altra dello stesso, ugualmente a Cesare, circa il noto progetto d’insignorirsi di Genova, e circa i pericoli del voltarne a cappellazzo la forma di reggimento. Si conclude mostrando come, assai più d’ ogni altro provvedimento, riuscirebbero opportuni lo invio di un Governatore, e 1’ erezione di un castello con forte presidio. Infine si segnala una sommossa popolare, accaduta la notte precedente. 1547, 30 gennaio (Estado, Leg. 1379, fol. 210) He visto lo que V. M. me mandò scriuir en cifra (’), sobre lo qual antes de agora no he dexado de pensar los medios que podria hauer, para que V. M. se asegurase desta ciudad y la tubiese a su deuocion, corno ha hecho asta aqui, de lo qual he dado siempre auiso à V. M., mas despues que subcedio este ynconueniente, con el qual me hè aclarado del todo ser muy necesario que se tome algun medio corno pudiese estar esta ciudad con la seguridad que conuiene, para que no hubiese mudanza ni nouedad, y para elio hauia acordado el remedio que parescia; mas, corno es menester yr con la voluntad del Principe, y que el lo guie por no dalle sospecha que ninguno quiera ni pueda tener aqui mas autoridad de la que el le quisiere dar, es menester yr con su voluntad en todo, yo no he dexado de hablarle muchas vezes ponien-dole delante el caso subeedido, y que asi como fue auctor con Y. M. de la libertad que fue seruido de dalles, la qual por su intercession les ha siempre conseruado, y ha visto la iugratitud que sus ciudadanos han vsado con el, que seria bien que para despues de sus dias pensasse d’ estableger alguna forma deste gouierno, para que conseruandose la ciudad permanezea siempre en el seruicio de V. M. y a su deuocion. El qual me ha respondido que no piensa en otra cosa, mas que es menester considerallo mucho, y tenello secreto, y que el ha pensado dos remedios los quales va encaminando, y que los embiarà a V. M. con persona propria, por ser de la ymportancia que son, y que conuiene guardar el secreto que el caso requiere, y antes que los embie a V. M. me darà parte dellos, y que, visto que los aya, V. M. escogerà el Documento XXXV. ( 102 j que mos le agrada rè; y Io que yo considero desto, es quo el proporna a V. M. Ia forma dei gouierno que haora ay, y lo que Se puede liazer para que V. M. estè seguro desta ciudad. El segundo sera el de capelazo. Este es de creer que querra que sea el de su casa, antes que de otra. Veremos lo que dirà, y segund su opinion podrà V. M. considerar lo que mas fuere su seruicio, y yo acordarè Io qua mi juicio alcanzare que sea mas al proposito del bien desta negociacion. Esto he dicho para venir a lo que V. M. me manda que liaga, y tambien dirò lo quo pasa; de lo qual don Rodrigo de Mendoza darà quenta corno testigo de vista. 1 o he considerado lo que V. M. me escriue de ympatronirse desta ciudad y de sus fuergas, por los inconuenientes que se podrian seguir de no hazello, y mas si viniese en poder de frangeses, corno de necesidad se ha de hazer si se apartase de la protection de V. M.; y siendo esla ciudad tan ympor-tante para la conseruacion de los reynos y settori as de V. M., qualquiera cosa se ha de hazer por conserualla, por que no venga en poder de franceses, que son tan enemigos de V. M. y de su grandeza; y si esto se pudiesse hazer de la manera que agora , con la seguridad que conuiene, para que V. M. estè con el corazon assosegato, y haora ternia por mejor, por ser en con-formidad de los mas, los quales hazen mucho caso desta su libertad, y por que desta manera se haria con menos gasto de V. M. que de otra manera, no puede ser sino que queriendo V. M. tener esta ciudad corno asolulo senor della, que es menester que la tenga con grande gasto y spesa, por que el pu-btico todo esta vendido, y no tiene otra cosa para gaslar sino lo que sacan de sus bolsas en particular, que no se podria sustentar sino con mucho gaslo y cuidado, y al fin se està con el mismo que agora, porque esta ciudad no ha fuerza ninguna adonde se pueda recoger la persona que1 aqui estuuiesse, para que con poca gente pudiesse hazer estar assosegados a los que son escandalosos y desobedientes ; y por estas causas me paresce lo que digo ser mas al proposito este gouierno que no de otra mauera. Quanto a gouernar a capelazo tambien ay los mismos ynconuenienles, y mayores; por que si es de la parte Fregosa, corno paresce que de necessidad hauria de ser, por hallarse en las manos con la fuerzas de las galeras, V. M. perderia la otra parte que es Adorno, que son los Spinolas; y, por el contrario, si fuese Adorno, los otros; y con qualquiera dellos que gouernasse hera necessario que V. M. contribuyesse con la mitad del gasto que se hiziese ordinario, y siempre pensaria y ternia la ciudad deuidida y desunida, y siempre pensarla maquinar, y tanto seria V. M. serior quanto durasen las fuerzas. Si aqui huuiese un castillo corno digo, de que V. M. se pudiese hazer se- ( 103 ) fior, y tenello con quinientos hombres, y poner gouernador de su mano, para quo hiziese la justicia, y que en las otras cosas ciuiles y mercantiles vssassen de la forma que agora lo tiene, esto seria lo mejor; mas fallando esto, 110 se podria conseruar sino con fuerza de gente, que seria un grand gasto, y con capelazo lo mismo, y hauria los inconuenientes que digo. Todauia es mas que necessario pensar en el remedio, porque sea hecho antes que entendido ; porque, sepa V. M., que la noche passada hauemos estado en arma, por que estos escandalosos del pueblo han hechado voz que querian appel-lidar Ymperio y Adorno; y esto no lo han hecho sino para ynclinar alos que tienen buena yntencion y son seruidores de V. M., con dezilles que les quieren quilar su libertad; y por esta causa yo voy muy cerrado con los vnos y con los otros ; y que algunos de los que son seruidores de V. M. me han dicho que este govierno no puede durar, y que es menester que V. M. tome esta ciudad enssi, y la gouierne; yo les he negado la voluntad, y dicho assi en Senoria, corno a todos los que me han ablado, que V. M. no quiere mas sino que esta ciudad estè n su deuocion, y que no venga en manos de qaien la subjete y destr-uya asta los fundamcntos, y que los quiere conseruar en su libertad y ayudarlos, y amparallos siempre que ellos se gouernaren corno conuiene, por que si otra cosa se les dizese seria escandalizarlo mas de lo que està, y poner nos en grand confusion ; y quando hubiese de ser esto, yo querria que naciesse dellos, y que Io pidiesen, y que se hiziesse con la reputacion que conuiene al seruicio de V. M. Veremos Io que dize el Principe, y sobrello se podrà hazer, y tornar aquel camino que juzgare ser mejor. ( 104 ) DOCUMENTO LXVI. Lettera della Repubblica all’Imperadore, per significargli le provvidenze emanate e ringraziarlo delle sollecitudini clic dimostra. 1 5 17, 31 gennaio (Estado, Leg. 1379, fol. 70) Sacra Cesarea Catholica Maestà. Le lettere di V. M., che don Rodrigo di Mendossa ci dette, fatte in Aylbrunch alli xiv di questo ('), apportarono a questa sua ossequentissima Repubblica quella contentezza che maggior si possi, intenso che V. M. restaua informata delle prouisioni che per la verità fatte haueuamo all’incontro di quel che la corotta intention del conte del Fiesco preusmito hauea. Et in vero, Sacra Maestà, come a quella già scrissemo per nostre di mi et vili (!), quando la sorte tollerato hauesse che fussimo stati aduertiti chela fide del Conte era sospetta, anticipatamente riparato auessimo a tutti gli inconuenienti. Pur in quella tur-bidessa si riparò di sorte, che tutto lo foco in un subito si estinse; nò ad altro s’ attese puoi, nè attendemo, se Don a ben quietar questa Repubblica al continuo seruicio e devotion di V. M., alla quale quelle maggior che si possono gratie si rendono, che la se sii degnata e per sue lettere e pei suoi ambasciatori rimostrarns el cuidado che tiene di questa sua Repùbblica ; la quale, per questo beneficio, continuamente supplicarà la Maestà Diuina clic conserui la sua persona, e prosperi i successi di quella conforme a’ suoi santi pensieri; et alla quale quanto più umilmente possiamo si raccomandiamo. Da Genoua, all’ultimo di gennaro 1547. Di Vostra Sacratissima Cesarea Catholica Maestà humili ct deuolissimi seruitori Duce e Gcuernatori della Repubblica di Genoua. Ambrosius. 0) Documento XXXI. (’) Documenti XI e XXI. ( 105 ) DOCUMENTO LXVII. Lettera del Gonzaga a Cesare, sovra il non effettuato convegno di Alessandria, 1’ assedio di Montoggio ed i progetti che si hanno sovra Parma e Piacenza. Vii!, 4.° febbraio (Estado, Leg. 1194, fol. 311-314) V. M. vedrà, per quello che mi scriue Io ambassator Figueroa delle cose di Genoua, come gli pare di non poter uscire di quella città a parlarmi sopra quello che per la lettera di xiv mi fu da V. M. comandato (1) Onde io me ne starò aspettando lo auiso che per la detta sua lettera egli promette darmi delle dette cose, per replicargli poi quello che io ne sento, et indirizzar questo negocio a quel fine che più giudicherò conuenire alla quiete di quella città et al seruicio di V. M. La quale vedrà similmente per le dette lettere come tuttauia le cose di quella vanno titubando, et che per parer di esso Figueroa si potrebbono mollo assicurare con d fanti che . ... Q) se mantenessero, come anche V. M. haurà veduto che se giudica ua della relatione del Fancino, che con le precedenti le fu mandata. Et perchè il lasciar cosa di tanta importanda in tanto sospecto et suspitione non,è se non pernicioso, crederei che fin a tanto che le cose pigliassino miglior auuiamento fussero et a proposito et necessarie due che sotto questo colore, o de altro che da lo ambasatore venisse più lodato, si pagasse quel numero di gente che più a proposito pdresse per V. il/., che non potrebbe esser numero maggiore di ccc, acciò che questi aggiunti a quelli che la Signoria mantiene venisse fatto el numero predetto, e per conseguente assicuralo il seruicio di V. M. La altra seria di far tornare Augustino Spinola in la città; ma però sotto colore che egli si eleggesse questo ritorno, persuaso di sue functioni et non per altro; et a fine che ei lo potesse fare senza suo disconcio, V. M. li facesse dare honesto intretenimento per quello tempore che egli vivesse. Ma siccome della prima prouisione saria espediente che si desse presente al Principe Doria, non potendosi sperare si no aiuto di lui, y esser cosa che torna in (’; V. Documenti XXXVI e LIX (*; Guasto. (‘) Altro guasto. ( 100 ) servigio di V. M., et soddisfattone sua ; così ^ella seconda non sarebbe a proposito che egli intendesse, ne hauesse presente alcuno per quelli respecti che nella mia di Alessandria narrai ('). Quanto al particolare di Montoio, anch'io mi trouo delli medesima opinione di'l detto ambassatore, ma in dubbio se facendosi massa di tjente dal canto nostro, francesi volessero, pigliando occasione da nog, armarse più che ora non sono, eh’ astrengeria noi ancora a fare il medesimo. Il che importeria nondimeno poco, se questa benedetta penuria et escarsesa del danaro non fosse così grande come è in effetto. Tuttauolta ho falli far trecento fanti, oltre alla compagnia destinata a Siena, et residente hora in un castello nominato Torrigia, a quattro miglia da Montoio, acciò vadino sopra certe genti che gii adherenti et seguaci di Fieschi hanno poste insieme, per alterare da quel canto; con le quai gente mandate da me, et con certe altre che ne hanno falto i genouesi, per tenere ristretto il detto luogo di Montoio, ho per fermo che si leuerà loro il modo et di alterarsi e di far pratiche. Nondimeno ho pur dato ordine che si riconosca il castello, et si veda che dispositione vi seria di espugnarlo; et mentre che larderà la risposta di V. M. in questo particolare, attenderò a mettere in ordine quello che sarà di bisogno a detta espugnatione, acciò che, restando V. M. seruita che vi si attenda, non obstante la consideratione predetta dei francesi, si possa leuar subito gente, et mandare ad esecutione la mente sua (*). « DOCUMENTO LXVIII. Lettera di Andrea D’Oria al Principe Filippo. 4547, 1.° febbraio (Estado, Leg. 1579, fol. 102) Serenissimo Principe, Alli vi et x del passalo scrissi a V. A. il tumulto seguito in questa città, et come, Iddio gratia, tutto s’era assai presto quietato. Nè dipoi in qua è seguito altro, se non che si va scoprendo ogni di più questo tractato (’) V. Documento Lll. (l) Il corsivo indica, al solito, la cifra. ( 107 ) essersi fatto in Roma con consulta del cardenal Farnese el noticia del Papa, et dal duca di Piatendo,, et con intelligencia de francesi, et quando giunse la galera di quello ribaldo Conte a Marsella, li furono fatte grandissime carezze de francesi, credendo che si hauesse effettualo lo intento loro; si che V. A. consideri se queste sono opere del medesimo Vicario de Cristo. De tutto se ha dato noticia a S. M.; et cosi mi è parso debito auisarne V. A. anchora. Qui non si manca proceder per giustitia contra li traditori et ribelli di S. M. et della patria; et già delle terre loro se ne è preso la maggior parte. Don Ferrando Gonzaga resta in castello di Monlobio, qui presso, che per esser forte bisogna di maggior sforzo. S. M. ha mandato qui don Rodrigo Mendoza, per riugratiar questi gouernatoii della città della deuotione loro mostrata al seruitio di S. M. in questi tumulti, et anche per dar conforto a me suo minimo seruitore. Nel resto tutto sta pacifico, et ogni dì si andrà prouedendo meglio; nè altro mi occorre adesso, saluo pregar Dio concedi a V. A. la felicità che desidera. Da Genoua, il 1.° Febraro 1517. Di Vostra Altezza huniillissimo seruitor il quale sue mani bascia Andrea Doria. DOCUMENTO LXIX. Lettera del Figueroa al Principe D. Filippo , dove gli fa relazione delle cose occorse dopo il 10 gennaio. 1 a47 , 2 febbraio .(Estado, Leg. 1579, fol. 49) A los x del passado cscriui a V. A., y dì particular auiso de los terminos en que quedauan las cosas desta ciudad, y las diligencias y prouisiones que se auian hecho, para conserualla a la deuocion y seruicio de S. M., corno lo ha estado por lo passado. Despues ha venido don Rodrigo de Mendoca, a quien S. M. ha embiado aqui por visitar al Principe y a esta Republica, para hazerle saber el desplazer que auia auido de lo que auia subeedido, y 9 ( 108 ) alegrandose do auer entendido el buon sucesso dello, y que la ciudad quedaso pacifica y quieta, offreciendoles la buona voluntad i|ue siompre ba tenido a esta Republica; con la qual visitagion el Principe y el Duque y Gouerna-dores, y los otros seruidores de S. M. que aqui so hallaron en su seruicio, recibieron mueba alegria y contentamiento, por ver la quenta que dellos tenia S. M.; y beeba esta proposicion, se tornò don Rodrigo a S. M.' por la posta, el qual partiò a ultimo del passado; y aunque esta ciudad està en sosiego, no dexa de tener los auimos algo alterados do lo passado, de manera que todauia queda alguua sospeeba para poderse tener seguro dellos del todo; pero se va procurando de quietallos y tenellos en loda pacificatoli corno lo han estado. Esta Senoria ha procedido por via do justicia contra el Condo y sus lier-m a nos, y las otras personas principales que eran en su compaiiia, do quien se tiene quenta, desterraudo a los dos hermanos perpetuamente desta ciudad y su Estado, y a los otros por diuersos liempos, y confiscadoles todos sus bienes, y que las casas de sus moradas les sean derribadas conio a traydorcs, y todo esto se ha hecho por pregon publico (’); y por otra parto don Fernando de Gonzaga ha procedido y procede en nombre de S. M. en tomalle su estado, del qual ya no le queda sino solamente vn castillo quo so llama Montojo, cl qual es fuerte y es menester tiempo para tomalle. Dios lo guie todo conio vee que conuiene para el servicio de S. M. y a la pacificacion desta ciudad. El principe Doria ha cobrado todos los esclauos y forzados quo se le auiau liuydo; solamente le faltan los que algaron con la galera, de manera que ha tornado a armar todas las galeras y podrà salir con ellas al bueu tiempo, y entretanto las yrà reforgando y preparando los mas quo pudiere para sa-callas corno conuiene. (’) V. Documento LI. ( 109 ) DOCUMENTO LXX. Giovanni de Voga invia da Roma a S. M. un dispaccio del cavaliere Foderato, comprovante le intelligenze de’ Fieschi. 1547, 7 febbraio (Estado, Log. 874, f. 2) Sacratissima Cesarea Catholica Magestàd De ay à poco que el conde de Fiesco pnrtiò de aqui este verano passado, se /e cayo a uu gentil hombre saones, que se llama el caualiero Foderato, que se ha sospechado que hazia sus negocios en esta Corte, un pedazo de carta en cifra, cuya copia embio con esla sacada en claro por uno del duque de Florencia, adondo se embiò para que la descifrarse, por donde se veè que pues entonces la ynteligencia con Francia staua en aquel stado que despues se deuiò apretar mas. « Non si manca, ni dal canto mio mancarò, di far ogni cosa possibile a a ciò che il signor Conte conosca yl mio bon animo verso Sua Signoria, che, non sol di parole., ma di quel poco eh‘ io ho, si può tener certo sono per servirla. Ben ni assicurò sin a sei milia franchi di pensione, et penso forsi che con vn pocho de tempo ara liomini d’arme;, pur di questo non mi rendo certo; così al presente io per me lodarei che per adesso si contentasse del parlilo, perchè la persona con il tempo conosciuta più facilmente può avantaggiare el conseguire l’intento suo. Il signor Principe non è d’opinone che Vostra Signoria venghi da lei mismo, non ha sigura risposta dal Conte, et allora n amisara; ct se li risponderà, Vostra Signoria sia certa non mancarò dal canto mio a ciò se olenghi quello, et con miglior conditione si potrà. ( 110 ) DOCUMENTO LXXI. Il Gonzaga annunzia a Cesare una ambasciata di Scipione Fieschi, per ottenere il riacquisto de’ beni di sua famiglia. 1547, 8 febbraio (Estado, Leg. 1194, fol. 213) Ho inteso che un fratello del conte di Fiesco morto, mim>re di tutti gli altri fratelli, manda a V. M., presumendo, sotto colore di giustitia, de ricuperar tutto quello che possedeua il detto Conte suo fratello primogenito, non obstanle che \i precedano due altri fratelli viuenti, colpouoli nella solleuationo di Genoua; et, per quanto mi viene detto, con fondamento de' suoi antichi priuilegii et testamenti con strettissimi fideicommissi confirmati et da V. jM. et da’ suoi predecessori. Di che ho voluto prima auisar V. M., perchò quando non si faccia alcuna condennatione del detto Conte morto et delli due fratelli complici viui, che sono Girolamo et Ottobone, non potrà il detto minore pretendere alcuna ragione, et si terranno i loro beni come di rebelli et inimici di V. M., senza ingiuria o torlo di alcuno. Et così io non permeilo che di qua si proceda per conto di fellonia nè contra la memoria del Conte morto, nè delli fratelli per questo rispetto. Circa che, hora che V. M. no ù auisaia, potrò determinare quello che si haurà da fare, certificandola elio fanno grandissimo fondamento sopra detti priuilegii et fideicommissi. DOCUMENTO LXXII. Lettera decifrata del Gonzaga all’imperatore, con cui si duole percliè il Figueroa non convenga in tutto nei disegni di lui. 4347, 8 febbraio (Estado, Leg. 1194, fol. 210) Dallo ambassatore Figueroa liebbi risposta di quella lettera di cui mandai copia a V. M. (1); nò con essa viene a replicar altra cosa se non ad approvare i ricordi miei, mostrando essere necessario lo augumento delle guardie, et la persona dello colonnello Spinola. Ma non si risolue nello spediente propostogli da me, di fare che si mettessero nuoue genti in la città per V. M., che paressero genti delle galere et stipendiari del Principe, et che Agostino Spinola si facesse ritornare in Genova, et senza titolo et priuatamente da cittadino si estesse intertenuto da V. M. per occorrer a tutto quello che potesse auuenire, volendo, quanto a questi due punti particolari, che si aspetti la risolutione che il principe Doria diceua essere per pigliare sopra tutte quelle coso, et voler mandar poi quel tale di Grimaldo (*) a comunicarle con V. M. Io solleciterò, et hora tanto più quanto vedo que’ nuoui andamenti del Papa et di francesi, per i quali non è da dormire sopra il rescritto el stabilimento di quella città, perchè ostando come està di presente, potrebbe darci tanto da dubitare che dubitasse I’ animo di V. M. et dipoi di tutti gli effecti buoni. Baso humilinente le sacre mani. (') V. Documento LIX. (’) Documento seguente. ( M* ) DOCUMENTO LXX1II. Relazione in cifra del Figueroa a Cesare, per informarlo di un tumulto destatosi nel popolo, e delle probabili cagioni che vi diedero luogo. Gli notifico lo invio, da parte d’Andrea D’Oria di Francesco Grimaldi, e dice in che consistano le riforme divisate dal Principe stesso nella costituzione del patrio governo. Alle quali il Figueroa, avvisandole insudicienti, contrappone i proprii disegni, la cui esecuzione specialmente si fonda sulla hen nota devozione di Agostino Spinola. Soggiunge notizie circa lo stalo dello galere del D’ Oria, il quale del danno patito si ripromette un compenso, nel riceverò ila S. M. il maggior numero dei feudi de’ Fieschi. Accenna infine ad un gravissimo pericolo della vita corso da Antonio D’Oria. 1547, 10 febbraio (Estado, Leg. 1379, fol. 190-199) A los xxx del passado screui a V. M. con don Rodrigo de Mendoga, y respondi a las cartas que con el recebi, y particularmente a lo que venia en gifra, de lo qual no le di parte (’); y por ella, y por su relagion, haurà V. M. entendido en los terminos que quedauan las cosas desta ciudad, y la alteracion que huuo el sabado en la noche, por la fama que se diuulgò que yo queria leuantar la tierra apellidando Spaila y Adorno. Lo qual, por lo que ho podido alcancar, salio de vno que està en casa del principe Doria, quo so llama Luys Juria, que fue en la lonja de Sant Donò, adondo se recoge vna gran parte de la gente popular, y les dixo que tomassen todos las armas, por que dentro de dos horas se hauia de leuantar con voz d’Espaiia y Adorno; y corno en a quella parte son Fregosos, facilmente se alborotaroii todos, y dieron fee a lo que dezia, saliendo de persona de casa del Principe ; y viendo que por otra parte micer Adam llatnaua gente para guardar las galeras, y todos los de aquella parcialidad sin otros que hizo venir de fuera , que dio occasion a los de la otra parte a que pensassen mal y so apercibiessen, de manera que toda la noche estuuimos los vnos y los otros en armas sin que succediese ninguno desorden. Despues, reconosciendose los vnos y los otros, y viendo que era cosa de ayre, se pacificò y està en tuda quietud, (’j V. Documento XXXV. ( 113 ) aunque no deuen estar sin sospocha de lo que podria ser, aunque yo procuro de apartarsela quanto puedo, assi con las palabras corno en todas las otras cosas que podrian causarias; y sin duda si liuuiera ydo a hablar a don Fernando de Gonzaga en Alesandria, corno el me lo scriuio, y si se liuuiera liallado aqui el coronel Spinola, no se lo pudiera quitar de la fantasia que era cosa acordada. Mas viendo despues que todo ha salido en ayre, paresce que estan mas assossegados y que se va oluidando. Yo hable al Principe, y le dixe que de donde auia salido este desorden; respondiome que no Io tuuiese por mal, sino por bien, por que era mejor que estuuiesse el pueblo desunido por su passion particular^ y que no confìassen los vnos de los otros, que desta manera no pensarian liazer olra mayor nouedad de mas ym-portangia, y quo no tuuiesse pena dello ; y aunque parere que es en parte buena razon, yo no quisiera que se huuiera puesto esta desconfianca entre estas partes, ny renouar las passiones passadas, pues paresgia que estauan oluidadas, y que los vnos y los otros eran seruidores de V. M., y vna cosa, y que quando alguna cosa liuuiera de ser, liauia de ser con su consejo y ayuda, y el liauia de ser el aulor de todo. Con micer Adam lo he platicado, y dize que les vinieron a dezir tantas cosas, que, por satisfarei- a las gentes y poner recabdo en las galeras, hauia embiado a llamar algunos de los seruidores y amigos del Principe; mas que aquello no ha causado ninguno mal pensamiento en la gente de bien, que en la otra mejor es que estè diuisa que vnida. Yo no se que ha sido su pensamiento, ny a que fin aya sido esto, sino huuiesse quesido mostrar a don Podrigoque todo depende del, v que està eu su mano alterar la ciudad y pacificalla, por que no hauia de pensar que por parte de V. M. se hiziesse vna nouedad tan grande sin que el fuessc sabidor della, pues sin su ayuda era yneierto el buen fin dello. Todauia no puede pensar sino que si salio del Principe, que seria mouido con buen fin, y que aya quesido sperimentar la voluntad que balla en las gentes, por que quando alguna cosa se huuiesse de hazer, y sepa corno se tiene de gouernar. Yo screui à V. M. que el Principe Doria me hauia dicho que pensaua en la manera que se hauia de tener, para que esta ciudad se assegurasse y permanesgiesse en el seruicio de Y. M., y que con elio embiaria persona propria, la qual me ha dicho que serà FrancisCo de Grimaldo, que es el que tiene compania cou miger Adam, y haze todos sus negocios, en cuyo nombre se hazen todos los cambios; y aunque ei Principe no ine ha dicho hastaqui lo que ha pensado hazer, por lo que yo he alcangado de miger Adam, y por otras congeturas, cl querria que se reformasse la manera del gouierno, y que se redimesse a nienor numero de personas, porque entre tanias ma! ( 11* ) se pueden scordar, y rcsolucr lo quo han do liazer; y esto remedio no ine paresse bastante para escusar los ynconuenientes que podrian subceder, y |>ouer remedio en ellos, si no so «compattasse cou las fuergas, para animar los que bou bien inclinados, y refrenar a los m;ilos ; y haziondo una guardia de buona gente, y confidente, que fuesse do quinienlos hombres ordinarios en la placa, y en las puertas, en cada una dellas, c personas, y con sus capitanes confidentes, y que el coronel miger Agusliu Spinola fuese sobre todo, yo creo que se conseruaria esta ciudad de qualquiera insulto quo en lo do dentro st quisiese yntentar, que es de lo que se ha de guardar, que de lo de fueia, no es de temer tanto, por que son cosas que se veen y se pueden prouetr, inodormente estando esta ciudad fuerte corno i^tà, y teniondo M. la Lombardia, corno la tiene, y auiendo Dios guiado las cosas de \. AI. con tan prospero suegeso, no ay de que temer sino del ladron do casa, aunque al presente no parege que ay persona que [meda emprender • lo que hizo el Conde; y lo que mas me da que pensar es que, munendo el principe Doria, no huuiesse alguna nouedad, y para escusar esta es me-ne^ttr estar cou buen recabdo de gente, y con persona que sea verdadera-mente seruidor de V. M., y que estos se puedan flar del. LI qual, a mi pa-rectr, corno tengo scripto, no podria ser mas al proposito quo el coronel miger Agostin Spinola, satisfaziendose el Principe dello. En lo qual yo he pensado de encaminallo, diziendo al Principe que pues las galeras tienen de - r ^aera j y se dice que su persona yrà con ellas, que serà bien que nombre vna persona que quede en su lugar, paia gouernar la gente de guerra y tener la guardia desta ciudad; y, a mi pareger, pienso que no puede nombrar a otro, assi por que depende de V. M., corno por que de continuo lo ha tenido gran reuerengia, y por la esperiengia que tione de la guerra, y mas de las passiones de aqui. Veremos lo que dirà; y segun lo que determinarti se podrà hablar a la clara en el negogio. Por lo que he podido considerar de las razones que el principe Doria me ha dicho agerca del gouierno desta ciudad, su voluntad seria que perma-neeiesse en la libertad que està, a los menos durante su vida, porque lia-uiendo el sido auctor desta reformacion y libertad, no queria en su vejcz selio para desazella, mayormente que le paresge que desta manera V. M. es seiior de toda la ciudad, y que de otra manera no lo seria sino de vna pai te. Todauia dize que, corno vassallo y hechura de V. M., que el no fallaià a lo que mandarà, que el proporna lo que le paresge, y V. M. escomerà lo que mas seruido fuere. Presto emenderò lo que quiere dezir, y entendido, podrò mejor dezir à V. M. lo que yo alcanco. ( 115 ) Las carlas qae venian para al Duque y Couernadores desia Repubblica, y para los cardenales Doria y Cibo, recebi, y las di a los desta Republica; cou las quales se ban alegrado, y recebido muy crescida merged con el fauor que con ellas les ha hecho V. M., juntamente con Io que yo los dixe de parte de V. M.; a la qual besan los ymperiales pies y manos. io dixe al Principe y a miger Adam lo que V. M. scriue en fauor de los hijos del capitan Juan Doria, de lo qual se han alegrado mucho. \a screui a V. M. corno las dos galeras de don Bernardino de Mendoza fueron tras a la galera que se buyo con los turcos basta Corgega, no tuuieron nueua della, y assi se boluicron; despues acà no se ha sabido cinguna cosa. Yo creo que se |pluò, y que deue estar en Uerberia. La otra del Conde fue a Marsella, donde està agora. Despues de scripto lo de arriba, me ha hablado Adam Centurion, y con-“ firmadomo la yda de Francisco de Grimaldo, para dar razon à V. M. de su- pareger agerca de la estabilidad desta ciudad en seruicio de V. M., y que por ser cosas de tanta ymportancia y que requieren tanto secreto que no las quiere poner en scriptura sino confiallas del, y que las diga de palabras porque passando por manos de muchos no se pueda guardar, y segun Io que me han dicho en conformidad de lo que arriba tengo dicho, que el gouierno so modere y reduzca a menor numero de personas, y que estas sean elegidas por votos de sus balotas, y no a suerte corno se hazia, y que el Consejo grande, que es de cuatrocientos, sea do doscientos, y menos si se pudiere, por que desta manera se quita el auctoridad a la gente baxa, y se augmenta a la Senoria , y a la gente de bien y gentiles hombres, y pues el caso succedido fue hecho de vna persona, y no fue por culpa de de la ciudad, que no es razon que ella padezca, y que este es su parecer, mas que al fin es vassallo y hechura de V. M., y que harà lo que le mandare , de manera que todos son desta sentenzia en este caso. Yo dissimulo con todos, y digo que tienen exemplo en las manos con quanta clemenza V. M. se ha hauido con los que ban sido rebeldes, y que V. M. no quiere sino los corazones de los hombres, y que le siruan por amor y no por temor, mayormente hauiendo causas tan legitimas para elio, pues conosgen que no pueden viuir sin los reynos de V. M., y que esta es toda su riqueza y bien de su tierra, y que juntamente con esto se establezca una guardia de dc hombres para la placa y puertas, y que se nombre vna persona que tenga cargo desta gente, que sea confidente à V. M., la qual no me han declarado, mas que dizen que serà tal que no pueda ser mas confidente. De lo qual he considerado que podria ser que el principe Doria tuuiesse pensamiento ( M6 ) de norabrnrme a mi corno Iiizo la otra ve?., quando fuò a Coron, y las otras empresas; y esto no seria al proposito, por quo esto no siruo a mas de la cerimonia, y no al effecto, por que yo no tengo gente ny otra cosa uinguna para ser parte para remediar los ynconuenientes, y teuiendo al coronel Agostin que tenga mando particular sobre la gente, sorà buen ynstru-mento para essecutar lo quo fuere seruicio de V. M. y conseruagioa desta ciudad. Ilame paregido dar dello auiso a V. M., para que si este lo piati-casse, \. M. estè aduertido dello, porque, ami poco juyzio, esto no so puede sostener en los terminos que està, sino desta manera, porque de lo que mas nos hauemos de guardar es del yusulto que los de dentro pueden hazer, que de lo de fuera se puede mejor guardar y proueer cqp tiempo, y sì esto se assiema bien, y establesge de donde estos bau de sacar la paga ordinaria para pagar esta gente, y so procura de desarmar este pueblo, ino parere que se podrà conseruar; v tanto mas si las cosas do Ytalia tomassen algun medio, y huuiesse buena concordia enlre V. M. y el Rey de Frangia, se podria estar con toda seguridad, de otra manera no se puede aquietar del todo; y, corno tengo dicho arriba, y Adam Centurion me ha declarado, do la voluntad del Principe seria que esta ciudad se conseruasse siempre en el seruicio de V. M., conseruando su libertad, por que con ella le paresge que '\. M. es seiior y tiene lo que quiere della, y tiene la ciudad junta, y de otra manera, que la ternia diuidida, y con gasto, y que tan poco es perpetuo, y juslo con elio le parege lo que digo, que hauiendo el sido auctor desta libertad, que serio agora de desazella, paresciendole que todo Io quo ha aquistado de buena fama, y que no aya quesido ser tirano, que la perderla en vna bora, y junlo cou es'o yo creo que considera que podria scr que quando yntentasse que no saìiesse con elio, por que aunque son diuisos enlre ellos, en este caso serian vnidos para conseruar su libertad, y cl albereto que se siguiò fue temiendo que la parte Adorna en nombre do V. M. no hiziesse alguna nouedad, de manera que pudiendose conseruar de la manera que està, seria lo mejor; y si se pudiesse tener vu buen fiador mas enlre el mal, yo juzgo que este es el menos mal, y correr esta fortuna por la ynger-tinidad que ay de lo demas; y en esla materia yo he lentado a Antonio Doria, que es el que tiene el piè para subir en la rueda, y dize que corno seruidor de V. M. que nunca le aconsejarà que tenga esla ciudad por fuerea, sino de su voluntad; y en este proposito allegadas mutagiones de cslados quo ha hauido en liempos passados y de los modernos de agora, y que pues el caso susgedido fue ordenado de vna persona, y no fue por culpa de los de la ciudad, que no es razon que ella padezea, y que este es su pareger, ( 117 ) . mas qae alfin es uassallo de V. M., y qae liarà lo que le mandare, de ma-nera qae lodos son desta sentenzia en este caso. Yo dissimulo con todos, y digo qae lienen el exemplo en las manos con quanta clementia V. M. se ha haaido cou los que le han sido rebeldes, y que V. M. no quiere sino los coragones de los hombres, y que le siruan por amor y no por temor, mayormento hauiendo causas tan legitimas para elio, pues conosQen que no pueden viuir sin los reynos de V. M., y quo loda su riqueza sale dellos, lo qual la gente de bien conosce; mas son tan mouibles, que no se puede tener seguridad ninguna. Este Francisco de Grimaldo es muy accepto al principe Doria, y compatterò de Adam. Et qual en los nego§ios passados ha mostrado ser seruidor do V. M. por sello del Principe, y por su interes; mas de su naturai es Fragoso , y criado en Frangia, y para este negocio quisiera otro ynstrumento que fuera de su naturai ynclinacion seruidor de Y. M. Todauia el Principe se fia del, y ha scripto otras vezes por el a V. M. para qae le dò alguna pension. Podria ser que las mercedes puedan mas que la ynclinacion naturai, y las mercedes de V. M. se han de estender a los buenos y a los malos; y, en lo que yo he visto, en lo que se ha offresijido el ha seruido bien. En lo que toca a lo de las galeras del Principe, dizen qae qaiere yr en ellas este verano para darles reputa§ion, y por que las gentes no le tengan por maerto, y esto està determinado sino le succede alguna cosa; y si el no va, yrà Adam Centurion, por que, corno tengo dicho, el no las liarà de otro ninguno, y por todos respectos paresge que estarà mejor en su poder que en otro. El se dà priessa en ponellas en orden, y en lugar de los sclauos que perdio, pone gente de buena bolla ('), y haze vna galera de nueuo, de manera que saldra con sus xx galeras. El daiio que recibio fue grande asi en los sclauos corno en la galera que se le lleuaron los tureos, y tambien el que recibieron las otras que las sa-quearon todas, aunque despues se han cobrado muchas cosas; todauia es menester gastar buena suina de diuero para tornallas en el grado que estauan; y para recompensalle del daiio recebido, y hazelle V. M. mer§ed, yo creo que el liene pensamiento que Y. M. le ha de hazer inenjed deste estado del conde de Fiesco, o de la mayor parte del; y que de la otra V. M. disporna a su supplicacion, que le serà gran fauor; y segun entiendo esta Republica dessea mucho quitar este castillo de Montoyo de aqui, por que les paresce (') I buona voglia, tra i quali nota il Pantera (Annata Navale, Roma, 1Gl i, p. 131) clic i napoletani e gli spagnuoli erano sopra tutti eccellenti. C H8 ) que os vn gran sobreguesso; y en consequenda desio, el Principe Ics ha persuadido que hagan alguna gente para embiar sobro el dicho castillo, con yntelligeneia de don Fernando de Gonzaga, el qual tambien embìa por su parte gente, para que el castillo està cerrado, de manera que no puedan entrar ni salir; y antes que determinasen de hazello, tuuicrou sus consejos si seria bien hazer este gasto, y todos concluyeron que contentaudose V. M. de hazelles merced del para que le derriben, que era bien hazer el gasto; y el Principe les olTrescio que el supplicaria V. M. que les hiziesse merced del; y con esto se determinaron de hazello. Y por que hauiendo V. M. de hazer al Principe alguna merced por los dailos que ha regebido, ym-portando tanto a esta ciudad hauer aquel castillo, me ha paregido acordar a \. M. que hauiendo de hazer merced del, que V. M. la haga al Principe para ayuda de costa, con facultad" que lo pueda derribar o enagenar, o hazer lo que por bien tuuiere, por que desta manera esta Republica haurà lo que dessea, y el Principe sacarà alguna reconipensa de los danos que ha recebido, por que el castillo, para tenelle, no vale, segun soy ynformado, cuatrocientos escudos; y a esta Republica V. M. le puede hazer merced de aquel lugar de \ ares y Rocatallada, que ellos pretende quo es suyo, por gratificallos y que parezca que V. M. tiene cuenta dellos en particular. Tambien el Principe me ha dicho que embia a suplicar a V. M. por vn lugar que se dize Sanct Esteuan, para Antonio Doria, que solìa ser de vnos parientes suyos que se lo robaron, y despues medio pagaron, yo creo que tambien ha scripto por el coronel Aguslin Spinola. Yo supplico a V. M. quan humilmente puedo, y por lo que deuo a su seruicio, tenga memoria del, porque en effecto no tiene V. M. ninguno que con mas fee y amor sirua a Y. M. que el, y despues Steuan Spinola, se muestre enteramenle seruidor de V. M., y tambien Dominico Centurion. \o scriuo a V. M. vna carta de mi mano, que lleuò Francisco de Gri-maldo sin que el sepa que scriuo otra cosa, por que me ha dicho que cl Principe que no querria que estas cosas se tratassen por muchas manos, por el peligro que passan. Tambien me ha hablado miger Adam sobre el officio de protonotario que el Principe tiene en Napoles, que estaua en cabega del capitan Juan Doria, y de los ccc ducados de que V. M. le hizo merced por lo de Argel; sobre lo qual creo que Francisco de Grimaldo deuo lleuar comission, para suplicar a \. M. tenga memoria de los hijos del capitan Juanetin. Hauiendo V. M. de hazer merced al Principe deste estado, y a los otros que pretenden recebir, yo supplico a V. M. me la haga a mi para metellos ( 119 ) y tomalles Ia fidelidad, y osto no lo pido por el beneficio que dello tengo de sacar, por quo dui Principe ny de los otros no lo tengo de recebir, sino por un poco de reputacion para lo que toca al seruicio de V. M., que las gentes vean que V. M. baze cuenta de mi, pues me ballo presente. De Napoles ban scripto a Antonio Doria corno por via de un frayle se ha sabido conio desta ciudad partiò vna fragata, en la qual yuan siete arca -buzeros para matar al dicho Antonio Doria, lo qual ha confessado vno dellos, hallandose yn articulo mortis, mas no hauia dicho quien hauia embiado ; mas quo fue en tiempo que succediò la trayeion que se hizo aqui, de manera que se tiene por cierto que fue por orden del Conde, que se queria quitar delante los que pensauan que le podian dar empacho. DOCUMENTO LXXIV. L’ Imperadore annunzia a Diego di Mendoza come abbia mosse lagnanze al Duca di Parma, per la fortificazione del castello di Romanese, e per I’ occupazione dei feudi de’ Fieschi. Aggiunge istruzioni pel caso, che crede probabile, della consegna dello galere che il conte Gian Luigi aveva acquistate dal Papa. 1547, 11 febbraio (Estado, Leg. 874, fol. 154) Hablonos luego (') en lo del duque de Castro, excusando lo de Romanese por el derecho que tenia a la jurisdicion de aquel lugar, siendo de la de Pla-zencia, para que por esto no dexassemos de tener de la buena imprecion que basta aqui, ccmo lo merecia su airection y desseo. A lo qual le respondimos como conuenia, apunctandole que en esto y en otras cosas deuiera el Duque tener mas respecto a las de nuestro seruicio, y no fortificar el dicho lugar de Romanese sin dar nos auiso dello, ni querer que la cosa se tractase amigablemente, conio antes estaua concentado, afiadiendo a esto la diligencia que hauia usado en la occupacion de los dos lugares del conde de Fiesco, pretendiendo caer en su juredicion, y pertenescerle por razon de la deuda de las galeras que hauia comprado de S. S., no mirando que los hauiamos ('; Il nunzio del Papa. ( 120 ) mandndo tornar a nuestra mano por In traycion quo hizo, siendo nuestro pensionarlo y feudatario del Sacro Imperio, con dezirlo lo quo el liulgo, quo tanto querria abarcar el diebo Duquo que no npretaso nada, y quo assi conio el se liuuiesso en estas y otras cosas assi mirariamos de proceder en las scusas. Despues de esripto lo de arriba, hauiendo entendido mas particularmente la manera de proceder del duquo de Castro en nuestras cosas, mandamos al Obispo d’Arras que hablasse al nuncio y al agente del dicho Duquo sobre ellas, deziendole el sentimiento que con razon deuiamos tener, y lo demas que en esta conformidad le paresciese; y ambos se hizioron muy nueuos de lo que le imputauamos, concluyendo con que auisarian al Duque, y espe-rauan que daria tal satisfaccion de sy, quo no le dexassemos de tener cn aquel grado de verdadero seruidor y aficionado nuestro quo basta aqui. Tambien bablò el dicho de Arras al nuncio sobre las tres galeras del condo de Fiesco, deziendole que pues eran bienes del dicho Conde, y nos se los hauiamos mandado conGscar, que tambien hauian de ser nuestras; y el dicho nuncio respondiò que no creya que S. S. le negaria, pues era justo. Aunque despues se entendiò del que no quisiera hauerse alargado lauto, por esso. En siendo en Roma, entre las otras cosas que tratareys con S. S., serà hazerle viua instancia para que aquellas se nos entreguen, eslando en su poder 0 de los suyos, corno cosa deuoluta a nos por la iraicion comelida, siendo nuestro pensionano y feudatario del Sacro Imperio; y veniendo en elio, corno no so deue dubdar, estareys aduertido quo no se han de embiar a Genoua, sino que hun de seruir debaxo del cargo de don Bernardino de Mendofa vueslro hermano. De Ilulma, xi de febrero -lì»47. ( 121 ) DOCUMENTO LXXV. Lettera di Cesare al Gonzaga, dove, toccato delle relazioni avute circa le cose di Genova, lo invila a porsi d’accordo col Figueroa. Dice delle contingenze per cui potrebbe insignorirsi di Parma e Piacenza; nò crede clic i francesi potrebbero adombrarsi qualora si facesse una levata di gente per l'espugnazione di Montoggio. 1547, 4 1 febbraio (Estado, Leg. 4194, fol. 359-361) . Quanto a las cosas de Genoua, por la relacion del Fantino (’) hauemos particular y distintamente entendido el estado en que al presente se hallauan, y la diuersidad de paresgeres y humores sobre la pacificacion, seguridad y buen gouierno de aquella ciudad, que cierlo ternia negesidad de buen remedio; y pues, por la copia de la que os scriuiò el embaxador Figueroa (2), le parescia que seria dar sombra a los de aquella Republica, si, estando las cosas della tan alteradas corno estauan, viniesse a abocarse con vos en Alexandria, tanto mas hauiendo el principe Doria de suyo dicho que pensaria en el medio que mas conuiniesse, no tenemos que dezir mas de que, entendida primero su resolucion y parescer, en lo que toca al buen assiemo y seguridad de Ja ciudad y dominio, mirareys con comunicacion del dicho ambaxador de ende-recary guiar lo que mas^onuerna a nuestro seruicio, y que aquella Republica se conserue a nuestra deuocion, de manera que no sea en mano de quien quiera hazer otra nouedad conio la passada, remitlieudo nos en lo demas a lo que por las precedente» os tenemos scripto, y por agora hasta ver los medios que propone el dicho Principe, no parere que conuernia tractar de la gente que se deuria entretener a nuestra costa en la dicha ciudad, ny tampoco de lo del coronel Augustin Spinola, aunque lo vno y Io otro nos paresge muy a proposito y conueniente por todos respectos. En lo que toca al duque de Castro, por todo lo que nos screuis de sus andamientos, y por lo que de otras partes se entiende en conformidad dellos, hauemos visto la manera del proceder de que vsa en nuestras cosas, y lo (’) V. Documento LUI. (’) V. Documento LIX. ( »« ) que os paresge, y causas que days para dissimular con ol y no progoder en lo de Homanese por la via do la fuerga, corno os lo liauiainos ordenado, hasta quo so pueda onoarainar juatainonto con lo do Parma y Plasengia, offreciendose la occasion. Lo qual despues do bion cousiderado, y estando las cosas do aqui y do la parte do Frangia do la manera que estan, nos paresco muy bien pensado, y cou la prudencia que solois, quo tanto mas por lo quo contiuameute se descubre do la mala voluuiad del Papa, yuclinagion y aun ynlelligencia que se deue creer que terna cou Francia, imitando las diligen-gias heehas por su parto para tractar liga con Yeuegiauos, corno lo terneys entendido, y assi nos paresge muy bien y se deuo tener fin a lo pringipal de recuperar a Parma y Plasengia, tenieudo cuidado de sauar secrelameute en claro, y comprobar lo que se dizo y enlieude, de hauer el dicho Duquo tenido yntelligencia eu el tractado do Genoua, y hauer recogido y comuni-cado seerelamente a uno do los hermanos del dicho conde de Fiesco, y hauer dado asistencia de armas para defension de sus tierras, con lo demas de los eauallos suyos que acompaiiarou al utro de la Miraudola (’J, y las otras jiarticularidades que se pudierea sacar a luz, pues todo esto serà gran razon y muy justifieaJa para deuias del derecho quo tenemos a las dichas ciudades de Parma y Plasengia, oeuparlas si se puede ballar medio, y quitarle a N'a-uara , tanto mas se mostrarà su vellaqueria grande, hauiendo usado de la dissimulacion y esperie de traigion que usò, embiandoso a offresger al remedio del caso do Genoua luego corno sugediò. Però no por esto so le deuo dexar de le hazer ynstangia, y requerirle que lo de Homanese se tracio «migablemente con la razones y medios que mas os paresceran conuenir, de manera que la toleranda y simple dissimulagion no prejudique a los de-rechos ny de la propiedad ny possession, leniendo siempre adueriencia de nolar todas las cosas de que en esto execederà y alentarà, y los suyos, |>ara sacarse a luz toda la probanza que se podrà hauer assi do tcsligos corno de probangas, para poder nos seruir de todo a su tiempo. \ quanto a lo que consultays, si olTresgieudose os alguna aparente occasion, sin aguardar la de la sede vacante, de poder robar alguna do la dichas placas de l’arma y Plasengia, con dar numbre que lo hezistes de vuestra cabega sm orden nuestra, usareys della y la [«xlreys eiecutar, considerando que al tiempo que viniesedes a exccutar la dicha occasioo , podria ser por uentura que las cosas o destas partes, o de Frangia, esluiessco en terminos que no conueniesse entonges declarar nq> conira Su Saulidad ny cosa suya, (') V. Documenti XLV1 e LXII. ( 125 ) y guardarlo para mejor oportunidad, nos paresge que no serà sino bien que antes de executar la diclia ooasion, en caso que se os ofrezea, pues no haurà inconueniente en la dilagion, de consullarnos, lo nos auiseys dello y de la manera que estarà guiado, para que, conforme al estado en que estaran los negocios, os podamos sereuir y ordenar sobrello lo que mas conuenga (’). Està muy bien hauerse oeupado los lugares del conde de Fiesco fuera de los dos caslillos que screuis, de los quales viene el vno en bianco, y asi -mismo la gente que pensauades encaminar sobre la que los adherentes y sequaces de la casa de Fiesco han juntado para tener alterado lo de Genoua, lo qual no podrà ser sino muy a proposito, para entretanto que se prepara lo negessario para expugnar el castillo de Montoyo El qual, no obstante lo que gerca dello considerays, de la occasion que frangeses podrian tornar de ar-marse haziendose massa de gente de nuestra parte, nos paresSe que no con-uieue que quede assi, pues se podria hazer con el tiempo otro nido corno la Mirandula, y assi seremos seruido que pues ya estarà reconosgido, mireys de ocuparle por la mejor manera que os paresgerà, pues la massa de gente que para elio se haurà de hazer no serà tanta que pueda dar sombra a frangeses, tanto mas encaminandose luego a la parte que haurà de yr, y publicandose aquella conio es de creer que luego se emenderà. En lo demas de los dos lugares que el duque de Castro ha oeupado del dicho Conde, esta bien lo que respondiò, pues todo es excusarse con palabras tan generales y sin fundamento, y assi seremos seruido que lo torneys a requerir de nuestra parte, y hagays muy viua ynstancia por que nos los restituya, dandole a entender que si algun derecho pretendiere a ellos, que no se le faltarà de hazer justicia. l’or que hauemos entendido que vn l’edro Luca de Fiesco, que tiene del Rey de Francia pension de quiuiontos (?) francos, y que es seiior de ciertos caslillos en las montanas del Piamonte, y que viene muchas vezes a JMilan, tracio en dias passados, en el tiempo de monsieur de Termes, sobre esta ftalica de Genomi, ynformaros eys diestramente de lo en esto se pudiere descubrir, para que, segun el auiso, se mire en lo que se deurà hazer. (') Fra le preziose carte possedute da S. A. R. il Conte di Villafranca, non sono poche quelle clic hanno tratto esclusivamente alle cose di Parma e Piacenza io DOCUMENTO LXXVI. Il Figueroa annunzia al Principe D. Filippo ili nvero eseguite le commissioni affidategli presso il Lì’ Oria ; gli notifica la distruzione del palazzo Fieschi in Vialata, e la delib razione d’assediare Montobbio. 15Ì7, 13 febbraio (Estado, Leg. 1379, fol. 53) r- __ A los dos del presente escriui a V. A. con un correo ginoues quo passò por aqui de Roma, y di particular auiso de lo que so entendia de la salud de la imperiai persona de S. M., por las cartas que liauia recibido do los xxvm del passado, y embiò copia de los auisos que se tenian del successo do las cosas de aquellas partes. Despues, a los x del presente, recibi la carta do V. A. de los xxv de enero, con el correo que uenia despacliado para S. M., y por ella quedo auisado como Y. A. hauia recibido la mia que scriui a los ix de deziembre ('); despues seran llegadas las que scriui a los vi y x de enero, dos y tres del presente, con el auiso de lo que hnuia suegedido en esta giudad, y los terminos en que quedauan las cosas della; y porquo por ellas lo haurà entendido V. A. particularmente, no serà negessario tornallo a replicar en esla, sino remitirme a aqueljo. Al principe Doria di la carta que para el venia (*), y juntamente con ella le dixe lo demas que Y. A. me mandò scriuir, haziendolo saber el desplazer y pena que V. A. hauia recibido de la muerte del capitan Juan Doria, y de los otros trabajos que hauia passado, olfreciendole la buena voluntad que V. A. ha tenido siempre a el y a sus cosas, que era conformo a la de S. M. Recibió tanta consolagion y alegria con la visitagion, que no podia hazelle V. A. mayor merced y fauor que aquella, por ver la memoria que • (’) Queste lettere, del 9 dicembre 15J6 e 25 9uccrsivo gennaio, ci mancano afTatto. (‘) Anche questa carta ci fa difetto, non potendo essere quella che pubblichiamo appresso (Doc. LXXX), e che, insieme all’ altra diretta al Figueroa (Doc. LXX1X), fa risposta alle lettere del 6 e 10 gennaio. Il Principe non aveva ricevute ancora quest’ultime all’epoca della*spedizione di quella del 25, ed è appunto a siffatta letti ra che il presente Documento gio\a di riscontro. ( 125 ) ha tenido V. A. a sus trabajos. El procura de poner la gsleras en orden lo mejor que puede, y aunque no yran lodas armadas de forgados, lo seran de genie de buena bolla; y me ha dicho que yrà el en ellas, y que saldrà mas temprano de lo que solia salir. Esta ciudad està en quietud, y se procura para que continue en elio. Esta Senoria ha hecho deribar el palacio donde habitaua el conde de Fiesco, que era muy bueno ; y con el tiempo yran poniendo la mano contra los bienes de los que se hallaron en su compariia a la traycion, pues las personas no se pueden hauer; y dcmas desto embierau gente por su parte para la empresa del castillo de Montojo, para que, juntamente con la que don Fernando proueerà en nombre de S. M., se le ponga sitio, porque es fuerte y no se le puede batir, a lo que dizen algunos; y esto solo es el que ha quedado al Conde nueuo de todo el Estado. DOCUMENTO LXXVII. Dispaccio, in cifra, del Gonzaga, con cui ragguaglia Cesare di un suo colloquio con Francesco Grimaldi, e delle difficoltà che s’incontrebbero nella erezione della progettata fortezza. 4547, 14 febbraio » (Estado, Log. H91, fol. 238-240) Con la mia di hieri (') feci auuisala V. M. de la determinatione che il principe Doria haueua fatta di inuiare a Francisco di Grimaldo sopra lo assento de le Cose di Genoua, et con essa hauerà hauuto un dispaccio de lo ambassatore Figueroa indirizzatomi con quello ordine che per detta mia hauerà • uisto, et se bene io mi auuiso che con detto dispaccio V. 31. sarà stata pre-uenula del tutto, nondimeno, a soddiàfactione del mio debito, non voglio lassare di auuisarla di quello che il detto Grimaldo, essendo stato qui hoggi (-), mi ha comunicato di comissione del principe Doria , et di ciò che più olirà mi occorre in questo proposito. Il parlar suo è sialo in questa forma: Che quella • (’j Questa lettera ci manca del pari. (’) In Milano. ( 120 ) città è diuisa in quattro humori. Il primo ò ili una sorte ili uomini elio, non contenti del prosento stato ili essa città, sono desiderosi do coso nuouo, sperando eon il mutamento dello Estato e cou qualche riuolta esser ili miglioro conditione. Il secondo dice esser di una qualità di persone che si pasceno di ragionamenti et di discorsi, senza proporsi alcun fino, o senza sapere, in conclusione, ciò che si veglino. Il terzo ò di una gouerationo di huomini, i quali esso chiama pusilanimi et timidi, che di ogni cosa si mettono spauento, tra li quali mi ha per esempio nominati alcuni che so io, che sono di quelli che approuano la refectione della fortezza, ma non sa già costui che io lo sapia ; per il che si comprende che delta fortezza non piace al Principe nò a’ suoi adherenti, poiché costui, il quale ò vno, danna e vitupera la parto di coloro che la approbano. I‘er il quarto humore mette la setta di quelli che desiderano la quiete et pacifico stato della città, dalli quali dice cho viene anteposta vna nuoua forma di gouerno , come seria di restringere a minor numero quelli del reggimento, et redurlo a eh : non passassero cento o centocinquanta cittadini, et che doue hora si trano per poliza vorrebbono che si elegossero per ballotte, et di più che si introducesse una guardia gagliarda di insino a settecento fanti, con un capo il quale si douesse pensare chi douesse essere più a proposito. Et questo è in sostaucia quanto il detto Grimaldo ha comunicato meco. Sopra di che hauendo ben consideralo, ne vengo a cauare che in quella citta siano pochi quelli che procurino directamente il seruigio di V. M.; senonchò, sotto questo nome di anteponere il seruigio di quella alle altre cose, voglino ottenere il principato della città et fare il fatto loro. Et poiché questo si conosce, sarei di parere che per hora si douesse dissimulare, et aceptare lutto quello che essi antepongono, senza cercare più oltre, perchè io non conosco che nel contradire et nel volere incaminare hora le cose al disegno della fortezza, come è stato ragionato, potesse nascere se non difficoltà, senza farsi alcun buono effetto; poiché, per questo che io ho dello, chiamando ùmidi ct pusillanimi quelli che approbano il disegno della fortezza , si conosce che il Principe et suoi seguaci non ci vensono bene; dello aiuto dei quali \ ■ M. si hauerebbe principalmente a seruire quando dello diseguo si hauesse ad inca- * minare. Onde, estante per hora questa difficultà della fortezza, pareria a me che non si potesse fare altro che consentire a questa forma clic essi propongono, perchè io tengo per securo che quando il Principe venga a mancare, i primi che procureranno detta fortezza saranno quelli propri che hora la ricusano , e massimamente quando le forze della guardia si trouiuo in potere di persona confidente a V. M., che non sia per discrepare de la mente di quella in qual si voglia determinatione che per lei si facesse; onde, per quello ( 127 ) che io estimo, tutta la importancia di questo negocio consiste in la electione del detto capo; e però sarei di parere che in questo V. M. hauesse da persistere iu fare che si elegesse persona molto confidente ; nè a me occorre altri che Agostino Spinola che sia più confidente a V. M., et più a soddis-factione vniuersale di quella città, chè lo uno senza lo altro non seruiria, attesoché io tion credo che detta città si riducesse mai ad accettare forestiero alcuno in detto carico. Ma di questa particolarità del capo di essa guardia, il detto Grimaldo non mi ha mossa parola. Voglio ben credere che ne ragionerà con V. M.; però quando noi facesse, non crederei che fusse bene di lasciarla passare così asciutta, ma che fusse più che necessario che V. M. si lasciasse intendere che il suo desiderio seria che questo punto si chiarisse et terminasse, come cosa importante sopra ogni altra, et procurasse in ogni manera di fare destramente conoscere al detto Grimaldo, che, per judicio di lei, il detto Augustino sarebbe più a proposito per detto carrico che qual si voglia altra persona di quella città. Questo è quanto mi souuiene in proposito di detta negociatione. Et perchè da esso Grimaldo sono estato pregato cou molta instantia di non ne dare pai te a persona viuente, V. M. sarà seruita, per beneficio della negociacione, di non mostrare che di ciò li sia stato scritto parola da me. DOCUMENTO LXXV11I. Il Figueroa avvisa Cesare della partenza del Grimaldi ; ripetendo come oggetto dell’ ambasciata del medesimo sia quello di sottoporre a S. M il disegno delle riforme dal D’ Oria imaginale. Su che nuovamente discute. 1547, 16 febbraio (Estado, Leg. 1579, fol. 25) A los x del presente screui a V. M., y dixe lo que hauia passado con inicer Adam Centurion sobre el assieuto de las cosas desta ciudad. (’) Despues se partiò Francisco de Grimaldo, el qual va despachado del principe Doria para V. M., con el parescer de lo que se deue hazer para la conseruacion desta ciudad. El qual me ha hablado oy, y dichome todo lo que lleuaua (') V. Documento LXX11I. ( 128 ) en comission, escusandose que no lo li.-i hecho primero, por no dar sospoclia a las gentes , y tambien por sor eslas cosos de qualidad ) hallado cu Roma ('), y caidoselo al otro en tiempo quo no so puede dexar de presumir que en Roma so tratasso algo dello, y quo assi se podian con gran trabajo excusar de alguna nota a lo menos algunos ministros; però que Dios y el tiempo darian al fin testimonio do lo que era verdad, y a aquello nos remitiamos. \ porque el nuncio nos replicò a esto, apretandonos si podria dar esta consolacion al Papa, de certificarlo que nos no creiamos tal cosa do su persona , le diximos que por lo que en esto lo hauiamos respondido, bien veia no lo podiamos afirmar, sino era diciendo lo que era falso, pues le habiamos claramente dicho que ni lo creiamos ni lo dexauamos de creer. A lo qual tornò a replicar que verdaderamente no se hallaria que S. S. hubiese tenido parte ni sabido dello en ninguna manera, sino que habia sido inuencion de personas que querian estornar la aparencia que ay do tan buonas obras, que, corno arriba està dicho, se siguen de la buena correspondencia y amistad de entre ambos, corno son lo de la dicha empresa y progreso del Concilio, en el cual, en el articulo de la reformacion, se tracta de que lo obispos, assi cardenales corno otros, que tienen dos obispados, dexen el uno, y que los quo son de la prouision de S. S. se renuncien dentro do seis meses, y los quo à la prouision de los Principes dentro de un aiio, y los cardenales quo no re-sidiereu en sus iglesias esten cerca de S. S. en Roma. A lo cual lo nos pareciò no responder muy largo, sino solamente que la reformacion conueniente de lo que escedia de la razon, seria en todo tiempo muy a proposito (*). DOCUMENTO LXXXV. Lettera del Doria a Cesare, che smentisce le asserzioni del Papa. 1547, 19 marzo (Estado, Leg. 1370, fol. 88) Hauendomi scritto l’ambassatore di Genoua presso V. M., che quella resteria seruita eh’ io l’auisassi di quanto auessi potuto cauare più oltre de la pra- (1 ) V. Documento LXX. t5) Modesto Lafuente cita questo Docunvnto nel voi. XII della sua Historia de Espo.nu. ( 137 ) lica contenuta in quella mia lettera da lui presentata a V. M., non ho voluto mancar di obedirla con questa, non ostante che V. M. prudentissima conosce meglio di tutti, che quanto più si tracia di eliciti dissonesli, tanto manco ne appare testimonio di scripture nè di altro, se non per li successi et congetture. Et questo dico, perchè non ne posso far altra fede più chiara a V. M., se non per relatione di persona interuenutali, et consapeuole dell’ intimo del secreto del traditore del conte di Fiesco, la quale persona, con speranza di hauere remissione di questo eccesso et di altre offese che mi ha fatto, me 10 ha scoperto. Olirà che, le continuale demoslrationi del Papa et del Duca di Piacenza verso questi Fieschi, lo vanno comprobando, per che ultimamente è anche andato a Roma Cipione (^t'c) fratello minore del detto Conte, alogialo in casa de la marchesa di Massa, il quale va di notte accompagnato al Papa, da li homini medesimi di quelle galere et da altri di quella Corte; le quali galere se intende che detto Cipione le habbi ricercato di hauere, et che S. S. in apparencia li abbia fatto rispondere douerli bastare li sia stato reseruato Calestano et il borgo di Val de Taro, che sono due boni lochi in quelli con-, fini del Parmegiano et Piacentino, et che le volesse tenere per quelli denari che restaua a dare in pagamento il dello Conte al Duca di Piacenza ('). Però nel secreto, si giudica sia una fintione, acciò V. M non habbia causa di domandarle come beni di uno suo ribelle, per che quanto al pagamento si sa che il Duca fin da principio volse esserne assicurato sul detto loco di Calestano; et di più si vede che il Papa di nouo ha confirmato in dette galere 11 medesimo capitan et officiali che li teneua il detto Conte. E da questo altro canto francesi non solamente intratengono la altra galera in Marsella, ma hanno dello ad uno agente di questi Fieschi che se li porta mandato da potere contratare con loro. . . . che li prouederanno di denari, et del. . . . resto che sarà di bisogno, in modo che tuttavia ne vanno pratiche intorno; come anche per altre vie mi persuado che V. M. ne debba essere stala auertita in parie (’). (’) V. Documento XXXV1I1. (5) Le due lacune clic si incontrano nelle ultime lince , indicano altrettanti guasti nell’ originale. ( 138 ) DOCUMENTO LXXXVI. Cosare manifesta al Figueroa le sue intenzioni sullo stato ili Genova ; approva clic siasi aggiornato il convegno d’Alessandria, e loda , con | iù altre disposizioni, ogni suo operato. Dice di quanto venne trattato fra lui ed il Grimaldi; lo esorta quindi a fare ogni ufficio, perché il comando delle truppe sia afli-dato al colonnello Spinola ; e tocca in ultimo delle cose di Varese, Rocca-tagliata e Montoggio. 1547, 2'J marzo (Estado, Leg. 1379, fol. 2f»7-2.'i9) Quanto a las cosas desta ciudad, don Rodrigo de Mendoza nos hizo rela-ciou de lo que le comuuicastes, y por la carta que tengo en cifra de x.xx de euero vimos lo demas que screuistcs, y os pareciò, sobre el ympatrouicarnos della, con los ynconuenientes que se os representan para ponerlo cu es-fecto; que, bien considerados, no se dexa de conoscer ser verisimiles, y pen-sados con la prudencia y experiencia que soleys en las otras cosas desta qualidad; y assi se dexarà por agora de locar en esto punto, dexando para mejor ocasion ; y vos hecistes muy bien en dissimular con los que hablauan y se ynclinauan a este fin, y dar a entender en generai y particular que nuestra iutencion no es otr3 sino de quo esta ciadad se conserue en nuestra deuocion, sin que venga eu otras manos, ni se les quile su libertad ; y por esto no fue sino muy bien acordado no abocaros con don Fernando en Alexandria, porque fuera causa de sospecha, y de que se siguiera olro peor yn-conueniente que el primero. Seis dias antes que Francisco de Grimaldo llegasse, se recibiò vuestra carta de x de febrero; y fue bien auisarnos assi tan distinta y parlicular-mente de lo que passaytes con el principe Doria y comprehendiades de su yntencion, para allarnos preuenidos antes quo este olro llegasse. El qual nos hablò muy largo, en conformidad de lo que nos screuisles por la de xvi, y alla os comunicò el Principe, tocandonos en los medios que se le o>frecian y serian mas conuenientes para el buen assiento desta ciudad, y seguridad della- eu nuestra deuocion; y por qub discurrendo por todos se enlendiò claro, corno vos tambien lo apuntaytes, que lo que mas salisfacia al Principe, y a que se inclinano, era a reslrenguir cl numero de las personas del gouierno ( 139 ) y crescer la guardia, afirmandonos que esto seria Io mas a proposito para no tener diuidida la ciudad, y que aquella so conserue en nuestra deuocion, porque lo demas de tornarla a nuestra mano, corno arriba se dice, seria de crocido gasto y a mas con poca seguridad de que las cosas pudiesen durar mucho tiempo; en aquel ser, yunto con lo que a vos parece, por ser aquella la ynclinacion del Principe, pues sin su medio y los suyos no se podria poner en effecto ningun otro designo, nos resoluimos, corno alla liabreys entendido del dicho Grimaldo, en aquello mismo conformandonos con el parescer del Principe, tanto en la restriction de los del gouierno quanto en lo de la guarda, pues por este medio se persuade y està tan cierto del buen assiemo y seguridad de aquella ciudad, conio es mas que necesario. Eslubimos con mucha aduertencia para ver si el dicho Francisco de Grimaldo en el progreso de su platica apunctaria algo del cabo para la dicha gente, lo qual nunca se le pudo sacar por mas occasiones que se le dieron para elio, con decir quo no lo sauia, mas de que seria de tal confianga que con razon nos deuiessemos desatisfacer della, y por que no entrase en alguna sospecha, nos paresciò no apretarle sobre este punto, mas demostrar que aunque no dubdauamos quel Principe la escogeria, tal siendo cosa en que con-sislia la ymportancia de todo. Holgareamos de entender primero la que le parescia al proposito, sin ponerle delante, del coronel Augustin Espinola, por los respectos que nos haueys scripto : y assi serà bien y conuerna que vos, corno de vestro, con la buena manera y desteridad de que sobreys vsar, tenteys al Principe, y hagays con el todo buen officio, para que el dicho coronel tenga el cargo de la dicha gente, pues con esto se podria estar en lo de ay’ con mas seguridad ; y por que, hauiendo entendido por vuestras cartas que por lo que el Principe passò con vos tractando de quien ternia cargo de la dicha gente, pues es en quien ha el de estar todo el peso y confianza, sospechais que os le queria encomendar a vos, corno yà lo ha hecho otra vez, no se pudiendo encaminar lo del dicho coronel Augustin Spinola, nos paresce que no le direys de dexar de aceptar, si sobre elio se os hiviese yusticisr, no obstante lo que sobre elio nos screuis, pues seruirà para mirar despues si se podrà enderegar Io otro; lo que, caycndo por veniura en otras manos, con dificultad se podria hacer. Visto lo que nos escreuiestes de la prelension que esa Republica tiene a aquellos dos lugares del conde de Fiesco, Vares y Rocca Tallada, con lo que el Principe ha apuntado sobre lo del castillo de Montoyo y lo demas que vos nos screuis, locante al particular del Principe, y perdida subcedida a su sangre y hacienda, hasta que todo el Estado y hacienda del dicho Conde estè il ( 1*0 ) recuperado y en nuestra mano, no nos ha paroscido por hanra disponor sino de los diehos dos lugares y castillo do iMontoyo, para quo la dicha Repu-blica los aya y tenga por suyos, con condicion que tome luogo a su cargo la expuguacion del dicho castillo. Pero, por el respoeto que se deuo detener al Principe, y lo que vos acerca desto prudentemente consideravs, so ha tenido nqui secreto al embaxador dessa Republica, para quo el dicho Principe, conio se lo screuimos con el dicho Francisco do Grimaldo, lo traete con ella, y re-ciban este beneficio por su mano. V no se hauendo por agora otra merced, ni disponiendo del diche) Estado del conde Fiesco mas de lo que arriba se dice, vos mirareys la forma que se haurà de tener cou esa Republica, para nieterles eu la posession de los dichos lugares y receuir dollos el jura-meuto de fidelidad que so acostumbra, conio Io acordavs, dandonos auiso 011 este medio lo que sobresto os parescerà quo se deuo hacer, pues haurà tiempo para elio; y acà no se entrò tan addante cou cl dicho Grimaldo. V por que habiendoso de reducir al gouierno desta Republica a menoi' numero, y liacerse lo demas que conuiene para el buen asiento della; dubda el Principe que se pueda effettuar sin alguna manera de fuerzo, habiendose-uos hecho ynstancia por su parte, os se ha scrito al Duquo do Florencia, que, siendo menester, acomode para enlonces do basia dcc o dccc soldados de los suyos y a don Fernando de Gonzaga, que dò aquel Estado do lodo el fauor y ayda que serà necesario, con el qual terneys buena correspondencia en esto y en todo lo que se oslTresyerà aunque no se ha dexado dj pensar si seria mejor, para hacer el dicho elTecto que se aguardasse a la venida de los espaiioles, que de nueuo se ha dado orden quo se hagan eu Espana, pues cou aquella occasion y desembarcar en essa ciudad se podria hager con menos ruydo, lo qual hareys entender al Principe, para sauer del lo quo en elio le parescerà. ( 141 ) DOCUMENTO LXXXVII. L’ Imperatore al D’ Oria, circa i detti luoghi. 1847, . . . marzo (?) (Estado, Leg. 1379, fol. 100) Carolus. Illustrissime Princeps, consiliarie ac in Mari Mediterraneo capitanee generalis, nostre fidelis sincere dilecte. Entre las otras cosas que hauemos comunicado con Francisco de Grimaldo, como del entendereys, le hauemos dicho que, assi por vostro respecto como por la buena- voluntad que tenemos a esa Republica, queremos que en su beneficio podays disponer del castillo de Montoyo y de los otros dos lugares de Varese y Roccatallada, y tractar con ella desto por la manera que mejor os parescerà con condicion que la dicha Repubblica se obligue y tome a su cargo Ia expugnacion y empresa del dicho castillo, y lo ponga luego en effecto, antes que con la dilacion del tiempo se offrescan nueuas dificultacjes. DOCUMENTO LXXXVIII. Lo stesse al Viceré di Napoli ed a quello di Sicilia, inviando loro la lista dei compromessi nel moto di Genova, e salvatisi colla fuga. -1547 , . . . marzo (?) (Estado, Leg. 1579, fol. IOO) Al Visorey de Napoles. Yà sabeis lo sucedido è intentado en Genoua por el conde de Fiesco y sus hermanos, y la pena y castigo que se ha dado por aquella Republica a los delinquentes y complices que andan foragidos, y porque auiendo sido .cosa de tan mal exemplo y fea, queremos y es justo que en ninguna parte ( 1*2 ) ilo nuestros reynos, esuulos ny seiiorias liauen recogiinionto ny abrigo, os en-cargaiuos y mandamos quo qualquier de los susodichos, los nombres de los quales vereys por uua lista que el illusi, principe Andrea Doria nucsiro capitan generale de la mar os embiarà, a portare o so pudiere hauer en eso reyno, lo liagays prender y echar la mano, castigandole conforme a sus demeritos y segund requiero la grauedad del delieto, daudouos auiso de le quo en elio se liiziere. DOCUMENTO LXXXIX. Risposta del Principe Filippo alle lettere del Figueroa. 1347 , . . . marzo (?) (Estado, Leg. 1379, fol. 57) Nò he holgado poco de entender que essa ciudad estò en la pacificacion que scriui, y que haya hecho tanta demostracion en la deuocion de S. 31. y en el castigo de los que mouieron aquella reuolucinn (’) ; del successo de lo de Montojo estamos con algun cuidado, por lo que nos dizen del sitio do aquella plaza, que no podrà dexar de hazer muy diffidi su expugnacion. De lo que en elio se hiziere nos dad auiso, por que nos serà de inucho con-tentainienlo. Porque el Emperador mi Seiior me ha mandado scriuir que haga quo se prendan v sean entregados en estos reynos los que so hallaron en ellos, de los que fueron culpados en la reuolucion desta ciudad con el conde de Fiesco, y esto no se puede hazer sin saber los nombres y seiiorias dellos, y su manera y exercicio de viuir, os encargamos que con el primero nos embieis una lista dellos, y particularmente diziendo sus qualidades y manera, para que se pueda hazer la diligenda que S. M. manda. (’) V. Documento LXXVI. ( 143 ) DOCUMENTO XC. Dispaccio in cifra, del Figueroa a S. M., per informarla di quanto spetta al colonnello Spinola, e del parere del D’ Oria circa le cose di Montoggio. 1547, 1 aprile (Estado, Leg. 1379, fol. 233-234) Sacratissima Cesarea Catholica Magestad Hè visto corno por la relacion que truxo don Rodrigo de Mendoga de lo que eoa el eomunique, y por lo que screui en carta de xxx de enero V. M. hauia visto los inconuenientes que hauia para pon?r en essecucion lo que hauia pensado acerca de hazerse seiior desta ciudad ; y pues a V. M. ha parescido ser mas conueniente gouernalla por los terminos en que agora està, no es necessario replicar sobre esto mas, sino exeguir lo que està determi-nado, corno tengo escripto a V. M. por la carta que va con esta. Quedo avisado como V. M. reciuiò la caria que escreui a los xi de he-brero, seis antes que llegasse Francisco de Grimaldo, por la qual V. M. quedò particularmente auisado de todo lo que con el principe Doria hauia passado y de lo que era su inlencion acerca del eslablescimiento de las cosas desta ciudad. Lo qual, como escriuo a V. M., se ha pensado en el medio que escriuio para efectuarlo; el qual paresce que es el mencs sospechoso, y que con mas breuedad se podrà hazer; y conio se prepara la gente, yo terne cuidado que se ponga en execucion lo que està determinado, sino se no se acaba la candela antes de tiempo, aunque al presente paresce que el principe Doria està bueno, pero corno la muerie sf“a nalural a todos, y mas eu los viejos, es de temer que no nos falle quando mas le ayamos menester; y por esta causa desseo que esto se effettuare con breuedad, por que quedassen las cosas assentadas de manera que se pudiessen conseruar, y que si algun descon-lenlamienlo liuiuesse dello, se pudiesse atribuyr a el, y no a los que quedassen , para conseruacion de lo que se huuiesse hecho. Dios lo encamine de manera que sea para su servicio, y accresceutamiento de los reynos y seiiorias de V. M., y conseruacion desta Republica. Ile visto corno Francisco de Grimaldo no se hauia declarado, en la plalica que tuuo con V. M., cerca del establescimiento de las cosas deste gouierno; el qual consiste, despues de la reformacion de los Cousejos, en tener una ( 1 u ) guardia qae sea sufficiente para resislir a qualquior mouimenlo que ques-siessen liazer los de dentro de la ciudad : la qual conuiene que estù en persona que sea confidente a V. M , y me paresce que a mi juyzio no puede ser otra que el coronel Spinola, por que, demos de concurrir en cl las quali-dades que conuienen para la seguridad del seruicio do V. M., so gana con el teda la parte Spinola, que aunque ellos de ilici inacion son seruidores de V. M. todauia quieren que so tenga quenta dellos, assi conio cl principe Doiia procura de parescer que todo depende del, tambien es necessario quo aquel tenga la superioridad que a los otros les hagan parto, yo he procu-rado por la mejor via que he podido do ver si el principe Doria se acla-raria comigo eu lo de la persona, y basta agora no lo ha hecho ; antes me ha respomlido que se dò orden primiero a lo que se ha de hazer do la gente, que despues se emenderà en lo demas, v conosciendo su natura, yo no me he querido alargar a mas, hasta quo las cosas esten mas addante, porque pieoso que fallando Anionio Doria, ostando occupado comò està en las cosas del seruicio de V M., no puedo attender a lo do aqui; y una buena senal he visto, que cl principe Doria mueslra que si el' coronel Agustin Spinola quisiere casar su hija cou el scnor de Dulgago, que holgara dolio, que paresce que es sellai que queria tenelle mas prendado para lo quo podria offrescer addante, yo le he leniado con el coronel, pero no lo hallo tan determinado que se pueda concluir, porque dize quo queria que corno el ha nascido seruidor de V. M., quo assi lo fuessen los que del depcndiessen, podria ser que mudasse de opinion, yo holgaria dello porque me paresce que se podria mejor disponer dellos para lo que fucsse seruicio de V. M. En lo que V. M. dize, que en caso quo no se pueda encaminar Io del coronel Agustm Spinola, que si el principe Doria me combidassc a mi con elio, corno ha hecho otras veces, que yo lo acepie, yo no se si el lo bara; però he juzgado que lo terna persona que serà muy confidente a \. M., que fuera del coronel no podria sor otra, porque no la conozco eu esla ciudad. Veremos lo que dirà; y segun aquello yo me gouernarò conforme a lo que Y. M. manda. Asimismo he visto como V. M. hauia sido seruido de hazer mereed a esla Republica del castillo de Yares y Roca Tallada, por la pretension que dizen que a elio tenian, conforme a lo que el principe Doria y yo screuimos a ^. M., y tambien del castillo de Montoyo por mano del principe Doria, de lo qual con razon se deuen contentar, pues ellos alcancan lo que quieren, y el principe Doria verna en parte a ser gratificado de V. U. Ellos han dado orden para que la empresa se haga, corno tengo scripto a V. M., y ( 145 ) creo que no haurà inconuoniente, sino tienen algun resuello de Sant Labaro en lo demas de dicho Estado, V. M. lo mandarà proueer conio mas juzgarò ser su imperiai seruicio. Yo no dexarè de acordar a V. M. que ha-uiendose de reparlir, que V. M. se accordasse del coronel Aguslin Spinola, pues el y toda su casa son seruidores de Y. M., y pueden de continuo seruir corno el lo haze. Quanto a la orden que V. M. ha dado para en lo de la gente que serà necessario liazer para la reformacion del gouierno desta ciudad, yà he dado quenta a V. M. corno al Principe Doria no le paresce valerse del duque de Florencia, por la sospeclia que del se ha tenido que demandaua a Y. 51. el Estado del conde de Fiesco, y que Io que le ha parescido que es mejor, y mas sin sospecha lo que Antonio Doria ha de traer de Napoles, el qual corno tengo scripto parliò a los vii del presente. En Io que loca a meter en possesion a esta Repubblica de los lugares que V. M. les ha hecho merced, y tomalles el homenage que se acoslumbra, sperare a ver lo que ellos dizen, y entonces darò auiso a \. M. de lo que se huuiere de hazer. De Vuestra Sacratissima Cesarea Catholica Magestad muy vmil vasallo que los Imperiales pies y manos de \. M. besa Gomez Suarez de Figueroa. • DOCUMENTO XCI. Lo stesso a Cesare, circa gli accordi presi col D'Oria, per riguardo alle cose di Genova ; c circa gli apprestamenti clic va facendo la Signoria per la spedizione contro Montoggio. 1547, 10 aprile (Estado, Leg. 1379, fol. 231) Sacra Cesarea e Catholica Magestad. A los xxiii de marco recibì la de V. M. de los quatro del mismo (’) con Francisco de Grimaldo, en respuesla de la que con el escreui de mi mano, y por ella y por su relacion he entendido como V. M. hauia aprobodo lo (') Questa lettera non 1’ abbiamo. ( 1*6 ) ^ ^ ^rle iincipe hauia acordado acorca del establoeimionto del .ou.eruo, de esta ciudad remiliendo la execution del effecto dello ni dicho P j a ini, con el qual lie platicado sobre la forma que so ha do tener, j i ^ e.S° 3"a C0U secre*° y seguridad que conuiene, para el bien n mJinf0^0' y D0SJparL'ce 'lue el osperar a la gente que ha de traer don Ber-i Sjtaf aU3 luuc*10’ y (luo podria causar algun inconueniente, y las 3 P° '.Ìa 6m*Jiar ^ou f’ernando quo podria alterar antes de tiempo * . 1 P01 ser esta geule tan sospechosa quo podrià causar algun uemente. Do la del duque de Florencia no lo paresce al Principe de va- dado d« pSegUrarSl' de*' desPues que ha entendido que pidiù V. M. al con-. C Por(lUtì *° Paresce que tiene ojo a mas que aquel Estado, m ' lL 3 dlc*10 ‘lue (^'ue tenL‘r mayores pensamientos que nunea; do Am 3 ^ iaenios ju*g;|do, que lo mejor que se puede hazer es que io oiia se \aja a Napoles con una galera que el Principe le dà, y a a aga mill quinientos hombres, y que los ponga en las galeras con . cusa <]Ut haze para yr a buscar a Dragut Arraiz, y que se venga aqui por tiempo que el Principe concertare con el ; y esto es lo que a mi me ha P . mijor y mas secreto, y tambien porque Jiaziendose con esta gente se podran quexar de M. sino solo del principe, tonio Doria no es aun partido, porque se ha delenido por cosar una inja suya, partirà passado la pasqua. screui a ). AI. corno esta Republica hauia determinado do hazer la mpresa del castillo de Montoyo, con consentimiento de don Fernando; y eoa a venida de Francisco de Grimaldo, que les ha dicho como V. M. es'eon-e°to e o, lo han puesto por effecto, y se dan loda la prisa quo pueden eaar el arlilleria y municiones para batilla, y hauiendo requirido a tomo Doria si queria tornar el cargo de la empresa, el so excusò con dezir que estaua oeupado en el seruicio de V. M., y que no podrà acceplalle; J visto esto lo embiaron a offrescer al coronel Augustin Spinola, y me ro-d que \o le escriuiese sobre elio, y lo mismo hizo cl Principe. El vino a(Iu’, \ estaua determinado de no aceplalle, assi por hauerle olTrccido pri-ero a otro, conio por la sospecha, que sin causa hauian tenido del; y yo persuadi que lo aceptase y disimulase las cosas passadas, porque asi cou-a seruicio de V. AI. Lo qual hize, jiorque me parccio que seria uy a proposito que se hallase con las armas en la mano por el buen successo de lo que se ha de hazer; porque por todos respcclos està bien no vai*000 aUC.*0r'(k<^ P°rqae> como tengo scriplo a V'. M., la rcforniaciuu nada sin la fuerza, y que esta estè en persona que sea confidente ( 147 ) a V. M, porque de otra manera no se puede estar con seguridad, que un dia no so leuante cl pueblo, y melan aqui franceses; y por esto torno a acordar a V. M. que cumple a su seruicio, que estò aqui el coronel Augustin Spinola. Do Genoua, cl x de abril de mdxlvii. De V. S. G. M. muy vmil vasallo que los Imperiales pies y manos de V. M. besa Gomez Suarez de Figueroa. DOCUMENTO XCII. Cesare al D’ Oria, circa le cose di Genova, e 1’ espugnazione di Montoggio. 1547, 11 aprile (Estado, Leg. 144, fol. 136) A la partida de Nurembergh os escreuimos ultimamente, corno haureys visto. Despues so ban recebido vuestras cartas de xix y xxm del passado ( ), y hauemos holgado de entender lo que por la primera nos escreuis locante a la platica y trayeion coinelida por el conde de Fiesco, y no seria sino bien que hagais esaminar bieu a essa persona que ha manifestado y fuò participe en el caso, y in* einbieys su confession aulhenlica para guardarla, y que pueda seruir a su tieni[>o cou lo demas que por aca se ha podido hauer, pues eu lo quo loca a S. S. y los suyos, no se dexa piadosamente de creer que fueron sabidores de la maldad, corno aun oy dia lo muestran en la comunicacion y fauor cjue dan a sus hermanos del Condo y sus cosas. En lo demas de las cosas desta ciudad, siendo ya llegado I rancisco de Grimaldo no tenemos que decir, sino tener por cierlo que ostando \uestra persona de por medio, y leniendo essa Republica delante su particular bene ficio y la prolcclion que della hauemos siempre tenido, attenderan .i su (') La lettera del 19 può vedersi nel Documento LXXXV. ( 148 ) P' ificncion j sosiego, j nos tornan la misma aficion y deuocion que por Io passado. J quo toca a Ia espugnacion dei castillo de Montovo, quanto mas tipm 1 '1C,1^are’ seKI k* mej°r por excusar los inconuenientes quo con cl de Ytafia° SUCCec,er, assi eu dail° dessa Republica como en desassossiego documento xcm. 0 risposte clie M |ia _ discolpe fattegli pervenire dal Farnese, di procedere conil o n; » » °lt'’ ^au,e*e c*10 Sl rendono necessarie innanzi 1,0 lLr Luca Fieschi. ,0*7, 15 aprile (Estado, Leg. I19l) fo, 3i7.34j) ^ ^ doD ^ ornando de Gonzaga. de la culpa que se ]e n°S c,"^° vn su-vo a juslificarso con muchas razones de Genoua v •>«;«-a }7n,PUtaua de bauer ‘eoido ynielligencia del includo ) «JSSIStldO Ine J* r-Dese, corno de la n • lesc0) y 0,ras cosas assi de lo Roma- ne Fiesco, viniendo "nSIOn ^ue l'ene a I°s dos lugares que eran del condo siempre mostrado a nu °D<^Ulr ' encari‘?er la aficion que tenia y hauia y oy'reuiniientos que Se^lllL,io, a,ar£aDdose en esto con tanlas palabras el tan seruidor nuest .SU'a "°° reP6Iir,0S>00 dexandose agrauiar que siendo dimos, quanto a l^dlj] Cm,Ìt° * seraeÌante cosa;* nos le respon-que esto se pensase " ^ ^ ^ ,0 ^ Genoua> flue no se deuia marauillar conde de Fiesco h ' ^ ^ m,Smo Confessa“a que Ottohone, hermano del harta ocasion para ° eS'a^° llintas boras comunicando con el, que era han querido dar a em ■ 7 P I I apa con la euidencia de la andata in persona, la eslade passata, del detto Conto a Roma, et li ragionamenti del Cardinal Farnese et altri auuisando ^. M. che ancora adesso Scipione fratello minore del detto Conte si tiene a Roma residente in casa della marchesa di Massa; il quale può essere intrattenuto a diuersi oggetti, come V. M. prudentissima meglio di tulli saprà considerare, essendo già pochi giorni che fu chiamalo a Roma, et non si di- ( 151 ) mostra, se non che va di notte secrctamenlo accompagnato da ministri del Papa medesimo; el le galere sono pagale ai solito, non obslante stiano nel porto, et quello che si auanza del soldo va in beneficio delli Fieschi, et li danno anche le entrale del borgo di Valdetaro et di Calettano (’). DOCUMENTO XCV. Relazione in cifra del Figueroa a Cesare, con cui lo informa come l’impresa di Montoggio abbia avuto cominciamento, e come in Genova si procede alla riforma del Governo. 1547, 10 maggio (Estado, Leg. 1379|, fol. 22) En la empresa de Montoyo se entiende; y antayer, domingo, se comengò la bateria; y se les han quilado algunas defensas de las quales hazian darlo a los del exercito. Es el silio tau dificultoso, por respeclo de los montes y valles, que con gran dificullad se ha podido piantar el arlilleria lan cerca que pueda hazer el processo que haria si estuuiese mas gerca; todauia se atiende a batir, para ponelle en terminos que se le pueda dar assalto. De lo resultado darò auiso a V. M. De lo demas que toca a esta ciudad, no se haze mas de lo que screui por la de xxi ('), sino que los ocho diputados entienden en la reformacion que paresce conuenga para la pagificagion y quietud desta ciudad; mas hasta agora no han declarado ninguna cosa mas de lo que entre ellos passa, lo qual comunican con el principe Doria, el qual me ha dicho que quando serà tiempo se declararà, y que lo que no quisieren hazer de voluntad que lo haran de necessidad. Yo creo que el spera a ver en lo que para lo de Montoyo, y la vuella aqui de las galeras de iVapoles, que han de venir con la nueua de don Fernando, y podrà ser que llegassen a su mismo tiempo las de Espalla con la gente, con lo qual se podria hazer de manera que no huuiesse ulteragion. De lo que en elio se delerminara darò auiso a V. M. (’) V. Documento LXXXV. (2) V. Documento LXX. C 152 ) DOCUMENTO XCYI. Sumo di relazione del Gonzaga all’imperatore, circa il feudo di Pier Luca Fieschi. 1547, . . . maggio (Estado, Leg. 1191, fol. 161) Que se ha tornado ynformacion mas diligente quo so lia podido sobre el feudo de Pietro Luca Fiesco, y que se trilla, que aquel no tiene cosa subjecta al sacro Ymperio, y que todo lo que se puedo hager contra el es proceder a priuagion del preuilegio ymperial que tiene; lo qual so pondrà en execution enfiandolo V. M. a mandar ('). DOCUMENTO XCYli. relazione Ltta dall agente di Spagna in Roma al Granvcla, sulle cose di Genova e le continue intelligenze de) Farnese co’ Fieschi. 1547, 8 giugno (Estado, Leg. SCI, fol. 62-63) •Las cosas de Genoua estan en los terminos que V. S. tiene entendido. El Hanciscode Grimaldo llegò alla a los xxin de marco, y el principe Doria mostrò, segun lo que escriue, mucho conteniamiento de que se le buuiesse remitlido. Los de la Republica juntauan ya su gente para espugnar el castillo de Montoyo. ( ) In margine è questa postilla: ■ Serà menester que venga esto masparti-cular con memorial sobre que se pueda hazer la commission, para priuarlo del priuilegio que dife, pero que, por lo que despues se ha cntendio por la via de Genoua, le hizo llamar y detener en el castillo, y auisè dando nota dello al embaxador Figueroa, para que de alla embie relacion authentica de lo que es ynculpado ». ( 153 ) Entiendeso quo los do Fiosco tractan y tienen yntelligencias con algunos de la ciudad, de que so ha dado auiso al Principe y al embaxador Figueroa, para que esten sobre si, y ob^ien al designo y andamientos de aquellos. Con todas las justificàciones que el Duque de Castro ha dado de la impu-tacion que se le dio por las cosas passadas, no so dexa de entender que todauia comuuica y fauorece los do Fiesco; y el principe Doria por otra parte escriue que del hombre que interuenia en el tractado de Genoua, supo quo S. S. y cl dicho Duque eran participes de algo, y aun el Rey de Francia; lo qual se confirma por cierto decifrado que se cayò en Roma a un agente del dicho Conde por donde se coligo harta appareucia dello. DOCUMENTO XCVI1I. La Signoria notifica a Cosare la resa di Montoggio. 1547, I l giugno (Estado, Leg. 1579, fol. G9) Sacratissima Cesarea Catholica Maestà Conforme all’ordine e mente della M. V., si cominciò per noi l'impresa di Montàggio; la quale per essere il castello fortissimo e situato in luogo aspe-rissimo, è stata molto difficile e costosa. Ma, per ubbidir prima a quanto venne da quella comandato, e per importare tanto alla quiete di questa Repubblica che si distrugesse; nè spesa grossa nè diflicultà tanto grande se ne presentò, che portasse alcun indugio a dar principio c seguire, sino a questo giorno che è piaciuto a nostro Signore Iddio darcelo in le mani, e farci di quello vittoriosi. Di che ne sia Sua Diuina Maestà per sempre laudata. Como è debito nostro, ne diamo alla M. V. raguaglio, acciò che aggiungendo questa al cumolo di tante satisfazioni che li dà Dio, delle quali (come n’hanno portato sommo giubilo) sempre ne l’hauemo ringratiato, possa rendergliene gratie. Il quale si degni, tultauia prosperandola, conseruar lei in sanità e sotto I’ hombra delle sue ali la Chrisliauità in pace. Da Genoua, alli xi di giugno del xlvii. Di V. M. humili et deuotissimi seruitori Duce e Gouernatori della Repubblica di Genoua Ambrosius. I ( ‘54 ) DOCUMENTO XC1X. Il D’Olia avvisa Cosare della rosa medesima. 1517, H giugno (Estado, Leg. 1370, fol. i 18) Poi di molte difficullà el spese fatte per la expugnatione del castello di Montoio, è piaciuto a Dio che questa matina se sia preso a discreliono, et cossi resta preso hon numero di quelli tristi interuenuti nella scoleranno et tradimento passato. Domani se li mauderanuo dottori cl officiali di qui ad esaminai li, per vedere se si può ritrouar qualche altra cosa di più circa la pratica che già scrissi a \. M., et di tutto sarà auisata; et in appresso si attenderà a remediar et assicurar che per un’altra volta non possano seguir simili inconuenienti. La città sta pacifica el in la sua solila deuotiono verso il seruicio di \. M., et ogni di spero che se li anderà più confirmando. Mi ò parso far noticia a \. M. di questo bon successo, perchè son certo no hauerà piacere. DOCUMENTO C. Relazione del Figueroa a S. M. circa la stessa rosa con ulteriori osservazioni sulla necessità di provvedere ad assicurarsi delle cose di Genova. « 1547, Il giugno (Estado, Leg. 1379, fol. 225) S. C. C. M. A los tres del presente escreui a V. M. y di auiso en los tfirminos quo se hallaua la espugnacion del castillo de Montoyo, y corno se procedia de contino en la bateria. Despues los que estaban dentro demandaron seguro para - ( 155 ) platicar do acordio, y salicron fuera con los capitulos que demandauan, y los ymbiaron aqui para que so viesen y se determinase lo que se hauia de hazer; y siendo mucho a su vantajo no paresciò de concederselo^, sino que se rindiesen a discrecion de la Senoria. Despues ellos condescendieron a que se le saluaso la vida a todos en generai, y que pudiesen salir con toda la ropa que pudiesen sacar acuestas, y las escrituras que tenian dentro, y tampoco se lo quisieron conceder por respecto del Principe; y andando en estas pla-ticas , los soldados forasteros, que estauan dentro del castillo, se apoderaron de un torrion que estaua comenzado a batir, y llamaron a los de faera, y asi entrò por alli una bandera del capitan Larcà ('); y Geronimo de Fiesco, con los demas que con el estauan, se retiraron a la ciudadela y se rendieron a dis-cricion, y asi estan guardados para que no se pueda yr ninguno; de manera que todo se ha acabado con ayuda de Dios bien, y corno conuiene al seruicio de V. M., pacifico de esta ciudad y satisfacion del Principe, porque ay dentro algunas personas que se hallaron en la muerte de Juanetin Doria, contra los quales se procederà por justicia, y que sean castigados segun su dilito. Yo creo, que esta Republica querra acabar de derribar del todo aquel sobre-gueso, y el Principe està ^e esta misma opinion. En lo de la juredicion y algunos vasallos que bay, no sè lo que el Principe determinarà con ellos. De Io qual darò auiso a V. M ; y de una manera o de la otra serà necessario que tomen la inuestitura de V. M., pues les ha becho merced dello. Agora que es acabada esta empresa de Montoyo, y que el principe Doria se balla con las armas en las manos, porque la mayor parte de la gente que està sobre Montoyo depende del, es necesario que se reformen la cosas desta ciudad, y se establezca la guardia que es necesaria para conserualla y mantenella en quietud y a la deuocion de V. M., porque si esto no bay, poco aprouecbaria la reformacion sino huebiese fuerzas para hazella guardar, antes danaria porque haurà mas descontentos que sin ella; y asi lo he acordado al principe Doria delante de don Fernando, que ha estado aqui; y si se pudiese encaxar aqui Augustin Spinola, tiengo por cierto que podriamos estar con seguridad, y especialmente mantener siempre esta ciudad en seruicio de V. M. Si yo viere camino abierto para podello encaminar, barello, sino dexallo para que V. M. y el tiempo lo gouierne. El dicho Augustin Spi noia ha seruido tanto y tan bien, que todos le son obli-gados; y seria razon que se le diese parte de la auctoridad, que seria conueniente debaxo de la precminencia y auctoridad que tiene cl principe Doria. Y Nuestro (’) Lercari. ( 156 ) Seiior aumento y ensalce el soberano Estado de V. M., con acrecenlamicnto do muchos reynos v seiiorias. De Genova, a M de Juuyo de doi7. De Vuestra Sacratissima Catholica Cesarea iMagestad muy umil vasallo que los imporiales pies y manos de V. M. besa Gomez Suarez de Figueroa. DOCUMENTO Cf. Altra, più circostanziata, dello stesso al Principe Filippo. 15i7, 11 giugno (Estado, Leg. 1379, fol. 2G1) Muy alto y muy poderoso Seiior. Assimismo dì auiso a \. A. de los terminos en que quedauan las cosas del castillo de Montojo ; y el mismo dia que despaché el correo para V. A., recibì cartas del generai Augustin Espinola de los vi deste, y por ellas me auisaua corno los del castillo hauian embiado filerà a vn tanbor, para demandalle saluo conducto para que dos personas pudiesen salir a tralar partidos, con condiciones que pedian por vn memorial que presentaron; y no siendo cosas conbinientes, no se las concedieron; y aunque despues las disminuyeron en nueuas demandas que hizieron, tampoco las quiso ageptar esta Seiioria, de manera que duraron estos tratatos y conuenen^ias desde los vi basta lo xr, que lo vnos y los otros se partieron desconformes, qucdando las cosas en el ser que primero estauan, con yntencion de proseguir en la bateria; y antes de comencarla, el generai Augustin Espinola bizo hechar vn bando junto al castillo, de manera que los de dentro lo pudieron entender, para que todos los soldados y personas que no se ouiesen hallado en la tray^ion desta ciu-dad y muerte del capitan Juan Doria, pudiesse salir libremente con sus armas y ropa, y por emon^es no hubo ninguno que se mouiesse, hasta que so co-mencò a continuar la bateria, y viendo los soldados forasteros que estauan dentro, el trauajo en que se hallauan, y que cada dia lo estarian mas, sin esperanto ninguna de ser soccorridos ni remediados, propusisron al coirle Geronimo todos los ynconuenientes que auia, y el partido que les hazia el generai ( i r>7 ) demandandole licenzia que so pudiesen yr; la qual no les quiso conceder el Conde. De alli nasgio entre ellos vna grande rebuelta, y los dichos soldados forasteros tuuieron la mano con los de fuera, y les dieron entrada en el castillo, de manera que el generai Augustin Espinola, corno persona de mucha soli’citud y recabdo, se arouechò de aquella ocasion, y en poco de espagio ocupò el castillo; y el Conde, y todos los demas que con el estauan dentro, se le ryndieron a discrisgion sin poderse saluar ninguno; y entendido por esta Se-iioria y por el Principe la tomada del dicho castillo, acordaron de embiar alla dos Ietrados para que los examinassen, por ver y entender si algunos otros desta ciudad auia ynteruenido con el Conde muerto en la traycion, y tambien se les dio comision para que hiziesen justicia de algunos que mataron al capitan Juan Doria, y assi lo han hecho. No sè lo que haran del Conde y de los demas, sino que van continuando en hazer sus exames y proceder segun su comision, de manera que las cosas quedan en estos terminos; y la vitoria se ha habido corno se deseaua; por lo qual sean dadas ynDnitas gracias a Nuestro Seiior, que no podia esperarse menos participando en elio el nombre de S. M. De lo que entendiere se haurà hecho en lo del examen, y en todo lo demas, darò particular auiso a V. A. Hallaronse dentro del castillo mas de CL hombres de pelea, y han quedado solamente cxvm, porque los demas eran los soldados forasteros, a quienes el generai diò licenzia que se saliesen. DOCUMENTO CII. Nota dei ribelli fatti prigioni a Montàggio. \547 , 11 giugno (Estado, Leg. 1579, fol. I8Ì) Lista de los que fueron tomados en Montojo. Il conte Jeronimo. Giouan Baptista Verrina. Gieronimo Manara. Yincentio Carcagno. Cesaro Borgognone. Gieronimo Garauenta. Cangia Lancia. Suo figlio. Raynone. Gregorio Terrile. Il Moro, staflìero. Il figlio del prete bianco. 11 barba di Bezagno. Lazarin da Caurile. Thomaso Alemano. ThadSo dal Borgo. Gioromino Torto, castellano. Giouan Baptista suo figlio. Baptista Ternano. Antonio, ditto lo Franco. Dominico da Lugar, stafliero. Spagnoleto stafliero. Giouani de Yareze. Giouani dal Borgo. Giouani de Castelnouo. Antonio dal Borgo. Altobello dal Borgo. Donino da Compiano. Bartholomeo da Montoglio. Giouanni da Torriglia. Giouani Martino Castelnouo. Laurentio dalla Croce. Giacobo da Torriglia. Gieronimo de Carexetto. Christopharo dal Borgo. Marcho Antonio dal Borgo. Simon Antonio dal Borgo. Benedetto de Vareze. Bartholomeo de Compiano. Ridolpho dal Borgo. Marlin de Vargo. Antonio dal Borgo. Augustino de Rocatngliata. Lazaro Molinaro. Moro di Auosso. Alexandro Torigla. Geronimo Grunara. Giouan Antonio Castelnouo. ( *58 ) Alexandro de Rocatngliata. Baliuelo de Carezetto. Capeleto do Montoglio. Tliomasin del Pozzo. Giouani Dapillo. Francisco Ricio. Paulo Cauagnaro. Gauriele Torigia. Lanfranco Carezetto. Matheo de Codogno. Domenediino Torrida. G D Bartholomeo Garbarino. Batollo Garbarino. Gasparo Bombarderò. ■ Maestro Rernardo del Segno. Nicolao Recrosio. Giouaui Antonio Garbarino. Dominico Ricio. Paulo Sauignone. Otauiano da Mulasso. Francisco de Santo Stephano. Antonio de Santo Stephano. Quilico dal Borgo. Bartholomeo Valdetaro. Giouan Antonio da Torrigia. Ghigioto da Propà (’)■ Sinjonino dalla Croce. Panthaleo. Fisconia. Abraam da Zerbi. Lansarolo Monteaguto. Guglermo da Bagnera. O cD Francisco Marraliano. Giriforte da Ternan. Paulo da Ternan. Giouanni da Montogio. Bartholomeo da Montogio. (’) Propata. Benedetto della Croce. Perciual da Lome. Antonio Granara. Antonio Fascinelo. Giouan Baptista Granara. Matheo de Granara. Damiano de Montoglio. Lucheto Montoglio. Baptista Montoglio. Pasqua! Montoglio. Giouani Montoglio. Benedetto Montoglio. Lazaro da Carpi. Marco Antonio de Montoglio. Michelin da Montoglio. Stephano da Montoglio. ( 159 ) Jacobo da Montoglio. Nicolao da Montogio. Baapista Granara. Simon Montoglio. Gasparino Montoglio. Baptista Granara. Angelo Maria dal Borgo. Andrielta delli Carpi. Gieronimo Montoglio. Perrello Montoglio. Jacobo Torrigia. Domenico Montoglio. Il Negro schiauo. Lorencin stafliero. Geromino Rocatagliata. DOCUMENTO CHI. Sunto di altra relazione del Gonzaga a Cesare, relativamente alla idea che si è di presenza formato delle cose di Genova, ed ai provvedimenti che potrebbero adottarsi in proposito. Richieste del cardinale Cibo, per avere il castello di Cariseto. 1547 , 42 giugno (Estado, Leg. 1194, fol. 175-176) Que hauiendo estos dias estado el en Genoua, y uisto la necesidad que ay de dar remedio en lo de alli, le ha parescido aduertir dello, no obstante que cree lo haurà hecho muy particularmente el embaxador Figueroa ; y de lo que compreehende de Adan Genturion, a quien hablò a parte, es conforme a lo que el principe Doria le declarò por Francisco de Grimaldo, que en su-stancia es dessear que se haga la reformacion del gouierno, y augmento de la guardia, assi por lo que toca à conseruarse en la deuocion de V. M. corno a la seguredad de sus haciendas ; y que quando vieseu que esto no bastaua, por no caer en olro caso corno el passado, eslan promptos para ( 100 ) darse libremente à V. M.; de que viene à recoligir que dessean viuir en la presente forma de libertad, y que quando esto no puedan sustentar, seran antes de V. M. que de ningun otro. Por lo qual el seiior Fernando juzga que el verdadero camino por el qual se ha de efTectuar el desino de V. M., es dexarles à ellos hazer, porque a la fin veran que siempre estaran eu manos de los populares, para que un dia los puedan saquear y hazer pedazos. Que, a su parescer, por V. M. se les ha de dar à entender que no juzga por bastante la guardia que tienen en aquella ciudad, para tener el freno a los del pueblo, porque si con esto ellos acresgientan el gasto de la guardia, no les bastarà despues el animo de desminuirla, por temor de perder las vidas; y que, siendo aquella tan gruessa, no podian sustentarla mucho tiempo, \ assi seran forzados de dar la fortaleza eu manos de V. M., y supplicarle qae les ponga justicia, y los gouierne en paz y sosiego. Qae ha entendido que el cardenal Doria era desta opinion con otros muchos de sus amigos, y que no ha sido oydo, porque el Principe y el no se Heuau bien, y que aunque hauia pensado de hablar sobrello con el dicho , Cardenal, para ver si podria sacarle alguna cosa demas, ha dexado de hagerlo, porque no pudiera ser sin dar sospecha al Principe, y ha tornado por medio de ofrescersele para la conciliacion entre el y el dicho Principe, y de dexar ordenado à un su confidente que en su nombre fuese à dezirselo, ailadiendo que, siendo el tan seruidor corno es de V. M., se marrauillaua de ver que en este alboroto de Genoua no le huuiesse hecho entender cosa alguna, y que le rogaua le auisase de corno el lo entendia, y si le parescia que aquel gouierno fuesse durable, y paresciendole no, que forma juzga que se hauria de tornar para que aquella ciudad pudiesse perseuerar en seruicio y deuocion de V. M.; y teniendo auiso de su respuesta lo darà à V. M. (')• Que aunque ha hecho diligencia, no ha podido entender a quien querra el Principe dar el cargo de la dicha guardia, pero que hablando el cou el embaxador Figueroa, a quien da mucho credito, se han resuelto en que el Principe no piensa diputar para este effecto persona alguna senalada, sino repartir aquella gente de baxo de quatro ó ciuco cabos que dependan del, y de quienes el sea en effecto patron, sin que le conuenga rogar aiiadir, ó se conozca que en aquella ciudad aya alguno que pueda mostrar tener credito sino el ; lo que no le desplaze al serior Fernando, pero querria que en caso (’) In margine si ha questa postilla: « En esto de Genoua no ay por agora que dezir, hasta ver lo que se haze en lo del gouierno y guardia, a que el Principe tiene ojo ». ( 101 ) que aquel muriese, hubiese dentro de aquella ciudad persona que fuesse soldado y dependiese de V. M, porque no le paresce que Adan Cenlurion seria solo parte para gouernar una maquina como esta, y que para remedio desto seria necesario ordenar à Augustin Spinola que ordinariamente resi-diesse eu Genoua, por que con su presencia, y con los amigo* y parientes que tiene muy aficionados al seruicio di V. M., y con las fuerzas que alli tendria, tiene por certo que en caso que el Principe- muriese, aquella ciudad cou este medio se manternia quieta y en seruicio de V. M. ('). Acuerda, corno ya lo tiene scripto, que el dicho Agustin Spinola no podria hazer la dicha residencia, siendo pobre y cargado de hijos, sin que V. M. le mandase dar algun entretenimento para durante aquella ; lo qual supplica sea V. M. seruido considerar corno cosa que tanto le importa. Que el coronel Augustin Espinola les scriuiò a los xi de Junio que aquella manana hauian salido los de Montoyo con la correa al cuello y à discrecion, y que el hauia tornado la possession de aquel castillo; de lo que ha recebido muy grande consolacion, por verlo fuera de las manos de enemigos de V. M. (*); en lo qual se remite a lo que el principe Doria screuirà, por que sabe Io harà mas cumplidamente. Que hallandose el en Genoua, el cardenal Cibo le embiò a rogar que le quisiese hazerle rendir el castillo de Cariseto, que lo hauia comprado el conde Fiesco de los dineros de la dote de su muger, sobrina del dicho cardenal, el qual le embiò para mas veridad el sumario de sus scripturas (5), que con esta viene rogandole, que pues su justicia estaua clara, que no se le quisiese negar, siendo el buen seruidor de V. M. , y que quando no quisiese hazer esto, le diputase juezes que liubiesen de ver su justicia sumariamente y de plano, corno la razon Io requiere, por tratarse de ynteresses de muger' y de un seruidor de V. M. qual el es; y que el senor Fernando no ob-stante lo susdicho, aunque le paresce justo por las razones susdichas y que no se pueda negar, no ha querido concederle ny lo vuo ny lo otro, sin sabiduria de V. M. A lo qual suplica humilmente maude embialle la resolu-cion de lo que en elio serà seruido que se haga ('). (’) Qui cade un’ altra nota marginale, così concepita. « Se haga en esto lo consultado del coronel Spinola, con lo del entretenimiento ». (2) In margine si nota: « Fuò bien ». (3) Altra nota a margine, rispondente a questo periodo: « Que por ser la cosa desta qualidad y respecto, que se deue tener a la consequencia que ter-ceros podrian pretender, se harà comision de justicia porque nanamente se vca y prouea cl negocio conio serà justo ». ( 162 ) DOCUMENTO CIV. II Figueroa significa a Cesare il risultato di una sua conversazione col D’Oria, circa l’assicurarsi di Genova. Espone su ciò le sue vedute particolari, o nuovamente insiste sulla destinazione dello Spinola. 1547, 19 giugno (Estado, Leg. 1379, fol. 243) Saera Cesarea Catholica Magestad. Por la que screui à los xi de junio ('), di auiso a V. M. del succeso de la empresa, y corno me parescia que agora seria tiempo que se tomasp orden en la cosas desta ciudad. Sobre lo qual despues he hablado con el principe Doria, el qual me ha dicho que se juiitaràn los Celio que fueron nombrados por la Senoria para intender en la reformacion de los Consejos, y que visto el lo proporna a los que gouiernan, y que si lo aprueuan que se attenderà a la exeeuQion dello, y sino que serà menester declararse, y hazerselo hazer por fuerca. Sobre lo qual, he considerado, y conosciendo los humores desta gente, no sè si seria bien que el principe Doria se declarasse con ellos en esla conyuntura que estan las cosas de Napoles alteradas, y tambien las de Siena, si seria bien remouer mas humores aqui, mayormente embiando las galeras a Napoles, y no hauiendo establescido la guardia que conuiene, ny determinado la persona que ha de tener cargo della, que son cosas muy hescesarias, porque sin fuercas ninguna cosa se puede hazer con vn pueblo, como este, tan libertado y de tantas passiones; y el Principe querria que toda la auctoridad quedasse en su casa, y por esto està suspenso en determinale V en lo que de necesidad se ha de hazer, porque en su succesion no ay persona en quien pueda saber aquel lugar; y demas desto, es menester que sea persona que por amor y por obligacion sea seruidor de V. M. Augustin Spinola està aqui, que ha seruido tambien alla, que el Principe y la Senoria han quedado muy contentos del; y si V. M. fuesse seruido, podria mandar screuir vna carta al Principe, que, paresciendole a el que serà al proposito que el dicho Spinola resida en esta ciudad gerca del, que se lo diga de parte de V. M. que lo haga, porque si por ventura succediesse cosa que I1) V. Documento C. ( ) faesse necesario que su persona fuesse fuera con las galeras, que quedasse aqui persona de quien el se pudiesse fiar en mi compaiiia; y si el Principe viniesse en elio, me paresce que seria mucho al proposito, para el seruicio de V. M. y quietud desta ciudad; y en tal caso V. M. seria necesario que me embiasse vna carta por miger Augustin, mandandole qae haga lo que el principe Doria le dixere y yo de parte de V. M.; la qual yo terne, y usare della segun viere que es menester; y para que el pueda estar aqui, es necesario que V. M. le ayude con algun salario, porque el no tiene tanto que se pueda sufrir aqui, y por esta causa està de contino fuera en vnos castil-los suyos. Y. M. ordenarà lo que mas fuere su seruicio que se haga en todo, y dello me mandarà dar auiso. De Vuestra Sacratissima Cesarea Catholica Magestad muy umyl vasallo que los ymperiales pies y manos de V. M. besa Gomez Suarez de Figueroa. DOCUMENTO CV. Lettera del Gonzaga a Cesare, sui preparativi militari del nuovo re Enrico II di Francia. 1347, 3 luglio (Estado, Leg. 4194, fol. 190-194) Sacratissima Maestà. Per le antecedenti mie scrissi a V. M. come delle cose del Piemonte non le haueuo fatta parola di molti giorni innanti, per esser passate assai quietamente , et come, per quello che andaua attorno fin’ all’ hora degli andamenti di francesi, si poteua credere che più loro fossero per istarsi a vedere quest’ anno, che per far mouimento. Nondimeno', essendosi verificata di poi, per auisi hauti hieri, la leua che ha fatta il Re de Francia di molte insegne di tedeschi, et saputosi di cerio le strette pratiche che esso tiene di fare leua di suizeri, tra questo ct tra il vedersi come le sue genti d’arme sono in ordine et ordinanze del paese, et che il nome che esso dà di fare questi apparati per assecurare la sua futura coronatione ha poco del verissimile, a^iulita al conclusione del matrimonio seguito tra Iloratio Farnese e la ha- ( 164 ) ai di Francia, et oltra questo il vedersi stringere mollo le pratiche tra I' 1- aPa 6t V8necian'J et a*tn andamenti che tutti fanno al caso, come ci milla scudi che per cosa certissima erano venuti questi giorni di . ° ^acenza Pei soccorso di Montobio, con ordine che la massa de Pi ir i S,_ baue>se a fai e nel Borgo di Yalditaro, luoco posseduto hora da cioè k U'°|! arnese 5 mi ^^itare del contrario di quello che ho scripto, r , ^ aD'"10 *°*° s‘a romper la guerra, et pensare che, quando ciò chi "orne0088] ■',(1Ua haU8nan° biso§no dell’aiuto et rimedio di V. M., per-3 G- ^ pa'ese' ^u' non s' trouano più di duemila et cinquecento nrpsVT °À, u1 Cent° Caua^’ cbe aPPena bastano per guardare li luochi di ,x ° 3 a ^raut*L^ nonché dalla forza. Oltra questo la M. V. sa come si 13 qui dl ari et d’altre prouisioni necessarie. ciò q110 ^UeSt° è delt° nic> DOn Percbè io creda esser bisogno, et per ., . *eu=a PLr cerl° che le medesime cose le sieno note, et in quella con-^ atione che conuiene; ma per far il mio debito, et per suplicarla, come la p ico umilmente, che, essendo così, voglia farmi rispondere et auisar di maniera queste cose ^ono per farsi da lei, et che prouisione ha pensato di ^ , perche io ne possa stare con l’animo quieto, non lasciando di dirle c quancl° i° veda che dette cose vadino continouando, il disegno mio è di linciai a fare fin al numero di quattrocento caualli, perchè come si man-Oono con poca spesa, così per in tempo di bisogno si fanno con dillìcultà. DOCUMENTO CVI. 11 Figueroa a Cesare accennandogli le condizioni di Genova e la punizione av' venuta de’ ribelli di Montoggio. 1547, 8 luglio (Estado, Leg. 1379, fol. 241 ) Sacra Cesarea Catholica Magestad. La cosas desta ciudad estan quietas, mas no assentadas y establidas corno seria menester, para que los animos de las gentes esten con la seguridad que conuiene, mayormente si Dios dispusiese del Principe, porque con su presencia sw sostiene en seruicio de V. M., que de su condicion e ynclinacion no Jo son, \ faltando el no pueden dexar de tornar a su naturai. ( 165 ) Haslagora no se lia entendido en la reformacion, assi por dexar acabar la empresa de Montobio conio por hallarse agora las galeras absentes. El Principe me ha dicho que, corno tornei), quiere entender en elio, y que si se pudiere hazer con buena volontad de todos que se harà, y si no que el lo harà hazer por fuerga; la qual, si fuese possible, yo no querria que se tentasse, porque no dura mas de quanto la fuerga les continue; mas, no pudicndose hazer de otra manera, es forca de tornar algun medio. Yo screui à V. M. lo que me occurria que seria bien screuir al Principe, que si le parescia que seria bien entratener al coronel Augustin Spinola, que lo hiziese, y lo mismo digo agora; mas es menester que V. M. lo manda escreuir de manera que no entre en sospecha, diziendole que en caso que liuuiese de salir personalmente con las galeras, que, si le paresgiere que serà bien, para la quietud desta ciudad, que el dicho miger Augustin quede aqui, que lo mire, porque V. M. se lo remite para que haga corno el juzgare ser mas al proposito del seruicio de V. M., y quietud desta ciudad y mas contenta mietito suyo; y desta manera pienso que el se determinarà en lo que huuiese de hazer, porque, aunque yo siento que el querria dexar esta auctoridad en su casa, no ay persona en quien queda, porque la succesion de Juanetin no es de edad ny persona; al hijo de micer Adam Genturion ha empleado en sus galeras en su lugar, que, al juizio de los mismos, no tiene persona ni experiengia, sino que a falla de otros, y por no tener de quien fiarse ha encogido aquello por lo mejor. En el castillo de Montoyo se tomo Hieronimo de Fiesco hermano segundo del conde y vn ciudadano desta ciudad, Baptista Verina y otro, Cangalanga, Baynon y otros, algunos de los quales hastagora no hauia determinado lo que se hauia de hazer por hauerse rendido a discregion de la galera. Sobre lo qual han estado en muchas opiniones ; alfm han determinado que se haga justigia dellos, para lo qual es ydo el potestad desta ciudad à Montobio para hazer la execucion. El dia que se rindieron corlaron las cabegas a quatro; el vno era el camarero del Gonde, que se llamaua Vicencio Calcaneo, y los otros dos estaferos y otro, que se hallaron en matar a Juanetin Doria; y esta justicia no hizo por orden de la Senoria, sino que Dominico Doria, que estaua alli por comision, lo hizo; lo qual se cree que fuè por orden del Principe, que de otra manera no se atreuiera a hazer vna cosa corno aquella. De lo qual han hauido algun mal contentamiento en muchos de la ciudad y de los del pueblo, por hauer procedido fuera de los terminos de la justigia; y por esto ha hauido mas confederados en la justigia que han determinado de hazer agora aunque hauia tan justa causa para elio no falla quieu los quiera saluar si pudiese. ( 166 ) DOCUMENTO CVII. Risposta del principe 'Filippo'al Figueroa. 1547, \\ luglio (Estado, Leg. 1579, fol. 59) No tenemos poco conteutamiento de entender Io qae dezis de que Ia quietud dessa ciudad se continue, y qae la empresa de Montoyo vaga addante. Auisar-nos eys de Io que mas en elio succediere. Teniendo scripto esto, hauemos recibido vuestras cartas de xvn y xxv del passado, y agredescemos os mucho el cuidado que teneis de auisaruos de Io que se entiende, assi de S. M. corno de otras partes. Del buen succeso que ha tenido lo de Montoyo holgamos mucho, y de que essa Repubblica estè con la voluntad que dezis de castigar los culpados que se hallaron en la reuolu-cion con el conde de Fiesco. Las listas que nos embiastes se regibieron, y sy por aca apportare alguno dellos, se harà la diligencia que conuiene para que sean presos, como S. M. lo ha embiado a mandar. DOCUMENTO CVJII. r eltera Figueroa al Principe Filippo, per notificargli che giustizia fu dei ribelli di Montoggio. 4547, 20 luglio (Estado, Leg. 1379, fol. 42) las precedentes mias he dado auiso a V. A. corno el caftillo de Mon-SG aU'a torna^0j y embie relacion de los que se hallaron dentro (’), y s que esta Senoria auia desterrado, que se hallauan absentes (2), y hecho 3 a de los presenles, segun Ia qualidad y delito de cadauno. Despues (’) V. Documento CII. O V. Documento LI. ( 1G7 ) esta Senoria ha sentenciado a muerte al conde Geronimo, hermauo del muerto passado, y al Verrina y a otros; la qual sentencia fue exeeutada. Y assi continuaran en Io demas que se huuiese de hazer de los que se hallaron en este tratado; y han hordenado que la dicha fortaleza de Montoyo se aliane por tierra, por todos buenos respectos. DOCUMENTO CIX. II Figueroa notifica a Cesare le confessioni fatte alla Signoria da Giambattista Verrina, e le rivelazioni di Raffaele Sacco. Rivalità fra i D’ Oria e gli Spinola, circa la preminenza nelle cose del governo. Notizie di Pier Luca Fieschi. 1347, 30 luglio (Estado, Leg. 1379, fol. 239) A los vni del presente screui a V. M. todo lo que occurria en estas partès, y dixe corno se hauia hecho justicia de Hicronimo de Fiesco, hermano del conde de Fiesco, y de Baptista Verina, y de otro que se lamaua Hieronimo Cangialanca, sin otros quatro que primero se hauian degollado y ahorcado, y otros condemnados en galeras, y otros estau presos, que se procede contra ellos. YTo he procurado saber lo que el Verjna hauia confessado, que era la persona con quien el Conde se hauia alargado mas sobre este negocio; y dize que el Conde hauia platicado este negocio inucho con el Rey de Francia, el qual le promettia de dalle seis mill ducados de prouision cada ano, y ginquenta langas, y la orden de Sant Miguel, y que su pensamiepto era de tornar la mayor parte de los gentiles hombres, despues de haber muerto al principe y Juan Doria, y tener la ciudad à deuocion de Francia. De lo del Papa no dige niuguna cosa; mas un doctor que se Dama el Saco, que fue el principal deste tratado, que es de Saona, y se liuyò aquella noche en la galera que se fuè a Marsella, y agora està en Turin, ha embiado à dezir al principe Doria que el Conde hauia platicado con el duque de Plasencia, cl qual le hauia of-frescido de ayudalle y socorrelle, y que quando el Conde fue à Roma el Papa le hauia dicho que holgaua de conosgelle porque haNaua en el todo lo que hauian dicho, y mas, y que lo que el Duque su liijo le hauia dicho se haria, y mas, lo que el pudiese, y que pues el principe era viejo, y podia viuir poco, que no consintiesse quo otro tubiesse mas autoridad que el en esta ciudad; y assimismo dize que la capilulaciou que se hizo con el ( 168 ) Rey de Francia fuè por medio del cardenal Fernes, la qual le embiò fir-mada con un cauallero de la orden de Santjago, que se Ilama el cauallero Esfondarà (’)• Re mas desto ha dicho que Esteuan Espinola, seiior de la Roca, hauia oflrescido al Conde que si el queria hazer vn Estado Adorno, que el seria el senor aunque el otro tuiuesse el nombre, y que para hazer esto meyor hauian procurado de hazer cabos a Augstin Espinola y Bernabe Adorno, y que el Conde le hauia respondido que pensaua que burlaua, que si lo dixera de veras el lo dixera a la Senoria; lo qual hizo porque no se fìaua del, por ser gentil hombre, y por no perder los otros del pueblo con quien tenia hecho el concierto; y asi hauia quedado esta platica deste auiso que el principe Doria tiene. El qual ha quedado tan sospechoso y geloso d estos Espiuolas (2), que aunque yo le he dico que este dize esto por ganaile la voluntad, y porque vee que los otros que sabian la verdad de Io que passaua son muertos, que no se puede aueriguar la verdad, no dexa de estar muy sospechoso, y pensar que esta platica de Adorno procede destos gentiles hombres Spinolas, y aunque ella no seria en deseruicio de V. M., por la pasion particular que ay entre la casa Spinola con Doria, no le apla?.e; y considerando esto, me ha parescido acordar à V. M. que en lo que tengo scripto por mis cartas de la guarda desta ciudad en la persona de Aguslin Spinola, que V. M. no scriua nada al principe Doria sobrello, porque seria acrescen-talle mas la sospecha que tiene, y crescelle del lodo; y aunque el no aya de pensar en cosa que sea de seruicio de Y. M., todauia es mejor tenelle contento que no desdenarle, y ver si de suyo verna a conoscer que es for-gado poner aqui una persona que sea seruidor de V. M., y entre tanto estar a la ventura de lo que Dios hiziere, lo qual se conseruarà con el buen sue ceso de las cosas de Alemania. En Lombardia està vn Pero Luco de Fiesco, seiior de un lugar que se llama Creuacor (3), el qual era uno de los que tractaron este concierto entre el Rey de Francia y el Conde, el qual es feudatario de V. M. Creo que si don Fernando le mandase llamar, y le detuuiesen en el castillo, que se sabria toda la verdad de lo que ha pasado, y de lo que agora de nueuo se trata, porque nunca faltan platicas. (’) 11 cavalieie Foderato. V. Documento LXX. (*) Una nota marginale rispondente a questo periodo dice: « Que en esto de los Spinolas se terna aduertencia, y assi usarà de la carta de crencia despues quando vera que serà a proposito ». (s) Altra postilla a margine, così espressa: « Que de esto auise a don Fernando, y de acà se le escribirà ». ( 109 ) DOCUMENTO CX. Lettera in cifra del Figueroa, che manda a Cesare il testo delle rivelazioni del Sacco. 13 47, 6 agosto (Estado, Leg. 1379, fol. 2) Con esta embio a V. M. una relacion de auisos que ha dado aquel doctor Saco que era el familiar del conde de Fiesco, con quien platicaua sus pensa-mientos, el qual se huyò con la galera aquella noche, y agora està en Turin; y conio ha sabido que los que jusiiciaron le han condemnados, ha descubierto lo que dize a un amigo suyo, que de aqui ha ydo embiado para este efTeclo. Aunque el lo diga con intencion de ganar la voluntad del Principe, si pudiesse, se puede creer todo lo que dize, y mucho mas que dexa de dezir la persona que dize que vino a hablar al Conde sobra que se hiziesse un Estado de Adorno para Esteuan Spinola seiior de la Roca, que por otra mia screui ('). EI no tiene autoridad ni subieto de persona para hazer lo que oflrescia, sino que con mano agena pensaua de venir a su designo, y mostrar que sin miger Agustin Spinola, ny los otros de su parte, se podia remouer este gouierno, y pues el lo platicaua con el Conde, no pensaua sostenello con la protegion de V. M. y a su deuocion. Esta gente es tau apassionada, que ‘sus passiones particulares no les dexan ver y conoscer el bien que tienen; y si el Principe cierra el ojo, no puede ser que no aya algun mouimiento, corno por otras tengo scripto. IJios lo guie para su seruicio, y acrecentamiento de la gran-deza de Y. M. (’) V. Documento precedente. ( 170 ) DOCUMENTO CXI. Tenore delle suddette rivelazioni (’). 1547,...... agosto (Estado, Leg. 1379, fol. 3) Poi di ascoltatomi, I’ amico mi rispose essere pronto a douermi raccontare dal principio alla fine tutte le pratiche, maneggi, discorsi et effetti designali per lo conte Giouanni Luigi fino al giorno di quella scelleragine, per quanto è venuto a sua noticia, credendo però poche pratiche habbia mouuto che non li siano state publicate dal detto Conte. Dice che il primo anno che monsieur di Langey venne in Piemonte, cominciò a tentare esso Conte di accordarsi col Re, col ■ mezzo di monsieur Pietro Luca Fiesco signor di Crauacore; però, hauernelo alcuno de’ suoi ret-teuuto con ragioni efficaci, e fattoli conoscere la grandezza di S. M. C. in Italia, et la sua poca autorità in Genoua con la grande del signor Principe, che aresigaua perder il tutto, il quale perso, et scoperto da essi francesi non r 6^h in Genoua la autorità che da alcune persone poco considerate era stata depinta al Re, che non ne farebbono poi conto alcuno. Al che parue assentisse, et leuò destramente mano dalla detta pratica; non mancò poi, de lì a qualche tempo, il Pietro Luca di nouo in molti modi prouocarlo a detta pratica, alla quale con la sua mala inclinatione fu facile di nouo inchinarse, et con tal opione, per intrar a seruitio de francesi con più reputatione, saltò caldissimo sopra la compra delle galere. Successe poi la sua andata di Roma, in la quale, per quante» il detto amico intese all’ hora dal detto Conte, il Papa li disse rallegrarsi vedendolo, e conoscerlo per quello che gli era stato dipinto, et crescerli l’affetione. Per il che era sforzato anchor lui dirgli quello sapeua hauerli anche detto il Duca suo figlio, che il Principe era uecchio, et che egli doueua attendere a non restar •ui nè lasciar la casa sua soggetta ad altri, et che in tal caso, sempre che gli accomodasse, oltra le forze del Duca suo figliolo, gli offeriua anchor le (1) Una somigliante ma anche più circostanziata relazione, con diverse lettore del Sacco medesimo, pubblicò già l’Olivieri in appendice alla Congiura di Gio. Luigi Fieschi descritta da Lorenzo Capelloni; Genova, 1858. ( 17! ) suo. Et dico il delto amico il medesimo Duca già haui'r dette le medesime parole al detto Conte, et I’ ultima vota che esso amico fu a Piacenza, mandato dal Conte, diele disse anchor a lui, che Io douesse ricordar ' D ; al delto Conte. Quelle' parole delle dal Papa mossero assai il Conte, e li fecero voltar molte cose in la sua fantasia; il Cardinal Triuultio per l’altra mano, in secreto, Io strinse assai con offerirgli parlili molto certi el grandi per parte del Re, il che Io indusse a resoluersi arriualo che fosse a Genoua, et datone parte a qualche amico suo. Et così, giunto che fu a Genoua assai presto, chiamato il cauallero Fodrato, si rissolse di pigliar partito con francesi, et così fatti li capitoli et sottoscritti alli xxi di nouembre, li dette al detto cauallero, che douesse concluderli in Roma col Cardinal Triuultio. Espedito il detto cauallero, sopragiunse il Verina, al quale il detto Conte disse il tutto; e tra loro designarono poi il scelerato tradimento, essendoli proposto dal detto Verrina che poteua restare signor et hauer dal Re la protetione, et così dal Papa et dal Duca suo figlio; et con tal presuposto mandò dietro in posta a reuocar il pachetto con la capitulalione che portaua il cauallero Fodrato. Non mancò il detto amico (per quanto dice) dissuaderli simile disegno, dicendoli che sempre ha ueduto alle cose grandi impedimenli non considerali, soggiungendoli che non credeua la cosa tanto facile, considerando che in ristretto tutta la sua fede et speranza consisleua in fede di popolo uano et uilano el che ogni poco........ (') contrasto che rilrouasse, egli ne potrebbe ; con molta vergogna et biasimo di tutto il mondo, restar disfatto, et che simili cose et di tanto momento non erano da risoluersi così facilmente ; nò però si bastò, con la praua inclinatione che haueua, remouer il detto Conte dal suo tristo pensiero; et così alli xxu di ìjouembre restò conclusa quella nefanda congiura, con disegno di amazzar il Principe, il Capitano (s), messer Adan et tutta la nobiltà di condilione, et fra tanto che si andasse considerando la forma, attender a dissimulare, secondo il solilo, cou lutti, benché il detto amico si presupone certo, a qualche segno veduto da lui, che dall’ altro canto il delto Verrina, con altri capi popolari insieme, douesse poi uccider il detto Conte, per non voler star soggetti a così empio tiranno, et abhorrendo per natura a tutta la nobiltà. Non stettero molti giorni, che una mattina una persona (3) andò a rilrouare il detto Conte, cl li disse che se uoleua si potrebbe far un Stato di Adorni, C) Guasto. (5) Gianettino. (3) Stefano Spinola, di cui si parla nei Documenti che precedono. 13 - I 172 ) del qu.de osso conte resterebbe patrone, hauenio assai più autorità che habbia mai hauuto .ilcuuo da noi in Genoua. A la quale rispose il dotto Conte che non saptua in qual modo ciò si bastasse ad eseguire, nò clic manco lui ui pnn-saua, et t Iil li dispiaceua tanto simil pratica, che quando auesse opinione si oue.se esecutaie che fusse certo che lo pubblicherebbe. Et subito, ritrouatosi uto onte con il Verrina et altri consapeuoli del designato trattato, li palesò i tutto, et si risolsero fusse iu proposito non dilatar più la esecutione, et Onandosi [ili tal elTetto- far un banchetto in Violata, fu detto al Principe andai a banchetti; et cosi uoltandosi molti discorsi si.... (’) alla concludici d'6 ^ ne^1Q^a Sce*erasa‘ne- Nè mancò il detto amico (per quanto egli L ii e di nouo al Conte lo temore che questo Verrina non disegni (uedendo ^ suo animo tanto mal inclinato contra tutta la nobiltà, senza essergliene mai ta mas» considerando Io que digo de Ia edad rlpJ f U° ^ *10 'l110111^0 Poaer ningttn ynconueniente, porque, demas ^ ° qUe cone Por 1ue podria subgeder de su vida, no quiero que se scusen con dezir mw ™ f > i . ^ y° *U1 oe parescer que no se pusiese en execucion 10 que el queria hazer. V M veil me ^ que en ^este mes quiere embiar vna persona a conv ° lL ^asla a°ora «lingar Ja causa sobre que, sino que, por ClU?S,; ^'enS° clue sea so*3re *a recompensa de los darios que regibiò, de J" 6 ^°S ^'en6S ^0D|le se 1® haga alguna recompensa, y tambien quiere ^ ^ ^U9ron en *a trayci°n- Por otra parte lie sido auisado que 'en er las galeras, viendo que los hijos de Juanetin son tam pequenos Y q muerto el Principe podria hauer mal recabdo en ellas; y quando esta reo quo no las venderla sino a V. M., y que para esto embiaua. Yo f raiè entendu si tiene tal yntencion, y de lo que supieredarè auiso a Y. M. DOCUMENTO CXIII. Altra del medesimo in cifra sullo stesso argomento. 1547, 17 agosto « ( Estado, Leg. 4579, f. 231 ) • Aver screui à V. M. lo que el Principe hauia consultado conmigo, y la determinagion que hauia tornado para el establecimiento de las cosas desta ciudad. Esta mariana me ha embiado a dezir que, despues que me hauia hablado, hauia pensado sobre el negocio, y que |le paresgia differirlo hasta consultallo con V. M., y que para elio embiaria a Francisco de Gri-ij>aldo, que es el que fue la otra vez, y tambien que lo consultaria con on I ernando, y que con mas maduro consejo se determinarla, pues el tiempo aua lugar a elio, de manera que lo que ayer escreui no se effectuarà. Yo reo que el principe Doria y que los que le aconsejan han hauido temor de po er la ciudad en poder de la gente del Duque de Florencia, y que esta Y o la causa principal de remouer la orden que hauian dado, y corno ( 175 ) el Principe es viejo, facil cosa es de remouelle, y no se puede contradezir ente-ramente a su voluntad, pues sin ella no se puede hazer nisguna cosa de Io que conuiene al seruicio de V. AI., y si se pudiese tener seguridad de la vida del Principe, yo seria de opinion que no se rernouiese ninguna cosa de corno està, mas viendo que todos somo mortales; y mas el Principe que esta en vispera de los ochenta arios, estas cosas no estan bien asi para el seruicio de V. AI. (’), y si el Principe y los que estan a par del quisiesen con-fiarse de los que son seruidores de V. AL, y establecer vna guarda buena y con la persona de micer Augustin, yo ternia que las cosas de aqui se conseruarian en el ser que estan, y a la deuocion de V. AL; y mas queriendo que todo dependa dellos, y que no parezca que tienen necessidad de ninguno, dubdo que estas cosas se puedan conseruar, porque, muerto el Principe, de su casa no queda persona que pueda conseruar la auctoridad que el ha tenido, mayormente que tienen por contrario al Cardenal y a su hijo, y Antonio Doria en lo secreto no le es nada amigo, y tanto mas no lo seria visto que el Principe dexa toda su auctoridad en micer Adam y en su hijo, los quales no son bastantes de por si para gouernar vn peso tan grande, y los que son seruidores de V. AI. hanse contentado de la auctoridad del Principe, porque conuenia al seruicio de V. AL, y por las qualidades que con-currian en el, que todas faltan en los otros. Demas desto, ay la passion principal entre los gentiles hombres y los del pueblo, los quales no gessan de contino de platicar con frangeses por medio de los que estan desterrados de de la ciudad, que todos son gentes del pueblo, los quales no tienen ojo a otra cosa sino a la muerte del Principe, y si pudiessen quitalle las galeras, lo harian, porque este es su desino, porque quitadas estas fuergas, ellos picnsan ser senores, pues es mayor numero, y no se puede compadescer que el hijo de Adam tenga el lugar que tiene. V. AL lo mandarà considerar todo, y resoluer Io que mas conuiene a su ymperial seruicio; y pues Francisco de Grimaldo va allà, serà bien que V. AL le dò a entender que los que son seruidores de V. AI. y se fia dellos, que tambien lo puede hazer el Principe, pues le seran obedientes y no ternau otro fin que lo que fuere seruicio de V. AL, pues este es el fin principal y del depende la conseruacion de su sucessiou. <* (1) Uguale relazione, alla stessa data, si ha pure al Gonzaga. Quindi soggiunge: « El (cioò il D’Oria) escrivirà a V. E. sobrello, seguii me ha dicho, y se vera lo que picnsa de liaccr, y con elio se podrà resoluer con mas fundamento lo que conuiene • (Estado, Leg. I379, fol. 247). ( i 70 ) documento CXIV. dottoro del Goi^rio1?! o) r.v., rono in nr . T ° er°a’ ^°r ^ene lstru,rJo circa Io cautele che occor-porsi 1 I'1*110 momento’ fl113113 si è la riforma del Governo da im- Dosf-ii 9 ,)0*)0l° riluttante. Voltato così il reggimento, converrà aVer bu0na &uardia per difenderlo e conservarlo. 1547 , 18 agosto (Estado, Leg. 1379, fol. 248) May Magnifico Seiior. iuaguiiico seiior. Hoy me han dado la carta de Vuestra Magnificencia de los xvi (’); y vist0 por ella lo que al seiior Principe parerge acerca del assiento de aquella Re pubblica, y la forma que piensa tener, a mi me paresce necessaria, poi que, corno ^ uestra Magnificencia appuntò siendo el seiior Principe de la edad qu es, toda dilacion que se enterponga paresge peligrosa, y tanto mas ìaui > corno V uestra Magnificencia me scriue, entendido algo desto algunos del pue , elio por- los quales pues estan escandalizados, no conuiene meter dilacion en e , que facilmente ellos podrian preuenir y desturbar no solo el desian , ^ tornando ellos las armas primero, disponer de la ciudad en lo que e de Fiesco quiso hazer, aunque quanto a esto no me queda que dezir, po no me paresge necessario. • •_ Lo de la gente que el duque de Florencia queria embiai à aP ^ mismo me paresce bien, porque viniendo de la mano aquel senor 0 cierto que serà fìel y buena. A una sola cosa me paresge qu^ se ^ ^ auertir, y es que se mire bien la quantidad serà a basianca, que, ^ ^ los del pueblo quisiessen estorbarlo, que se les pueda romper la ca^ez ^ bien; y aunque à esto y a lo demas se deue remettir a la mueba pru del seiior Principe, todauia, por ser esto lo que mas ymporta, > meQ0S desto nogocio, dizia que no se deuiesse mirar à mil hombres mas o ^ por hazer la cosa segura, porque, corno esto es luego de pocas siendo cosa que ne poco mas de ocho dias se asentarà todo ansi, me p que no se deue dexar de hazerlo con toda seguridad del mundo. (’) Le relazioni delle quali é cenno in noia a pag. 173 e 175. ( 177 ) Esto he querido apuntar conio cosa do mucha ymportancia, remitiendome al yuizio del seiior Principe conio dicho es; y despues de hecho tambien es necessario tener mucha consideracion a la gnardia que ordinariamente se haurà de tener alli, porque quando yo vine estos meses passados à esta ciudad, me paresge que el seiior Principe no hablaua que de nc hombres, la qual, a mi ver no serà bastante, porque, por lo que los del pueblo han hablado de pesarles esla reformacion, es gierto que por algunos meses soffriran esto de mala gana, y corno el gouierno se reduce a pocos, los que quedaran de fuera estaran sentidos dello, por lo qual se ha de creer que la parte que eslo quera estorbar serà mas poderosa, y la que a esto viene serà mas flaca, y si para hazerlo es yuzgado ser menester fuerza, no puede dexar de ser asi-inismo para conserualla; y por esto creeria yo que fuesse mas que necessario que la guardia que para quedar en la ciudad se hauia de tener, sea a lo menos de mil hombres. De eslo quanto puedo suplico à Vuestra Magnificencia esle rezio, porque mouer los humores sin poderlos dominar es mala cosa, y seria mejor no hauerlo hecho que hazerlo, para que se hubiese destragar en pocos dias. Tambien es menesler tener mucha consideragion à quien se hauia de encomendar esta guardia, para que en todos tempos sepamos que no haga de faltar en lo que serà la voluntad de la Republica en seruicio de S. M.; y porque veo que Vuestra Magnificencia lo ha apuntado, no dize sobre esto otra cosa sino que eslo me paresge punto muy suhstancial, y tal que no creo que ninguno serà mayor. Ni sobre esto me queda otra cosa que dezir, sino estar con mucho deseo que el effecto salga corno lo desea el sefior Principe y conuiene al seruicio de S. M. Lo que apuncta el seiior Principe de la gente que yo le he de embiar soto la carga del seiior Eslefan Doria, digo à Vuestra Magnificencia que esta es la primera palaLra que en tal negogio me ha sido hablado; ny el seiior Principe me ha mi dicho ny escripto quererse seruir de gente de aqui, ny del dicho Esteuan. Pero esto no haze el caso ya que yo lo se, porque de aqui no se faltarà a todo lo que serà menester para este effecto, y conuendrà al seruicio de su Illustrissima Seiioria. Lo que Vuestra Magnificencia ha apunclado sobre esto, es muy prudentemente de la zelosia que franceses desto podran tornar; pero, porque serà luego de pocas tablas, que no tan presto se empezaran à hazer la gente que veran el camino quo han de lleuar les podrà durar poco la sospecha. Pero, porque no se de que quantidad de gente se quiere seruir al seiior Principe, ny corno se han de hazer, ny con que dinero, si ha de ser embiado de alla ó que aqui se prouea para uoluerlo despues, suplico à Vuestra Magnificencia me auise dello ( 178 ) luogo, porque no sea en esto tornado tan de sobresalto, que la necessidad pu-diese ser causa de alguna dilagion la qual al negocio fuesse daiiosa. En lo de la persona del seiior Augustin Spinola no tengo que dezir, sino liolgarme mucho que el se haya de aliar en la ciudad quando esto se harà, porque, siendo muy buen seruidor de S. M. y de la autoridad en aquella ciudad, podrà seruir à mucho. Nuestro Seiior haga lodo se elfectue corno se conuieue al bien de aquella ciudad y seruicio de S. M. Esto que ^ uestra Magnificencia me ha mandado que le esciiua de mi paresger, lo he querido hazer luego, para que se pueda seruir dello si algo le paresciera bien. De Milan, a los xvm de agosto 13-47. DOCUMENTO CXV. lozione in cifra del Figueroa a Cesare, circa i suddetti disogni. Gli animi de -,cno\esi sono commossi per la troppa autorità che Adamo Conturione si e ai rogala. Quali cose potrebbero trattarsi da S. M. col Grimaldo; e quali dallo stesso l igueroa si trattarono col medesimo Centurione. 1547, 30 agosto (Estado, Leg. 1379, fol. 252) o A los xvii screui a V. M. y di auiso de todo lo que por aca seofrescia, } dixe corno el Principe hauia determinado de ymbiar por la gente de Fiorendo que hauia de yr a Napoles, y como despues hauia mudado de proposito, con dezir que lo queria consultar con V. M. quando vaya Francisco de Grimaldo, el qual dize que partirà dentro de cinco dias. Oy me ha embiado a llamar y dichome corno tiene diuersos auisos, asi de Morseli,i corno de Leon y de otras parles, corno franceses desinan de hazorse seiiores desta ciudad por via de traycion, la qual tienen concertada con los hermanos del conde de Fiesco, los quales son venidos en el burgo ^ al de Taro, con designo de hazer quinientos y sciscientos hombres, para o qual les han dado dineros, y que el duque de Castro les darà otros t ntos, y que con estos vernan a la puerta de Sant Este/fan que es la que otra \ez tornò el Conde, y que el pueblo se leuantarà con apellido de 'n‘ia ^ Adorno, y tomaran aquella puerla, y meter a quella gente, ( 17‘J ) y matar al Principe, el qual, aunque otras veces daua poca fee en lo que se le dezia agora lo cree, assi porque de muchas partes lo escriuen corno porque dize que la persona quo lo ha auisado no se lo hauria dicho sino tuuiese enlera noticia dello; y porque se conforma con otros auisos que ay que el duque de Castro ha embiado al burgo de Val de Taro, que era del Conde, a tornar la muestra a aquella gente, y les han mandado que no se mueuan de sus casas sino que esten aperceuidos para el segundo mandato; que se viene a confrontar con los otros auisos que se tienen, y junto con esto se ve el descontentamiento que ay en este pueblo de uer que Adam se quiera alribuyr toda la auctoridad, assi en ensenorarse del principe Doria, de tal manera que no tiene libertad para p^der hazer ninguna cosa que no sea por mano de miger Adam, el qual no tengo por gierto que por ninguna cosa aya de faltar a lo que fuere seruicio de V. M., mas el no tiene las qua-lidades que ay en el Principe, porque tiene obligados los hombres por los beneficios que del han regibido, y otros por temor, de manera que no se pudiera conseruar corno ha hecho, sino concurriendo en el las qualidades que tengo dicho. Como otras vecez tengo escripto a V. M., esto tiene necessidad de remedio, el qual no consiste en otra cosa sino en una buena guarda con una persona que sea confidente al seruicio de V. M., y desta Republica, para conserualla de contino en el seruicio de V. M., con la libertad que tienen, porque de otra manera no se podria entretener en el seruicio de V. M. sino con grand gasto, y de contino estariamos con la misma ansiedad que agora, porque aqui do hay castillo ny otra cosa en que tener speranga, sino en las fuergas con que se hallare; y pues el Principe embia a Francisco de Grimaldo para consultar las cosas de aqui. V. M. le podrà dezir que viendo en la edad que el Principe se balla que V. M. desea que en su vida las cosas de esta ciudad tomen asiento, assi por lo que toca a su ymperial seruicio corno por la conseruacion de la libertad desta ciudad, y por lo que toca a su sucession, y que V. M. no quiere Adornos ny Fragosos, sino conseruar esta ciudad en la libertad que la ha puesto, y que para que le ayuden a esta obra se puede fiar de las personas que son seruidores de V. M., espe • cialmente de miger Augustin, el qual nunca le salirà de su voluntad, y que pues V. M. se fia del, que el lo puede hazer, porque eslas reforma-ciones de que se tracta, no son las que han de conseruar la ciudad, antes la alteran mas, porque se hazen mas enemigos por quitalles del grado que tienen, de manera que son menester las fuerzas para que se obserue lo que se hiziere; lo qual, junto con lo que digo, serà a proposito para dispouer mejor las cosas de que se tratan y dar mas auctoridad a los que gouiernan. ( 180 ) Lo que se ha proueido de presente, es que hagan con toda diligencia qui-nientos hombres, y base scripto a don Fernando que los quatrocientos hombres que hauia scripto que queria embiar por aqui para que se embarcasen para yr hasta Liorna, y desde alli a Sena, que los embie luego cou toda diligencia, para que esten aqui hasta que venga la gente que'la Senoria ha mandado hazer, y en las puertas se poma el mejor recabdo que se pudiere, y el Principe mirarà por si, y yo barò lo mismo, y en lo que yo pudiere no fallare a lo que deuo al seruicio de V. M. hasta que no pueda mas. Verdad es que soy solo, y bay pocos de quien hombre se pueda fiat-. Teniendo scripto lo de arriba, me ha hablado micer Adam y dichome muchas cosas; y la conclusion fuè que su yntencion era que esla ciudad se conseruase a la deuocion de V. M. en la libertad que agora està, y que, quando esto no se pudiese hazer, que se pornia en manos de V. M., para que los gouernase, mas que pudiendose gouernar corno està, que era mejor, porque se tiene a todos, y de otra manera no se ternia sino una parte, y que seria menester hacer mucho gasto, y que el no fallaria ninguna cosa al seruicio de V. M., sino perdiese el seso, y que a su hijo y nieto los dejara tan obligados al seruicio de V. M., que auuque quiera no puede hacer otra cosa siuo seruir a ^ . M.; y cierto yo creo que lo harà por muchos respeclos, y por lo que le importa a el por su interese particular; solo nna cosa bay, cjue en vida del Principe se podria hazer con mas auctoridad y con menos auuentura, que no seria si el muriese; y esto- es lo que yo siento, y me dà pena que antes que esto se acabe el Principe no muera. -Alicer Auguslin Spinola es venido aqui, porque el Principe y yo le screuimos que viniese, porque cumplia al seruicio de V. AI. ( 181 ) DOCUMENTO CXVI. Lettera del D’ Oria al Gonzaga, per informarlo come i Fieschi abbiano, col-I’ aiuto di Francia e del Farnese, riannodate le fila dei loro disegni. Necessità di aver truppe, onde sventarli. 4547, 29 agosto (Estado, Leg. 1193, fol. 519) Yll.mo y Ex.rao Seiior. Risposi a V. S. Ill.ma sopra l’auu'so che la mi dette de la deliberatione fatta contro la persona mia, ciò che hauerà visto. Et come si parlasse di cosa mia particolare, non mi parse di riscaldar più la instantia de la presa di quel Domenico Spinola da ’Buzala, nè dela licentia di Nicolao Doria da quel Stato, dubitando che non mi potesse essere attribuito a passione. Però adesso che sono certificato de la venuta di Oltobone et di Cornelio Fieschi di Franza, con disegni di alcuna nouità in questa città con partecipatane et aiuti del duca di Piacenza, il quale non cessa di incitare et far lutto il peggio che può, mi è parso debito mio et seruitio di S. M. replicarle il medesimo, che sarebbe a gran' proposito facesse non solamente prendere il detto Domenico, che, come tristo, senza dubbio scoprirà de molte tristezze, massime per le pratiche di questa città, ma anchora il detto Nicolao, perchè hauendo macchinato stando qui, so che lo deue fare, et ne ho qualche noticia, più liberamente adesso che si troua fuora, et tanto più in questa congiuntura di detti suoi cognati; et tengo per fermo che hauendolo V. S. Ill.ma in le mani, saprebbe il tutto di ciò che hanno tramato et tramano, facendosi costui grande di poter disporre di molte brigate a modo suo. Et a V. S. lll.ma e prudentissima circa qjiesti due capi mi pare superfluo aggiungere altro. Et perchè di qua non si mancherà di star aduertiii, et di far le prouui-sioni conuenienti, le quali non si possano hauer così pronte in un tratto, supplico V. S. IIl.raa comandar che tanto più si acceleri la venuta di quelli -400 spagnuoli destinali a Siena; con ordine al capitano che, bisognando, s’in-trattenghi qui tanto quanto dal signor ambassadore et da me li sarà ricercato Il quale ne scriuerà anchor lui a V. S. lll.ma; et io hauerò poi cura di di incamminarli al suo viaggio, con il più breue et miglior espediente che sarà possibile El oltre l’interesse del seruitio di S. M., a me ne farà par- ( 182 ) licolar gratia, et tanto maggiore quanto più pressa li farà dare, dico in far partire di mano in mano quelli che si trouano più propinqui et più presto expediti senza aspettarsi tutti insieme; supplicandola anchora esser contenta dar bnona licentia a micer Stephano Doria, che possa venir qui almanco per un mese con qualche pochi fanti, che per l’allegata li scriuo procuri con ogni prestezza di far mettere insieme; et per giornata sarà V- S. Ill.ma auuisata da me di quanto si andrà scoprendo più oltre di dette pratiche. A la quale baciando le mani, ecc. Di Genoua, li 29 de agosto 1547. DOCUMENTO CXVII. 11 Figueroa al Gonzaga medesimo, sullo stesso argomento e sulle cose di Geno\a. 1547, 30 agosto (Estado, Leg. 1193, fol. 2*20) En este punto me ha comunicado el Principe ciertos auisos que tiene de Marsella, y de otras partes de cierto tractado que se trama dentro desta ciudad con fauor.del Rey de Frangia contra la persona del Principe, y de leuantar el pueblo, con los de Francia y Adornos; y para hazer este effecto son venidos los hermanos del Conde de Francia con dineros, paia hazer quisientos hombres, y que el Duque de Plazencia les darà otros lantos de su Estado, para que.se hallen de fuera al tiempo que se leuanten los de dentro, los quales tienen desinado de tornar la puerta de Sant Esteuan, corno hizieron la olra vez (’), y meter la gente por alli; y para confirmacion desto, se tiene auiso corno el Duque de Plazencia hauia hecho apercibimiento de la gente del Rurgo, y hecho muestra, y que no se parlan de casa sino que esten prestos con sus armas para el segundo mandato; y los hermanos del Conde estauan ally, que se affrenta y no con otro; y aunque el 1 rincipe suele dar poca fee a estos auisos, agora Io cree, y teme dello, porque pienso que deue saber mas de lo que me ha dicho, y platicando en el remedio, para estorbar que no puedan salir con su desino, nos ha parendo que el (’) Queste trame aveano di già i Fieschi pensate assai prima d’ ora ; come in ispecie lo attcstano i Documenti XLV1, LX e LII. < *83 ) mejor remodio, y mas presto, sea que V. E. embie aqui por camino derecho los cccc infantes que han de yr a Sena, con orden que hagan lo que el seiior Principe les ordenare; y, porque podria ser que se detubiesen en jun-tarse, les podria hazer ordenar que assi corno salen de cada compania assy caminassen; los quales se podran detener aqui siete o ocho dias, hasta tanto que passe este nublado, y que se hagan d infantes que se ha dado orden que se hagan. En este medio tiempo se proueerà las puertas lo mejor que se pudiere, y se starà con el mejor recabdo que sea possible. Yo no puedo creer que esta sea platica de Adornos, porque no se ligarian con frangeses para yr contra S. M. ; y si alguna cosa fuesse con el fauor de S. M. y ayuda de los Espinolas, en lo qual habran de entender los que son seruidores de S. M., lo que yo no creo por ninguna cosa, y si tal les passasse por el pensamiento, tengo por cierlo que lo haurian reuelado à V. E. o à mi. Verdad es que bay otros Espinolas que yo he sido auisado que tienen algunas platicas entre ellos, las quales, à lo que yo puedo ymaginar, no deuen de ser contra el seruitio de S. M., ny menos para mudar el gouierno,- sino para que en caso que el Principe muriesse no quedassen sugetos a otra persona que presume de tener la auctoridad que tiene el Principe, en lo qual terna mucho que hazer; y de qualquiera manera que sea, no estan bien estos desinos, y seria menester hazer una prouision, para siempre, y no estar cada hora con este sobresalto. Yo he accordado al Principe que es bien que embie à llamar a miger Augustin Espinola, assy lo ha hecho. V. E. no dexe por su parte de entender lo que passa, porque si esta es mezcla francesa, ella darà senal en todas partes. Lo que mas emenderò, auisarè à V. E. ( 184 ) DOCUMENTO CXVIII. Altra del Gonzaga a S. M. 1547 , 4 .o settembre (Estado, Leg. 1195, fol. 217) Sacratissima Cesarea Catholica Maestà. le mie precedenti \. M. fa informata di ciò che mi haueua scritto quella aSSJ^°re ^'8ueroa da Genoua dei nuoui trattati che si faceuano in il 1 i Cllt3/ et ^ *““» c^e haueuo risposto io a lui. Dipoi il principe Doria e y j,aSsad°re m* hanno replicato quel tanto che similmente vedrà la pei alligata copia ('), et per ciò che essi per rimedio presentano, et a °nt° omandano che io faccia camminare la guardia deputata a Siena dato'°r ^ C*Ue^a C'Ua’ ^8r 8^ett0 In ^ette C0P‘e contenul°- su^lt0 o or me che così detta guardia cammini, et segua in tutto l’ordine loro ; ra due gioì ni spedirò il conlador Giouanni Gallego, capo di detta guardia, alH es'mamente Per Genoua, con la inslruzione della quale mando copia o a questa, essendomi parso tuona occasione questa che al presente si ri.ee, di anteporre quella pratica del fare la fortezza nella città et darla mano di ^. M., per venire poi a poco a poco a’ suoi disegni, sì perchè esso si tratta del ben essere et de la quiete de la Repubblica, sì ancora rerc iè quello che io propongo è per parer mio et non per commissione di V. M. l o propongo con tanta modestia et riserua de la mente di V. M., che non può cenerar gelosia alcuna; et veramente se il Principe differisce, non ci è rimedio migliore di quello et per lo presente et per lo futuro. Di Milano, a lo primo di settembre del xlvji. Questa era già scritta, quando ne ho hauuta una dell ambassador Figueroa, in che mi auuisa che quelle cose non hanno l’alto fondamento che si pen saua, come credo che scriuerà a V. M. Di che io mi sono molto rallegrato. (’) Documenti CXVI e CXV11. ( 185 ) Nondimeno non ho però uoluto lasciar di mandar Giouanni Gallego, se non per altro almeno per intonare quella pratica di fare la fortezza. Del seguita V. M. ne sarà auuisata. Serrata alli n. Di Vostra Sacratissima Cesarea y Catholica Maestà humilissimo sobredissimo seruidor y criado Fernando Gonzaga. DOCUMENTO CXIX. Memoriale del Gonzaga a Don Francesco di Veamonte, legato a Cesare, circa le mene dei Fieschi. 1547, 1° settembre (?) (Estado, Leg. 1194, fol. 100) Potrà anchora V. S., oltre quello eh’ io scriuo a S. M., darle a bocca più particolar ragguaglio, che essendo io stato pochi giorni fa auisato di buon luogo, che li Fieschi teneuano pratiche molto strette et pericolose in Genoua con alcuni gentil huomini et populari, io ne feci subbito auuisati il signor principe Doria et l’ambassadore Figueroa, perchè potessero in tempo far le prouisioni necessarie, et star su gli auuisi per tutto quello che fusse potuto interuenire. Quali Principe et Ambassadore mi hanno risposto, che, per certe ragioni che 1’ Ambassadore mi scriue, non pareua loro che questo maneggio fusse con molto fondamento, et che non fosse da temerne, ma che con tutto questo non mancherebbono di far tutte le prouisioni opportune, et stare su gli auuertimenti che questi tempi dubbiosi ricercano, et al bene di quella città et al seruigio di S. M. si conuiene, come non mancherò dal canto mio di far anch’io, per inuesligare et scoprire i maneggi di costoro, acciò che, finché si ha tempo, si possa pensar di contraminar i loro disegni et che fra tanto ho voluto per mente di V. Su darne auuiso a S. M. perchè ella ne possa star con quella securezza, che questi signori le danno di quella Città. ( «80 ) documento cxx. y er°,a In'ia al* 1 mPGJ atore più minuti ragguagli circa i progetti de’Fieschi; S otl ica un colloquio tenuto con Adamo Centurione, da parte dei D’Oria, ribelli °St ^ ^tno'a> e tocca in ultimo della ripartizione de’feudi di quei 1347, 8 settembre (Estado, Leg. 1570, fol. 17) os xxx del passado screui a V. M., y dixe los auisos que tenia el Prin-. { °S lractados ^ue se hazian contra su persona y contra esta ciudad (’); . ^ua'es ’ P01 1° que el principe y Adan Centurion me dicen, tienen por to que fuò eonc.uido en Leon por parte de los franceses con los hermanos e onde que se elfectuasse, y que tenian personas que (les) hauian offre-d^ hazello, los quales hauian desinado que quando el Principe viene pa acio el jutuos-, que es el dia que el viene ordinariamente para el officio sindacador mayor, y viene solo con Adan, y dos o tres que le matarian, ) que en aquel tiempo llegarian los hermanos del Conde con mill hombres que hauian de traer por lugares y caminos que no fuessen vistos, y que los e entro les darian la puerta, y que entrarian con voz de viua pueblo, y està manera haurian la ciudad; lo qual hauia de dilìcultoso, aunque todauia pudiera ser que les saliera hecho por tener poca gente y no estar aqui las galeras. El Pi incipe y Adan me han dicho que speran dentro de seys dias hauer mas particular auiso de todo el tractado, y con quien tenian el con cierto aqui dentro, y que sabidose contarà de poner el remedio que conueniente paresciere. Entre tanto, corno scriui a V. M., se han pueslo hombres por puerta, y el Principe tiene c hombres de guardia de su per--^ua, de manera que està a mejor recabdo que no staua; y segun paresce desinio va faitando, porque un hermano del Conde que se Jlama Otobon, es tornado en trancia, y el Cornelio, que es el bastardo, ha quedado en el Luigo. liastagora, por Jos auisos que tenemos, no se siente nintnin mouimiento gentes por aquellas partes; yo creo que el desinio que tenian de fuera aya ialtado, y tambien el de dentro no les aya parescido tan facil____(2) mas c (’) V. Documento CXV11. (’) Guasto. ( 187 ) liazer como hauian pensado, specialmente hauiendo visto que se pone recabdo cn las puertas y eu Ia persona dei Principe, y se cresce de gente, y mas hauiendo llegado parte de los quatrocientos hombres que van a Sena con e contador Juan Gallego, que lleua cargo dellos por orden de don Fernando; que con ellos podemos estar seguros, mientre que aqui estuuieren. L'e lo demas que acerca desto se entendiere, dare auiso a V. M. El principe Doria embia a V. M. Francisco de Grimaldo, para dalle quenta de las causas porque no se ha essecutado lo que con V. M. se hauia consul-lado agerca del establecimiento de las cosas desta giudad ; que han sido causas legittimas, por las consideraciones que se han tenido de las cosas de Napoles y a no mouer mas humores de los que hauia. Agorà, viendo el peligro que passamos, assi de la muerte dei Principe como de algun tractado que se hiziesse por estos Fiesco con ayuda de franceses ( los quales desinan de contino sobre esta ciudad, y como hagan aparejo en los de aqui, que son inquietos como ellos y a todo Io que se les dize dan fee, procuran de tentallo, aunque sepan que el desinio no les ha de salir, por meter diuision en Ia ciudad), lo hegen. Yo desseo por el seruicio de V. M. salir desta agonia, y ver el remedio que el Principe da ; el qual, a mi ver, no basta, para asseguralle desta ciudad, riformar los Gonsejos, sin establescer primero Ia guardia bastante que se obserue lo que se reformare, porque con esto ayudarà, y sin elio alterarà, como otras vezes tengo scripto, por quitar una parte del pueblo de las preeminencias que agora tiene, que causa hazer mas enemistad entr3 los gentiles hombres y los del pueblo ; y sobre esta materia hè hablado oy con Adan, el qual me ha venido oy a hablar de parte dei Principe, porque yo dixe a Francisco de Grimaldo que pues yua a V. M., que era bien que fuesse resoluto de lo que el Principe pensaua de hazer, porque yo pudiesse screuir a V. M.; y por esta causa me ha venido a hablar, y me ha dicho que el Principe està en opinion de hazer lo que ha scripto a V. M. como vengan las galeras, mas que no puede dezir determinadamente lo que se harà , porque podria ser que agora tiene pensada una cosa, y que despues, tratando della, saliesse otra que fuesse mas al proposito dei seruicio de V. M. y pacifico desta tierra; que su pretengion es tener una vez las fuerzas en las manos, y despues pro-ponelles Io que paresce que conuiene al seruicio de V. M. y establescimiento desta Republica, que si lo harà como spera, y sino que se lo harà hazer, y que el dexarà esta ciudad de tal manera que Y. M. sea siempre seiior della; y discurriendo por la materia, y diziendole yo que no podriamos tener seguridad sino era temendo una gruessa guarda y con persona de confianga, u ( '88 ) pues no liauia castillo en està ciudad para tener a esta gente, me respondiò que la guardia era necessaria, y que sin ella no se podria estar, quo la persona que tuuiesse el cargo della, que ereya que mientras el Principe fues»e viuo que V. M. no le quitaria esta preeminencia para dalla a otro. Vo lo respondi que \. M. no solo no le quitaria esta, mas que le daria mas auctoridad de la que tenia, y que lo que yo dezia no se enlendia que era para que el la dexasse, sino que de su mano nombrasse una persona que le fluitasse de trauajo. De manera que he considerado que no se contentarla do otra persona que no dependiesse dello, aunque el imbiò a llamar a micer Augustin Spinola, el qual està aqui hasta ver en lo que se resueluen estos nubhidos. En lo del castillo me dixo que, por auentura, era una de las cosas que podrian suceder cuando se tractasse del negocio, y que por auentura seria mas al proposito para esta Republica que otra cosa que V. M. le tuuiesse, para hazellos viuir pacificamente, y que ellos gouernassen la ciudad. Yo le dixe que quando eslo se hiziesse, que ternian por gierto que \r. M. no les quitasse la libertad, antes se la conseruaria corno hauia hecho, que esto no seria para mas de conseruallos en buona paz. Esto he passado esta manana con Adan; y yo soy de la misma opinion que siempre he sido, que conuiene tornar resolucion con breuedad, y si el Principe se contentasse de nombrar a micer Augustin, que seria mejor; mas contra su voluntad no es de hazello. Assimismo he sabido corno el Principe querria que los danes que ha re-cebido destos Fiescos que le fuessen pagados de sus hienbs, porque le paresge cosajusta; y sobrello ha dado comission a Francisco de Grimaldo que hable a \. M., suplicandole que le haga justicia y merged para los hijos de Juan Doria de la parte que queda fuera de PontremoI, porque en aquellos no habia, por hauer scripto antes de agora por don Fernando de Gonzaga, y tambien de Sant Esteuan por Antonio Doria. Fuera desto quedan el Burgo de ^ al de Tar, que tiene el Duque de Castro, y Calestan, quo tambien le tiene el por la seguridad de la paga ds las galeras, Ia quales tienen, y XI mil escudos mas que le hauia dado. Assimismo ay el castillo de Carisey, quo està obligado por xt mil scudos de la dote de la Condesa de Fiesco con consensu de’\. M. Ay otro lugar que se llama Torija, que es buen lugar, y otros dos que son entre los Spinolas, que se llaman Grondona y Garbana, con otras aldeas, los quales, hauiendo de disponer V. M. dellos en persona destas partes, yo no dexarè de supplicar a V. M. que tenga memoria do miger Augustin, el qual es verdadero seruidor de V. M., y en las cosas desta ciudad puede seruir niucho, comò siempre ha hecho; el qual està cargado de hijos, y dessea que todos acaben en cl seruicio de V. M. A la qual supplica humilmente mando agep- ( 189 ) tallo uno por page, para que desde agora comiengc a seruir corno es la in-lencion de su padre, el qual por ser bien nascido no podrù fallar a lo que deue; y yo lo supplico a V. M. de mi parte, porque conozsco que qualquier merced que se le hiziere, serà bien empleada en el. DOCUMENTO CXXI. Don Ferrante notifica a Cesare un colloquio avuto con l'ianccsco Grimaldo. 1547, 47 settembre (Estado, Leg. 1193, fol. 157) Sacratissima Cesarea Catholica Maestà. Francesco di Grimaldo passò questi dì per Milano, et di camino mi disse che tenea commissione dal Principe di communicarmi quello che portaua; et prima fu di mostrarmi un auiso hauuto di Francia, della forma che teneua il Conte di Fiesco del trattato di Genoua. Io gli entrai in quello pensauano di fare quelli del suo gouerno, visto che stando della maniera che stanno, è pericolo che un dì quel popolo o plebe non tagli a pezzi la nobiltà, et riuoltino quella città dalla diuotione di S. M. Mi rispose che il parer del Principe , et di tutti quelli che gouernano, era che riducendosi il gouerno al modo che disse l’altra volta il detto Francesco a V. M., et tenendoui per due altri anni una buona guardia, tieneno per certo che si viueria in pace, el che quelli della parte contraria si scordariano li rancori et male soddisfattioni in che sono di presente. Gli risposi quelle ragioni, che per instrutione mandai a dire per Gio. Gallego al Principe; alle quali non mi seppe rispondere, ma, ma-sticandose fra denti, disse che bene pensauano acconciare le porte della città di maniera che quelli che slessero dentro potessero star securi. Gli soggiunsi che questo non bastaua, perchè, ancorché potessero resistere per tre o quattro bore, non l’haueriano fallo per tanto che fusse venuto soccorso, et bisognaua che venisse dallo Stato di Milano. Mi rispose che haueuano ancora pensato far una strada coperta, che andasse dalla porla di S. Thomaso, che è quella del Principe, al balouardo di S. Giorgio, che è quel più eminente di tutti ; il quale essendo serrato per la parte della città come è, seruiria quasi corno un castello ; et mi soggiunse di più che teneua commissione di dir questo a v WV J asoe/tifi i C*10 ^Uando"0 0 paresse, che harebbe scritto a Genoua et là di dii il a. riSP°Sta ' Por c*10 mi fece credere che aaesso più commissioni io sa,!'! °JC mi ,ll1U9a de“e' 11 Che tUtl° 110 vo,uto ansare a V. M, perchè che^ ^ji ^ ^m - uitio i 11 per SICUra la vila de,,a nobilta > nò ]i suo seria snerm /|CIIta" St n0U S' ^one a^a P^ebe un ta* freno, che le sia tolta che Francesco' ^ haUendo risPosto a Gio- Gallego il Principe, sratI , rimj do darà tali ragioni a V. M. che ne restarà soddi- dere ‘h aU6D ° ^LU° 3 m° ^Ue* d‘ Grimaldo c'° che ha fatto, mi fa ere-atre che strmeendoln V nr il loro beneficio el che d, “ “ P" ^ cu i, / _ questa citta non ne possa hauere diseruigio, spero acciochè 00°*^ 'eU'16 ^ ^ ^ des‘dera> c^è vo,uto au‘sar > rhf> en 1 fU *• SU° P1 udent'ss‘ni° giudicio vi possa far quelle considerationi suole far m simili cose. umilmente le mani di V. M., et le prego et desidero ogni felicità. Di P'acenza, alli 16 di settembre 1547. Dl Vostra Sacra Cesarea et Catholica Maestà humilissimo y obedientissimo seruidor y criado Fernando Gonzaga. DOCUMENTO CXXII. Lettera di S. M. a D. Diego di Mendoza intorno alle galere del Fieschi. Gli manda le rivelazioni del Sacco. ^547, 19 settembre (Estado, Leg. 644, fol. j01 ) uanto a lo de las galeras del Conde de Fiesco, no se han presentado acà o na scriptura por donde conste que son de S. S. ny de Pero Luis; so-! , tG Se sa*Je flue hauiendo ellos recebido onge mil escudos, y oeupado Dr res que eran del Conde de Fiesco, se retienen juntamente las galeras (') Guasto. ( 191 ) con ocasion de la compra; y no serà sino bien que lo deys a entender assi a S. S., persistendo en lo que cerca dello os hauemos scriplo..... Por la relacion que serà con esta, la qual ha dadi' un doctor Saco famigliar intriuisico del Conde de Fiesco, que se saluò en la galera que se hugò a Marsella ('), y al presente se halla eu Turyn, vereis la manera corno se urdiò el tractado de Genoua, y los que interuinieron en el, con la intencion y actiones de S. S. y duque Pero Luis su hijo, para que lo tengais entendido y os aprouecheis dello donde y conio conuenga, y assimismo para que os informeys de quien es este cauallero Fodrato que andaua manejando el negocio, y si se le podria echar la mano. DOCUMENTO CXXIII. Il Gonzaga espone a S. M. quale sia veramente lo stato degli animi in Genova ; e quale ostacolo si frapponga alla effettuazione dui proponimenti cesarei. 1547 , 26 settembre (Estado, Leg. 1193, fol. 17-21) V. M. si ricorderà facilmente che, partendo io da Genoua, hebbi intentione da.......(’) che egli mi direbbe coufìdentemente tutto ciò che inlendeua de’ casi di quella città. Finalmente mi ha mandato un suo (3) a dirmi che ad aquetare Genoua, et tenerla quieta, egli non conosce altro camino che questo, cioè di metterai dentro un Vicario di V. M. con suprema potestà sopra il criminale, et con la guardia in tutto dipendente da lui ('). Io gli ho discorso che nemmeno con questo modo pare a me che si potesse tenere per pacificata Ge- (’) Questa relazione del Sacco noi l’abbiamo nel Documento CX1. (2) 1 vani che si riscontrano frequenti nel presente Documento, indicano altrettante parole scritte in cifra e prive di spiegazione ; alle quali nondimeno ci studieremo in parte di supplire. Noli amo intanto clic la persona dalla quale il Gonzaga tene1) promessa di siffatte confidenze era il cardinale Girolamo D’Oria, come rilevasi chiaramente dai Documenti CXXVII e CXXXII1. (5) Giuliano Saivago, di cui nel Documento CXXX1II si legge il nome. (*) Ciò avvisava pure il Figueroa. V. Documento LXV. ( 192 ) leuih h ° ^ &Uardia ^Usse di Poco numero et debole, non si sarebbe venta s Ta ‘ dÌ P°t6r tUm,iltua- 'l-^o voglia loro ne la città’Jn grn° nUmer° °* forle’ COine haberebbe ad essere, in quel caso mira destramente....^ n P°'a'bbe Soporlare nò tollerare la spesa. Et qui feci tutte Ip v j- Persuadendo che quello era il vero rimedio contra « buon 1.7“ I’’ CÌ“S- Sli riSP“ d" “ ' »“*■ “ ch“ — sia bene. j *”? eSSCIe sonomolti), giudicano il medesimo, et che per mia p,rte a '° ° 2COUPlima‘ ne^a opinione et lo pregai che tanto riferisse inclinali dii , . " ^ replicò che egli conosceua lai et i seguaci suoi ',Dal1 a,Ia medesima opinione. * 3f0 q ITI P ri'1 n che nortn 17 ' questo, et da quello che compresi dalle commissioni che se V M3"'?0 * GrÌmald°’ Diandat° 3 V’ M‘ dal P™CÌPe DorÌa > sistere nell ° anteporre al detto Principe questo modo......et per- Principe et PI°P°Sta' COme riuerentemente di nuouo le ricordo; perchè il chp _ "a01 Part‘s*ani sono quelli che lo disturbano. Quanto al resto, dico d me pare clip V ivi io p . . ‘ Possa sperarne quel buon fine, che tanto desidero auisarla del'0'0 ^ G*U'6te ^ an‘mo et delle cose sue. Et per ciò ho voluto intermissi & ^ Part‘co^arn;iente > supplicandola che acceleri senza cjJS ^ ' ternP° questo rassetto di Genoua, perchè costui mi afferma HaueuJ6^ ^ ma°°'0r Per*c°lo che sia stata ancora, et io glielo credo. , , D ° Su‘tl° S‘Q qui, seguirò dicendo quello che di più mi è occorso quest) ^ r SUCÌJette dl Genoua.......resta solo il desiderio.......Pertanto se di che io d 1°|r,,SIOnat0 et ra£ionerò più che d’altro, fin a vederla in quel grado D ;° 6SI Lr°’ et lo scn’uer mio le porterà fastidio, sia seruita ricorrere ne , °ne' 'aant0 P*ù metto in pratica le dette cose, et con quanti più cl P 3 1 D*° P*^ 'iene aflirmato quello che sempre ho detto io, cioè sotto ori °Uy'’ ^en(l° rimaner in pace, non possono far di manco di non . . . 3 ' ^7 et quelli che più mi confermano questa opinione sono li ce«p p1' senoues'J et d‘ geuouesi quelli che più inclinano alla parte fran- : - Ha VISt0 V- M* Per quello che di sopra ho detto come (*).......et cinp m e°|U lCln°n0 per......et ,0 desiderano. Dipoi hauendo il Prin- Jt° orn*n'co Doiia qui (5) a me, per veder se si poteua ritrarre cosa (’) Al castello. (a) Al Cardinale. (') Lo stesso Cardinale. (4) Per la fabbrica del castello. (!) In Piacenza. ( 193 ) alcuna da questo segretario di Pier Luigi sopra il imitato del conte di Fiesco, lio ragionato seco sopra di ciò; et egli ancora mi ha affirmato confidentemente il medesimo, in modo che si viene a cauare che solo contrasta al disegno......per cui consiglio in tutto et per tutto si gouerna....., et da cui è tenuto di maniera edificato, che non ò in podestà di veruno, nè anche dell’ istesso Principe, il trattar di questa materia con huomo che sia. Onde io mi sono pur smascherato con il detto Domenico, et 1’ ho pregalo che senza riserua et alla libera (et cosi mi ha promesso ; dica al Principe da mia parte, che il tempo et le voglie tutte sono accomodate et disposte a iar quello che V. M. desidera, et che io prego lui, che è di somma autorità in quel luogo, et che tanti beneficii ha riceuuti da V. M., a voler aiutare et accelerar quegli che non fussero tali alla risolutione de.....(’), rendendo così notabile gratitudine a V. M., comechè per sua mano segua lo accomodamento di quella città in seruigio di lei ; che, facendolo, V. M. si terrà obbligata a far maggiormente per lui et per la sua posterità, el la patria non meno di V. M., poiché altrimenti non è per acquietare nò riposare, mentre le voglie sono cose diuise et senza appoggio, et vicine a rouinare, le quali egli auerà unite, et appoggiate a V M., che e può et vuole sostenerle sempre. Non so quello che mi risponderà. Ne auisarò subito Y. M. ; la quale, facendo aneli’ ella gagliardo ufficio per mezzo di Francesco di Grimaldo, come le ho ricordato, porto ferma opinione, che di......Il che piaccia a Dio che....., (-) bisogno et pubblico et priuato di V. M. DOCUMENTO CXXIV. Dispaccio di Ccsaie al Gonzaga, circa Pier Luca Fieschi e l’ambasceria del Grimaldo 1547, 7 ottobre (Estado, Leg. H94, fol. 283-280) Pues por la ynformacion que se ha tornado contra el conde Petro Lutai de Fiesco (3), se balla que no tiene cosa subjeta al Imperio. Pareciendoos que todo lo que se puede hazer conira el, es proceder a priuacion del priuilegio imperiai, para que sea con la juslificacion que conuiene, serà menester que (’) Del castello. (-) Clic si faccia pel bisogno ecc. (3) Cifra. V - / embieys vn memorial particular de lo que contra el se hallo, sobre que so pueda fundar la comision para priuarle del dicho priuilegio; y entre tanto, por lo que despues se ha entendido por la via de Genoua, que las platicas y tractado del conde de Fiesco fuè con la ynleruencion deste, serà bien que embiandole a llamar con algun achaque, le hagays prender, y que estè detenido en el castillo de Milan, dandonos auiso dello, y noticia al embaxador Figueroa paia que de alli os embie relacion authentica de lo que contra el dicho Petro Luca se ha ynquirido y descubierto. Todo lo que nos haueis escripto en respecto de las cosas de Genoua, que ha sido con el miramiento y prudencia de que soleys usar en las otras cosas dista qualidad, se ha visto y examinado muy bien juntamente con la copia do la ynstruction que distes al contadot Juan Gallego, seguicndo la qual, y pareciendonos el vltimo medio que en allà se apuucta de la fortaleza el que mas conuiene para estar fuera de cuydado de lo de alli, junto con lo que dt^pues haueys passado con el criado del cardenal Doria y Dominico Doria, de mas de lo que colegistes de las platicas hauidas ultimamente con Francisco de Grimaldo, se ha pensado de hablarle aqui claro, y entender mas addante si trae otra comision para gouernarnos conforme a elio, porque hasta agora aun no ha tocado en lo de la estrada cubierta desde la pueita de Santo Thomas al Turion de Sanct Jorge, que pensaua hazer el Principe, ny en otra cosa fuera de lo que truxo a Vlma, que es la reduction del gouierno en menos numero y crescimiento de la guarda, sin dei^arar peisona que tenga cargo della, ny otra particularidad; y de lo que se resoluiese se os darà particular auiso. documento cxxv. Lcliepjj ]Q Clfr?ì fini T7‘ farà all' qv ]oU(ioa a S. M., dove enumera le proposte che il D’Oria noncip i lon0ria’ cssendo spalleggiato dalle armi di Milano e di Firenze, e dalle proprie galere. '1547, 11 ottobre (Estado, Leg. 1579, fol. 254) a . s XX Pasado escriuì a V. M., y di auiso corno el Principe esperaua lo r S^akras’ y *a venida de Francisco de Grimaldo con la resolucion de 9 L\ Se°U° C^° S0U0 i'er conlentarsi e far opera riuscibile nel parti* ' i w (°,rteZa ’ Gt °bu P0' se uedeua tanta dispositione di animi et di seraià' ^ 3 * aUt0nla so*° de* principe Doria si aspeltaua solo questo rileuante Denoti 1 aratltudine uerso S. AI., volesse non solamente aiutar, ma finir il "ata s' M ° *°dl^a Per Questa VIa tanto quanto per auuentura non è obbli-mulò d’ ^ 3 tr° SU° Seru'lore' Oaestl1 inuentione dei cento nobili gli sti-bocc I SOrtt" cbe Plu bora °e parlano come di cosa che ha loro chiusa la /etti 1 et| eUat° ^U°”° 3 ÌnduSlrÌ0Se di,ati0ni cbe erano Per dar a Per' da uer ne°°C'°" industriose dico, per la mira che hanno di obbligarsi ge C1° ‘^7 et ^ar^e ueudita di quello che col tempo bisognerebbe donarli. Qou che, bisogna pur comperarlo, essendo S. M. obbligata dal tempo che comporta che aspetti il dono; et questo è quello che mi fa stimolar quanto stimolo. Et rispuosero, non a la libera, ma fra i denti, che farebbono resolutione che sarebbe bona et stabile in seruigio di S. M., et che non haueuano tia^ miia, ma che bisognaua hauer il dolce da una mano et da l’altra lo acer o, che il dolce lo haueuano, et bisognaua usarne per pagar con esso gli appetiti di molti, et giustificare lo alto de la forza, quando si hauesse hauuto ^ ‘ i ìeurrere a quella ; lo acerbo non haueuano, et bisognaua aspettarlo, et erano galeie de le quali si uoleuano valere, in caso di violenza, per augumenlar e forze; et che hauendo consultato con S. 31., voleuano aspettar Francesco rimaldo. Questa è la industria a le dilationi, et il modo di voler vender caro a S. AI. quesia benedetia resolulione, poiché vedono di non poterla fugire senza meltei la città et le vite loro a manifesto pericolo. Et pare che il principe Doiia habbi grandissima mira et speranza, con questi modi, al rimanente e io Stato dei l’iesehi. Poi adunque si conosce la via facile el netta, et che blamente ha tanto del dificile et del fangoso quanto costóro vogliono, io sono di parere, et V. S. eh’è prudentissima so che concorrerà meco, che Al. si scuopra a la libera con Francesco de Grimaldo, et gli dica esserle occoiso questo modo de la forteza, non per leuar la libertà ai genouesi, la quale intende che sia sempre la medesima che è adesso, ma per assicurar la citta e sé medesima da innouationi, conoscendo aperlamente che di ]ue„te non puonno mancare se le cose di quella cillà si lasciano nel presente pericoloso stato; et voler queslo seruigio per mano del principe Doria, ne ha hauuti degli altri, et a lui hauerne lo obligo; et non solamente 4 sto, ma deue poi S. AI. con elfecto compiacerlo negli appetiti suoi circa tato di 1 iesco. \. S. adunque, che è degnamente nei primo luogo ap- ( 199 ) presso S. M., tenghi mano che ella faccia questa deliberatione col Principe e col Centurione per mezzo del Grimaldo, et insista con perseueranza fin al fine, che senza dubbio insisterà poco che le voglie sue saranno adempiute, perchè, coinè ho delto, il negotio ne porta seco la istessa facilità, et non gli contrasta se non lo appetito de’ due predetti. Ma sopra tutte sia V. S. aduerlita di dar loro interamente ad intendere che il pensiero et il motiuo nasca da S. M. sola et non da me, nè da nessuno altro, et che S. M. da essi soli et non da altri voglia questo seruitio, perchè il dar loro ad intendere che venisse da qua sarebbe un andar contra il disegno et rouinarlo affatto, per le mire et la gelosia pur tropa che hanno di me, per hauermi veduto caldissimo in questo negocio. Io mando a V. S. le lettere eh’ essi mi scriueano dopo il ritorno del Doria et mio, acciò più apertamente conoscendo esser vero quello che io dico, più sicuramente consigli S. M. con queste auuertenze. Alli xm di ottobre 1517 in Piazenza. Pos data. Sopratenula questa, et siando quasi il corriero a cauallo, mi è sopragiunta la qui alligata dell’ ambasciator Figueroa, per la qu^le V. S ve-derà come il principe Doria pensaua di dar principio a quella sua reformatione, diminuire il numero del Consiglio, et altri particolari che in essa se contengono; a la quale mi rimetto. Et perchè tengo questa cosa per la più perniciosa che si possa fare, per le ragioni che diedi per istruttione a Gio. Gallego, de la quale mandai copia a S. M., credo che il principe Doria acceleri questa eseculione, perchè quando S. M. metta bocca nel fatto della forteza, vorebbe tiouar il modo di replicare, dicendo che lo hauer diminuito il numero di quei del Consiglio fusse bastato. Io giudicherei che non fusse bene lasciar pigliar piede a questo modo di gouerno, ma che con quelle viue ragione che in detta ìnstruzione furono dette, et con quelle di più che a S. 31. et a V. S. occorreranno, S. M. col ritorno di Francesco de Grimaldo mandasse un gentilliuomo al principe Doria, dandoli instrutlione de le ragioni le quali fanno che S. M. non lenghi per durabile quello gouerno, per li riscontri eli’ io ne ho da le lettere di sopra accusate, et lo astringesse al fatto del castello, perchè con questo, et con sodisfarlo et compiacerlo di qualche suo interesse, credo certo che si disporrà a far tutto quello che S. M. comanderà. El perchè, come V. S. vederà , hanno trouato escusa che di presente non hanno il modo di poter far detto castello, mi par che a questo si debba rispondere che S. M. di mala voglia il farebbe essa, perchè non vorrebbe che in questo caso si credesse la intentione sua essere di soggiogar quella città ( 200 ) ma clic il più honorcvole per tutti sarebbe eh’ essi il facessero et lo dessero a S. 31., confidati in lei che hauesse da tenerlo per freno di insolenti et perpetuo stabilimento del gouerno ultimamente fatto; ma se pure insistessero et \dessero che S. 31. lo facesse fare per lei, per me crederei che la non potesse far spesa migliore nò di più gran profitto. Però sarà bene che S. 31. pensi sopra ogni cosa, acciochè non resti cosa da fare per metter in esecutione qui Ila che tanto conuiene al seruicio suo et a beneficio de li Stati suoi. Di Piacenza, a xm di ottobre 1547. DOCUMENTO CXXVIII. >unto di relazione dello stesso Gonzaga a S. M., riguardante Pier Luca Ficsclii. 1547, 25 ottobre (Estado, Leg. 1193, fol. 161) guanto al memoria! que se le pide de todo lo que se huuiere hallado ontra I ero Luca I’iesco, para proceder contra el a priuacion del priuilegio ipeiial que tiene, que es todo lo que se le puede quitar en aquel Estado, ize que yà ^. 31. habrà entandido del embaxbdor Figueroa lo que contra -e iia hallado acerca lo del tractado de Genoua, que en sustancia es que |uel se ballò en elio desde el principio al fin; y con esto dize que el diio Piero Luca l'iesco le ha promeltido de venir a jurar fidelidad a V. 31., } a -eruiile sincèramente y sin pension, y que se ha yà embiado a licenziar fianceses, y el seiior Fernando le ha prometido de recebi rio; por lo qual paresce que veniendo a seruir como dize, y hauiendo hecho lo que hizo conio pensionano de franceses, meresce menos pena C). ) M margine si nota. « s. M. tiene esto por bien ; pero si el tiene la jnjer ^ ('UC d*zc j se puede saber de lo que passò en el tractado y los que l0n n e'’ Por(Iue esto importarla muelio; y si el no quiere dezir, ' ^ n° se c,eo sin sospecha ; y cn todo caso no serà sino bien miralle siempre a las manos ». ( 201 ) DOCUMENTO CXXIX. Cesare al Gonzaga, alTrettando I’ erezione della fortezza. 1547, 27 ottobre (Estado, Leg. 119i, fol. 582) Al seiior Fernando. Por la de vii del presente (’) se os dio particular auiso de los terminos en que fjuedaua la platica de las cosas de Genoua , y corno se hauria hablado claro con Francisco de Grimaldo sobre la fortaleza, y porque assi esto corno lo que el respondiò, y consideraciones que nos mouieron a conformarnos con el paresger del Principe, y con que condicion lo vereys mas largo por la copia.de la carta que se scriue al embaxador Figueroa, que serù con esta (*), no haurà para que replicarlo; ny se offresce otro sobre este negocio, sino rogaros que teniendo buena yntelligencia y corrispondencia con el dicho nuestro embaxador, soligiteys y tengays diestramente la mano que se cnlienda en la dicha fortaleza, despues de assentado Io del gouierno y establescido la guarda conforme u lo que acà se ha dicho al Grimaldo, corno cosa tan necessaria para la conseruacion de la libertad de Genoua, y particular del principe Doria y de su casa. (’) Documento CXX1V. (2) Documento seguente. ( 202 ) documento cxxx. 1 sin di Cisoie a più lettere del Figueroa. Lo metto a parte di quanto fu tlato^col Giimaldo, circa la riforma del Governo e la guardia della città ; M’sando siffatti mezzi come insufficienti allo scopo d’ assicurarsi di Ge- Di'e°- tcncre sempre viva col Principe la pratica della fortezza, c ili quest u-ltimo intorno il comando della guardia suddetta. Riparto feudi di Fieschi tra la Repubblica, Andrea ed Antonio D’Oria ; assegnare:!'!]0 all° ^in°*a lln soPrassoldo mensile di cento scudi, con obbligo di nza in città, ed accettazione di un suo figliuolo come paggio alla Corto I ciiale. Altio assegno di 400 scudi annui al Grimaldo. Ragioni per cui non uol dare affidamento della succesione di un figlio di Gianettino nell’ ufficio t ‘ rotonotano apostolico, dopo la morte di Andrea. 1547, 27 ottobre (Estado, Leg. 644, fol. 128) Al embaxador Figueroa. li ^ Causa k'S Cam)nos y de *a '“dispusicion que despues de llegado aqui luci m°S tenid°’ ^ Operando la venida de Francisco de Grimaldo y reso-ou que se tomaria sobre las cosas de Genoua, ss ha dexado de responder a Ja agora a vuestras cartas de x - xxi de abril, x - xx de mayo, m - xi - xtx e junio, viti-xxx de julio, vi -xvi -xvtt -xxx de agosto, vm-xx de septiembre, h-xi de octobre ('). A los particularidades las quales requi-en respuesta, se satisfarà en esta, attento que ay muchas que por ser os \ sobre cosos ya passadas no haurà necessidod de locarla?, sino teneros en ^ io sei uicio el cuydado que teneys de screuimos tan continuamente y aui.sar odo lo que passa y se entiende de todas partes, que no puede ser mejor. Con la ultima precedente uuestra os dimos auiso de la llegada de Prandi. Grimaldo a esla ciudad (2), y corno se quedaua con el platicando lo Cl\J r\ilC! fra qUeSte lttlere S' l)ann° nci Documcnti xc,> xcv> c> CIV> cvr> il lor ■' e CXX. Le altre mancano; ma può argomentarsi del presente111110 00,11 riSI)°StC °,ie V1 Sl fanno> in Specie negli ultimi paragrafi la dati ri i 7 / 3 ''tlCra Cl'° f)0rtava (luest0 avviso, e che ci manca, recava del 7 °Uobre - rilevasi dal Documento CXXX1II. ( 203 ) qae tocaua al remedio y assiento de las cosas dessa; y para que esteys aduertido de todo lo que on elio ha passado, y resolucion con lo que buelue, se escreuirà aqui en sustancia con lo demas que por vuestra parte se hubiese de hazer, para que breuemente se ponga en efl’ecto. El cargo e ynstruciion que truxo el dicho Francisco de Grimaldo, corno haureys entendido del Principe y de miger Adam y del, fuè excusar prime-ramente la dilacion que ha hauido cn poner en execucion la forma del gouierno y guarda, conforme a lo que a nuestra partida de Ylma se resoluiò, que fuè por los impedimientos de la expugnacion de Montoyo y hauer durado aquella empresa mas de lo que al principio se pensò, las reuoluciones de Sena y Napoles, y absencia continua de sus galeras; y que ya que todo esto, a Dios gracias, estaua quieto, y lo de ay sin el recelo y sospecha que por lo passado, determinaua de no differirlo mas, y peDsaua reducir los del gouierno a menor numero, y establescer una buena guarda que estè debaxo de su mano, y con la superioridad en las cosas del gouierno que ya otra vez no quiso adjudicarse, facilitando la cosa, y assegurandonos que lo uno y lo otro se haria sin escandalo, y de manera que no subcediese ynconueniente; concluyendo al fin que esto era lo que mas conuenia, para que lo de ay estuuiesse seguro y a nuestra deuocicn; y que porque seria menester usar de la fuerga, en caso que de grado no quissiessen venir a la dicha reduction y augmento de la guarda, escribiessemos al Duque de Florencia que le accomodasse de mil infantes, y a don Fernando de Gonzaga de los que mas huuiesse menester. Tras esto, entrò en algunos particulares del Principe, de que abaxo se os darà noticia. Y considerando el peligro en que estan las cosas dessa ciudad de Genoua, y quan subjectas a qualquier nouedad, no se dando en ellas el assiento conueniente, assi por lo que toca a la conseruacion de su libertad corno de su deuocion en nuestro seruicio, y hauiendo entendido por vuestras cartas, y de las de don Fernando, lo que a ambos os paresce que seria necessario para que se pudiesse estar fuera de cuydado, juntamente con lo que se discurre, y muy prudentemente, en In ynstruction que el dicho don Fernando dio a Juan Gallego quando lo embiò a essa ciudad, y que, examinada y pensada bien la ymportancia deste negocio, no se vee que aya olro mas verdadero medio que el de la forlaleza, para que los de ay viniessen en pacitìcacion y quietud, y se quitasse la speranza a todos los reboltosos de poder alterar el pueblo, y assegurar el gouierno que el Principe quisiesse poner para in perpetuum, y que ya el tenia entendido por el dicho don Fernando lo de la dicha fortaleza, teniendo tambien aduertenoia a lo platicado 15 ( 204 ) entre vos y miger Adam, y a Ia intenciou qae lia mostrado en este negocio, juuto con Io que el dicho don Fernando comunicò con el dicho Grimaldo, quando agora ultimamente passò por Milan ('), y ha entendido dei cardenal Doria f), nos pareciò que se hablasse aqui claramente, dandole a entender que el verda-dero medio para assentar de una vez las cosas dessa ciudad seria poner una muy huena guardia, y hazer un castillo que estuuiesse debaxo de nuestra mano, para refrenar a los insolentes y tener la ciudad pacifica, pues no ua esto subjectarla, ny quitarle la libertad de disponer a su libre albidrio de sus rentas, officios y tractos, et cetera, sino solo para mantenerla en seguridad, como arriba està dicho. Y assi en esta conformidad hablaron muy largo con el dicho Grimaldo monsinor de Granuella y el Duque d’ Alba, en nuestro nombre, teniendo siempre por fundamento, en todo lo quo platicaron con el, que esto dei remedio se pretende para el bien publico y coniun de la Republica, y por obuiar a los ynconuenientes que de otra manera se podrian seguir, y aun por no hallarse otro ningun medio para guardarse de sediciones y tumultos, y que no torne la dicha Republica a la tirania de 1- rancia, allende de lo que toca al proprio y particular bien dei principe Doria, miger Adam y succession de su casa, para que tenga la auctoridad y credito de todo en Ia dicha Republica, y lo que siempre se ha considerado de las difficultades que se offrecian en la mudanQa deste gouierno, y el descontentamiento que ternian los que fuessen amouidos. Pero el dicho Francisco de Grimaldo, no obstante todo lo que en esto se le dixo, siempie se afirmò en Io mismo que hauia propuesto de la reduction dei gouierno y establescimiento de la guardia, con anadir que si esto no bastasse se podi ia despues proueer con mas facilidad Io de Ia dicha fortaleza, mostrando siempre no hauer entendido lo que el dicho don Fernando escriue hauerle apunctado de la fortaleza. A isto lo qual, y que querer persister en lo del castillo en desgrado y contra la voluntad dei Principe, que es por cuyo medio se haui ia de guiar, seria confusion y causa de acortarle sus dias, como el dicho don l’ernando lo ha tambien entendido del cardenal Doria'y de algunos de la nobleza por su medio, allende de lo que se ha entendido por vuestras ultimas cartas, que el Principe y micer Adam hauian dado ya principio a la platica de la reduction del gouierno y lo demas de la guardia, y se ele-gian ya personas de la ciudad para plalicarlo, y tambien que en todo caso e» menester proueer la dicha guardia, y assimismo considerando el tiempo (’) V. Documento CXXl e CXX11I. (’) Documento CXXVll. ( 205 ) ser tan addante, y lo que se ha appunctado por el didio miger Adam, que no se podria hauer tan presto el dinero con lo que se offresce désto de Pia -sengia, y que despues de hauer platicado una y dos vezes con el dicho Grimaldo , se ha firinado en que era menester proueer primero lo de la dicha reformacion y guarda, nos ha parendo, por no faltar a todo, responderle en esta sustancia. Que atento lo que al dicho Principe le paresce de la reduction del gouierno a menos personas, y establescimiento de la guardia de dccc hombres bien pagada , para que lo que se ordenase se obserue y ninguno se aparte para alterar la ciudad, y el lo balla por medio conueniente y facil para conseruarla pacifica, aficionada y deuota a nuestro seruicio, que, conflando de su prudencia y de la experiencia larga que tiene de las cosas de ay, no podiamos dexar de remitirselo y conformarnos con su parescer, ax'ia-diendo, corno expressamente se le dixo, que esto no se veya, corno todos nuestros seruidores lo dezian, que fuesse bastante medio qual conuernia, ny que desta manera de gouierno se pudiesse tener entera seguridad, afirmandonos que aunque esto se haga, despues de assentado el dicho gouierno e intro-duxida la guardia del numero de gente que arriba se ha dicho, seria necessario entender en el dicho castillo, corno cosa tan importante, y que al cabo no se podria excusar, assi por lo que tocca al beneficio publico, quietud y sossiego dessa Republica, y conseruacion de su libertad, corno por el particular del Principe, y que el y su posteridad queden en ella seguros de su auclo-ridad y credito para agora y para adelante, y que en esto no se deuia el Principe descuidar, sino que haciendose lo de la guardia y gouierno se pensasse desde agora y encaminasse lo de la dicha fortaleza, y esto solamente por la conseruacion, corno dicho es, de la libertad de Genoua y seguridad del dicho Principe, y los suyos; concluyendo que en esto no pretendiamos, corno es verdad, otra cosa sino la quietud de Ytalia, y que con nouedades que pudiessen acaescer en Genoua no succediessen turbulencias que fuessen en perjuicio de nuestros reynos, estados y seiiorias. Y el dicho Francisco de Grimaldo mostrando satisfazerse mucho de que, despues de todo examinado, se viniesse en lo que el Principe proponia de la dicha reduction del gouierno y guardia, respondiò que assi se lo referiria, assegurando que quando esto no bastasse, no solo se haria el castillo, pero aun lodo quanto mas quisiessemos, de manera que aquella Republica no dexasse de conseruarse en nuestra deuocion y seruicio, corno el Principe lo hauia procurado y veya que conuenia; y esto con tan grandes palabras y seguridades sobre su cabota y la de miger Adam y sus hijos, que no podian ser mas, anadiendo que aun en estos principios podrian succeder las cosas de manera que se viesse otro mejor ( 20G ) camino para nuestro seruicio que el de la dicha reduction, y concluyendo al fin que el Principe con la voluntad y afficion que tenia a nuestras cosas, y lo que nos deuia, junto con el desseo de ver aquella su patria pacifica y con toda quietud y sossiego, no pensaria en otra cosa sino en dexarla con tal assiento y forma,, y tan cautamente proueydo, que siempre se mantuuiese en nuestra deuocion y seruicio. A lo qual se le replicò de nuestra parte, fìrman-donos en lo que arriba està dicho; de lo qual todo os hauemos querido dar assi particularmente noticia, para qua esteys aduertido de lo que passa, y podays hablar al Principe en esta conformidad, dandole a entender con toda dexteridad, y con las razones que arriba se considerai que assentado el dicho gouierno e introduzida la guardia de los oehocientos hombres, pues se balla que no es bastante remedio, teniendose entre tanto secreto, se entienda luego en Io dicho castillo, y lo encomine por los medios que vera conuenir, de manera que se pueda dar principio a el Io mas presto que se pudiere, dando a entender, adonde y corno vieredes que mas conuerna, que de nuestra parte se ayudarà para la fabrica, y Io demas que serà necessario con alguna summa agora, sea del tercio o de la mitad del gasto, con que el dicho castillo se ponga en nuestra mano para la guardia dessa ciudad y conseruacion de su libertad. i porque de las palabras del dicho Grimaldo se comprehende claro que el Principe quiere tener la guardia de los dccc hombres debaxo de su mano, y ser cabeca della , y despues del miger Adam asta que los hijos de Juanetin sean de edad, no ha parecido conueniente hablar de la persona del coronel Spinola con el dicho Grimaldo por excusar la sospecha; y tambien porque, si la fortaleza se haze, entonces se podrà mejor mirar lo que mas conuerna; auoque si alìà quisiesse el Principe poner alguna persona de su mano, que le excusasse de trabajo y gouern&sse la gente, no seria luera de proposito que vos, corno de vuestro, y con la dexteridad que sabreys usar, mirasedes si se podria introduzir alla la persona del dicho Coronel, pero temendo siempre mucho miramiento, corno lo haueys tenido, de no dar desabrimiento o sospecha al dicho Principe. Y porque es bien que nos hallemos preuenido para todo lo que se podria olfrescer, serà bien que entre vos y don Fernando penseis y mireys Io que se haurà de responder y otorgar, en caso que, corno es verisimil, nos requeran de ayudar para la fabrica de la dicha fortaleza, y sostener la guardia de la ciudad en eslo medio, dernas de la prouision y guardia que serà menester para el castillo; porque veniendo esta platica en camino de elfecluarse, corno no lo dubdamos, siendo tan necessario, no se didiera la resolucion y folte ( 207 ) tiempo para consultarlo, pues en las cosas de tal ymporlancia la dilaciou es muchas vezes daiiosa y causa de ynconueniente; auisandoos que el dicho l'rancisco de Grimaldo ha hablado despues con ( ranuella, diziendo que era corno de suyo , sobre el enlretenimiento de la guardia, para saber si quer-riumos ayudàr para el gouierno della y de la dicha fortaleza a nuestra costa ; y le respondiò que, quanto a la guardia, parecia que la ciudad la podria sostener, por no ser el gasto tan grande, y tambien que no conuenia que se hiziesse a nuestra costa la dicha fortaleza, pero que se podria mirar de proueer de nuestra parte con alguna porcion. Y aunque conoscemos que para lo que el Principe ha de hazer en nuestro seruicio, quietud y beneficio de su patria, 110 son necessarios otros medios, todauia, porque con mas satisfaction encamine y effectue lo de la fortaleza, y para en recompensa de los daiios recebidos en su sangie y galeras el tiempo del tumulto dessa ciudad, le hauemos hecho merced de los lugares que eran del Conde de Fiesco y sus hermanos, con la jurisdicion y renta dellos, excepto Pontremol y Burgo de Valdetaro, que por algunos respectos se re-seruan para nos, y el lugar de Sanct Esteffan para Antonio Doria, assi por sus seruicios corno por hauer inlercedido por el el mismo Principe; a cuyo cargo ha de ser tambien de satisfazer y contentar a la muger del Conde de Fiesco, por razon de lo que ha de hauer de su dote, que se tiene assegurado sobre el lugar de Careoceto, conio vereys por la copia del memoria] y decre-tacion que serà con esta, tornando de nos la inuestitura del feudo, y prestando el omenage de la misma manera que los posseya y gozaba el dicho Conde de Fiesco defuncto y sus hermanos. De la persona del coronel micer Augustin Spinola , y de la aflìcion que en todo sucesso muestra a nuestro seruicio, tenemos la satisfaction que es razon, y assi holgaramos de mostrarselo en lo que por el nos suplicays de la vacante de los Fiescos, sino que se ha considerado que si, hauiendolo pedido el Principe en recompensa de los daiios recebidos, hizieramos alguna merced de alguna cosa dello al dicho Coronel, que, demas que no pudiera ser de momento no se disminuyendo mucho lo del Principe, fuera occasion de odio y mala yntelligencia entre los dos. Lo qual no conuernia en ninguna manera, tanto mas en este tiempo que se ha de excusar loda sombra de sospecha por lo que diuersas vezes haueys acordado en esta materia, y assi viendo que por agora no hay otra cosa que poder hazer por el dicho Coronel, hauemos acordado que consumiendose la pension que tiene en el Estado de Milan, de que 110 es bien pagado. se le den y paguen en cada mes cienl escudos de sueldo para ayuda a su enlretenimiento, y que rcsida en esa ciudad ( 208 ) P juo m. podria ofircscer; los quales Io scran ciertos, porque se le pa- 0 quando a la infanteria espaiiola y la olra gente de guerra ; y questos icnzen a correr desde principio deste mes de nouiembre en adelante; n,-(UjIO,n ^ de?Pa<‘h° de lo qual se le embiarà, en teniendo auiso de Ia I , pension que tiene senalada en .Milan y de Ia suma que della eue por lo passado, para que consumiendosele aquella, se prouea quu sea satisfecho enteraraente y con effecto de lo que se aueri-guare que se le deue de lo passado. teniendo assimismo respecto a lo que dezis que dessea, quo uno de sus ^ CllL cn nuestro seruicio, hauemos tenido por bien de recehille por P o 3 J podrà ponerse en camino para acà quando quisiere; y porque volunt jSUtU'm°S s<^amente en vuestra creencia, y dandole las gracias de la 1 . t0 ^ buen atnmo que siempre muestra en las cosas de nuestro seruicio, ^ ej o nuestra carta y hablarleeys en està conformidad, animandole que linue en Io de hasta qui, y que siempre ternemos memoria de hazerle merce , en la occasion que se offrescerà, como lo meresce. uanto a Io que dezis, que, en caso que fuere necessario usar de Ia ueiza paia Io que toca a Ia reformacion dei gouierno, os demos auiso de onde j como se haurà de prouelier el dinero para la paga de los dos mill ante*, que se han de traer de Florencia y el Estado de Milan, no se vee que aja otia forma sino que vos busqueys el que serà menester y el to-niejs a cambio, remitiendolo, pues serà poca quantidad, a Castilla al mas barato precio que se pudiere. Teniendo memoria de lo que nos escreuistes por Francisco de Grimaldo, } a afficion que muestra a nuestro seruicio, y para tenerle grato y que aga buen officio en Io que ay se ha de tractar de la fortaleza, le hauemos i -ho merced de 400 escudos al ano sobre las exlractiones de Sicilia. Lo demas que toca a la satisfaction de los creditos que se le deuen a ■‘cer Adam, se verà por la decretacion del memoria!; al qual podreys dezir lue holgaramos de tener forma para hazerle pagar luego de contado, pero lue le rogamos se satisfaga con el expediente que se ha tornado, y que en 0 demns de ay se muestre el que tantas vezes nos tiene oflrecido, y conuiene por lo que toca al beneficio publico dessa ciudad, corno particular suyo Y de su casa. Quanto a lo de Montoyo no ay que dezir, sino que fuè bien hauer subee- o assi y que se castigassen los delincuentes. pues hasta agora no se hauia el Principe declarado con los dessa Re- 1 en lo que toca a este castillo y los otros dos lugares do Vares y ( 209 ) Rocalallada, estareys aduertido en el omenage que dellos se ha de tornar, y que hau de recebir de nos la inuestitura del feudo, para tenerlos corno los teuia el dicho Conde de Fiesco defuncto. Fuè bien no hauer impedido la yda de los enibaxadores que essa Republica eligìo para el nueuo Rey (’), ny mostrado desconfianza dellos, senalada-mente no lleuando mas comission de la que nos escreuistes. En lo que toca a las diferencias que ay enlre la Marquesa de Massa y Julio Cybo su hijo (2), no ay que dezir, porque don Fernando de Gonzaga tiene comission nuestra de componerlas, y acordar las partes o administrarles justicia ; y no dubdamos que se concerlaran, pues la Marquesa ha dias que dexa de hazer instancia. No nos escreuistes si passò mas adelante el Principe en lo que los dias passados os preguntò de don Bernardino de Mendoga y sus hijos; y si fuè por lo parentado con los de Juanetin o con que fundamento. Quanto a las cosas de Napoles,pues ya aquellas estan sossegadas y el reyno pacifico, no ay que dezir, sino agradesceros y teneros en seruicio el cuydado y diligencia que pusistes en las prouisiones de gente, y lo demas que para elio se hizieron; que es conforme a lo que siempre mostrays en todo lo que se offresce de nuestro seruicio. Hauemos visto el examen de aquel doctor Saco que se hallaua en Turin, y holgado muy mucho de hauer por el entendido particularmente el fundamento del tractado del Conde de Fiesco, y los demas que entendieron en el manegio; el qual se guardarà pira su tiempo. Sobre lo de Petro Luca Fiesco, de que ya antes se tenia no buena yn-formagion, se ha scripto al seiior Fernando para que mire de llamalle a Milan con algun achaque, y que metiendole en el castillo os dè luego auiso dello (3). Vimos lo que passastes con el Principe Doria, sobre la reconciliacion del cardenal Doria, y la obstinacion que tiene en esta parte; por lo qual, aunque holgauamos que estuuiessen conformes, nos paresce que por excusar toda sombra e ynconueniente, segund que es sospechoso el Principe, y la satisfaction que en todo se le deue dar, que por agora lo dexeys assi, hasta (’) Enrico II di Francia. (5) Su questo particolare può leggersi fra gli Atti delle 1ili. Deputazioni di Storia Patria per le Provincie Modenesi e Parmensi, un’ accurata Memoria del canonico Francesco Musettini, intitolata: liicciarda Malaspina e Giulio Cibo. (3) V. Documento CXX1V. ( 210 ) ver si con lo que miger Adam os olfreciò y con el tiempo lleua camino de hazerles amims. Post dota. Porque de todo esteys aduertido, sabreys que despues de hauer el dicho Francisco de Grimaldo dado el memorial del Principe, nos suplicò de parte del Principe sobre el oflicio de Prolhonotario del reyno de Napoles que tiene en su cabeca, para que despues de sus dias subcediese en el el hijo de Juanetin Doria; y aunque se sospecha, por lo que se ha com-prehendido de sus palabras, que no lo traya en comission, todauia si allò seos hablare eu elio, podreys dezir que estos no son officios que se han de proueer en tan niilos, porque en caso que Dios dispusiese del Principe, y los hijos de Juanetin fuere de edad, que nos ternemos memoria de los seruicios del Principe y de los del dicho Juanetin. documento cxxxi. Cesare al Principe D’Oria. 1547, 27 ottobre (Estado, Leg. 644, fol. 141) Al principe Doria. A los mi del presente se os scriuiò vltimamente. Como haureys visto des- P s, se ha platicado con Francisco de Grimaldo largamente lo que toca a ciudad, y hauemos resuelto lo que de el y de nuestro embaxador enten- erejs, a los quales dareys entera fee y creencia, cerlificandoos que lo que a nos mueue no solamente es por lo que toca al beneficio generai dessa pu lica y seguridad della, mas aun por el particular de vuestra succession J casa, en qae no dubdamos que con vuestra prudencia y experiencia larga a cosas de ay, terneis el miramiento qae conuiene para que lo que vna , J assentare se pueda comprouar sin estar en la conlina sospecha y cuidado que hasta aqui. En lo demas que toca a vuestro particular y de los hjios de Juanetin I | ’ rcSPecl° a vuestros seruicios y a lo que perdistes en el tiempo li i a t0 dessa ciudad, os hauemos hecho la merced que entendereys del ma do, y de las tres aldeas del territorio de Montobio que aqui nos ( 211 ) ha hablado, siendo lan poca cosa, podreys disponer a vueslra voluntad, pues la merced que hizimos a essa ciudad de aquellos lugares fuè a vuestra su-plicagion, y para que se conuertiese en vuestro beneficio. El examen que nos embiò el nuestro embaxador sobre el tractado del Conde de 1* iesco, hauemos holgado mucho de ver, por entender el fundamento y medios que tuuo su designo, y las personas que se le fomentaron ; de que se embiò copia a nuestro embaxador en Roma ('), y se guardarà para su tiempo. DOCUMENTO CXXXH. Risposta del D’ Oria a S. M. 1547 , \ 5 novembre (Estado, Leg. 1579, fol. G8) Quanto al principal remedio che V. M. prudentissimamente ricorda per la sicurezza del tutto, ha da sapere che sendosi qui nouamente praticata et introdotta la noua forma di gouerno, con intelligentia et uniuersal satisfatene della città, mediante una più ristretta eletione d’buomini qualificati et interessati nel bene vniuersale, alli quali si ha da dar autorità, fra l’altre cose, di potere rilrouare forma al denaro, senza il quale, a voler pensare adesso non che eseguire effecto di momento, sarebbe metter in confusione il tutto; dico che mi pare non solamente a proposito, ma necessario, per douere peruenire più facilmente al sopradetto rimedio, lassar prima stabilire questi noui ordini, siccome ha da seguire dentro da Natale al più tardi, che dare alcuna alte-ratione; perchè se non reusciranno poi di quel frutto et sicurezza che V. M. giudicarà couenire, all’hora con più facilità che adesso si potrà mettere in esecutione ; et in questo mezzo non si ha da dubitar de inconuenienti, tro-uandosi la città rinforzata di presidii, et li suspetti mancati ( si può dir la maggior parte ) con questa noua reformatione, talmente che la dilatione iu questo caso non può portar suluo utile et auantagio grande, senza pregiudizio alcuno. Et d’ ogni successo V. M. sarà continuamente auisata. Nel resto non lenendo io più vita nò altro che già non sia dedicato et obligato al seruicio di V. M., et alle infinite gralie et mercede che s’è degnata (’) V. Documento CXXII. ( 212 ) farmi per lo passata, non so in qual modo poterli adesso rendere gratie con-uenieute a tanto fauore et demostratione che gli è piaciuto farmi, con la mercede dello stato dell’ infedelissimo et ingrato Conte de Fiesco, se non pregare Dio che suplisca per me secondo l’animo, qual sarebbe di vedere ricompensata la M. di summa felicità, et de ogni mio seruitio sempre ben satisfatta. Et cusì in breue inuiarò persona a procurare la expeditione delli nrinilpm documento CXXX1II. ^ In Ci^ia Figueroa a Cesare, annunziandogli come la meditata darl ma ^°'erno s*a slata deliberata, e come occorra di presente man-ad effetto. Difficoltà che si presentano per dar opera alla erezione della ^ tezza, e conferenze tenute col D’ Oria e col Centurione sopra tale pro- 1 sito. Con nuo\i elogi si esalta la provata fedeltà e devozione di Agostino Spinola. « 4547, t6 novembre (Estado, Leg. 1379, fol. 8) A los nueue del presente reciuì la carta de V. M. de los xxvn del passado, con 1 ’rancisco de Grimaldo (’), en respuesta de las mias de x, xxi de abril, x, xx may°, in, xi, xix de junio, vili, xxx de julio, vi, xvi, xvii, xxx de agosto, Vlì,} xx de setiembre, ii, xi de octobre. Despues haurà recibido V. M. la que escriuì a Jos xxi del mismo, en respuesta de la de Y. M. que me mandò scriuir a los vii del mismo, dandome auiso de la llegada de Francisco de Grimaldo, y corno se quedaua pia ticando con el remedio, y assimismo de las cosas que tocan a la quietud desta ciudad (2); y por la carta que me ha traydo e ^ - AL, y por lo que el me ha comunicado, quedo auisado de todo lo que propinò, dando razon porque no se hauia elFectuado lo que la primera vez uia consultado con V. AL ; y quanto a esto no ay mas que responder, pues es passado, y en effecto se tuuo consideracion a las cosas que al presente C) V. Documento CXXX. j Cosi la missna di Cesare del 7 ottobre, come la responsiva del Figueroa, in dala del 21, ci fanno difetto. V. nota 2 a pag. 202. ( 213 ) coneurrian por no reboluer mas humores, y paresciò que era mejor diferirlo conio se hizo. Agora he visto lo que se contenia en el cargo e instruction que lleuò, que era reformar los Consejos y tornar (mayor) auloridad en el govierno de la que hasta qui ha tenido, y que reduciendo el Consejo a menor numero se stabiliria una guarda conueniente, con que se pueda estar seguro de qualquier alboroto que los del pueblo quisiessen hazer; Io qual se harà sin scandalo y sin que succeda ningun inconueniente; mas que por buen respecto, en caso que no viniessen en elio por grado, era bien tener fuerzas para bazercelo hazer; para lo qual Y. M. le mandò dar una carta para el Duque de Flo-rencia que le embie mill hombres, y don Fernando otros dos mill, que es conforme a lo que V. M. ordenò la otra vez; sobre lo qual dirè lo que passa. En este tiempo que Francisco de Grimaldo ha stado absente, los Ocho que la Senoria nombrò para que viessen de moderar las cosas que les paresciessen que no estauan ordenadas para el buen gouierno, con la venida de las galeras y ver que el Principe no despedia la gente, y con lo que por mi parte platiquè con ellos y con algunos otros, assi de la Senoria corno de otras personas, entendieron en el negocio con mas calor, comunicando con el principe Doria; y despues de muchas alteraciones se concluyò, y passò por la Senoria con los procuradores, todo lo que se hauia acordado que conuenia, y principalmente lo del Consejo grande de los quatrocientos que se reduzga en ir(ecientos), de los quales se haga suerte corno se hazia, y que se hagan despues otros ciento.....que.....(’) estos quatrozientos se elijan por la Senoria otros ciento como mas particular( mente vera) Y. M. por la relacion que va con esta (°) ; el qual tenia cargo de hazer los Duques y senores, y tambien fa-cultad de buscar el dinero para las cosas ordinarias y extraordinarias que sucedieren; y en consequencia desto yran tras las otras cosas que han pueslo en el memoria!, que son necessarias para el buen gouierno. Esta conclusion se acabò de tornar el mismo dia que llegò Francisco de Grimaldo; la qual ha placido mucho al principe Doria que haga tornado tan buen camino, porque cou este Consejo tenga la facultad que arriba digo, y se tenga que hazer con menos numero, y que-sean personas de razon, le paresce que serà mas facil de acabar lo que se propusiere, y que se darà orden a la paga de la gente que se determinarà de tener, y que todo se disporna corno se qui- (>) Guasto. (5) Tralasciamo di riferirla, non presentando altro clic un sunto della notissima Legge del Garibetto. Trovasi nel mazzo 1379 Estado, fol. 188. (214) siere, assi para el seruicio de V. M. conio para la seguridad y quietud desia ciudad : de lo qual a mi no me ha desplacido, no porque juzgue ser esle con-ueuiente remedio para lo que conuiene para la seguridad, mas porque lleua camino para elio, y veniendo de su voluntad a lo que conuiene, sin ser for-cados paresce que Io que se assentare serà mas durable ; mas desto no se puede ver el ellecto hasta esta Nauidad, que se eligen los Consejos y todos los ollìeios, y entonces es menester que se confinile el Consejo de los trezientos a suerte y el de los ciento a votos, y se les dè la facultad que arriba digo. De lo qual no se dubda que se harà, y quando quedasse por ellos, entonces con mejor color y mas razon se podrà usar de la fuerza, corno el Principe ha mandado a consultar con V. M. Todo esto he dicho, para que V. M. sepa lo que se ha hecho; y agora responderè a lo que V. M. ha considerado para la seguridad y quietud desta ciudad, y lo que sobrello he passado con el Principe y micer Adam. Auieudo visto la resolucion que V. M. mandò tornar con Francisco de Grimaldo, en lo que se dè hazer para la seguridad que conuiene que se tenga para que los desta ciudad no sean tan faciles a tumullos, a inquietar y remouer el gouierno que agora tienen, y apartarse de la deuocion y prole-ction de V. M., y que al fin V. M. lo hauia remittido al Principe por las consideraciones que a elio le mouieron, que todas fueron consideradas corno de la suma bondad y prudencia de V. M. se esperà, porque a la fin ninguna cosa se puede hazer sin la autoridad y ayuda del Principe, el qual, en Io que se puede conoscer, es tan verdadero vasallo y servidor de V. M., que uo se puede crescer mas en el desseo que tiene para mostrallo con la obra; y no obstante lo que digo de la voluntad del Principe, yo soy de la opinion y parescer que Y. j\I. dize, que este no es bastante remedio para lo que conuiene para que se pueda estar con el animo assosegado, y que lo que ^ • M. mandò proponer del castillo seria mas cauto que otro ninguno, puesto que trae consigo muchos inconuenientes, porque si este castillo estuuiesse hecho mas facil cosa seria de hauelle que no que se haya de hazer; y crea ^ • M. que seria cosa casi impossible por podellos a.....er a elio de su voluntad, porque aunque la intencion de V. M. sea sancta y tan buena, seria menester, para que lo crean, hazer milagros; y aunque ay muchos que son seruidores de V. M. de naturai inclinacion, quando se viniesse a esta de-terminacion no sè lo que harian, y los que ahora dizen y oflrescen que se podria hazer, quando se viniesse al effecto y fuesse menester poner la persona o los dineros, no sè si dirian de otra manera; y, como V. M. sabe mejor que otro ninguno, a hazer un castillo de nueuo requiere dineros y tiempo y V I ( 215 ) genie para que se pueda hazer, (jue seria otro gasto que no seria poco, y otros muchos inconuenientes que no se veen, que despues de hecho es menester considerar el gasto que harà y de donde ha de salir; mas con todos estos inconuenientes, si se puede poner en efleclo es lo mas seguro para refrenar a los malos y dar animo a los buenos; y con este presupuesto viendo lo que v. M. hauia pralicado con Francisco de Grimaldo sobrello, y la speranza que hauia dado que quando f'uesse menester se podria hazer, y que podria nacer occasion en este tiempo que se hiziesse mas de lo que pensaua, que no podria ser otra cosa sino que V. M. pusiesse un Gouernador de sa mano, el qual tampoco estaria seguro si no tuuiesse un castillo, o que la guardia fuesse de spanoles o tedescos, y hauiendo visto lo que V. M. me escriue que se platicò con Francisco de Grimaldo, el qual me dixo en conformidad dello que hauia hablado al Principe y a miger Adan, y que hallauan los inconuenientes que yo digo, me paresciò hablar con el Principe y Adan, porque de contino estan juntos, y dezilles que ya hauria visto lo que V. M. le scriuia en lo que se hauia de hazer, remiliendoselo a el todo por la con-fìanga que tenia del, por la seruitud y affiction que siempre hauia mostrado en las cosas del seruicio de V. M., y por su prudencia y speriencia, y que en esto no hauia que replicar; verdad hera que siendo este negocio de tanta importaneia conio hera, que no se juzgaua que seria mas en proposito que se hiziesse vn caslillo, con el qual se podria conseruar la libertad , v resistir a alguna furia del pueblo, y fauorescer a la Senoria y a los genliles hombres, mas que esto con todo lo demas se le remitia a el. Respoudiome que si pudiesse dar a V. M. las llaues del Parayso, que tambien se las daria corno tiene voluntad de dalle a Genoua, y que si tubiesse vn caslillo que haria lo mismo, mas que proponer que se hiziesse no le parescia al presente, porque seria gastar todo lo que està hecho, y que se leuantasen las piedras, que le paresce que se spere a ver lo que saliria de esta reformacion, y que se haga el Conse-o pequeiìo, y se establesca la guardia y se halle el dinero para pa-galla, porque agora para los seyscientos hombres que tienen buscan los dineros prestados; y que despues, si se viesse que este no era remedio bastante, que se podria pensar en lo del castillo, porque su pensamiento no es otro sino establescer este gouierno y guarda para que esta ciudad permanesca siempre en el seruicio de V. M.; y replicandole algunas cosas, me diso que el peligro que podria hauer era que el muriesse, quo cosa hera naturai, mas que de aqui a Nauidad hauia poco, y que aunque esto fuesse, quedauan muchos hombres de bien seruidores de Y. M., y que bien sabia que el cardenal Doria, por medio de don Fernando hauia embiado a ofrescer la ciudad a V. 31., ( 216 ) y quando fuesse menester no gastaria un ducado, y que los que estan fuera quieren ver y sauer mas que los que tractan las cosas. Yo le satisfize Io nijjor que supe, y cerlifiquè de Ia confianga que del tiene V. M., y que yo no sauia tal cosa. Dixome que el Io sauia, y que desde la Corte se Io liauian auisado. Lo qual yo no creo, sino que aqui està un Julian Saluago que liene un hermano casado con una hija dei Cardenal ('), el qual es mucho de don Vernando, y habia mucho; y este fuè a Plasencia eslos dias a ver a don Fernando, y por aqui han considerado que haya salido del. Al fin quedò satisfecho, y por no trabajar demas lo dexe. El dia siguiente me vino a hablar micer Adan, y me dixo como aquella noche hauia pensado en lo que hauia acordado al Principe acerca dei castillo, para la seguridad desta ciudad y mantenimento de su libertad, y para que se conseruasse en el seruicio de V. M.; sobre Io qual hauia pensado que se podria hazer de una manera que yo hablase a Ia Senoria de parte de Y. M., diciendoles que era auisado de Ia reformacion que hauian hecho en el gouierno para su conseruacion; lo qual parescia bien a V. M., mas que no lo juzgaua por bastante remedio para su seguridad, sino la acompanassen de un castillo adoude se pudiessen guardar y estar seguros de un tractado; y que, siendo necessario, puedan ser socorridos de V. M. Proponiendose desta manera, podria ser que viniessen en elio; y sino, que se podria ocurrir a los otros remedios. A lo qual yo le dixe que me parescia buen medio, mas que lenia entre otros un inconueniente, que quando la Senoria viniesse en hazelle, que le querria tener de su mano, y que V. M. tampoco podria estar seguro; diziendome que aqui lo mas que se ha de temer ha de ser leuanta-miento de pueblo, el qual serà contra la Senoria y contra Ia nobleza, Ia qual se ha de fauorescer con V. M. para contra ellos, y que por este respecto no era inconueniente que estuuiesse en sus manos, y que tambien seria mas facil cosa hauerle dellos despues de hecho que no hauelle de hazer de.....Yo le dixe si Io hauia consultado con el Principe; dixome que no, si no que lo dezia de suyo, y que al Principe no le queria dar fatiga para no dalle trauajo, mas que el no faltaria con la vida y con la hazienda, y otras muchas cosas en esla consequencia, mas que de esto no era menester hablar hasta ver el fin de Io que està comengado, de manera que lodo se viene a resoluer en una substancia, aunque sea por otros terminos; mas de qualquiera manera que sea que se haya de emprender, es necessario que se estò con las armas en la mano, porque en proponiendose se ponga (’) Cioè Minetta, moglie di Agostino Saivago qm. Ambrogio. ( 217 ) en ellecto de una manera o de otra. Ilame parescido dar auiso dello a V. M., para (pie sobre todo se considere y se elija Io que fuere mejor paia el seruicio de V. M. No liablò en lo que V. M. me scribe en la contribucion para el gasto que se haria en la fabrica del castillo, basta ver la determinacion que se toma eu el; porque si- agora se hiziesse el offrecimiento, podrian despues alargarse a mas, y tambien que no lo hechassen a otro fin del que V. 31. lo liaze, quando serà tiempo, y adonde conuiniere, yo Io darò a entender. En lo que toca a la guardia desta ciudad, por otras mias tengo scripto a V. M. lo mismo que agora me manda scriuir que ha conoscido de las pala-bras de Francisco de Grimaldo, y por esta causa yo no le hablado en ninguna cosa que le pudiese dar sospecha, sino que quando alguna cosa se huuiere de hazer que salga del, auuque conozco que para el seruicio de V. M. seria necessario que el (') tuuiesse el cargo, porque teniendole el se podria estar con el corazon assosegado. Veremos lo que succederà. Quanto a la inteiligencia con don Fernando agerca de lo que se huuiere de tractar y responder, en caso que demanden ayuda a V. M. para la fabrica y para la guarda de la ciudad, quando se determinaren, y tener la inteiligencia que conuiene, yo le darò auiso de todo Io que occurriere, corno Io harò a V. M.; y en lo que Francisco de Grimaldo dixo a monsenor de Gran-uella sobre el entretenimienlo de la guarda y gasto de la fortaleza, yo terne la misma consideracion, y quando fuere menester lo dare a entender que en las cosas ordinarias no es justo que V. M. ayude al gasto; en lo demas que fuere necessario para la fortaleza, que V. M. usarà de su solita grandeza con ellos, corno lo ha hecho otras vezes. Quedo auisado de la merced que V. M. ha hecho al Principe de los caslillos y lugares que heran del Conde de Fiesco y de sus hermanos rebeldes, la qual ha sido conforme a la grandeza y suina liberalidad de V. M.; y assi por ella corno por las otras muchas que tiene reciuidas, no puede faltar a lo que deue al seruicio de V. M.; de la qual està muy contento, y creo que serà causa de alargalle la vida. En lo que toca a la persona del coronel Agustin Spinola V. M. ha visto por esperienza la deuocion y affiction que siempre ha mostrado al seruicio de V. M., sin tener fin a otra cosa, y que de su nacimiento es el y todos los de su casa son subditos del Ymperio y seruidores de V. 31., y que en el tumulto que se offresciò el fuò el primero que vino a socorrer la ciudad, y (’j Intendi Agostino Spinola. ( 218 ) los de su casa ocurrieron a la mia, lo que no liizieron ningunos otros do a ciudad, y despues en la empresa do Montoyo, hauiendola olfrescido a otros primero \ no hauiendola acceptado, ocurrieron a el, y viendo que yo le dezia que eia seruicio de V. M., la acceptò y con mucho trauajo y gasto la aca 6, y viendo todo esto y conosciendo su fìdelidad y deuocion que al seruicio de \. M. tiene y que puede seruir, me atreuì a supplicar a V. M. por e, que le hiziesse merced alguna de una poca cosa que estaua entre los ca-stillos do los Spinolas, por tenelle mas obligado al seruicio de V. M., porque, emas de la merced que en elio reciuiera, fuera muy grande el fauor que en elio reciuiera; mas, pues no ha hauido lugar por las consideraciones que • M. dize, yo procurare de satisfacerle lo mejor que supiere en conformidad de la satisfaction que V. M. tiene de sus seruicios, y buena voluntad, y la merced que le ha hecho por su entretenimiento y tambien de recibir a su ‘j° poi page, y la voluntad que V. M. tiene de hazelle mercedes y accre--centallt en lo que se offresciere, y que se venga a estar aqui. De lo qual he dado auiso al Principe, porque se haga todo con su voluntad ; el qual ha mostrado de satisfazerse dello, y tambien micer Adan. Eu lo que A. M. dize, que en caso que sea menester vsar la fuerza para la refuimacion, que para la gente que viniere de Florencia y de Lombardia que yo lo tome a cambio y remitta a Espana, pues serà poco, olfresciendose el caso yo lo harè; mas mire V. M. que dos mill hombres que seran no sera poco gasto, y mas que no se sabe lo que durarà; y lo que scriui fuè porque el Principe me dixo que los quinientos hombres que truxo Antonio Doria de Aapoles, quando pensò hazer lo que allora se ha concluido, le hauian costado mill y quinientos escudos, sin otros gastos; y por esto lo scriui, por-qu , en caso que fuesse menester, tuuiesse facultad para podellos buscar; y si se pudiere excusar, Io harè. > ( 219 ) DOCUMENTO CXXXIV. Relazione del medesimo Figueroa al principe Filippo. 1547, 19 novembre (Estado, Leg. 1379, fol. 288-89) Lo que ay de nueuo que scriuir a V. A. es que Pedro Estrozi es venido al Piamoute con ùlulo de General de la ynfanteria, y con comision larga del Rey para crescer y desminuir de gente segun a el paresgiere. Hasta agora no se entiende que aya hecho mas nouedad de crescer mil infantes en las tierras del Piamonte para la guarda dellos, y con aquello, y con los auisos que en aquel ynstante se tubieron del embaxador don Diego de Meudoga, de que el Papa y el Rey de Francia hazian nueuo tractado contra el Principe y contra esta ciudad, se ha estado con alguna sospecha, aunque se haze poco fundamento de sus designos. Todauia considerando lo que el Conde de Fiesco intentò por lo pasado, y lo que otros de su hinca ó de otra podrian yntenlar por el venir, y que son causas que esta ciudad este siempre en de-sasosiego y diuisa. He atraydo en memoria al Principe que, para euitar todos estos yncouenientes, seria bien dar algun remedio en elio, pues se hallaua tan adelante en su hedad, y que en sus dias hauria visto las nouedades que cada dia hauia, de manera que esta ciudad permanesciesse en la deuocion y seruicio de S. M., corno siempre lo ha estado, porque no haziendose, podia pensar qual quedaria; y viendo que lo que yo le he acordado y dicho era cosa necessaria, y conueniente para el seruicio de S. M. y bien desta ciudad, se ha platicado y descurrido largamente sobre elio; y ha determinado que el mejor espediente que en este negocio se podria tornar, era hazer vna reformacion en los Consejos que gouernauan esta Republica, re-dugiendolos en menos numero, porque de aquella manera se podria mas facilmente proueer al remedio de la seguridad, y hallar forma de sacar dinero para pagar vna guarda ordinaria de hasta dccc hombres, porque la que tienen es poca gente, y que con crescer hasta aquel numero sera bastante para guardar la ciudad de los de fuera, y resistir a qualquier tumulto que succediese dentro, teniendo yuntamente desto buena ynteligencia con los que son ymperiales y seruidores de S. M. ; y desta manera se ternia mas seguridad en la ciudad que primero hauia. Y antes de poner en execucion esto, 16 N ( 220 ) paresgiò que era bien consultali con S. M., para entender su voluntad; y asi embiò el Principe a Francisco de Grimaldo con el despacho dello, el qual embiò con la respuesta a los ix del presente. A S. M. paresgiò bien, y remitiò el negocio al Principe, para que lo traete y haga en elio lo que acostumbra en las otras cosas de su seruicio; y la dicha reformacion se ha hecho de la manera que V. A. vera por la relacion que va con esla ; aunque à esta gente se les ha hecho (lo que) està (dklio) arriba, es por paresger que se les toca en su libertad, y que les innnouen a las cosas que ellos tienen yà ordenadas. He tenido por bien de passar por elio, viendo la voluntad de S. M. y la deter-minacion del Principe. fe. M. ha hecho merced al Principe de todo el Estado que era del Conde de Fiesco y de sus hermanos, en recompensa de los darios que reciuiò, y a Antonio Doria de un lugar que se dize Sacto Esteuan, a supplicacion del Prin-cipe, y solamente ha reseruado S. M. en si dos castillos que se llaman Pon-tremol y el Burgo de Val de Tar, para algunas cosas tocantes a su seruicio. De Genova, a 19 de nouiembre 1347. muy umyl vasallo que los serenissimos pies y manos de V. A. besa Gomez Suarez de Figueroa. documento cxxxv. AI. a D. Ferrante Gonzaga, circa Pier Luca Fieschi. 15i7, 22 novembre (Estado, Leg. 1194, fol. 582) En lo que toca al conde Petro Luca Fiesco, pues le haueys prometido recebirle -wniendo a jurarnos fidelidad, y que por ser pensionano de angeses no meresge tanta pena por las platicas passadas, nos lo tenemos por ien, pero, si el tiene la voluntad que muestra a nuestro seruicio, muy eu si, podrà saber del Conde de Fiesco, y cou que ynteJJigencia e ynter-uencion, poique eslo ymportaria muy mucho; y quando no lo quisiese ezu apertamente, no nos paresge que se podria estar sin sospecha de su P " ua, y assi seià bien mirarle siempre a las manos por todos respectos. ( 221 ) DOCUMENTO CXXXVI. Sunio di Ire lettere scritte da D. Ferrante a S. M. circa je cose di Genova. Nuove remore da parte dei D’ Oria , per non dar opera alla erezione della fortezza; e nuo\i timori del Gonzaga, il quale studia di ottenere per altre vie il medesimo intento. Sequestio d’alcune carte, le quali rivelano in Paolo Spinola un seguace de’ Fieschi. Si delibera di assicurarsi della di lui persona ; ma egli ne è in tempo avvertito, e giunge a salvarsi colla fuga." 4547, 25 novembre, 4 e 5 dicembre (Estado, Leg. H93, fol. dOi) Que el principe Doria despues de haber llegado Francisco de Grimaldo y entendido la merced que se le ha hecho, en lugar de poner luego por obrar lo que hauia dado a entender antes que aquello se le hiciese, lo hecha a Ja larga, y paresce que se le ha helado, y que por su particular designo no quiere poner en effecto Io de la fortaleza; lo que juzga serà causa que aquella ciudad venga en manos de frangeses, con mucho deseruicio de V. M. ; y que para remediarlo, siendo V. M. seruido de cometerle este negocio, el le traclaria por la via del cardenal Doria y otras diestramente, y sin sauiduria del Principe, hasta traerlo a punto de poderse concluyr; y entonces, siendo necessario que el Principe inieruiniese en el effecto, se le podria dar parte dello, y seria causa que viendo amenamente que se podria hacer sin el, viniese a elio de buena gana, la qual entiende por muchas vias que ny el ny los demas.que lo tractan la tiene agora de hacerlo, y que perseuerando en ella, se podria hacer sin ellos. Lo qual supplica a V. M. mande considerar y ordenar Io que mas fuere seruido, pues tiene entendido lo que ymporta (’). Que teniendo auiso que en Torrigia estaua uno que lleuaua cartas de lo que alli se tramaua, embiò alla al capitan Juan Baptista Romano. El qual se (') Qui cade la seguente nota marginale: « Juntando esto con lo que ultimamente ha scripto cerca del auiso del cardenal Doria, se vee que el negocio no està en terminos, para passar esto addante, y se verà lo que se harà este Nadal en lo de la reformacion. Y el dico don Fernando podrà entretanto, y siempre, mirar si se podrà hallar via para encaminar lo de la dicha fortaleza ; teniendo aduertencia a lo de arriba, y a que el Principe no cayese en deses-peracion; y que el auise siempre aqui de las diligenrias que le parescerà que se deuen hazer, porque se corrisponda ». ( 222 ) dio tan buena manera que diestramente lo prendiò, y le hizo confessar libre-mente hauer lleuado cartas a Genoua a un Paulo Spinola y buelto con respuesta, y dadola a un su hermano llamado Alexandro, que le dixo venia de Parma con la otra carta, pero no cuya era ni quien seia dio, y que luego se fuè en recibiendo là respuesta. Y el dicho Capitan, hauiendo tornado por testimonio esta confesion, se partiò para Genoua a diligencia, dexando a recaudo el dicho hombre; y en llegando dio al Embaxador la carta credencial que para el Ileuaua; y contandole Io que hauia passado, le mostrò la dicha con-fession; y luego ambos fueron al Principe, al qual, despues de hauerle dado otra carta que para el lleuaua del senor Fernando en su creencia, le recitò el caso en presencia de Adam Centurion; y luego ambos mostraron holgarse, y dixeron que ya este Paulo Spinola, en vida del Duque de Plazencia, por su medio, hauia yntendido lo mbmo y tenia platicas con los Fiescos, y que un su hermano lo hauia descubierto, con condicion que por entonces se dissimulare con el y no se le hiciere daiio; pero que se holgaua mucho de entender esto, porque tenia por cierto que era platica e ynteligencia nueua; y que eu cosas de aquella qualidad no se podia proceder a capcion de su persona, sin dar parte a dos de los tres diputados, y que el se les daria, y luego la noche siguiente se resolueria en proceder a capcion de la persona del dicho Paulo Spinola. Pero el dicho Capitan dige que no lo hizo, por mucho que lo (tiesse?) justo; que conuenia al seruicio de Y. M. y beneficio suyo (remiliflo?) hasta de alli a dos dias, y que en este medio le auisaron y se fuè (’), corno mas largamente paresce por la que el dicho capitan Romano scriuiò al seiior Fernando, copia de la qual embia; y dice que jwr la negligencia que huuo en hacer prender a este Paulo Spinola, queda la cosa obscura y sospechosa corno de primero; y que es de creer que los complices y seguages de aquel andaran todauia tramando, v que frangeses, aunque no lo muestran, tienen la platica en piè; lo qual se le confirma por hauer entendido que ultimamente han hecho inarchar mucha de su gente hasta el Mondouì, y no ser aquel camino para poder robar ninguno de los lugares del Piemonte, y que ya no le queda speranza de aclarescer mas estas tramas, y le paresge que, o por voluntad de Dios se van enturuiando y nosotros perdiendo las occasiones de aclararlas, y de estoruar que aquella ciudad venga en manos de frangeses, o por voluntad de personas que quieren ser muertas por election vergongosamente; y remitiendose a lo susodicho, supplica se le dò la orden que acerca desto haurà de tener. (') Riparò a Venezia; donde il G aprile *(>48 indirizzava una assai pungente lettera alla Repubblica ( V. Beiinabò-Biiea , op. cit., pag. 13o). ( 223 ) DOCUMENTO CXXXVII. II Gonzaga fa noto a Cesar» il piano che avrebbe ideato il cardinale L)’ Oria , per daré stabile assetto alle cose di Genova. . 1547, . . . dicembre (Estado, Leg. il93, fol. 130) fi mio oreato, che mandai al Cardinal U’Oria con la lettera che V. M. gli fece scriuere, et con commissione di tentar destramente I’ animo suo circa le occorrenze di Genoua, et spetialmente sopra il fallo della fortezza, referisce di hauer trouato esso Cardinale tanto inclinato et suiscerato al seruitio di V. M. quanto si possa dire , et desiderosissimo di veder la patria sua stabilita nel seruigio di quella, et sotto 1’ ombra sua. Et quanto allo stato presente della Cillà, dice di conoscere manifestamente che vi mulliplicano tuttauia tristi humori, et che non ha quiete se non apparente, et che questa forma di gouerno non gli pare in alcun modo durabile, ct che se bene la fortezza saria il migliore et più fermo modo che si potesse trouare per assicurarsene, non di meno non gli par che si debba proporre ne tentar hora così ex abrupto cosa di tanta importanza, et che porterebbe tanta ombra et gelosia al popolo di volergli occupare la libertà; nè potria questa dimanda farsi mai lanlo modesta nè tanlo coloratamiente, che non fusse per causare una generale mala sodisfaltione. Ma, per cominciar da più basso, pare al detto Cardinale che V. M. debba per hora procurare di hauere la ciltà et fortezza di Sauona, la quale essendo vicina a Genoua xxv miglia, et su la marina, et di tanta importanza a quella città, che si è veduto sempre quelli che sono estati padroni di Sauona essere estati padroni anco di Genoua, et se non absoluti, almeno esserle estati tanto molesti, che si è veduto manifestamente ne’ tempi passati che Genoua non ha potuto viuere mai con quella stecca negli occhi. Questa cosa al parer suo saria più facile da ollenere, et meno scandalosa; et ottenuta questa, se si vedesse poi non bastare, si potria tentare anco I’ altro rimedio della fortezza in Genoua. Et in lo vno et l’altro caso il detto Cardinale promette, et mi si offerisce confidentemente, di fauorire con li dipendenti suoi il seruicio di V. M. con tutte le forze et con tutta la auctorità sua, et che se bene il principe Doria era seruitore a V. M., non di meno si vede chiaramente che egli procura tuttauia più il particulare interesse, che il seruicio di ( m ) \ / et quiete della patria. Il modo poi di incaminare questa cosa pare ui cie sia che M., per dar maggior auctorità al fatto, mandi vn suo posta, che con I ambassator Figueroa proponga et tracti il negocio. Ma sopra tutto esidera il detto Cardinale che di questi particolari che escouo da lui f6,5'3 a*ta riserua> et sieno tenuti secreti; perchè, o riuscendo o no, egli non .. |a a reslarne sullo stomaco al popolo; et appresso che queste feste di hard’6 S°lt° C°^°re venire a visitare vna sua figliuola a Valenza di Lom-r la ( ), vedera di aboccarsi in ogni modo meco in qualche luogo, o su a c e caccia, mostrando che sia al improuuiso per dare manco sospetto alM S*3 ^°SS^^e’ et se a*tra cosa resterà da risoluere, o discorrere, si farà alla °ra lPa D0* ’ 6t C^6 ^3 taQt° tena diligentemente auuisato ciò che a fornata si andrà scoprendo degno di noticia, acciò che io ne possa au-uisar Ia M. V., o farne le prouuisioni che da me potranno vscire. DOCUMENTO CXXXVIII. L Imperadore al Figueroa, circa le cose da quest’ ùltimo trattate col D’ Oria e col Centurione; e circa il doversi tenere preparati contro le novità che sembrano prossime ad essere tentate da parte dei francesi. 1547, 24 dicembre (Estado, Leg. 644, fol. 129-30) Al embaxador Figueroa. das \uestras cartas, hasta la viiima de vili del presente, se han recebido; cV p XVI n0U|embre (2) entendido particularmente lo que passastes rincipe y micer Adam sobre la reformacion del gouierno dessa v , 3 ’ ^ terminos en que quedauan las cosas della; y pues tan presto so ridad0 SUCCeSS° ^ue se ^la de estahlir para el buen assiento y segu-se di ^ ^ ^ ^ necessi(^ es 9116 claramenle se vee quanto mas ta, no dubdamos que, segun la salida que terna, el Principe con su (’) Cioè Tommasina, sposa al marchese Marcorino di Gattinaia. (’) Documento CXXX11I. ( 225 ) prudencia terna la consideracion que conuiene para enderecar lo de la forta-leza (’), y que vos, conforme a lo que sobre elio os tenemos scripto, hareys la ynstancia que vereys conuenir; porque el proponerlo a la Senoria de nuestra parte, corno miger Adam os lo apunctò, no paresge que seria a proposito por muchos respectos. El officio que hezistes assi con el Principe conio con esa Republica, luego que tuuistes auiso de don Fernando de los bulligios del Piamonte y designo de franceses, fuè como conuenia, y assi las prouisiones y crescimiento de gente que se hizieron para la seguridad y guarda dessa ciudad; lo qual os tenemos en seruicio ; y encargamos ynsteys y liagays de nueuo las diligencias que vereys conuenir, para que ay esten sobre auiso y tengan el cuydado que el caso requiere entre tanto que se àcaba de establescer lo del nueuo gouierno; pues estonces se haurà de mirar lo que mas adelanle conuerna que se haga para entera seguridad de las cosas de ay, corno el dicho Principe nos ha scripto ; con el qual es menester caminar de manera que no se desespere, pues se ha considerado siempre que, para effectuarlo, conuiene guiarlo con con su satisfaction. Y porque allende de las platicas e yntelligengias que continuamente se andan designando contra esa ciudad , corno terneys entendido de don Fernando de Gonzaga, nos ha embiado el Duque de Florencia el auiso cuya copia serà con esta (*), no embargante que su Embaxador nos ha dicho que de alla embiò el mismo al Principe, nos ha parendo des-pachar esta estafeta, para que luego corno Ilegarà, se le mostreys, y ten-gays juntamente con el la mano para mirar y preuenir todo lo que se podrà y verà sor conueniente, de manera que aquella gente no pueda salir con ningun yntento, y se òbrase dessa parte a lodo lo que en elio va a la seguridad dessa ciudad y de nuestras cosas, corno por lo que toca a la persona del Principe, de que es razon no descuidarse. Sobre lo de Niga se scriue a don Fernando lo que paresge conuenir, porque cierto los auisos que de todas partes tenomos paresge que se conforinan con el del Obispo de aquella ciudad, y son verisimiles, de que frangeses quieran tentar esta empresa ; y pues aquel castillo es de la ymportancia que sabeys, no serà menester encomendaros ny al Principe el cuydado de Io de alli, para mirar con buena correspondencia de don Fernando de hazer todo lo que se podrà, de manera que no succeda ynconueniente. Antonio Doria ha respondido a lo que se le propuso de parte de franceses (’) Cifra. (2) Questo avviso, certamente importantissimo, ci manca. ( 226 ) \---- / lo que deuia, y se cenfia de su persona, y por estas cosas y olras tales se puede claramente comprehender la ruyn yntencion de aquella gente. A todas las otras particularidades de vuestras cartas, que requirieren ic-spuesia, se satisfarà con otro. documento cxxxix. Genova ana381116116 ° ^eSa'° una re^zlonc del Fanzino, tornato pur mò da cipali - • CU1 '°*ta * aveva eg'‘ spedito; e commentandola ne’suoi prin-S M ■ P!’ 0 ritracnc*° con fosche tinte la situazione, insta vivamente peichè °gn provvedere con efficacia ad assicurarsi di Genova (’j. 1548, 20 marzo (Estado, Leg. 1193, fol. 7-10) Sacratissima Cesarea Catholica Maestà. È tornato il Fanyinn rio cy n al mi0 parere- " enoua> * andata del qua le ha fatto gran fratto, di Jà edi ,e;PerCI° Che Se aIcuDa Parte reslaua da sapersi degli humori sua- in m ri ! saPuta> come M. potrà intendere dall’alligata relatione medicina ° 130 C^e SaPeD(^os' *a natura del male, è facil cosa trouarui la ericina appropriata. f ) Questa lettela tipi fnn den?a i ■ , u°nzaga non e che una piccola parte della corrispon- numero dei Docu 13 T*** V «“ <»; ™ il nella nostra raccolT"11 0,16 S* rifenscono a ^e anno In generale assai scarso abbiamo eli alf ^ ^ left0re potr‘l agevolmente riconoscere da quelli che correrà ne’ primi^ ^ fann° Perchè non infrequentemente gliene oc- lieti di nmir' Cl° Cfie ,ia t,atl° al,a corr,sPondcnza in discorso, noi siamo raccoglitore del secd"'"^^!^331 ,**■ mCrCè ’’ °Pera Ó‘ an°nÌm° due esemplari nis n ’ 8 ** S°C1° ^ass,mi*iano Spinola possiede ben *»«, cavati ta ItthrTjTn ’ lm "W“: ParUmlari spillanti alle cose di Gc-*"• - «.«re d,i c Z7Tl”!T’ l'anno 1548; nè passò P- 247). Oltrecchè di e * <"tlS°ni’ ^ qUa,fi anzi no fa esPh'cita memoria (voi. Ili, (Considerazioni a, „ ^ n0n P°C° S1 £iovarono di fresco lo Spinola medesimo » vam miizìi di «„irmmsaimii ^ M| v0, „ ( 227 ) La detta relatione mi pare che si possa riassumere in tre capi: la fortaleza , il belouardo di san Giorgio, et il dispiacere che ne ha il Principe et gli altri di veder che io intenda le cose loro come fa. Del qual dispiacere però non mi merauiglio, perchè, se V. Al. lo ha notato, nelle mie lettere ne ho sempre fatta mentione, ed auuertito V. M. che trattasse quelle cose di Genoua come cose che'uscissero dalla niente sua solo, senza ricordo mio et senza mia participatione. Cominciando adunque dall’ultimo dei tre capi, a me pare che già non mi resti altra opera da fare intorno a quei negocii, per la gelosia che ha degli Atti di questa Società) ed il Belgrano (Della Vita di Andrea D’Oria, ecc., nell’ Archivio Storico Italiano, Serie III, voi. IV, par. I). Noi dunque mandiamo innanzi al Documento CXXXIX le lettere di Don Ferrante ciie sono prima del 20 marzo ; e faremo quindi seguitare allo stesso le altre di data posteriore. Finalmente della relazione del Fanzino ricordata nel Documento succitato, e che ci manca, possiamo con tutta facilità formarci un concetto, per quello che nel medesimo ne vien detto. L’ingegnere Giovanni Maria, è POIgiati, del quale già vedemmo un cenno nel Documento LXXXIII. Ecco intanto le lettere: I. Quanto alla pratica di Genoua, io mi chiarisco ogni dì più dell’animo del Principe Doria poco dato al disegno della fortezza; nondimeno attendo con tutti i mezzi che posso trouare a tirarlo innanzi, et a suo tempo auiserù V. M. di ciò che hauerò fatto. Di Milano, li 18 di genaro 4548.. II. V. M. hauerà inteso per lettere di D. Diego di Mtndozza la pratica la quale menaua Giulio Cibo contra Genoua. Hor intenderà che essendosi poste le guardie ai passi, si è ritenuto in Pontremoli, doue era ito alla riuolutione di quella terra e del paese. Se gli sono trouate le scritture, delle quali mando copia con questa, acciochò V. M. faccia quel giudicio che gli parerà che possa farsi dell’ animo del Papa e di Francia. Questa mattina partono cento caualli, per condurlo qua con la riputatione e sicurezza che si conuiene. Venuto et esaminato, auiserò poi V. M. del rifatto, più chiaro e più particolarmente di quel che fo hora. Tra le dette scritture si troua una ziflìa scritta di mano di un segretario del Duca Ottauio Farnese ; onde sono caduto in consideratione, che sia possibile che il Papa non solo hauesse parte nel maneggio, ma che in qualche modo disegnasse delle cose di Parma. Ho spedito subito un corriero a Pontremoli, per farlo interrogar sopra questo ponto. Di Milano, li 27 di genaro 4548. III. Con le mie di 6 del precedente mandai a V.M. un somario di quanto mi haueua riferto una persona, della quale francesi si scruiuano per messo di ( 228 ) i Mao ; di * j uerassi pi ~ ^ ^ ‘ SU°- se^uac,, ^ l3ua^e potrebbe crescere se io perseci Adam CeXionTchl V T' perch^ a C0DcIuderla^ vuole esso di buono et io ci ^ ^>ata a *or s0*' c‘° c^ie seguirà ^r- M che I' 6 y°n SOn° punl° ambilios° di questo, supplico bumilmente col quale ird C°DS0'' ^ me Asterà solo che Y. M. conosca il buon zelo,- «m del rappZZTamtao'0 ^ ^ “ ““ rimeua il far' d H' V *’e'’ la f®* relali“e> '> principe Boria pare che ertezza allo arbitrio et comandamento di V. M., perchè riPortar dentro e fuori rii r, contra quella Città ^ ei>oua lettere et ambasciate per far nuouo trattato chiarisse un tratto' } dtMJerando ’ se era Possibile, che il Principe Doria si Persona sua in' °- ^ Pencol° nel > operai che colui che haueua riferito a me cose tali, uedere e toccarX°r"l>Se ancora a lui. Così lo mandai a Genoua, doue ha fatto essendo rimasto caTacTdi CÌÒC'le ^ ^ (M°'’ Ct " P''ÌnCÌPe’ suo segretario °°ni C°Sa ’ 113 ^ tl° Cbe vuole mandarmi Camillo, derio ; et ho' 0011 ^ ^ C°n qUal commissionc- Io •’ aspetto con desiche, uenendoVTto'c ^ ambascialor Fteueroa che me auisi se gli par bene tamente al P ■ ^ ° am'110’ 10 gli pa|,|i> °> non venendo, mandi a parlare apersuade con ualch Pe DOna ** negotio della forteMa' -E se eg/i non me la disvio per 0^ C1C VlUISSIma raoione, e non è in tutto contrario al mio parere, io prudente a m°d° manciar il Fanzino Commissario, quale è destrissimo e sin’ hora si effolt0'' Perchè non si potranno sempre far miracoli, come quella Città tanto ^ ^ SC°Pnre * trattati> c,le senza dubio si faranno contra di V. M. Jn l1Ju ,n numero quanto maggiore si fa il numero de’nemici nè a p rrn-jo SSQ C. dC mal conlentii et è bisogno venirne al rimedio una volta; pace d’Ottauian^ry51310 1)1 ^ S' St3 ’ l,a^‘amo in questi tempi la scriuo la dici'3"0 • ' qUe"° C'‘e Succcdera terrò auisata V. AI., alla quale non sette banditi che31'006 C,IR nuouameiUe ha fatto quella Signoria contra quelli Perchè nens ^ ^ine^°ia’ se&uaci, e forse principali, di Giulio Cibo, noscer di qui g»* y Ami)aSCÌat°re ,0 haui'à fatto; solo dirò che V. AI. potrà code’ nemici in egi (^''PI0 ciò ch’io dico, che tutto il dì cresca il numero ® 240 ) otra manera siempre estaria con la misma sombra ; y porque miger Adam dixo que, aunque aquello se hiziesse-, era menester reformar las cosas del prestar fede, perciochè gli riscontri sono molti, e Don Diego di Mendozza mi scriuo gl’andamenti che vedea farsi in Roma, tutti conforme a questi di qua, e dimostratone di vicina e soprastante nouità, perchè non s’è veduta sin' hora tanta conformità d’ auisi. Nè è da credere che il Papa si niuoua senza fondamento di Francia , e così per il contrario ; onde si può certo arguire, che li maneggi tra il Papa e il Re di Francia siano hora in quel feruore nel quale possono essere. Io fo qui quanto so e posso; e per la velila delli predetti auisi, ho spedito alcune persone confidenti e pratiche; e del risposto loro auiserò Y. M Ma, presuposto che sian veri gli detti auisi, io qui non ho modo di sostenere le spese ordinarie, quanto meno le straordinarie, e non saprei doue dar di mano a cinque, nè a quattro milla scuti, per ripararmi da un caso repentino, dal quale è difficile che ci ripariamo per questa estrema neccessiià del danaro, s’egli auiene. Non auuenendo si farà poco meglio, perciochè già sa V. M. quanto le ho scritto intorno al bi sogno eh’è qui al douer sostenere le spese ordinarie sino a genaio. Oltre queslo, tardando il Prencipe mio Signore, tardano ancora quelli mille fanli, che tanti dì sono ricercai; e questi sono pochi, et a pena bastano ad assicurar la terra da i fanti, non che a diffenderla della forza. Et io con e^si farò quanto potrò, e pregherò Dio che basti. Certo V. M. dimostra troppo animo nel lasciare tutte queste cose, dalle quali dipendono tant’altre, sottoposte a tutti gli appetiti de’ suoi auersarii, per falla d’una gomma de danari non ecce, siua, nè difficile da prouuedere, la quale dourebbe riporsi qui per difendere da ogn’ impeto ; perchè fuori di queslo V. M. haurebbe tempo di prouedeie. Io rapresento tanti inconuenienti ad un tratto, e mi dispiace; e non di meno questo parlar mio così libero, supplico V. M. che condoni alla sincerità dell’animo con che la seruo; supplicando ancora che sia seruita far sopra ciò qualche prouiggione più che per il passalo non ha fatto, acciochè nel caso sudetto V. M. non riceui qualche dìseruitio manifesto e notabile. Da Mantoua, all’ ultimo di giugno 1548. VII. Io mandai un mio a Genoua, come per le precedenti scrissi in quelli auisi, che mandai aneh’ a V. M., il quale raporta quanto quella vedera per la sua relatione allegata; n>lla quale S. M. vederà, piacendogli, la confusione in che si trouano coloro, pensando che le galere hanno da stare lontane da Genoua per quindeci giorni, e potrà con la sua prudenza considerare ciò che auerrebbe, in caso che per un bisogno urgente ella si hauesse a seruire d’esse galere per tre o quattro mesi: perchè costando l’armata di mare puoco meno di scuti 125,000 ogni anno, non potendosene seruire se non alla guardia di Genoua, come si vede espresso, per questo solo deue V. M. ( 241 ) gouierno. S. M. se resoluiò que la forma que se liauia de tener para poner en execuution la fabrica del castillo que se dexasse para la venida del l’riu- sforzare l’impotenza sua, acciò si pigli celeremente sigorlà delle cose di Genoua alla prossima venula del Prencipe mio Signore., per non lasciar perdere una lama occasione, e per non lener tuttauia impegnata un armata, della quale può seruirsi ogni giorno in cose maggiori che non è la guardia di Genoua. D’Alessandria, li 18 luglio 1548. Vili. Parte d’un' lnstrutione datai da don Ferrante Gonzaga al capitano Gazino. Quant’alle cose di Genoua, direte a Sua Maestà che Figueroa mi scriue ultimamente, per lettere de’ 4, che hauea proposto a quelli Signori l’augu-mento della guardia al numero di 1500 fanti, e che genouesi mostrarono di voler fare maggior cosa, quando che S. M. lo comandasse, loro. Non di meno si scusano che non c’era neccesità , con ragioni a mio parere puoco sode; e che l’ultima conclusione fu, che starebbero a vedere in che sparasse l'apparato del Re di Francia per mare, il quale essi non stimauano rileuante, e così s’anderebbero regolando secondo gli auisi; ma esser mio parere che S. M. ne faccia nuoua instanza , et io di qua procurarò mandargli talhora auisi più caldi che in effetto non gl’ hauerò, per constringerli a prouiggioni più gagliarde, acciò che veniamo ad assicurarsi ancora da quel canto, s’è possibile. Questa seruirà per risposta della lettera di S. M. de’ 25, in quella parte delle cose di Genova. D’Asti , li 8 d’ agosto 1548. IX. Per le precedenti mandata per Coiriero a posta, Vostra Maestà intese 1’arriuo del Prencipe mio Signore in Sauona, e con questa V. M. inonderà l’entrala sua in Genoua, dou’è sialo accolto con grandissimi honori, e doue al presente è per la gratia di Dio sano, et allegro d’ hauer fornilo il longo viaggio in tempi così turbolenti e sospetti. Prima ch’io passi più oltre, voglio ancor io rallegrarmi con V. M., da vero et amoreuolissimo seruitore, che Dio le habbia dato per figlio un Prencipe sì degno, perch’hauendolo prima veduto, e poi trattato hoggi longa-mente, lo riirouo tale, che spero, come V. M. lo riuegga, che gli sarà alire-tanto caro per le sue virtù e per il suo buon procedere, quanto per essergli figlio; perciochè, tra tutle le sue belle parli, è così estremamente ubbidiente di V. M., e così modesto, che questo sarà la terza cagion di fare eh’ in V. M. cresca l’amore e l’affeitione verso di quello; e tanto è vera immagine di V. M., ch’io, che sono etiam crealo e seruitore della Casa sua Reale, ragionando e tratiando con S. A., mi son più volte figurala la M. V. Pregando Iddio che queslo caro pegno e felicità li sia eterna , passo a due particolari della penna degni. Tra gl’altri honori che genouesi hanno falto a S. A., è sialo P hauerla ricetta con baldachino, il che m’ha fatto risouenir di quello ( m ) cipe nuestro seiior, porque en su presencia y de V. S. Yll.ma y del seiior Fernando se deterniinaria, y que entre tanto se traete lo del gouierno, porque si se haze alguna cosa, ayudarà para el otro effecto, y si no que S. M. terna mas justa occasion para procurar la seguridad y establecimienlo que conuiene para las cosas de su ymperial seruicio. Y porque S. M. escriue que embie la copia de mi carta a V. S. Yll.ma, yo lo hago, pues por ella se vera lo que podria escriuir; y hauiendo consideracion a lo que S. M. escriue, podrà V. S. crescer el numero de la gente, o consultallo, pues haurà tiempo para elio ; y de lo que aqui se concluyere darè auiso, llegado que sea miger Adam, el qual se spera serà aqui maiiana. De V. \’ll.ma Senoria seruidor que las yll.tn3s manos besa Gomez Suarez de Figueroa. che già mi scrisse la M. V. in questo proposito, mostrando di non volere che nel Stalo di Milano fosse raccollo con esso. A che risposi, com’ Ella haurà veduto, che le ciuà tutte l’haueano di già apparecchiato, e eh’io non sapeuo come si potesse impedire senza dare notabile consideratione alle genti. Hora veduto questo che li genouesi hanno falto, mi sono più confirmato in quello cbe gli scrissi all’hora, perchè considero che se genouesi, li quali non sono direttamente sotto il dominio e sotto l’ubbidienza di V. M., l’hanno raccolto con esso in cospetto di tult’il Mondo, quando con quest’esempio non seguano li veri e diretti vassali di V. M., sarà mollo notato il proceder loro. Et io supplico humilmente V. M. che non consenta che lo Stato di Milano, insieme meco che lo gouerno, siamo notati di poca creanza, o vero non sia, per troppo volerla cuoprire, discoperta la menie di V. M., e ciò con pochissima soddisfatione di tutti li vassali, li quali quanti sono, e per quanto vi è, e per quanti modi possono cercare, forzandosi d’honorare queslo Serenissimo Prencipe , non merita il giusto desiderio loro, che V. M. interrompa loro si douuta opera.........Da Sestri, a’ 26 nouembre 1548. X. Son certo che lo Prencipe mio Signore auisa particolarmente V. M. di quello che s’è traitato circa le cose di quesia Città (V. Documento CXLIVj; e per ciò io mi rimetto a S. A. E dolemi che il Prencipe Doria et Adam Centurione habbino data speranza a V. M., e publicato il negotio per tutto, per douer poi fare la mala riuscita che hanno fatto. S’attende hora a procurare che si faccino prouiggioni, con le quali, muorendo il Prencipe Doria , questa Cillà resti secura nel seruitio di V. M.; ma io non ne spero cosa buona, imperocché a douer ottenere queslo non basta prouiggione alcuna minore di quella del Castello. Da Genoua, li 10 decembre 1548. ( 245 ) DOCUMENTO CXLI. Dispaccio in cifra di Cesare al Duca d’Alba, in cui gli dà contezza dell’ambasceria del Centurione, inviatogli da Andrea D’Oria in Augusta. Quindi lo istruisce del come, lungo il viaggio del principe Filippo, dovrà contenersi in proposito della fortezza collo stesso Andrea e con Antonio D’ Oria. 1548, 6 luglio (Estado, Leg. 644, fol. 245) Despues de hauer hecho en las cosas de Genoua la deliberacion que ha-ureys visto por las copias de las cartas que lleuò Xantone, y hauer respon-dido el principe Doria a mi Embaxador que le parescia bien y hallaua ser necessario el caslillo para freno de los ynsolentes, ha venido aqui miger Adam Centurion; y despues de hauer representado algunas dificultades, por las quales diz que no conuernia que se pusiesse mano en el, queriendo persua-dirme a elio de parte del dicho Principe y suya, ha propuesto cierta forma de reformacion y gouierno con que les paresce que se podria estar con seguridad de lo de alla, viniendo a parar que aunque se debiesse hazer el dicho castillo, seria necessario que esto de la reformacion precediesse, con muchas palabras a este proposito, todas enderescadas a dificullar y tener por ynconueniente el tentar de hazerla,‘conio vereys mas particularmente, junto con Io que se he escripto al dicho embaxador Figueroa, cuya copia serà con esta; y porque. segun por ella vereys, aunque no se ha mudado de la resolucion yà tomada, ny conuiene, por tantas causas y razones diuersas vezes platicadas, se viene todo a remitir a la venida del serenissimo Principe mi hijo a Genoua, para que en su presencia ( pues tambien serà alli don Fernando de Gonzaga) se comuuique, traete y mire entre todos lo que mas conuerna. Serà bien que dando parte de todo esto al Principe mi hijo, se tenga aduertencia y cuydado de dar bien a entender al Doria lo que siempre ha parescido ser necessario de hazer esla fortaleza, y diestrainente persuadirle a elio ( segun conosceis su condicion y natura, y que requiere ser atraydo sin darle desabrimiento, antes con mostrar de el toda confidencia, y hazer caso de su gran prudencia y cordura), aiìadiendo a esto que, demas de lo que conuiene por la conseruacion de aquella Republica en su libertad, ymporta muy mucho por lo que toca a su auctoridad en ella, y posteridad de su ( m ) casa, pues de otra manera se eslaria en el mismo peligro que hasta aqui, y seria en mano de quien quiera emprender otro tanto como el Conde de Fiesco. Y en caso que le hallassedes duro y renitente en esto dei castillo, firmaroseys en Io que tantas veces se le ha representado de esta euidente necessidad, hasta que se llegue a Genoua .y se comunique lodo con don Fernando , para que, conforme al estado de los negocios publicos, y lo que se vera de las cosas de Genoua y las otras de Ytalia ; con' lo demas que se deurà considerar (pues haurà buena occasion con la venida de todas las galeras, y espanoles que traeran), se mire entonces lo que mas conuerna assy en el quando, como y en que silio, corno en todas las otras particularidades que en un negocio de tanta ymportancia se requieren. Y porque, en caso que se resoluiere dar principio a la obra, conuerna que no se ponga tiempo en medio, ny se dilate por falta del dinero, serà menester que para este elfecto se mire de traerse alla reseruada alguna suma de hasta quarenta o einquenta mil escudos, porque de acà no hay forma de proueerse. Assimismo serà bien que por el camino se mire de grangear a Antonio Doria, y que el Principe mi hijo le hable sobre estas cosas de Genoua, de manera que sea con tal dexteridad, que, obligandolo a hazer buen officio, entienda de la inclinacion e intencion que tiene en ellas, para, conforme a lo que del se podrà descubrir, mirar diestramente de entrar con el en las demas particularidades, de manera enpero que no pueda diuulgar lo de la fortaleza si el no viniesse de si mismo a tocar en elio, o rodeandolo por tan buena manera que el principe Doria no pudiesse entrar en sospecha, corno vos conogeys y teneys entendida su condicion y manera, y quanto es sospechoso y amigo de que se haga en esto del todo el caudal. I ( 245 ) DOCUMENTO CXLII. Il Figueroa al principe Filippo, cui notifica i movimenti che si vanno operando dal Ite di Francia, e l’incertezza nella quale si è dei disegni che a ciò lo spingono. Avvisi che ne ha Don Ferrante. Esorta S. A. a porsi ili viaggio con buona scorta di gente, ed a sollecitare in pari tempo la propria venuta. Provvidenze che si daranno dalla Signoria per renderle sicuro il soggiorno di Genova. 1S48, 9 agosto (Estado, Leg. 1380, fol. 1) Lo que mas ay que auisar a V. A. es que por diuersas vias, y principalmente por los auisos de don Fernando de Gonzaga, se entiende que el Rey de Francia viene a Turin, el qual trae gente de piè y de cauallo en buen numero, y que bay suyzos y gascones, y prouenganos, y que vien con yn-teligengia del Papa, el qual dizen que le quiere entregar a Parma, y otros dizen que aunque sea està la voz, que mas presto vengan con desino de las cosas desta ciudad, por ser mouido de los foraxidos della; y pensando que dentro terna alguna parte, especialmente faltando el Principe y sus galeras, y hallandose en Marsella xxm galeras armadas, le parere que podria salir con su intengion; y aunque tenga mucha contrariedad para elio, siendo de la ymportangia que es, podria ser que lo tentasen; y aunque aqui tenemos auisos de personas proprias que han venido con el Rey, asta Chanuerì, los quales refìeren que solamente trae consigo dos mill y quinientos prouengales, y seicientos hombres de armas, y su guarda y Corte, y que no viene sino solamente para visitar a Turin y las otras plagas; y aunque esto sea asi, y que las fuerzas no parezcan grandes, juntadas con lo que tiene en Piamonte, y con las otras mas que trae se podrian deseubrir mayores de lo que agora se muestran, y tomandonos descuydados salir con su yntencion; por lo qual yuzgaria que seria en proposito que Y. A. viniese bien acompanado de yn-fanteria, porque si el Rey se descubriese a romper la guerra, allase al opposito la resistenza y la gente que conuiene, aunque es de creer que S. M., sabiendo estas cosas, proueerà al remedio corno conuiene. Yo creo que la venida de V. A. dà mucho de pensar al Rey y al Papa, y a todos los demas, y que todas estas demonstraciones se hagan para ver si con ellas pusiesen algun impedimicnto para que se mudase el desino y gesase la venida, t 246 ) la qual parere que agora es mas necessaria, y que serà a meyor tiempo. V. A. no pierda tiempo, sino que quanto mas presto pudiere venir serà mejor, porque con su venida se asegura todo y sin ella se pone en confusion. El viernes passado el Rey llegò a Chanuerì; el que viernes Je esperan en Turin. Don Fernando es venido en Aste; y dize conio va proueiendo las fronteras, y que tiene muchos auisos de los tractados de los franceses, especialmente contra esta ciudad, en la qual tenemos sic infantes soldados, y de la ciudad se han hecho xl capitanes con cada xxv hombres escoyidos, que todos son m hombres, los quales quisiera escusar sy pudiera, por no ponelles las armas en la mano; mas con ser cosa acordada y platicada muchos dias ha, no se pudo hazer menos sino dissimular, por no muestrar desconfianga dellos. Despues he recebido cartas de S. M■ de los xxvu del passado, por la qual me manda que de su parte hable con el Duque y gouernadores desta Republica, para, que crezcan la guardia hasta el numero de md hombres, pareciendo a S. M. que los ochocientos hombres no son bastantes para tenellos de la ciudad quietos, y resistir a los que nos viniesen à offender, como en effecto de verdad no lo son aunque fuese mayor numero, sy nos viessemos en ne-cessidad. Yo les he hablado, y dicho lo que S. M. me embiaua a mandar; los quales han mostrado gran contentamiento de ver que S. M. tenga cuydado de su guardia y conseruacion, y muestran quedar muy obligados al seruicio de S. M., aunque les parece que por tierra no pueden temer, estando las cosas de Lombardia guardadas, y que lo de la mar es de lo que mas pueden temer, por ser cosas mas prestas, no paresce que estando las galeras de S. M. fuera que se ponga en auentura de venir aqui; mas considerando la ympor-tancia del negozio han concluido que crezcan la guardia hasta el numero que S. M. dice, y mas sy mas fuese menester; lo qual se poma en exe-cugion corno se tenga alguna claridad mas de lo que se designa hazer. De lo qual ayer tuue carta de don Fernando, certificandome que todos los auisos que tiene dizen que el Rey de F’rancia tiene tractado en esta ciudad, y que eran llegadas en el Piamonte siete banderas de ynfan'eria, y que ve-nian mas, y que hazia esplanada para artilleria la via del Mondouì, que seria senal de hazer empresa contra Saona; sobre lo qual hablè con esta Senoria, v hize la ynstancia que conuenia; y aunque les paregiò que lo uno y lo otro hera dificultoso de hazer, determinaron de crecer otros trecientos hombres, que en todos son .mc, con proposito de hazer los demas que se juzgare ser necessarios segun los andamientos del Rey, hasta asegurarnos con los de dentro que no nos agan algun tractado hasta que, plaziendo a Dios, V. A. venga; que de guerra descubierta yo no tengo miedo. ( 247 ) A Saona embiaron ayer vn Capitan con cinqaenta soldados, y otros tantos que ay alla, de manera que con ellos el castillo està seguro de no ser robado; y a lodo se terna aduertencia, para que de vna manera ny de otra puedan salir con su mala intengion; y de lo que subcediese darè auiso a V. A. DOCUMENTO CXLIII. Don Giovanni Ilurlado informa il principe Filippo della partenza di Ottobono Fieschi e di tre suoi compagni da Venezia, in costume di contadini lombardi ; e ne addila il probabile itinerario. Sospetti di complicità del Cardinale D’Oria co’ medesimi, e di qualche novità disegnala contro Savona. \ 548 , 22 agosto (Estado, Leg. 1318, fol. 283) Muy alto y muy poderoso Seiior. A los xii del presente, iv horas de la noche, salieron de aqui Octobono de Fiesco y otros tres compaiieros suyos de los foraxidos de Genoua, veslidos como villanos lombardos, medias calgas de pano bianco, garaguelles, y carni-solas de lienco gruesso, sombreros de paja, sus pistolejas y cotlas de malia encubiertas, sendos palos en las manos, quatro barbas blancas y cortas, escondidas. No se sabe cierto donde yuan, pero juzgase que a Turin, y que yendo passaran por Parma, y por las montaiias de Genoua, y que tambien seria possible que entrassen en ella. Donde se piensa que por su seguridad posaran en casa del cardenal Doria, con cuyo hijo hablaron aqui los tres compaiieros del Octobon en vna yglesia poco antes de su partida, y con el Embaxador de Frangia hab'ò en su camara el mismo Octobon aquel dia dos horas largas. Luego que entendì su partida, dì auiso desto y de lo demas al embaxador Figueroa, que es de opinion que en ninguna manera este Cardenal se empacha en estas platicas. Yo le creo a el, porque le co-noge mejor, y se balla en el hecho, y porque parege razonable que el Cardenal no se embarage, pues puede perder en semejantes trattos mas auia que ganar. Yo sospecho con todo lo dicho lo peor, porque suele ser lo mas seguro. Tengo auisado a Genoua, que mire por Saona, y specialmente por si; y aunque yo he continuado de algunos meses a esta parte el mismo auiso, ( m ) siempre me han respondido mostrando que estan seguros, y que asi lo estè yo, de que para en vano quanto los foraxidos y olros con su ayuda pu-diessen tentar. No obstante esto, y el cuidado que tienen y que olfresgen, yo auiso continuamente, porque por vna parte enliendo Io que los foraxidos prometen, y por otra que le ginoueses de buena yntencion podrian mostrar parte desta seguridad, por no recibir dentro de Genoua mas guarda, con que a su cuenta se les siguiese mas gasto, y sin algun cargo para con su pueblo. En Venezia, à xxii de agosto 1548. DOCUMENTO CXLIV. Il principe Filippo all’ Imperatore suo padre. Lo informa di una conferenza eh’ egli ha tenuta col Duca d’ Alba, il Gonzaga, il Figueroa e Andrea D’Oria ; il quale ultimo si è in termini abbastanza precisi ed energici chiarito contrario alla tanto divisala erezione della fortezza. Il Duca tenta poscia l’animo del Centurione, ma non fa prova migliore. Nuovo consulto fra il d’Alba, Don Ferrante e l’Oratore Cesareo, nel quale si conviene di pregare S. M. perchè raffreni la soverchia autorità del Centurione, di che si comincia a pigliare ombra, e si stabilisce non doversi maggiormente restringere il Governo di Genova, conciossiacchè tale rimedio non arrechi buon frutto. Si discute della opportunità di far capo al cardinale Girolamo e ad Antonio D’ Oria, nonché ad Agostino Spinola, per conseguire l’intento della fortezza, e trattasi delle arti per le quali potrebbero indursi a caldeggiarne il disegno. Si delibera con tutto ciò di non lasciare affatto da banda il vecchio Principe ed il Centurione; nè si dissimulano i pericoli ai quali potrebbe condurre incontro questa doppia corrente. Riconciliazione di Andrea D' Oria col detio Girolamo, seguita per l’interposizione del Cardinale di Trento. Ambascerie e lettere del Papa, di varie città e di parecchi principi e cardinali, per onorare S. A., che tutti ricambia di somiglianti cortesie. 1348, 16 dicembre (’) (Estado, Leg. 1580, fol. 21-24) Auiendo despachado al correo mayor con auiso de mi llegada à Genoua, luego el dia siguiente (2) mandè que se juntassen el Duque D’Alua, don Fer- C) Da Voghera. (*) Don Filippo, imbarcatosi il 2 novembre a Rosas, sopra una squadra comandala da Andrea D'Oria, dopo un’ assai fortunosa traversata, sorgeva nel ( 249 ; "* 1 nando de Gonzaga y el embaxador Figueroa, para que comeugassen a platicar Io que se deuia hazer en las cosas de aquella ciudad, que eslauan remitidas para mi uenida; y auiendo visto Io que antes de agora se ha scripto a V. M., assi por el embaxador Figueroa corno por don Fernando y el Duque D’Alua, y lo que V. M. a elio ha respondido, y lo que passò con Francisco de Gii-maldo y Adan Genturion, platicarou en el principio que se deuia dar a esta negogiagion; y resoluieronse que seria bien que yo llamase al principe Doria, y, mostrando del gran confianga, le dixesse que V. M. me auia scripto que llegado a Genoua platicase con el lo que se deuia hazer para la seguridad de aquella ciudad, assi para que se conseruasse en su libertad corno para que estuuiesse firme en el seruicio de V. M., y que viesse quando queria que nos juntassemos, y quien se hallarian presentes a tractar dello, porque con su paresger pringipalmente se tornasse la resolucion que conuenia. Yo lo hize assi ; y el me respondiò que quando me plaguiesse el vernia a elio, y que se podrian ballar presentes el Duque d’ Alua, don Fernando y el Embaxador, y que juntamente con ellos el diria su paresger. Juntaronse en mi presencia el mismo dia en la tarde, y auiendo yo propuesto lo que V. M. desseaua, que las cosas de aquella ciudad tomassen algun buen assiento, assi por lo que toca al bien della, corno por lo que conuiene assegurarla y perpetuarla en su seruigio, y tambien para el acresgentamento y conseruagion de la casa y posteridad del dicho Pringipe, y pedidole su parecer sobrello, el me respondiò tornando la cosa de muy lexos, diziendo que desde que fuè a M. Francisco de Grimaldo se auia platicado en que seria bien, para conseguir el effecto que se pretende, hazer vn castillo en aquella ciudad, y que se hiziesse a costa della y de sus proprios dineros, y que despues de hecho se entregasse en manos de V. M.; y que esto el entonces y agora lo auia tenido y tenia por ympossible, porque aquella ciudad està tan neces-sitada y exausta, que aun para supplir los gastos ordinarios no tenia forma; y que aunque tuuiessen possibilidad para hazer el dicho castillo, les paresgia que en ninguna forma les estaua bien hazer este gasto para por medio del ponerse en subjection, ecliando fuera del todo este medio. Y aulendosele re-plicado a esto, que ya què la ciudad por su negesidad no pudiesse hazer este gasto, si V. M. tuuiesse por bien de hazer proueer el dinero para elio, porto di Genova addi 25 dello stesso mese, e. pigliava orrevolissima stanza ne) sontuoso Palazzo del D’ Olia medesimo a Fassolo. Ripartiva il giorno 11 del successivo dicembre alla volta di Lombardia; donde passava in Germania a visitale il propiio genitore. ( 250 ) sa auria medio do liazer eoa voluntad de los ciudadanos, cespondiò que quando bien V. M. le mandasse dar todos los dineros que eran menester para la fabrica dentro de vna camara, no se podria hazer con satisfacion de los ciudadanos, los qaales nunca vernian por bien, ni de su voluntad, en elio; pero que quando se le pidiesse su paresger de la forma que se auria de tener por la via de la fuerga, el lo dii ia, mostrando en esto y oflresgiendo que ninguno auria en el mundo que le lleuase ventaja en su voluntad, y que no teuia olro fin a su ynteresse ni al de sa casa, ny le premia otra cosa sino solo el seruigio de V. M. De aqui vino a dezir que no aviendose de vsar de la via de la fuerga, sino lleuarse con la humauidad que V. M. suele las otras cosas de sus seruientes, le paresgia que pues agora veman la fiestas de Nauidad en que suelen hazer los otlicios de aquella ciudad, que seria cosa muy conueniente procurar que se hiziesse la reformagion para que se reduxesse el Consejo a menor numero, corno otras vezes se ha dicho, y que fuessen no mas de quattro procuradores conio agora son ocho, y que con esto, y con pedir el que se le diesse autoridad de ynteruenu en todo corno vno dellos, lo qual creya que harian por auer suegedido las cosas passadas que se macquinaron contra su persona en que auia sido ofTen-dido, y auiendose de negociar con tan pocos seria mas facil de acabar y dar orden en lo del castillo, o eu lo que mas conuiniesse, y.que lo tema por vn buen remedio, aunque no valido ni suffigiente, pero que era de qualidad que por el se podria peruenir con mas facilidad a dar vn assiento perpetuo. Aviendosele replicado sobre esto, que aunque era la verdad que este remedio era bueno para lo presente, conio el lo dezia, pero que los hombres eran mortales, y que podia fallar el, cuya auctoridad valia tanto en aquella ciudad, y las cosas quedarian en muy mal estado, de manera que con esta no daua remedio a lo por venir, siuo a solo lo de agora; y tambien se le apunclò que era verdad que estando el ally presente y teniendo tanta autoridad, y estando reduzido el gouierno a pocos, era cierto que se podia tener toda seguridad de la Senoria, porque assi ella corno todos los hombres cuerdos y ìiobles de la ciudad conosgian quanto les ymportaua conseruarse en la de uogion de V. M., pero que no era de temer de que la Senoria hiziesse en esto nouedad ni mudanga, sino de los hombres sedigiosos y de la misma plebe, que si viniesse a leuantar vn tumulto, no era parte la Senoria a refre narlos, no teniendo otra fuerga para elio; respondiò a esto que eia assy verdad, pero que para esto auia vn remedio, y era tener vna guarda que fuesse bastante a reprimir los sedigiosos y estoruar que no succediesse tumulto. A lo primero no tuuo que responder, mas de dezir que si el ca- ( 251 ) stillo de aquella ciudad se pudiesse hazer en vna noche sola y a mane sger hecho, como se dize que se iiazian los caslillos antiguamente, que el Io ternia por vna cosa muy acertada; pero que eran menester muchos dias, y maestros y materiales, y que enlreianlo que se labraua podrian leuantarse los tumultos que arriba se apuntauan, y los de aquella ciudad valerse de otras fuergas, y Ilamar a Frangia o a quien les paresgiesse, como ternian occasion de hazerlo, diziendo que les querian quitar su libertad; y que por esto todauia era de paresger que se vsasse dei otro medio, que era la re-formagion dei gouierno y reduction a menor numero. Replicòsele que auida vna vez la voluntad de Ia Senoria para el hazer dei castillo, se daria orden en lo demas para que no succediessen tumultos, ni los malignos, aunque qui-siessen, pudiessen ympedirlo hasta que la bobra esluuiesse acabada. A Io qual no respondiò cosa alguna, sino vino a dezir que la cosa estaua reduzida en dos punctos : el vno en de donde se auia de prouer el dinero para la fabrica del castillo, y el otro en el medio y forma que se auia de tener para hazerse; y anduuo variando en esto, diziendo vna vez lo vno y otra vez lo otro, aunque mas resolutamente lo de la reformagion del gouierno. Y en la conclusion de la platica se vino a resumir que la materia era de tanta ym-portangia, que no se podia tornar resolucion de vna vez, que seria bien pensar vn poco mas en ella, y tornarse a juntar, y platicar y mirar si auia otro mejor medio que este , porque el no lo hallaua. Acceptando y approuando esto, le dixe que me paresgia muy bien lo que dezia que se mirasse mas en elio, y se tornasse a platicar, y que el lo pensasse, y que nos tornariamos a juntar para platicar en elio, con fin que en este tiempo se negogiasse con miger Adan Genturion, acometiendole con hazerle merced V. M. para el y para su hijo, y tornar yo con los dichos a platicar sobre el negogio, para ver la via por donde le llegariamos al cabo. Y con esto se acabò el consejo aquel dia. El Duque d’ Alua, conforme a esto, tornò a parte al dicho Adan Genturion, y le hablò muy particularmante para atraello a que fuesse buen medio con el principe Doria, y el por su parte ayudasse, corno del se auia siempre spe-rado, y con offresgerse toda merced de V. M. para el acrescentamiento suyo y de su casa; y su respuesta, segun me dixo, fuè passar por lo del castillo corno per cosa que no era platicable, y juzgando que no era negessario ve-nirse a este remedio, porque, con el augumento de la guardia y reduction del gouierno a menor numero, dezia que bastaua para mantener aquella ciudad en su libertad y en seruicio de V. M. ; y auiendo olTresgido antes de agora que, siempre que V. M. fuesse seruido de mandar hazer el castillo y vsar de la fuerga, pornia en elio su persona y su hazienda y la de sus ami- 18 ( 252 ) gos, agora solamente le dixo que en caso que V. M. quisiesse vsar do la fuerga, y paresgiesse que el era alguu esloruo para elio, se yria de la ciudad a viuir a otra parte, porque el tenia su liazienda en tierras de V. M. y auia de viuir en ellas, sin olfrescer otra ayuda ni assistenza para e^°- ^ aulendole replicado el Duque que corno el principe Doria le auia a el oflrecido que haria que V. M. tuuiesse el gouierno de aquella ciudad y que lo pu-siesse a su voluntad, y que para elio no seria menester que por V. M. se hiziesse ninguna diligenza, sino que el solo lo propornia y acabaria, y que era mucho mas facil a su vez el hazer el caslillo que el poner el gouierno a voluntad de V. M. corno el Principe lo offrecia; respondiò Adan que el Principe no seria para acabar lo vno ni lo olio, y que aunque a el le estaua mal dezirlo, era assi que el Principe no entendia las cosas de Genoua, ni sa-bia los humores della, y que auia altendido a las cosas de la guerra y a el le auia dexado el cargo de entendellas y tralallas ; y que con esto no era ma-rauilla que no las supiesse. Y spretandole el Duque sobre que el remedio qué el daua no era para permanesger, respondiò que no se podia hazer en este mundo cosa ninguna de que se sperasse perpetuidad; que esto se pro-uasse, que quando no saliesse entonges, el y todos los que desseauan el bien de aquella ciudad y el seruigio de V. M. le llamarian y se lo supplicarian, que viene a confermarse con lo que el Duque scriuiò a V. M. desde Ge noua, quando passò en Espana, que auia entendido deste, que su fin era, muerto el Principe, querer prouar su ventura, pensando que ha de sucgedei en a misma auctoridad, y que no suegediendo podria llamar a V- M. y ser parte para lo que agora se tracta. Y corno quedo acordado que se auia de pensar en este negocio, y eran ya passados algunos dias, yo mandè al Duque d’Alua, don Fernando de Gonzaaa y embaxador Figueroa que se juntassen, para que comunicassen lo que auian pensado y lo que se auia de proponer quando se juntassen en mi piesengu, y platicassen subre todo. Ellos se juntaron en mi camara poi dos vezes, y segun despues me hizo relacion el Duque, Iractaron sobre dos punclos. primero, que fuè lo que se deue preuenir y proueer para lo presente, pa sgiò que, visto en lo que el principe Andrea Doria estaua ) lo que A ai ^ Centuiion auia respondido tan deierniinadamente en lo del castillo, que n podia hazer, y que se veya que su fin era poner tiempo en medio, y procuiar de vr ganando cada dia auctoridad y suegeder en lo que agora el principe Doria tiene en aquella ciudad, que V. M., sin hazer nueua demostragion, deuia procurar no solo de no acresgentarle en autoridad, pero antes )ile quitan o la que tiene, porque suegediendo la muerte del principe Doiia, que, se_,un ( 253 ) raion, no podia tardar mucho, segun està viejo y decrepito, se hallaria con ellos mismos terminos que agora se està con el principe Doria. Tambien se platicò si conuenia que se acceptase lo que el Principe y el auian offre-scido, que procurarian que se diesse nueua orden en el gouierno y se redu-xesse a menor numero, y entrasen en el y tuuiessen voto los criados y ser-vidores de V. M que viuen en Genoua; y paresgiò que no conuenia ynten-tarse esta manera de reformagion de gouierno, porque ellos lo pornian a su modo, con el auctoridad que les ha dado V. M., y con dezir que eslo conuenia que se hiziesse por satisfazerle, porque no auia auido, ni ellos auian hallado, otra forma con que descabullirse de lo del castillo en que por parte de V. M. tan de veras se insistia, y que con esto ellos obligarian a los de la ciudad a que viniessen bien en quanto en esto se les pidiesse, y con el •autoridad de V. M. se le daua calor para salir con lo que querian, que seria causa para hazerlos mas difficiles y poner en mayor ymposibilidad el negozio ; porque estaua claro que los que agora pusiessen en el gouierno, corno les quedarian obligados, auian de ser de la misma opinion y parescer que ellos han sido. Paresciò por otra parie que sy se pudiesse esloruar con dexleridad, quando ellos lo yntentassen, para que no succediesse, que seria gran bien, porque lo vno ellos perderian auctoridad en no salir con elio, y lo otro se podrian en-longes apretar de parte de V. M. ; diziendo que pues no se auia salido con la reformagion que ellos dezian y les paresgia, y auian visto, corno no era remedio bastante, que conuenia mirar otro, y que de aqui se uernia a lo del castillo. Pero mirado y ponderado lodo, se resumiò que no conuenia que se yn-tentasse esta mudanga de gouierno, y se juzgò por mejor que se estuuiesse assy confuso de las dos pargialidades yndiferentemente, conio agora està, y que cuanto en mayor conl'usion se hallassen era lauto mas a proposilo para poderse attender a lo que se pretende. Tomada resolugion en que no se deuia procurar ni yntentar esta reforma-gion y reduction del gouierno, se plalicò en la forma que se deuria tener para desbaratarlo o ympedirlo; y apuntaronse dos medios. El primero que se le dexasse proponer, y el Embaxador de secreto hablasse y preuiniesse algunos de la otra pargialidad, para que en el Consejo, quando se tratasse dello, lo estoruassen, lleuando entendido que no era ni progedia de la voluntad de V. M. Pero hallaronse en esto muchas difficultades; y la pringipal que no podia dexar de sentirse por el Principe y Adan que se auia hecho este officio, se-rìaladamente por lo que los de la otra pargialidad querriau mostrarse en elio, de lo qual podrian succeder muchos yncouuenienles. El otro medio era que ( m ) yo le dixesse al pi incipe Doria qae el negocio era de tanto peso e ymportangia, |ue Io queria consultar con V. M., y que estando tan cerca de Nauidad, que es quando se suelen liazer los officios, antes que llegasse Ia respuesta de - M. sena passado el tiempo; y assi no auria que hablar en elio hasta de qui a \n aiio, y entretanto se veria Io que conuiniesse; y que este era utu camino paia poner tiempo en medio, y de que holgarian el Principe } e dicho Adan, a causa que ellos no uienen bien en elio, sino por mostrar que ha zen muy gran seruigio a V. M. En el segundo puncto, que es lo que se deuria hazer para asegurar aquella ciu ad en seiuigio de V. M. para despues de los dias de Andrea Doria, pi ebupue.sto que el remedio que se apuncta de sostener en ella vna buena guar a no es suIFigiente, sino solamente remiendo por no se poder mas, se p atico a, discutio mucho, y huuo diuersos paresgeres, aunque en vna cosa -e couformaion todos, en que por ninguna via se deuia romper la platica con el principe Doria y con Adan Centurion, ni cortar el hilo, sino antes persislir en e^te solo y ultimo remedio, que es el dei castillo, con la templanga y modo que à 'V. M. paresciesse. Lo que paresgiò a don Fernando fuè que pues se veja que las personas en quien estaua la principal auctoridad de aquella giudad, por auersela V. M. dado, no uenian bien en elio, que seria bien prouar de mouer esta platica con otros, y que estos auian de ser pocos y hombres a quien sy pudiesse dar speranga que V. M. les auia de hazer mucha merced y, a cada vno por sy, hazerle el mas principal hombre de aquella ciudad. Senalò tres, que fueron Antonio Doria, el coronel Augustin Espinola, y el cardenal Doria ; y que con cada vno destos se auia de hablar diuersamente, para sentir en lo que estauan y ynduzirlos a que viniessen bien en Io dei castillo. A Antonio Doria, con prometelle que V. M. le haria merced, y le daria fauor y auctoridad en aquella ciudad; el qual, segun su natura, parescia que por este medio se altraeria a venir a elio. AI coronel Augustin Espinola, que de suyo es aficionado seruidor de V. M., aunque principalmente el pornia esto delante y por aqui se auia de leuar, todauia hai ia mucho prometterle que V. M. le fauoresceria y haria merced, y le daria auctoridad para que fuesse el *mas pringipal hombre de aquella ciudad. Al cardenal Doria con prometterle que su hijo, que està foraxido, podria boluer, y seria fauorescido queriendo biuir en sosiego y dar prendas que vernia bien en esto de la fortaleza ; y que segun lo que se auia sentido dei mismo Cardenal, a quien don Fernando auia hablado sobresto otras vezes, se podia tener speranga que vernia bien en elio; y que a estos tres se le deuia encomendar mucho el secreto; y que aunque se tratasse con ellos, no se auia » ( 255 ) de dexar la platica con el principe Doria y con Adan Centurion, sino continuarla con los vnos y con los otros ; y que si los tres de que arriba se dice guardassen el secreto de lo qae sobre esto se le dixesse estaua bien, y quando no, qae le paresgia qae no podia succeder mal de que el principe y Adan enteudiessen que quando ellos no viniessen bien en elio, auia otros que serian parte para ella ; y que no se bablando sino en assegurar la giudad para despues de los dias de Andrea Doria, no ternia con razon causa de quexarse, y aunque podria ser que de gelos y miedo que por medio de otros no se acabasse, ellos uernian bien en lo que agora ponen tanta diflìcultad, y estan tan mal. A esto apunctò el Duque d’Alua que, aunque se conoscia bien la negessidad que auia de continuarse esla platica y dar orden en ella antes que fallesgiesse Andrea Doria, por lo qae despues podria sugeder, que le parusgia que te-niendole V. M. tanto respecto, y mandando, corno a el se lo auia scripto, que todo lo que en eslo se huuiesse de hazer fuesse con toda templanga y con voluntad del dicho Principe, y lleuandole su condigion, que el conoscia qual era, se deaia temer que el Pringipe, entendido esto, porque no era pos-sible dexar de llegar a su noticia, segun el poco secreto que enlre estos se guarda, corno muchas vezes suelen los hombres, y mas los de su edad, no se guiaria en esto por la razon, quanto se dexaria de lleuar por la passion, y se sentiria en gran manera dello; y aunque esto no huuiesse de ser causa para hazerle mudar de parlido, seria bastante con la auctoridad que V. M. tiene (la qual en ninguna manera se le auia de quitar) para esloruar y des-baratar todo quanto por otras vias se tralasse y tramasse, y senliria mucho la desconfianga que en esto del se ternia, y la cosa uernia a caer en muy grandes ynconuenientes y en eslado que quiga no se pudiesse boluer a su lugar, y que era menester mirar mucho si se deuia hablar a estos y corno para escusar los gelos y desconfianga que en esto se congibiria. El embaxador Figueroa anadiò a esto, que le parésgia que era ympossible, si a eslos se les hablasse en esta materia, tener secreto, porque cada vno dellos, senaladamente Antonio Doria y el cardenal Doria, tenian personas con quien còmunicauan y dauan parte de todas sus cosas. El primero a Hector de Fiesco, pariente del Conde de Fiesco y cunado del dicho Antonio, y el Cardenal a Juan Baplista Lercar, que ha sido muy apassionado por la parte frangesa, y que estos lo publicarian, aunque no fuesse por otra cosa, por hazer ostentagion y demostragion, que se le daua parte de los negogios y se hazia caudal dellos; y que de aqui se vernia a caer en muchos ynconue-niontes, y entre otros qae Adan Centurion viendo que no le salia su designo ( 256 ) de suegeder en la auctoridad elei pringip'i Doria, que el pretende, podria, teniendo conio tiene las fuergas de la galeras en su poder, y siendo corno es manoso, liazer tiro con ellas y salirse a la mar, y de ally congertarse con el Rey de Frangia, o estrechar a la ciudad de manera que pudiesse tornar a entrar en ella, y mouer algun tumulto y ponerla en dissension, y desta manera liazer su hecho; y que ya en esto el sabia el camino, porque quando Cesare Triuulgio tenia aquella ciudad por los frangeses, siendo el mayor amigo que tenia, fuè el primero que le engaiiò y se puso contra el, y trabajò que fuesse echado de la ciudad. A don Fernando paresciò que lo que desta platica se comunicasse a Antonio Doria y al Cardenal, lo ternian secreto por la enemislad que tienen con Andrea Doria y por su ynteresse particular, y que del coronel Augustin Espinola se podia tener toda seguridad que el lo callaria, ynsistiendo todauia en que no podia traer ynconueniente, aunque por el pringipe Doria y Adam se supiesse que se tractaua con otros; y que quando Adam hiziesse lo que el Embaxador apunclaua, lo que el no creya que haria , porque auenluraua a perder los dineros que V. M. le deue, que siempre suele ser buena quantidad, y los bienes que ha comprado eu el Estado de Mi/an, era de tanto menos ynconueniente perder las galeras y de tanto mayor beneficio podeise asseguiar de la ciudad por la uia que està dicha del castillo, que no auia comparagion en elio. El Embaxador dixo sobre esto que le paregia que seria bien liablai con estos tres y con algunos otros ciudadanos, corno pidiendoles paresger, diziendo que ya veyan el estado en que se hallauan las cosas de aquella ciudad, y que no estauan de manera que pudiessen durar assy, senaladamente muriendo Andrea Doria, que les paresgia de la orden que se podi ia dar p.ira as segurarla que se pudiesse conseruar en su libertad y en seiuicio de V. M., pues tanto beneficio les redondaua dello; y que donde hallase buena yncli nacion passaria adelante.a estreebar la platica y uenir a lo del caslillo, y donde no, la cortaria y se gerraria con solas estas palabras geneiales., las quales paresgiò a todos que eran de qualidad que se podian dezii sin 3 neon ueniente ninguno. El Duque d’Alua persistiò todauia que en ninguna manera se deuia hablar con estos en generai ni en particular en lo del caslillo, sin consultai lo a ^ ■ M. Discurriose particularmente en la persona de Antonio Doria, y eu lo que pretende que V. M. le dè auctoridad a el y a los otros criados y seruientes que Y. M. en aquella ciudad tiene, y que no la tuuiesse toda Andrea Doria, y otras cosas a este proposito, por donde paresgiò que seria mejor que el c 257 ) dicho Antonio Doria se faesse a Napoles, come’dige que lo quiere hazer, que no estuuiesse ally; porque, aunque para seruir no es tanta parie como el se liaze, para un tumulto seria mucha. Tambien se apunctò si seria bien dezir al principe Doria que el viesse si le paresgia que se hublasse con algunos ciudadanos en estos negogios, porque despues, quando viuiesse a su noticia, no lo tuuiesse por cosa nueua y se siutiesse dello; y paresgiò que 110 eia bien hazerlo sin consulta y expreso mandamiento de V. M. La resolucion fuè que 110 conuenia dar auctoridad a miger Adan, antes quitarle poco a poco Ia que lenia, sin sentir ni hazer nueua demostragion, por los fines que tiene. Que se estreche lo de la guardia, para que se ponga luego, y que a lo menos sean dcc ynfantes y no aya la dilacion que micer Adan pone, diziendo que ya se buscauan los dineros para la paga, porque seria de ynconueniente la largura y dilagion en eslo. Plalieose eu si seria bien que fuesse de alemaues, y resoluiose que no, porque no eran a proposito por muchas causas. Que espanoles no se acceptarian; que con ytalianos se eslaria en continuo cuydado por las platicas y tracios que se podian traer con ellos. Que se procurasse que el Capitan fuesse confidente, y si pudiesse ser Io que apuuctò Antonio Doria, que tuuiesse cargo de la guarda el embaxador Figueroa; en lo qudl no se cree que vernan jamas el Pringipe ni micer Adan. Que conuiene continuar la platica con estos, y que V. M. scriua al Pringipe, insistendo en lo del caslillo conforme a lo passado, no se satisfaziendo de los otros rernedios, porque, conio se vee, todos son de poco momento. Que cumple en todo caso procurar de assegurar lo de aquella ciudad para despues de los dias del pringipe Doria, y hablar con estos tres por la mejor manera que ser pudiesse, para que, suegediendo el caso, se sostuuiesse en seruicio de V. M., y se siguiesse el efieclo que agora se pretende del caslillo. El coronel Augustin Espinola offresgiò al Duque d’ Alua que quando viniesse a morir el pringipe Doria, el se Ifazia fuerte de con sus deudos y amigos sostener a Genoua en la deuogion de V. M., sin que hiziesse nouedad, entre-tanto que V. M. proueya lo que conuiuiesse a su seruigio y seguridad della, y que quan de veras habia esle en elio y en seruir en todo lo que para elio conuiniere. Paresgia al embaxador Figueroa que V. M. deuia hazer mas caso de aquella ciudad y no reduzirlo todo al Pringipe, y agradesgerles lo que auian hecho en mi venida allv mio u vezes darles razon’de otras co^™" ^ dm°Stracion de !,,nor’ 7 a'g™as cuenta con e„os^ S0 yncJinarj ; P°rqUe Con esto> viendo que se lenia que D0 e™ bien hazer nouedad JY T'0'0 M‘ A‘ ^ FreSfiò acostumbrado basta ao ' demostra cion ninguna en esto mas de lo sintiesse dello. U' 5 P°r 110 dar occasiou à que el pringipe Doria se en ,0 qae auiamos qued!dn 1,30131 ** |J™?'pe D°ria’ ,e dixe ^ >'a sabia siento de la cosas de a II" ^lle ^ p8nsasse en q116 conuenia para el as-‘assemos a p/aticar °mdad’ que viesse queria que nos jun- siguiente nos iuntamos • 1 ‘Xme ^ (JUa'J(J° me PJug'uiesse; 7 ass> el dia ciliarmente por lo c * ^ • ° ^ S6 ^atlc° 7 res°luiò vera V. M. parti- ay para qUe repetirio6enC està Cl DUCIUe ^ remitiendome a lo qual’ no drea Doria y eI cardenTn^ ^ CardeDal de Trent0 fJue eI Prin5'Pe Anfano entrellos de °na D° 6Stauan bien n* se hablauan, tornò la antes de mi partida J30610 qUe ^0S C0D9ertò y hizo amigos, y se hablaron de Genoua y seruicio cT ^ 3 pr°poS,£o Para ^ cILl‘etad de ^as cosas el hijo del Cardenal ° 6 ^ ^° ^ P°rque Por esta v'a se P°^eria reduzir con franceses c ' ^ ^ aDda^° en ^as P*aticas que V. M. aura entendido no eran ami^s ° lam^ea PorcIue > estando en esta conformidad, los que aqui succedian d^ |™“'pe ^or,a ballauan acogida en el Cardenal, y de resultar alonn °D ,.aD^as e yua cresciendo la enemistad de que pudiera embaxador° Fi* °I1UeniCDte' Sera bien, sy V. M. fuere seruido, scriuir al amistad v In rmTTi ^ IeS bab,6) y di°a ,0 fIue v- ha holgado desta A Geni garÙ qUe Se cominue anelante, duques de SairV05 6“baxadores de Venegia, Sena, y Luca, y de los cratampntP- ’ errara, y Mantua, a los quales he oydo y respondido Eulb' y' T“ emimd0' "“*•*> saLcio». y yo responTa S nT*’ ^ S' S" “ *spWl0 'J'1 ™ G8n“Ua; palabras «enerales miP I ,los p,CS Por ,a visila> y offresgiendome con cumplimiento en esto h Sena Siempre muy obediente hijo; y por lmer todo a visitarle y con el ' 16 em'}lado 3 ^on Diego de Azenedo mi mayordomo tambien he mandado^3 YÌSÌ‘ar 2 Duquesa de Camarin0 wi hermana ; don Juan de la 1W, 'aya a visilar al Duque y Republica de Venecia xadores las cartas cuv^ -10mbre C3Sa; y ,,euaron para J°S mba' EI Duque de VlorenL^T ? ““ Por Io que le scriuiò d'on dL^ lT r’ T m6 ^ ^ ^ ‘ ^ ego de Mendoca que conuenia que no se par- ( 259 ) tiesse de su Estado por causa de las cosas de Sena, embiò a visitarne con don Francisco su bijo, y con el vino don Pedro de Toledo y dos embaxa-dores, y me scribiò con ellos muy largo con la voluntad que suele emplearse en todas la cosas del seruicio de V. M. Yo le Le respondido corno me ha paresgido conuenir; y assy, si V. M. fuere seruido, le podrà mandar screuir agradesgiendo lo que en esto ha hecho. El cardenal Fernes y Octauio embiaron a visitarme; y yo les he respondido conforme a lo que se dize en la carta de don Diego de Mendoca , al qual paresciò auisar dello, porque si alla se alargassen en algo, supiesse la verdad de lo que auia passado. Tambien me li3n embiado a visitar con personas proprias, los cardenales de Burgos, de Rauenna ; y de Carpi, y Gambara y Cornaro y el de la Cueua me han scripto; y a todos se ha respondido corno ha paresgido conuenir (’). DOCUMENTO CXLV. Il principe Filippo al Figueroa , significandogli quanto da S. M. si risponde al D’ Oria, circa la pratica della ridetta fortezza. 1519, 23 gennaio (a) (Estado, Leg. 1380, fol. 222) Desde Dolce, a los xx deste, os escriuimos corno aureys visto. Despues ha llegado el correo mayor, que fuè despachado de Brussellas a los xi deste. Con el me responde S. M. a lo que se le escriuiò sobre las cosas dessa ciudad y assiemo y seguridad della, diziendo que a vos os escriue en mi creencia, y mandandome que yo os auise de su voluntad sobrellas. Lo que en effecto me dice es que ha holgado mucho di entender, por lo que le escriuiò de su mano el Duque d’Alua, la respuesta que el principe Doria me dio ultimamente sobre el hazer del castillo, y del medio que se deuia y conuenia usar (’) Nel mazzo 138 Estado , al foglio 215, si trova un sunto di questa importante Relazione. (’) Da Ala di Trento. ( 2G0 ) av liti ’ ' ^Ul? aUia Uniao a conoscer con effecto la gran necessidad que puede hazer S Zr h Tt°d Tf° S'“° “ “ * naturales de la ri, l i \ ^ pUl>S qU6; aunque al PnQCÌPio los liaa) f ' Puoc*an tener alguna malasaiisfaction.de que eslo se libertad ° ten eran como S. M. lo iiaze con zelo de manlenellos en su hazello ìa s'cmPre en ella; lo qual, si hallarà otra forma para esta mala ojì '’ ^‘° n° ^a^an^a> ba s^° mas contento de pasar perderse del CU 'JUe Por un rat0 ,e ternan, que vellos eu peligro de entendido ^ P°ique, aunque S. M. ha muchos dias que lo tiene assi poner tan rT ° am01 ^ resPect0 1ae tiene, no se lo auia querido pro-quan duca ,elC1 illlna^ani<-*nte hasta que el de suyo lo conosciesse y viesse promptanien ' eslauan ^as Cosas dessa ciudad, sino se protteya deste remedio dpnia eU,L' ' qae aSora3 entendida su resolucion, la .qual es conio del se ucLiifi spcr^p v je , ^ 3 ^ procede d >1 P°r ^ V° Sran(^lss'mo ca>’go, porque conosce que con ella ' j3™01 ^Ue s‘eniPre le ha tenido, no ha podido sino conformale que le 5 ^ e?bear que se ponga en effecto, y entender del el modo y orden voluutadPareSCe C]U8 S6 deUe t6ner Para ell°J Pero 'lue todo se ,iaga con SU o CuU“eJ0- ^e|-à bien, y assi os lo encamamos, que dandole las carlas ue o. M. y nnpmrac ai cjecj. . ~ ’ que van con esla, que son en vuestra creencia, le cado de ^ ^ nit^01 manera que vieredes conuenir, lo que S. M. ha hol- la volunf6^111^61 ^ reSpUJSla como axriba se dize, y en quanto ha eslimado . 11 ° y anicion que en elio ha mostrado, y como, siguiendo su parascer, prouee*5 ^ °r^eD C*Ue se ^eue tener en todo, porque con el se puedan dole la 05 C°"Sa:> necessarias; y Io mismo le pedireis de la nuestra, dicien-que fS,a° C01lfianza >’ seguridad que tenemos de su voluntad, y lo mucho y ( eUC a,llor flue yo le tengo, y a la quenta que hago de su persona, ! Se ^‘J°a un rnemorial de todo, para que, segun aquel, se prouea lo que y «e ™eneStei Para e^ect0 dello; y auisarnoseys luego de lo que passare ( 201 ) DOCUMENTO CXLVI. Lettera in cifra dello slesso Principe al medesimo Ambasciatore, isiruendolo circa il modo di governarsi col D’ Oria, per condurre a buon termine 1’ anzidetto negozio. 1549, 23 gennaio (') (Estado, Leg. 1580, fol. 223) Aunque por la carta que de vuestra mano scriuistes al Duque d’ Alua entendimos lo poco que se podia sperar del principe Doria, para durante sus dias, en el eflecto de lo que me dixo antes de mi partida, sobre el liazer del castillo dessa ciudad, todauia nos ha parescido, sin hazer sembiante dello, embiaros la carta de S. M. y la mia en vuestra creencia, ateniendonos a la promessa que entonces ne hizo. Las quales le dareys, diziendo lo que en la otra se os escriue (J), que le podreis mostrar; y teniendo la consideracion que se deue para lleuarle su condicion, procurareis con toda dexteridad que venga en lo que se pretende, y particularmente en hazer memoria! de lo que es menester para el effecto, porque de aquello se pueda entender el fin que tiene y escriuir a S. M. lo que en elio huuiere, y a todas las otras partes lo que conuenga; y pues, como sabeis, el negocio es de tanta qualidad y peso, no serà menester encomendaros que lo tracteis y encamineis con la prudencia y buena manera que soleis las cosas que S M. os encomienda, y auisarnos-eys con diligencia de lo que en todo huuiere y en lo que se resoluiere, porque, estando el tiempo tan adelante, no es bien perderlo en lo que se huuiere de hazer. Tambien dareys auiso d don Fernando de Gonzaga de lo que con el dicho Principe passaredes y el respondiere. (’) Da Ala di Trento. (s) Documento precedènte. ( m ) DOCUMENTO CXLVII. Li (tira dello stesso Principe a S M., nella quale si prova a sciogliere alcuno Ricolta poste innanzi da Cesare circa il disegno della fortezza. Per lo ciic toi na sulle cose di già esposte nella Relazione antecedentemente speditagli, e studiasi di meglio esplicare il concetto che gli sembra dover uscire dalle dichiarazioni del D’ Oria. Dimostra poi come l’erezione della fortezza medesima non sia lunga opera, nè debba riputarsi soverchiamente dispendiosa. 1549, 23 gennaio (’) (Estado, Leg. 1380, fol. 233-237) Teniendo firmada la caria que irà con esta, y estando para despachar a don Alonso de Aguilar, llegò el correo mayior con la carta de V. 11. de xi del presente, en que responde a las cosas de Genoua; en la qual dize que habiendo visto lo que el principe Doria respondiò, y la resolucion que en elio se tornò, y conformandose con aquello, les escriue a el y al embaxador Fi-gueroa en creencia mia, y manda que yo les escriua lo que sobre el caso ine paresciere conuenir, pero que por ser el negocio de Ja importancia que y que conuiene que se mire mucho la salida del, me ha querido aduerlir de algunas difficullades que en elio se le offreseen muy bien apunctadas, a las quales responderè primero, y despues dirè lo que siguiendo la orden de ^ • M. he mandado. La primera es que haber dado el principe Doria este parescer tan libre-mente, se podria temer que hubiesse sido por cumplir eoa V. M., y tener por otra parte entendido, como platico de las cosas de aquella ciudad, la difficultad que podria auer en exequutarlo, que seria una manera de dar salida al negocio con la impossibilidad que auria en la exequeion. A esto lo que puedo dezir a V. M. es, que yo tuue entonces este mismo temor, y el Duque d’Alua tambien lo apuntò en su carta; pero Ja determinacion del Principe vino sobre tener muy platicados los inconuenientes e impossibilidades que el nos propuso, para auerse de conseguir el fin que se pretende por otra via ninguna que por la fuerga, de la qual el no se escusaua de meier Ja mano, antes hacia H Da Roveredo, dove il Principe si recò lo slesso giorno 23, partendo da Ala. ( 2G5 ) fundamento qae con sus galeras se huuiesse de liazer, porque el dezir el que no le parescia que se debia hazer, estando sus galeras donde estauan, no era quererlas tener fuera de Ia faction que se auia de hazer si no fuera de la Darsena donde entonces se hallauan, porque dixo que sy todauia parescia que se exequulasse, la chusma estaua dentro, solo faltaua la gente de cabo, la qual en una noche se meteria; de manera que por estas cosas dichas, y por otras muchas palabras que el dixo en el processo del negocio, offrescien-dose a la exequucion dello, paresce que no solamente no queria el descar-garse de la empresa, pero ser el executor della, y quando el no estuuiesse tan claro en el negocio, que se teniesse lo que V. M. apunta de querer que se comengasse el juego ysaliese el afuera, eslo podria el hazer como hombre, como Y. M. dice, que sabe los humores de alli mejor que los que por parte de V. M. negocian con el, si el eflecto se liuuiera por via de negociacion. Pero estando ya resuelto que no se puede hacer sino por la via de la fuerga, solamente queda dezir esta fuerga como y de que manera se ha de usar della; y esto tambien lo entenderan los ministros de V. M. como el, y pre-guntandole la forma que le paresce se deue tener en la exequucion desto, se emenderà nanamente sy la que el dà es hazedera o no, y en aquello claramente se uerà su intencion ; y vista aquella, Y. M. podrà mandar o aceptalla y pouella en exequucion viendo ser la que conuiene, o replicalle, no siendo tal, lo que al tiempo parescerà conuenir. La otra dificullad que a V. M. se le ofTresce es la comun à todos los negocios, que es la falta de dinero; y esta yo la tendria por muy grande, si la summa fuesse tan grande como lo que V. M. por su carta significa entender que lo seria; lo qual a mi no me paresce, mirandolo muy particularmente, porque este efecto se auria de hazer con soldados espainoles, y estos no los ay sino los que el Virrey de Napoles daria de aquel Reyno, y los que don Fernando de Gonzaga podria escusar de los que estan en el Piamonte, que aunque para otros effectos se ha escusado, pienso no lo haria para este, porque entiende lo que cumple al seruicio de V. M. que eslo se haga, y su hazienda y su sangre creo yo que pondria el por elio; y estos soldados que el uno y el olro diesse los pagarian de donde agora se pagan el tiempo que alli hubiesse necessidad de tenellos, lo qual no podria ser por mas que ires o quattro meses que tardaria de ponerse en defensa el Castilleto, el qual hemos visto agora muy particularmente. y nos ha parescido ser el mejor silio que se podia elegir, y que con mayor facilidad se podria poner en defensa y fortificar; de manera que la costa seria en estas tres maneras, sobre que agora yo escriuo a V. M., y la fabrica del castillo, y despues el entre- ( 264 ) temmiento del, lo qual despues que estuuiese a manos do V. M. podria ar que la ciudad acortasse de la guarda que al presente tiene, y ayu-l'U el entietcnimiento, pues aquel es la guardia verdadera, y entonces ' an entendido tornarle V. M. por tal y no para olro elFecto; y a esto ayu- Dui u^1^0*10 G^ÙS ant*auaQ aS01'a> segua. Adam Centurion lo dixo al ^ ‘ ua’ ou <^11 renta perpetua para el entreteuimienlo desta guardia <] a presente tienen, y que auian ya auido alguna parte dello; y siendo el o' to no mas desio que yo me persuado que seria,'no tendria por gran dif-que se sacasse de Espana la mayor suma de algun expediente, el q al pi esente jo no podria dezir à V. Al., parlicularmente sin que se uiu.t sobiello, a que estotros Estados de V. M. ayudassen con alguna poca quantidad, que seria la resta. Otra cosa se sellala en la dicha carta, que paresce que V. 31. entiende que a costa de la ciudad se deuia tener guarda, y que se pusiesse persona cou-ent“ i.on ella. Lo que en eslo me paresce es que, pues este elFecto se ha e h.izer con los soldados arriba dichos, no ay que tractar al presente hasta tanlo que el effecio se haga; entonces el tracio serà mandar V. M. lo que e pai esceià ser juslo; y con esto queda respondido tambien Jo del Capitan. Lo demas que se dize, que, haziendose esta empresa, se impedirà la de ^ ragut Arraez, el.o es assi; pero ay tanta differenza de la importanza e lo uno a lo otro quanto M. vee, y por las cartas que estauan escriptas emenderà como acà se entiende. 10 *ie d'eho a \. M. lo que entiendo sobre las diflìcultades que en su carta vienen muy bien consideradas y apuntadas, y por remitirmelo V. M., } ser el tiempo ya tan addante que se perderia mucho con qualquiera dilacion, no embargante lo que agora de nueuo se embia a V. 31., Jo qual pa.esce ayudar a las consideraciones que V. M. ha hecho en este negocio, me ha parescido seguir lo que, por una carta que el Duque d’Alua con don Alonso de Aguilar tenia escripta, V. 31. vera sobre lo que parescia que se deuia hazer; y assi embio la carta de V. M. para el principe Doria, y otra mia en creencia del embaxador Figueroa ('); y a el le esciivo lo que V. M. podrà mandar ver por la copia que con esta yrà, porque podria ser que Mendo como V. M. lo accepla, y conio se le dice tan apretadamente quan perdido estaua lo de alli sin este postrer remedio, lo qual hasta agora siempre -e le ha dicho con algun respecto, y agora se le dirà como a hombre que esl<* ya en lo que 31.,no dandonos por enlendidos de lo que poslreramente (’) V. Documento seguente. ( 265 ) el embaxador Figueroa dize aver entendido qae le cargasse tanto esto que pesasse mas que las persuasiones de miger Adam, porque este enfermo he nuedo que està ya en terminos que es menester curalle por hombre muerto. Valga lo que caliere; y hasta tener respuesta del Embaxador, no he querido embiar las cartas que venian eu creencia mia para los Yisoreyes de Napoles y Sicilia, y don Diego de Alendoca, porque no es aun tiempo, ny se puede saber lo que se les auria de escriuir, y seria pubiicar el negocio. Quando Io sea, se le embiaran, y se les escriuerà lo que conuenga. A don Fernando de Gonzaga he escripto, auisandole de lo que V. M. manda, y de lo que al embaxador Figueroa se escriue para que lo tenga entendido, y, como hombre que se ha hallado presente a lodo lo que se ha platicado, piense en elio, para que vislo lo que responderà el Embaxador, de lo qual le he mandado que le auise, me pueda embiar su parescer sobre todo. Venida Ja respuesta del dicho Embaxador de lo que con el Principe passare, se vera lo que mas se deurà proueer, y se darà a Ja hora auiso a V. AI. de lodo. DOCUMENTO CXLVIII. Risposta del Figueroa a S. A., dandole notizia del iisultalo affatto negativo delle ulteriori pratiche fatte appo il D’Oria. Il quale mette in campo una proposta del tutto nuova ; cioè che S. M. dia a S. A. l’investitura dello Stato di Milano , aggiuntovi quello della Repubblica di Genova. Su che si fanno alquante considerazioni. 1540, 29 gennaio (Estado, Leg. 1380, fol. 78) A los xxv del presente recibi dos cartas de V. A. de los xxm de enero ('), y con ellas las qae venian de S. AI. para el Principe y para mi; y assi por la que S. AI. me mandò scriuir, como por las de V. A., he visto lo que a S. AI. y a V. A. occurre que se negocie con el Principe. Al qual yo dì luego sus cartas; y en virtud de la creencia de V. A. le dixe lo que eu ellas se cou-tecia, y lo demas que me paresciò para el buen enderego del negocio, ponien- (’) Documenti CXLV c CXLV1. ( 2G6 ) dole delante el seruicio de S. M. y de V. A., y la confianca que de su persona ternan, y tambien Io que tocaua a' su posteridad. Respondioine que ya yo sabia Io que se hauia tractado delante de V. A., que era que el no se confiaua de poder traer a este pueblo que se salisficiesen que se hiziesse el castillo, y si auia alguna persona que tuuiesse tanta parte en la ciudad que pensasse podello acabar, que el se contentarla dello, y holgaria que se hiciesse, mas que juzgaua ijue esto no se podria acabar por esta via, y que seria menester tentar la via de la fuerca, la qual no se auia de hazer sino estando las galeras fuera de la Darsena, y que S. M. se contentasse y mandasse que se prouasse Ia fuerca; que agora veya lo que yo le dezia en virtud de la creencia de V. A., y que a el no Je auian deinandado que dixesse su parescer si era bien prouar està fuerga, o no, que por esto no Io auia dicho; que agora no veya causa justa por doude S. M. ny V. A. se deuian mouer a hazer esla luerga, porque demas de poner la cosa en condicion, podria ser causa que se mouiesse alguna guerra que fuesse causa de mayor daiio a Ia cosas de S. M., demas que en elio aquislaria mal nombre no solamente en esta ciudad, mas en toda Italia, porque en el assiento que el hizo con S. M. quando vino a su seruicio se capitulo que pornia esta ciudad en libertad y la manternia en ella, y le daria fauor y ayuda para contra quien la quissiesse perturbar; que por todas estas razones le parescia que no hauia causa justa para hazelle fuerga, y tanto mas que eslaua en manos de S. 31. de podella hazer siempre que quisiesse. Yo le respondi que bien sabia que despues que S. 31. Ia puso en libertad, nunca auia pensado de quilarsela, antes de defendella, y que assi Io auia hecho, como auia visto, con gente y con dineros, y que ultimamente quando el Rey de Francia vino a Turin, creyendo que traya algun designo contra esla ciudad, S. 31. me auia ordenado que contribuyesse en Ia mitad dei gasto extraordinario, que despues que succediò lo del Conde, y la ofiensa que recibiò el en su sangre y hazienda, S. 31. auia pensado en ase-gurarse desta ciudad, no paia quitalle la libertad, mas para conseruarsela, y para que su posteridad tuuiesse mas preeminencia y auctoridad que las otras casas. Respondiome que Io que auia succedido fuè por mano de un particular, y no de toda la ciudad. A lo qual yo tornò a replicar lo que me paresciò. Al fin dixo que esto le parescia a el, mas que por ser cosa de tanta qualidad que era bien dormir sobrello y pensallo bien, y que el por su parte lo haria, y que yo lo hiziesse por la mia. Esto era el sabado; y el domingo despues de comer yo tornò alla, y hallele muy acompariado, y no le dixe ninguna cosa, mas que concertò con el de boluer el dia siguiente despues de corner; y por presto que fui, ballò alli a miger Adam, con quien creo yo que hauia ( 207 ) comumcado el npgocio; y dixome que no liallaua camino para que se pudiesse liazer lo del castillo, porque para elio seria menester tener tres mill soldados, y el gasto del caslillo que seria menester gran suma de dinero, demas que estos no podrian conseruar en paz esta ciudad, y pensarian en darse al diablo por no verse subjectos; que le liauia occurrido una cosa, que le parescia que seria mucho al proposito, que S. M. diesse la inuestitura del Estado de Milan a V. A. y que se juntasse con ella esla Republica, lo qual el procuraria que se hiziesse, y que en caso que se hiziesse y lo rehusasse‘entonces, auria lugar la fuerga, y S. M. ternia justa causa de hazello. Yo le dixe que seria bien que el lo escriuiesse a V. A. o a S. M. Dixome que bastaua que me lo dixesse a mi, pues yo se lo dezia de parie de S. M. y de V. A., que a el no le hauia escripto ninguna cosa. Tambien le repliquè si esto seria bastante cautela para que S. M. y V. A. estuuiessen seguros. Dixo que el no lo podia prometer, mas que pensaua que sì, mayormente durante la vida de S. M., que Dios prospere por muchos ailos; porque con su grandeza tedo se puede conseruar, mayormente teniendo estos necessidad del trafico de Milan, que sin el no pueden biuir, y que el que es Seiior de Milan lo es de Genoua, y mayormente S. M. Yo conozco que son buenas razones las que el Principe dice, y que se puede creer todo lo que dize si fuessen todos de su voluntad; mas, como este negocio sea de tanta importanza, no se puede hombre assegurar que 110 pueda auer otro ciudadino tan loco conio el passado, aunque 110 ay ninguno que tuuiesse el aucloridad y aparejo de su estado para emprendello conio el en persona para elio , y mas teniendo la vezindad que tenemos y la libertad y liuiandad desta gente, y sus passiones unos con otros, yo no me aseguro tan enteramente de lo que el Principe dize; bien creo que durante su vida que no aura nouedad, mas despues della yo querria tener alguna prenda que fuesse mas cercaria aqui que en el Estado de Milan ; y si se pudiesse acabar con eslos que esta guardia que aqui tienen fuesse de tudescos, me parece que nos podriamos conseruar con los que soa seruidores de S M. Si paresciere a Y. A. que se platique con el Principe, mandeme auisar dello, porque, a mi parescer, seria mucha seguridad y parte para lo que agora se plaliea, porque en vida del Principe yo no pienso que se pueda acabar ninguna cosa de lo que se ha tratado con el. Dios lo guie conio conuiene al seruicio de S. M. y de V. A. Despues de auer tratado sobre esta materia, me mostrò las nueuas que terna de Dorgut Arraez por via de un forzado que se rescalò y partiò de las Gelues a los x de diziembre; lo qual vera V. A. mas particularmenle por la relacion que dello el Principe embia a Y. A. El qual me ha dicho que este 19 ( 268 ) negocio tiene necessidad de remedio, y presto; [torque de otra manera este corsario se harà tan grande, que no se pueda con el, y desharà las yslas de Cerdena y Sicilia; y qae assy lo escriue a V. M. Ayer llegò aqui un correo que partiò de Valladolid a los xvn de enero, y refere que el Serenissimo Principe y Princesa con la Serenissima Infanta v Infante teniaa salud, y que eran llegadas a Seuilla quatro naues de las Indias que trayan un millon de oro. Lo de aqui està quieto. DOCUMENTO CXLIX. Il Gonzaga al principe Don Filippo. Quale sia il più recondito e vero concetto che scaturisce da tutte le manovre e tergiversazioni del D’Oria. Pessimi effetti che ne potrebbero risultare alla causa di S. M., se questa non procura di paralizzarli, dichiarando francamente a’ genovesi il progetto d’erezione della fortezza. 11 quale procedimento non solo è scevro da ogni inconveniente, ma condurrebbe seco i più grandi vantaggi pel presente e per 1’ avvenire, fino ad agevolare l'effettuazione di un somigliante disegno nella città di Siena. 1549, 6 febbraio (Estado, Leg. 1380, fol. 212-14) Altissimo et poderoso Signore. Per lettere de lo ambassatore Figueroa ho inteso ciò che gli occorse con il principe Doria, in esecutione di quanto V. A. gli comandò per lo ultimo dispaccio, et sonmi assai doluto che un effetto stato promesso tanto liberamente , et che tanto importa al seruigio di S. M. et di V. A., sia hora ritardato et fatto difficile da quel medesimo che l’ha promesso et che più do-uria per debito suo facilitarlo. Et per obbedire a V. A., nel darle il parer mio come Ella mi commise, dico che quella prima parte che allega il principe Doria, de la spesa et del tempo che anderia nel fare il castello, ò vana, perchè, quando si dessero con diligenza quelle cose che bisognassero per la fabrica, Gio. Maria ingegnerò me ha di nuouo detto et affermato che in un mese egli ridurria in fortezza quel Castelleto vecchio che è il sito disegnato. Ma, posto che vi corressero più mesi di tempo, ciò non sarebbe an- ( 269 ) clic molto; ei correndoci poco icmpo, non ci può correre tanta spesa, che, rispetto a la importanza di che si traila, non sia poca. Ne la seconda parte poi, doue propone quello spediente de la inuestitura, apertamente si contradice il principe D’Oria, per ciò che vuole che sia cosa ingiusta, el un andar contra le capitulationi che S. M. fece, il fare de la foriezza che noi proponiamo con il consentimento dei genouesi et con quelle condilioni che essi possono saper domandare per conserualione de la libertà loro; et vuole che sia giusta cosa, non accettando essi la inuestitura (la qual comprende il dominio libero de la città), far loro manifesta forza, senza hauer alcun risguardo a la libertà. El questa è una spetie di parlare che egli sempre ha usala per lo passato, quando, stretto da le ragioni et dal debito suo, non hauiendo risposta alcuna valida in contrario , ha voluto disbaratar questa pratica. Onde si può hormai far questa conclusione al sicuro, che il principe D’ Oria eui-dentemente conosca quello che si propone esser salutare a la patria sua et al seruigio di S. M. el de V. A., ma potere in lui, molto più che questa ragione, 1’ambitione dell’esser tenuto padre de la patria, et la persuasione et forza di coloro che lo gouernano; i quali pensando dapoi, la morte di lui, di fare i fatti loro sotto l’ombra di S. M. et di V. A., si ingegnano diuertirlo dal diritto camino. Hor poi che la cosa che il principe D’Oria propone, vuole egli stesso che si abbia a far per forza , et S. M. et V. A. sono deliberati di non metter mano a la forza, et ragioneuolmente (per non entrare in molte difficoltà, ct per non recarsi calunnie addosso), pare che non accada farui fondamento sopra, come cosa non solo diffìcile, ma contraria a la mente di S. M. et di V. A.: ma pare che si debba, come fu la resolutione presa in Genoua, cominciare ad abbassare quelle persone che hora contrastano per disegni loro, et inalzar quelle che adheriscono al desiderio di S. M., et con lo andare di mano in mano trattando et disponendo le cose di là, di maniera che dopo la vita di esso Principe, si possa conseguire 1’ effetto che*adesso non si è potuto conseguire; et questo sarà per hora il migliore rimedio. Ma perchè si ha da credere che i sopradelti contrarii, spinti da la auidità loro, faranno di molti caltiui offici per impedire et per hora et per sempre il detto effetto, ct pubblicheranno per la città tulio quello che si è negociato a lor modo, et dipingeranno l’animo di S. M. violento, et finalmente maligneranno la sua buona intencione, figurando grandissima soggetione in caso che si lascino condurre a consentire al far del castello, mi è occorso a l’opposto di questo quello che qui solto dirò liberamente a V. A., per non tacerle cosa mai che io creda che le possa portar seruigio; et è, che io vorrei che, inanzi ad ogni ( 270 ) altra cosa, si leuasse il credilo a’sopradetli maligni, si che volendo malignare di qui a dopo la morie del principe D’Oria, non potessero; et per far queslo vorrei che, anticipando et pigliando la mano noi stessi, notificassimo il diseguo che si è hauuto con una proposta a’ genouesi di questo tenore. Che S. Al., poiché seguì quel disordine del Conte di Fiesco, hauendo conosciuto il pericolo nel quale staunno le cose di quella città, di essere occupate et dominale da la temerità di particolari cittadini et da persone ingorde, et essendo il seruigio di S. M. tanto congiunto con il benefìcio loro, che non può non hauere quella gelosia et cura de le cose di essi che ha delle cose proprie, nè non portar loro quell’ islesso amore, ha continuamente pensato d’ allora in qua ai remedii che ci sarebbano per conseruar la quiete et libertà loro, et la deuotione che essi le portano; et che dopo lunghe considerationi et di-uerse, desiderarla che si fondasse un castello, il quale hauesse a star in mano di S. M. per freno degli insolenti et inquieti, et per sicurtà de’ buoni et pacifici; et che, per hauer questo nome di castello non so cbe di graue in prima faccia, S. M. dichiara et vuole che sappiano ohe ella non intende che le sia dato in mano, nè di accettarlo, se non con tutti quei capitoli et tutte quelle conditioni che essi sapranno addimandare per saluezza de la libertà loro presente et futura, mentre durerà la sucessione di lei; perchè ella niuna altra cosa pretende di fare, se non conseruarli lungamente liberi, a sua deuotione, da le ingorde voglie di coloro che cercano di opprimergli, et per queslo viene con essi a la libera, et procede chiaramente, come possono vedere per questa proposta, per ciò che vuole che questa chiarezza el sincerità sia lor argomento de la buona intencione con che si muoue ; et che una de le principali cause che lo confermano in questa opinione et rimedio del castello, è ricordarsi che quella Republica fa grossissima spesa per assicurarsi, e nondimeno sla sempre nel medesimo pericolo; et pare a lei che il castello farebbe questo primo beneficio, olire a lutti gli altri, che gli disgrauaria in gran parte di detla spesa, conciossiachè doue hora mantengono otto o settecento fanti, all’ hora ne hauerebbono a mantener dugento soli nel castello, el cento o cenlo cinquanta nel Palazzo, afrancando la spesa di tutto il resto, et, come è delto, essi sarebbono sicuri doue hora non sono tali ; et finalmente, che, giudicando S. M. questo rimedio essere necessarissimo, non ha voluto mancar di anteporlo, perchè doue essi non lo giudichino tale, et non se ne contentino, almeno conoschino il buon animo di S. AI., l’amore che lor porta, et la cura che tiene di quella pratica; el ella, per quel che le locca, non si possa dolere di hauer mancato a sè medesima in alcun tempo. Et qui ag-giugnere o scemar quello che meglio paresse. ( 271 ) Nel far qu'sta proposta, si lia da considerare quei beni et quei mali che ne possono nascere. Male alcuuo a me non souuiene che ne possa seguile, perchè quanto al pubblicarsi il disegno di S. M., già egli è pubblico per tutto per opera dei predetti interessati ; ma ci è questa differenza tra il pu-b,icario essi et il publicarlo noi, che essi lo hanno pubblicalo et dipinto falso a modo loro et con malignità, et noi lo publicheremo vero. Et il falto è in sè tanto honesto e giustificato, che se ]’hau?rlo i sopradeiti figurato al contrario non ha fin hora produtto scandalo, manco lo produrrà quando da’ ministri di S. M. el di V, A. verrà publicato con tanta honestà ; anzi, pensando io a la replica peggiore che i genouesi possano fare a questa proposta di S. M. cosi amoreuole, io non so veder qual ella si possa essere, se non ringraziando S. M. del buon animo suo, et certificarla che essi non pretermetteranno fatica nè spesa alcuna, nè alcun pericolo per eonseruarsi a sua deuotione et seruigio, senza che S. il. entri per cagion loro in altra sollecitudine o cura di castello, eie.; et forse si estenderanno a dire quello che più volte hanno dello, che ci si conserueranno per se stessi infili cbe potranno, et con;e più non possino, haueranno ricorso da S. M. La qual offerta già è un caparro che ci danno di lasciarsi gouernare da V. A. fra qualche tempo, per ciò cbe senza dubbio essi uon possono lungamente sostenersi col gouerno prese.ite. Ma quel bene che nasce da colai proposta, è il caparro et I’ arra supra-detla, con la quale la pratica vien intonata et incominciata per altro tempo. L’altro bene è, che con quella syncerilà et lealtà, et con notificar la mente di S. M. buona et vera, et non falsa, come forse è stata loro notificata, viene a leuarsi il credito a tutti i maligni, et a certificare ciascuuo che in animo di S. M. non capi mai desiderio nè sete di dominarli, nè di far loro forza. Onde disingannalo il pubblico che S. M. non vuol altro se non conseruarli liberi el in pace, ma deuoti suoi et in suo seruigio, in luogo di biasimarla o di odiarla, la loderìano et l’amerìano di bontà et di prouidenza et di ainoreuolezza uerso loro; il che sarebbe come un altro caparro. Terzo: molti particolari cittadini buoni, i quali conoscono di che frutto può loro essere la fortezza, ma non parlano per tema di essere oppressi, et molli altri che forse non hanno saputo la verità, sapendola, parlerebbono, et se non al presente almeno ad altro tempo, che tanto giouasse quanto hora; che pur sarebbe un terzo caparro di quello diesi disegna. Quarto: quei che temessero di violenza per le persuasioni dei caltiui, et designassero qualche trattato, si assicurariano a viuere sotto l’ombra di così buono et giusto Principe. Et quinto alfine : quando si tratterà un’ altra volta di questo negocio, dopo la morte del principe D’Oria, non parerà nè nuouo (essendo stato di tanto tempo ( 272 ) innanzi daio a considerare et ruminare in pubblico), nò duro, come parebbe se si aspellasse a proponer Ja fortezza al tempo cbe si volesse fare. Altrimenti, se questo modo non si tiene al presento, per assicurare il publico et il particolare, nè adesso nè in altro tempo si potrà hauere speranza di ottener 1 intento nostro, perchè come noi con la sopradetta proposta leueremo il credito a’ maligni, cosi i maligni leueranno, tacendo noi, il credito a buoni; dico a quei tali che hora seguono et adheriscono a la voglia di S. M. et di V. A., onde quante volte S. M. o V. A., o ministri o gente di que.le, passeranno per lo luogo, il pubblico, mal informato et sospinto, farà di quelle insolentie che V. A. vide quel poco tempo che ella stette in quella citta, in pochissima riputatione di amendue ('); et fatto una volta insolente il popolo* et timido del castigo, la cosa non ha più entratura nè rimedio alcuno, se non che per forza bisogua che rouini et precipiti, con quel pericolo de le cose di S. M. et di V. A. che più volte si è considerato. Et per risponder ad ogni capo, dice l’ambassatore Figueroa che potendosi ottenere dai genouesi che la guardia che tengono la tenessero di alemanni, si potrebbe star con sicurtà. Dico che io non ho l’alemanno per buono a combattere ne la città, perchè ne la città vi ha bisogno principalmente di arcobugi, el i tedeschi non ne usano se non pochi, et sono piuttosto huo-mini da campagna. Ma in questo proposito dirò bene quel cbe mi oceoi re; cbe se i genouesi accennassero che più fossero per essere loro cari i tedeschi (') Avendo certi spagnuoli morto un ciltadino genovese, il popolo grandemente si commosse; e stava per pigliare aspra vendetta sovra un cinquanta di que mercenarii, che si erano affortificati entro una casa nelle vicinanze del Molo. Ciò accadeva iniorno alla mezzanotte del 5 dicembre; quando, mercè 1 intervento del colonnello Spinola, quel minaccioso attruppamento si sciolse. Ma non per questo cessarono i rumori; chè anzi, il dì 6, dovendosi condurre dalle carceri di Palazzo alle galere di don Bernardino di Mendozza un gentiluomo spagnuolo, per nome Antonio d’Arze, reo d’omicidio, ed essendosi a tale effetto presentalo al Palazzo medesimo un drappello comandalo dall’algua-Zlle Girolamo Vallejo, le truppe del presidio gliene impedirono a mano armala 1 ingresso, e ne ebbero feriti alcuni ed altri uccisi. Divulgaiasi intanto la notizia del faito, e credendosi che gli spagnuoli avessero proditoriamente voluta occupare la residenza della Signoria, il popolo die’ tosto di piglio alle armi, e corse in piazza, deliberato di fare man bassa sulla truppa cesarea. Però l’autorità del Doge e dei Governatori, scongiurò ogni eccesso; e più valse quella del DOria, il quale, facendosi portare in seggiola per la città, ricondusse finalmente la calma negli animi. ( 275 ) nel castello che altra natione, si potrebbe loro proponere et promettere di tc-nerui i tedeschi dentro, sotto però capo spagnuolo; perchè, per mio ginditio, V. A. potrebbe fidarsene interamente, massime essendo gouernati da persona destra; perchè li alemanni non fecero mai tradimento, che io mi ricordi, anzi osseruarono sempre, fin a morire, quel loro giuramento che sogliono dare al Principe a cui promettono di seruire. Questo è il parer mio; col quale mi sono tanto disteso, perchè la materia il ricerca. Ma io l’ho dato puro et sincero, come è l’animo mio nel seruigio di S. M. et di V. A., rimettendomi però sempre a quello che giudicheranno le MM. VV. douer essere più lor seruigio, et a la determinatione che faranno sopra di ciò. Et per concludere, dico che tanto più mi confermo in questa mia opinione, quanto che, venendo esseguita , viene a mio giudicio, a giustificarsi ancora 1’ altro negocio di Siena, et a darsi questo da dire et da considerare a le genti: che S. M. cornette che si faccia il castello in Siena, perchè i sanesi ne la supplicano, mandando 1’ambassatore a domandarle forma di viuere et legge ( sì come V. A. è stala informata che manderanno per opera di don Diego de Mendoca et mia, quanto prima S. M. si risolua circa quelle cose), et lascia di commettere che si faccia in Genoua, benché iui sia altrettanto necessario, solo perchè i genouesi non se ne contentano ; che è segno manifesto de la sua bontà et modestia, non volendo sforzare mai i popoli che le sono soggetti a far cosa che sia contra la voglia et sodisfatione loro, beuchè sia salutifera a quelli et necessaria. Humilmente bacio le mani di V. A. De Milano, a’ vi de febbraio 1549. ( 274 ) DOCUMENTO CL. Il principe Filippo a suo padre. Ulteriori considerazioni circa le varie proposte avanzate dal D’Oria , sopra le quali non può farsi alcuno ass'gnamento. Nicessiti di premunirsi fin d’ora contro i tentativi di innovazioni, a cui, in Genova, la morte dello stesso D’Oria potrebbe dar luogo. 1549. 13 febbraio C) (Estado, Leg. 1380, fol. 2-ìO-il ) A Su Magestad. El despacho que scriui a V. M. ultimamente, que esperaua de don Fernando de Gonzaga para poder escriuir lo que me parescia sobre las cosas de Genoua, llegò. que esla carta que yrà con esta; vista la qual y el estado en que al presente estan la cosas de aquella ciudad, y lo que con el principe Doria de palabra y por escripto se ha passado, y lo que agora ultimamente por la carta del Embaxador de xxix de encra se entiende , y aulendolo co-municado con el Duque D’AIua, me paresce que se deuen mirar dos cosas: lo que al presente se deue resporider a la dicha ultima carta, que seran dos punctos, y lo que para el remedio del peligro en que aquella ciudad està se deue hazer, y preuenir para adelante. Lo primero, porque el principe Doria paresce que apunta querer cargar a \ . M., diziendo que quando el vino a su seruicio prometiò a aquella ciudad de mantenella en su libertad, y que agora no veya causa, ni ella hauia hecho desseruicio despues acà, para querer V. M. yr contra lo prometido. Se deue V. M. descargar desto, ordenando al Embaxador que, respondiendo a esto, le diga que V. M. nunca ha tenido fin, ny le tiene, de querer quilar la libertad a aquella ciudad, antes de mantenerla en ella, y para esto buscar todos los remedios que le han parescido conucnientes, y que de tener esta intencion es el dicho Principe buen testigo, pues quando el propuso al Cuque D’Alua que V. M. metiese un Gouernador en la ciudad, y la tuuiesse a su mano, porque por los muchos gastos, assi ordinarios como extraordinarios, que aquella ciudad unia, y la poca possibilidad para podellos sostener, y la poca libertad 0) Dal monastero di Erbesperg. ( 275 ) que aquellos seiiores del Gouierno tenian en el liazer justicia coutra los que machinauan cosas contra ella, era impossible poderse sostener, el Duque, teniendo sabida la voluntad de V. Al., le respondiò que V. AI. no lo acceptaria, viendo yr aquello derechaniente contra su libertad ; y en conformidad desto le respondiò V. AI.; v de no bauer querido V. AI. aceplar esto por la causa dicba , se vino despues, por tantas cartas, y platicas a adelgazar tanto este negocio, que no quedò cosa de quantas se podiau yniaginar ser a proposito para el remedio dello, que no se tratase muy particularmente; y de todas se entendiò no hauer ninguna sufficiente a lo que se pretendia, sino lo del castillo, lo qual el ultimamente, en el postrero consejo que com:go se tuuo en Genoua, propuso se deuia hazer, por no hauer otro de todos los por el y por otros propuesto. Assi que en esto las vezes que*V. Al. ha salido a elio ha sido por su parescer del, y en aquelia particularidad de poner gouernador rehusandolo conio està dicho. Lo segundo como hasta aqui se ha trabajado con el sobre dos puntos : el uno de hazelle entender el p'-ligro en que aquella ciudad està niienlras no tuuiere castillo; y el otro persuadilij a el a que estè bien en que se haga y ayude a elio; tornar el primero, propouiendo mucho mayores los inconuenientes, y yr cresciendo cada dia el peligro, o dexar; el segundo del pedille que lo negocie, sino antes dezille que no embargante que V. Al. vee el peligro como arriba està dicho, no quiere iusistirle eu elio, porque de la ynstancia que con el se hiziesse sobre elio paresce se podria sacar poco o ningun fructo, y se podria venir a caer en algun grande inconueniente; porque yo tengo por cierto que en sus dias, a lo nienos, mientras tuuiere al lado los que agora tiene, nunca verna en querer que se effectue lo del caslillo ni por bien ni por mal, y si bien viniesse en querer procurar que con voluntad de la ciudad se hiziesse, tengo por cierto que no bastaria lodo lo que el puede, aunque se empleasse en elio toda la buena voluntad que se podria desear; y si no lo hiziesse con tal, entendiendo el mejor que nadie lo poco que en elio podria, conio lo tiene ya dicho, podrà de importunado querir cumplir, con decir que lo quiere proponer y negociar ; y aqui se vendria a caer en el inconueuienie que V. AI. por la carta de xi de enero apUnta, que se ad-uierta no quiera el Principe meter la negociacion en Genoua a termino que el se pueda salir della, y V. Al. quede embaragnda y perdida reputacion, y sin el buen credito cou que agora està, de manera que ya viendo el processo que el principe Doria ha lleuado en esto, non solamente se le deue pedir que el negocie esto, pero aunqu» lo ofrezca, no teniendo entendido las volun-tades de aquella ciudad, estar en este negocio diferentemente de como agora ( 276 ) enliendo que estan, no se le debia admitir ; y en caso que esto se hubiesse, de tralar por proposicion a la ciudad, paresce que seria bien que se hiziesse por parte de V. M., conio don Fernando lo dize muy bien, pidiendo al Principe que el con los suyos estuuiessen en el caso como criados y seruidores de V. M., y como persona que ha tanlas vezes dicho ser menester el remedio y no hauer otro sino este; de manera que para mi yo tengo que con el Principe està cerrada esta via de negociacion, solamente queda procurar de ver sy se podria atraer, con lo que arriba tengo dicho, de ponerle siempre delante los peligros grandes en que aquella ciudad està, y esto cada dia y cada hora, a que se haga por la forma que el ultimamente en Genoua me offresciò; en la qual como no aya de hauer negociacion sino la fuerga, el no podrà enganar V. M. ai a sus ministros, porque en la orden que diere para le exequucion de elio, se emenderà sy se puede salir con elio o no, y hasta estar del todo fuera esta via, no me paresceria probar la proposicion de parte de V. M. Lo de la inuestitura paresce que lo dize por poner tiempo en medio, y que quando llegasse su tiempo estaria en elio como se ha visto estar en estotro, y que hauria mas difficultad en esta negociacion que en lo del ca stillo, porque esto es derechamente yr contra su libertad, y que siendo esto assi se le deuria desde luego echar de fuera sy a M. no pareciere otra cosa. Estando desconfiado, conio lo estoy, que en vida del Principe, estando con el los que al presente estan, no se puede hauer de el mas de lo que hasta aqui, que es quando està lexos la execucion estar bien en elio, y en acer candose echallo fuera , es menester mirar a preuenir la cosas necessarias para despues de sus dias; sobre las quales tendrè poco que dezir, remitien dome a la carta que desde Boguera escriui a \. M. a los xvi de deziembre ( ), en la qual, aunque muy flacos y muy fluxos, y de poca substancia, se dicen todos los preparamentos de que piresce se podria usar, assi como no exar crescer en autoridad a los que se entiende no tener buena voluntad a este negocio, y aun si buenamente se pudiessen abaxar, hazello, tener muy grato a Augustin Spinola con dalle algunas sperangas, sin por ninguna via decla ralle la materia; de la misma manera al Cardenal y a Antonio Doria, y con estos yendo mucho mas cerradamente en la particularidad, guardando a cadauno seoun su natura; y sperar Io que el tiempo descubrirà de dia en dia. Sy lo que Antonio Doria dixo al Duque d’Alua que si se podria hazer de poner la guardia en manos del Embaxador, se hiziesse, yo lo tendfia por • (’j V. Documi.’nto CXLIV. ( 277 ) puncto do gran substancia; pero dubdo que se pudiesse salir con elio; cosa me paresce que se deue tambien remitir al Embaxador, para que, viendo ser platicable, la ponga delante com) mejor le parescerà. El ser de tudescos no paresce a proposito, hauiendo de ser tan pocos, porque dentro de tierra pocos son de poco elTecto, como don Fernando mas largamente lo apunta en su carta. Estando scriuiendo esta, recibì la carta de V. M. de ciuco del presente, en la qual principalmente se tracta de las cosas de Genoua, y porque con lo que antes de agora està escripto, y con io que aqui se dize, està satisfecho a elio, no terne que ariadir. Quanto a la empresa contra Dorgut Arraez, hè visto lo que V. M. ha mandado escriuir al embaxador Figueroa, y hame parescido muy bien, y que se deue mirar mucho en elio. Pero, como antes- de agora tengo escripto a V. M., sy se pudiesse hazer aquella empresa sin estoruarse el negocio principal ni succeder inconueniente, y quedar la ciudad de Genoua con la seguridad que conuiene, no ay dubda sino que seria gran bien ; y yo querria mucho que se exequutase. DOCUMENTO CLI. Lettera in cifra dello stesso Principe al Figueroa , istruendolo circa i modi che dovrà usare nelle sue relazioni con Andrea D’ Oria. Ripete su ciò le considerazioni a cui s’informa il precedente dispaccio a S. M. ; e nota come potrebbe ancora circuirlo, affine di condurlo ad approvare l’erezione della contrariata fortezza. Parere di Cesare intorno la relazione inviata dal Gonzaga a S. A. circa le medesime cose. 1549, 8 marzo (’) (Estado, Leg. 1580, fol. 224-26) Al embaxador Figueroa. La carta que nos escreuistes a los xim de hebrero es la ultima que auemos recibido, y si auemos dexado de responder a ella y las otras vuestras cartas, ha sido esperando la respuesta de S. M. de lo que le escreuimos sobre lo (’) Da Heidelberg. ( 278 ) que passastes con el principe Dcria en las cosas dessa ciudad; sobre las qnales no solamente le auisamos de lo qae nos parescia, pero tambien de lo que nos escriuiò sobre elio don Fernando de Gonzaga, para quo, visto lo uno y lo olro, S. M. pudiesse tornar la resolucion que mas \iesse conuenir a su seruicio. Agora, con correo expresso, nos ha respondido a elio en la substancia que aqui se os dirà. Dize que le paresge que, visto el estado en qua al presente estan las cosas dessa ciudad, y lo que con el principe Doria de pa-Jabra y por escripto se ha passado, v lo qae ultimamente por vuestra carta de xxix de enero se entiende, resultali tres puntos a que se deue satisfazer y proueer. Pero, antes que se venga a ellos, queremos que vos digais al Principe, en virtud de nuestra carta de creencia que con esta os embiamos, que la causa porque hauemos dexado de responder a su carta ha sido por poder auisar a S. M. de lo que con vos hauia passado, y os hauia respondido, sobre el assiento de las cosas dessa ciudad ; y de aqui podreys passar a hablar en lo demas. Y lo primero, porque el dicho Principe en la respuesta que os dio paresce que quiere cargar a S. M., diziendo que quando el vino a su seruicio prometiò a essa ciudad de mantenella en su libertad, y que agora no veia causa, ny ella hauia hecho desseruicio despues acà, para querer S. M. yr conira lo promelido; S. 51. se quiere descargar desto, como con verdad lo puede hazer, y que vos le digays, en virtud de su carta de creencia que yrà con esla, que nuaca jamas ha tenido fin, ny le liene, de querer quitar la liberlad a essa ciudad, antes de mantenerla en ella, y para esto buscar todos los remedios que les han parescido conuenientes, como quien entiende y muchas veces por sus ministros le tiene dicho, ser una misma -•osa el bien dessa ciudad, y el mautenerse en su libertad y el seruicio suyo, y el bien y autoridad de su casa de el proprio y de su posteridad, y no poder auer dano en ninguna destas cosas. que no participen las otras dos de el mismo, por las razones que tantas vezes sobre eslo se hnn platicado; y de entender eslo de esta manera, y auer tenido y tener esta yntencion, es el dicho Principe buen testigo en muchas cosas, y particularmente quando propuso al Duque d’Alua que S. M meliesse un Gouernador en essa ciudad y la tuuiesse a su mano, porque por los muchos gastos, assi ordinarios como extraordinarios, que essa ciudad tenia, y la poca possibiìidad para podellos sostener, y la poca liberlad que los seriores del Gouierno tenian en el hazer justicia contra los que machinauan cosas contra ella, era impos-sible poderse sostener. El Duque, teniendo subida la voluntad de S. M., le respondiò que S. M. no lo acceptaria, \iendo en aquello ser derecharnenle ( m ) conti a su libertad; y en conforinidad desto le respondiò entonces S. M.; y de no auer querido S. M. acoeptar esto por la causa dicha, se vino despues, por tantas cartas y platicas, a adelgazar tanto este negocio, que no quedò cosa de quantas se podian imaginar ser a proposito para el remedio dello, que no se tractasse muy particularmente, y de todas se entendiò no auer nin-guna sufficiente a lo que se prelendiò sino lo del castillo, lo qual el Principe ultimamente, en el postrero consejo que comigo se luuo en essa ciudad, pro-puso se deuia hazer, conio vos sabeys, por no auer otro de todos los por el y por otros propuestos. Assi que eu esto las vezes que S. M. ha salido a elio, ha sido por su parescer del ; y en aquella parlicularidad de poner Gouernador, rehusandolo como està dicho. En esta subslancia le habeys de hablar eoa la templanza y modestia que su condicion requiere, dandole a entender, quan fuera de razon seria cargar a S. M. culpa ninguna en esto, no lo hnuieudo tenido jarnas, ny hauiendose mouido por su parte cosa alguna-que se huuiese de tractar ny executar sino coti su parescer; [ues uunca S. AI. ha tractado sino del bien dessa ciudad y conseruacion de su libertad, de manera que quanto a esta parte el quede satisfecho, y no pueda hazer fundamento en lo que sobre esto os dixo. Lo segundo es que conio hasta aqui se ha trabajado con el dicho Principe sobre hazelle entender el peligro en que esta ciudad està , mientras no tuuiese castillo, se le deuen agora proponer mucho mayores, los ynconuenientes, y yr cresciendo cada dia los miedos y el peligro, sin pedille que el procure ny negocie cosa ninguna para el remedio, sino antes diciendole que, no embargante que S. Al. vee el peligro como arriba està dicho, no quiere insistirle en elio. A esto mueue a S. AI. parescerle que de la instancia que con el dicho Principe se hiziesse sobre elio, se podria sacar poco o nin-gun fructo, antes se podria venir en algun grande ynconueniente; porque se tiene por cierto que en sus dias, a lo menos, mientras tuuiere al lado los que agora tiene, nunca verna en querer que se eflectue lo del caslillo, ny por bien ny por mal, y si bien viniesse en querer procurar que con la voluntad de la ciudad se hiziesse, se vee que no bastaria lodo lo que el puede, aunque se empleasse eu elio con toda la buena voluntad que se podria dessear; y si no lo hiziesse con està voluntad, entendiendo el mejor que nadie, lo poco que en elio podria, corno lo tiene ya dicho, podria de importunado querir cumplir, con dezir que lo quiere proponer y negociar; y aqui se ven-dria a caer en el ynconueniente que S. AI. apunctò por la carta de xi de enero, que se aduierta no quiera el Principe meter la negociacion en Genoua a termino que el se pueda salir della, y S. AI. quede embaraxada y perdida ( m ) repuiacion, y sin el buen credilo que agora està; de manera que ya viendo el processo que el dicho principe Doria ha lleuado en Io passado, no solamente se le deue pedir que el negocie esto, pero, aunque lo offrezca, no teniendo entendido las voluntades de essa ciudad, estar en este negocio differentemente de como agora se entiende que estan, no se le deue admitir assi que pudiendose tener por cerrada està via de negociacion con el dicho Principe, solamente queda procurar de ver si se podrà atraer con lo que arriba se dice de ponerle siempre delante los peligros grandes en que essa ciudad està, y aun los de su casa y posteridad, como se viò por experiencia tau pocos dias ha ('), sin particularmente hablarle en lo del castillo, sino reclutandole, y no admitiendole por bueno otro ningun medio, y repitiendoselo cada dia y cada hora, para que venga a dar el en que el verdadero y unico remedio es este de Ia forlaleca, y en que se haga por la forma que el ultimamente en essa ciudad nos offresciò; en el qual, como no aya de auer negociacion sino Ia fuerca, no podrà auer engano, porque, en Ia orden que diere para la execucion dello, se emenderà si se puede salir con elio o no. Conforme a esto le habeys de hablar en este punto con la dexleridad y buena manera que vieredes conuenir, rechacandole por agora lo que os dixo de la inuestitura de Milan y juntarse con esa Republica, porque si vos lo enten-deys alla como acà se ha entendido (lo qual serà bien que con el primero nos aclareis, porque no vino bien claro y specificado ), parere que traeria consigo mas difficultad que lo del castillo, por muchas causas las quales no ay para que repetirlas, pues las teneis entendidas, sino solamente eucomen-daros que todo lo que sobre esta materia passaredes con el dicho Principe sea con toda modestia, y de manera que no parezca que S. M. ny nos tenemos descontentamiento del, ny desconfianza de su voluntad y affection, para mirar y procurar todo lo que conuiniere en las cosas del assiento dessa ciildad, como al mejor que nadie vee lo que importa a los reynos y estados de S. M. y aun al bien comun de Ytalia, porque segun es delicado de su natura, si no se caminasse diestramente con el, es de temer que no solo no ayudarà ny encaminarà las cosas al proposito que se dessean, pero aunque impedirà el remedio agora fuesse de presente o despues de sus dias, con Io que se sabe de miger Adam y de la ruin intencion que en eSto tiene. Entre otras particularidades que contenia el parescer que nos embiò don Fernando de Gonzaga sobre las cosas dessa ciudad (2), despues que viò lo C) V. la nota a pag. 272. V. Documento CXLIX. ( 281 ) qae le auisastes que auiades passado con el Principe Doria, filò que se deuia proponer a los dessa ciudad, lo que S. M. auia prelendido en querer que se hiciesse el castillo en ella, porque entendido el fin que S. M. liauia en elio tenido, que era lo de su seguridad y libertad, y otras cosas a este proposito, respondiendo lo que era menester, porque essa ciudad sin e so auia de estar siempre en la deuocion de S. M., no se venia a auenturar cosa ninguna en elio, antes se ganaua que si por otra parte se les liauia querido hacer alguna mala inipression, saldrian della y se les quitaria aquella sombra. S. M. visto aquello, y considerado bien el inconueniente o fructo que podria traer esta proposicion, hallandose el principe Doria y los suyos de la voluntad que se ha visto, demas de lo que S. M. considera que seran pocos en toda la ciudad que vengan bien en lo del castillo, responde que no balla como en ninguna manera pudiese conuenir proponerlo assi por agora a toda una Republica, pues donde ay tantos ceruelos y diuersidad de opiniones no ser-uiria para justification de lo publicado, antes les podria meter en mas dubda y miedo, y aun por ventura causarse algun alboroto, y que procurassen con esta occasion de tener platicas y assegurarse con franceses y otros poten-tados que no han faltados de preuenirles y auisarles desto, pues al cabo de todo lo de la proposicion viene a parar y firmarse siempre en la necessidad del dicho castillo; pues 110 solamente vernia a parar la cosa en negarlo y por los menos hazer la respuesta que el dicho don Fernando presupone, mas antes es de temer que como los dessa ciudad viessen que el fin de S. M. es hacerle del presente o despues, no dexarian con este recelo de hazer todos los extremos possibles por impedirlo. Y assi, todo bien pensado, se firma en que no conuiene prouar por agora la dicha proposicion, pues quanto mas se tractasse esta platica en publico, tanto mas seria despues difficultoso el effecto, aunque, siendo y este negocio tan publico, y que algunos por ventura lo hauran interpretado a otro fin de el que en elio ha mouido a S. M., no seria sino bien que paresciendo vos ser necessario y conueniente hazer alguna justificacion, como de vuestro, con algunos particulares, pudien-dolo hazer sia escandolo y sin tornar a renouar la materia, que, como vos dezis, deue estar ya amansada, mireys y hagays diestramente, segun que lo traerà la ócasion el ollìcio que os parescerà conuenir, para declaralles y hazelles entender la intencion y buen zelo que S. M. en esto ha tenid>, por el cuydado quo tiene de su protection, tranquillidad y sosiego, y conseruacion de su liberlad en su deuocion, con lo demas que en esla conformidad os paresciere y fuere a proposito; pues, siendo los dichos particulares personas de buena intencion y quales vos los sabreys elegir para tal elTecto, podran ( 282 ) deshnzer la sombra que desio hubiere hauido, y ser bastante por agora esta diligencia. hi otro punto es lo que se deurà preuenir y proueer para lo de adelante, presuponiendose por cierto que mientras el principe Doria viuiese, senalada-mente con el consejero que tiene al lado(’), conio està dicho, nunca se podrà venir por negociacion al elFecto de la fortaleza, como se ha visto esta vez al apretar de la llaue qae se ha salido del jui'go. Paresce a S. M. que, para el rpmedio de lo de adelante, se use,de las preuenciones y prepara mentos que le scriuimos, que son los que en vuestra presencia se plali-caron en essa ciudad, aunque sean lloxos y de poco momento, assi como no dexar crescer en autoridad a los que se entiende no tener buena voluntad a este negocio; y aun si buenamente se pudiesse abaxar, hazerlo con grandissima dexteridad y diSsimulacion, tanto qae os guaideys siempre de no hazer en esto ninguna cosa, por conuiniente que os paresoa, sy en elio huuiere peligro de euteuderse la intencion que se haze ; tener muy grato al coronel Augustin Spinola, con darle algunas sper.ancas, sin por ninguna v;a declararle la materia; de la misma manera al Cardenal y a Antonio Doria, yendo con estos dos mucho mas cerradamente en la particularidad; y para no irritar al Principe, ny a micer Adam, que es el que mas lo desaia, pensando succeder eu la misma opinion y credito que el Principe tiene, se deue proceder con ellos con mucha dissimulacion, miramiento y respecto, v assi os encar-gamos que vos, como platico de las cosas dessa ciudad, y que estais sobre el negocio, mireys de gouernaros con los que airiba està dicho spgun que conosceys la natura de cada uno, y la desesperacion que el Principe tomaria viendo que se tenia desconfìanca del, y que se guiasse y hiziesse por otra mano lo qae tocasse al seruicio de S. M. Tambien ha parescido que seria de alguna ymportancia que la guarda dessa ciudad esluuiesse en vuestras manos, como Antonio Doria propuso al Duque de Aìua, y como quiera qae se tiene dubda que vengan en elio, tanto mas con lo que se ha publicado del caslillo, todauia os lo hauemos querido reniitir, para que viendo ser a proposito y platicable, lo pongais delante como mejor os parescerà, serialadainenle ausenlandose dessa ciudad el principe Doria, con que auria mas color; y auisarnoseys de lo' que en todo lo que toca a esta materia pasare, para que S. M. lo tenga entendido, y se vea, segun el tiempo y sucesso de las cosas, lo que mas conuerna. (1) Cioè Adamo Centurione. ( 285 ) DOCUMENTO CLI1 Risposta in cifra del Figueroa a Don Filippo, notificandogli la sostanza di un nuovo colloquio tenuto col D’Oria, a seguito dello ricevute istruzioni. II Principe respinge ogni apertura, che tenda a rimettere in campo le trattative per l’erezione della fortezza; e sostiene invece l’aggregazione della Repubblica allo Stato di Milano. Pericoli ai quali si andrebbe incontro abbracciando il partito proposto dal Gonzaga, di una franca dichiarazione da parte di S. M. alla Signoria ed al popolo. Diportamenti di esso Figueroa ne’ suoi rapporti col medesimo Principe, con Agostino Spinola, il cardinale Girolamo, Antonio D’Oria, Adamo Centurione (giusta i consigli del quale il vecchio Andrea si governa) e la generalità dei cittadini. Servigi resi dallo stesso Oratore alla causa di Spagna. Opportunità e difficoltà di avere un presidio tedesco, con capitano spagnuolo. 4 349, 20 marzo (Estado, Leg. 1380, fol. 63-67 ) La carta de V. A. de los viti del presente recibì a los xvi del mismo, eu respuesta de las mias hasta la de xiiii del passado, y juntamente con ella las que venian de S. M. para mi, con las que tambien venian cn mi creencia para el principe Doria; las quales yo le dì, y en virtud dellas le dixe lo que V. A. me mandò escriuir. Lo primero que no se le hauia respondido antes a su carta, por sperar la resolucion que S. M. tomaria en lo que yo hauia scripto de lo que con el hauia passado sobre lo que se hauia tractado del castillo, y que quanto al primero punto de lo que me hauia dicho, que S. M. no podia con justa causa innouar ninguna cosa contra la libertad desta ciudad, por auerlo prometido por la capitulacion que con el se hauia hecho, que a esto S. M. me mandaua que yo le respondiese que el sabia muy bien que la intencion de S. M. nunca hauia sido de quitalle su libertad, sino de conseruarsela y augmentarsela, como se hauia visto por la experiencia en las cosas qus se le han olìrescido, ayudandoles con dineros y gente, y que S. M. nunca hablò en elio, ny pensò tractar del castillo, ny de otra cosa, hasta tanto que succediò el caso tan feo y abominable que el Conde de 20 ( 284 ) Fiesco cometiò assi contra S. M., como contra esta Republica , y particular-mente contra su persona y sangre; y que juzgando S. M. y Y. A. que tenia necessidad de remedio, y hauiendolo consultado con el, hauia parescido a todos que el mas conueniente remedio era el dei castillo, para conseruar Ia libertad desta Republica, y opprimir a los que se la quisiessen perturbar, y no para quitarsela. El me respondiò resolutamente, como lo haze con todas sus cosas, dicendo que no era menester quo yo descargasse a S. M. en esta parte, porque el lo creya assi como yo lo dezia, que lo que me hauia dicho no era para cargar a S. M , sino en consequenda de lo que le paie-scia que no se podia hazer lo que S. M. y V. A. querian; que sy se pudiese dar a entender a los otros como el lo entendia y creya, que poco hauna que hazer en concluir lo que S. M. y V- A. mandauan; y en esta const quencia me dixo que el hauia pensado y examinado en su juizio el camino que se podia tener para persuadir a esta Republica que consintiesse que se hiziesse el castillo; pues se hazia para su seguridad, y que no hallaua que el no fuesse parte para darselo à entender'; y que fallando este camino, que no se tenia por bien que se tentasse el de la fuerga, porque traya consigo giandes ynconuenientes y manifesto peligro a las cosas y seruicio de S. M. y de V. A., porque no solo era odioso a esta ciudad, mas a toda Ytalia, y que los fran ceses estauan vecinos, los quales procuran en quanto podian de abaxai la grandeza de S. M., y que no sabia lo que haria el Papa y venecianos, y los otros potenlados, y que al fin tenia por mejor que S. M. corriese este riesgo de que esta ciudad podria tornar otro camino de el que agora liene, y que los gozasse assi con la voluntad que tienen, que no que la forgassen, porque lo uno daua a S. M. buen nombre y lo otro traya consigo odio, y que tanto duraua cuanto duraua la fuerga. Que el se acordaua desde el Rey Luis duodecimo que hauia visto tres vezes perder el castillo, y ultima mente el castillo y la Linterna, y que eslo lo hauian tornado los de la ciudad, sin ayuda de ningun principe; y que lo que el hauia acordado de la inue stitura de Milan, era porque esla ciudad ha estado otras vezes debaxo de los Duques de Milan, los quales tenian su protection y ponian Gouernador que adminislraua el criminal, y ellos tenian lo ciuil con sus aneianos que gouernauan sus cosas; y que eslo le parescia que lleuaua mas camino, y se les podria proponer con mejor color que no lo del castillo. io le repliquè que a mi me parescia mas dilficaltoso, porque totalmente venian a perdei su libertad. Dixo que no, porque eslo se hauia de hazer con acordio y ca-pitulos, y que se haria mas facilmente que no io del castillo, por la necessidad que tenian del Estado de Milan, que no podrian biuir sin el. ^o no ( m ) doxò de tornalle a replicar lo qae me pareseiò; mas como es tan resoluto, no quiere estar en altercaciones, sino que al fin me dixo que en lo que hauia subeedido del Conde que no se hauia de admittir agora, en consequencia qae podria hauer otro que hiziesse lo mismo, porque ninguno tenia el aparejo que el tenia, y que de aquel caso que succediò se podia tornar exemplo de la demonstracion que hizo esta ciudad, que ella sola sin ayuda de ninguno se conseruò y estuuo firme en el seruicio de S. M. Yo le repliquè que lo hauia hecho Dios, que hauia puesto el remedio principal, aunque no hauia faltado la ayuda de los hombres ; que lo qae la ciudad hauia hecho hauia sido no demostrarse por la una ny por la otra parte. Al fin concluyò que el era vassallo de S. M. y de V. A., y que, por la obligacion que tenia, era obligado a dezir la verdad de lo que su juizio alcanzaua, que despues el obedesceria lo qae S. M. le mandasse, sin mirar a interes de su casa y posteridad, porque S. M. le hauia hecho tantas mercedes, qae si ellos eran hombres de bien les bastaua, y que pues S. M. hauia de venir en \ialia, qae, aunque supiesse hazerse lleuar arrastrando, yria a le besar los imperiales pyes y manos de S. M., y a dalle quenla de lo qae passaua y de sy, y despues hazer lo que le mandasse S. M. Yo templè con el, diciendole la con-fianza que S. M. y V. A. tenian de su persona, y que durante su vida ningun pensamiento tenian que huuiesse mudanca en las cosas desta ciudad, mas que despues del, parescia qae quedaua en manifiesto peligro, por no quedar persona que tuuiesse tanta auctoridad que se contentasse de tenelle el respecto que a el tenian, porque si en sa casa huuiera persona de edad par a elio, que por la memoria suya y con el fauor de S. M. y de V. A. pudiera quedar en su lugar. Respondiome que esto no era ynconueniente, porque faltando el, de necessidad esta ciudad no podia tornar otra buelta sino la de S. M., porque todo lo que tiene està en sus reynos, y que tanto mejor lo harà faltando el, por tener persona que los ayude y enderece para que con sus espaldas se puede ayudar; y que aunque e! falle, no faltaran otras personas que tienen el mismo fin que el tiene, para ayudar y enderecar al seruicio de S. M. y de V. A. esta ciudad ; y que algunos que piensan que seran parte, entonces podria ser qae tu-uiessen menos. Yo pienso qae esto lo diga por Antonio Doria , auuque sean de una casa, por la poca yntelligencia que ay entre ellos, o por miger Augustin, el qual es muy bien visto en esla ciudad, aunque el se gouierna tan bien y con tanto respecto con cl principe Doria, que no tiene causa de poderse quexar del, y en lo que yo veo el muestra tenelle buena voluntad. ( 28C ) Quanto al segundo capitulo do esponer al Principe los inconuenientes, yo lo hize, diziendole la necessidad que ay de pensar en establescer las cosas desta ciudad como por el seruicio de S. M. y bien de su casa. Respondiome que despues que esta ciudad està en libertad que no la hauia visto mas bien dispuesta a conseruarse en ella debaxo de la protection de S. M. y de V. A., > que para poder hazer esto, hauian dado orden de tener dineros diputados para este effecto, para poder pagar mill infantes, y (pie con eslo le parescia que se podia conseruar, pues era lo principal que era menester para podere conseruar; y en este proposito me replicò que si quando succediò lo del Conde de Fiesco se propusiera lo del castillo, que con el miedo que te-man los cuidadanos de no venir en otro caso semejante o peor, que tiene por cierto que se contentaran de hazello, mas que agora que se han reco-noscido y mirado entre ellos lo que puedan hazer, y hallado manera de sacar dinero para vna guardia ordinaria, aunque sea de mill hombres, que no le paresce que por ninguna cosa se podrà hazer lo del castillo, y que en lo demas se remetia a lo que hauia dicho. Yo le dixe por tenlalle que si parescia, que seria bien procurar que la guarda que tenian en la placa que fuesse de alemanes. Dixome que no se podia hazer, porque estos entrarian en mayor sospecha; y sy esto se les pidiese, que si se olfresciesse alguna necessidad que fuesse menester crescer la guarda, que en tal caso se podria proponer que por su seguridad dellos era bien que la gente que huuiessen de crescer fuesse de alernanes. Y como yo vi que no salia al fin que yo tiraua, no le hize in-stancia en elio; porque mi intencion era que pues no se puede effecluar lo del castillo, que teniendo aqui una buena guarda de alemanes con una buena cabega, que con los que son seruidores de S. M. y de V. A. se podria conseruar lo de aqui en qualquier tumulto de pueblo, que es lo principal de que se ha de temer, y entretenerse hasta que fuessemos soccorridos por tierra del Estado de Milan, o por mar de otra parte. Yo creo que las persuasiones. que al Principe se pueden hazer, que el las sabe y entiende tambien, que en lo de aqui no se le puede dezir ninguna cosa que el no la sepa y entienda; y por esto es menester yr con el cautamente y a liempos, y en coyuncturas acordalle lo que fuere a proposito cerca desta materia. De lo qual yo me ayudarè segun viere ser necessario para el bien del negocio. Quanto al parescer que don Fernando dio a S. M. y a V. A., que era bien que se propusiese a esta Serioria lo que se hauia platicado sobre lo del castillo, para que supiessen que la yntencion de S. M. no hauia sido para otro effecto sino para conseruacion de su libertad, y para apremiar los insolentes y scandalosos, y dar fauor a los pacificos y que desean biuir bien, { 287 ) S. M. y V. A. Io han considerado prudentissimamente, porque auiendose de comunicar con el Duque y Gouernadores, que en todos son xxn personas que cadauno es de opinion contraria del otro, cadauno lo sentina segun fa in-clinacion que tiene y Io echaria a buena o mala parte, y como son gentes scandalosas se diuulgaria de diuersas maneras; de donde no tomarian Ia intencion de S. M. sino Io que ellos entienden, y Io passado juzgarian que era presente, y darseles ya materia de pensar mal y procurarlo; y tanto mas, como viessen que no venia por parte dei principe Doria, jusgarian que el no hauia sido de aquella opinion, y con el pueblo no se ganaria y con el Principe se perderia mucho, paresciendo que S. M. quisiesse enderecar sus ne-negocios por via de la Senoria y que mostrasse desconfìanca del. Sy el negocio huniesse de hazer mejor effecto para el seruicio de S. M. y de V. A por esla via, yo seria de opinion quo se prouasse; mas tengo por cierlo que seria niuy dailoso; y por esta causa ha parescido que este acuerdo es bi -n guardali como V. A. manda que, como de mio, viniendo a proposito con algunas personas que sean muy confidentes dalles alguna razon, como yo lo hè hecho alguna vez viniendo a coyunctura ; y esto ha de scr con pocos, porque, aunque sean seruidores de S. M. y de V. A., pocos ay que como se toque esta teda Jo sienlan bien, haziendo mucho caso de su libertad, porque no se les puede dar a enlender que la intencion de S. M. sea la que se les dice, sino al fin que ellos lo enlienden; y aunque este negocio sea ya diuulgado, y de muchas parles se.lo ayan escripto, todauia los que son bien inclinados al seruicio de S. M. y de V. A. han tenido fee y speranga en la summa bondad de S. M., y viendo que el effecto no se ha seguido, se han assegurado mucho, y lo tienen como cosa oluidada, y si agora tornasse a liablar en elio seria resultar un muerto. Quanto al tercero punto, que es moderar las preeminencias y tener baxòs a los que no son bien inclinados, y que podrian ser contrarios para el bien deste negocio, y tenerlos baxos y ayudar à los demas que son bien inclinados, specialmente a Augustin Spinola y Antonio Doria y al Cardenal, en lo que a mi toca yo lo hago de manera que no pueda el principe Doria tornar dello sospecha, sino que parezca que todo depende del ; y fuera de micer Augustin, yo no me alargaria con ninguno de los otros a tractar desta materia. Aunque Antonio Doi ia ha hablado en elio al Duque de Alua, y dado parescer de lo que se ha de hazer, no sè como sentiria lo del castillo, quando se viniesse a la determinacion dello. En lo demas yo trato cou todos ellos, y en las domonstraoiones publicas no hago difierencia del Fragoso al Adorno, ny del Doria al Spinola. Verdad es que, quando se oflresciesse el caso, que 20* ( 288 ) el que conozco que es seruidor que no dexo de hazer por el lo que es razon; y por los demas, en cosas que no sean en perjuizio de los que son seruidores y nascieron cou esta fee y han de morir con ella ; y S. M- lo deue tener en memoria que, hauiendose de hazer mercedes, que es bien antepone!- a eslos antes que a los otros, pues estos son seruidores de voluntad y los otros de necessidad. Lo que yo he procurado, despues que estay aqui, es conseruar a S. M. y a V. A. sus seruidores y atraelle otros de nueuo, y generalmente tratar bien a todos, para que los que son buenos se conseruen, y los malos se conuiertan; y con el Principe yo hago todo lo que es necessario para con-serualle eu la deuocion de S. M. y de V. A., porque conozco del que sirue a S. M. y Y. A. con entera fee, y en este caso que agora se trata, tengo por cierto que no se alarga a mas, porque no se confia de salir con lo que comencare, junlandose con elio su edad y la persuasion de los que estan a par del. Con miger Adam yo disimulo todo lo que puedo, y el despues que Y. A. partii) de aqui paresce que se alarga algo en los ne-gocios, con dar lugar al principe Doria que el pueda hablar sin que el sua testigo de lo que passa. Yo creo que lo haze con arte, porque sabe que el Principe no se ha de resoluer en ninguna cosa sin comunicallo con el, conio en effecto es, que para hacellò siempre que hablo con el esta matei ia, toma tiempo de pensar en elio, y es para poderlo comunicar con Adam. \o piocu rare en lo que a mi tocare de conseruallos en todo lo que pudiere, como io he hecho hasta aqui. Quanto al oli o punto que don Fernando acuerda a S. M. y a ^ ^ > clae la guarda de alemanes no es a proposito para la guarda del castillo, sino que sean espaiioles a los menos el Capitan, no bay dubda, sino que elio ha de ser assi por lo que conuiene al seruicio de S. M. y de V. A., j mi in tencion es de la misma opinion; y lo que yo escreui de la guarda de ale manes, no hablaua en el castillo, porque aquello de suyo se està que sj se pudiesse acabar que la guarda que tieQen en la plaga fuesse de alemanes, porque con ella y con los que soù bien inclinados al geruicio de S. M. y de V. A. se podria conseruar esta ciudad en un tumulto de pueblo, o de otro caso que pudiesse succeder; y esto es lo mismo que arriba digo a V • A. acerca de la guardia, y lo que sobre elio passè con el principe Doria, que quando se hiziesse no seria fuera de. proposito. En lo que toca que seria al proposito que yo tuuiesse la guardia a mi cargo, si elio se pudiesse hazer de la manera que Antonio Doria lo acordò, seria mucho al proposito del *er-uicio de S. M. y de V. A., porque teniendo la guardia en la mano, se podria hazer lo que se quisiesse; mas, corno V. A. sabe, ya yo he tenido este ( 289 ) lugar, el qual seruia mas por cerimonia que por otra cosa, porque la gente es italiana y los capitanes puestos de su mano, y que en caso de necessidad han de acudir a Io que ellos les mandaren y no a lo que yo les dixere, no seria de ymportancia sino de apparencia. Todauia si naeiesse del principe Doria, yo Io aceplaria, pues S. M. y V. A. lo mandan; mas yo creo que no lo harà, porque las otras veces que lo ha hecho ha sido con yntencion que no entrasse en aquel lugar persona que no dependiesse del, y como agora este seguro que no daran el cargo a miger Augustin, por ser pensionano de S. M., no creo que lo harà. DOCUMENTO CLIII. Lederà in cifra del Figueroa al Principe Filippo. Gli notifica il processo intentalo dalla Signoria all’ ex-Doge Giambattisla De Fornari, incolpalo di trame per voltare la città a devozione di Francia, e chiuso con una semenza di bando perpeiuo. Della quale non sono satisfatti i nobili, perchè, non ritenendo la punizione adeguala al fallo, temono che altri pigli animo a riannodare le fila spezzatesi fra le mani del reo ; nè si chiama contento il Figueroa , parendogli che a S. M. dovesse darsi ben maggiore soddisfazione. Della mitezza però di quella sentenza non vogliono incolparsi gli uomini del Governg , ma i giudici, corrotti da’ francesi e da alcuni aderenti di questi ultimi, nonché due famosi giureconsulti de’ quali la Signoria aveva chiesto il parere. 1549, 45 novembre (Estado, Leg. 1380, fol. 93-94) Muy alto y muy poderoso Senor. Ya V. A. haurà entendido el tractado que Juan Baptista De Fornaris, Dux que ha sido de Genoua (’), tenia con el Rey de Francia para dalle està ciudad en caso que se ofreciese en ella algun tumulto, o veramente despues de los dias del principe Doria; por lo qual esta Senoria le hizo prender, y poner a buen recabdo en la torre de Palacio, juntamente con otros dos de quien se tenia sospecha Sobre lo qual estos que agora gouiernan han hecho todas las (’) Dal 4 gennaio 1545 al 5 stesso mese del 1547. ( 290 ) deligeucias posibles, paia declarar la verdad de lo que el frayle Franciscano (') qae hizo prender don Fernando depuso ea sa confision, conio V. A. haurà entendido por lo que hasta agora he escrito a S. M. \ lo qae agora me ocurre que dezir, es que, visto estos Seriores la trama del dicho l'oiuaris, pusieron su causa en manos del Potestad y juezes de los malefizios, y un do-ctor de Rota, para qae la determinasen, y diesen sentencia; y le dieion al Fornaris su proceso, para que se defendiesse dentro de un termino limitado; sobre lo qual han estado hasta los quatro del presente, qae dieron la sentencia ; y lo que en ella se contiene es que le destierran perpetuamente de la ciudad y su dominio y que fuese confinado en el lugar que le fuese serla-lado por la Senoria (2). Desta sentencia han quedado muy mal contentos mucha parte de la ciudad, especialmente los gentiles hombres, que les paresce que no auer hecho justicia deste, da lugar para que estos populanos tomen campo, y emprendan semejantes tratados y otros peores; y cierto ha sido cosa de mal exemplo y que trae consigo grandes inconuenientes, porque, demas del darlo de la ciudad, bau tenido poca consideracion y respecto a lo que toca a la auctoridad de S. M., pues seilaladamente dezia en el processo que en caso de tumulto o de la muerte del principe Doria, que el procurarla que la ciudad cayesse en manos del Rey, y que una cosa tan desuergongada y tan fea se haya passado. Y por lo que puedo alcangar deste nagocio, no ha procedido de la voluntad de los que gouiernan, sino que los juezes han sido corrompidos con cartas del Duque de Ferrara y del serlor Jeronimo de Correyo, porqut el doctor de la Rota es de Correyo y el Potestad de Modena, el qual ha re cibido cartas del Cardenal de Trento y persona propria sobreste negocio, y de otras personas de qualidad y de mucha importancia, y demas desto han em biado paresceres del Alciato y de un Senador del Estado de Milan, que se llama Juan Baptista Stirco, y es de Cremona; que me soy marrauilado que, sabiendo lo que importa este negocio al seruicio de^ S. M., ayan tenido atre uimiento de dar parescer como lo han dado; de lo qual tengo dado auiso a don Fernando, porque me paresce que, pues el fuè actor deste negocio, lo auia de ser para que saliesse a luz. Del principe Doria no puedo juzgar (•) Era questi un frate Clemente, il quale, venendo di Francia a Genova, fu in Ceva di Piemonte, per ordine del Gonzaga, fatto prigione; e, posto alla tortura, svelò delle pratiche del De Fornari quanto più ne sapeva. Di clic Don Ferrante avvisò il Figueroa; il quale ne fe’partecipe la Signoria. Il De Fornari teneva allora l’ufficio di Procuratore perpetuo. (s) Fu relegato in Anversa, dove poscia mori. ( 291 ) mas do que creo que holgara que se hiziera justicia; mas do se ha querido mostrar parte, para hazer instancia en elio. Lo que yo he hecho ha sido en-cargalles de contino la justicia por lo que importa para la quietud de su Republica, porque por parte de S. M. no me parescia que conuenia que se hiziesse, temiendo en lo que auia de parar, porque se perdiera reputacion y no se hiziera mas que assi, y tambien porque los de la Seiloria mostra-ban tanta voluntad de castigar este tratado, que nunca pensò que auia de parar en lo que parò. Despues de escripto lo de arriba, enliendo que el Potestad recibiò cartas del cardenal Farnes muy encargadas sobresle negocio, las quales hizo a pe-ticion de franceses; y tambien creo que estos juezes ayan sido corrompidos aqui con dineros. En lo demas la ciudad, a lo que paresce, està en toda quietud. Dios la conserue en seruicio de S. M. y de V. A., cuyo soberano Estado uestro Serior aumente y ensalze, con acrecentamiento de muchos reynos y seiiorias. De Genoua, a 8 de nouiembre 1549. De Vuestra Alteza muy vmil vasallo que los Serenissimos pies y manos de V. A. besa Gomez Suarez de Figueroa. FINE DEI DOCUMENTI COR REZIONI Nel rivedere la presente edizione, crediamo poterci ripromettere che gli studiosi la troveranno nel suo complesso accurata. Lasciando pertanto che il discreto lettore supplisca di per sè a qualche lieve menda puramente tipografica, ci limiteremo a notare i pochi trascorsi de’ quali potrebbe riuscire meno facile la correzione; e proporremo del pari (segnandole in corsivo) alcune sostituzioni o modificazioni a certe parole, che veramente si leggono nelle copie che ci furono di scorta, e fors’ anco s’incontreranno nei relativi originali, ma non hanno, così cerne sono, un chiaro e preciso significato. Del resto, chiunque conosca le difficoltà che d’ordinario accompagnano le pubblicazioni d’antichi documenti, ed unisca alle medesime quelle altre che naturalmente doveva trarre con sè una lingua per noi straniera, vorrà, speriamo, tenerci conto del buon volere e delle diligenze che abbiamo adoperate; scusandoci insieme di quei mancamenti ne’ quali, per la nostra insufficienza, fossimo d’ altra parte caduti. Pag. 13 linea 17 lo deuo leggasi : lo dexo » 31 0 30 sape. . . fallaria # supe. .. faltaria » 32 0 17 topar abraso » topar. Abrase » 56 n 19 gasta » gasto » 58 D 20 justificaraos » justificarnos •» 82 » 24 ecro » creo » ivi » 31 scaorbos » sea sobro » 121 D 20 enderecary B cnderecar y » 123 » 3 consultarnos, lo » consultarnos lo, » 135 0 12 Dosde ultima » Desde Vlma 142 s 13 scrivi » screvisteis » 157 » 5 arouechó aprouccM 0 169 » 32 rogar anadir D rogar a nadic 0 177 » 28 me ha mi dicho 0 me Ita ny dicho D 213 D 39 haga • haya » 263 !> 37 la costa scria » la cosa seria INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO Per la morte del march. Vincenzo Ricci, Presidente della ■Società Ligure di Storia Patria. Commemorazione del socio Antonio Crocco Vice Presidente. . Documenti ispano-genovesi dell' Archivio di Simancas , ordinati e pubblicati dai socii Massimiliano Spinola, Luigi Tommaso Belgrano e Francesco Podestà . Pag. v » 1 ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME Vili. — FASCICOLO II. GENOVA TIPOGRAFIA DEL R. I. DE' SORDO-MUTI MDCCCLXXIJ INTERROGATORII ED ALLEGAZIONE SPETTANTI ALLA CAUSA PROMOSSA DA SCIPIONE FIESCI1I ER LA RIVENDICAZIONE DEI FEUDI PATERNI PUBBLICATI DAL SOCIO L. T. lìELGRANO La congiura di Gian Luigi Fieschi, scoppiata in Genova la notte del 2 gennaio 1547, vuoisi riguardare come uno dei tanti commovimenti onde la Francia, perduta ch’ebbe in Italia ogni politica signoria, fece prova di tenervi eccitati gli animi in suo favore e ai danni del-l’emula Spagna. Diversamente considerandola, non si saprebbe comprendere la grande importanza che le attribuirono i contemporanei, nè spiegare la copia dei documenti che si hanno di essa in parecchi fra i precipui Archivi di Europa. Però fra tutte le carte che intorno a siffatta congiura si produssero in luce noi non esitiamo a riconoscere come le più rilevanti quelle del-l’Archivio di Simancas, le quali antecedono alla presente pubblicazione. Anzi stimiamo che l’importanza loro, per avventura, potrebbe appena rimaner vinta dagli atti originali del processo della congiura medesima. ( 296 ) Un codicetto del nostro Archivio Governativo, che reca la data del 6 luglio 1605, ed ha titolo di Inventarium scripturarum reconditarum in capsia rerum lesae maiestatis, registra : « Un- manualetto coperto di cartina, col* millesimo 1547, con diverse scritture toccanti la congiura del conte Fiesco ». E nell 'Index Politicorum. che fu compilato del 1704, si notano inoltre: « Scritture concernenti la congiura del conte Gio. Luigi Fieschi ». Cionondimeno, se noi ci avvisassimo di riconoscere nelle carte sovraindicate gli atti del processo testé citato, io credo che assai ci dilungheremmo dal vero; mentre stimo probabile che siffatte indicazioni possano riferirsi invece ad alcuni pacchi di documenti che si hanno oggidì fra i processi di lesa maestà, nè altro sono che bandi o somiglianti scritti attinenti bensì alla congiura di Gian Luigi e de’suoi fratelli, ma di assai limitata rilevanza. Altri documenti però, de’quali abbiamo dovizia, tornerebbero utilissimi rispetto a questo argomento, siccome quelli che possono per larga parte supplire alla mancanza del processo medesimo, e riflettere sull’andamento di quelle trame e delle altre che le seguitarono più dappresso una vivissima luce. Imperocché, pel fatto della congiura di Gian Luigi, essendo caduti nel dominio del Fisco imperiale gli antichi feudi de’ Fieschi, Scipione minor fratello del cospiratore, protestando della sua innocenza riguardo a quelle trame, chiese a Carlo V di poter essere nel possesso dei medesimi redintegrato (f); e del sostenere le proprie ragioni diede incarico a Francesco Barca giureconsulto, che era allora bandito da Genova e se ne stava acconciato in Corte ai servigi di (’) Uocum. dell’Archivio di Simancas, num. lxx, pag. 14 0. ( -21)7 ) Tommaso De Marini ('). Il quale ultimo neppure serba-vasi amico al Governo della Repubblica od al Principe D Ocìa, come quegli che poco stante pigliava parte al Congresso di Piacenza (2), e tenea quindi vivissime pratiche per riacquistare agli Adorni il potere (3). (') Del dottor Barca si hanno varie lettere a Bernardo Spinola in Genova, tra quelle di parecchi ribelli. In una di esse, che ó in data di Augusta 18 settembre 15i7, alludendo alla seguita uccisione di Pier Luigi Farnese, dico: « Il successo di Piacenza è piaciuto quiui. » In altra del 31 gennaio 1551 scrive: « La conducta hauea di stare in Corte finisce per tutto il mese seguente de feuraro; et quando il prefato Signor Illustrissimo (di Piombino) fussi seruito de agiutare la barca de scuti 200, procuraria di refermarmi in detta conducta per un anno » (Arch. Gov. Processi di lesa maestà; scatola i). O Spinola, Considerazioni ccc. Ved. Alti, voi. iv, pag. 372. (3) Anche del De Marini e di Barnaba Adorno si hanno nel nostro Archivio più lettere (loc. cit.), donde risultano appieno gli intrighi accennati. Le uno e le altre usano per lo più nomi convenzionali; o cosi l’Adorno chiama costantemente Andrea D’Oria con quello di Anticristo. « Dragut sta in Corsica (scrive egli a Giuliano Della Biva, altrimenti detto della Spezia, intorno al 1550). Se intende faccia pochi effetti. Non è il solito de’corsari perdere cosi il tempo. Io per me credo vi stia a qualche misterio et oggetto, con intelligenza de francesi per le cose di Genoua____Haurete inteso come d’Algieri esso Dragut mandò due fuste al Turco. Mi pare veder riuscire qualche effetto importante; et alPhora S. M. (Carlo V) con suo danno conoscerà l’autorità di Antechristo, Gigante (forse Giocante còrso) et altri animali, con li quali spende un thesoro, et quanto la hauranno offesa le passioni de’suoi ministri. Se morisse l’Ante-christo, come alcuno suspica sii forte ammalato, non metteria dubbio che di presente si vedria nouità in quella città (Genova). Del mentovato Giuliano si ha poi il seguente Memoriale, da lui redatto ad istanza del De Marini per essere consegnato in favore deH’Adorno a Don Ferrante Gonzaga (Arch. Gov. loc. cit.) (4 tergo) Memorisi caualo da una minuta di Giuliana della Spozza dato per il Marino al Maona. [Entro) Molto Magnifico Signor Sapendo le occupationi et li trauagli di mente di V. S. per compire con quello me obligano le servitù mie con Suoa Maestà et cum Suoa Eccellentia et l'interesse della mia Patria, non restaró dirgli con questo mio Memoriale quello elio n bocca gl’ ho discorso toccante al Signor Bernabè Adorno, il caso del quale intiero a me non pare sii bene inteso per ciascuno di delti rispetti, c penso per ( 298 ) Ma Cesare nè volle ricevere nè udire il dottor Barca ('), e di que’feudi gratificò in appresso la Repubblica, il passionate informationi. Edi questo parlo come gentil’homo natd et viuuto tutto il tempo della mia vita in Genoa, intrauenuto in diversi et longhi tempi in magistrati importanti et de’principali, et tanto informato del viuer nostro quanto altro cittadino gli sii. 11 che me dona ardire di parlarne et speranza eh’ io non debbi esser criminato che forse passasse il segno, ateso la somma prudenza di Suoa Eccellenza la quale hauerò bene in gratia grande resti seruita non me giudicare saluo con la volontà et pigliare il tutto col zelo della seruitù et osservanza che gl’ho. E prima dico che se si crede che alcuno habbi parte in Genoua che ncn sii della Casa Adorno o Fregosa, se abusa et sii chi voglia ; et quando ho sentito de Fieschi e de Marchesi di Massa et altri io me ne sono riso : lo qual oltre che so che naturalmente non gl’hanno parte nè mai hanno hauuta, ho visti li Fieschi pili volte a cimenti ; et ben che ne chiarite tutto il mondo il signor Otta-uiano Fregoso di bona memoria lo qual mai ne volse fare una minima stima, non obstante che Papa Leone assai ne lo instasse; per lo qual lui era in Stato et ridusse il Conte a star in Genoa priuatamente. Se vede anche chiaro in tempo di Re Loise di Franza de felice memoria, lo qual pensando tener Genoa sicura col mezzo del Fiesco la perse doa volte tenendo il Stato di Milano et dando la legge in Italia, et con hauer doe castelle, la Lanterna et Castelletto. 11 Signor Janus Fregoso con 2000 scalci lo expulse di essa città senza alcuna resistenza, che pur uno homo non si leuó per loro ; con la quale esperienza si rissolse poi esso Re tenerla col Signor Ottauiano Fregoso, con lo qual la mantenne fino che hebbe perso quanto possedeua in Italia, com’ è manifesto che senza una delle parti non po’sperar alcuno prencipe che ella continui in soa deuotione. Il medesimo è intrauenuto più volte alli Duchi di Milano- Il seguito in vero è in Io Adorno et in Io Fregoso; et se nouità alcuna ha da seguire in essa città, da questi ha da procedere. E per la verità la parte Adorna è la più potente; la reputatione a Fieschi gli è nasciuta dal Stato che haueuano presso Genoa, dal quale è proceduto quel conto se n’è tenuto. Ma in la città non haueuano neruo, come anche se n’è vista ultimamente la experienza. E perchè V. S. sappia quello che forse non sa, dalla medesma parte guelfa una parte aderiua al Fregoso, et in vero la maggior parte; 1’ altra all'Adorno. De la Casa Adorna resta la principalità in lo Signor Bernabè, lo qual io la certifico che ha beneuolenza grande in la città et nel paese, et basta in essa quanto altro di Casa sua habbi bastato, et chi l’ha dipinto de poca valuta ha detta la menzogna a particolare oggetto et, passione: e di questo V. S. creda a me la qual ne parlo sinceramente et in la qual non è alcuno particolar fine. E quando Sua Eccellentia lo maneggiasse, non lo troueria altrimente, come anche intrauenne al Marchese del Vasto. Sei si volesse pigliar argumento da non hatier-gli visto fare alcun effetto, si possono dir molte cose per le quali non viene a consister l’argumento, et di esse non restaró di toccarne alcune. La prima la longa vita del Prencipe D'Oria fuori di humano giudicio. La seconda sperare cliel (’) Ved. PAllegazione che segue, a pag. 342. ( 291) ) D’Oria e pochi altri che lo aveano fedelmente servito e che meglio ancora poteano giovare a’ suoi disegni per tempo dovesse far cognoscere a Suoa Maestà lo suo vero seruitio. La terza, essendo Tesser suo fondato in le volontà de’cittadini, conuenirli lassar dar principio a nonitd in Genoa a suoi contrari per mantenersi in la bona oppenione è sempre stata Casa suoa; la qual inuero se ha tirato sempre più al ciuile che non ha fatto la Fregosa. La quarta lo esser duro apartarse da una seruitu di centanara d’anni corroborata con seruiggi li quali hanno apportati acquisti de Stati, regni et glorie et con perdita di non poche vile et facultà, per andare a seruitù noua a quale Casa soa è stata sempre contraria et ha causati grossi danni, e doue soi contrari sono radicati. Si è toccato con mano quanto il Re de Franza pensa et desidera hauerlo. Quando lo guadagnasse haueria la parte Adorna et la parte Fregosa. E se una per se basta a far nouità, tanto più bastariano unile le doe; et tal unione in altri tempi s’è vista Quello ne potria risultare V. S. lo giudicherà con sua prudenza, la q’jal sa quanto importa Genoa a Suoa Maestà; et è tanta 1’ importanza che quando non fusse in suoa seruitù, parlando alla libera, lo doueria cercar d’liauer a peso d- oro, per che questo contrapeso tiene il Fregoso et il proprio Re di Franza in freno in le cose di Genoa. Lo qual Re per questo rispetto è andato sempre con stratagemma, che quando hauesse 1’ una et 1’ altra parte al suo volere se vederia scegliere altra via. Causa anche in Genoa si viue con più sicurezza d’animo tanto per quello si potria aspettare da Re di Franza quanto rispetto a subleuationi populari. E gentilhuomini si hanno conseruati et l’unaet l’altra parte per remedio et freno delli populi. Di sorte che se conuiene al ser-viggio di Suoa Maestà mantenere in sua seruitù esso Signor Barnabe, non con-uien manco alla nostra Repubblica, et tanto più adesso che è seguito l’accordo de inglesi con francesi, per lo qual si po dubitar chel Re di Franza non stii in guinzaglio. Similmente essendo in la città un mondo de malcontenti, et le Ri-uiere in extrema occupatione per li dannisi hanno de Drogul et che se ne aspettano. Et del Principe D’Oria parlano tanto largamente, che già pare comincino a mancare di quella osseruanza et al rispetto che gl’hanno hauuto. Il mantener del Signor Barnabe in seruitù di Soa Maestà resta in Soa Eccellentia, et è con fargli compire quello che Soa Maestà gl' ha concesso et ha comandato. 11 che procede con ogni giusticia et honestà, per esser la causa sua onerosa et già stabilita dal Magistrato^ et aconciatone le scritture come vederà per soi memoriali. Imo se {jli fa torto a mancarne; la qual cosa anche produce malo esempio a Soa Maestà, et molti della parte sua senteno forte vederlo maltrattato, et d’altri non è reputata prudenza. Se suole dire che la fame caccia il lupo dal bosco. Io so che ’l bisogno suo è grande, e che ha persi doi partiti ho-noreuoli per maritar la suoa prima figliola per mancamento del modo di darli la dote; delle quali ha gran numero. Et haue anche parecchi figlioli, et doi di essi sono stati più volte per andarsi con Dio. So anche che è in debito grande, di molo che lo vedo necessitato a quello che sino a questa liora non ha hauuta inclinatione, et dubito a venir a domandar licenza, che senza essa tengo ben certo che mai se ne alienar*. V. S. mi dirà forse eh’ io so la strettezza del denaro; gli la consento. Ma gli dirò, parlando liberamente, che più presto so doueua mancare ad ogn’altro che « ( 500 ) F avvenire (*). Allora Scipione, che punto non era mondo della congiura del fratello, gittossi a capofitto in quella ad esso ; et che se in questo anno non si può assignare, si può assignare in Io venturo et in lo 1552 per quello deue hauere, con fargli ex... detrahere sua partita dalla tauola, con la qual veneria a restar assicurato et ligato si come senza pare che a Dio et al mondo veuesse a restar libero, perchè tanto sono li obblighi de seruitori quanto continuano li pagamenti. E in questo non arrà de rispetto di osseruar il Prencipe D’Oria, per che si ha da tener per certo che in suo secreto lo approberà ; che se ben non lo vorrà dire, non è che non co-gnoschi che conuenghi come io, saluo se l’oggetto suo fusse come si pò credere sii che ridutto in disperatone esso Signor Barnabe passasse con francesi, con dissegno de tirar manchi con tal occasione il Fregoso: lo qual si vedrà che subito esseguìria, essendogli sempre stato inclinato; ed in tempo del Marchese del Vasto non mancò d’introdurre il figlio del Signor Ottauiano Fregoso Ma nè anche quando se ne reputasse offeso, se ne doueria mancate, perchè per sua passione non doueria Suoa Maestà mettere in compromesso Stati, decoro et seruitio, come si facon maltrattare esso signor Barnabe, essendo Suoa Maestà stata seruita da Casa sua et da esso istesso quanto è notorio, else farebbe di più quando se podesse; et forse che con esso Prencipe non gli are e nociuto l’liauerlo meglio trattato per contrapeso; oltre di che lui gliene res per poco. • .. Per quello che io deuo al seruitio di Suoa Eccellentia, io non vorria già ^ in questo suo tempo et Gouerno detto Signor Bernabè se partisse da ques a ^ ìiitù ; anzi dessidererei che Suoa Eccellentia fusse causa di conseruarlo, J)erRe_ oltre che gli concorreno il seruitio di Suoa Maestà et il beneficio di pubblica, so quanto se ne potria promettere in ogni caso et euento, so , Adorna per doe volte son stati causa della conseruatione del Mon erra^ra con lustrissimi Marchesi passati, una volta contro il Duca di Sauoia un remouer il Duca Lodouico di santa gloria dalla guerra alla qual era A(jorni et già li haueua presi Cassine et Felizano, li quali loghi furon mes ier _ di fargli restituire. Li tempi hanno gran forza et producano di^ va dj obligarsi una tal Casa non gli pò esser che di grosso seruitio. Non r ^ ^ dirgli chel Signor Prospero Colonna, lo qual non haueua in queste p fiXpUi_ teressi che Suoa Eccellentia ha per se et Casa suoa, solea dire 'nanZ^n0 ggiio ; sione de francesi hauere tre dessiderii: uno che suo figliolo liauesse ^ cauar secondo che li Adorni fusséro in Genoa; et il terzo esser mestier francesi de Italia. L’Adorno avuta cognizione di questo Memoriale, non se ne mostió p in tutto satisfatto; e cosi in data del 19 maggio 1550 scriveva al ®maso jj « Io ho visto il Discorso il quale hauete formato, perchè messoi opOSito dia al Mahona. Non credo già possi essere in ogni euento, saluo a[cunó darlo... Sono ben certo che non farà profitto alcuno. Li sono c (') Docinn. di Simancas, num. cxxx, pag 202. ( 301 ) del cognato Giulio Cibo, e con lui e co’ partigiani di lui si accontò alla Mirandola, a Roma, a Venezia. Ma la cospirazione fu rivelata ben tosto a Don Ferrante Gonzaga per alcune lettere di Ricciarda Malaspina madre di Giulio, e per altre scritture rinvenute in Piacenza dopo la strage di Pier Luigi Farnese. Questi particolari noi abbiamo da certe deposizioni testimoniali di Domenico D’Oria (*). Che poi Ricciarda, sempre in rotta col figlio, si movesse a scrivere quelle lettere e ad intendersi col ribaldo Paolino da Castiglione, propalatore anch’esso della congiura al Gonzaga, per un resto di amor materno, come stimano alcuni, e, secondo scrive il eh. Musettini, « riputasse esser questa unica via di fermarlo a mezzo il precipizio in cui s’era disperatamente gittato » (2), io non vorrò dire. Ghè il • ' cose le quali, parendoui, le ometterei. Prima doue dite la Casa nostra esser sempre viuuta ciuilmente, et per mantenermi la volontà do cittadini conue-nirmi prima lasciar far nouità a miei contrarii. In questo mi pare che si potesse riprendere tal oppinione, perchè essendo ridutta la città nella fortezza che si vede saria mal consigliato chi ne lasciasse impatronir il suo contrario, perchè saria troppo difficile leuarnelo. Occorrendo a Voi, direi piuttosto che hauendo sempre veduto in me volontà di non appartarmi in detto nè in fatto dalla volontà di S. M., la quale, anche che viui errata, si reputa seruita del presentaneo Gouerno di Genoua, essendo io di Casa la quale non volse mai porre sua fede in disputa, stando in suo seruitio mai operaria cosa della quale potessi esser calunniato. Manco vorrei che a modo alcuno diceste che ’l mantenermi in seruitio di S. M. resta in Sua Eccellenza, con farmi pagare quello di che sono creditore in quella Camera, che in vero parria ch’io fossi giudicato uccello di poco pasto. Oltre quelle che dite, sono infinite lo cose che mi obbligano non potermi contentare; alle quali non veggo rimedio. La prima quello ho tante volle Ricercato a S. M., clic poi non vuole mutatione in Genoua in vita deH’Antecliristo, resti seruita in sua morte eh’ io lenti entrar in Casa, e tenerla in suo seruitio come soleua Casa mia, et mai me l’hanno voluta consentire ». (') Vedi Allegazione, pag. 337. 0 Musettini, Ricciarda Malaspina e Giulio Cibo, pag. 178. ( 302 ) bieco e pam oso governo di Don Ferrante uccideva implacabile pei colpe assai minori che quella di Giulio non era, nè procedere di savia donna che vuol salvo il i0 molo poteasi mai reputar quello di cominciar l’opera °n,.^ i^ar/° a^e mani de’ suoi carnefici. Di fatti Giulio 1 il osi di ^ enezia alla volta di Genova, fu arrestato ontremoli, rinviato a Milano e quivi decapitato. . u^0It della Allegazione che produrremo più innanzi, tuttoché in siffatto argomento non possa costimi e una autorità gravissima, ben dimostra che a Massa eiasi di ogni cosa informati, nè si poteano ignorare le conseguenze di un tal passo; laddove riprendendo i te-■ imoni massesi che deposero più tardi in favore del-innocenza di boipione Fieschi, e dichiararono di non conoscere la cagione della morte di Giulio, soggiunge che ci cint de domo Marchionissae- matris Julii . . . , in qua optime sciebatur et mors et causa illius ('). E di vero noi troviamo fra costoro quel Gaspare Venturini, che a iulio era stato ognora fido compagno, e che ne vendicò in appresso (1564) la morte uccidendo il traditole da Castiglione (2). D’altra parte alcune espressioni degli Interrogatorii che pubblicheremo del pari, ci paiono .chiarir bene siffatta condizione di cose, laddove cercano di insinuare che facile esse posset quod ipsi (Ricciai da-e Giulio) inter se dissimularent amicitiam, et tamen adhuc esset inter eos odium occultum et inimi-citia / atione vindictae facilius faciendae (3). Notammo sopra come della congiura del Cibo avesse lingua il Gonzaga. Or ci è mestieri aggiungere che della partenza di lui da Venezia ebbe avviso 1’orator (') Veil. Allegazione, pag. 362. (*) Musettini, pag. 179. O Pag. 325. ( 505 ) cesareo in Genova, Don Gomez di Figueroa, per lettera dell’ ambasciatore imperiale presso la Signoria di San Marco; e che perciò l’arresto di Giulio deve secondo ogni probabilità ascriversi alle disposizioni combinate dei medesimo Figueroa e del Gonzaga. La lettera in discorso, scritta quasi tutta in cifre, alle quali venne poscia sovrapposta la spiegazione, era del tenore seguente (*). (A tergo) Al Muy Magnifico Senor, el Senor Gomez Suarez de Figueroa, ambassador de Su Magestad en Genoua. (Intus) Muy Magnifico Senor Por las mias precedentes estatta V. M. auisado, tan parti-cularmente conio por su carta scriue, della estrada del Marques de Masa aqui, y del tiempo de su partida poco mas o menos : y aunque esto creo liaura bastado para aparallo, todauia ha-uiendo entendido que es partido està noche en compagnia de Paulo Spinola y del capitan Alexandro de Tomase (2), me ha parescido auisalle para que ponga el recando ala parte que vee sera necessario. Guarde Nuestro Senor la muy magnifica persona de V. M., con el acrescentamiento que dessea. En Venezia a a vi de Enero 1348. Servidor de V. M. Don In.0 Hurtado de Mendoca. Yo embjo a Lorencana mi creado hasta las Fjisinas, para que se informe alti a que ora paso, si por alti ha sido ; y con quantos cauallos, y por que camino. El auisara a V. M. de lo que entendiera. (') Archiviò Governativo: Diversorum Camellariae, fogliazzo num. 2, ann. 1423-1581. (’) Alessandro Tommasi gentiluomo senese. ( 504 ) Alla lettera testé riferita trovasi poi allegato un documento che io pongo in calce, e che contiene a carico di Scipione Fieschi parecchie rivelazioni gravissime; le quali affermavano troppo bene la sua partecipazione nelle trame di Gian Luigi e di Giulio (*). Il { ) Lo que ScipiondePauiadize.es que tenia conocimiento con el Conde de Fiesco muerto j tiene amistad con Paulo Pianelle genoues gran seruidor de la Casa de ìesco, y que este ynuierno vino a està ciudad, idest el ynuierno pasado, adonde ia o al senor Scipion germano del Conde de Fiesco, y que por el conocimiento anti„uo le comén^o a comunicar de manera que el dicho Scipion de Fiesco se conilo del, y le dixo que fuese al Papa y le dixese que si Su Sanctidad queria que huuiese Genoua que liauia buena orden para elio queriendo Su Sanctidad ar el ayuda y fauor necessario. El Papa pregunto la manera en que se podria hauer, el le dixo que con embiar tres o quatro naos de Ciuitaueja con alcuna neic.mcia y debaxo de cubierta la gente de guerra que ser pudiese, que liazia uenta que bastarian 1200 hombres; y con pensar que hera mercaduria se de-scuydarian y de noche saltarian en tierra y con la parte y amigos que tenian en la ciudad se apoderarian della, y con fuegos quemarian las galeras y pon-i ian en gran temor toda la ciudad. El Papa dize que le respondio que el Prin-cil e heia muy viejo y prudente, y seria difficultosa cosa salir con elio, mas que iei a bien pensallo que ya podria ser que Dios hera justo y quisiese recompensarle la perdida de Plasencia con dalle a Genoua que se boluiese otro dia ; està I atica dize que paso el dia que entro el Cardenal de Trento en Roma el mes de nouembre passado que fue a los 22 o 23 del, y que hablo al Papa en Sant Marcos a quatro horas de noche, y le metio a hablalle Juan Bocutto hermano de Anibai ocufcto el qual le ha hauido todas las otras audientias. Dize que desde a dos dias torno al Papa y le dio muy grata y larga audientia, le dixo que le parecia bien; mas que no podrian juntarse las gentes ni partii e Ciuitaueja sin que lo entendiesen los espanoles que aqui hauia muchos y lo n tenderian luego; que le parecia que hera mejor que fuesen de Marsella j que mese a hablar con el Cardenal de Paris; y que el hablo al Cardenal de Paris, y despues el Cardenal y el Papa hablaron muchas vezes en elio, y determinaron dar parte al Rey de la cosa, y que cree que fue con el Cardenal de Guisa aunque no lo sabe cierto, mas que ahora es venida la respuesta del Rey con Mons.r de Pot, en que dize que lo que aca Su Sanctidad y el Cardenal ordenaren el lo hara executar alla. Despues departido el Cardenal de Guisa, despacho el dicho Cardenal de Paris al dicho Scipion de Pauia a Genoua a ver como estaua el puerto y la guarda que se liazia en el, y que cata se hazia a las naos que van con mercancia; y el fue y boluio con la relacion de Io que hallo de manera que no halla difficultad eii elio, } queanles que partiese se dispidio del Papa, y luego corno boluio le fue a dar lelacion de lo que hauia hallado y le ha hablado muchas vezes. Uize que tienen ordenado que la gente se junte en Marsella con todo secretto, J que cree que sera la cabeza Pedro Kstrozi, y que yra con el el senor Octobono > el senor Cornelio hermanos del Conde de Fiesco que estan en la Mirandula paia que con ellos se junte su parte que hazen cuenta que sera todo el burgo « ( 303 ) perchè egli, senza pensare più oltre a ripetere i dominii paterni, ricovrì) celeremente alla Corte di Francia. Bensì Carlo V, .avvisandosi come a suggello dell’operato circa la ripartizione de’ feudi riuscirebbe opportuno un procedimento criminale, volle che il Figueroa pigliasse tosto ad istruirlo; e si gliene spedi commissione con un que està debaxo de la Ynuiolada y la parte francesa y muchos enemigos del Principe; y que para el mismo dia estarau en el Mondoui buen numero de gente de pie y de cauatlo que en breue tiempo se portaran en Genoua. Que los que fueren en las naos quemaran las galeras si estuuieren en el puerto; y una parte yra a la casa del Principe y le combatiran y mataran, otra a la guarda de la plaga y otra a la puerta de santo Thomas por donde han de venir los de Mondoui. Que tienen ordenado de mutar al Principe, a Adan Centurion, a Marco su hijo y al Abad Del Nero y a dos de Grimaldi y a Christofln Doria y otros. Que el senor Scipion ha escritto estos dias pasadosa Genoua a sus confldientes sobresta cosa, y ha hauido respuesta dellos ; y que el que es ydo a Genoua con las cartas es un criado del senor Scipion que no sabe el nombre : es hombre gosdette de buen gesto, està aqui y estuuo en Genoua en habito de faquin y a de boluor presto. » Dize que no sabe para quien van las cartas porque van en cifra ; mas que el las ha visto y tiene por cierto que es para Paulo Planche ; que yendo el a Genoua se podra aclarar major desto. Dize que le a dicho Paris que no diga nada a Fernes, porque todo lo descubre a los ymperiales y no es hombre para semejantes negocios. Todo esto a declarado con grandissima difficultad y con aseguralle que sera gratifficado de Su Magestad siendo esto assi muy a su contento; y en tres dias se ha combatido con el para que dixese estas particularidades, que estaua tan rezio que no hauia medio de sacarselo, y al cabo con la seguridad y conflanza se a alargado deziendo que sabe otras cosas de mas importancia que querria decir a Su Magestad. • Es hombre de mediana statura, la barba negra, buen gesto, poco platico y de pocas razones, y que parece que dize verdad porque a dicho al Cardenal de Men-doga dos otres cosas que a pasado con Paris al pie de la letra corno las ha pas-sado. No habla en lo que no sabe ni en los otros negocios entre Francia y el Papa mas de que le a dicho Paris que han embiado ciertos Cantones de Suica una medalla al Rey muy grande de oro escrittos los nombres de los Cantones y que entretanto que aquella medalla durase fuese^cierto.que le seruiria cada y quando que los quisiesen y moririan por el. Dize que es vassallo de Su Magestad del Estado de Milan, que su Casa es de gentiles hombres que ha seruido a Su Magestad. Clamase de Masencana, aqui se llama de Pauia, hizosele muy de mal dezir su nombre y parece que va en algunas cosas retinido, aunque no parece hombre platico. Dize que yra descubriendo cada dia mas y que es cierto todo esto y que si conuiniere le tornaran a despachar a Genoua y alla entendera de cierto con los ( 506 ) rescritto in data di Ausburgo li agosto 15-19, del quale poniamo qui la sostanza (‘). ♦ Carolus Quintus etc. Spectabili et fideli nolis dilecto Gomecio Suarez de Figueroa etc. Cnm ad nos delatum sit quod Scipio Fliscus quartus frater qm. Johannis Aloisii Comitis de Flisco qui solus supererat, contra Cameram et duitatem nostram impecine se trata de la ciudad, que sera facìl cosa tornar las cartas que se scriuieren y las que ellos huuieren recebido, que en Marsella es de prouehei^que a>a buena spia y que hauise de Io que alli se liiziere, que la gente se a de erabiar secreta mente y juntarse secretamente . El Cardenal de Paris dixo al Cardenal de Mendoca el primo de hebrero quando se supo de JuIio'Cibo, hablando sobre que le hauian dicho que el senor don “ hauia dicho a Mendoga que el Cardinal de Paris hera en el tratado de Ju io para matar al Principe que nunca tal se hallaria que no negaua que si un^ huuiese ydo a el y offrecidole que pornia a Genoua en libertad y la f*ul^a la tirania del Principe Doria y la reduciria al seruizio del Rey al qual e cho pertenecia corno le pertenece Francia, que el le diria que lo queiia ■ „ ^mnunicaria con mcar con el Rey y que si le dixese que no hauia tiempoque io o ^ ^ los senores del Rey que aqui estan, y si le pareciese lo aceptaria, mas fuege ninguna cosa, siendo ei Christiano y gentilhombre, oywa ni seria en q con muerte de ninguno. Todo esto a dicho Scipion al pie de la Ie.tr j tiemp0 qHe De que este hombre a hablado a Su Sanctidad y partido de a5UÌ'ede|l0 y por- dize que fue a Genoua es cierto porque el R.m0 de Carpi fue au*sa ° ja corai y que el dicho Scipion dize que sabe un.secretto para curar los de 0 jiazer 0tro. curo un criado de Casa de Carpi se penso que hera medico y 'ra ^ ]iabl0 Essendo aqui el Cardenal de Trento le quiso descubrir este tra jucados con el Cardenal y desolo porque le dixo que le asegurase de diez ^ pens0se y se lo diria le Ueuase a Su Magestad y se descubriri-a a Su Ma„®s que hera lo de Julio Qibo que ya se entendia y no se hizo casa e Spana Nuestro Io Francisco de Vgarte, contino de la Regià Gasa del Rey ^ ^ Genoua Senor y su consol y conseruador de la paz en la 111.»» y Ex.ma Rei ^ordenapor y secretario que fuy en està embaxada en tiempo que hera embaxa suarez de Su Magestad Cessarea y Catolica, el 111.™» senor comendador Gom^ni(jos ios he Figueroa que sea en gloria, hago fe que los auisos aqui ariua con ^ tocantes tenido yo entre las otras escrituras secretas que yo tenia en mi P' ,^uej,oaj ios al seruicio de Su Magestad por orden del dicho senor embaxadoi a quales por el mes de henero de mill y quinientos y quarenta y oc gu Su Senoria el IU.m" S.r Don In». Hurtado de Mendoga embaxador que ^ ^gcrjta Magestad Cessarea en Venecia y por serasi la verdad hago la prese ^ Conso-y firmada de mi propria mano y nombre, y sellada con el sello reg lado. Fecha en Genoua a 9 de junio de 1571 anos. (L. S.) Francisco de VoaR ol ^ Cj Archivio Governativo. Raccolta Lagomarsino: Famiglia Fieschi, ( 307 ) rialem Gemine , adeoque contra classem nostram maritimam eiusque Praefectum, ope, opera et consilio conspirauerit cum Julio Cibo qm. Marchione Massae ... tenore praesentium tibi com-mittimus et auctoritate imperiali mandamus ut contra dictum Scipionem de Flisco, siue praesentem siue contumacem, .... procedas etc. Fatti i necessarii incombenti, e procacciato fra le altre cose un salvocondotto della Repubblica al Fieschi, l’Oratore cesareo bandi che questi dovesse personalmente comparire a rispondere d’ogni addebito. Ma Scipione non diede nelle panie, stimando assai più prudente serbarsi contumace. Il perchè Don Gom^z, scaduti i termini, esaminò i testimoni, e addi 28 gennaio 1552 pronunciò senz’altro la seguente sentenza ('). Nos Gometius Suarez de Figueroa etc. Visa contumacia, viso processu agitato contra Julium Cibo in causa criminis lesae maiestatis ; constilo nobis ex officio nostro dictum Scipionei/i fuisse participem criminis lesae maiestatis, conspirationis et tractatus tentati per nunc qm. Julium in damnum, lesionem et offensam Imperialis Maiestatis; et qui Scipio non solum tacuit et non reuelauit dictum delictum, sed etiam fuit particeps: et qui Scipio etiam remanet confessus et conuictus propter suam contumaciam.....Pronuntiamus, sententiamus et declaramus dictum Scipionem Fliscum remanere conuictum de dicto crimine lesae maiestatis, et esse rebellem Maiestatis Imperialis; et ideo eum condemnamus ut quamprimum venerit in possi insti-tiae caput a spatulis ei amputetur, ita ut anima exeat a corpore; et interim eum a Dominio Imperiali bannimus et exulem facimus ; declaramusque eum remansisse et remanere priuatum, jmpter ingratitudinem et delicta per eum commissa, ab omnibus (’) Archivio Governativo. Raccolta Lagomarsino, Famigliti Fieschi, voi. I. ( 308 ) /cudis, gratiis et priuilegiis quae habebat a praefata Caesarea Maiestate, omnia que eius bona Imperiali Fisco confiscamus. Ma anche prima di questa sentenza i feudi paterni dovevano da Scipione considerarsi perduti; e quanto al resto la disgrazia di Carlo V era compensata largamente dai favori di Enrico II e di Francesco II, e più ancora della regina Caterina de’ Medici, che gli diede in isposa la propria cugina Alfonsina Strozzi (*). Altri fatti sopraggiunsero poi, i quali parvero dover rianimare le speranze di Scipione anche circa al ricupero de’ feudi aviti. Imperocché mentre, dopo la morte di Ottobonó suo* fratello (1555), restava egli il solo rappresentante legittimo della Casa, negli articoli addizionali e segreti della pace di Castel Cambrese (3 aprile 1559) erasi convenuto che « le comte Scipion de Flisque et Octavian Fregose jouiront du benefice du traitè de paix comme si specialement ils y étoient compris.... Et quant à ce qu' ils pretendent leur ètre retenu de leurs biens, (') Donde si ha la seguente genealogia. SCIPIONE FIESCHI qm. Sinibaldo morto a Moulins nel 1587 m. ALFONSINA figlia di Roberto Strozzi __I_ _ 1 i i Isabella FRANCESCO Lodovico (naturalo; morto all’assedio di Montauban nel 1621 m. ANNA di Giacomo Le Veneur Claudio (abate) CARLO LEONE Gian Luigi morto nel 1643 Cavaliere di Malta m. ucciso in battaglia a Mardicli GILONA D HARCOURT nel 1645 I GIAN LUIGI MARIO autore dei ricorsi al re Luigi xiv in favore del ristabilimento della sua Casa. Morto senza prole nel 1708. * ( 309 ) ils en feront par leurs procureurs poursuite à Gennes et allieurs; et tiendra le... Roi Gatholiqne la main en faveur du ... Roi Tres-Gliretien, auquel ils sont servi-teurs, à ce que la justice leur soit fait et administrée bonne et brieve » (*). L’imperatore Ferdinando I confermò poi questa pace in sugli esordi dell’anno 1562; ed ecco tosto che Scipione, a sperimentare i diritti riservatigli, costituiva suo procuratore presso di Cesare il leggista Giovannangelo Crotto. Il quale tacendo al tutto le circostanze che aveano privato il Fieschi de’ suoi feudi, la ripartizione fattane da Carlo V, il processo e la sentenza del Figueroa, limi-tavasi ad affermare quanto segue. Quod cum, ab immemorabili tempore ex concessione* inueslitura ac confirmationibus diuorum Imperatorum et Regum Caesareae Maiestatis Vestrae 'praedec.ssorum, maiores dicti Scipionis, ac etiam illustris qm. Sinibaldus Fliscus eius paler, tenuissent ac bona fide possedissent tanquam utiles domini immediate et in capite ab Imperiali Curia. . . nobilia fenda, terras, castra, oppida, villas ...; nec non etiam eius fratres tum vigore praediolorum, tum etiam occasione testamenti dicti Sinibaldi eorum patris ; pertinuerint que et hodie 'pertineant ipsa fenda ad praedictum Comitem Scipionem (post mortem praedictorum antecessorum suorum et frairum eiusdem Scipionis ultimo loco sine liberis decedentium)... ; praedicta feuda et bona a pluribus annis citra occupata fuerunt, at que indebite ac mala fide possessa, pro ut etiam modo occupantur ... a Serenissima Repuhlica Januensium..... Quare idem Johannes Angelus Crottus prae- dicto nomine humiliter petit ut Vestra Caesarea Maiestas dignetur, vocata prius praedicta Republica coram Caesarea Maiestate Sua, ... condemnatam cogere . . . praefatam Rempublicam ad relaxandum et restituendum praedicta feuda et bona. (') Dumont, Corps miverscl diplonatique, voi. V, par. I, pag. 45. ( 310 ) A tali supplicazioni Cesare favorevolmente inchinava; e con suo rescritto dato da Praga il 22 settembre 15G2, lo notificava alla Repubblica nei termini seguenti: Praefato comiti Scipioni benignam veniam atque licentiam dedimus ac concessimus . .. litem contra Vos intentandi ; atque los auctoritate nostra citamus et vocamus nt intra sex menses proxime sequentes..,, per syndicum seu actorem vestrum legitime constitutum ..., coram Nobis in iudicio compareatis ad respondendum de iusticia praefato comiti Scipioni de Flisco super preinserto libello (l). Le stesse cose esponeva poi il Crotto contro gli altri detentori de’ feudi, che erano allora Pagano ed Antonio D'Oria, Ettore Fieschi, Claudio Landi; ed i medesimi provvedimenti emanava pur Cesare rispetto a tutti costoro. La Repubblica costituiva suo procuratore il giurisperito Giorgio De Georgis ; se gli altri convenuti si giovassero o no del ministero di costui confesso ignorarlo. Cominciata là lite, che fu dibattuta in parte ad Ausburgo cd in parte a Vienna, si spesero circa due anni nei preliminari ; finché del 1565 e 1566 si dedussero dai convenuti, per le prove testimoniali , non pochi capitoli ; de’ quali noi pubblichiamo testualmente quelli che recano la data del 14 febbraio 1566, perchè quanto alla storia ci sembrano i più importanti, e perchè abbiamo da porvi di seguito gli interrogatorii che sovra i medesimi pur volea deferiti il procuratore del Fieschi (’2). Donde si rileva che tutti gli armeggiamenti delle parti si riassumevano in questo : il Fieschi a strin- (') Raccolta Lagomarsino : Famiglia Fieschi, voi. I. (’) I capitoli si leggono nel -voi. I, e gli interrogatorii nel ni della citata Raccolta. (311 ) gere la congiura nei limiti di unn vendetta privata contro Giannettino D' Oria, la Repubblica ed i suoi litisconsorti ad ampliarla, dandole precipuamente il carattere di una offesa a Cesare ed a’ cesarei ministri. Ma il grosso della causa, ed i pericoli per gli avversarli di Scipione, non cominciarono a manifestarsi che verso il 1570; allorché questi venne spedito da Caterina de’ Medici all’ imperatore Massimiliano II per negoziare il matrimonio di Elisabetta d’Austria col principe Carlo che fu poi IX di questo nome sul trono di Francia. Imperocché i negoziati essendo stati condotti con amplissima satisfazione d* ambe le Corti, ben si comprese dalla Repubblica che il nemico erasi fatto oramai poderoso, nè sarebbesi potuto abbattere senza.ricorrere a mezzi che poderosi fossero del pari. La Signoria pertanto ebbe a chiedere 1’ appoggio del Collegio di Padova, e di parecchi sommi giurisperiti, come il Cefalo, il Deciano, il Menochio, il Nervio, de’ quali tutti nel 1572 uscirono a stampa i responsi. Seguitarono poi alla Corte Cesarea le allegazioni, ed alle medesime tenne dietro la sentenza definitila con la quale 1’ imperatore Massimiliano, il 2 agosto 1574, dichiarava ricisamente: reos ab instituta actione absoluendos, esse (1). Fra le allegazioni precitate, quella che noi pubblichiamo nella parte che riguarda il fatto è stata scoperta dall’ egregio socio comm. Antonio Merli nell’ h r-chivio del Principe D’ Oria in Genova; del quale Ar- (') Questa sentenza leggesi a pag. 28 di certa Lettera di risposta ad amico contro il scritto in forma di Memoriale mandato alla stampa dal Conte Gio. Luiggi Mario da Fiesco ecc. La qual lettera ò impressa senza data è indicazione di luogo. Atti Soc. Lio. St. Patria, voi. Vili, Fase. II. 22 ( 312 ) eluvio, come ognun sa, egli si è latto per liberale eoitesia del Principe medesimo, cercatore accurato e indefesso. La copia che ce ne ha presentata non reca il nome di alcun giureconsulto, ma forse non male ci apponemmo attribuendola al DeGeorgis; e consta di tre quaderni, compresa la lunga parte del diritto che noi ti alasciamo perchè non reca lume alcuno alla storia. Nè al proposito di essa Allegazione ci faremo qui ad entrare in molti riflessi; perchè si affacceranno spontanei alla mente di chiunque pigli a scorrerla, e meglio se la raffronti coi Documenti di Simancas. Bensì non lasceremo di osservare con quanto di accanimento si combattessero , o a dir più proprio si mordessero ognora le pai ti. Cosi, per esempio, un testimonio favorevole a Scipione Fieschi interrogato se sapesse che Andrea L Oria era prefetto dell’ armata cesarea, rispondeva tale averlo saputo quando ad Praeuesam cum venetis stetit contra turcas. Qua in re, soggiunge il nostro Oratore , malignum illius animum in Principem demonstrat ('); giacché è noto come alla battaglia della Pre-vesa (1533) il D’ Oria portasse un ben dubbio soccorso, abbandonando in sull’ultimo i veneziani all7 impeto dei turchi. Il qual fatto i veneti, con più ragione dei Fieschi, tennero anch’ essi molto bene a memoria; per guisa che il Soranzo loro legato, parlando de’ modi onde Giovanni Andrea I si era diportato nella lega per la guerra di Cipro, non trovava più acconcio che il compararli « con quello che segui 1’ anno 1538 nell’altra guerra» (2). Di rimando però 1’ Oratore, allorché Scipion Fieschi gli gli venia ritratto siccome giovane amantissimo della 0 Pag. 361. ( ) Ved. Guglielmotti, Marcantonio Colonna, pag. 46. ( 513 ) pace, ripigliava: tale essersi infatti mostrato ognora, da die, sebbene stipendiato dal Re di Francia, nunquam jjro suo Rege . . . arma induit; qui forte vouit se nunquam iusta arma sumpturum ('). Le quali riflessioni consuonano col XVIII dei capitoli da noi prodotti, onde si intende appunto di provare come il Fieschi nulla alia in re erat aptus seruitio Christianissimi Regis, quam in huiusmodi machinationibus. Però il capitolo XX rialzerà in faccia alla storia non partigiana il carattere di quel giovane, se, pure apponendoglielo a grave colpa, confessa che Scipione, tutto che sollecitato ad abbandonare le parti di Francia per quelle di Cesare, id nun-quam acceptauit\ sed semper firmiter inhaesit factioni gallicae ... et etiam nunc. Nè d’ altronde ci acqueteremo all’asserto della Allegazione, ove si afferma che Scipione ben poteva nel 1549 recarsi in Genova senza timore che gliene capitasse alcun male, perchè aveva un salvocondotto della Repubblica, e perchè Princeps (Andrea D’Oria) fuit pronus et facilis ad parcendum , et mansuetus, et non promptus ad vindictas (2). Lasciando stare che le parole vennero troppo apertamente smentite poi dal fatto di Ottobono fratello di Scipione, che a Porto Ercole rimasto prigioniero fu per ordine del D’ Oria mazzerato (1555), il Fieschi dovea ben poco stimare quel salvocondotto, da che avea veduto cadere in brandelli lo indulto solenne conceduto dalla Signoria ai complici di Gian Luigi, e per ciò stesso troncato il capo in Mon-toggio al fratello Girolamo. Senza dire che or ne aveva egli stesso una riprova e nei capitoli precitati (3), e nella (’.) Pag. 342. C) Pag. 334. (s) Numeri i a C, pag. 31G. ( 514 ) Allegazione medesima. La quale se pur non giunge a negare di netto la esistenza dello indulto, lo sfronda però di ogni valore; e procedendo di cavillo in cavillo non rifugge dal proclamare aperto il buon diritto della Repubblica nel tradire a sua volta i traditori (')• Dal lato storico 1’ Allegazione è più importante laddove discute alcuni particolari attinenti alle cagioni d’inimicizia tra Giannettino D’Oria e Gian Luigi Fieschi ; perchè ne rivela una circostanza finora ignota, o malamente adombrata, e pure di momento grandissimo: vogliam dire i colpevoli amori di Eleonora moglie del Fieschi con Giannettino medesimo (2). Conferma viemmeglio che il Verrina non mori già inconfesso, come si credette per lungo tempo, ma al contrario propalò la cospirazione ed il suo scopo, cosi come ci feceio puntamente noto le carte di Simancas (3). Giova per ultimo ad una più esatta cognizione della discendenza cosi legittima come spuria del conte Sinibaldo padre a Gian Luigi (4); non dimenticando quel Giulio, che nacque illegittimo e che non fu conosciuto innanzi che il eh. Guasti pubblicasse una lettera di lui al Varchi, dove appunto brevemente discorre i casi della congiura cosi fatale a suoc asato. (*) Pag. 350. (*) Pag. 355, 357, 358. (*) Docum. CIX, pag. 167. O Pag. 349, 360, 362, 363. INTERROGATORII DEDOTTI DAL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA E SUOI LITISCONSORTI A reis edita die 14 februarii 1566. 1. Et primo probare intendit quod factum perpetratum per ioannem aloysium de fliseo nocte precedente diem 3.m ianuarii anni 1547 in ciuitate genue fuit facinus scelestum inhumanum proditorium in damnum cesaree maiestatis diui caroli Y et imperii romani, et priuatim illustrissimi principis ab auria consiliarii cesaree maiestatis et eiusdem classis prefecti. ac illustris domini iohannetini nepotis locumtenentis dicte classis, in quo facinore fuit proditorie obtruncatus a dicto iohanne aloisio et eius sequacibus et triremes dicti principis direpte et dissipate, que quidem triremes erant potissima pars classis cesaree et. virium maritimarum imperii, a quo principe dictus iohan-nes aloisius ac quondam illustris sinibaldus eius pater maxima et innumerabilia beneficia receperat, et cum quo principe dictus iolian-nes aloisius maximam et intrinsecam simulabat amicitiam. 2. Item quod die 2.“ ianuarii. que precessit noctem patrati facinoris et proditionis, dictus ioannes aloisius fuit in domo dicti illustrissimi domini principis ab auria ad eum visitandum pro ut antea frequenter facere solebat, et quia tunc chiragra laborabat allocutus est per spatium hore cum dicto ioannetino. et illustrissimum paganum dicti ioannetini lilium qui tunc erat lactans recepit in gremio ct deosculatus pluries fuit. 1’aliter tendebat et ^ l,I °.d,il° ot lllc,“us dicli iohatmis aloisii priuci- ditus rei publice genueZ'Tr ^ Pernitiem et euersionem fu<>' Plurimoruui ciuium S Clultatls cIepoi)ulationem et conti-a bit a et reputata u LXasse. «- inWert “Per “"“• i» «W -U-h. captam fuit a duret ! ^tenebatl,r dlctum castrum tunc quando «luo tempore illum *’ * ” tGSteS coS'nouerint iu,ium cibo et a Jitatem. et auomni U,g,louerint- exprimantque illius staturam et qua- erat ipse i„lius cib° lbl tUnc temPoris n°n fuisse- et ubi tunc et sciuerint. ° ^ S* llotuisset i()i esse quin testes ipsi viderint Interrogentur t».f“Per d“im° arti0“l0 ipsi viderint ' & ^ ^U°modo scia,it contenta in articulo, et an quo et quibus ^'Um com^em scipionem ab urbe roma discedere, et a dicitur in post^ qUall,.>US associatl2S erat, et an equis dispositis ut a roma discesserit ^ pr°prus' et de quo anno mense die et hora et an ipsi te^ ^UIU sc*an^ iuisse venetias cun: asserto cardinale, eius eftHem co°nouerint ipsum cardinalem, dicantque precise recessisset ab6^3^'11 S^uram qualitatem. et an potuisset esse quod iuisset et Ur^e cum dicto cardinale et tamen venetias secum non et in r, i te^es viderint illum in itinere cum dicto cardinale. ,n V'0 eos viderint, r f SuPer decimo sexto articulo interrogentur • precise effio' S1 co»nouerint contentos in articulo, dicantque modo sciant^'111 S^n°U^0I‘um staturam etatem et qualitatem, et quo-dulam et 1C*um scipionem cum predictis assotiatum iuisse mirandoci ubi y'd' teSteS Viderin* eos mirandule. et in quo loco et loco eontestes 0nnt' 0t dicant precise annum mensem diem et horam et damnatu I0^entlu quomodo sciant illum paulum spinulam fuisse qualis asser^ara coniurationem de qua in articulo, et f,ujs ]^a asserta condemnatio, et ubi fuerit condemnatus et vel preced °n^ernnauerit. et an condemnatus fuerit in contumatiam ej. .. tibus legitimis probationibus et factis eius defensionibus. esse po>set preter ipsorum testium scientiam. Interr ^ ’ Sl,Per decimo septimo articulo ricciardam tempore contento in articulo cognouerint dictam quo tem oi 3 eSp*nam marchionissam masse et iulium cibo, età cognouerint. dicantque precise eorum singulo- t 325 ) rum effigiem etatem et qualitatem, et quomodo sciant fuisse inimicitiam inter eandem marchionissam et dictum iulium. et causam eiusdem inimicitie. Item quomodo sciant superuenisse beneuolentiam ct f.morem inter . eosdem post restitutionem factam dicti marchionatus. cum maxime dicta pendeant ex animo qui difficile scire potest. Item interrogentur nonne facile esse posset quod ipsi inter se dissimularent amicitiam, et tamen adhuc esset inter eos odium occultum et inimicitia ratione vindicte facilius faciende. Item interrogentur testes precise de anno mense die et hora quibus facta fuerit inter eosdem asserta reintegralo siue reditus in gratiam, et quomodo sciant testes dictum iulium cohabitasse in domo dicte marchionisse et quanto tempore post reditum in assertam gratiam ibi cobabitauit. et si ipsi testes contenta in articulo viderint seu potius ita dici audiuerint. Super decimo octauo articulo Interrogentur testes ex quibus fiat publica vox et fama, et a quibus originem habuerit asserta publica vox et fama, et an illi a quibus audiuerint essent inimici illorum de flisco. et in quo casu viderint seu intellexerint ipsum comitem inseruisse regi christianissimo in hu-iusmodi machinationibus, et formaliter exprimant omnia. Super decimo nono articulo Interrogentur testes si cognouerint franciscum de quo in articulo, et a quo tempore illum cognouerint. dicantque precise eius effigiem etatem et qualitatem, et quomodo sciant illum fuisse rebellem reipublice. et dicant assertam causam rebellionis, et a quo tempore fuerit factus rebellis, et an viderint eum condemnare siue eius condemnationem. et a quibus vel a quo facta fuerit. Item quomodo sciant tunc temporis ipsum franciscum inseruisse asserto thome de marinis, et in quo seruitio ipsi inseruiebat. et sub qua conditione ipsi inseruiebat. Item interrogentur an nonne posset esse quod inseruisset eodem-met tempore ipsi thome 'de marinis et etiam aliis in predicta curia. Super vigesimo articulo Interrogentur quomodo sciant comitem scipionem conuersatum fuisse cum ministris regis gallorum, et quo tempore id fuit, et qualem con-uersationem habebat, et quales erant illi ministri, et exprimant no> mina et cognomina ipsorum, et in quo loco id erat, et cum qua fre> ( 526 ) Inentia id flebat, et quomodo sciant quod non conuersabatur cum ministris cesaris. et an cum eis tunc secure conuersari posset. Item interrogentur quomodo sciant ipsum comitem admonitum ttisse ut cum ministris regis gallorum non conuersaretur. et a qui-admonitus fuit, et quo tempore, et an tunc essent indutie siue bellum inter cesarem et regem, et quales fuerunt illi qui polliciti \l|nt ase (-) ad demonstrandum quod non erat suspectum hospitium eius apud illam, affinitas autem conceditur, soluta tamen ante multos annos. In decimotertio articulo deducit quemadmodum saluti sue consulturus anno de 1547 romam se recepit, et ibi habitauit apud dictam marchionissam toto dicto anno usque ad martium anni sequentis, quasi nunquam domum exiens propter timorem insidiarum. Leonardus platonus primus testis taurini examinatus affirmat deducta >n «uticulo. asserens quod quando edomo egrediabatur. quod raro faciebat, adibat oratorem cesaris didacum njendociam et reuerendissimum cardinalem carpensem (’). et quod ipse eius seruitor semper erat cum illo, et super decimo articulo deponit quod paulus panza scribebat ad illum quod sibi caueret eum respublica et princeps ab auria cepissent loca illius. (') Cioè nella seconda metà di gennaio 1548. Vedasi a pag. 227 la lettera di on l'errante Gonzaga a Cesare su questo argomento. <’) Kicciarda Malaspina madre di Giulio Cibo. Hodolfo rio, dei Signori di Carpi, creato cardinale da Paolo III. Mori nel 1564. ( 329 ) Vincentius tornes secundus testis concordat cum supradicto teste, qui tamen dicit se non stetisse toto tempore rome. et quod dum ibi fuit raro exibat domum, et ibat ad madamam parme cardinalem farnesium carpensem et oratorem cesaris. et quod ipse iens romam anno 1548 in quadragesima habuit illum obuiam in itinere, qui dixit ipsi testi quod in galliam proficiscebatur. Scipio manrique primus testis masse examinatus deponit, se cogno-uisse illum rome in domo dicte marchionisse per multos menses, et quod nunquam voma discessit, et a domo nou egrediebatur nisi cum marcliionissa in coccio clauso ad vineam et per ciuitatem. et is non recordatur de .. . tempore, dicens quod nemo potest deponere de nega-tiua contenta in articulo. Oattaneus de nobilibus secundus testis parme deponit illum romam 1547 accesisse. et ignorat quo mense, sed tamen mensibus nouembris et sequentibus usque ad finem martii aut principium aprilis fuisse in dicta domo, qni non exhibat nisi quando ibat spatiatum cum marcliionissa in coccio, et quod sibi timebat, et marchionissa magnam habebat curam illius, et quod si exiuisset. quod ipse testis aliquando saltem sciuisset. Martinus de andreis tertius testis deponit se iuisse romam anno 1547 mense decembris ubi in domo dicte marchionissa eum inuenit. qui domum non exibat nisi cum dicta marchionissa in coccio spatiatum, et quod exire non poterat eo inscio qui custodiebat portas, et ipse nunquam egrediebatur nisi cum marchionissa aut pro eius seruitiis. et roma discessit in fine martii aut principio aprilis 1518. Franciscus triuisius decimus tertius testis attestatur a februario 1547 ad dimidium aprilis 1548'illum fuisse rome in dicta domo, qui nunquam exibat nisi ut alii deponunt, et quod exire non poterat eo ipso inscio quia si domo non existente exisset varocinus et palafrenarii ipsi dixissent. Benedictus de brisciis decimus quintus testis concordat cum supradictis. et dicit quod erat ex custodibus, et recessit ille circa ebdomadam sanctam. Presbiter tadeus platonus primus testis parme ex auditu deponit illum stetisse rome in dicta domo unde raro egrediebatur. Gaspar de venturinis parme deponit quod ipse bis romam accessit anno 1547 cum iulio. et prima vice in mense maio et post decembri, ubi semper inuenit illum in domo dicte marchionisse. qui stabat cum multa suspitione. et quod nunquam exiuit domo dicto tempore e qua poterat exire ipso inscio quia illum non asseruabat. Dominicus bozzanus examinatus genue super dicto decimo tertio articulo deponit ex auditu quod ille rome fuit, et quod audiuit a familiaribus illius quod illi parate fuerunt insidie et nescit a quo. ( 3,)0 ) >■'* A1'II a,ldlianensis (•) genue deponit super eodcm ex auditu et aliorum relatione. 10 articulo ad finem probande innocentie sue con- rent T 10mu l10n°rificam sine fraude et machinatione indife-^ ^ onlnea Qu°d de ilio non poterat haberi sinistra suspitio. ' J ° artj'Cul° ^eonardus platonus primus taurini dicit multos uPPITT , U0nieases et alios visitasse rome illum, cum quibus con-ei,a(. )r UI lonor',|ce nihil machinando, quod sciuisset ipse testis quia Jn * C.I'S cum Prjmus et secundus parme satis frigide deponunt vidit *mus &enuc quod per dies quatuor quibus fuit rome non uni conueisaii nisi cum quodam eomendatario sancti spiritus. se be n'eUS *'ozzanus genue dicit se non informatum, et audiuisse quod vale ne.°CU*J,lt' et °buiam legatis genue honoris causa, petrus de ' . * deponit se audiuisse quod scipio erat bonus iuuenis. episcopus andnanensis attestatur se ita credere et dici audisse. < ecimo sexto articulo intendit probare ad excusandam profectionem 1,1 oalliam. quod tunc temporis erat pax inter diuum carolum et 0em christianissimum. et primus testis parme deponit vera contenta articulo et in causa scient e. quod erat publica vox et fama de pace aut tregua que durauit annos decem. In decimo septimo deducit etatem suam tunc temporis anno 154-8 unorum decem nouem. et constat in processu illum natum anno 1528 mense Septembri. In decimo octauo deduxit quod a puero fuit vite quiete deditus literis it non armis aut sedicionibus et machinationibus usque ad annum 1548 ?t mensem maium. super quo articulo examinatus primus taurini et primus paime dicunt vera contenta in eo. idem dicit primus masse, idem primus genue. qui in causa scientie dicit se scire ab effectu, quia prosequitur ius suum via iuris. quartus idem ex auditu, dominicus boz-zanus credit vera usque quo illum cognouit et ab inde supra credit etiam talem, petrus de valetari dicit se credere, episcopus autem asserit vera esse contenta in articulo. In \ igesimo articulo deducit bonam ipsius famam et condicionem, et in.hoc primus et secundus masse dicunt articulata esse vera, idem primus genue ( ) et adducit rationem quia illum educauit. et quia semper conuersatus fuit cum bonis viris, secundus idem quia dici audiuit et t') Giovanni Francesco Fieschi, vescovo di Andri nel Napoletano, dal 1517 al ì'jGó. ’ (*) Paolo Pansa. ( ) dimisit captiuos genuenses et eos iuuit. tertius quartus et quintus credunt ut in illo, et quintus quod credit etiam plus, octauus dicit vera in articulo. Ex liis clare apparet non probari innocentiam agentis, nec ex asserta inimicitia cum iulio. que non fuit etiam probata, infertur ad talem innocentiam, et licet iulius audito casu genue omnibus coactis eo iuerit tamen nam ideo iniuriam aliquam fecit fliscis sed tanquam ciuis genue et vassallus cesaris patrie et domino succurrere intendebat, et si dimisit ex suis ad custodiam principis id fuit sine iniuria cuiusquam ut ad sensum patet, et quando eum iulio habuisset inimicitiam ille a verisimili non diuertisset. et hospitatus fuisset apud matrem iulii quamuis inter matrem et filium controuertetur de feudis. et testes illius probant eorum amicitiam cum deponant quod ambo comedebant in eadem mensa et simul loquebantur in mensa ante et post, et euentus docuit nullam inter eos fuisse inimicitiam. Preterea testes predicti non probant concludenter innocentiam illius, que non infertur ex eo quod raro domum exiret ut deponunt, quia stat simul quod ille raro egrederetur, et nihilominus sciuerit et participa-uerit coniurationem iulii. nam et domi una sunt collocuti, et licet testes aliqui videantur deponere de continua perseuerantia illius intra domum tamen non concludunt negatiuam quia illi aliquando exibant, et non stringit ratio quod alii presentes ipsis renuntiassent. quinimmo nedum ex depositione negatiua sunt suspecti de falso, imo omnes conuincuntur f*alsi ex mutuis dictis, et primo leonardus platonus primus taurini qui se dicit semper fuisse cum illo, et illum nunquam exisse domum nisi ad conueniendum oratorem et cardinalem carpensem. conuincitur de men-datio a secundo teste dicti loci qui dum fuit ipse rome asserit illum fuisse in domo madame parme aliquando, et bis in domo cardinalis farnesii. et primus genue dicit quod illis quatuor diebus quibus ipse rome fuit ibat post prandium ad comendatarium sancti spiritus, et omnes masse-tani qui dicunt quod exibat tantum cum marchionissa in coccio ad vineam et per urbem recreandi animi causa conuineunt alios de falso, et supradicti taurini et genue sunt contrarii examinatis masse adeo quod sumus in multis testibus falsis quorum non sunt conuenicntia testimonia, et ultra dictus platonus qui dicit scipionem habuisse tantummodo duos famulos, se scilicet et togninum. habet contrarium martinum de andreis tertium testem masse qui in dicto decimo tercio articulo in interrogatoriis deponit illum habuisse duos famulos togninum et monta-cliinum. et platonum 11011 nominat, preterea inter piimum taurini et primum parme adest alia contrarietas. quia hic pai me dicit scipionem ( 332 ) *n galliam. et Ulc^c^f fU°S.V.eì tres dies rIuando recessit roràa iturus eonuemont in eo quod ille’^5 ‘f” ^ "°C‘em tantum’ amb° tamen vocant exules. per hel galmm Iuit stlPat^Tebellibus genue. quos terras cesaris. et* W e •* + ° 8-11801108 Vltans ]°ca periculosa videlicet daces secundus f ■ •" emPore tregue, ulterius conuincuntur men- ticulo dicifc nuodT'1,U CUm Prim° plat0na quia hic Sllper septim0 ar-et secundus super dT'° 8Und° r0mam stetit Parme Per noctem unam. ad burgum (') stetit lm° artlCu!° dePonjt quod parme ante quam iret burgo iterum stetit <1Uatuor aut Qu,nque dies. et post recessum a rursus platonus s.,°C° Pam6 P6r ali°8 quatuor aut quinque dies. rediit genua ad bur> CCPim0 articu!o d‘cit quod tornes secundus testis genue. at ille ^ Ur&uni_u^ dedit literaspanze scipioni de rebus gestis non inuenit sed qUOd reditu ad bureum scipionem ibl' tenus nomine - ^U6m n°D Atteras aliquas sed verbo falsum demonstrem- 'll'°d.eastrum ]oda,li fuerat captum, quod etiam castri rKo Instrumentum foetum supra deditione dicti A UltJ 1 TT)J1 An + n • .. die vio-p=;m i- .. ianuarii. et is deponit se discessisse genua clicti mpnQic! „ u longe -factis • renunciasse facienda longe post pro testes licet i 3PParfit itatnue of sai zane et alibi hortam publicam vocem ct famam quod ' pio fuisset conscius dicti tractatus, qnia confessiones prodictorum. l,c‘ant penetrate ab aliquibus, ct nominat a quibus dici audiuit..et jj * .,C lfc aU(*‘uisse tam ab amicis quam inimicis fliscorum. artica! !'niUS mJUUUS doctor papiensis (') genue examinatus super tertio viditU ° dt p0nit‘ quod anno 1548 ipse pretor genue capto octauiano zino in ‘ processum factum pontremoli et mediolani contra dictum iulium. tat^' -i|US ^ebatur scipionem fuisse conscium ct participem trac-” i ius. et in tertio interrogatorio dicit quod cx dictis processibus •Il> ibat dicatm coniurationem tendere ad subuersionem genue prin-P nec* m et classis cesaree excidium, et quod recordatur quod zinus ° examine dixerat vidisse literas suprascriptas nomine scipionis Zl ra as’ et fluod dictus zinus credebat scipionem conscium tiactatus ra quod dum paulus pansa apud illustrissimam dominacionem tunc emporis intenderet excusare scipionem quod non fuit admissa e.vcu- 1 /-010 dictum fuisse habebat ipsa illustrissima dominatio illum Pf ilem. et idem super sexto undecimo et decimo nono deponit prt m 0enue vidisse dictos processus super quibus fundauit suam sen iam contra dictum zinum. qui non adibuissst fidem illis nisi fuissent entiei. et fuisse iulius ob dictam coniurationem decapitatus. ex qu inerat prius condemnatus.. Fianciscus cibo notarius examinatus genue super primo articulo a atm se actuarium processus formati anno 1548 contra octauian . n im habuisse pre manibus processum factum mediolani contia iuliu quo videbatur sibi iulius conuinctus de dicta coniuratione dc qua aiticulo aut simili si recte meminit, cuius processus dicit laetam fu*’ mentionem in processu dicti zini. et idem sifyer tertio articulo atti sta informatione dicti processus ut esset paratior ad reddendam ratio contentis in illo magnficis dominis deputatis extraisse nonn eapita, ex illo quorum copiam exibet et [sunt) tenoris infrascript*-cartis /3 iulius dicit quod de negocio occupandi ciuitatem ^°CU uerat eum scipione et cornelio fliscis rome. item in *U . dicit se consuluisse negocium cum scipione flisco ct sccrctario bello* ( ) rohilamante Maino, pretore nel 15^17 e 15-IS sopra le cose criminali, «top ilureSa dl Montobbio’ avea avuto dalla Repubblica il difficile incarico i c tav'^ ÌI,processo c°ntro i congiurati. Istruì pure in Genova quello contro i»i r ZÌn°’ corae «i dice più innanzi in questa medesima allegazione-ioe il cardinale Giovanni di Bellay. ( 555 ) item fol. 80 iulius loquitur do zifris quas habebat cum scipione et aliis, item in folio 102 loquitur dictus iul us de scipione flisco quod se ostendebat cupidum vel desiderosum coniurationis vel imprese, unde tenet quod scipio fuerit conscius dicti tractatus, super sexto dicit quod dum esset actuarius dicti processus vidit etiarft quasdam examinationes pon-tremuli factas de quarum tenore non recordatur, et in interrogatorio quinto deponit se credere processum per eum visum fuisse authenticum quia alias magnilici domini deputati non dedissent illi fidem. Laurentius capellonus habitator genue primo articulo examinatus deponit distincte de coniuration; ex publica voce et fama et dicit ex quibus illa processerit, et quomodo orta sit. et quod tunc temporis in-seruiens principi et adamo centuriono habuit illum processum mediolani factum pre manibus, cuius lectione se informauit de predictis. idem super tertio seriatim attestatur de scientia scipionis ex dicto processu quem asserit se diligenter vidisse cum induxisset in animum suum scribere historiam trium coniurationum initarum intra annum unum prout illas scripsit (>). et aduertendum est quod vere omnia consonant, nam facit mentionem de famulo scipionis nominato montachinum. de quo concordat cum martino de andreis teste massetano super decimo tertio capitulo in interrogatoriis, super quinto articulo deponit de captura et confessione iulii quod dux ferrarie illum admonuerat quod de se habebatur magna suspitio. et quod cardinalis cibo (8) scripserat ad ipsum ne permitteret eum transire per ipsius statum cum militibus aut milites cogere in dominio suo. super undecimo articulo in septimo interrogatorio quod processus fuerat missus ut'posset procedi contra alios rebelles et quod propterea debebat esse authenticus, et ipse vidit illum subscriptum. Dominus adam centurionus concordat cum predictis testibus de co-niuratione et participatione scipionis, idem super decimo octauo atte- (■) Accenna qui alle congiure del Fieschi e del Cibo, nonché all’altra che ebbe luogo in Piacenza contro Pier Luigi Farnese. La narrazione di quest’ultima è tuttora inedita. Che poi il Cipelloni fosse a’ servigi del D’Oria e di Adamo Centurione, risulta anche per documenti; giacché in certo registro di spese del 1545, esistente in Genova nell’Archivio del Principe IT Oria, si legge questa notti la quale ci viene gentilmente comunicata dal socio comm. Antonio Merli : « 15-15, 6 gennaro. A messer Lorenzo Capellone de Nove, cancellerò de messer Adam Centurione, per andare a Vercelli al Signor Duca di Savoia, per la cosa del Signor d’Antibo, senti 6 ». (J) Innocenzo Cibo, cugino di Giulio, creato cardinale da papa Leone X nel 1513 <; morto nel 1550. statur do per , • ) «lebat njK^vi SClp'on,s • ^cess^fuTnl^ *? aUdiuisse a dieS° abitio dePonitZZ CatboIi<*m reZ ll °rat0rem cui a sec^« «*■ lenter ab ^1;Ulone scipi0ais t’ • ^ 'SUper Wmo tertio articulo « inimici fl mn,bus dicebatur ht » Erogatorio quod in. ' qU°S P0ter8flt CSSe “ niti amici i°hannis iJ‘1 ^ all0rum- senUe .!.PU!ai11 not!ir‘i et actuarii processus ^ et Tt 6t * vi,es~t~ ÌU1ÌÌ iD manibuS ]aPsum to " enteni quia -f° Lp0I1,t ,Ilflimat'°nem illius gene- ZZoa ‘ ^ °rÌ&Ìnem ^ ticipem. e?raati0De faeta per C°n'J!'ationc iu,ii- suPer "nde- Agusti ^ °C ex Processa merfl- ° SCjPione ia conscium et par- Pr°eessum S 0100 SuPer decido sev^ n ,iteris Ordinandi gonzagbe. tiam rp’ ],Q ScnPtui'is (,Uon , ‘ 0 a estatur se pcrquisiuisse dictum undec 06 et storimi "b™™ kcobi Patris sui ad ilisfaa-Seipion1110 dlXlt Vjdisse anud 01,11 .et eum flon inuenisse. quem super fuisse T1 6t audiuisse i„ „tempoi'e 'i110 procedebatur contra de infa °nilJiatum in dicto ^ ancorum et aiiis in locis scipionem Process Q3atj°ne iJJius a person'00^ Ct SUpCI' viScsimo tertio deponit ZZesecXbCaptUra ^ qUamatiS' neSCit tUmen U qUÌbU9etan Joah aPta,'z iulii H Uacls- nescit tamen a quibus et C'irti ^ CÌbo SUDar Tini aliorum lllUl- ÌIÌÌUS peiia ex prò*'examinatus ex fama pub/ica £ sur>rari- eOQlUratorum et Pv Zini ^UI erat amicus dicti iulii ct tercin Tm w]lanaem iacnh processu dicti iulii ipsi testi ostenso per ‘ et fPIod est impossibile quod tota ci- Pagano D'0pi nel 1574. D°na- fratello deJ Drin . (i) ved. b0\p*r C,Pe Gi0Vanni ^drea J, ucciso a Tunisi ■^padiot Annali, ecc ... 1 ' v; 80Ito il geaatio 1548. ( 557 ) Presbiter ludouicus malaspina examinatus super primo et vigesimo articulo dicit ex relatione leonardi platoni scipionem conscium dicte coniurationis. cum quo concordat grrgorius rattus ejxaminatus super eodem vigesimo articulo qui nominat dictum lodouicum in contestem. Dominicus ab auria examinatus super primo articulo licet dicat cu-pere ius stare a parte reipublice. deponit de dicta coniuratione et quomodo fuit patefacta ex litteris matris iulii et scripturis repertis apud ducem placentie a ferdinando gonzaga. et super undecimo attestatur se fuisse a republica et principe missum mediolani ut ibi esset usque ad finem.cause dicti iulii. cui capitaneus iustitie retulit illum confessum fuisse omnia de plano sine tortura, et ipsum locutum fuisse etiam cum eo a quo intellexit omnia rome facta et tractata, seque fuisse ab illo rogatum ut pro eo intercederet apud principem, et quod habuit copiam dicti processus scriptam a quodam iuuene notarii et subscriptam a notario, cui soluit mercedem suam, et in duodecimo articulo in interrogatorio secundo quod fuit illi data dicta copia iussu ferdinandi gonzaglie in qua legit nominationem factam de dicto scipione. Paris pinellus examinatus genue super primo, qui tunc temporis rome fuit, deponit audiuisse ante capturam iulii quod habebat strictam praticam cum gallis et quod post capturam illius detecta fuit coniuratio. super primo attestatur de cohabitatione scipionis et iulii. et se vidisse scipionem exeuntem e domo cardinalis armeniaci (2). et audiuisse quod frequentabat illum, super tercio quod post capturam iulii audiuit de conscienda scipionis, super vigesimo tercio attestatur de fama contra illum indiferenter a multis qui erant persone graues. cum ipse testis solitus sit cum huiusmodi personis conuersari. et potuit etiam ab inferioribus audiuisse quia de eo generatim dicebatur. Castellinus ab auria examinatus super primo secundo tercio et vigesimo tercio deponit de coniuratione et participatione scipionis, et in dicto vigesimo tercio affirmat quod scipio rome associauit legatos ge-nuenses. et quod tunc'temporis secretarius illorum dixit versus ipsum testem si scipio sciret quod de illo dicitur in quodam processu quem vidit huc non veniret. Julius canoua examinatus super vigesimo tercio attestatur de publica voce et fama contra scipionem ortam ab oratore et a nobilibus multis loquentibus cum dicto oratore, et qui tanquam eius amici condolebant vices dicti scipionis. Agustinus ab auria examinatus super primo articulo deponit quod rome i3) Giorgio d’ Armagnac, prete cardinale de’ santi Giacomo e Paolo. ( 338 ; neapoli fnse /.l'!1'1.1" ,lubo|)ant malam opinionem iulii. et quoti reuersus seriem „ f* 'S '°mam intel,exit cnpturam illius et omnis tractatus cum miaistr^irill^er^r^ri1^ °fOUUerSatione iulii etsciPio™ r°*° ponit (in an- ^ concludit optima ratione, dem supra tcrcio de- —' ,m. T ^fx “di"' litcris o"“°rls ce™ nMtih capite fi 10111111 super sexto quod iulius qui acceperat vulnus in nasse sei )ioinam'na^ll> pon*remi^1- (luod Pei' litteras intellexerat nomi-in processu r' * °I1S0Iurn' suPcr undecimo quod iulius nominauit illum cessum ' ^ ex re^atione aliorum et se vidisse dictum pro- princi ii.' niain^lls (l°ni in ici ab auria. et audiuisse illum legi in talamo mine ab U^iia ' 'oesimo tercio quod scipio fuit infamatus de tali cri- , . .°rat0'iI- cesaris et nobilissimis viris quos non indicat an inimici fliscorum. se -ice . I,du!? ^10mas nigro examinatus super primo articulo attestatur malum ^'^CIas a card‘nale cibo quibus admonebatur iulium ire per mam111 '*ei S6CU^° successu audiuisse de illius coniuratione per fa-m publicam que erat generalis, quia indistincte amici et inimici 06 CO dl^phonf n.» cai.j. 1 sup3r secundo quod mater scribebat ad cardinalem et cimo'T IS lpSUm tes*em de conuersatione filii cum gallis, super undc- 0 eponit de publica voce et fama quod scipio fuerit nominatus a q0 ° ProCeSSU me(liolani in participem et conscium. niC^ ^^PPÌnus ab auria examinatus super tercio concludit ex pro-blic rne^l0^ani compertum fuisse scipionem culpabilem et ex fama pu-' et super decimo tercio articulo in secundo interrogatorio quod Per principem dominicus ab auria fuit destinatus ad ferdinandum gon-zagbam qui attulit dictum processum. iul ‘ aiiC1SCUS W super primo examinatus attestatur de coniuratione ■ X litttris didaci mendocie et aliorum ministrorum cesaris scriptis j. 1 /a rlufis dezifrauit. et ex processu mediolani. super decimo ex dictis e.r.iS de conuersatione scipionis cum gallis, super, tertio de illius scientia dUX' 10 et fauore rl«i habebat multos beneuolos in ciuitate. supra decimo auo de perquisitione dicti processus, et dicit quod fuit transmissus in inspaniam. aulu», leieaiius super decimo tarcio examinatus da infamatione sci- I s a multis giauibus viris in bancis non maleuolis fliscorum. et quod non erat vana vox vulgi. nedic.us fli>cus examinatus super vigesimo tcrcio articulo concordat publica \oce et fama, de qua indistincte dicebatur inter nobiles eT primarios viros. olus arighinus pontremolensfs examinatus super secundo tercio ( 539 ) undccimo et decimo secundo attestatur scipionem consciam et participem iulii cum quo sepissime tam noctu quam inter diu ibat ad ministros gallos associatas ab ipso teste et patruo suo secretario ducisse camerini, et quod ipse fuit solicitatus ab illo ut iret cum iulio venetias. qui dicebat se pretendere interesse in dicto viatico iulii. et. quod post capturam illius factam pontremoli cum visitasset illum in dicto loco, quod ille dixit se incidisse in ea calamitate propter fliscos. et quod ipsum testem misit ad cardinalem cibo a quo fuit missus mediolanum. ut ibi adesset et eum de successu omni modo admoneret, ubi intellexit a capitaneo iustitie presidente crasso et bernardo spina fiscali quod nominauerat scipionem et alios in complices, et quod obtinuit ingredi posse ad illum, qui similiter eidem omnia renunciauit. Ultra predictos testes conuincitur scipio ex testimonio dominici boz-zani sui testis qui super decimoquinto articulo in septimo interrogatorio deponit quod vulgo dicebatur quod fuerat nominatus pro complice a dicto iulio. et episcopus andrianensis super duodecimo articulo in octauo interrogatorio dicit quod audiuit illum fuisse inculpatum a dicto iulio sed quod postea illum exculpauit cum duceretur ad mortem. Ex his omnibus videlicet ex sententia oratoris cesarei ex confirmatione illius facta per diuum ferdinandum. et ad cautelam noua declaratione et sententia eiusdem contra scipionem, satis constat de delicto illius, accedunt attestationes tot testium virorum omni exceptione maiorum. qui viderunt processum dicti iulii mediolani factum in quo nominatus fuit conscius et particeps, et qui attestantur de conuersatione dictorum iulii et scipionis rome cum ministris regis christianissimi. et de fama frequenti et constante contra illum de tali delicto, accedit etiam examen dicti iulii pontremoli factum repertum in arcliiuio publico genue et de quo ia processu zini iudex se preualuit ut idem iudex nominatus polidamas mainus attestatur in tercio articulo ex primis reorum, et actuarias processus dicti zini in articulo sexto cx dictis dicit se tempore dicti processus habuisse dictum examen pre manibus et in exemplatione dicti examinis custos archiuii scripturarum criminalium dicit illud esse infilatura in foliatio actorum criminalium, ex quibus apparet dictam scripturam fuisse repositam in dicto processu zini iam supra annos xxn et de illa habitam fuisse rationem tanquam esset autentica, et sequitur ex hoc quod dici non potest quod fuerit dicta scriptura a priuato supposita in arcliiuio aut ab alio ut ex inde ili', daretur fides, quia apparet fuisse illam insertam in dicto processu occasione de qua supia et per quod apparet fuisse nominatum in conscium et participem, et attento etiam dicto unius testis examinati ad illius instantiam asserentis se ( 540 ) audiuisse dici vulgo scipionem fuisse conscium dicto coniurationis. et dicto alterius qui dicit iulium inculpasse illum in dicto processu, et ex litteris ferdinandi gonzaghe constat etiam qui fuerint exculpati extra piocessum ab illo, inter quos non legitur de scipione, non potest dubitari plus quam plene probatum delictum de quo agitur, additur mani-fe> tum inditium quod in galliam se proripuit cmn rebellibus, alterum quod piocessit per loca venetorum heluetiorum grisonum fugiens loca cesaris tempore quo milites regis christianissimi tuti transibant per dicta loia, soli autem non tuti transibant qui proditiones machinabantur . ieut iulius et scipio quorum unus captus fuit in dictis locis et alter illius peiiculo cautior factus dicta loca euitauit. et in hoc concordat laurtntius de barberiis in suo examine facto in eius processu exhibito in actis. Qu< supra dicta sunt spectant ad iulii coniurationem. ceterum ut claiiii> appareat scipionem fuisse semper animo infideli contra sacram cesaream maiestatem deducitur aliud crimen infidelitatis patrate per illum, namque statini secuto casu genue accessit ad burgum 'aliis, tari, et ibi persuasit hominibus dicti loci ut se et dictum ca-■tiuni feudum imperiale darent duci placentie. qui tunc temporis haud quaquam partes cesaris sequebatur, id autem probatur per septem testes examinatos supra vigesimo quarto articulo qui omnes concludunt cum fuerint presentes illius persuasioni et deditioni facte, qui etiam dicunt scipionem surrexisse ex sella cui insidebat et in locum suum posuisse quemdam capitaneum supradicti ducis, idem dicit hieronimus eius frater et thomas alemanus in examinibus montobii factis, et quamquam ille conetur tale facinus celare asserens se audito casu genue statim ìomam iuisse. nihilominus testes per eum producti fatentur illum fuisse burgi, ut leonardus platonus et vincentius tornes examinati taurini, et dominicus bozzanus genue. licet dicant de tali facinore se nescire, et dum scipio omittit dicere de tali accessu ad burgum manifeste arguit se ibi aliquid mali patrasse, si enim venisset eo animo st conferendi genuam. et se a ienandi a fratibus, non esset reicienda talis intentio, quinimmo propalanda, et excusatio quam adducit de palatio diruto et lodano capto est falsa, quia nec dum palatium fuerat dirutum nec dum locus lodani captus quod secutum fuit post die vigesima octaua ianuarii ut constat ex instrumento super inde confecto et exhibito, licet sui mendaces testes taurini contrarium dicant. Et ulterius tale facinus burgi grauatur quia ille in itinere bononie ad burgum diuertit per quatuor aut quinque dies parme. quo etiam accessit post tale factum ut deponit vincentius tornes in septimo articulo, et ( 541 ) conuersatio illius romo cum madama parme ct cardinale farnesio do qua per dictum testem tendit ad iinem supradicti facinoris, in cuius premium obtinuit a farnesiis castrum calestani quod etiam nunc tenet. ut clarum est id quod thomas alemanus in suo examine facto montobii iam supra aruios xxv late deponit, quo tempore nulla cadebat suspitio aut timor liuius cause. Quod autem idem ad hostes domini sui transfugerit nulla procul dubio indiget probatione, id enim fatetur passim tam in processu quam in precibus quibus petiit a diuo ferdinando confirmationem pacis, quod delictum et perseuerantia illius in sequendo partes gallicas contra ce-sarem et patriam est manifesta felonia que nulla indigebat probatione aut scientia, sed ipso iure illum reddebat indignum successione feudali et omni gratia et quibuscumque priuilegiis imperialibus, meminisse autem oportet indicem quo itinere in galliam se contulerit et quibus satelitibus stipatus de qua re etiam deponit laurentius de barberiis in suo examine in actis producto, qui deponit et illum mirandulam romam aduenisse et post tres dies inde venecias processisse cum fratribus et aliis rebellibus genuensibus. et exinde cum quatuor ex illis in galliam properasse, porro ejuid in gallia egerit non fuerit incongruum considerare nec a causa alienum, nempe satis cito fuit visus ad insulas que vulgo dicuntur le pomeghe stare contra maiestatem cesateam massi-miliani secundi qui in hispanias tunc temporis proficiscebatur, in redditu vero ipsius cum gallis galeam et supeletilia serenissime auguste fuit depredatus nec refert an ea presens aut per satellites suos commiserit rebelles inquam domini et patrie, quos aluit et fouit penes se ut deductum fuit in articulo vigesimo primo super quo examinati fuere nicrosinus marora baptista riceus iacobus de sancto saluatore michael dolera. quot autem vicibus cum gallis hostibus cesaris contra dominun suum et patriam steterit non est opus referre, et tamen sui testes dicunt illum iuuenem pacis cupidum quod et nobis videtur siquidem dum tota gallia intestinis bellis exarsit nunquam pro suo rege qui illum multis stipendiis honorauit arma induit, qui forte vouit se nunquam iusta arma sumpturum contra rebelles. Non excusat dictum delictum transfugii et hostilitatis in patriam et dominum, quod transfugerit tempore pacis, nam non probatur pacta tunc fuisse inter cesarcm et regem galliarum. quinimmo idem in actis sub die quinta ìunii anni 1504 dicit se ad gallos recessisse tempore tregue, et solus primus testis parme licet dicat vera esse contenta in aiticulo in quo asseritur dicta pax. tamen in causa scientie dicit quod erat pax aut tregua adeo quod dubia probntio debet contra probantem interpretari, et du- i quod post Llhrnluì ™UhntM dera“trauit '1U0(J non orat pax. alter sumendum roes f>, .P"1"111 vUUmn*- ^ °St crodendum ncfi P™' temporibus «Jm • ! Pa°° Stat,m ad “rma inisse, alter quod dictis per insidias°t minis> ri SemPer cesarem Joca illius aut confederntos ratin ■ * m,lc*u'nat*onos vexarunt id manifeste demontrat coniu- ÀuZ Zt •*** « carni n rv> a cxe,|Mtionem sui transfugii quod destinauerit ad diuum ^ doctorem bfirojim /*x • » ±. illum non r ' (’nro‘° lus Slluni exponeret, et asserit galliam • UU Llni nc(> atlmissum a diuo carolo. et quod proinde se in gotiis si i ^lceret si cesar aliis maioribus implicitus ne- nec hocTicit*^110 D°n J"tendent acl ,,Iius hostes se conferre, verum admisisse a neC verisimile diuum carolum ijlum non audiuisse aut nec id 1 1UStltia?n implorantem, ea non fuit caroli consuetudo deat erit°nUm inciPem decet, et propterea ut hoc iudici prudenti sua-barit ct °^US Per C*Uam -claram probationem videndum igitur quid pro-articulo jUm0.,LOnarc^us Platonus taurini examinatus super decimo nono nicolai P0111 quod suasionibus amicorum et presertim panse et et i 'st a aUna ‘^lus sororis scripsit ad barcam et missit mandatum tuerant ^ '°IU m a Quo fuit admonitus quod per multos menses non po-causan au'*IC!ltiam habere propter fauorem suorum aduersariorum. et in secu:;— 1uia ipse testis seruiebat illi et scripturas exemplauit. ab il"" tlS d0P°-'t e^iam super dicto articulo dicens audiuisse se puas ° IOmi flll0tl babebat in animo ire ad cesarem ad tractandum res disf, 11011 execatus defectu pecunie, et quia res sue erant in cur t °U Ut ,Ult admon^us- e*; QU0(1 misit ad barcam mandatum pro- telt ' °"Um.CUm a,iis scr,pturis. sed quod barca prout scripsit ad ipsum r-J ^ scipio non potuit habere audientiam in curia, ludouicus mune- ] imus Ccnue dicto articulo deponit de audito et non dicit a quo. facit petrus de valetari in dicto articulo, j 'J,,tr.i rei eonuenti ad demonstrandum accessionem illius falsam nitu. Xei Un^ In artlCu^° v,gesimo ex propositis secundo loco quod ille mo-banT n miniStnS diui caroIi- flui eidem aditum et fauorem promittent iret ad cesaream maiestatem. non prebuit consensum talibus super quo articulo examinatus orator figueroa dicit quod , *m a*J J'ni'ti0 secuto casu ioannis aloisii medio pauli panse illum monuit ut recurreret ad cesarem. et quod ipsius connilium noluit ^ 1 i ut (ffectus demonstrauit. et ludouicus munerius testis illius in mV'-imo nono articulo in secundo interrogatorio fatetur talem ( ) 1 rancesco Barca, procuratore dei Fieschi. ( 343 ) persuasionem factam scipioni ab eodem oratore, augustinus ab auria supra dicto trigesimo articulo idem affirmat factum a didaco mcndocia. comes filippinus ab auria supra dicto articulo idem asserit factum a domino ioanne mendocia oratore cesareo apud venetos, ut audiuit per litteras scriptas principi, et quod princeps querebatur quod ille tractaret cum inimico cesaris. paris pinellus in dicto articulo idem factum didicit a cardinale cicada (') cui scipio respondit quod malebat ire ad gallos qui eum rogabant quam ad cesarem supplex, ex quibus apparet quid probatum fuerit a scipione et per testes de auditu deponentes et varios, ut est platonus qui dicit scipionem a barca admonitum per litteras quod non poterat habere audientiam, et postmodum in interrogatoriis dicit quod barca scripsit ad pansam is autem ad scipionem, ad quem etiam ille misit litteras cum scripturis pro barca genuam. quod non est verisimile, at e contra verisimile est quod dicitur a reis, et sui testes etiam fatentur admonitum illum ut ad cesarem recurreret. Ex suprascriptis apparet nihil probatum per scipionem quod crimina fuerint contra illum conficta nec quod ab appositis delictis sit innocens, quinimmo per reos conuentos plenissime- clarissimeque fuit probatum illum coniurasse. dedisse castrum imperiale hostibus cesaris. transfugisse ad hostes et hostiliter se semper gessisse contra dominum suum et confederatos. quod equidem recte arguit dictum christofori arrighini examinati super trigesimo articulo ex secundis, qui deponit de facto scipionis in suadendo petro uurete ut a cesare rebellaret et castrum pon-tremuli proderet gallis, de quo etiam deponit carolus arrighinus supra dicto articulo, et ex eiusdem testimonio constat per assertionem notarii rogati de illo examine iulii pontremuli factum originale per ferdinandum gonzagam illi ablatum fuisse, et ex his de facto licet nulle adessent sententie potuisset iure permittente spoliari feudis et priuilegiis imperialibus. et licet sententia lata contra illum per oratorem fìgueroam et declaratio diui ferdinandi possent in aliquo impugnari solemnitate omissa tamquam nulli, cum constet de multis eius infidelitatibus, nihillioniinus sacra cesarea maiestas que est super omnem legis positiue solemnitatem et non subest nisi deo iustitie et veritati, deberet, neglecta omnis solem-nitatis regula, per viam prouisionis illum procul amouere a dictis castris et reos conuentos qui receperunt a diuo carolo in eis manutenere secundum textum in capitulo ad petitiones de accusatoribus, quod tanto magis debet facere cum pro rei veritate dicta sententia aliqua nullitate non laboret, et quod ad nullitates propositas videndum in primis est de (') Giambattista Cicala, vescovo d’Albenga, cardinale di san Clemente. Atti Soc. Lig. St. Patri* , Voi. Vili. Fase 11. -4 ( ) nullitate proueniente ex citatine f ‘ ♦ non fuisse tutum. qua >, . * m e°nue quem i,,c diei<: nimmo rei probarunt e- " "0I1 p,0^auit ^ua^ltatem loci non tuti. quj. ciuitate. et ut liqueat ' ^ mu*tis 1,,um tuto potuisse comparore in dieta probatm- ex parte ili- ^ ^ PUrS me^us probauerit videndum est quid deduxit ab illustrissi ^ °CtaU0 nono et decimo articulis, in quibus suis et eorum •? * (*onil'nnti°ne fuisse concessam veniam fratribus ^tquacibiiG i n P *. remissionem attent' genuo die torcia ianuarii Jiberamque presupponitinjm- ‘r ^ co®nita facti veritate et qualitate quam ipse auria. deduxit etiam rocatagliate et • lenilssl0ne occupauit respublica loca varisii quod hieronimum ^a°naillt arcem moutol)ii ad illum pertinentia, et illo abseute bononi fratrem cum flu|husdam aliis occidit, item quod ipsi pro sua le<>'t' ° PnncePs occupauit castrum lodani assignatum et cum ex i ‘b et Pa*atlum dictorum fratrum dirutum fuit. ut delerent totam* r l,SaPPareret intentionem reipublice et principis esse contra p..m amam eius quod romam se recepit ut se ab insidiis eum parat,s defenderet. Plioio pelefirrimiQ riia dicit in tumultu° MB,S ertms testis examinatus taurini qui subditum illius feDUe.Se fuisse secutum iohannem aloisium tamquam batur a fliscani/ d'U-Slnam' et inde fuisse ad portam arcus que tene-siruam primàm^d ^ 6tiam 7enit hieronimus fliscus circa horam vige-illustrissime d™ .eponit1uod publice dicebatur inter ipsos quod nomine ere tari us o^h °minatlonis venerant nicolaus ab auria pansa et unus se-natio illi ets0lflatOrUni DUncjantes hieronimo quod illustrissima domi-ronimus reces-^t C*bus PePercerat. et quod arma deponerent, unde bie-Perueniret UfSUS montobium cum parte eorum, quo prius quam dicit quod fr?CUtUS fUlt iiJum octobonus frater, et in interrogatoriis intra duitati ^ ttmpore 9U0 dieta ve,jia fuit illis concessa erant bernatorfhncT ^ ]°C° dicto Ponticello armati, et quod ignorat a gu-Primus testiUDC C°gnitani facti ilJius veritatem, veniaru iiiero ^ ParmU suPra octauo articulo deponit concessam fuisse remansit a^ud"”0 °Ct°b0n0 et seiuacibus. de qua facta fuit scriptura que causa scientìe fCar^na]em a,j aui'ia- et quod ita publice dicebatur, et in interrogatori'6 aUdmit a Pansa eruandi. comes filippinus ab auria in dicto trigesimo quinto aiticulo dtponit quod respublica edixit nocte ut deponerent arma se paraturam, que edicta nescit an fuerint acceptata. "V enia ex suprascriptis testibus non probatur nec etiam causa venie, quod non probetur ita demonstratur, testes de auditu non probant et multo minus quando deponunt non verisimilia quando inuicem sunt ontrarii. quando persone sunt suspecte, verum omnes testes illius de- ( 547 ) ponunt de auditu, nemo ex ipsis fuit presens in palatio quando asseritur pretensa venia, qui autem magis urgent dicunt se vidisse nicolaum ab auria pansam et cancellarium referentes liieronimo et sequacibus fuisse pepercitum. quando hoc legitime probaretur utique non probaretur factam fuisse remissionem a reipublice gubernatoribus sed tantummodo fuisse relatam a predictis. qui eo tempore et eo in casu debebant omnia dicere ut patriam et rempublicam ab imminenti periculo liberarent, et supradictus nicolaus magis quam ceteri ciues debebat hoc facere qui nedum reipublice sed et sororibus suis summa cum ratione timebat si fuisset aduentum ad arma inter reipublice defensores et fliscos. ad summum igitur foret probata relatio venie et non venia ipsa, accedit quod omnes qui referunt audisse dictam relationem fuerunt complices fliscorum et per se sunt discordes, namque aliqui deponunt id secutum ante portam thome bone aliqui apud portam arcus et apotecam magistri rolandi manescalchi. et alii intra portam iam dictam arcus super quodam muro, que omnia loca sunt in se contraria et diuersa segregata muris et magno loci spatio vieque reuolutione et anfractu, namque porta arcus ab apoteca dicta dirimitur muro et crate lignea, et inter dictam apotecam et domum thome bone sunt passus circiter ducenti et ulterius reuolutio vie aut anfractus, ita quod existens in uno loco ex predictis non potest nec audire nec videre alium exist§ntem in alio loco, discrepant etiam in tempore, alii enim attestantur factum vigesima hora in circa, alii intra decimam octauam aut decimam nonam, porro quod testes auxiliarentur fliscis in dicto facinore ipsimet attestantur, insuper testes qui supra hoc deponunt in manifestis mendaciis deprehenduntur, et inter ceteros menaleotus dicit ambrosium senaregam virum magnum qui erat infra mediocrem staturam, idem in eodem articulo dicit hie-ronimum fecisse uniri suos qui erant in diuersis partibus, scilicet ad portam sancti thome et cazzole ('). que dicta sunt falsa, nam suos non eduxit a porta sancti thome. qui inde recesserunt et aufugerunt pro metu ut constat ex dicto iulii fontanelle in dicto octauo articulo, constat etiam ex dicto michaelis de camaioribus examinati ad instantiam reorum supra articulo . . . qui etiam si non fuissent expulsi non potuissent a hieronimo colligi propter spatii longinquitatem et viarum anfractus et maximum tumultum qui erat in ciuitate. imo dato quod hieronimus potuisset cum omnibus suis eo tendere, tamen nec unus nuntius nec pauci milites potuissent ea die ab una porta ad aliam penetrare, preterea a cazzola non collegit suos qui ibi non erant (') La parta dell’ Acquasola. ( 348 ) rvmtp .10Cte IUC Proxirna. et demum inni dictus testis sibi ipsi est ama, quando deponit parendie eius noctis ductum fuisse a patruo cum TnÌh aloisil' et nocto eadem subsequtum fuisse eundem })n- l0.1 IUS' et Post *n generalibus interrogatoriis se nullum ha-citur ' ^ pin^UUni 111 dicto facinore dicat, dominicus de rugales conuin-0ks t0 aliam factam remissionem montobii que etiam a a non fuit, quod omnino falsum quia se dederunt obsessi ad sc;n-°nantlUm '°^intatem- ut etiam deponit iucas clapa unus ex testibus ipse f t ^'Iper n0n° articuI° ex Primis. iulius fontanella ul£ra r,uod mènda''- ' ^ ^ boniicidam narrat taliter seriem facti ut manifestus via X aigUatui' nam dicit se e biremibus cum octobono retraxisse per busi' ^Ue dlC1*Ur su^us ripam cum impedirentur lapidibus et archi-co f -8 1 existen^lbus ,n turri darsine. quod iter est impossibile eos j 01 "C eundo a darsina ad portam sancti thome. nec poterant etiam ort Gr ^aiM'nam at* dictam portam quia eundo a via subtus ripam ad P ani piedictam relinquitur darsenale ad manum Ieuem. non est etiam rum nec possibile quod tam ipse quam octobonus armati presertim. refert fuisse armatum octobonum. eum fecisse dictum iter a dicta a sancti thome ad portam siue cazzole siue arcus ex spatio tempora quo ipse refert, quia porta sancti thome magis vergit ad oeeiden-em et porta arcus respicit orientem et porta cazzole proxima est dicte tria16 arcUS‘ 6t utratlue distat a dicta porta occidentali per miliaria incirca, et via extra ciuitatem secus menia est aspera et ar(|ua. in q adsunt conuales profundissime impedite multis in locis muris et 'II CerilS V1^arum priuatorum. adeo quod homines armati non poterant id ittr conficere minori spacio horarum trium in circa, falsum est 1m (3l,od octobonus semel egressus urbem iterum illam ingressus eiit per portam cazzole ut ille inquit, lucas clapa est etiam varius quia articulo tercio in quinto interrogatorio fatetur se fuisse cum hiero-fflo et sequacibus quando discurrebat per urbem, et paulo post in sep-nio interrogatorio dicit quod non fuit nec fautor nec socius dicti facinoris. lucas cardinalis qui habet in bonis tantum scuta vigiliti quinque t etiam mendax in duobus, primo dicit se subditum illustrissime domi-tionis qui in rei veritate est subditus pagani, secundo dicit se ne-cire quod fratres flisci seruirent aliis post annum 1547. que tamen res publica et notoria, dominicus bozzanus est testis de auditu auditus tionatus et de familiaribus, petrus de valetari est unicus in eo quod ^sserit se audisse proclama de asserta venia, et mendax in eo quod dicit illa ;0I1Um ^UISSe ad portam arcus tempore quo fliscani recesserunt ab ctobonus erat ad portam sancti thome qui ut eam reliquit arriplius ( 349 ) ciuitatcm non introiuit. qui ut supra dictum fuit negat etiam fratres fliscos seruisse gallis.quod erat notorium, insuper inductus titulo partis que per errorem facti articulauit fuisse in darsina quatuor triremes hispanas nec non seruiret in omnibus parti attestatur de quatuor triremibus cum ille non fuerint nisi due. ut manifeste liquet ex testibus examinatis hinc inde, dicit etiam non fuisse in palatio nisi decem milites et unum ciuem quod est falsus, episcopus andrianensis deponit de auditu et fama publica, et est testis tamquam fliscus et adeo affectio-natus. ut licet sit presbiter non dubitauerit aliqua dicere manifesta mendacia, dicit enim scipionem natu minimum liberorum sinibaldi patris, est tamen soror et minor illo ut deponit presbiter tadeus primus parme. et dominicus bozzanus dicit etiam se nunquam audiuisse quod ioannes aloisius voluerit rempublicam occupare et principem occidere, quod est notorie falsum. Non obstant aliqua dicta supra per testes reorum, et primo adam centurionus in suis dictis negat hieronimo fuisse parcitum ut dicitur, flisci et fautores qui fuerunt exbanniti sussurrabant et dicitabant ea que nunc etiam dicuntur, possibile est gubernatores consuluisse doctores an sussurrationes ille haberent quid validi et eis fuisse responsum non valere ut dicit supradictus testis, et hoc illis de causis que ab ipso asseruntur, adeo quod ex illius dictis nihil elicitur ex quo iuuetur intentio partis cum ipse dicat non fuisse parcitum hieronimo et multos exceptps a venia, orator figueroa non dicit veniam concessam sed tantummodo de saluo conductu eundi montobium sine offensa, comes filip-pinus de auditu tantum dicit nec enim aliter posset asserere cum esset extra urbem cura principe, et asserit de venia oblata nocte de qua nullus alius attestatur quam ille non pretendit. et quam nescit fuisse acceptatam. unde liquido apparet falsum sibi fuisse relatum, iulius canoua attestatur etiam de auditu, que etiam attestatio non facit fidem pre-sertim cum potuerit audisse sicut et nos audiuimus a fliscis et sequacibus. adeo quod si considerentur uniuersi testes ab utraque parte examinati venia non probatur, et si consideratur inuerisimilitudo non est dicendum gubernatore^ concessisse veniam fliscis proditoribus et hostibus, quia vera non fuit nec est causa per illos adducta scilicet facinus illud patratum fuisse occasione inimicitie priuate cum iouannettino. que non probatur, et manifestissimum fuit facinus illud tetendisse ad reipublice euersionem ut asserit verrina in suo examine ('). ut manifestisissime reprehenditur ex facti serie ut fuit iudicatum per diuum carolum et per (*) Ved. Docum. CIX, pag. 167. ( 350 ) reipublice gubernatores, qua de re difusius dicetur quando merita cause tractabuntur, ubi considerabuntur et rationes et dicta testium examinatorum super hoc punto, quinimmo etiam si facinus illud fuisset commissum ob priuatas inimicitias non debebant reipublice gubernatores mortem illustris viri prefecti cesarei sine grauissima causa parcere aut condonare nec fliscis nec sequacibus igitur non pepercerunt, vel si fuit dictum de aliqua venia facienda vel fliscis vel sequacibus id fuit per metum qui legitime probatur, quique talis fuit ut caderet in inconstan-tissimum virum, habebant flisci duas portas principales urbis quas armato milite custodiebant, discucurrerant urbem concitando plebem ad arma et seditiones clamando viva popolo, que vox genue est meticulosa siquidem patrum nostrorum memoria sub huismodi conclamationibus fuerant anno 1506 eiecti nobiles ex urbe, et altera ex dictis portis a fliscis occupata, videlicet porta arcus, est vicina castris que fuerunt dictorum lii-scorum. et dicta castra coerent iurisdictioni et terris ducis placcntie quem tunc temporis publicum erat nec bene conuenire cum cesare nec cum confederatis illius, adeo quod valde timendum fuit ne per dictas portas magna hominum vis in urbem introduceretur que et rempublicam euer-teret et urbem diriperet, unde qua venia si fuisset concessa, quod negatur fuisse, illa utique dici deberet meticulosa et concedentes non astrinxisset ad eius obseruantiam. illud addierim argumentum fliscos et sequaces ciues genuenses fidem fidelitatis qua reipublice obstricti erant non seruasse rempublicam prodendo, licitum ergo fuisse reipublice fidem non seruare illis qui prius ab ea defecerant, non est etiam pretereun-dum quod flisci tumultum excitando portas capiendo legatos violando palatium petendo minabundi effecti sunt hostes reipublice. et ex his vere dici potest illos cj.im republica usquam bellum indixisse aut difidasse quod erat necesse rempublicam suscipere ad sui defensionem, et eo suscepto non liquit gubernatoribus et procuratoribus illud difinire inconsulto toto consilio ciuitatis. ex his liquido constat non probasse illum aliquam veniam fratribus suis fuisse concessam. Ex aduerso autem fuit probatum tam per testes eius quam per testes reorum de iuxto metu et grauissimo periculo in qu^i tunc temporis erant respublica et priuati ut omnes examinati supra quarto quinto sexto et septimo articulo ex propositis secundo loco late probant et concludunt. namque in illis deductum fuit quod venie et saluiconductus fiunt ad calculos et rediguntur in scriptis, quod ciuitas erat in maximo periculo et quod porte per fliscos tenebantur, et supra dictis deponunt castellina ab auria agustinus et hieronimus cibo una cum iohanne cibo qui in specie deponit violatos legatos reipublice a fliscis et sequacibus, et ( 351 ) quod paulo ante iohannes aloisius fecerat resignam suorum subditorum quibus arma dederat, adam centurionus franciscus grimaldus qui in quinto articulo dicit portam sancti thome per ipsum fuisse recuperata, dominicus ab auria orator figueroa iulius canoua paris pinellus agustinus' ab auria comes filippinus. miehael de camaioribus qui supra octauo deponit de recessu octoboni pro metu et quod iuit per castellacium. petrus staidelim christofarus rem [sic) agustinus de nigrono reuerendus thomas de nigro nicolaus ab auria franciscus ugart iacobus lercarius qui deponit octobonum vi eiectum fuisse a ciuitate. paulus lercarius et benedictus fliscus qui deponit de violatione legatorum supra septimo, et omnes supra nominati probant contenta in dictis articulis. Videndum nunc est quid supra nono articulo probatur, per testes actoris de pretenso spolio, et primo leonardus platonus primus taurini super septimo articulo in interrogatoriis dicit quod scipio discessit bo-nonia animo et intentione eundi genuam. sed cum in itinere burgi valis tari audisset fidem datam fratribus suis ruptam fuisse primum misisse duas triremes ad accipiendum castrum lodani. quod se continuit in dicto loco et tornes misit genuam cum litteris ad rempublicam principem et panzam pro demonstranda sua innocentia, et quod tornes rediit cum litteris panze quibus admonebat scipionem de capto lodano per principem, et aliis locis per rempublicam. et palatio diruto, quodque habebant malam intentionem contra illum, et ultra quod mater et uxor iohanpis aloisii se receperant intra duo monasteria, illisque preceptum fuerat ut recederent a ciuitate. et quod nolebant illis suas dotes soluere, et quod propterea ille deliberauit romam accedere. Tornes quintus testis taurini supra decimo septimo articulo deponit quasi eadem cum platono. et affirmat se missum cum litteris genuam. que autem platonus dicit scripta a panza is refert nomine panze verbo tenus scipioni nunciasse. et quod in itinere genuam obuiauit militibus qui nomine reipublice ibant ad locum varisii. et quod rediens burgum inuenit dictum locum captum fuisse, discordat autem a platono quod ille platonus dicit scipionem admonitum per litteras, et ipse tornes dicit literas non portasse, et platonus dicit illum admonitum dum esset burgi, tornes autem dicit in redditu ibidem illum non inuenisse quia recesserat pro timore militum qui varisium ceperant, apparet igitur non dicere hos conuenientia testimonia supra ista decantata fabula, que cognoscitur a manifesto mendacio dicti tornes qui dicit se genua discessise die vigesima ianuarii et refert principem iam cepisse locum lodani. qui post captus fuit die vigesima octaua dicti mensis ut constat instrumento exhibito. ( 552 ) Ludouicus munerius primus genae super nono articulo dicit vera contenta, et idem dicit supra decimo, et in causa scientie dicit se vidisse dirui domum et ex auditu corum qui erant presentes decapita-tioni liieronimi. secundus testis supra nono dicit contenta in ilio vera esse ex auditu, idem dicit de articulo decimo, et quod vidit palatium dirutum, tertius testis supra nono dicit vera contenta in *"°- in causa scientie quod hodie respublice tenet dicta castra, et de nece ìe ronimi quod audiuit. idem dicit supra decimo, et quod dicta loca nunc tenentur per rempublicam et per successores principis, quod autem scipio romam iuerit causa de qua in articulo dicit audiuisse. sextus super nono de auditu et publica voce et fama, in decimo quod iuit rom spoliatus omnibus bonis et maxime loco lodani quod audiuit illi as gnatum pro sua legitima, et in causa scientie ex auditu et htter.s ^ trus de vale tari concordat cum precedenti et dicit quod erat in ^ episcopus ex auditu deponit, ex his testibus apparet hicronimum pitatum fuisse, et id iure optimo propter illius facinora de qui examinibus montobii et per testes reorum examinatos super q sexto et septimo articulis secundo loco propositis, dicunt etiam ien^^.^ cam et successores principis possidere dicta loca, et conceditur. dicunt quod respublica cepit dicta loca propria auctoritate et ^ princeps locum lodani. ex aduerso dicitur ut in articulo qua 0 ^ ex prioribus nono decimo undecimo duodecimo et vigesiniopr secundo loco factis quod respublica cepit dicta loca ct expugn ,^er cem montobii volente et consentiente diuo carolo iuxta conue suam cesaream maiestatem et rempublicam. et quod casti um fuit captum nomine diui caroli ut constat instrumento de exhibito, et quod principi et aliis fuit tradita possessio dictoru de manibus fisci imperialis. anatum Et iam agustinus cibo supra quadragesimo articulo deponit exp 0 montobium exercitu reipublice et cesaris ex visu, et supra no ^ ^ capta dicta loca volente diuo carolo. et reddit causam scien decimo, hieronimus cibo et ioannes cibo supra quadragesimo c -jj^eg et ioannes dicit quod ex auditu ferdinandus gonznga tiansmi- i ad expugnationem dicti loci, et ibidem presbiter ludouicus m < dicit se scire quia in parte vidit et parte audiuit dici, et in \ igesimo p ^ deponit se fuisse presentem immissioni facte in possessionem c ,c ^ locorum a fisco imperiali per spiciam quem cognouit gubern ^ dictorum locorum nomine cesaris. franciscus grimaldus in qua i«g ^ deponit se attulisse litteras diui caroli ad rempublicam pro exp g ^ tione montobii et tenus audiuisse et intellexisse eius voluntatem. ( 353 ) affirmat super nono et decimo et ex visu litterarum diui caroli concordat adam centurionus qui vidit litteras iam dictas, et in quadragesimo dicit quod ferdinandus gonzaga ad expugnationem montobii de ordine diui caroli misit quemdam capitaneum nominatum il Garofolo. et decimo dicit se fuisse presentem auguste quando diuus carolus concessit loca fliscorum. orator figueroa in quadragesimo concordat cum aliis qui dicit se vidisse litteras concedentes castrum montobii reipublice si illum expugnabat. et eadem affirmat de aliis locis supra nono et decimo, dominicus ab auria in quadragesimo presens expugnationi montobii quod ferdinandus gonzaga misit eo milites hispanos. et ab eo audiuit voluntatem cesaris. et in vigesimo primo quod solicitauit apud dictum ferdinandum executionem mandati cesarei quod princeps et alii haberent possessionem dictorum locorum, et quod audiuit a supradicto ferdinando et spicia quod executus fuerat dictum mandatum, concordant alii testes examinati in dictis articulis et presertim angelus iohannes de furnariis et stephanus de riparola examinati super vigesimo primo de tradita possessione principi et aliis a fisco. Dicitur itaque per agentem se fuisse citatum ad locum non tutum, et propterea non fuisse per citationem illam arctatum ad comparendum. super qua exceptione de directo nihil probauit nec tentauit probare, possunt autem ad huiusmodi exceptionem adaptari que dicuntur de venia non seruata. ad que superius fuit abunde responsum veniam ipsam non fuisse probatam et in quantum probaretur eam fuisse metu datam et preterea non fuisse seruandam illis qui patrie fidem non seruauerant. et non fuisse datam a legitimo numero qui haberet facultatem dandi pacem hostibus publicis. Ceterum a conuentis ad probandum illum habuisse tutum accessum fuerunt multa deducta, et in primis in trigesimo quinto priorum quod nonnulli secuti fliscos in illorum facinore post restituti in ciuitate manserunt quibus nulla facta fuit iniuria aut publice aut priuatim. in trigesimo sexto quod iulius eius frater naturalis post diotum facinus stetit in ciuitate per plures et plures menses ante dictam citationem, qui a nullo fuit offensus, in trigesimo septimo quod post rempublicam restitutam secundum leges et statuta ciuitatis viuitur in illa. et quod nemini licet iniuriam facere et quod transgressores legum puniuntur, in trigesimo octauo quod scipio non obstante fratrum delicto potuisset innocens in ciuitate viuere tutus et securus, qui etiam in illa habebat affines et propinquos nobilissimos et amicos et adherentes potentes, in trigesimo nono quod illustrissima dominatio fuit semper solita seruare fidem publice datam, in quadragesimo primo quod princeps et eius amici fa- ( 3Ì)4 ) ciuitatem non11]^1^ ^ Vlderunt aliquot ex sectatoribus fliscorum in fuisset in ■ -t ;qUem °ffdnderunt etiam verbo- quod aliter factum dictum et facilis ad1Upa^cendumllpfrageSÌtn et antonius ab auria tam a republica quam a ce- scipionem °a ° P°te,an*' co“* ad assecurandum iudicium et dictum tiones UlUlt P1°*)ata Predicta de directo et per circonstancias et rasi ad ^ ° a*Ur tU^US accessus et habitatio scipionis in ciuitate genue nnn-K-t-1111 Innocens accessisset, et se innocent m conseruasset a crimine 1 ^UoJ autem probentur ex infrascriptis apparet. quadr^^030 bernutius doct°r probat articulos trigesimum septimum et scientiaeSimUm ^U'ntum et quadragesimum sextum ex eius certa mum m Ct rat*0ni*3us conclusiuis. agustinus cibo probat articulos trigesi-tertiu S6XtUm S6pt*mum oesuum quadragesimumprimum secundum hat r qUarturn et quadragesimumsextum. castellinus ab auria propri r 1CU*0S tnoesimumquintumseptimum et octauumquadragesimum-roni^m SeCUndum tertium quartum et quadragesimumsextum. hie-muj, cibo probat trigesimumseptimum et quadragesimumquartum dictosa a°eSimUmSeXtUm Ct demum mult' aIi testes Probant supra' articulos, et in spetie trigesimumsextum trigesimumoctauum et bn'narfireSimUmSeXtUm guliermus falcus in trigesimosexto et ibi gine-test'b la^uondanilobannis degrimaldis optimedepon unt. ex suprascriptis unde US Pr°^a*Ur *u*us accessus illius et quod tutus poterat permanere, suam eX deduc|:is *n processu scipio non solum non probauit intentionem Qi. atqui rei probarunt contrarium intentionis illius, ex quibus sumus aris quod talis exceptio non fuit probata, quod etiam si fuisset du-an accedere potuisset debebat mittere excusatorem et excu- stes°n6' D°n adm'S3a debebat appellare, preterea ultra testes reorum te-llius dicunt in ciuitate permansisse plurimos ex sua familia, et de ^ *u^um latrem, qui licet dicant dimissum iulium non tamen P_ un^ illi factam fuisse aliquam iniuriam. et ultra dicunt similiter iulio^111 ma^rem uxorem iohannis aloisii. et ex dictis testibus de eP°nit primus genue super dicto articulo in decimo interrogar. dicit * dlc^° ^oco lucas clapa. quinimmo in sexto interrogatorio pionem quando genuam aduenissct fuisse verosimiLiter expul- ( 358 ) sum uti mater que tamen solo verbo ut inquit ille fuit dimissa, dominicus bozzanus in dicto loco deponit de iulio dimisso solo verbo, idem petrus de vale tari, et ultra dicit quod illustrissima dominatio consensit ut iulio dimisso soluerentur scuta centum annua, idem episcopus in dicto loco qui dicit illum dimissum fuisse postquam adoleuit et fuit doctoratus. idem de iulio primus parme et alii dicte familie. idem tornes in interrogatoriis septimi articuli ex gelatione eiusdem iulii qui retulit ad se missum secretarium qui nomine illustrissime dominationis dixit ipsi ut dignis de causis recederet a ciuitate. Alius etiam restat articulus discutiendus, qui est in eo quod facinus fratrum non fuerit crimen lese maiestatis sed illorum finem fuisse ulciscendi se de iohannetino ab auria. quem eorum inimicum asseuerat in secundo articulo ex secundis fuisse ex causis requirendis a testibus ultra causa expressa in primo capitulo, quod scilicet iulius cibo suasu et ope sua auxilio ioliannetini spoliauerit matrem suam masse, que post fuit restituta opera ioliannis aloisii resistentibus iamdictis iohannetino et iulio. et in tercio articulo subdit quod attentis predictis et persona-rum qualitate ita credendum est scilicet capitalem inimicitiam fuisse-inter dictos, et ne aliena videretur direptio triremium ab inimicitia iamdicta in decimo articulo asserit triremes ipsas fuisse proprias iohannetini. et ad diminuendum delictum in quinto articulo deducit triremes fuisse inermes et sine apparatu ad nauigandum necessario, et ut talem intentionem magis persuadeat in sexto deducit triremes hispanas que tunc erant in portu non fuisse lesas. et in septimo deducit facile potuisse etiam principem occidi si id intendisset facere cum iohannetinum occiderint prope illius edes illo dormiente, et ex his omnibus in octauo et in nono deduait quod poterant ciuitatem occupare si voluissent, et propterea homicidium iohannettini et alia patrata a fratribus suis iudi-cari debere a precedentibus facta ex causa dicte vindicte. Videndum igitur est quod probatum fuerit in dictis articulis, et primo primus testis taurini super primo articulo deponit tormenta bellica accomodata fuisse per ioliannettinum iulio. et iohannes aloisius adhortatum fuisse illum ut matrem redintegraret asserens se illi non defuturum. et hac in re omnes testes concordant circa tormenta accomodata iulio. Suprasecundo attestatur ex facto iulii contra matrem ortum fuisse [odium . quale odium inter iam dictos valde exarsisset eo quod iohannettinus dixit se triremes ioliannis aloisii submersurum propterea quod hieronimus in illis onerauerat setas mercatorum genuensium messana vehendas ge-nuam quas ille»solebat in suis triremibus vehere, et eo quod ille adamans uxorem ioliannis aloisii eo absente frequentaret illius edes, quod ( 35<> ) \ • ° l0*iannos al°isius. et hoc reddit quia erat seruitor iohannis 'nr.tr. o ^ ac 111 I{ ^ onooi dant primus genue in dicto secundo articulo. nui et r 'efJ1”1'! Iaie a d‘U0 CaroI° stiPendia quatuor triremium opera de rii<» i * -aCtantÌllS ^Imesseriis concordat cum aliis, et dominicus • , __ ^U1_'Pse refe t causam, et eam dicit quod intellexit j ' .. a 0IS‘US iohannettinum velle ipsum interimere opera militum 1, • an; ^Uem occ‘surum fuisse asserit statim iohannem aloisium ni ha-se 11-putum principis, fatetur tamen primus testis taurini quod ln- 1U U° sa'u^a^ant et se honorabant, quod et alii fatentur quinimmo aloi'UlS * aime audmisse in dicto secundo articulo quod iohannes UlS ^Ul ra^ anto noctem immediatam facinoris ad edes principis ubi i exatus fuit filios iohannettini. et fore omnes testes vocant hanc ini-nmit.am occultam et simulatam. Idem piimus testis taurini supra sexto articulo deponit ex auditu panse quod erat ex causis predictis inter illos successurus aliquis casus ,mister, idem dicit primus parme qui dicit se credere ab euentu mortis utriusque. In septimo articulo pellegrinus de ursis deponit ex auditu quod tri-d^nits erant iohannettini qui tenebat illas uti suas, nescit illas fuisse illi nata* tt fuisse ad stipendia imperatoris sub principe, qui dicebatur p e Lctu* generalis diui caroli in mari et iohannettinum illius vices ge- dat ^ranc'scus S^Uus quod ex auditu triremes erant iohannetini concor- ■ petrus de vale tari primus parme concordat cum predictis asserens um fuisse datas illi triremes ad nauigandum et ad regendum, do- nicus de rugales ex dicto publico ciuitatis quod fuerant renunciate ]‘li a principe. Super quinto articulo primus genue dicit vera contenta in illo ex atione. et rei veritate triremes erant in hibernis non apte ad naui- dum ut moris est. cum custodibus tantum necessariis ad curam remigum. - , ^ s x^° P llegrinus de ursis et octauo prior examinatus dicit quod jjj . S a'0is’us °rdinauit. ne qua molestia inferretur triremibus rjon’t f • Ct ldem con,irmat super sexto, bernardinus viualdus doctor de-inVi-i Ul i Sine Doxia' et P055*” Acinus illud dictum fuisse publice quod „„ s a °isius mandauerat ut non offenderentur, concordant primus non ptP-G yUS ^ primus Parrnc et dominicus de rugales nec non et milus fontanella. Super septimo articulo franciscus gallus dicit iohannettinum occisum j % ( 357 ) intra portam sancti thome. qui casu eo venit et quod occisores potuissent progredi ad domum principis ad illius necem, et alii plerique te-» stes idem dicunt et presertim franciscus de nora et iohannes baptista de girlandis qui dicunt se fuisse in discessu principis presentes. qui abiuit cum tribus tantum. Super octauo dicit petrus de vale tari quod potuissent ilisci suo credere rcmpublicam occupare, et primus parme deponit quod postquam ex-pugnauerant triremes et portas occupauerant poterant ciuitatem obtinere.-laetantius de belmesseriis super nono priorum in interrogatoriis quod credit illos non habuisse animum occupande ciuitatis quia aut (sic) instructa discesserant a darsina. et quod in fossatello obuiauerant militibus presidiariis reipublice quos reicerant. unde si aspirassent ad imperium ciuitatis quod tunc progressi fuissent ad palatium, iulius fontanella super octauo priorum in interrogatoriis dicit quod credit ut supradictus testis dixit et id alia racione quia iam habebant ciuitatem et reliquerunt illam, super nono petrus de • ale tari dicit vera contenta in illo ex causis iiTimicitie. de qua interrogatus super secundo respondit se nihil scire, primus parme deponit se iudicare ut in illo. Quando supradicti testes probarent ex eorum dictis elicerentur infra-scripu et primo quale odium habuerit iohannes aloisius contra iohannet-tinum propter auxilium prestitum iulio. secundo quod causa setarum et vcjfba iohannettini tale odium auxeriut. tertio quod zelotipia uxoris cum frequentatione iohannettini odium illius accenderint alie cause verborum non probantur a primo parme tanquam singulari, et similiter alia causa de qua dominicus rugales quando probaretur non fuisse data molestia triremibus hispanis iussu iohannis aloisii et ab illo fuisse ordinatum ne principi fieret offensio et alias fuisse in facultate illorum qui occiderant iohannetinum principem occidendi, quibus tamen non obstantibus dicimus non argui ex ipsis veram esse intentionem illius, namque quoad causas inimicitie intendimus non fuisse veras nec verisimiles. nec tales quod deberet impelli ad tale facinus iohannes aloisius. causa autem auxliii dati iulio fuit nullius momenti, siquidem iulius erat affinis utrique in pari gradu, et res ipsas non spectabant ad iohannem aloisium ita ut licet non satisfaceret ille tale auxilium tamen non adeo illum debuit mouere ut capitale oJium conciperet contra iohannet-tinum. quod etiam sui testes admittunt qui dicunt illud quale fuisset, causa vero altera setarum non est verisimilis nec non probatur hieroni-mum attulisse aliquas sctas. nec id est verosimile quia mercatores cautius vehi fecissent illas super \iginti triremibus quam super quatuor. quod maxime satagunt i li. et quatenus etiam^lli imposuissent illas in dictis tri- ( 338 ) cmibus non est \orosimile iobannèttinum dixisse coram hieronimo eius-modi \ erba, tertia causa zelotipia non est etiam verisimilis, quare si me at u\o. i poterat prouidere rei sue ordinando uxori ne iohannettinum mitteret intia edes in quibus residebat, et cum nihil inhonestum comuni presupponatur a testibus non erat accessus iohannettini tanti lonunti ut piopterea deberet iohannes aloisius illum tam exeerabili odio prosequi, et dato quod esset aliqua simultas reciproca inter illos, ut inquit oiatoi figueroa ex mutuis illorum querimoniis, non tanta fuit ut fuerit causa tanti facinoris ut illemet inquit, et si intendisset tantum illum interimere, et preterea nemini probatum est per testes examinatos in articulo decimoquarto postremo loco faetorum per nos. quod die et noctu inermis procedebat per urbem et in suburbiis sine aliqua custodia ita quod facillime poterat illum interficere per satellites suos sine aliquo periculo, quos habebat plurimos ut euentus comprobauit. ut denique si causam uxoris querebatur poterat illum intra proprias edes interimere sine iniuria alicuius, at testes dicunt simulabat amicitiam gratia principis ut illum occideret, sed age dicant direptio trfremium in cuius maiorem iniuriam tendebat quam principis qui habebat illas ad stipendia cesaris licet commisisset regimen illarum? et qui respectus principis fuit illa nocte ut tunc illius penitus racionem non habuerit cum antea talem et tantum haberet? nulla igitur ratio principis nec reipublice habita fuit a iohanne aloisio ut res ipsa docuit et progressus illius ad^illud facinus, et eius consilium optime demonstrat examem verine unius ex ^ coniuiatis aut saltem qui ex parte illius sciebat consilium, hic deponit de intelligentia ex tractatu quem ille habuerat cum gallis de eius cupiditate imperandi et rempublicam subuertendi ut in dicto examine legitur. *es ipsa perse demonstrat qualem animum gesserit qui in primfs procu-i ciuerit portas occupare coactis hominibus armatis vi et cede custodum et trii emes, seditionem concitauerit in urbe et de inimico occidendo, alicui certam prouinciam dederit que certa debebat esse illius precipua cura aut non ommittendsi. hec ostendunt illius animum in cesarem et patriam non progressus est ultra illius impetus diuina prouidentia. que ad meritas penas illum in ipso facinore emancipauit namque ut sui testis dicunt non amplius apparuit postquam ingressus fuit triremi in mare prolapsus, inde consilium sectatoribus vires animus cecidere, quos omnes confusos et incertos reliquit quorum nullus progressus ulterius nisi concitandi populum ad seditionem petendi palatium a legatis rei-publiee et eos violandi, ut deponunt testes examinati in articulo defimo tercio posteriorum ad instantiam reorum, etsi necem iohannettini tantum quesiisserit post illam quffeuissent ut iidem met testes deponunt ( 559 ) supra decimo secundo articulo ex predictis. et licet non fuerint offense triremes hispane non propterea ostenditur animus illius, quia a principio aggressus fuit portam darsine et sic triremes principis a dicta porta et a ponte qui est circum darsinam a parte que meridiem respicit, et in adoriendo triremes ille periit, ita quod sectatores incerti euentus illius nihil ultra attentarunt, quod ostenditur ab euentu namque permiserunt remiges aufugere et triremes omnes diripi ut deponit ultimus testis taurini, et ea etiam de causa non processerunt ad palatium tunc temporis quo nondum accesserant et confluxerant boni ciues haud pauci, et forte illud occupassent cum omnia timoris plena forent, sed adueniente die illorum vires paulatim minuebantur et reipublice augebantur, et tunc non poterant amplius palatium occupare, preterea uno et eodem tempore a principio non potuit portas occupare trirem?s acquirere palatium petere et domum principis cum haberet tantum ad ducentos homines intra edes suas ut deponit dominicus de rugales. quorum pars erat necessaria ad occupationem duarum portarum et altera ad triremes, et licet multa pleb? ad illius conclamationem occurrerit tamen non erat apta ad talia facinora aggrediendi licet fauorem illi adportaret. et cum tot non valeret eodem tempore perficere debebat prius aggredi portas et triremes occupare, et his peractis cautius ad palatium et principis edes accessisset cspugnandas. atqui si primo loco palatium adortus fuisset ibi magnus rumor et strepitus fuisset excitatus, namque clause erant fores, adn-at pars militum pretorianorum forte centum qui non ita facile profligati fuissent existentes inter muros palatii, a campana que est in pretorio datum fuisset signum unde omnes boni ciues cucurrissent ad defendendum palatium, milites et custodes portarum sono excitati se preparassent ad illarum tutelam, princeps audisset rumorem in urbem concitatum qui iohannettinum ad triremes misisset, et ipse in urbem ingressus princeps omnium ciuium quorum maximus respectus et summa beneuolentia in illum, magna vi et hominum m litumque numero illum a palatio expulisset, etiam quod iam illius potiretur aut saltem euentus rei maxime fuisset dubius et contra autem consilium occupandarum portarum et triremium cautius et maiorem facultatem rei conficiende permittebat, et inde poterat ad palatium progredi consternatis ciuibus nouitate tante rei. et sic non poterat ad principis edes accedere intercluso itinere quo ex ciuitate per portam sancti thome ad eum auxilia et homines accedere debebant, et quo ipse potuisset ad reipublice defensionem accelerare, ea in parte erat auuersus intra ciuitatem tantum, et via maris non erat tuta quia triremes flisca erat ad fauces portus, que impediuit luisium iulium accedentem ad darsinam ut deponunt Atti Suo Lio. Sr. Patria, VjI. Vili, Fase. II. 25 ( 560 ) ' . t' StÌtÌt Vtrsus Paiatium progredi, ct illud n sancto siro petere a al t' Ieipu*)*lce' et Pr°gressus fuit usque ad sanctum inurentium versus 1 ium. et ibi considerans se destitui a sectatoribus et augeri numerum ouorum ciuium deflexit ad portam sancti andree. et denique urbem iqueiunt hieronimus et octobonus ad multam iam diem ut in proci su \idetur. in qu0 testes reorum examinati super articulo primo et ercio ex secundis et supra decimo usquo ad ultimum ex ultimo Joco piopositis. deponunt omnes de atrocitate criminis in cesarem et per-uiciem reipublice. quod animum iohannis aloisii non fuit ulciscendi annettinum sed occupandi rempublicam. et hoc argumento de quo in c 0 articulo, qui etiam deponunt non occupasse illum rempublicam et l uftcisse cetera quia morte preuentus. et in ultimo articulo ex poste-iori us deponunt, et attestantur testes supradictum facinus fuisse re-P tatuni cogitatum tractatum deliberatum et inceptum a iohanne aloisio ^ damnum cesaris perniciem reipublice et classis cesaree occupationem, huiusmodi omnia preponderant credulitati et affectioni testium actoris. \ idendum est nunc cuius existimationis et dignitatis sint testes profeti ab actore, et qualitates afficientur illorum fidem, et ut id faci-ls cocno>catur premittetur illum produxisse genue octo testes, tau-Jni quatuor. parme nouem. et masse xix. qui sunt in numero xxxx. his alii sunt ex subditis illius calestani. et bernardus bozzanus qui maioribus eius fuit domesticus et negotiorum gesfor scipionis, tamen ei JOl|is (possidet) scuta ducentum, subditus etiam est. iohannes de bo-1 qui suis habet facultatem scutorum centum et quinquaginta, alii fore ubditis et coniuratis iohannis aloisii fratris sui et seruitoribus illius ■ domus, leonardus platonus et tadeus ex subditis quondam iohannis ' «ii ex burgo, et hi ex complicibus iulii cibo et ex familiaribus siue mesticis iohannis aloisii. alumnus scipionis tadeus et leonardus eiusdem . ^°r’ (ilu ^(‘mPore iuramenti seruiebat archiepiscopo taurini consan-actoris ( j. qnj et iulium fratrem illius domesticus hospitabatur. rino nni re n'l)0*e del cardinale Innocenzo CiJjo, eletto arcivescovo di Tomo nel giugno 1548 ( 361 ) et preteroa pantaleonem badaracum ex sectatoribus iohannis aloisii qui tunc morte preuentus non potuit testimonium dicere, et apud fratrem dicti episcopi tamquam miles fauetur. alius testis etiam taurini examinatus pellegrus de ursis ex subditis et sectatoribus iohannis aloisii est homicida et bannitus ex pontremuli. ut de hisce omnibus constat in actis taurini, platonus leonardus et thadeus ultra predicta et variationes et contrarietates eorum de quibus supra, dictum fuit, cum actio fuit de probatis circa innocentiam actoris ubi plures fuerunt relate, etiam in his que mementi sunt magnam affectionem ad causam demonstrant, et primo leonardus in decimo tercio articulo in interrogatoriis in fine ex nimia affectione dicit quod scifio fuit aliquando conscius alicuius coniu-rationis ad exemplum commissarii examinis, et dicit quod habuit duodecim ex suis in facto iohannis aloisii. et tadeus negat aliquem ex suis interuenisse. et ultra negat scipionem fuisse parme suppliciter, unde suspectus de falso, in quarto articulo a secundis etiam dicit se sci-uisse principem fuisse prefectum classis cesaree quando ad preuesam cum venetis stetit contra tureas, deinceps non intellexisse aliquid de eo nec se fuisse percunctatum affirmat, qua in re malignum illius animum in principem demostrat. et variat ab eius dictis, malignus autem quare prefecturam principis asserit, in qua aliqui laudatissimi viri famam sug-gillarunt. et quod dicit non audisse post non concordat cum dictis illius in secundo articulo ex dictis ubi asserit panzana non laudauisse consilium iohannis aloisii qui studebat a cesare triremes impetrare sine voluntate principis illius prefecti. et denique fuit leonardus excomuni-catus in causa simonie, laetantius debelmesseriisfuit in facinore iohannis aloisii et ex loco pontremuli et possidet usque in scutos quingentos, bartholcfmeus de menealeotis per subditos iohannis aloisii fuit in illius facinore cum patruo, qua in re variat ut in dicto articulo secundo, et nihil possidet, baptista de belmesseriis fuit ex pontremulo et habuit fratrem suum in facto iohannis aloisii. dominicus de rugales ex subditis et sectatoribus iohannis aloisii qui fuit transmissus ad triremes captus montobii (') possidet scuta quinquaginta, et est simplex miles tempore belli et pacis, inter alia est mendax quia asserit in octauo articulo ex primis quod facta fuit remissio existentibus montobii. et alii omnes negant ut in specie dicit lucas clapa dicto nono ex dictis primis articulis scipionis, iulius fontanella fuit ex sectatoribus iohannis aloisii homicida ut dicit, et multa dicit non verisimilia ut supra dictum fuit in articulo seu puncto in quo de concessione venie tractatum fuit, lu- (i) « Dominico da Lugar, staffiero ». ved. Docum. CII, pag. 15$. ( 562 ) 'eu muneiius gallus nutriuit scipio ut decore seruiuit domum cupit i.xbciL ias ct obtinere sua loca et possidet usque ad quadringentos auieo,. franciscus gallus fuit in facto iohannis aloisii. et erat illius ca-auus possidet usque ad centum vigintiquinque scuta et exercet u raersaiii. deponit manifestum mendacium dicens quod scipio fuit minoi ut faueat illi qui dicit se fuisse minor licet habent soro-J111101 em 11 ^ supra dictum est. ct is dicit se nescire portum herculis Tt. a^UIT1 a Cesarianis aliquot ciues fliscos remansisse in ciuitate I acinus iohannis aloisii. et dicit se nescire an princeps esset pre- Classis‘ et qu°d nullus miles aderat in eius tiremibus. que a non sunt \erisimilia. imo tamquam notoria manifesta sunt omnibus, a quod mendax apparet, et fuit ex montobio ad triremes missus, lucas sc t a^S CX su^'^’s iohannis aloisii et maiorum suorum, habet a xx\. et dicit se nescire an fratres scipionis seruirent gallis, quod e» notorium et manifestum, dominicus bozzanus fuit ex familia comitis i aldi magister grammatice camilli eius lilii naturalis, petrus de r e tari fuit semper famulus pauli panzc familiaris fliseorum et in plu-u» e.st mendax, dicit in primis se nescire quod fratres flisci serui-nt calli.-, quod est notorium, et dicit in quarto articulo quod octobonus uit ad portam arcus tempore venie quod est falsum, attestatur etiam iremes hispanas fuisse quatuor et erant tantum due. et asserit fuisse ^icentos aut tricentos milites ad portam sancti thome. quod est falsum, f. 1 fu*sse tantum decem ciues et stephanus de roca quod est sum manifeste, preterea supra secundo ex ultimis dicit se nescire de ciua inimicitia inter iohannem aloisium et iohannettinum. et in dede dicta inimicitia late attestatur, unde varius, ex aliis testibus n suboitis nec sectatoribus iohannis aloisii nec seruitoribus suTit testes ho Setan' exarninat’ masse, et pleriqm eorum lic -t ornentur qualitatibus i ideis, dicuntur nempe capitanei magnifici spectabiles et discreti sunt falsi in eo quod dicunt se scire iulium cibo capite minutum iolani et ignorare se asseuerant causam talis exeeutionis que fuit otoi ia. quam etiam aliqui ex illis fatentur, et quam ipsos magis quam ios scire est verisimile, quia erant de domo marchionisse matris iulii subditi, in qua optime sciebatur et mors et causa illius, et quia fuit otoiia ubique locorum in liguria et hetruria. contrarii etiam sunt omnibus aliis testibus scipionis qui dicunt illum exisse e domo rome ad loca quam expressa ab ipsis et testibus reorum et partibus illorum sunt pauperes, et ex massa est testis gaspar de venturinis qui nihil pos-et et est miles, alius testis est tornes secundus taurini qui amicum ma0num se predicai scipionis, qui etiam socium habuit et pecunia iuuit ( 363 ) et maximo ftffectionatum demonstrat cum dicat scipionem tam fuisse alienum a coniurationibus quam celum abest terra, et in multis variat a platono ut dictum est supra circa spolium deductum a scipione, et est mendax in pluribus ut ibi dictum fuit, episcopus andrianensis dicit falsum in eo quod asserit scipionem natu minorem seroribus suis, cum francisca soror sit illo minor, et dicit se numquam audiuisse dici quod iohannes aloisius vellet occidere principem, quod est notorie falsum, dicit etiam scipionem anno 1548 habuisse annos xix qui erat natus annos xx. restat paulus spinula qui nihil probat in predictis. et tunc in sexto articulo priorum in quarto interrogatorio dicit quod facinus, iohannis aloisii videbatur potius cum mala intentione occupandi ciuitatem quam aliter, et quod volebat occidere principem, ex his magis scire poterit iudex quantam fidem prestare d 'beat testibus iam dictis laborantibus tot obiec-tionibus et presertim cum habeant tot testes contrarios productos ex parte reorum nobilissimos et spectate fidei et quibus lux sincere veritatis semper assistit in illorum dictis verisimilibus et sonantibus cum rebus sententiis et aliis scripturis, ut dictum illorum qui attestantur de burgi deditione qui xxin («c). quo tempore nulla suspicio in tali, et aduer-tatur quod ex dictis testibus reorum multi sunt ciues genuenses et alii non. ut videri potest in relatione processus. Et respectu testimonii oratoris figueroe. qui videtur deponendo de quantitate processus mediolani variari ab aliis testibus deponentibus fuisse volumen mediocre, et dicit fuisse septem vel octo foliorum, advertatur quod talem varietatem non debet dictum suum infringere, quia in hoc potuit non bene recordare tamquam senex de re tanti temporis, presertim qui deponit in illum non legisse sed lectum sibi fuisse, unde est verisimile lectum fuisse tantum in illa parte ubi fiebat mentio de facto principali, et illud debebat contineri in foliis de quibus asserit, et ut eius dictum saluetur a variatione est ita facienda interpretatio, aduer-tendum est quod in xxxxvi articulo priorum idem orator qui in interrogatorio secundo dicit quod nulla cautio pecuniaria potuisset scipionem tutum genue reddere nisi auctoritas cesaris et verbum imperatoris iuter-uenisset. non propterea dicit locum non fuisse tutum, namque in articulo dicit quod poterant princeps et alii cogi ad cauendum. et quod si venisset tutus fuisset propter illorum reuerentiam in rempublicam et ipsum testem et cesarem. unde cum post dicat ut supra intelligendum est tale dictum ut concordet cum antecedenti, quod scilicet propter saluum conductum reipublice et reuerentiam in ipsum fuisset tutus, et quod sine illis et auctoritate cesaris cautio pecuniaria non fecisset illum tutum, et omnem in casum si verbum cesaris poterat illum assecurare debebat mit- ( 564 ) tere cxcusatorem qui poterat cesaream iuterponerc auctoritatem suam ut tutus illi esset accessus et ita locus non erat notorie non tutus. Hec sunt que factum totius processus respiciunt. RELAZIONE SUI DOCUMENTI ISPANO-GENOVESI DELL'ARCHIVIO DI SIMANCAS PEL SOCIO MASSIMILIANO SPINOLA FU MASSIMILIANO ■ ■ • ■ . , •• I Dalle incomplete ed inesatte narrazioni procedono le rilevanti lacune ed i preconcetti-erronei giudizi, pei quali giustamente sono censurati anche molti fra i più pregevoli scritti cosi antichi come moderni, che hanno tratto alla storia d’Italia e delle singole sue città. Laonde cadrebbe in gravissimo errore chi volendo por mano ad una storia della Penisola, secondo richiedesi dagli odierni progressi degli studi nelle scienze morali e politiche, tralasciasse di raccogliere le più accurate e minute notizie riguardanti le cagioni e gli effetti di alcuni avvenimenti, i quali sono rimasti finora dubbii o poco noti, e stimasse raggiungere lo intento, stringendosi ad una erudita compilazione di quanto vennero raccogliendo gli scrittori che lo precorsero. A cosi grave difetto non pochi esimii cultori delle storiche discipline si avvisarono però di supplire colle loro dotte, pazienti e coscienziose ricerche; e come riuscissero nel lodevole assunto ampliamente lo provano* le opere loro pubblicate ora separatamente ed ora fra le memorie di varie Accademie scientifiche delle prin- (JC8 ; cipali città d Italia. La Società Ligure di Storia Patria esi eiando anch essa di concorrere all’ottenimento di cosi nobile scopo, ha stimato pertanto di rendere di pu lica lag ione i Documenti ispano-genovesi dell’ Archino di Smiancas, i quali ci forniscono la corrispondenza epistolare deir imperatore Carlo V, di Gomez oaitz de Pigueroa suo oratore presso la Repubblica di enova, e di Ferrante Gonzaga Governatore di Milano, per ciò che riguarda ai fatti che si svolsero nel 1528, e più ampiamente ai casi del 1547-48. Egli è pertanto col sussidio di questi Documenti che noi possiamo alfine formarci un giusto concetto della condizione politica e civile dei genovesi a que’ giorni, e che veniamo a acquistare eziandio la precisa conoscenza delle varie proposte che allora £i ventilarono per distruggere la li-ertà e l’indipendenza della Repubblica. Finalmente siffatte carte irrecusabilmente ci attestano, che se in quell epoca Genova ha potuto conservare il proprio reggimento e schermirsi dall’essere annoverata fra le provincie soggette al dominio spagnuolo, ciò essa deve all autorità di Adamo Centurione e di Andrea D’ Oria. Limitando il mio compito a dare una semplice idea ragionata, e come la sintesi dei Documenti medesimi, spero tuttavia che la Relazione cui mi accingo non riuscirà priva di utilità e d’interesse. E per cominciare, senza perdermi in digressioni, dico tosto die nelle lettere scritte dal D’Oria lungo gli anni 1528 e 1520 abbiamo una testimonianza sempre maggiore per confermarci nell’ opinione altre volte ^espressa (<), eli’egli cioè si prevalesse della grande v i \ y: Cons^er 'z^oni su varii giudizi di alcuni recenti scrittori ecc., nel voi. IV degli Atti. ( 3G9 ) considerazione in cui era tenuto da Carlo V, per giovare alla prosperità de’ suoi concittadini ed al consolidamento della libertà felicemente ricuperata alla patria. Al quale proposito è da notare in ispecie la lettera del 30 novembre 1528; nella quale, approvando egli la deliberazione della Signoria di non ricevere l’inviato cesareo Don Lopez de Soria, a cagione della nota sua intrinsichezza colla fazione Cappellazzo-Adorno, chiede all’ Imperatore d’appagare la giusta domanda del Governo, sostituendo al Lopez un personaggio non inviso al partito dei Fregosi, nè tale pei suoi antecedenti da riuscir d’ostacolo alla concordia de’ cittadini. Nè vo-glionsi passare in silenzio quei dispacci onde insta presso Cesare perchè la Repubblica sia compresa nel trattato di pace col Re di Francia, e venga reintegrata nel possesso di Gavi e di Ovada ('). La lettera poi del 2 dicembre 1528 ci fa sapere una: circostanza finora ignorata; cioè, che Francesco I, per ricuperare la sovranità di Genova non isdegnava di scendere a patti col D’Oria; e, verisimilmente, per raggiungere il suo intento, oltre al D’Oria medesimo cercava guadagnare altri fra’cittadini piìi autorevoli, i quali supponeva non ripugnanti alle sue proposte. Ora a chi consideri la situazione del D’Oria, sembrerà certo stranissimo che il Conte di San Polo avesse animo di rivolgerglisi ; ma facilmente comprenderà perchè egli si ricusasse di dare ascolto alle insinuazioni degli agenti francesi. Però, siccome le ragioni che movevano il D’ Oria al rifiuto, non erano comuni a quelli de’ suoi concittadini cercati come lui da’ francesi, così può benissimo sospettarsi clic taluni di essi prestassero orecchio alle (') Ved. Docum. V e VI, pag. 9 e 10. ( 370 ) n tstioni del San Polo. E se così fosse, agevolmente ^ I0Vcle^l)t a (IuaI fine tendesse quella lettera che sappiamo scritta da Ottaviano Sauli al fratello Dome- , I00’ e c^ie 1,1 ^an^° lo lata dai recenti censori di An-(Iual<3 lettera l’inviato di Genova presso uca di Milano esternava il desiderio che la Repub-ica altamente proclamasse la propria neutralità nella 0 a dei due potenti sovrani rivali ('). . ^ 1111111 ei osi documenti, che pigliano le mosse dal 1517 in pln^cono esa^e notizie de’fatti che allora accaddero . en0Na? e ci illuminano sulle segrete pratiche dei ministri spagnuoli a questo riguardo. Quantunque l’atentato del Fieschi fosse stato represso, e r.on avesse piodotto alcuna conseguenza immediata a danno della ^pubblica, ciò nondimeno esso fece un grandissimo senso in Italia e fuori. La Corte di Madrid ne fu assai commossa, perchè sospettavalo collegato strettamente un piano generale d’insurrezione delle provincie ita-iane contro il dominio spagnuolo, ordito dal Re di ■trancia e secondato dal pontefice Paolo 111. E tal concetto dei iva va da ciò elie l’Imperatore ed i suoi ministri Jonoiavano o disconoscevano il malcontento che di nece, sita \eniva provocato per la continua ingerenza del ’igueroa nell’amministrazione della Repubblica, per a i biti ario e tirannico governo di Ferrante Gonzaga nello Stato di Milano, di Pietro di Toledo nel Reame di - apoli, di Giovanni di Vega in quello di Sicilia. Ciò che peiò torna incontestato si è che la rivoluzione tentata ( a Conte di Lavagna diede al Figueroa ed al Gonzaga un plausibile pretesto onde proporre a Carlo V d’assi- I)iii:a, Sulla conji.ira del conte Gio. Luigi Fieschi ecc., pag. 12-f. « ( 371 ) curarsi della devozione dei genovesi, coll’ insignorirsi di Genova. Nè il pensiero spiaceva all’ Imperatore, il quale ben conosceva quanto la conservazione e l’incremento de’ suoi Stati dipendessero dalla dominazione del nostro porto: la più pronta comunicazione tra l’Italia e la Germania. Se non che, le sottili macchinazioni di quei ministri noi le troviamo ora minutamente svelate nei Documenti di Simancas; donde emerge eziandio che se non conseguirono lo scopo a cui miravano, lo si deve alla ferma opposizione di Andrea D’Oria. Fu questi infatti che per mezzo di Francesco Grimaldi e di Adamo Centurione impedì l’erezione di una fortezza in città, dimostrando a Cesare tutta V inopportunità ed ingiustizia di quel disegno. Dai medesimi documenti si può del pari giudicare del vero carattere della sollevazione del Fieschi, e possono inoltre dedursene sicuri elementi per conoscere la condizione di Genova, sia rispetto all’ opinione pubblica che in allora vi era predominante, e sia per intendere quali fossero la situazione dei partiti e l’ambizione dei primarii cittadini appartenenti alla nobiltà. Nelle relazioni del Figueroa concernenti la congiura in discorso, non si enuncia alcun fatto il quale muti essenzialmente quanto già se ne conosceva; bensì rinvengonsi alcuni ragguagli che importa il notare. Di fatti, per quanto spetta agli intendimenti di Gian Luigi e dai mezzi da lui posti in opera per assicurarne la riuscita, noi rileviamo che il Conte di Lavagna aveva spedito in Francia un suo fratello per negoziare col Re e coi di lui ministri, per concertare il modo da tenersi nell’ effettuare il moto, nonché le condizioni alle quali avrebbe dovuto effettuarsi ('). E ciò ribatte colle lettere del (') Ved. Do.'um. VII c XLII, pag. 11 e G7. ( 372 ) Gonzaga, laddove affermava la propria convinzione che di tali moti fossero stati pur consapevoli il Re di 1 rancia e il Duca di Piacenza ('). Supponeali al contrario ignorati dai ministri francesi residenti in Italia, solo eccettuato il già Duca di Melfi, come quegli che da Francesco I avea avuto incarico di consegnare a Pier Luca Fieschi, signore di Grevacuore, quindicimila scudi, in certe contingenze per le quali questi glieli avrebbe richiesti. Il qual denaro fu ritirato infatti, appena ebbe notizia delTaccaduto di Genova, da Pier Luca die si affrettò a darne partecipazione al Farnese affinchè vi accorresse giusta le pattuite convenzioni. È da notare che il sopraddetto Pier Luca, congiunto ed amico del Conte di Lavagna, è quello stesso per lo cui mezzo, giusta le deposizioni di Raffaele Sacco, Gian Luigi aveva intavolate le prime trattative colla Corte di Francia, nelle quali si impegnava di adoperarsi onde riporre Genova sotto la dominazione di Francesco I Cosi noi conosciamo oggidì la somma che fu sborsata dalla Francia, onde si mandasse ad effetto la tramata rivoluzione. Altri particolari intorno a questo argomento s’incontrano poi in un posteriore documento, laddove il Figueroa riferisce a Cesare le confessioni del Verrina e del Cangia-lanza nei loro interrogatorii di Montoggio. Dalle quali confessioni si evince che il Re di Francia avea promesso a Gian Luigi l’annua provvigione di seimila ducati, cinquanta lancie e l’Ordine di San Michele (2). Nè riesce inopportuno il notare come uguali o quasi eguali condizioni pattuisse già Luigi XII nel 1515 allo scopo me- (•) Ved. Docum. XI.Vili e XLIX, pag. 7o o 76. (*) Ved. Docum. CIX, pag. 107. ( 573 ) desimo, con Ottaviano Fregoso (')• Oltre di ciò il Verrina ed il Cangialanza affermavano essere stato scopo del Conte quello di far prigioni e d"’uccidere la maggior parte dei nobili, e dopo aver privato di vita Giannettino ed Andrea D’ Oria impossessarsi della città e tenerla in devozione di Francia. Or essi non volendo pigliare impunità, dicevano per certo assai meno di quel che sapevano. Finalmente le carte di Simancas ne accertano che il trattato fu soseritto in Roma da Gian Luigi Fieschi e dal Duca di Piacenza, con consulta del Cardinale Farnese e notizia del Papa; malgrado che Paolo III e Pier Luigi 1’abbiano di poi negato, cercando di assicurare, col mezzo de’ loro ambasciatori, l’imperatore Carlo V eh’ essi non aveano concorso nel tentativo del Conte, ma anzi lo aveano altamente disapprovato. Gli accordi de’ quali sopra abbiamo detto attribuiscono alla ribellione di Gian Luigi una importanza ben maggiore di quella che si potrebbe supporle a giudicarne dalla tenuità dei mezzi adoperati per mandarla ad effetto. Ed invero dalle rivelazioni del Sacco appariamo come il Fieschi, dietro il consiglio del Verrina, mutato ad un tratto pensiero, ne’pili chiamandosi soddisfatto della modesta parte di Governatore di Genova in nome del Re di Francia, volesse invece farsi proclamare Doge a vita C2). E questo consiglio è da credere che abbracciasse Gian Luigi mosso da fiducia nel consentimento degli alleati; perocché mentre egli raggiungeva così il proprio scopo, i nemici di Carlo V conseguivano il loro del pari. Tuttavia la Francia, poscia che fu re- (') Veci, le Considerazioni precitate, pag. 306 e 421. (’) Ved. Docum. CXl, pag. 170. C 37* ) pressa la sollevazione, non si lasciò andare ad alcuna dimostrazione in favore della famiglia di Gian Luigi; anzi tenne occulte le pratiche con lui tenute, sebbene proseguisse , col mezzo d’agenti segreti, ad incoraggiare non solo la resistenza del conte Girolamo, ma eziandio a favorire tutti i progetti di insurrezione, qualunque ne fossero gli autori e qualunque il fine per cui li venivano accarezzando. Di che però non pativano alterazione i rapporti diesi erano ristabiliti dalla Francia coll Imperatore e con Genova dopo la pace di Crespy. Il perchè troviamo come Enrico III, il 26 luglio 1547, ricevesse con molte dimostrazioni di benevolenza e di onoie gli inviati della Repubblica Tommaso Spinola ed Antonio D’Oria, spediti dalla medesima a condolersi della mor e di Francesco I, ed insieme a rallegrarsi dell avvenimen o di quel giovane principe al trono. Fra le notizie che emergono dalle relazioni del i gueroa e dalle lettere del Gonzaga rispetto alla congiura, vogliono essere notate specialmente quelle che hanno tratto alla morte di Giannettino D’Oria. Impeiocchc si riferisce come quel valoroso avviandosi dal I alazzo Fassolo alla Darsena, poi che giunse alla porta di an Tommaso, la quale era di già in potere degli insor i, non si tosto fece atto di introdursi per lo sportello, c ie un colpo d’archibugio nel petto lo stese al suolo, men re altre ferite compierono poi l’assassinio. Afferma anzi i Figueroa come Ottobuono Fieschi inferocisse contio i cadavere del suo nemico, siffattamente da ferirlo ancora colla propria spada onde assicurarsi che fosse ben nioi to ( )• Il che dimostra come lo sdegno e l’odio-non fosseio mi nori nei fratelli di Gian Luigi, di quel che lo fossero in Ved. Docum. XVI, XVIII c XLIX, pag. 2j, 30 o 76. ( 371) ) costui, il quale aveva statuito dei premii per coloro che avessero ucciso Giannettino. Dai coetanei benevoli al Fieschi, dall’ambasciatore cesareo (forse per malevolenza contro Andrea D’Oria), e dietro alla loro autorità da molti scrittori genovesi, è stato creduto che, se non l’unica, certo la principale cagione che sjftìnse il Conte di Lavagna alla congiura fosse la intollerabile alterigia e potenza di Giannettino medesimo. Non neghiamo il fatto, ma non ne ammettiamo la soverchia importanza; conciossiachè Andrea D’Oria, in altra delle sue lettere a Carlo V, non manca di rilevare che Gian Luigi avrebbe potuto uccidere o far ammazzare Giannettino ogniqualvolta gli fosse meglio piaciuto, di giorno e di notte, nelle sue frequenti conversazioni coi Fieschi. Precipuo intendimento di Gian Luigi doversi dunque e sempre ritener quello d’insignorirsi di Genova e tenerne poscia il dominio sotto la protezione di Francia : e ciò essere tanto vero, che, partendosi egli di casa, avea detto alla moglie : « che si farebbe in quella notte uno delli grandi d’Italia, o che sarebbe il più minato di tutti » (‘). Nel Documento XIX accennansi le ragioni per le quali il D’Oria, consenziente la Signoria, ordinava si rigettasse in mare il cadavere del Fieschi stato estratto dalle acque, della Darsena; e queste ragioni moveano dalla considerazione di non apprestare nuova esca agli animi esasperati dei cittadini, fra i quali non si distingueano ancor bene il nùmero e l’importanza degli aderenti a Gian Luigi, è d’impedire che sotto il pretesto di solenni esequie si facesse una dimostrazione contro della Repubblica. (') Ved. Docum. XI., pag. Gii. • Atti Soc. Lig. St. Patria, Voi. Vili. Fase. II. 26 ( 376 ) Passando ora ad esaminare quale e quanta parte abbia avuta il D’Oria nella deliberazione, in forza di che la Repubblica rivocò 1’ amnistia conceduta a Gerolamo ed ai suoi seguaci; avvertiamo cogli storici nostri che in siffatta deliberazione fermossi veramente la Signoria a seguito di una orazione pronunciata dal Principe, nella quale mostrossi più appassionato di quell© si addicesse mai all’altezza dell’animo suo. Chi poi proponesse direttamente la revoca, sembra agevole a conoscersi da una relazione del Figueroa, laddove scrive a Cesare che Lei- 0 7 rante Gonzaga mandando a Genova Pietro Cicogna pei rallegrarsi colla Signoria e col Principe del prospeio successo ottenuto, commetteagli nel tempo stesso di trat-tare con l’oratore cesareo e col D’Oria del modo con cui si doveva procedere per punire il Conte ed i suoi fratelli come ribelli dell’impero ('). Nè le intenzioni di Cesare medesimo intorno a questo argomento mancano d’ esserci note; imperocché Carlo A dichiarava a Rodri0o di Mendoza che i fratelli di Gian Luigi doveano essere processati e puniti siccome complici della sollevazione ( ). Chiaro è pertanto che l’Imperatore non facea conto alcuno dell’ amnistia conceduta dalla Repubblica, consi derando i Fieschi quali rei di fellonia e di lesa maestà, e facile riesce quindi il comprendere come i ministri spagnuoli, per dare un apparente colore, di giustizia a a domanda, adducessero la nullità del decreto d indulto, mancante non solo di tutte le formalità richieste pei rendere valida una deliberazione, ma contrario allo pie tese per cui voleasi annoverar Genova fra le città ap -peliate Camera Imperiale. Tale domanda però, cui tutti (') Ved. Docum. XIX, pag. 33. (’) Ved. Docurn. XXIX, pag. 56. ( 377 ) gli indizi ci fan credere essere stata fatta primamente dall’ ambasciatore cesareo, non fu subito accolta dalla Signoria; la quale volle che fosse sottoposta all’esame *d’ alcuni giureconsulti. Nè fu se non a seguito (lei loro responsi (i quali uscirono conformi alle dottrine imperiali), che il Senato si pronunciò nel senso da noi sopra discorso. Il che tutto notificando a Cesare il Figueroa, soggiunge avere appreso dal D’Oria come la Repubblica vi si fosse lasciata andare, sì per dimostrare il proprio ossequio ai voleri dell’ Imperatore, e si per la speranza che tanta condiscendenza lo avrebbe mosso a concederle il possesso di Varese e di Roccatagliata, sui quali essa vantava antichi diritti (*). Per non dilungarmi di soverchio, tralascio varii interessanti ragguagli concernenti 1’ assedio e la dedizione del castello di Montoggio, nonché il processo istituito contro Girolamo Fieschi ed i suoi partigiani. Soltanto accenno che negli atti del medesimo noi abbiamo una novella prova della difettosa procedura criminale di quei tempi. Oltre di che, senza ombra alcuna di processo, ma per ordine del commissario Domenico D’Oria, furono decapitati gli uccisori di Giannettino (2). Però la condotta di Domenico, tacciata di illegale dallo stesso Figueroa, fu disap- • provata moltissimo in Genova, nonché da tutti gli emuli di Andrea D’Oria, al quale non si mancò di far risalire la responsabilità di quell’ordine, affermando che il commissario, amico e creatura sua, non avrebbe mai ardito commettere di proprio arbitrio una cosi flagrante violazione della legge. (’) Ved. Docum. XXXVIII, pag. 02. (*) Ved. Docum. CVI, pag. 162. X / ,v>]o k 1dtduzi0ni *° s^mo poi doversi trarre dalle ffuanf°ni- ^Uei0a ’ e Primamente la veracità di Q ' ,° a Ullla'a la Signoria di Genova nell’istruzione tp-io-r memcuiale a Ceva D’Oria, laddove commeta dplp/tf01 in0s'tlt11,13 aH Imperatore come la repressione en^o dei Zieschi si dovesse attribuire alla ri- lor&)1^11Za (*°* 8enOV6SÌ ^ unlrs^ al conte Girolamo, al- lo ’tt ^Ues^ a eaP° (li uno stuolo d’armati percorreva tl rl ^ando Popolo, Fieschi, Libertà. Donde il loro rj0nC01 V °^ei'e conservare quella libertà eh’ essi aveano I ^eia^a’ 0 COu (Illesta eziandio il reggimento onde le jCoCi dell Unione erano saldissima base. Secondariamente Esulta dalle predette relazioni la bontà delle Provvidenze prese dai senatori adunati in Palazzo; tanto Clip i 1 T?* "igueroa non muove alle medesime alcuna censura, . anzi vantasi d’avervi concorso, giudicandole come le più onte per reprimere la sollevazione. D’altra parte poi questa dichiarazione mostra ad evidenza l’ingiustizia dello ■ tesso oratore, allorché poco tempo appresso, cJiie-enr o la revoca delPinduIto, ne attribuiva la concessione a tunor panico che nella notte del tumulto, diceva o i, avea offuscata la mente dei senatori. ambasciatore cesareo taceva poi all’imperatore varii 1 di somma importanza, ignoti al Senato medesimo 0 a TVrw • p uria, ma non a lui; e così, per esempio, che aoI° ^asagaa, uomo di grande autorità presso il po- P°lo, aveva adunato nella propria casa molti armati, intendimento d’operare una contromina al grido 1 e Spagna, se mai il Fieschi fosse stato pe! * iuscire nel suo disegno. E tacea pure i motivi J;ei cIlla^ crasi recato in Palazzo soltanto verso il mat- >00, allorché la sollevazione potevasi considerare come ie pi essa, mentre avea stimato di starsi cheto, per ( 379 ) non dire nascosto, nella propria casa, durante la notte quando ferveva il tumulto. Nel che invero serbava un contegno ben diverso da quello di Agostino Spinola; il quale trovandosi nel proprio feudo di Tassando, dove, nella previsione di tumulti, aveva armati i contadini da lui dipendenti, non appena ebbe notizia della ribellione di Gianluigi che mosse alla volta di Genova per combatterla. Tralasciava infine di riferire a Cesare i proprii maneggi con taluni capi-fazioni, allo scopo di prevenire le agitazioni che si prevedeva avrebbero avuto luogo alla morte del Principe D’Oria. Ad onta di ciò non vi ha però dubbio, che le numerose ed interessanti notizie ricavate dagli scritti del Figueroa ci pongono in grado di affermare che la congiura del Fieschi è da noverare tra i fatti storici che sieno oggidì meglio conosciuti. Per la congiura suddetta Genova corse pericolo di veder rinnovate le intestine discordie, di perdere la libertà, e di ricadere nell’abborrita servitù di Francia. Rallegravansi pertanto i genovesi di essere usciti illesi da tali pericoli; ma ne ignoravano uno ben maggiore che loro sovrastava, ed era assai più difficile a superare, perchè facea capo ad una insidia segretamente ordita dagli stessi ministri cesarei, e, che è ancor più, da Cesare medesimo approvata. Consisteva poi questa nel progetto suggerito all’ Imperatore da Ferrante Gonzaga di ridurre Genova in provincia, spagnuola, unendola al Ducato di Milano, od almeno di assicurarsene la devozione fabbricando in città una fortezza, nella quale si ponesse un presidio sotto gli ordini d’un capitano dipendente da Cesare ed alui affezionato. Che se gli scrittori nostri ci tramandarono di si iniqua trama assai c 580 ) scarse notizie, ciò deriva da che essi non hanno potuto aver cognizione dell’andamento della pratica. Oltre di che alla stessa cagione devesi pure attribuire la disparità dei giudizi, die i concittadini di Andrea D’Oria si formai ono del modo onde questi adoperò in siffatta emergenza. Imperocché mentre dagli uni ebbe lode di per-j'Picac ia e di fermezza, dagli altri, che male interpretarono alcune di lui concessioni forse più apparenti che reali, venne accusato di eccessivo ossequio alla volontà impellale. Ora i documenti dell’Archivio di Simancas ci disvelano interamente la pratica. Difatti una lettera indirizzata dal (xonzaga a Cesare prima ancora che il Conte di Lavagna effettuasse la sua congiura, dimostra come la con-ser\azione della prevalenza spagnuola in Genova fosse oggetto di qualche inquietudine nella Corte di Madrid. Conciossiachè il'Gonzaga, dopo di avere esposto il proprio giudizio circa la presenza di un fratello di Gian ^uigi alla Corte di Francia, rammentava come avesse partecipati i suoi avvisi al Figueroa, aflincliè ne conferisse col Ij Oria e studiassero insieme gli' opportuni provvedimenti. Se non che il D’Oria troncava cotesti discorsi, • piotestando come lui vivo nulla si avesse a temere. Però il Gonzaga, mal soddisfatto di questa risposta, e persuaso che, se non prima, certamente dopo la morte del Principe, sarebbero inevitabili gravi torbidi nella Repubblica, concludeva pregando l’imperatore perchè volesse prendere quelle risoluzioni le quali reputasse meglio opportune, e ne tenesse istruiti così esso Don Ferrante come il Figueroa, acciò cominciassero a far le Pratiche necessarie per incamminare la cosa a buon fine ('). (') Ved. Documento VII, pag. 13. ( 381 ) La lettera citata rivela per fermo nel Gonzaga moltissima avvedutezza nel giudicare le condizioni di Genova. Egli ben comprendeva che Giannettino D’Oria non avrebbe potuto riunire, come lo zio, la carica d’ammiraglio di Cesare con quella di sindicatore perpetuo della Repubblica; anzi conservando la prima sarebbe stato escluso da qualunque ufficio in patria. Parimente non ignorava come i nobili più potenti ed autorevoli attendessero la morte di Andrea, per accrescere la loro influenza ed il loro potere, nè gli sfuggiva la probabilità maggiore che a capo di essi pervenisse Adamo Centurione, intimo amico di Andrea e tra quelli cui non piaceva la continua ingerenza del Figueroa nelle delibera-zipni della Signoria. Sapeva inoltre come per effetto dei mali umori della popolazione, non meno che per la nota ambizione dei principali cittadini, si fossero ridestati gli spiriti delle antiche fazioni nobilesche e popolari, degli Adorni e dei Fregosi; e finalmente non si dissimulava come diminuendo in Genova la devozione ed il rispetto verso degli spagnuoli, vi si aumentasse il sentimento della propria dignità e della nazionale indipendenza. I nobili vecchi infatti, considerati come i più ligii alla Spagna, perdeano terreno nella comune estimazione; e se ne avea toccata una chiara prova nell’ elezione del Doge occorsa 1’ anno 1545 in persona di Giambattista Fornari nobile nuovo. Il Figueroa ed il Gonzaga traevano dunque da tutto ciò acconcio partito, per rinnovare con maggior forza presso l’Imperatore le loro proposte non appena la congiura del Fieschi ebbe effetto; e, venendo al concreto, quanto al presidio che avrebbe dovuto guardare la divisata fortezza, opinavano che del medesimo avesse a darsi il comando ad Agostino Spinola più innanzi ri- ( 382 ) cordato, come quegli che del Gonzaga era intrinseco, ed assai noto per l’antica inimicizia contro gli aderenti della parte francese. L'Imperatore accogliendo i consigli de’suoi ministri, osservava al Gonzaga come il miglior modo di prevenire nuovi tumulti sarebbe stato quello di rendersi assoluti signori di Genova, perchè così operando si toglierebbe al Re di Francia l’opportunità di giovarsi della nota tendenza dei genovesi alle novità ed alle mutazioni di governo. A raggiungere questo scopo egli era d’opinione che si avessero da sorprendere destramente gli animi dei principali nobili, dimostrando loro che una spontanea dedizione di Genova alla Spagna era 1 unico mezzo per guarentirsi dall’invidia e dall’odio della plebe, giacché questa dopo la morte del Principe D’Oria, unendosi al popolo grasso, avrebbe mutato l’attuale reggimento in un Governo democratico, da cui la nobiltà sarebbe esclusa. A Carlo V sarebbe poi piaciuto d acquistare in tal modo l’assoluto dominio di Genova; ma il disegno essendo stato respinto dai pochi nobili più influenti, scaltramente interpellati all’uopo dal Figueioa, •fu perciò costretto ad approvare quello della fortezza ( ). Se non che Andrea D’Oria, avuta cognizione di tali maneggi, inviava a Cesare Francesco Grimaldi, incan-ricandolo d’esporgli com’egli fosse ostile, per gravissime ragioni, a tale erezione; mentre a conservare lo Stato nella devozione di S. M. reputava più idonei alcuni piov-vedimenti, cui lo stesso Grimaldi avea missione di sottoporle. Le notizie che noi abbiamo dell’ambasceria del Grimaldi non possono dirsi complete, giacche ogni sua relazione ci fa difetto, e nemmeno conosciamo alcuna (*) Ved. Docum. XXXV c XXXVI, pag. 55 o 57. ( 385 ) lettera del Principe che la riguardi. Bensì abbiamo i carteggi del Figueroa e del Gonzaga, donde si rivela clic il Grimaldi, per commissione del D’Oria, affermava non doversi dalla congiura del Fieschi pigliare argomento a sostenere la necessità della fortezza; conciossiachè quelle trame erano derivate dall’ ambizione e perversità d’ un solo uomo anziché dalla maggioranza del popolo. D’altra parte non potersi mai edificare il castello senza destare nei cittadini di qualunque ordine la maggiore indignazione; chè anzi popolo e Governo vi si opporrebbero sempre e con tutti i mezzi che fossero in loro facoltà, non escluso quello di una sollevazione. E rispetto a quest’ultima giustamente osservava’il Grimaldi, che potendosi anche reprimere, accrescerebbe però sempre la malevolenza contro gli spagnuoli, mentre ai francesi agevolerebbe la via di riprendere possesso della città. A conseguire l’intento riuscirebbe dunque più ovvia ed acconcia una riforma nella costituzione dello Stato, da cui la Signoria medesima non dissentiva, e colla quale cioè verrebbe a ristringersi il Governo in un numero minore di nobili, chiari per ingegno e virtù, eletti per suffragi anziché per sorteggio, ed in guisa da escludere dalle principali magistrature gli oppositori della prevalenza imperiale. Tali idee il Grimaldi svolgeva pure al Gonzaga ('), descrivendogli i partiti politici ne’ quali andavano divisi gli animi de’ genovesi; e studiandosi con ciò di chiarirlo sulla vera condizione di essi, distribuiva tutti i cittadini in quattro classi. Nella prima poneva quelli che professandosi mal contenti del presente stato, speravano benefizio di qualche rimutamento; nella seconda collocava quanti pascendosi di molti ragionaci Ved. Docum. LXXVII, pag. 123. A ( 584 ) nienti non si proponevano però alcun fine, nè propriamente sapeano bene ciò che volessero. Venivano nella tei za i pusillanimi che d’ogni cosa impauriscono, e fra questi nominava taluni noti al Gonzaga medesimo come paititanti della fortezza; nella quarta infine metteva co-loio, che desideravano la quiete della città, e per consumila v agheggiavano una forma di governo più rispetta. Dal che tutto si deduce che in Genova prevaleano colei o i quali volevano conservare il reggimento stabilito nell anno 1523, e solo erano discordi se dovesse mantenersi quale aveanlo foggiato i Riformatori di detto anno, o se fosse miglior consiglio il modificarlo. Ma 1 inviato del Principe (come è noto), oltre alla piatica della fortezza, era pure incaricato di trattare coll Imperatore dell’impresa di Montoggio cui la Signoria aveva divisata; e finalmente di chiedere pel Ii incipe stesso, come premio dei suoi servigi e compenso dei danni toccati nell’ultima sollevazione, la investitura dei feudi confiscati ai Fieschi, tranne quelli che il D’Oria medesimo domandava in favore della Repubblica, d’Antonio D’Oria e di Ettore Fieschi. Or tutti questi negoziati, erano fortemente contrariati dal Gonzaga e dal Figueroa, sempre intenti a dimostrare 1 insufficienza, per non dire la inattendibilità/, delle proposte di Andrea. Di che, adducendo essi a conferma assai speciose ragioni, asserivano come i continui tentativi <1 insurrezione, macchinati dai cittadini malcontenti coi fuorusciti e cogli agenti francesi, fossero una chiara piova che le modificazioni nella costituzione dello Stato non raggiungerebbero a gran pezza lo scopo pel quale erano state deliberate. Esageravano inoltre il numero e le forze dei seguaci ed amici dell’estinto Fieschi, confondendo accortamente fra costoro un gran numero di ( 585 ) persone alle quali il sentimento dell’indipendenza e della libertà della Repubblica rendeva odiosa la più volte avvertita ingerenza dell’ ambasciatore cesareo. Notavano quindi che 1’ affezione e la reverenza dei genovesi verso l’Imperatore diminuivano notabilmente non solo nella plebe, ma eziandio (ch’era assai di maggiore rilievo) nei nobili, e proprio in quegli stessi che faceano parte della Signoria e delle magistrature, e che manifestavano assai chiara la loro noncuranza, sempre che non fossero vivamente stimolati, procedendo al tutto rimessamente contro i complici dei Fieschi e gli aderenti di Francia. Aggiungevano infine che la guardia del Palazzo, accresciuta di 700 od 800 militi, non era bastante ad impedire o reprimere le insurrezioni possibili ; che anzi, oltre alla scarsità del numero, era affatto indisciplinata, e per giunta poteva essere anche posta sotto gli ordini di un capitano non affezionato a S. M. Laonde venivano sempre a questa conclusione: che cioè per guarentirsi da ogni contrario avvenimento era mestieri d’insignorirsi della città, od almeno di mantenerla nella devozione dell’Imperatore ; nè questo secondo scopo sarebbesi mai conseguito, senza l’erezione della fortezza. Se non che tali argomenti questa volta non ebbero appieno convinto Cesare; il quale senza dubbio avrà dovuto ben ponderarli e discuterli. Pertanto egli pose da banda il progetto della fortezza, ed all’opposto accolse le proposte del Grimaldi ; facendo note le proprie risoluzioni in un documento, nel quale eziandio abbastanza chiaramente espone le cagioni onde era indotto ad operare di questa guisa ('). Egli scrive al Figueroa: Miglior mezzo di mantenere i genovesi nella dipendenza dell' Impero quello C) Voci. Docum. CXXX, pag. 202. \ ( 586 ) essere in verità l’erezione della fortezza; ma la tenacità colla quale l'inviato del D’Oria erasi ricusato di aderire al progetto, e la di lui persistenza nell’affermare che i provvedimenti proposti in nome del Principe erano sufficienti allo scopo desiderato, averlo quasi forzato al F accennata risoluzione. La quale era assai assennata, poiché scongiurava complicazioni cui la costruzione della cittadella non avrebbe potuto evitare. Carlo V in sostanza assidi ravasi di Genova, senza incontrare alcuna resistenza armata per parte dei cittadini; e rendeva stabile il suo predominio sulla Repubblica, senza indurre nei Principi Italiani e nel Re di Francia il sospetto di voler punto accrescere la sua potenza nella Penisola. Di più nel citato documento Cesare soggiungeva : Commettesse il Figueroa al Principe D’Oria di tener modo affinchè d’accordo colla Signoria venisse decretata la riforma delle Leggi dell’Unione; fosse deliberato l’aumento della guardia del Palazzo composta di cittadini; e questa dipendesse da capitani nominati dalla Signoria col consentimento di detto Principe. Quindi, per guarentire l’esito di tali mutazioni ordinava al Gonzagad’in-viare a Genova mille uomini comandati da Stefano D’Oria signore di Dolceacqua; ed altri mille dovesse pure mandarne il Duca Cosimo da Firenze. I feudi dei Fieschi decretava fossero ripartiti tra la Repubblica, il Principe e gli altri nobili nel modo che il Grimaldi medesimo avea domandato. Bensì, a testimonianza della propria soddisfazione ed in premio dei servigi prestati, si aggiungessero cento scudi all’annua pensione di Agostino Spinola, ed altri 40!) fossero assegnati a Francesco Grimaldi, da riscuotersi ogni anno sopra le estrazioni di Sicilia. Le deliberazioni succennate dimostrano a qual segno ( 587 ) fosse allora giunta la prepotenza imperiale verso un piccolo Stato alleato e vivente sotto la protezione cesarea. Ma, tralasciando queste ed altre considerazioni ovvie ad ognuno, diremo soltanto come i documenti di Simancas ci forniscano cognizioni più precise sopra un siffatto punto; mentre che dalle medesime appariamo come la Legge del 1547 decretata dalla Signoria dietro 1’ autorevole consiglio di Andrea D’Oria, debba ritenersi non già 1’ effetto, o meglio ancora la manifestazione del desiderio attribuito a quest’ultimo di accrescere la propria autorità, restringendo il Governo a foggia oligarchica, nè una conseguenza della reazione che d’ordinario negli Stati liberi suole succedere alle popolari sollevazioni; ma per 1’ opposto sia da considerare come un accorto provvedimento suggerito dal D’Oria, per impedire che Carlo V, sotto il pretesto d’evitare i danni che avrebbero potuto derivare ai suoi politici intendimenti da ribellioni simili a quella tentata dal Fieschi, effettuasse la decisione d’insignorirsi di Genova. Essi ci palesano altresì la cagione per la quale l’imperatore, lasciando in disparte l’inviato della Repubblica Ceva D’Oria, preferiva di trattare con Francesco Grimaldi sopra l'investitura dei feudi. Conciossiachè essendo sua intenzione di mantener Genova debole ed inerme, ricu-savasi di concederle direttamente quell’accrescimento di territorio che essa stimava necessario per guarentire all’interno la propria sicurezza; soltanto, consentendo al D’Oria l’investitura di tutti i feudi in discorso, po-neavi l’obbligo di consegnarne alcuni alla Repubblica ed ai personaggi summentovati. L'ambasciata del Grimaldi perciò, finora cosi mal nota e poco saviamente interpretata, risulta ora un luminoso servigio reso da Andrea alla patria; e tanto maggior- ( 388 ) mente lodevole in quanto che vale a rintuzzare apertamente la malafede di Uberto Foglietta e di Matteo Senarega, i quali (per quanto segreti sieno stati tenuti al popolo i negoziati sopra l’erezione della fortezza) dovettero a bello studio tacerne affatto nei loro scritti, non potendosi ammettere che non ne trapelasse loro pur un barlume, quando si pensi avere il primo rivestita la qualità officiale di storiografo, ed il secondo quella di cancelliere della Repubblica. Bensì questo silenzio era loro necessario, per non distruggere i ìa-gionamenti coi quali, duranti le discordie del 1575, cercarono muovere le passioni popolari contro Gian Andrea D’Oria ed i nobili vecchi, ed insieme d’imporre alla Signoria l'annullamento della Legge del 1517. La pratica della fortezza non ebbe fine però colla attuazione delle riforme testé accennate. Quella anzi non fu propriamente che una breve sosta, per (lare adito con maggiore violenza alla ripresa; conciossiachè lei rante Gonzaga ed il Figueroa persistessero ognora feiini nella loro sentenza. Ond’è che afferrando essi 1 occasione la quale sembrava offerta dalla sventata congiura di Giulio Cibo, ripresentavano tosto il progetto, e dimostrandone tutta l’urgenza chiedeano a Cesare di ordinarne la sollecita effettuazione. Or quest’idea era pur quella che, secondo già dicemmo, andava meglio a’ versi di Carlo A , ma anche questa volta una tale sventura fu a tempo 0[> portuno scongiurata dal D’Oria. Il quale, appena ebbe lingua di quei disegni, si affrettò a mandare in Alemagna l’amico suo Adamo Centurione commettendogli di distogliere Cesare da una cosi deplorevole risoluzione. Per quanto spetta all’ambasciata di Adamo Centurione, noi lamentiamo lo stesso difetto che già notammo ( 389 ) rispetto a quella di Francesco Grimaldi; la mancanza cioè di documenti i quali c’informino in modo diretto dei negoziati. Bensì da due dispacci al Duca d’Alba (') ci è dato sapere che il Centurione ebbe a durare non poca fatica, e ad aggirarsi in lunghi discorsi prima di condur Cesare a questo: che la fortezza non potevasi edificare senza il consentimento della Signoria e dei cittadini, i quali non 1’ avrebbero dato giammai. Onde volendo pure effettuare il disegno, bisognava adoperare la forza e spargere gran copia di sangue. Inoltre coll’ ereziono della cittadella era d’ uopo mutare la forma del Governo, perciocché nessuno di quelli che al presente reggevano la cosa pubblica si sarebbe prestato al maneggio. Ma le ragioni addotte da Adamo non convinsero Cesare, il quale soltanto deliberava si rimandasse 1’ effettuazione al tempo in cui il principe Filippo, che di Spagna dovea muovere alla volta della Germania, fosse giunto in Genova. Le cose sovra esposte confermano pertanto i particolari narrati dal Cibo-Recco, dal Casoni e da altri storici nostri: che cioè Andrea D’Oria avesse inviato a Cesare il Centurione, per presentargli delle rimostranze contro cotesta deliberazione non solamente in proprio nome, ma anche e più nella qualità d’interprete presso S. M. dei sentimenti della Signoria; dichiarandogli poi che esso Principe era deciso a chiedere licenza dal di lui servigio, innanzi di consentire che la patria fosse privata di quella libertà eli’ egli medesimo le avea ridonata, e che Cesare avea pure riconosciuta nelle capitolazioni # fermate col D’Oria. Ma gli scrittori suddetti ci raccontano del pari come Carlo V, nello accomiatare il Centurione, gli commet- (’) Ved. Docum. CXL e CXLI, pag. 233 e 243. ( 390 ) tesso di dire ad Andrea: che siccome egli aveva dichiarato di voler preferire la libertà di Genova alla propria sicurezza ed all’accrescimento dell’autorità sua, non parlerebbesi più della fortezza. Risposta soddisfacente che Adamo recava in Genova, e che ivi eccitava grandissima esultanza. Ora siccome della veracità dei nostri scrittori non è qui il luogo di dubitare, così ammettendo questo colloquio, e raffrontandolo coi documenti, si è tratti a concludere che Carlo V apertamente mentiva. La pratica della fortezza ebbe adunque tre diversi periodi. 11 primo dopo la repressione della congiura di Gianluigi Mescili; nel quale il pericolo venne rimosso da Andrea D’Oria coll’ambasciata di Francesco Grimaldi, e che ebbe per conseguenza l’accrescimento dei militi destinati a comporre la guardia del Palazzo, nonché la riforma delle Leggi del 1528 per la quale ri-stringevasi la Costituzione dello Stato. Il secondo ebbe luogo dopo la mancata congiura di Giulio Cibo, c fi* egualmente, se non reso vano, almeno ritardato dal Principe D Oria coll'invio di Adamo Centurione. Il terzo riguarda il soggiorno del principe Filippo in Genova, quando i cittadini riposavano tranquilli sulle assicurazioni di Cesare. Del quale periodo dovendo noi ragionare ancora, diciamo come l'imperatore avesse commesso al Principe Reale che, giunto appena in Genova, facesse por mano I rincipe alla erezione, giovandosi dei consigli del Gonzaga, del Figueroa, del Duca d’Alba, e, ciò che a primo aspetto non si legge senza sorpresa, di quelli eziandio del Principe D Oria. Difatti, nelle istruzioni al Duca (‘)> (') Ved. Docum. Cf.XI, pqg. 2^3. ( 391 ) Cesare imponendo a lui ed al Principe Filippo che nel viaggio accarezzassero TAmmiraglio, soggiungeva cercassero tirarlo a cosiffatto consenso, lasciandogli con accortezza intendere che tale infine si era il desiderio imperiale, e dimostrandogli la cosa in sè stessa come il migliore provvedimento atto a mantenere la tranquillità di Genova, in pericolo di essere agevolmente turbata sia da cittadini irrequieti e sia per gli intrighi degli aderenti di Francia, sempre che non s’avesse una forza suificiente a reprimerli. Prescriveva eziandio Gesare al Duca dovesse far comprendere al D’Oria questo essere l’unico mezzo per confermare a sè stesso e trasmettere ai nepoti l’autorità e la prevalenza della sua Casa nella Repubblica. Le insidiose proposte però vernano virilmente respinte dal D’Oria; prova ne sia la dignitosa risposta che durante il viaggio dava egli a Filippo, allorché questi chiedeva dove alloggerebbe sbarcato che fosse in città, e la ulteriore sua condotta per la quale ci vien dimostrato che le imperiali blandizie non riuscirono mai a smuovere dal suo proposito l’animo d’un così benemerito cittadino. E bene il prevedea Carlo V medesimo, allorché in ultimo prescriveva al Principe di passar oltre, fondandosi solamente, ne’ casi estremi, sul parere del Duca d’Alba, del Figueroa e del Gonzaga. A sua volta Filippo, conscio dell’opposizione del D’Oria, ed istruito dalla fredda accoglienza avuta dai genovesi, stimò bene di procedere con prudenza. Perciò chiamò presso di sè l’Ammiraglio, affinchè unitamente ai suoi consiglieri discutesse la questione, e d’accordo con essi alcuna cosa si decidesse. Nella sua relazione poi inviata a Cesare, dove egli riferisce distintamente così i ragionamenti del D’Oria come le obbiezioni dei consiglieri Atti Soc. Lig. St. Patria, Voi. Vfl[, Fase. 11. ?? ( 592 ) imperiali, riporta eziandio il colloquio tenuto dal Duca d Alba con Adamo Centurione; e finalmente discorre de risultati ch’ebbe il congresso a cui si strinsero il Figueroa ed il Gonzaga (‘). Così noi veniamo informati che Andi ea D Oria afferma vasi ognora costante nel suo proposito, perchè ora come innanzi aveva l’intimo convincimento della giustezza delle rimostranze presentate all’imperatore. E queste di nuovo riproduceva e sviluppava; e conchiudeva assicurando che la Signoria ed il popolo non avrebbero mai consentito di costrurre a proprie spese una cittadella e di consegnargliela. Volendola dunque 1 Imperatore, la facesse edificare colla forza; e ad ogni modo il provvedimento non avrebbe mai l'efficacia che Cesare ed i suoi ministri andavano immaginando. Basti che Luigi XII di Francia per tre volte avea perduto il castello, assalito e guadagnato dai genovesi senza 1 aiuto di verun Principe. Infine, dichiarava quanto altre volte aveva espresso, che, piuttosto di concorrere con questi mezzi ad un atto col quale si annullava la libertà della patria, avrebbe chiesto licenza dal servizio imperiale. Bensì esternava l’opinione, che volendo l’Impera-toi e rendersi maggiormente certo della devozione e dell’obbedienza dei genovesi, dovrebbe adottare un rimedio assai più efficace. E questo era d’approfittare delle prossime feste di Natale, pel qual tempo si rinnovavano le Magistratui e della Repubblica, onde proporre alla Signoria una ulteriore modificazione nella costituzione dello Stato, per cui il numero dei Procuratori si riducesse a quattro, ed a lui stesso fosse data facoltà d’intervenire nelle adunanze colla medesima autorità degli altri Procuratori. Così tacendo si potrebbe raggiungere lo scopo con maggiore 0) Ved. Docum. CXLIV, pag. 248. ( 593 ) facilità e minor pericolo, notando che quando l’erezione della fortezza venisse da S. M. Cesarea giudicata indispensabile, sarebbe molto più agevole averne il consentimento da un Governo di pochi. Ma il consiglio del D’Oria non andava a genio dei ministri di Cesare; i quali, avversando Andrea, vedevano con dispiacere come per questa via si accrescerebbe ancora quell’ autorità cui essi reputavano di già soverchia. Perciò osservavano che il rimedio era buono solamente durante la vita di lui; mentre in appresso si ricadrebbe nella presente condizione. Aggiungevano poi che un Governo ridotto in minor numero di persone, anche affezionate all’Imperatore, non dava veruna guarentigia d’essere idoneo a mantenere i genovesi nella devozione di S. M., imperocché non avrebbe forza sufficiente per impedire e reprimere le ribellioni eccitate dagli ambiziosi ed amici di novità, i quali in Genova erano assai numerosi. Però la decisione essendo rimandata ad altra conferenza, il principe Filippo volle che innanzi si cercasse d’indurre Adamo Centurione a convincere il D’Oria ; ma il Duca d’Alba che tenne con lui un colloquio, non lo trovò meno fermo e contrario del D’Oria medesimo; protestò anzi il Centurione che ove si deliberasse di usar la forza, egli lascierebbe la città per recarsi a vivere in qualche suo feudo. Ripigliava il Duca avere il D’Oria affermato il modo più certo d’assicurarsi della città essere quello che lo stesso Principe Reale ne assumesse il Governo; e dover riuscire invero la cosa ben facile. Ma assicurava il Centurione che egli non otterrebbe nè questo nè la fortezza; conciossiachè, sebbene a lui stasse male il dirlo, il D’Oria intendeva assai poco le condizioni di Genova, e non sapeva apprezzare gli umori dei cittadini, come quegli che avendo sempre ( 594 ) atteso alle cose di guerra aveva ad esso Adamo lasciata la cura delle civili. Cosi fallita ogni speranza d’accordi, il principe Filippo ordinò a Ferrante Gonzaga, al Duca d’Alba ed al Fi- -r gueroa d’esaminare nuovamente la pratica onde proporgli un qualche partito; ed eglino conclusero sempre dichiarandosi per la fortezza, ma rimandandone l’effettuazione al tempo, che riteneano assai prossimo, della morte del D’Oria. Fu del pari discusso se convenisse abbracciale il partito di ristringere il Governo; e ne usci concoide il voto di respingerlo, considerando che Andrea, giovandosi dell’autorità conferitagli dall’ Imperatore, avrebbe statuita una riforma in quel modo che più fosse tornato vantaggioso ai proprii interessi, ed avesse maggioi mente soddisfatto alla sua ambizione. Infine il n-sultato di tutto questo rimescolamento avrebbe con dotto unicamente ad accrescere in apparenza 1 autorità del D’Oria, ma effettivamente quella di Adamo Cen turione, il quale sotto l’ombra di Andrea stesso domi nava, ed universalmente si riteneva che aspirasse succedergli nella prevalenza. Indagando poscia se altro mezzo vi fosse per raggiungere 1 intento, il Gonzaga era di parere che siccome coloro ai quali 1 Impeiatore aveva conferita maggiore autorità in Genova si mo stravano contrarii alla fortezza, perciò si dovesse ri volgere ad altri dei primarii nobili conosciuti per a loro devozione a S. M., o per la palese o segieta ninn cizia con Andrea, affinchè propugnassero il progetto e inducessero la Signoria a deliberarlo. Al quale uopo no minava specialmente Antonio D’Oria, Agostino Spinola ed il cardinale Girolamo D’Oria ; e proponeva, per adescarli, di tenere ad ognun di loro un diverso linguaggio, giusta le opinioni e i desiderii ambiziosi, veri o supposti, ( 59S ) che in ognuno predominavano. Combatteva però la proposta il Duca cl’ Alba, il quale rammentando come S. M. avesse scritto al principe Filippo che le decisioni intorno le cose di Genova si dovessero prendere col consentimento del D’Oria, avvisava che Cesare non sarebbe punto per approvare le presenti. Onde avrebbero per unico effetto quello di disgustare il D’Oria e di irritare maggiormente i genovesi contro gli spagnuoli. Anche il Figueroa inchinava ai pensieri espressi dal Duca, e notava non potersi sperare che i nobili messi a parte di questa pratica la tenessero segreta. Inoltre operando di tal maniera, si scontenterebbe troppo Adamo Centurione ; il quale pigliandone dispetto grandissimo, avrebbe potuto giovarsi delle galee comandate da Marco suo figlio per provocare dei disordini. Anzi nell’esaltata sua fantasia, l’oratore cesareo, di già lo scorgeva allargarsi in mare, trattare col Re di Francia, e ricco del regio favore, rivolger le prore verso Genova, stringere d’assedio la città, provocarvi tumulti e trionfare degli avversarii. Nè il modo sarebbe nuovo, egli aggiungeva; perchè il Centurione lo avea di già messo in opera per discacciare il Trivulzio che, tenendo Genova pei francesi, lo aveva avuto in conto di amico fidatissimo. Cercava il Gonzaga di ribattere le sopradette obbiezioni; ma il suo avviso non prevalse, e si ritenne non doversi parlare ad alcuno del progetto della fortezza, se non dopo che si fossero ricevute le istruzioni dell’Imperatore. S. M. poi, prima d’effettuarlo, scrivesse al D’Oria per manifestargli l’irrevocabile sua decisione e la fiducia di non trovare in lui una ulteriore opposizione. Si proseguissero infine le trattative col Cardinale ed Antonio D’Oria, nonché con Agostino Spinola. \ J y lali lurono insomma i negoziati e gli intrighi ch’eb-heio luogo durante il soggiorno del principe Filippo in Genova. Il quale partiva quindi senza prendere una definitiva decisione. Non mancarono però il .Duca d’Alba, il Gonzaga ed il Figueroa di continuare i tentativi con Andrea, per ismuoverne le ripugnanze. Ma i loro aitifiziosi allettamenti respingeva sempre con animo vi-i ile il I rincipe più che ottuagenario. Egli insisteva sulle obbiezioni e sui rimedi altre volte proposti; che se poi 1 Imperatore avea deciso dJinsignorirsi di Genova, sì lo facesse apertamente, unendone lo Stato a quello di Milano, e dando al principe Filippo la investitura dell’uno e dell altro; gli interessi commerciali, che stringevano insieme genovesi e lombardi, avrebbero agevolata l’effettuazione di quest'atto; la Signoria, avvisando alla piopria debolezza, non opporrebbe resistenza; profitterebbe anzi di questa sua forzata docilità, per chiedere a Cesare alcune guarentigie concernenti alla amministrazione delle cose interne. La plebe infine lasciata a sè stessa, non potrebbe essere di serio ostacolo all annessione; ed a compierla il D’Oria affermava i nobili e sè stesso paratissimi. Oi questa proposta così francamente enunciata dal B Oria è per fermo assai notevole; imperocché l’unione degli Stati della Repubblica al Regno di Spagna non era desiderata o vagheggiata da chicchessia. Onde la imputazione di avere per tal guisa voluto, contro tutti i suoi precedenti, far di Genova una provincia"spagnuola, sarebbe tale da pesare gravemente sopra quel Grande. Però chi bene si addentri nel suo concetto, avviserà che il D Oria, coll’avanzare siffatta proposta doveva avere uno scopo segreto: quello di guadagnar tempo, e mandare ognor più per le lunghe la pratica della fortezza. ( 3y7 ) Di che ci fornisce una amplissima testimonianza il Gonzaga; il quale intorno a ciò scrivendo al principe Filippo, notava: essere stata questa « una spezie di parlare che egli (il D’,Oria) sempre ha usata per lo passato, quando, stretto dalle ragioni et dal debito suo, non ha-viendo risposta alcuna valida in contrario, ha voluto disbaratar questa pratica. Onde si può hormai far questa conclusione al sicuro, che il Principe D’Oria conosca quello che si propone esser salutare alla patria sua et al servigio di S. M. et de V. A., ma potere in lui, molto più che questa ragione, 1’ ambitione dell’ esser tenuto Padre de la Patria, et la persuasione et forza di coloro che lo governano, i quali pensando dapoi la morte di lui, di fare i fatti loro sotto l’ombra di S. M. et di V. A., si ingegnano divertirlo dal diritto camino (*) ». Dalla testimonianza non sospetta del Gonzaga sappiamo adunque, che il D’Oria usava di questo ripiego ogni qualvolta si trovava imbarazzato dalle esigenze del Governo spagnuolo, conoscendo anticipatamente che il disegno non verrebbe accettato dall’imperatore. Nè in ciò poteva ingannarsi; poiché eragli noto che Carlo V si tenea sicuro della devozione di Genova finché esso D- Oria fosse vivuto, e non potea dubitare che, salvo casi impreveduti, la Repubblica avrebbe proseguito a conservarsi nell’amicizia e nell’alleanza dell’impero, sì a cagione della propria debolezza, e sì per avere tutti i suoi interessi economici e finanziarii strettamente collegati a quelli delle provincie sottoposte al dominio di Cesare. E quanto alla fortezza, conosceva del pari che Carlo V, per timore dei tumulti e delle complicazioni, (') Ved. Docum. CXLIX, pag. 269. ( 398 ) ' • ^)C C0!^an ^niente ricusato di ordinarne la costru-< tic, se a questa fosse abbisognata la forza; essendo f , f° C 10 1 destare i mali umori degli altri Principi p / ad una ^e8’a cui sarebbonsi posti a capo il a, a epubblica di A enezia ed il Re di Francia, ina mente a me pare che Andrea D’Oria mettendo ìanzi una tal proposizione, si dimostrasse un avveduto ico. m pei ciocché se Carlo V la rigettava, egli fa-C6Vasi un ferito d’aver avuto maggior affetto all’in-. ed a^a ©l°r]a di S. M. che alla conservazione' dat 3 1 61 Genova, quantunque da lui stesso fon-^ a’ c se ^ aPProvava, davvero che l’aggregazione di nova a Milano non mancava di buoni argomenti a guarirla di non poca utilità alla Repubblica. II D’Oria in fitti poteva di già considerare l’assoluta nullità po-1 ica alla quale essa era ridotta; mentre Genova pei suoi es eM commerci, per le ricchezze de’suoi cittadini, per la e icl sua giacitura, sarebbe probabilmente divenuta la se e del I rincipe che avesse avuta la investitura dei Lue Stati; così l’aumento della propria floridezza I’a-'ie j1)l compensata della perduta autonomia. Infine tutto questo movimento avrebbe potuto dare per risultato i efinitìvo il principio e come il nucleo di un forte Stato, 1 quale traducendo in atto l’ardito concetto di Nicolò * favelli, libererebbe l’Italia dai barbari. - è il D Oria s’ingannava; conciossiachè l’imperatore, • ice\ute le relazioni delle trattative succennate, non approvò le proposte de’suoi ministri. Bensì ad effettuare i proprii disegni stimò prudente il temporeggiare, - 1 attenderò una occasione favorevole: quella stessa •ella morte d’Andrea. Allora le divisioni che sarebbero sorte fra -i nobili contendentisi l’autorità del Principe, le discordie cittadine che, sopite ma non estinte, si ( 399 ) provocherebbero accortamente col mezzo di agenti segreti, non solo avrebbero per conseguenza la cessazione . d’ogni ostacolo all'innalzamento della fortezza, ma favorirebbero in tutto la sottomissione dei genovesi al dominio diretto di Cesare; a ciò consigliandoli la speranza che ei li difenderebbe dalle insidie del Re Cristianissimo e dalle turbolenze interne, e guarentirebbe loro quella sicurezza di amministrazione che vano era sperare dal patrio Governo. Scendendo ora ad esaminare alcune altre particolarità le quali ci son fatte note dai Documenti di Simancas, noi rileviamo dai negoziati del Grimaldi, come la Legge del 1547 non debba altrimenti ascriversi (secondochè finora fu supposto) all’ambizione ed allo spirito vendicativo del D’Oria, od ai provvedimenti che sogliono tener dietro alle compresse insurrezioni popolari ; ma al contrario sia essa stata un ottimo trovato dello stesso Andrea, per impedire l’erezione della fortezza e conservare alla Repubblica la ricuperata libertà. Nè poco monta eziandio l’apprenderef^)me altro non fosse che una finzione del Gonzaga, messa innanzi per impaurire il D’Oria, quella dei cento nobili, i quali avrebbero promesso di soscrivere una supplica all’Imperatore per pregarlo dell’ erezione precitata. Si aggiungano varii ragguagli concernenti le cospirazioni ordite dagli agenti francesi d’accordo co’Fieschi sopravvivuti a Gian Luigi ed a Girolamo, nonché con Giulio Cibo, e terminate col supplizio di Ottaviano Zino in Genova e del Cibo stesso in Milano. Molte cose possono pure osservarsi con l’opportunità di questi Documenti circa la condizione della Repubblica, ed a conferma di quella descrizione che ne lasciava il ( 400 ) celebre statista Donato Gianotti con queste parole: « Lo Stato che al presente regge Genova (queto certamente e pacifico), si mantiene e conserva più per riputazione del Signore Andrea, che ve lo ha introdotto, che per altra cagione; tal che mancata l’autorità di «indi uomo dabbene, avria difficoltà non piccola a con-sci \ait>i, se già prima non si sarà provveduto con le leggi e le ordinazioni di sorte che ogni cagione d’intrinseca alterazione sia rimossa (') ». Ma la longevità del * Olia corroborò per buona fortuna ancora questo stato medesimo, cosi che sotto i di lui auspicii la Signoria acquistò e potò godere dei benefici effetti prodotti dalla del 1547. La decadenza della Monarchia spagnuola,. a quale impedì a Filippo II ed ai suoi successori di riprenda e gli ambiziosi disegni di Carlo V, vi pose quindi suggello. Che se la Repubblica debole ed inerme, con uno scaiso tesoro ed un territorio sterile e poverissimo, tranne la Metropoli, i cui cittadini si erano arrichiti colla industria e coi traffici, non potè liberarsi da ogni patronato di ^Pagna, all’interno però godeva di una condizione ma mestamente assai miglior^di quella delle altre provincie italiane interamente soggette a que’ Principi; mentre colle Leogi dell Unione possedeva un Governo basato sovra istituzioni molto più larghe di quante ne potesse mai tol lerare il dispotismo dei Sovrani arbitri in allora dei destini d Europa. Bensì tal ventura veniva alquanto smi nuita dai vizi che intaccavano le suddette Leggi? e che la riforma prementovata del 1547 aveva pur fasciati sussistere; sicché non furono soppresse le fazioni nobile e popolare, precipua sorgente delle discordie rinnovate quindi nel 1575. 0 Ved. Gianotti n- ’ Dl*ono a Paolo III, g v, ( 401 ) Ad accrescere inoltre la debolezza della Repubblica in questo periodo di tempo si devono aggiungere eziandio due circostanze rilevantissime,e che io direi uniche nella Storia delle Costituzioni. E prima il Banco di San Giorgio , mantenuto colle Leggi del 1528 ed accresciuto d’ autorità con quella del 1547; il quale se deve lodarsi pei servigi resi alla Repubblica, è da considerare piuttosto come un’ istituzione politica che finanziaria. Imperocché se per mezzo delle Compere, dei moltiplichi e simili accumulava le ricchezze dei particolari e favoriva il commercio ; per lo contrario i privilegi ed i monopolii di cui era investito, l’amministrazione delle gabelle, il mero e misto imperio sopra le colonie d’Oriente, sulla Corsica e su parecchie terre delle riviere liguri, lo costituivano uno Stato nello Stato. Ofa se una Società di commercio indipendente e sovrana sarebbe un difetto nel Governo di qualsiasi nazione grande e potente, non vi ha poi dubbio che sarebbe una mostruosità intollerabile, qualora (siccome accadeva in Genova) lo Stato fosse meno ricco e meno potente di essa. Difatti l’erario della Repubblica neppur bastando alle spese ordinarie, continuo era il ricorrere della medesima al Banco ; il quale, pur concedendo, imponea condizioni più o meno onerose; e faceasi per tal guisa una delle principali cause della decadenza di Genova. Conciossiachè quando Governo e Popolo avrebbero desiderato statuire leggi migliori, con esse rendersi forti ed indipendenti da ogni estranea ingerenza, e costituire un’amministrazione la quale meglio compartendo gli aggravii tra i cittadini acquistasse al paese una maggiore floridezza, il Banco lo impedì col mezzo de’suoi interessati, la miglior parte dei quali aveva pur mano e pesava nelle decisioni governative. Esso mirava sopra tutto a conservare quelli che ( m ) costituivano i suoi diritti; e talvolta giunse perfino ad imporre alla Repubblica delle transazioni contrarie alla dignità di quest’ultima. La seconda poi delle circostanze sovra citate è la strana • anomalia che la potenza di Andrea D’Oria ci presenta nella Repubblica, in virtù della sua duplice qualità di sindicatore perpetuo e di ammiraglio di Spagna. L’autorità infatti che raccoglieva nelle proprie mani era immensa, ed avrebbe potuto riuscir fatale ai genovesi, se la carità di patria non l’avesse rivolta a loro beneficio nel modo che sopra abbiam detto. Però la carica d’ammiraglio continuata nei D’Oria dopo di Andrea produsse, come 11011 si poteva dubitarne, varii tristi effetti, e tra gli nitri il seguente, il quale benché meno avvertito dai liguri scrittori è, a mio avviso, notabile come una delle principali cause per cui sempre più rapidamente decadde il nostro commercio marittimo. Imperocché cosi Andrea come Gian Andrea D’Oria tenendo nel nostro porto l’armata spagnuola, condussero, benché involontariamente, la Repubblica a non curarsi d’avere un naviglio proprio e bastevole; mentre, quando più tardi volle apportarvi rimedio, le Corti di Spagna e di Francia glielo vietarono, come rispetto a quest’ultima se n’ebbe dolorosissima prova nel 1683. Luigi XIV ne tolse infatti pretesto per dichiararle la guerra e bombardare la città. PITTRICE E RICAMATRICE LETTERA DEL SOCIO FEDERIGO ALIZERI AL- P. VINCENZO FORTUNATO MARCHESE Chiarissimo e Rev.mo Padre Ricercando, come faccio di frequente, ne’ vostri aurei volumi degli artefici Domenicani, mi venne l’occhio ad una breve postilla, che pure è quel tanto che nella materia per Voi trattata si rapporti alla nostra Genova. Come in quel nulla di parole stimai conveniente di aggiungere alcuna cosa in benefizio della patria che abbiamo comune, cosi mi pare assai buona occasione d’intrattenermi un tal poco in iscritto con Voi: dal quale, non lieto di salute si come d’ingegno, allontanano me le troppe cure della vita e del pubblico insegnamento. Che alle notizie da Voi pubblicate si possa recar sillaba di soprappiìi egli è pure il gran fatto, essendo eguale in quelle pagine la bontà dello storico alla eleganza dello scrittore; ma se alcun fallo dovean farvi i libri e le carte addietro, non è meraviglia che la mala ventura incogliesse a noi soli. Certamente nel trarre in mezzo, siccome faceste, la memoria diTommasina Fieschi, ( 406 ) non vuol mettersi in conto vostro fuorché il pensiero gentile: che di ciò che ne avete taciuto s’ha a dar carico alla fortuna. Ad emendare la quale, che tanto ha potuto a disperdere le memorie delle nostre arti, sarà gran fatica di mesi e d’anni; e non tanto in ricercare quel ch’ella ha sepolto, come in disdire o correggere quel falso che ha posto in sulla bocca di scrittori negligenti od inetti. Or io mettendo un tal più di luce sul nome di Suor Tommasina, crederò di venirvi innanzi non afFatto sgradito; cos'i son certo che vi debba piacere se al nome di tanti illustri del vostro Ordine si mescoli il nome d una Genovese, gentildonna, anzi santa per dir più. giusto. E so che mi porgerete a stringere la mano si to^to coni’io contraddica incisamente alla vostra postilla, assicurandovi che della vostra Religiosa non pur sussiste un dipinto, ma ch’io l’ho tocco con mano, e considerato per modo da poter velo descrivere minutamente. 1-con questo mi sciorrei del mio debito; ma quanti toccarono per iscritto della nostra pittrice, se ne passarono cosi leggermente, che innanzi al parlare dell opera mi conviene arrestarmi alcun po’ sulla vita. Vero è che Raffaele Soprani ne trattò in un libei colo eh’è fatto rarissimo, e del quale non ebbero forse contezza taluni che di Suor Tommasina mostra# conoscete poco più in là del nome. Che diremo del Ratti, il quale ristampando o meglio raffazzonando le \ ite di Raffaele, se ne spedisce con una chiosa non saprei se più coita o più vana? Ma il Soprani medesimo, parte per inscienza delle cose passate assai comune agli scrittori dell arte, e parte per aggrandire oltre il credibile i meriti della pittrice, trascorse a si fatti giudizi, che quell’opuscolo spira più tosto affezione di panegirista che prudenza di ( 407 ) critico. Nò in tutti i particolari della costei vita è meritevole che gli si creda, come ad esempio là dove rassegna la pia Donna nel monistero di S. Silvestro, e le indossa l’abito domenicano al primo ridursi eh’ ella fece nel chiostro : nel quale errore tutti quanti gli scrittori gli tennero dietro. Tenerissima come sorella della Cat-tarinetta Fieschi Adorno, e come si crede a lei congiunta di sangue, a conforto di lei si condusse a vestirsi monaca, non già tra le Suore di S. Silvestro, ma di S. M. delle Grazie dell’ Osservanza di S. Agostino. Quivi la scopro per molti e molti atti autentici, dall’ epoca nella quale fatta vedova probabilmente si rese al velo, fino all’anno del 1490, quando i rogiti del notaro Duracino la registrano fra le Sorores S. Mariae Gratiarum sotto il priorato di Pietra Scota. Nè d’altra Regola par che fosse l’attiguo monastero del Corpo di Cristo novellamente istituito, nè l’altro di contro, chiamato allora delle Povere di S. Silvestro, indi di S. Mi in Passione, nè quello pure de’ SS. Giacomo e Filippo nelle contrade dell’ Acquasola, dov’ ella si trasmutò con più altre a cagione di riforma e dove indossò la cocolla di S. Domenico. Nel 1497 restavano in quest’ ultimo convento non più che cinque Sorelle: Cattarinetta Negrone, Moisetta Calvi, Tommasina Squarciaflco, Geronima Italiana e Nicolosina Doria. Ilo detto restavano, e non ben propriamente; perchè senza clausura, ed anzi con proprie abitazioni per la città, dissolute e licenziose, già da gran tempo le monache si porgevano a scandalo de’ popoli, e duravano contra le ammonizioni e da ultimo • contra le minacce cosi de’ magistrati come anche dell’Arcivescovo. Tantoché il Pontefice Alessandro \ I raccolta ogni autorità nel P. Gioachino Tornano Priore di fe. M. Atti Soc. Lio. St. Patria, Voi. Vili. Fase. II. 28 ( 408 ) di Castello, ordinò che fatta licenza a quante ricusassero più stretta disciplina, il Monastero nuovo (così il dicevano) dell’Àcquasola si ristorasse d’alquante Suore di specchiata pietà, trascelte d’altri chiostri, e come è credibile d’un ordine stesso. La bolla è segnata del 27 aprile, e ai 1-1 del luglio le dodici elette, con a capo la priora Clemenza Doria sedevano a capitolo nella nuova dimora. I lor nomi son notati nelle pubbliche scritture in quest’ordine: Lucchesia Lomellina, Chiara Centuriona, Limbania di Carbonara, Angeletta de Mari, Bernarda Rezia, Geronima Cattanea, Dominica Italiana, Michelina Passana, Margherita Spinola, Tommasina del Fiesco, Agata di Galleano e Siinona di Guarco. Ecco pertanto la Tommasina con indosso le lane e nell’animo le discipline de’ PP. Predicatori, dalla età d’anni 49 infino agli 86 nella nuova famiglia, che fecondata di singolari virtù brevemente crebbe e moltiplicò non meno di santità che di numero. In queste stanze moriva ella in odore di santa non sappiamo in qual giorno del 1534. Per volgere d’ atti e di libri non veggo eh’ ella reggesse mai dignità od uffizio veruno tra le Sorelle. Quant’ ozio le consentissero le frequenti preghiere e i ministeri di carità de’ quali fu osservantissima, io raffiguro nella cella da monaca quale il Soprani la descrive fanciulla nella casa paterna. Gentile di sangue e svegliata d’ingegno, avea coltivata l’adolescenza negli studi più confacenti a nobile donzella; ma più ch’altro -in miniare e in tratteggiar di ricamo. Avea pure non so qual abito alle speculazioni teologiche ed alla ascetica, contratto forse dai libri di quella età e dall’esempio-di due congiunte, la' Battista Vernazza e la Serafina de’Fieschi. Queste sue consuetudini trapiantò nella vita ( 409 ) monastica, e in entrambi i chiostri lasciò alcun ricordo de’suoi lavori, o meglio delle celesti ispirazioni che nelle ore della sua solitudine per lei riflettevano su pergamene dipinte o su veli trapunti o su pagine scritte. De’ suoi volumi, che mai non videro luce, due soli vennero a nostra notizia per titolo certo ; l’uno ch’ella dettava sopra Dionisio 1’Areopagita, l’altro sull’Apocalissi di S. Giovanni. E questi con altri trattatelli di simil ragione parvero degni d’aver luogo nella biblioteca di S. Domenico, d’onde dileguarono per volgere di secoli, e l’Apocalissi andò in dono al cardinale Firenzuola dell’ordine domenicano e matematico insigne. E come de’suoi pennelli, cosi parea disperatoli trovar reliquie della sua penna: finché il cav. Desimoni, nostro amico comune, e quanto sapete amantissimo delle liguri antichità, non m’ebbe avvisato d’un codice per lui scoperto, fedel copia d’un autografo della Fieschi come accenna il titolo, e segnato del 4 aprile 1558. Della materia del libro, come altresì della forma, riseppi alcun poco dalla bocca di lui, come ad esempio che i primi fogli tolgono argomento dalla carità e muovono sul testo di S. Paolo ai Corinzi, che i concetti trasmodano in sottigliezze , e lo stile non è colto abbastanza. Ma sarebbe desiderabile che il dotto uomo ne prendesse debito col pubblico; il quale (comunque sia per riuscire il giudizio riguardo all’autrice) avrà sempre grazie a chi ristori la memoria d’una gentile con qualche esempio sfuggito alle rapine del tempo. La qual cosa intendo di fare a mia volta, Rev.m0 Padre, per le parti della pittrice: e senza incorrere nella sventura di Raffaele Soprani, a cui non parve poter lodare la Tommasina senza nuocere al decoro dell’arte ligustica. ( 410 ) Imperocché ad amplificare il valore della santa Donna, e quasi a mostrarla più che donna e più che mortale nell’esercizio dell’arte, non dubitò d’asserire che ni uno di quanti operavano in Genova, pittori dozzinali e non nostri, potè farsele maestro al dipingere: di tanto li avanza (a parer suo) per virtù di pensieri e per eccellenza di magistero. Nè a tanto si rimane il dabben patrizio; ma quasi satireggiando prosegue che le tavole di cotesti mediocri si vedevano a’ suoi tempi per la città sotto nome di Luca, di Vincenzo, di Carlo o di chi so io. Oh cosi fosse piaciuto alla nostra fortuna che sì fatti dipinti giungessero ai giorni presenti, e non più tosto perissero al rimutarsi del gusto o passassero i monti a vii prezzo. Ora sarà pure per noi la dura faccenda a dissotterrarne la memoria dalle antiche scritture, e fare ammenda di quella ingiuria che per torto giudizio o per negligenza non perdonabile ha recato al nostro paese. Io non so se dal caso o da suo proposito, i tre nomi eh’ egli cita a dileggio paiono accennare a maestri di grandissima vaglia, ciascun de’ quali, se non nell’età più novella, certo nella vita matronale potè darsi per precettore ed esempio alla Fieschi. Quel Carlo da Milano che fu aiuto al Mantegna, e Luca da Novara, e Vincenzo da Brescia videro Genova assai per tempo, e i due primi vi tolsero stanza, ed è verosimile che vi finissero i giorni. Gran mercè che Raffaele Soprani non tirasse di morso a quel gentile pittore che fu pur allora fra noi Giovanni Mazone d’Alessandria, al quale (se valessero le congetture) vorrei dare di preferenza l’aver rètta costei, od iniziata almeno, nel delicato lavorìo del dipingere. Conciossiachè nella nostra terra si recò giovanissimo, e facilmente vi tenne il campo, e ciò che più importa, non veggo a qual’altra soavità di pittore con- ( 411 ) temporaneo somigli pili davvicino quel tanto che mi fu dato vedere della vostra Domenicana. Ma perch’ io venga più strettamente al proposito , due lavori di Suor Tommasina ricorda con più affetto il Soprani, l’un di ricamo e l’un di pennello; e ben credo che desse in fallo ponendoli entrambi nel monistero di S. Silvestro ov’ ella non ebbe mai stanza. Era il primo un’ istoria del Redentore contesta sopra zendado finissimo di chermisino, o meglio una quasi visione di Gesù, dalle cui mani gli Apostoli ginocchione stavano in atto di ricevere il pane eucaristico. Direi che con tale soggetto alludesse al titolo del Corpo di Cristo attribuito alla prossima chiesa: e sappiamo dal suo biografo che le Suore (quali che fossero) soleano guardarlo come prezioso tesoro nel loro capitolo e continuamente tenerlo in sugli occhi per cagion d’adorarlo. « È l’altro (son sue parole) una devotissima imagine d’un Cristo coronato di spine, intorno al quale effigiati sono i più principali segni ossia misteri della sua santissima Passione, ed è il lavoro fatto di pennello in carta pecorina sopra d’ una tavola dietro la quale fu scritto come in appresso, cioè: Manibus depicta admodum lì. M. S. To-masiae de F lis co, quae in anno Domini '1534 aetatis suae 86 requievit ». Non so per qual nuovo umore io mi fossi pur fitto nel capo che il devoto quadretto, quando mai fosse vivo, dovesse annidarsi là ove Tommasina si chiuse dapprima : se già non era l’argomento medesimo della pittura che sembra rispondere al titolo come il ricamo a quell’altro che ho scritto. Mettendovi poscia anche un poco della ragione, non mi pensava di dare in tutto nel falso, considerando che le Povere di S. Silvestro, le quali si chiamarono più tardi col nome suddetto, fin dal 1464 ( 412 ) avean preso l’abito lateranense, e s’eran fatte così cTuna Regola col Corpo di Cristo e con N. D. di Grazia dove la nostra pittrice avea fatto rifiuto del mondo. Brevemente , feci chiedere del quadro, e l’ebbi indi a poco sott’ occhio per un tratto di cortesia che avanzò i desideri. Non accade l’aggiungere che visto appena lo riconobbi per quel desso eh’ io avea letto nel libro, vuoi pel tema rappresentato, o vuoi per l’età che mostrava il dipinto o vuoi spezialmente per un cartoncino raccomandato alla tavola con esso le testuali parole che ho ritratte di sopra. E tanto potè forse bastare al Soprani, che non discosto quanto noi siamo dal costei secolo, nè forse egualmente pauroso di perdere ogni vestigio del suo ingegno pittorico, potea starsi contento a notare il soggetto e le non dubbie testimonianze di chi l’avea colorito. Ma noi che contra ogni speranza risalutiamo questa cara operetta, non siamo per appagarci sì presto: prima perchè a cosa smarrita si fa miglior viso quando c’incontri di riaverla, e perchè a ragionarne meno brevemente par quasi che scemino gli argomenti del perderla un’ altra volta. Dirovvi adunque che la preziosa pergamena, distesa per quanto è grande in sull’asse, sorge per un tre palmi e finisce in cimasa triangolare; e fin dove non trova gli spigoli è largamente occupata dalla figura di Cristo paziente in atto di rizzarsi metà dal sepolcro: e campeggiano dai lati e da tergo la lancia e la canna e la Croce, strumenti del suo martirio. Il largo della tavola non tocca per avventura ai due palmi: angustissimo spazio a quel molto che la pia Suora (così direste al vedere) santamente smaniava di figurarvi. E quivi mi fu forza meditare il come ed il quanto sia sempre in- ( 413 ) gegnoso lo spirito della pietà ; conciossiachè in quel nonnulla del campo venne fatto alla Tommasina di comporre, o se volete di simboleggiare, quanto non saprebbe in capace tela il più destro inventore. Pochi segni (cosi dovette argomentare la Fieschi) deono bastare a chi intende nella Passione di Cristo, per quella guisa che le reticenze in chi parla od iscrive han virtù sovra animi ben disposti assai più che linguaggio disteso. Or ella nell’apice, o timpano come si direbbe della pittura, con due ceffi da manigoldo e con un volto tutto amore e serenità significò la cattura del Figliuolo di Dio, e con sì vive espressioni, che ciò che manca delle figure, non che faccia difetto, ma quasi noi vorresti a turbare la virtù di que’ volti. Così su’ due fianchi dell’ Eccehorao vedi facce che ghignano e mani che percuotono; e di rincontro un gallo che canta e due mani che contano denaro ti danno lo spergiuro di Pietro e il tradimento di Giuda. E per simile industria ti paiono al basso la ferita di Malco e l’ancella di Pilato, e fra l’una e l’altra istoria altri arnesi ed altri allusivi della Passione. Ma vince ogni mia parola quel ch’ella ha potuto nelle sembianze del Cristo ; così sofferenti dal lungo supplizio, così atteggiate d’umiltà, e ad un tempo così divine, eh’ io non so quale affetto prevalga al primo fissarvi degli occhi, dalla compassione all’amore, o da questo alla riverenza. Ai quali effetti Voi sapete troppo meglio di me quanto pronti movessero gli artefici del Quattro-cento , e per modo singolarissimo il vostro Angelico ; il quale metterei pegno che a mirare questo volto e questi atti non vorrebbe sdegnarli per suoi. E poiché mi venne toccato de’ quattrocentisti, che è come a dire dell’aurea età, non so tacere d’un mio giudizio, che cioè questa imagine si voglia recare a quel ( m ) secolo, contuttoché la pittrice corresse cogli anni a buon tratto del successivo. Basterebbe attendere al dove si trovi la tavolina, dacché la pia Donna non si trasse da quelle contrade e da quella Regola innanzi al tramontare del secolo. Se non che lo stile cel grida più alto, non ancor tinto di quel non so quale artifizio che piacque di poi, tutto improntato per contrario di quella castità nei contorni che i male accorti chiamano talvolta durezza ma i savi modestia. Che se il Soprani potè metterla a cielo per sì fatto dipingere, pur biasimando ciascun coetaneo, non è da stupirne per uomo di cosi incerto giudizio. Ben si può in ciascuna epoca della pittura (non pure in questa) discernere il diligente dallo stentato e l’avveduto dal timido; e quant’ è della Fieschi, o m’ingannano gli occhi, o vi scopro una certa fermezza non comune al suo sesso e che accenna a discipline severe. Del colore non ardisco dir molto, dacché la tempera ha un tratto ceduto agli anni ; ma il piacer tuttavia e innamorare di sè chi riguarda mentre avanza un non so che del dipinto, è privilegio di queste tavole ove ogni dottrina è da cercar nelle linee ed ogni virtù negli affetti. Laonde a me pare che la fortuna abbia fatto gran torto alla nostra pittrice involandoci ogni altro lavoro, e invidiosamente sottraendo pur questo alla lode di parecchie generazioni. Di che nondimeno saprei darmi alcun po’ di pace se non le avesse almen tolto di trovar luogo degno ne’ vostri volumi, accanto alla Nelli e al Beato da Fiesole, che dalla vostra penna uscirono tanto giustamente glorificati così per santità di costumi come per finezza d’ingegno. Ma voglio quietarmi in questo, che il rimedio non è disperato mentre vi regge la vita a quel soavissimo stile che par nato fatto a cotali uffizi. ( 415 ) E però quel che ho scritto cosi alla grossa, e fors’anche con fastidiosa lunghezza, fate conto che sia un invitarvi, od anzi uno spingervi, o se volete un importunarvi ad un’ opera cosi meritoria. Genova: il dì di S. Vincenzo del 1871. Tutto Vostro F. ALIZERI. N. B. L’autore di questa lettera e la Società Ligure si protestano gratissimi al benemerito socio avv. Pier Costantino Remondini, iì quale con varii esperimenti fotografici liberalmente concorse ad agevolare la riproduzione del dipinto della Fieschi nella tavola che fa capo e soggetto al presente scritto. Nè vogliono lasciare senza encomio il valente disegnatore sig. Alessandro Rossi, che l’ha eseguito con egual perizia ed amore. MEDAGLIE DEI LIGURI E DELLA LIGURIA DESCRITTE DAL SOCIO m- GAETANO AVIGNONE Parecchie medaglie da me adunate ed altre vedute in alcuni Gabinetti o cercate in opere di numismatica, mi hanno invogliato a tessere il Catalogo che io presento, e che nel suo complesso panni possa giovare di illustrazione a molti punti della storia ligustica. Cosi, per esempio, la memoria di un qualche avvenimento risulterà meglio affermata da alcuna di queste medaglie; e d’altra parte in molte di esse troveremo le imagini di grandi o benemeriti cittadini, le quali riuscirebbe senza frutto il chiedere altrove. La storia metallica della Liguria non essendo mai stata trattata da alcuno, maggiori si fecero per me le difficoltà inerenti al lavoro; onde è che, sebbene non abbia perdonato a fatiche o trascurate indagini, io pel primo concedo che non avrò veduto il tutto. Ma perciò appunto sarò grato a quanti si compiaceranno fornirmi contezza delle cose da me sinora ignorate. La presente descrizione offre le singole medaglie disposte nell’ordine cronologico, ed è distribuita in sei ( 420 ) classi. La prima comprende i Pontefici: sant’Eutichiano, Innocenzo IV, Adriano V, ecc.; ma siccome ai tempi loro non si coniavano medaglie, cosi si capisce che quelle che se ne hanno appartengono ad epoche posteriori. Cominciò bensì l’uso delle medesime sotto Martino V (1417-1431), e però quelle di Nicolò V (1447-1455), quanto è dei liguri, ci presentano le prime sincrone. Rispetto a Sisto IV, ne ho ammessa una molto grafide in oro, benché alcuni la considerino invece come moneta. Però l’epoca del Giubilèo cui essa riguarda (1475), nonché il suo diametro e peso, mi fanno sostenere insieme col Kòhlers e col Begero la contraria opinione. Alcune poi fra le adunate da me in questa classe, rimaneano tuttora inedite; e fra queste una è di Giulio II col motto Nollo morteti (sic) pecatoris. Nè è privo di importanza il decreto del 1512, che si troverà registrato a suo luogo, con cui la Repubblica Genovese concedeva che in onore dello stesso Pontefice potessero battersi cento medaglie del valore di dieci ducati ciascuna. Nella seconda classe stanno i cardinali, gli arcivescovi, i vescovi, i generali di Ordini religiosi, e con essi tutti gli ecclesiastici; e tra le medaglie che vi sono comprese la più antica è quella di Giuliano Della Rovere. Jacopo Tipozio, nei Symbola varia diversorum Principimi Sacrosanctae Ecclesiae, ci offre poi non poche imprese di liguri cardinali da lui divisate; ed io le ho notate, non già perchè intenda che tutte sieno state effettivamente battute, ma perchè ciò potrebbe benissimo essersi verificato per qualcuna; e perchè d’altronde hanno colle vere medaglie somiglianza grandissima. La terza classe concerne agli uomini illustri ; e vi si incontreranno lavori d’insigni maestri, alcuni dei quali genovesi. Cosi ad esempio la più antica medaglia, che è ( 421 ) quella di Cosma Scaglia, il quale fiorì dal 1426 al 1447, è opera di Battista Elia da Genova non prima conosciuto. Quanto a quelle di Cristoforo Colombo debbo avvertire che due ne tolsi dall’ Elogio che ne fu stampato in Parma nel 1781, e dal Bossi nella Vita dell’ Insigne Scopritore pubblicata in Milano nel 1818. Egualmente desunsi quella di Vincenzo Pinelli dall’ incisione che se ne ha sotto il ritratto del medesimo nella Vita scrittane dal Gualdo ; ma credo che di esse tutte debba eziandio esistere l’originale in metallo, benché a me non sia mai venuto fatto di rinvenirlo. E valga la stessa avvertenza a proposito di Giambattista Zucchetta, la cui medaglia ho rilevata dal frontispizio della sua Arimmetica edita in Brescia nel 1600. La quarta classe comprende le donne; e fra esse è di età più remota quella di Teodorina Cibo-Usodimare, madre di Peretta che fu poi moglie di Andrea D’Oria, e della quale abbiamo pur la medaglia. Seguono Virginia Di Negro o De’ Negri (De Nigris), onde non mi riuscì trovare alcuna notizia, Isabella Negrone il cui ritratto forma il rovescio alla medaglia di Antonio Maria Bra-celli suo marito, e più altre con esse. La quinta abbraccia le medaglie allusive a fatti storici ; e comincia da due di Filippo III e Carlo VI di Francia, per le quali sarà opportuno consultare La France me-tallique del De Bje. Vi si troverà pure un medaglione del Pisanello, dove Filippo Maria Visconti ha titolo di Genuae Dominus ; ed un altro di Lodovico il Moro esprimente l’ingresso del medesimo in Genova. Gli Annali e gli Archivi poi ci hanno serbata memoria di medaglie collocate nelle fondamenta della fortezza dello Sperone (1536), del castello di Gavi (1538), dei baluardi di Porta d’Arco (1539), e dell’Albergo dei poveri (1657) nella nostra città. Infine il pregevolissimo medaglione che rara- ( 422 ) menta la costruzione della cerchia murale del 1026, ed è or posseduto dal distinto raccoglitore sig. Luigi Franchini, fu già argomento ad una monografia dell’Olivieri. Ho pur comprese in questa classe una medaglia di Gregorio XIII del 1575, rispetto a cui son da vedere il Luchio ed il Venuti, nonché quelle del cardinale Morone, per la parte grandissima che ebbero entrambi nel comporre le dissidenze de’ nobili dei due Portici; e finalmente vi ho ammesso Pasquale de’Paoli, perchè le gesta di lui si riferiscono ai tempi a ne’ quali la'Corsica si trovava ancora sotto il dominio dei genovesi. Fra le medaglie desunte da libri, ma non vedute da me, sono da notare quella che si ha nel Journal de ce qui s* est passé à Genes et dans son territoire ecc. nel 1747, e le altre di Giambattista Sasso e della fortezza di San'Remo descritte dal Rossi nella Storia di questa città. Nella sesta classe in ultimo ho adunato, come in una Miscellanea, quanto si riferisce a premiazioni, Accademie, Collegi, Esposizioni, Società ed Istituti diversi, Fiere, ecc. Rimane ora da avvertire che in questo Catalogo la Liguria viene considerata ne’ suoi più ampii e naturali confini dal Varo alla Magra; e che alla descrizione di ciascuna medaglia seguirà l’indicazione del Gabinetto o del proprietario presso cui si conserva, e degli autori che ne trattano o la riportano. Per facilitare poi le ricerche ed i confronti, si avrà cura di concludere colla Nota delle opere clic nel corso del lavoro si saranno venute citando, e con due Tavole alfabetiche de’ soggetti e delle leggende espresse nelle medaglie medesime. Ma qui non deporrò la penna, senza professarmi gratissimo all’egregio sig. cornili. Domenico Promis, dalla cui squisita cortesia ripeto la descrizione di quante medaglie ( 423 ) liguri serba il Gabinetto della R. Biblioteca di Torino, onde egli è si benemerito Conservatore, al già lodato sig. Franchini e ad altri parecchi possessori di tali ci-melii ; nonché ai signori cav. avv. Cornelio Desimoni e cav. L. T. Belgrano, i quali mi consigliarono ed incoraggiarono alla presente pubblicazione, ed a tale uopo mi furono larghi di molte notizie. Genova, giugno 1872. Atti Sog. Lio. St. Patria, Voi. Vili, Fase. 11. 29 _J DESCRIZIONE DELLE MEDAGLIE CLASSE PRIMA SOMMI PONTEFICI . I. S. EUTICHIANO. Nato a Luni, ed eletto Papa nel 275. Visse nel Pontificato anni otto, mesi 6, giorni 4; e fu martirizzato sotto Numeriano imperatore il dì 8 dicembre 2S3. 1. Medaglia di bronzo. 1). Busto a sinistra del riguardante, capo scoperto. EVTICHIANVS • I • PON. E- Le chiavi. VINCVNT • INDEBELLATV • RA. Diametro: Millimetri 39. Raccolta Avignone. ( 426 ) II. INNOCENZO IV. Sinibaldo Fieschi dei Conti di Lavagna. Eletto Papa nel 1343, « scrisse alla Repubblica di Genova della promozione sua lettere piene di sapienza e di amore; della qual cosa la città restò molto allegra e contenta » ('). Mori nel 1254. 2. Med. rame. D. Busto a dritta, con triregno. INNOCENTIVS • HIT ■ PONT • MAX. R. Le chiavi, il triregno e lo scudo vuoto. D. M. il. Raccolta Avignone. 3. Med. rame. D. Busto. IN'NOC • mi • PONT • MA. Catalog der Kunstsammlung des Freihenn Cari Rolas du Rosey, pag- 112. 4. Med. bronzo D. Busto-a dritta. INNOCENTIVS • HII • PONT • MAX. R. Il busto di san Pietro, e le chiavi. CLAVES • REGNI • CELORVM • S • PETRVS. D. M. 41. Raccolta Avignone. C) Giustiniani, Annali, I. 392. ( 427 ) 5. Med. rame. D. Busto a dritta; e sotto H, forse iniziale dell’incisore Hamerano. INNOCENT • IV • PONT • MAX. R. Nel campo: NATVS GENV ('). Indi a poco egli chiese pertanto al Consiglio degli Anziani che si dovessero coniar monete collo stemma di (') Giustiniani, Annali, II, 649. ( 434 ) sua casa; e ne ottenne in data del 1.° dicembre il decreto che qui riferiamo per la parte che concerne la proposta di battere eziandio cento medaglie collo stemma Della Rovere in onore del Papa, ed in omaggio a Mattia Langio vescovo di Gurck e vicario imperiale, cui Giulio II aveva innalzato alla porpora. Il decreto si legge nel codice Diversorum del cancelliere Nicolò di Brignale per gli anni 1511-13 (*), ed è così concepito: Illustris et excelsus dominus Januensium Duco etc. et Magnificum Consilium dominorum Antianorum Communis Janue in undecimo numero congregatorum, arsente tantum qm. Sebastiano Sauli reliquo duodecimo. Cum per prefatum Illustrem Dominum Ducem in med10 ^e' natus sedentem, sedente etiam in ipso Senatu loco suo magnifico Hyeronimo comite Flisco, expositum fuisset se se ab eo tempore quo Dux creatus fuit nihil aliud die ac nocte cogitasse quam que pertinent ad conservandam et amplificandam comunis patrie libertatem, et pluribus verbis ac rationibus hoc propositum suum confirmasset, venit postremum ad mentionem insignium seu stampe pecunie nunc cudende; et post multa prudenter superin e enarrata, res tota super duobus articulis contracta est. primum ut supra faciem grifonis imprimentur arma fre gosa, exhibitis duabus figuris in quarum altera arma f segosa extendebat se usque ad caput grifonis, altera minor arma litterarum circuitu continebatur ; et utrisque figu? is inspectis per magnificos senatores, decretum est ut pecunia aurea vel argentea de cetero excudenda imprimatur super ea figura in qua arma fregosa circulum litterarum non excedit. Et quoniam permagnificum Officium Baihe a pre C) Car. 107, Archivio Governativo. ( 458 ) fato magnifico Senatu in hac causa delegatum vel tam decrevit vel decernere videtur intendere munus unius patere auree, atque insuper unius aurei scifi ferendi per quattuor oratores ai Summum Pontificem destinatos (() dono Reverendissimo Domino Gursiensi Cesareo Locurntenenti, ita ut in ea patera reponantur aurei ducati genuini mille ; petiit dictos mille ducatos excudi licere in eam figuram que ab utroque latere grifonis duas habeat glandes insigne Summi Pontificis, in gloriam Beatitudinis Sue; super qua quidem re cum multum ac diu consultatum fuisset et diu va-riassent sententie ; cum quidem totam eam deliberationem reicerent, magnifico Officio Balie quidem permitterent illud insigne glandium non super ducatos mille, sed ut ipsi ducati mille contraherentur in medagias centum va~ loris ducatorum decem earum singula, et super ipsis medagiis liceret non solum glandes sed etiam integram (') L’ambasceria onde qui ò parola era stata decisa dal Consiglio con decreto dell’8 novembre, a seguito di certe littere magnifici et generosi viri Nicolai de Auria capitanti militum pretorianorum Summi Pontificis, per quas hortatur Serenitas sua designari confestim quattuor oratores qui Romam quam primum magnis itineribus contendant; e Ia doveano comporre Lodovico Fregoso fratello del D.)ge, Sinibaldo Fieschi, Giambattista D’Oria e Quilico Cavallo (Cod. Diversorum, cit., car. 103). Fu poi loro data 1’opportuna istruzione addi 25 stesso novembre; dalla quale apparisce però che il dono era stato dapprima destinato al Papa anziché al Cardinale di Gurk. Infatti vi è detto: « Per la Santità di .Nostro Signore, come sapete per lettere del magnifico messer Nicolò de Auria, pare che sia stato confortato mandarsi con voi uno bacile con uno boccale d’oro, e più in quello ducati mille battuti della stampa nostra; e benché possiamo esser certi che Sua Santità si muova per ottimi rispetti e sempre per buona carità verso di noi, nondimanco a noi non è parso a questi tempi mettere simile proposta a nostri Consegli per ottimi rispetti » (Franzoni, Istruzioni ecc.., Ms. del-l’Arch. Gov.; voi. I, pag. U24 e seg.). Comunque siasi poi la cosa, a noi non consta per documenti che la proposta enunciala nel decreto del 1.° dicembre abbia sortito alcun effetto; nè lo teniamo punto probabile, considerando che il Papa uscì di vita poco appresso, cioè il 21 febbraio (513. Atti Soc. Lio. St. Patria, Voi. Vili. Fase. 11. ai ( 456 ) quercus imprimere. Denique decretum est ut remissum sit ipsi illustri Domino Duci vel ipsas medagias centum formare figuris supradictis, vel super ducatos mille je-nuinis duas glandes imprimi mandare sicut prudentie Excellentie Sue Reipublice magis conducere videbitur. 65. Bolla plumbea. D. Le teste dei santi Paolo e Pietro. s s p p A E Fra le due teste, al di sotto, sembrano figurate tre ghiande. R. Nel campo. iv • • LI VS PAPA 11. D. M. 36. Raccolta Avignoae. Vili. URBANO VII. Giambattista Castagna, eletto il 15 settembre 1590. La famiglia di questo Papa, scrive il Casoni, «' in Genova per antichissimi tempi aveva esercitato magistrati onorati....., e nel 1528 era stata colle altre ascritta all’ ordine nobile. Cosmo ..., nato in Genova, nei primi anni della sua gioventù passò a Roma, e quivi preso dalle qualità di una dama di ( 457 ) - casa Ricci, ottenutala in moglie, fermò la sua residenza in quella città, e da questo matrimonio nacque Giambattista » ('). Sedette giorni 13. 66. Med. rame. D. Busto a sinistra. VRBANVS • VII • PONT • MAX • ANNO • I. MDLXXXX. R. Candelabro con sette bracci sopra un monte. SIC • LVCEAT • LVX • VESTRA. D. M. 41. Raccolta Avignone. Molinet 2, Bonanni 3, Venuti 2 e 3, Ciacconio, Trésor etc. Medailles de» Papes, tav. XX, num. 5. 67. Med. rame. D. Busto a sinistra. VRBANVS • VII • PONT • MAX • ANNO • 1590. R. La Religione seduta, con emblemi. SPONSVM • MEVM • DECORAVIT • CORONA 1590. D. M. 33. Raccolta Avignone. Molinet 1, Bonanni 2, Venuti 1, Trésor etc. Medailles des Papes, tav. XX , num. 7. 68. Med. rame. D. Busto a sinistra. VRBANVS ■ VII • PONT ■ MAX • I • 1590. (') Casoni, Annali, voi. IV, pag. 179. ( 458 ) R. Due donne in atto di abbracciarsi. IVSTITIA • ET • CLEMENTIA • COMPLEX/E • SVNT • SE. D. M. 33. Raccolta Avignone Venuti 6. 69. Med. rame. D. Busto a sinistra. VRBANVS ■ VII • PONT • MAX • ANNO • I • 1590. R. Il Papa sedente che consegna ad un guerriero uno stendardo, e diverse figure. DEXTERA • DOMINI • FACIAT • VIRTVTEM. Questo rovescio appartiene ad altri Papi. D. M. 33. Raccolta Avignone. Bonanni 5, Venuti o, Trésor etc. Medailles des Papes, tav. XX, num. 8. 70. Med. rame. D. Busto a sinistra. R. Una città posta su di un monte. NON • POTEST • ABSCONDI. D. M. 36. Molinet 3, Bonanni 4, Venuti 4, Ciacconio. 71. Med. rame. D. Busto. R. Globo, croce, pastorale e triregno. OMNIBVS • GRATVS. Bonanni 6, Ciacconio. ( 4S9 ) 72. Med. rame. D. Busto, e capo scoperto. VRBANVS • VII ■ PONT • MAX. R• La Vergine Annunciata dall’Angelo. Nell’ esergo : ROMA. D. M. 40. Bonanni 7, Venuti R. 73. Med. rame. D. Busto, con capo scoperto. VRBANVS • VII ■ PONT • MAX. R. Guerriero con elmo ai piedi, avente la bilancia in una mano e l’asta nell’ altra. POP • QVIES • ET • SECVRITAS. Neir esergo: GEN • RE. Il Venuti crede si debba leggere: genva resvr-gens. La medaglia credesi opera di un qualche genovese. d. m. so. Bonanni 8, Venuti 7. 74. Med. rame. D. Busto con capo scoperto. VRBANVS • VII • PONT • MAX. ( 460 ) B. San Pietro che tira la rete nella navicella. IN VERBO TVO. D. M. 40. Bonanni 9, Venuti 9. N. B. Alcuni Catalogisti scrivono eziandio fra Pontefici Liguri Clemente XIII, perciocché Carlo Rezzonico avolo del medesimo e patrizio veneziano ebbe successivamente in mogli due genovesi. Ma noi non ci lascieremo far velo da un male inteso amore del luogo natale, nc mai ci condurremo a contrastare a Venezia quegli uomini onde l’antica Regina dell’Adriatico giustamente si onora. Importa anche l’avvertire che varie Ira le medaglie sopra riportate, furono, come dicesi, restituite, esistendo i conii di esse presso la Zecca Pontificia, secondo rile vasi dalla Serie che ne fu pubblicata nel 1824. CLASSE SECONDA CARDINALI, ARCIVESCOVI E VESCOVI GENERALI DI ORDINI RELIGIOSI ED ALTRI ECCLESIASTICI I. GIULIANO DELLA ROVERE. Girolamo Della Rovere, creato da Sisto IV prete cardinale di san Pietro in vincoli nel 1474, fu vescovo di Garpentras e di Albano (1471), di Sabina e Catania (1472), di Gostanza e Losanna (1473), di Mende (1474), di Viviers (1475), di Bologna, Ostia e Velletri (1484), di Savona e Lucca (1499), di Vercelli (1502); e primo arcivescovo di Avignone (1473). Nel dicembre del 1481 dovendo egli recarsi a Genova, « la Repubblica deliberò spendere duecento ducati per onorarlo » (*). Nel 1494 acquistò dal cardinale Paolo di Campofregoso l’antico Palazzo del Comune nel borgo di san Tommaso, e vi ospitò (’j Giustiniani, Annali, II, 535. C 462 ) if Duca d’Orleans che lù appunto allora fra noi, e che cinque anni più tardi ebbe la signoria di Genova sotto nome di Ludovico XII ('). Nello stesso 1494 Giuliano, fuggito da Ostia, fermossi in Savona, e quivi ricevette splendidamente i cardinali Giovanni e Giulio de’ Medici, che poi furono Leone X e Clemente A II sul soglio papale. Così può dirsi che se-deano tre Papi ad una mensa. 75. Med. bronzo. D. Busto a sinistra. IVL • EPISC • OSTIEN. R- Tre torri esprimenti la rocca d’Ostia. CARD • S • P • AD • VINC. D. M. 35. Raccolte Avignone e Franchini. Museum Mazzuchellianum, voi. I, tav. XXXV, num. 5; Trésor etc. Medailles italiennes, ^ol. I, tav. XII, num. 1; Guglielmotti, Rocca d’Ostia, tav. I, num. /6. Med. bronzo. D. Busto a destra. IVLIANVS • EPS • OSTIEN • CAR • S • P • AD • VINCVLA. R. Ln cane che guida un cieco, col verso tratto dal Salmo 50: DOCEBO • INIQVOS • V • T • ET • IMPII • AD • TE ■ CONVER. Questo rovescio venne appropriato j malamente anche ad una medaglia di Michelangelo Buonarroti-. D. M. 60. Museum Mazzuchellianum, voi. I, tav. LXXIII, num. 3. (’) Alizeri, Notizie dei Professori del disegno ecc., voi. I, pag. I96. ( 463 ) /7. Med. bronzo. D. Busto a sinistra. IVLIANVS • RVVERH • S • PETRI • AD • VINCVLA • CARDINALIS • LIBERTATIS • ECCLESIASTICE • TVTOR. R. Nave con figure; e sopra: • VITA • SVPERA. Nell’esergo: OPVS • SPERANDEI. D. M. 75. Raccolta Avignone. Museum Mazzuchellianum, voi. I, tav. XXXV, nnm. 6; Trésor et e Medaill»»* italiennes, voi. I, tav. XI, num. 1. 78. Med. rame dorato. D. Busto a destra. IVLIANVS • EPS • OSTIEN • CAR • S • P • AD • VINCVLA R. Busto a dritta di Clemente Grosso-Delia Rovere. CLEMENS ■ DE • RVVERE • EPS • MIMATEN. Clemente Grosso, figlio di una sorella di Sisto IV, e vescovo di Mende (1479), ricevette da Giulio II nel 1503 col cognome Della Rovere il capitello di prete cardinale del titolo dei XII Apostoli. D. M. 35. Raccolta Avignone. Museum Mazzuchellianum, voi. I, tav. XXIV, num. i; Trésor etc. Medailles italiennes, voi. I, tav. XII, num. 3; Koklers, Munz Belustigung, voi. XVI. pag. 289. ( 464 ) II. RAFFAELE SANSONE-RI ARIO Raffaele Sansone ricevette da Sisto IV, nel 1476, la sacra porpora col titolo diaconale di san Giorgio, ed il cognome di Riario. Fu indi vescovo di Viterbo (1498), di Albano e Tusculano (1503), di Sabina (1507), di Porto e di Arezzo, di Osma e di Cuenca in Ispagna (1508), di Treguier nella Bretagna (1509), di Savona (1510), d’Ostia e Velletri (1511), di Malta (1516), e di Lucca (1517). 79. Med. D....... RIARIVS • RAFAEL • ANNOR ■ 27 • CARD • 1476. R. San Giorgio, col motto: VIRTVS. Museo Settaliano, pag. 346. 80. Med..... Un globo terrestre ed un timone. hoc ■ OPVS. Tvpotius, Symbola diversorum Principum Sacros. Ecclesiae, voi. II, tav. LX; Praga, 1602. III. BARTOLOMEO DELLA ROVERE. Fu nipote di Sisto IV, e tenne i vescovati di Populonia e Massa (1472), e di Ferrara (1474). Morì nel 1495. • Med. bronzo. I). Busto a sinistra, con mezzetta e berretta in capo: ed attorno: RDMS • BARTHOLOMEVS • DE • RVVKR ■ KPS • FERRAR!FA SIXTI • PP ■ IIII • N.-EPOS • & • C. R. Uno scudo a testa di cavallo, accostato dalla data seguente incavata nel metallo: ANNO MCCCCLX XIIII. Lo scudo poi, dove è espresso lo stemma Della Rovere, è sormontato dalla mitra colle due bande allargate. Quindi attorno al tutto: OPVS • SPERANDEI. Il eh. sig. comm. Domenico Promis illustrò questa medaglia con una dotta Memoria, corredata dell’incisione di tale rarissimo pezzo. D. M. 85. Medagliere di S. M. il Re, in Torino. IV. GIROLAMO BASSO-DELLA ROVERE. Cardinale prete di santa Balbina nel 1477; vescovo d’Albenga (1472), di Recanati, e di Macerata (1477), di Gubbio (1482), di Palestrina (1492), di Sabina (1503). ( 466 ) 82. Med..... Rupe latta a piramide, e sopra di essa un cappello cardinalizio. DVRET • IN • EVVM. Typotius, Mmltola Prineipum Sacros. Rom. Eccl., pag. 96; ediz. 1719. V. PAOLO DA CAMPOFREGOSO. Fu eletto arcivescovo di Genova nel 1453; e nel 1480 yenne promosso da Sisto IV al cardinalato, col titolo di sant’Anastasia. In quest’ultima circostanza la Repubblica lo presentò di un catino con anfora d oro ('). Tenne anche il Dogato della Repubblica stessa nel 1462, 1463 e 1483-88. Mancò ai vivi in Roma nel 1498; e fu sepolto nella chiesa dei santi Apostoli. 83. Med____ A Stemma Cainpofregoso, con cappello cardinalizio. PAVLVS ■ DE • CAM • FR • CAR • ET • DVX • IANVEN • XXXI. -#• Liscio. D. M. 54. Gandolfi, Moneta di Genova, voi. II, pag. 53, tav. IV, num. 36. O Giustiniani, Annuii, II, 533. ( 467 ) VI. NICOLÒ FIESCHI. Prete cardinale di san Nicolò fra le immagini (1503); indi vescovo d’Yverdim (1511), e finalmente arcivescovo di Ravenna (1516). S4. Med..... Veduta di un fiume, colline ed un serpe. A • VIA • NE • TORSERIS. Typotius, Symbola etc., pag. 239; ediz. 1719. VII. GIOVANNI FRANCESCO DELLA ROVERE. Nipote di Giulio II, e vescovo di Torino (1504), indi primo arcivescovo della Chiesa medesima (1515). 85. Med..... D. Busto a destra, capo scoperto. IO • FRAN • RVVERE • EPS ■ TAVR • ARCIS • HADRI • PREFCT. R. Un Genio che tiene in mano dei rami di quercia ; ed un toro. GLANS • GENIVS • TAVRVS • SINGVLA • DICTA • I0VI. E nell’esergo: 1498. D. M. 59. Trésor etc. Medailles italiennes, voi. II, tav. XXVII. num. I e 2 ( 408 ) Vili. ORLANDO DEL CARRETTO-DELLA ROVERE. Arcivescovo di Taranto (1509), di Nazaret (1510) e di Avignone (1512). 86. Med..... D..... RVVERE • ORLANDVS. R..... ARGH • AVENION • ET • THESAV • GENERALIS • BONONIAE GVBERNATOR. D. M..... Museo Settaliano, pag.-350. IX. CARLO DOMENICO DEL CARRETTO. Diacono cardinale di san Vito (1505), e vescovo di Cahors (1509). 87. Med. . . . Gran fuoco acceso. TERREOR • ASPECTV • DOMINI. Typotius, Symbola etc., pag. 118; ediz. 1719. X. INNOCENZO CIBO. Figlio di Francesco e di Maddalena de’ Medici, soiella di Leone X, dal quale fu fatto cardinale diacono dei santi Cosma e Damiano nel 1510. tu ammini- ( 4G9 ) stratore della Chiesa Arcivescovile di Genova, e delle vescovili di Savona, di Ventimiglia, di Àccia, .Mariana, Marsiglia, ecc.; ed ebbe nel tempo stesso gli arcivescovati di Messina, Torino e Beziers. Morì in Roma nel 1550, e l'u sepolto alla Minerva. 88. Med. . . . Un crivello. A ■ BONO • MALVM. 89. Med..... Una incudine, impresa del Cardinale medesimo. DVRABO. 90. Med. . . . Una piramide, od obelisco; e sopra il Sole, impresa di Lorenzo Cibo. S1NE • FINE. Typotius, Symbola etc., pag. 26, 262, 265; ediz. 1719. XI. AGOSTINO SPINOLA. Vescovo di Perugia (1509), di Savona (1527), di Alatri (1533); e cardinale prete di san Ciriaco alle Terme (1527). 91. Med..... Arco, o gran porta, con una figura e diversi ramoscelli. « RELIGIONE • ET • CVSTODIA. Tvpotius, Symbola eie., pag. 202; ediz. 1719 ( 470 ) XII. GIROLAMO D’ORIA. Cittadino di grandissima autorità, sposò nel 1499 Luigia di Giambattista Spinola. Rimasto vedovo nel 15l.J? abbracciò il sacerdozio; e del 1529 fu da lemente VII creato diacono cardinale di san Tommaso in Parione. Ebbe quindi l’amministrazione della Diocesi di Elna (1529); e poscia i vescovati 'I Huesca, di Jacolia, di Nebbie (1536) e di Noli (1540). 92. Med. .... Cn cervo. VIGILANTIBVS. 93. Med..... Lna corona di spine, una stella ed un teschio. ETERNA • VIRTVTE • PARANTVR. ^>potius, Svmbola etc, pag. 174; ediz. I7I9. XIII. GIOVANNI BATTISTA CICALA. "V escovo di Albenga (1544), di Sagone (1551), e di Ma-liana (1554); prete cardinale di san Clemente (1551). 94. Med..... Navigli in mare, alcuni dei quali in naufragio. EN • CVRAS • HOMINVM. Typotius, Symbola etc., pag. 220; ediz. 1719. ( 471 ) XIV. GIULIO FELTRIO-DELLA ROVERE. Cardinale diacono di san Pietro in vincoli nel 1547; ed arcivescovo di Ravenna nel 1506. * I 95. Med. rame. & IVL • FELTRIVS • DE • RVVERE. R. Motto: AVE • DOMINA • ANGELORVM. Il Manni, fra i Sigilli antichi ('), ne illustrò appunto uno di questo Cardinale, che reca la seguente leggenda : ivlivs feltr. de rvvere episcopvs albanvs SANCTE ROMANJS ECCLESIA CARDINALIS SANCTI CR1STO-PHORI CASTRI DVRANTIS COMMENDA TARIVS. D. M. 39. Museo Settaliano, pag. 346: Trésor etc., Medailles italiennes, voi 1, tavola XXXVill, num. 1. ì XV. PIER FRANCESCO PALLA VICINO. Vescovo di Aleria in Corsica nel 1551. Fu al Concilio di Trento. 96. Med. bronzo. D. Busto a dritta. P • FRAN • PALLAVICINVS • EPS • ALERI.E • DESIO. (') Voi. VII, pag. 29, num. 2. Atti Soc. Lig. St. Patria, Voi. Vili, Fase. 11. 3* ( 472 ) R. Un Pastore al quale dalla Religione viene affidato un gregge. SERVABO. Un simile rovescio trovasi in una medaglia di G. B. 'Pigna, riferita nel Museum Mazzuchellianum. D. M. 63. Raccolta Avignone. Museum Mazzuchellianum, voi. 1, tav. IX, num 1; Litta, Famiglia Palla vicino. XVI. LEONARDO DE MARINI. Arcivescovo di Lanciano nel 1562, e vescovo d Alba in Piemonte nel 1566. 97. Med. bronzo dorato. D. Busto a sinistra. LEONAR • MARINVS • ARCHIEPS • LANC. p- p - R. D. Dafne che si tramuta in albero, simbolo di sapienza. IN • LEGE • DNI • MEDITABITVR • ET • FOLIVM • EIVS • NO • DEFL\ E. Questa medaglia fu coniata a Trento, menti e si * celebrava il Concilio, del quale il De Marini fu uno de’ più indefessi e dotti Padri. D. M. 58. Kaccolta Avignone; ed altro esemplare presso il march. G. li. Cesare Marini. l'shelli, voi. IV. col. 299: voi. VI, col. 792. ( «3 ) XVII. BENEDETTO LOMELLIN1. Prete cardinale di sanla Maria in Acquiro (1505); vescovo di Ventimiglia (1565), e di Luni e Sar-zana (1565-72). Nel 1568 pubblicò in Genova, coi tipi del Bel-loni: Constitutiones et decreta condita, in Dioecesana Sinodo Lunensi et Sarzanensi ('). 98. Med. ovale in bronzo. D. Busto a destra. BENEDICTVS • LOMELLINVS • S • R • E • CARD. R. Una donna con ai piedi un serpente, carezzando una colomba che tiene in mano. MANSVETVDO. D. M. 35, 28. Raccolta Avignone. 11 Museo Settaliano (pag. 345) ed il Catalogue des medailles de M. Poulharie» (pag. 298), presentano delie varianti XVIII. VINCENZO GIUSTINIANI. Maestro generale dei Domenicani (1558), e prete cardinale di san Nicolò fra le immagini (1570). Intervenne al Concilio Tridentino. Morì in Roma nel 1582, e fu sepolto a santa Maria sopra Minerva. (’; Vfìd. Atti, IX, 266. ( 474 ) 99. Med. bronzo. Busto a sinistra. F • V • IVSTIN1ANVS • G • M • ORD • PRìEO. R. Due figure in atto d’abbracciarsi. VIRTVS • ET • PIETAS • SE • COMPLEX/E • SVNT. D. M. 53. Museum Mazzuchellianum, voi. 1, tav. LXI1, num. 1. XIX. FILIPPO SPINOLA. Vescovo Bisiniano (1566), di Nola (1569) e di Soia(1583). Cardinale prete di santa Sabina (1583). 100. Med. . . . Il sole splendente con grandi raggi. NON • CERNVNTVR • ET • ADSVNT. Typotius, pag 214; ediz. 1719. XX. DOMENICO PINELLO. Prete cardinale di san Lorenzo in Pane e I ei nel 1585. 101. Med. rame. D. Corona intessuta di rami e pigne; e nel campo. dominicvs s • R • E • CARD PINELLVS ARCHIPRESB. ( *75 ) R- Porta Santa. APERVIT • ET • GLAVSIT • ANNO • IVBILEI • MDC. I). M. 36. Raccolta Avignone. Bonanni pag. 481; Museo Settaliano, pag. 346. XXI. BENEDETTO GIUSTINIANI. Nacque a Scio; e condottosi a lioma, dopo molti onorati uffici, venne creato diacono cardinale di san Giorgio in Velabro nel 1583. Morì nel 1621. 102. Med. bronzo. D. Prospettiva di una chiesa, accostata dalla data : m ■ d c ■ vi • All’intorno: BENED • S • R • E • PRE • CAR • IVSTINIANVS • BON • LEG • PAVLO • V • P • M • P. E nell’esergo un piccolo busto del Cardinale. R. Decollazione di san Paolo. CONGRE • CLER • REG ■ S • PAVLI • DECOLL • S • PAVLO • APO • ET ■ 0 • SANCTIS. Indi in un nastro svolazzante: ANGLADIVS. D. M. 66. Raccolte Avignone e Franchini. Trésor etc. Medailles des Papes, tav. XXV, num. 7. ( 476 ) XXII. GIUSEPPE FERRERI. Arcivescovo Colossense (1593) ed Urbinate (1597). 103. Med. in bronzo. D. Busto a dritta. IOSEPH • FERRERIVS • VICELEG • AVENION • AD • MDC • IX. R. Veduta della città d’Avignone. «I* ROMA • DABIT • QVONDAM * QVAS • DAT • AVEN • CLAVES. D. M. 57. Raccolta Avignone. XXIII. DOMENICO DE MARINI. Patriarca di Gerusalemme (1624), governatore d An cona, e poi arcivescovo di Genova dal 1616 al 16. o. Fu sepolto nella Metropolitana davanti al Coio, nella tomba de’ suoi maggiori (*). 104. Med. bronzo. D. Stemma De Marini sormontato dal cappello pre latizio. DOMINIO • MARINVS • IAN • ANO • OVB. O Calcagni™, Imagine Edessena, pag. 2^1. ( *77 ) fi- Nel campo. » T Seden ■ Pavlo V • P • O • M ■ A • D • MDC V I. D. M. 50. Raccolta Avignone. XXIV. VINCENZO COSTAGUTA. Protonotario di papa Urbano Vili, indi Segretario della Camera Apostolica, e poscia cardinale diacono di santa Maria in Portico (1643). Di lui si hanno a stampa gli Applausi poetici alle glorie della signora Leonora Baroni, esimia cantatrice ('), e un Discorso della Musica (2). Fecesi egli costrurre una splendidissima villeggiatura a Porto d’Anzio, alla quale appunto è allusiva la presente medaglia ; mori nel 1660, e tu sepolto in Roma nella cappella della propria famiglia in san Carlo ai Catinari. In Chiavari gli si celebrarono esequie così solenni, che furono meritevoli di essere descritte e pubblicate per le stampe in Genova dal Meschini nel 1661. 105. Med. bronzo. D. Busto a destra. VINCENTIVS • S • E • R ■ DIAC • CARD • COSTAGVTVS. Sotto il busto: HAMERANVS F. (’) Roma, 1639. (3) Genova, 1640. ( 478 ) E nell‘esergo: MDCXLVn. • Veduta di un palazzo con giardino; ed intorno: 'T ORAMORA • A.MCENIORIBVS • LENIRENTVR. temnia Gostaguta accostato dalle parole: IN • ANTII LITTORE EXTR VCTA. D- M. 42. Raccolta Avignone. XXV. GIOVANNI GIROLAMO LOMELLINO. ì rete cardinale di sant’Onofrio nel 1652. J ’ Medaglione in bronzo, ordinato dal Comune di Bologna per la formazione della vòlta della Basilica di san Petronio. D. Busto di san Petronio sedente. DI\ O • PETRONIO • BONONIENSI • PASTORI • OPTIMO • PROTECTORI • MAX • HANC • BASILICAM • S • P • Q • B • NOVIS• CONSTRVCTIONIBVS • AVXIT • A • D • MDCLIII. R- Le armi gentilizie dei cardinali Lomellino e Bon-compagni, e della Libertà di Bologna. INNOC • PP • X • IO • HIER • CARD • LOMELLINO • LEO • HIER • BONCOMP • ARCIIIEP • PRESIDE • ET • FABBRIC • ANNI • EIVSD. D. M..... Museo Cospiano, pag. 444. ( *79 ) 107. Med. rame. D. Stemma di Alessandro VII, ed annette del Lomel-lino e di Bologna. ET • BENEDICTI • EftVNT • QV1 • .EDIFICAVI'. RI NT • TK • TOB • l->. R. 1 santi Benedetto e Romualdo in piedi; sotto 1’ar-metta Buoncompagni. ELEVABITVR ‘ SVPER * COLLKS • ISAIA * li * 1655. D. M. 56. Raccolta Avignone. 108. Med. rame. D. Stemma Lomellino sormontato dal cappello cardinalizio; e sotto lo stemma: 1653 IPSE • FVNDAVIT. INOC • X • P • M • IO • IHERON • S • R • E • CARDIN • LOMELIN • RON • LEG • D. R. Busti di due santi, e sovr’essi la croce; ed all’intorno: *r D • 0 • M • SVM • D • BARTH • APOST • SACR • P. P • CLER • REOV. D. M. 66. Raccolta Avignone. XXVI. GIAN PAOLO OLIVA. Figlio del patrizio Giovanni Tommaso, predicatore di gran fama ed autore di varie opere sacre; indi Proposito Generale della Compagnia di Gesù. Mori nel 1081. ( 480 ) 109. Med. rame. fi- Busto a dritta. 1 F • OU\ a • soc • IESV • PR • GEN • XI • PP * M • IV • A SAC • CO.\C. San Francesco Borgia portato ‘al cielo da varii angioli. PROC IfOxoRiB ■ ss • DECESS • SVO • F • BORGLE. F. CHERON. D- M. 68. Raccolte Avignone e Franchini. M'n?'n\fi[aZZUCheIIÌanUm Vo1' 111 tav- CXXX> num- *; Argelati, voi. Ili, P'1?- 36, num. 18. XXVII. ODOARDO CIBO. Figlio di Alderano Marchese di Carrara e di Elisa-betta Della Rovere. Arcivescovo di Seleucia (16?--)). HO. Medaglia d’argento fusa e cesellata. fi- Busto di fronte, con nimbo attorno al capo. B ■ NICOLAVS • DE • FLVE. R- Stemma Cibo sormontato dal cappello cardinalizio. ODOARD • CYBO • ARCH • SELEVC • NVNT • APS • AD • HFLVET • 1672-II beato Nicolò da Flue era nato del 1417 nel Cantone di Dnterwalden, e morto nel 1487. Fu poscia beatificato nel 1669. D- M. 38. Peso: Gr. 23, 380. Raccolta Franchini. ( 481 ) XXVIII. GIROLAMO GASTALDI. Cardinale prete di san Girolamo degli Schiavoni nel 1675. Di lui si ha a stampa un volume in lòglio con questo titolo: Tractatus de aver tènda et profliganda peste pohtico-leyalis, eo lucubratus tempore, quo ipse IAtomo comiorum primo, mox Sanitatis Commissarius Generalis fuit, peste Urbem invadente anno MDCL VI et LVII, ac nuperrime Goritiarn depopulante, typis commissus; Bononiae, 1684; Roma. L’Eroe ignudo, che appoggiasi ad un albero di nave, impugnando un remo. ANDREAS • AVRIA • CLAS • PR^F. R. La rosa dei venti. VIAS • TVAS • DOMINE • DEMONSTRA • MIHI. D. M. 54. De Boodt, Symbola Principimi, etc., pag. 144; Liickius; Oliviori, Monete ecc. dei Principi D’Oria, tav. I, num. 3. 140. Med. . . . D. Busto a dritta. ANDREAS • AVRIA • P • P. R. Galera. NON • DORMIT • QVI • CVSTODIT. D. M. 41. . De Boodt, pag. 144; Luckius; Olivieri, Monete ecc, tav. I, num. 2. 141. Med. . . . D. Busto a dritta. ANDREA • DORIA • P • P. ( 49« ) h\ Galera; senza leggenda. D. M. 41. Raccolta Avignone. lvohlers, Munz Boiustingung, voi. Ili, pag. 249; ld., Romarque» bistoriquas, PaR- 16, tav. I; Olivieri, Monete ecc., tav. 1, num. 1. 142. Med____ D. Busto a dritta. ANDREAS • DORIA • P • P. R- La Libertà. LIBERTAS • PVBLICA. Questo rovescio è copiato dalle monete romane imperiali, ed in ispecie da quelle di Galba. D. M. 41. Raccolte Avignone e Franchini. Olivieri, Monete, ecc., tav. I, num. 4. 143. Med..... D. Come sopra. ANDREAS • DORIA • P • P. R. Il ritratto > col. 605-6. (') A sua volta Giovanni ebbe più figli, e tra gli altri un Ambrogio eec es^ stico, al quale sappiamo dal Marini (Archiatri Pontificii, voi. I, Pa§- , Giulio II investì la prevostura di Santa Maria Maddalena in Genova, e con l’ufficio di notaro apostolico il 20 febbraio 4513 poche ore prima di mori e A queste notizie possiamo però aggiungere che già Io stesso Papa a\eva prow duto il detto Ambrogio di un benefizio in Corsica; di che risulta pei ce contrarietà insorte e ricordate in un Breve che serbasi fra le pergamene !’Archivio di san Giorgio, ed è del tenore seguente: (Extraj Dilectis filiis Officii sancti Georgii Comparamm Janue. (Intus) ivLivs.pr.ii.’ Dilecli filii salutem et aposlolicam benedictionem. Nuper nobis exposuit di lectus filius Joannes de Vigo concivis vester, cirurgicus nostei, quo litteras apostolicas sub plumbo ut decet super beneficio Plebania nuncupa sanctorum Gervasii et Protasii de Juvelina Aleriensis Diocesis, pc> obitum bone memorie Cardinalis Salernitani illius ultimi possessoi is, nosti eque e Apostolice Sedis dispositioni reservato, vacante: et dilecto filio Ambì osto Vigo eius nato superioribus mensibus per nos collato expeditas misent. pio Plebanie hutusmodi consequenda possessione: Nosque venerabili fratri A ertenst BATTISTA DA VIGO DA RAPALLO. (N. 147). \ A _____A ( ìj03 ) 147. Med. rame. I). Busto a dritta, con lunga barba e berretto. M • BABTISTA • RO • CHIRVRGICVS. R. Una mano che tiene un ramo di vite con grappoli, ed istrumenti chirurgici, forse l’apparecchio per l’estrazione della pietra. D. M. 65. Racpolta Avignone. Rudolphus, Recentioris aevi numismata, pag. I. Probabilmente questa medaglia fu fatta coniare da Giovanni predetto, e forse in luogo del ro vi si dovrebbe leggere ra, cioè Rapallensis. Anche il Bahtista in luogo di Baptista è indizio della poca correttezza della leggenda; sulla cui scorta, per avventura, il Rodolfi asserì plane ignotus l’effigiato. Episcopo et vestro in insula Corsice Gubernatori propterea scripserimus; nihilominus beneficii huiusmodi possessionem hactenus minus assequi potuit: ob quod non possimus non mirari, atque doler? : presertim cum de beneficio prefato , stante reservatione prodicta, nemo preter nos disponere potuerit. Quare devotioni vestre scribendum, duximus, Vos in Domino exhortantcs ut pro nostra et Apostolice Sedis reverentia: proque vestro catholico animo: prefato vestro Gubernatori in dicta insula ita mandare velitis quod vestris mediis atque iustis favoribus dicti Joannis cirurgici nostri nobis, ut nostis-, plurimum grati atque cari, Ambrosius natus, sive legitimus procurator pro eo, possessionem antedictam Ubere et sine ulteriori mora assequi possit : id nempe erit nobis admodum gratum. Datum Rome apud Sanctum Petrum sub annulo Piscatoris, die XIIII.a octobris. Millesimo Quingentesimo Septimo, Pontificatus Nostri Anno Quarto. Sigismundus. Atti Soc. Lir.. St. Pathia. voi. Vili, Fase. 11. 3i ( m ) VII. GIROLAMO CONESTAGGIO. Girolamo Gonestaggio fu, per le leggi del 1528, aggregato all’Albergo dei Franchi. Scrisse parecchie opere, e fra le altre: Dell’unione del regno dì Por togallo alla Corona di Castiglia, edita in Genova dal Bartoli nel 1585 (*); e Relazione per sorprendere Algeri, stampata pure in Genova nel 1601 dal Pavoni. 148. Med. ovale in bronzo. D. Busto a destra, capo scoperto; e vestito di armatura. HIERONIMVS • CONESTACIVS • M • D • X. R. Scudo accartocciato, con una spada ed una penna incrociate. D. M. 57 per 45. Gabinetto Imperiale di Vienna; Trésor etc., Medailles italiennes, voi. N, tav. XXXIX, num. I. Vili. GIANO DA CAMPOFREGOSO. Doge di Genova nel 1512, come abbiamo notato sotto il num. 64. Nel 1516, militando pei veneti, si battè con onore a Rocca d’Anfo contro le soldatesche dell’imperatore Massimiliano. Mori nella cittadella di Brescia il 18 agosto 1529 ; e più tardi, coll’opera (') Ved. Alti, voi. IX ,’ pag. 172. ( m ) dello scultore-architetto Danese Gataneo, gli fu innalzato nella chiesa di santa Anastasia di Verona un monumento, il quale rimase compiuto nel 1565 e può vedersi prodotto dal Litta (*). 119. Med. oro. Si crede però una moneta falsa. D. Busto. IAftVS • II • DE • CAMPO • F • DVX • IA.NVE. R- Stemma coronato. CAESARIS • MAXIMIL • SEMPER • AVGV. Catalogo di monete, num. 9177; Lipsia, 1853. IX. FRANCESCO MARIA I DELLA ROVERE. Nacque in Sinigaglia il 22 marzo 1490; in età di dieci anni succedette a Giovanni suo padre nel Ducato d’Urbino e nella Prefettura di Roma ; e mori di veleno in Pesaro il 20 ottobre 1538. « Fu ... d’ animo grande e indomabile nella sventura .... Allevato tra le armi, crebbe in fama di capitano valentissimo .... Perfezionò l’arte della guerra, inventando nuove armi da offesa e difesa: e ponendo mente all’ allargato uso delle artiglierie, si accorse che i fanti cominciavano ad esser più utili dei cavalli. Perciò ammodernò le antiche regole, e si volse a meglio ordinarli e agguerrirli, ne perfezionò gli ordini, li addestrò all’ufficio di guastatori e al maneggio della zappa e della pala; e prendendo il (’) Famiglia Fregoso. , ( 506 ) buono da tutte le truppe straniere in Italia, istituì 1’ ordinanza loro in modo da farne un corpo stretto e impenetrabile. Fu pure gran maestro nell’ordine di prendere gli alloggiamenti e di farli inespugnabili: e nelle fortificazioni introdusse un sistema più conforme a resistere agli accresciuti modi di offesa .. . Dei resultati della sua esperienza e delle militari sue invenzioni ci volle lasciare ricordo in ’un’ opera . . . col titolo di Discorsi militari. . . Nel governo fu giusto e amorevole, e punitore severo del violato onore delle donne; e ben poteva farlo, perchè ebbe fama di uomo casto e temperato. I sudditi lo piansero amaramente; e questo e il più bello elogio che si possa fare di un principe » (*)•■ 150. Med. oro e rame. D. Busto a dritta. FRANGISCVS • MARIA ■ VRBINI • DVX. R. Albero di palma; e sopra di un ramo una pietia che lo tiene abbassato. INCLINATA • RESVRGIT. D. M. 28. Raccolta Avignone (esemplare in rame). . . . Litta, Famiglia Della Rovere. Il De Boodt (pag. 91) riporta due vana questo rovescio. 151. Med. oro e bronzo. D. Busto a destra. FRANC • MARIA • VRBINI • DVX • UH- 0 Litta, Famiglia Della Rovere , tav. IV. ( h07 ) A. Un’ aquila che espone al sole gli aquilotti; ed in giro: ALO • ET • ARGEO. D. M. 27. Galleria di Firenze. Reposati, Zecca di Gubbio, voi. II, pag. 116; Litta, Famiglia Della Rovere. 152. Med. . . . Leone a sinistra, colla spada. NON • DEEST • GENEROSO • IN • PECTORE • VIRTVS. De Boodt, Symbola etc., pag. 91. 153. Med. . . . Lume al quale una mano avvicina un fascio di candele. NON • DEGENER • ADDAM. X. FRANCESCO MARIA II DELLA ROVERE. Nacque in Pesaro il 20 febbraio 1549, e fu tenuto al sacro fonte dalla Repubblica di Venezia. Morì il 28 aprile 1631. Sollecito del benessere de’ suoi sudditi, pubblicò leggi buone rispetto ai tempi; amante delle arti gentili e delle lettere, ospitò generosamente il Galilei, il Tasso, e con essi più altri letterati ed artisti di preclara celebrità. Fece ampliare il porto di Pesaro, compiere le mura di Sinigaglia, e la Biblioteca di Casteldurante, cui arricchì di molti libri a stampa e di codici pregiatissimi. « Infine vuol dirsi che tanto fu grato ai suoi popoli il governo di questo buon principe, che i Metaurensi tuttora ram- I ( S08 ) mentano i tempi del governo dei Roveresclii come il secolo d’oro della loro provincia » (*)• 154. Med. oro, con anello. D. Busto a destra. FRANCISCVS • MARIA • II • VRBINI • DVX • VI • ET • C. R. Grande albero di rovere, con veduta di città in riva al mare; e nell’esergo: FERETRIA. D. M. 36. Litta, Famiglia Della Rovere. XI. FILIPPINO D’ORIA. ■^ÌqIìo di Bartolomeo e di Lucrezia Del Garretto, e conte di Canosa nel Regno di Napoli, ebbe da Francesco Maria I Della Rovere la signoria di Sassocor-baro. Sotto il comando di Andrea D’Oria, suo cucino, combattè virilmente il corsaro Cadolì presso 1 isola dell’ Elba (1519) ; ruppe nel golfo di Salerno (28 aprile 1528) l’armata cesarea comandata da Ugo di Moncada, che in quello scontro perdè la vita (2);' prestò indi a poco (settembre) l’opera sua per libe— Lare Genova dai francesi; e creatovi capitano gene-r a^e dell’armi, ricevette solennemente dal Doge (1529), al cospetto del Senato e di gran frequenza di popolo, le insegne della Repubblica. O Litta, Famiglia Della Rovere, tav. VII. ) Tale glorioso fatto è ricordato in una epigrafe che si leggo tuttavia scol- I a sulla facciata di san Matteo in Genova. Ved. l’Illustrazione della chiesa s-a del compianto socio Jacopo d’Oria, donde abbiamo attinte queste notizie. STEFANO DI-NEGRp. IN, 156), ri ’V . ■ -‘iBfr-.r i •• pf^ - \ r -*i.. * ., ^' ttff' : ■ ■ I* (( » - - - ' y '••fói- jì ’’ V®. w J' rr .-V —, ‘ .%&/'’T*%- -u -V i,-". • - •'.■*. >* ^ '• * n . 1 -V -, t&e , ■• ’ ‘‘r- ; , ■- • • ■•- '■••' ■■ r ' •* •■.• * -• - - '• ' ;• K.y -7 • x. • •- • ' *• . ■■■:* “ ' V- r--■’■••■ \.'.V .. ... ►■ ¥1.’,' -:: V.v... ■ ; .•••/.' * ■ 4 . ■• 1 ' . •• .. * ■ ;• . '« - .. • :• :• ! < * " -*:.y ' >. ‘ .*•• • * .. à • - . '• -, .Jfc .. •» v* *. . * tì* • - • , - , ■ v. •• >«: . •> v* - '. - / -■ *, % :: • ?? ÌSf ’i ; • :V ’ ;•• • ■.£ 'JX. ~ . i » . “ — .. . ■ ' ■ ' • ’* . b.;,- -V:- ■ - . ■ -, -, . . , ‘ a* » • - •• • --V ■ «• » ■■ - ■ ■ ; - ■ >•'•, . •" ‘ . . * *. ■ •£,. ■ .• • ve •. . - * . . 1 __ _ ____ ( 309 ) 155. Med. . . . D. Busto a dritta. COMES • PHILIPPINVS • D. R- Liscio. D. M. 35. Prontuario dello medaglie, pag. 2-29. XII. STEFANO DI NEGRO. E tradizione che costui, distribuite ai poveri le sue fortune, si riducesse a far vita nello Spedale degli incurabili, servendo caritatevolmente agli infermi; e quivi chiudesse anche i giorni. Di un suo figlio, Quilicus De Nigro cpn. Stepham, abbiam notizia ne’ Cartolarli delle Compere di san Giorgio, per la fondazione di una cappellania nell’ora distrutta chiesa di san Raffaele dei Di Negro in Banchi, da esso lui ordinata nel proprio testamento ricevuto in Alessandria d’Egitto da quel notaio Francesco Masipi il 30 settembre 1576 ('). 156. Med. bronzo. D. Busto a dritta. STEPHANVS • DE • NIGRO • QVILICI • ANNO • AETATIS • SVAE • XX\ . R. Stemma Di Negro. AVXILIVM ' MEVM • A • DOMINO • M • D • XXIX. D. M. 33. Raccolte Avignone e Franchini. (') Arch. di san Giorgio: Cari, orig. P. L., fol. 58. ( 510 ) XIII. ANTONIOTTO ADORNO. Figlio di Agostino e di Francesca Lascaris contessa di Tenda, ebbe in moglie Anna Pico della Mirandola; tenne il Dogato di Genova dal 1522 al 1527; e mori in Milano nel 1550. 157. Med. bronzo dorato, con anello. D. Busto a sinistra. ANTONIOTVS • ADVRNVS • yETATIS • AN • 40. R. Stemma Adorno. PROTECTOR • MEVS. D. M. 43. Gandolfi, Moneta di Genova, voi. II, tav. IV, num. 38. XIV. ALFONSO I DEL CARRETTO. Marchese di Finale, Savona e Glavesana, Vicario perpetuo dell’impero; sposò Bianca Simonetta, dalla quale non ebbe prole, e quindi Peretta Usodimare nipote di papa Innocenzo Vili ('). 158. Med. Un braccio che tiene una spada, alla quale è attorcigliato un ramo d’olivo : simboli della guerra e della pace. VTROQVE • CLARESCERE • PVLCRVM. C) Per questo e gli altri Del Carretto veggasi il Bricherio, Tabulae genealogica* gentis Carrettensis; Vienna, 1741 ; tav. XIV. '( SU ) 159. Med..... Il sole splendente in alto, ed un pipistrello. POTIVS • MORI • QVAM • ABSTINERE. Uo Boodt, Symbola etc., pag. <107. XV. FABRIZIO DEL CARRETTO. Figlio del marchese Giovanni I, e fratello del cardinale Orlando di cui al num. 86, fu Procuratore Generale dell’ Ordine di Rodi, quindi Prefetto dell’ armata , finalmente Gran Maestro dello stesso nel 1514: e della promozione sua « la città (di Genova) fece festa e segni di allegrezza (*). Morì in Rodi nel 1521. 160. Med. . . . Un griffone alato ed incatenato ad una colonna, sulla quale sventola la bandiera di Rodi cui esso difende colla spada; mentre il vento ed un drago tentano abbatterla. SINE • DVBIO. Typotius, Symbola Principum etc., pag. 274; ediz. Praga, 1602. 161. Med. argento. D. Busto a sinistra, con berretto. ■>|e . f • FABRICIVS • DE • CARRETTO • MÀGNVS • M - R. R. Stemma di Rodi. DEO • ET • BEATE • VIRGINI. D. M. 41. Raccolta Franchini. Friedlaender; Furse, Medagliere Gerosolimitano, pag. 94, tav. Ili, num. 8. (’) Giustiniani, Annali, II, 663. ( 512 ) XVI. GIOVANNI II DEL CARRETTO. Fu figlio di Alfonso I, ed aggiunse alla paterna signoria i marchesati di Geva e d’Asti, nonché il Gomitato di Gasteggio in quel di Milano. Fiorì nel 1529. 162. Med..... Un cavallo che va pascolando. AD • MELIORA. De Boodt, Symbola etc., pag. .1 07. XVII. MARCO ANTONIO DEL CARRETTO D’ORIA. Figlio di Alfonso I e tutore di Alfonso II, sposò Vittoria d’Antonio di Leyva, e fiorì nel 1536. Ebbe il titolo di Principe di Melfi e l’ufficio d'ammiraglio del Re di Spagna. 163. Med. bronzo. D. Busto a sinistra. MARCVS • ANT • DE • ORIA • EX • FAM • DE ■ CARETO • P • MELPHIAE • AET • ANN • LIX. D. M. SO. Catalogne des medailles. 164. Med..... Leone a sinistra., quasi rampante, colla corona mai-chionale sospesa sul capo. SOLATVR • CONSCIENTIA • F.T • FINIS. De Boodt, Svmbola etc., pag. 111. ( »13 ) Forse questa e la precedente compongono il (.liritto e rovescio di una sola medaglia. XVIII. ALFONSO II DEL CARRETTO. Figlio di Giovanni II, e marchese di Savona, Clave-sana e Finale, conte di Casteggio, ecc., ebbe l’investitura di tali feudi da Carlo V nel 1536 ; e morì a Vienna il 1583. 165. Med. ovale di bronzo. D. Busto a destra. ALPE • II • PRINC ■ ET • VIC • PER • S • R • I • MAR • FINA • CLASTI • CO • 1564. R. Scoglio battuto dalle onde; allusione alla costanza onde questo personaggio seppe sopportare le avversità. PROBANTVR • FORTES • IMPETV. D. M. 39 per 32. S. Quintino, Discorsi ecc.; De Boodt, Symbola etc., pag. 111. 166. Med..... Scoglio a guisa di piramide, e sovr’ esso un diamante. NEC • ICTV • NEC • IGNE. De Boodt, loc. cit. XIX. ALESSANDRO DEL CARRETTO. Fratello del precedente, e Principe dell’Impero. ( »14 ) 167. Med. . . . L’idra. VI . ET • RELIGIONE. Do Boodt, Symbola etc., pag. 107. XX. SFORZA ANDREA DEL CARRETTO. Ultimo marchese del Finale, vendette lo stesso al re Filippo II di Spagna il 18 maggio 1598. 168. Med..... Braccio rivestito di ferro, che impugna una spada fiammeggiante presso la punta. VIRTVTEM • EXTENDERE • FACTIS. De Boodt, Symbola etc., pag. IH. XXI. FRANCESCO CIBO-MALASPINA. Nacque in Napoli nel 1449; ebbe nel 1487 il Governo di Roma, e dell’anno stesso tolse in moglie Maddalena de’ Medici. Mori nel 1519; e fu sepolto in san Pietro al Vaticano. 169. Med..... Una botte ardente, col motto in alto: DI • BEN • IN • MEGLIO. De Boodt, Symbola etc., pag. 1,39. ( m ) XXII. GIULIO CIBO. Figlio di Lorenzo e di Ricciarda Malaspina, nacque in Roma nel 1525, servì alla Corte di Carlo V, e fu marchese di Massa e signore di Carrara. Impigliato nella congiura dei Fieschi, ed autore di cospirazioni a sua volta contro Genova ed il Principe D’Oria, fu decapitato in Milano il 18 maggio 1548. 170. Med..... Una botte ardente, come sopra; e lo stesso motto in tedesco : VON • GVET • IN • BESSER. De Boodt, Symbola etc., pag. -159. XXII. ALBERICO CIBO-MALASPINA. Fratello del precedente, nacque il 28 febbraio 1532; sposò Elisabetta figlia di Francesco Maria I Della Rovere; e morì il 18 gennaio 1623. Vincenzo Tornito gli dedicò La Veronica o Del Sonetto, impressa in Genova dal Bartoli nel 1589. 171. Mei..... Cicogna a sinistra volta allo Zodiaco. EN. KTBfì • ETXAR12TIA. Cioè: In cubo gratitudo. ( 516 ) 172. Med..... Cicogna a destra, come sopra. KAI-EXOMEN-EN-KUBn. Cioè: Et habemus in cubo. 173. Med. . . . Tempio, e sopra una stella circondata da più altre minori. ALIIS • SPRETIS • TE • SOLAM. De Boodt, Symbola etc., pag. 159. Quest’ ultima impresa vedesi pure in una moneta d’oro dello stesso Alberico; ed è anche incisa nel frontispizio dello Statuto di Massa, edito in Lucca nel 1592. XXIV. ERCOLE MALASPINA. Marchese di Oramala. Nel 1558-59 fu, con grado di colonnello, ai servigii della Repubblica di Genova contro i corsi ribelli (1). 174. Med. . . . Un leone in atto di divorare una scimmia. MIHI • MEDELAM. De Boodt, Symbola etc., pag. 172. (') Litta, Fam. Malaspina, tav. XXIII. ( »17 ) XXV. GIAN VINCENZO PINELLO. 175. Nacque in Napoli nel 1535 di Cosimo e di Clemenza Ravaschieri dei Conti di Lavagna. Verso la fine del 1558 passò a Padova, e quivi, con finissimo di-scernimento, raccolse una splendida Biblioteca, e adunò strumenti matematici ed astronomici, carte geografiche, disegni, ecc. Ma tanti tesori andarono in gran parte dispersi dopo la morte di lui, accaduta nel 1601; gli avanzi, comperati a carissimo prezzo dal cardinale Federigo Borromeo, si custodiscono all’Ambrosiana in Milano. Il ritratto di Gian Vincenzo, a guisa di medaglia, decora il frontispizio della Vita scrittane latinamente dal Gualdo; ed attorno vi si legge: «J* • IOANNES • VINCENTIVS • PINELLVS • PATRICIVS • GENVENSIS. E sotto: una medaglietta ovale, con un globo circuito da un serpe; sovr’esso una colomba, ed in giro: ITNE20E • <3>PONIMOI • A2 • 01 • 04>EIZ • KAI •AKEPAIOI fìS-AMlEPlSTEPAI. Cioè: Estate (ergo) prudentes sicut serpentes, et simplices sicut columbae. Math.-X, 16. XXVI. G. B. PINELLO-GHERARDI. 176. Nacque in Genova nel 1543, si stabilì a Praga innanzi il 1580; e fu nel 1583 maestro di cappella del-l’Elettore Augusto di Sassonia. Di lui si hanno a ( 518 ) stampa parecchie composizioni musicali ('); e fra le altre il Magnificat in tedesco, impresso a Dresda da Matteo Stoeckel nel ridetto anno 1583. Di questo il mio dotto amico cav. Desìmoni vide testé nella Biblioteca Imperiale di Vienna un bel l’esemplare; il quale nel verso del frontispizio presenta il ritratto dell’autore, intorno a cui si legge: IOANNES • BAPTISTA • PINELLVS • DE • GERARDIS • VIR • NOBIL • GENVENSIS • DVC ■ AG • ELECTORIS • SAXONIAE • ET • CHORI • iMVSICI • MGR • AETA • SVAE • 39. E sotto: Ecquis est s. rogitas Janus Baptista Pinellus Cui nomem clarum musica pulchra dedit. Olona nobilium simul hunc exhornat avorum, Ensifer Augustus nunc fovet arce sua. XXVII. NICOLÒ GRIMALDI. Due Grimaldi di questo nome vissero intorno alla metà del secolo XVI; nè la medaglia che segue ci spiega abbastanza a quale di essi propriamente appartenga. L’uno è quel Nicolò che fu Principe di Salerno, ebbe più signorie nel Regno di Napoli e nella Spagna, ed a cagione delle immense ricchezze fu detto il Monarca. L’altro è Nicolò Grimaldi dei Geba, che sostenne in patria varie magistrature, e lasciò un volume di Memerie scritte V anno 1565 (') Veri. Fetis, Biogr. unir. des musiciens etc., voi. VII, pag. 59. ( 519 ) in ricordo ai suoi figli Antonio ed Ansaldo; il cui autografo serbasi nella libreria dei marchesi fratelli Gayotti fu Lodovico ('). 177. Med. rame. D. Busto a dritta con barba. NICOLAVS • GRIMALDVS. R. Uomo sdraiato ai piedi d’un albero, con un bastone nella destra e colla sinistra elevata verso il cielo. GAVDEO • FVTVRE • MVNITIONIS MDXXXXI. D. M. 48. " Gabinetto di S. M. il Re, in Torino. XXVIII. lìIO. BATTISTA ZUCCHETTA. 178. È autore 'di una lodata Arimmetica, la cui sola prima parte fu edita in Brescia dal Sabbio nel 1600,-giacche il Zucchetta morì prima di comporre la seconda. Nel frontispizio è inciso il suo ritratto di prospetto, colla seguente leggenda: • IO • BAPTISTA • SVCHETA • /ETATIS • 48 • AB • EIVS • ortv - .post • christ: 1550 • APRILIS • 21. C) Ved. Spinola, Considerazioni ecc., nel voi. IV Atti, pag. 351. Atti Soc. Lig. St. Patria, Voi. Vili, Fase. II. ( 520 ) XXIX. TOMMASO DE MARINI. Fratello dell’arcivescovo Leonardo, di cui al num. 97, fu in somma grazia presso l’imperatore Carlo V ed il re Filippo II; dal quale ultimo ebbe il Ducato di Terranova e il Marchesato di Castelnuovo. Possessore di immense ricchezze, fecesi costrurre in Milano, coi disegni di Galeazzo Alessi, il Palazzo che tuttavia dicesi del Marino ed è attuale sede di quel Municipio. 179. Med. bronzo. D. Busto a dritta. THOMAS • MARINVS • DVX • TERRAENOVAE. P. P. R. R. Onde marine e sole raggiante : impresa riferita fra le illustri dal Ruscelli, e da lui commentata. NVNQVAM • SICCARITVR • ESTV. I). M. 53. Raccolta Avignone. 180. Med. rame. D. Busto a dritta. THOMAS • DE • MARINIS. R. Albero di palma con vite. D. M. 45. Raccolta Avignone. Museum Mazzuchellianum, voi 1, tav. LXXXII, num. 1. ( »21 ) IBI. Med. rame. D. Busto a dritta. THOMAS • DE • MARINIS. R. Stemma De Marini. D. M. 29. Museum Mazzuchellianum, voi. 1, tav. LXXXI, num. G. XXX. ANTONIO MARIA BRACELLI. Nel 1559 andò in compagnia di Ottaviano Di Negro ambasciatore della Repubblica all’imperatore Ferdinando I, per le questioni che quella avea contro Alfonso Del Carretto marchese del Finale. 182. Med. rame. D. Busto a sinistra. ANTONIVS • MARIA • BRACEL ■ ANN • L. R. Busto a destra della consorte. ISABELLA • NEGRONA • VXOR • iET • AN • XXXXIII. D. M. U. Museum Mazzuchellianum, voi. I, tav. LXVII, num. 2. XXXI. GIOVANNI ANDREA D’ORIA I. Nipote ed erede di Andrea il Grande, gli succedette nel Principato di Melfi e nella carica d’Ammiraglio di Spagna. Fu acclamato Conservatore della Patria nel 1576; e mori in Genova il 2 febbraio 1606. 183. Med. ( 522 ) Trireme con vela spiegata. OMNIA • FORTVNjE • COMMITTO. De Boodt, Symbola etc., pag. U9. XXXII. PAGANO D’ORIA. Fratello del precedente, e Marchese di Torriglia, fu colonnello nelle armate di Spagna; e nel 1574 intervenne alla conquista di Tunisi, dove rimasto prigione fu da que’ mori decapitato. 184. Med. . . . Il sole che attraverso le nubi illumina la campagna. AVNQVE • OS • PESE. Che vale latinamente: Etiamsi illi displiceat. De Boodt, Symbola etc., pag. 181. XXXIII. MARCO ANTONIO SPINOLA. 185. Med. bronzo. B. Mezzo busto a sinistra. MARCVS • ANT • SPINALA • COMES • TASSAROLI. Sotto il busto: 1567. R. Atlante che sostiene il mondo. SVSTINE. D. M. 72. Olivieri, Monete ecc. degli Spinola, tav. I. GERpLAMO ASSERITO. ( 523 ) XXXIV. GIROLAMO ASSERETO. Nelle Leggi nuove del 1584 Girolamo Assereto si annovera tra i membri del Maggior Consiglio. 11 22 marzo 1607 fu eletto Doge della Repubblica, e fini il suo biennio il 21 marzo 1609. 186. Med. bronzo. D. Busto a sinistra. D • 0 • M • HIERONIMVS - F • Q • M • IO • BAPT • VIVALDIS • AXERETI • FEGIT • HANG • TVRRIM. Sotto il busto. JE • AN • XXVI. R. Stemmi Assereto e Vivaldi. Ì* ANNO • A • NATIVITATE • SALVATORIS • DOMINI • NOSTRI • IESV • CHRISTI • MDLXX. D. M. 75. Raccolta Avignone. Forse questa medaglia venne fusa per essere posta sotto la prima pietra di una torre al Varignano, nel Golfo di Spezia. 187. Med. rame dorato. D. Busto a sinistra. *j> RIERO • AXERETVS • PR.'EFECTVS • CORSICHE. R. Stemma della Repubblica. DVX • ET • GVBERNAT • REIP • GENV/E • 1596. D. M. 45. Raccolta Avignone. « ( on ) XXXV. GIAMBATTISTA SPINOLA. tiglio di Antonio, del ramo di Luccoli, fu senatore della Repubblica negli anni 1576 c 158S. 1S8. Med. argento. D. Busto a sinistra vestito di toga. IOAN • BAPTISTA • SPINVLA • NAT • A • XXV. R. Prometeo che rapisce il fuoco al cielo per animare la statua. NE • QVID • NIMIS • M • D • LXXII. D. M. 38. Gabinetto Reale delle monete in .Monaco di Baviera; c Museo del Louvre in Parigi. Olivieri, Moneto ecc. degli Spinola, lav. XIX,v num. 1. XXXVI. FRANCO LERCARI. E autore della insigne cappella già di N. S. in vestibus albis, ed ora del Sacramento, nel Duomo di Genova, nonché di un superbo Palazzo in Via Nuova, oggi posseduto dai signori Parodi ('). Nel 1574 Franco Lercari veniva eletto senatore dai nobili del Portico nuovo detto di san Pietro in opposizione a quelli del Portico vecchio di san Luca; e del 1583, con (') In questo Palazzo vedonsi tuttora duo busti, scolpiti da Taddeo Carlone, od esprimenti l’effigie di Franco c d’Antonia Do Marini di Ini consorte. Il primo reca la data del 1081, e somiglia al ritratto della presonto medaglia che noi produciamo incisa. 0 FFRANCESCO LERCARI. (N. 189). ( m ) testamento rogato il 22 febbraio dal notaro Leonardo Ghiavari, istituiva un cospicuo moltiplico nelle Compere di san Giorgio, a benefizio della Repubblica, delle Opere pie, d’alcuni conventi e monasteri, e della famiglia Lercari. 189. Med. bronzo dorato. D. Busto a sinistra. FRANCVS • LERCARIVS • R • CONS. Dietro al busto: P. P. R. R. Donna in piedi con cornucopia e stelle. IIVNC • REGVNT • OMNIAQ • DOMANT. D. M. SS. Raccolta Avignone. XXXVII. AGOSTINO D’ORIA. Governò la Corsica due volte: cioè nel 1574 e seguenti, indi nel 1591. 190. Med. argento. D. Testa nuda a destra. AGOSTINO • DORIA • B • F • CORSICAM • REGENTE. R. Stemma della Repubblica. QVOD • FELIX • PERPETWMQVE ■ SIT • 1575. Catalogo ms. dol Museo Borghese, anno 1784; Rivista della Numismatica etc., voi. I, pag. 64. ( m ) XXXVIII. . ANGELO LOMELLINO. Uno de’ sei cittadini che furono spediti nel 1570 a a Gasale, per comporre le differenze fra i nobili dei due Portici. 191. Med. rame dorato. D. Busto a dritta. AN • LOMELLINVS • DAVID • F • ET • B • CARD • FR • jET • AN • LXV. A. LVD. D. R.- Stemmi Lomellini, incudine e martelli, ed il sole, ed in un nastro: in • ROMA. D. M. 68. Raccolta Avignone. XXXIX. GIOVANNI BATTISTA GRIMALDI. Altro de’ sei deputati come sopra. 192. Med. rame. D. Busto a sinistra. IOANNES • BAPTISTA • GRIMALDVS. P. P. R. R. Prometeo legato, e l’aquila che lo divora. COR • EXEST • NVNQVAM • EX • CORDIS • REGINA • VOLANTVM. D. M. SS. Gabinetto di S. M. il Re, in Torino. Museum Mazzuchellianum, voi. I, tav. LXXVI, num. 5; Musco Cospiano, pag. 474 ; Catalogue de Wcizl de Wcllenhoim, voi. II, pag. 67!>, num. 13806. ( 527 ) XL. LUCA GRIMALDI. Luca Grimaldi, olirà de Castro, figlio di Francesco, fu Doge della Repubblica nel 1605-1606. Fece egli costruire l’insigne cappella della Croce nell’ora distrutta chiesa di san Francesco di Castelletto, e l’ornò di statue e di bassi rilievi gittati in bronzo da Gian Bologna. 193. Med. argento. D. Busto a destra. LVCAS • GRIMALDVS • AN • JET • SV.E • XXVII. li. Due uccelli che volano in un bosco. HOS • ME • DIRIGITE • IN • LVCOS. ' D. M. 45. Gabinetto di S. M. il Re, in Torino. XLI. BATTISTA SPINOLA. Signoro di Serravalle-Scrivia, verso la fine del secolo XVI. 194. Med. bronzo. D. Mezzo busto a destra con corazza. BAP • SPINOLA • D • SERRAVALLIS. R. Galera battuta dal mare agitato e dai venti; ed in alto un motto ebraico, che vale: Deh! Signore salva. D. M. 47. Presso il marchese Francesco Spinola qro. Ferdinando. Olivieri, Monete ecc. degli Spinola, tav. XIII, num. 8. ( 528 ) XLII. FEDERICO SPINOLA. Ammiraglio di Spagna nella guerra di Fiandra, periva gloriosamente, in età di 33 anni, sotto di Ostenda il 24 maggio 1003. Gli zelandesi clic per cagione di questa morte riportarono completa vittoria sugli spagnuoli, vollero ricordare il fatto colle tre medaglie seguenti. 195. Med. argento e rame. D. Veduta di vascelli. CEDVNT • TRIREMES • NAVIBVS • 1603. A\ Navi dello Spinola. VICT.-E • PEREMTO • SPINOLA • 20 ■ MAY. D. M. 30. Raccolto Avignone o Franchini. 196. Med. rame. D. Galere dello Spinola. VICT/E • PEREMPTO • SPINOLA • 20 • MAY. R. Attorno: MIRACVLVM • MEVM • IEHOVA • ANNO • 1604. E nel campo, entro corona d’alloro: CAPTA SLVSA • CVM PORTV • ET TRIREMIBVS 19 • AVG. D. M. 33. ( 529 ) 107. Med. rame. D. Galere come sopra. VICTAE • PEREMTO • SPINOLA • 26 • MAY. li. La città conquistata, colle galere nel porto. TRAXIT • DVXIT • DEDIT • 160-1. D. M. 33. Olivieri, Monete ecc. degli Spinola, pag. 11 e 147, tav. XX,num. 1, 3 e 4. * XLIII. AMBROGIO SPINOLA. Fratello del precedente, fu il miglior condottiero dei suoi giorni, ed ebbe il soprannome di Prenditore delle piazze. Espugnò nel 1604 la città e fortezza di Ostenda; e di questo glorioso fatto appunto serba memoria la seguente medaglia, che fu battuta in Anversa, i cui abitanti auguravano per quel trionfo più lieti giorni ai loro commerci. 198. Med. rame. D. Gambero marino (emblema di Ostenda) avviluppato in un prunaio. TANDEM • INII.ERET • SPINVLIS • 1604. R. Stemmi inquartati d’Austria e di Spagna. C • P • I • CHAM • DES • COMP • EN • BRA. D. M. 29. Raccolta Franchini. Olivieri, Op. cit., pag. 148, tav. XX, num 2. ( 550 ) XLIV. VINCENZO GIUSTINIANI. Marchese di Bassano ('), e fondatore della celebre Galleria Giustinìana pubblicata in Roma nel 1010 ( ). 199. Med. rame, in gran rilievo. D. Stemma Giustiniani VINCENTIVS • IVSTINIANVS • IOS • F • MAR * BASS. R. Prospettiva della Chiesa di san Vincenzo in Bassano. S • VINCENTIO • M • A • FVN • EXT. A • MDGXXII. D. M. 60. Raccolta Avignone. XLV. LEONARDO SPINOLA. 200. Med. rame dorato. T-, S. • LEONARDVS • SPINVLA • BAP • F • VNVS • EX • G\B • • SP.L* • S." • LVC^E • 1620. R. L’Immacolata Concezione, colla mezza luna e lo stemma Spinola sotto i piedi. * • I • fa • S • * • FVN DA • NOS • IN • PACE. D. M. 102. Raccolto Avignone e Franchini. Olivieri, Monete ecc. degli Spinola-, tav. XVII. (’) 11 Marchesato di Bassano fu costituito da papa Paolo V, con diploma 23 dicembre 1605. .-ninni (*) Da due lettere pubblicate fra le memorabili dall’ ab. Michele ius i (Lett. X1V-XV), si rileva che i ra.ni di detta Galleria serbavansi in Genova presso i Governatori della Famiglia. ( »31 ) XLVI. GIAMBATTISTA E ALESSANDRO SIRI. 201. Med. rame. D. Stemma della famiglia. R. Nel campo. £ io: baptista • et ALEXANDER • FRA TRES • DE • SIRIS • NODI LES•SAOXENSES• PAT RITII • ROMANI ANNO • DOMINI MDCXXXI. D. M. 53. Raccolta Franchini; e Gabinetto di Parma. XLVII. ONORATO li GRIMALDI. Principe di Monaco dal 1605 al 1662. 202. Med. rame dorato, con anello. D. Busto a dritta. HONORATVS • II • D I G I PRINCEPS • MONOECI. R. Stemma Grimaldi. DVX • VALENT : PAR • FRANCLE • COM • CARLA-. 1645, D. M. 53. Raccolte Avignone e Franchini. Rossi, Monete dei Grimaldi ecc., pag. 45, tav. I, num. 4. ( 552 ) XLVIII. FORTUNIO LICETI. ■ Nacque il 3 ottobre 1577, e si addottorò medico in Genova nel 1600. Fu pubblico lettore di logica nello Studio di Pisa (1600), poscia di filosofia in quelli di Padova (1609) e di Bologna (1631); e nuovamente in Padova primo professore di medicina (1645). Compose un grandissimo numero di opere filosofiche, mediche ed archeologiche, delle quali si hanno a stampa oltre cinquanta; e meritò da’contemporanei il titolo di Fenice degli ingegni. Morì il 17 maggio 1657. 203. Med. argento. I). Busto quasi di fronte. FORTUNIUS • LIGETUS • MED • ET • PR • PRIM • PAT. R. Pane inseguito da Mercurio. PORTASSE • LICEBIT. L’iscrizione del dritto si riconosce incisa in età posteriore alla medaglia. D. M. '35. Raccolta Avignone. Liccti, De anulis antiquis, Utini, 1645; Durant, Médailles etc., pag. 107. XL1X. GIAN DOMENICO CASSINI. Insigne astronomo, nato a Perinaldo (Circondario di San Remo) correndo il 1625, fu nel 1650 chiamato ad insegnare l’astronomia in Bologna; dove in quella basilica di san Petronio fece tirare una meridiana ( 535 ) riuscita a gran pezza più esatta di quella che nel secolo innanzi vi avca formata Ignazio Danti. Invitato a Roma da papa Alessandro VII, fu da lui consultato e adoperato nella tanto dibattuta questione delle acque. Passò quindi a Parigi, richiesto da Luigi XIV; rivide l’Italia nel 1695, e giunse in tempo a riparare i danni che la meridiana di san Petronio avea risentiti per cagione del pavimento. Rientrato in Francia, vi morì nel 1712. 204. Med. rame, battuta in Parigi per la scoperta fatta dal Cassini dei cinque satelliti di Saturno. D. Busto a dritta. LUDOVICUS • MAGNUS • REX • CHRISTIANISSIMUS • LI. R. Veduta dei cinque satelliti di Saturno. V ■ SATVRN • SATELLITES ■ PRI.M • COGNITI. Nell’esergo: M . DC . LXXXV!. D. M. K0. / Raccolta Avignone. 205. Med. rame, coniata in Bologna, pei restauri alla meridiana di san Petronio. D. Busto a destra. IO • DOM • CASSINVS • ARCIIIGYM • BONON • PRIMAR • ASTRON • ET • R • ACAD. R. Veduta della basilica e della meridiana; ed in alto: FACTA • COPIA • COELI Sotto la basilica: FER • D‘ S • V. E nell’esergo: ( 554 ) BONON. M • DC • VC. Le iniziali sotto la basilica ci danno il nome del-l’incisore Ferdinando da Sant’Urbano. D. m. co. Raccolta Avignone. Museum Mazzuchellianum, voi. Il, tav. CL1II , num. 1. 206. Med. rame. D. Busto. I • DOMINICVS • CASSINI. PEUVIER • F. R. Nel campo: NATVS AN • M • DC • XXV PERINALDO • IN • NICAEAE MASSILIENSIVM • COMITATV OBI IT AN • M • DCC • XII SERIES' NUMISMATICA VNIYERSAMS • VIRORVM • ILLVSTR1VM M • D • CCC • XXIII DL’RAND • EDIDIT. D. M. 44. Rudolphus, Rccentioris aevi numismata ctc., pag. 23. 207. Med. rame. D. Busto. I • DOMINIQ • CASSINI. E•GATTEAUX. ( 538 ) R- Nel campo: NE • EN • M • DC • XXV. A • PERINALDO • PRÈS • NICE MORT • EN • M- DC • XII. GALÈR1E • METALL1QVE UIJS • GRANDS ■ 110MMES ■ FRANCA». 1825. D. M. 41. liudolphus, Op. cit., pag. 23. L. CARLO MAL ASPI NA. Marchese di Fosdinovo, nacque il 23 settembre 1671, figlio postumo del march. Ippolito. Sopportò grandi molestie nella guerra di successione, ma fini per trionfarne: al che forse allude la presente medaglia. Morì nel 1722. 208. Med. rame. D. Busto a dritta, con corazza. CAR • MALASP • MAR • FOSD • &. Sotto il busto: C. CITERNI. F. ii’.'Cavallo sdraiato a sinistra sopra attrezzi militari. PROEMIA • VICTORI/E. D. M. 55. Raccolta Avignone. Litta, Famiglia Malaspina. Atti Soc. Lio. St. Patria. voi. Vili, Fase. 11. 36 ( 53G ) LI. FILIPPO CARLO SPINOLA. Conte di Brouay, e Governatore della Provincia di Namur dal 169G al 1702. 209. Med. rame. D. Armi della Provincia di Namur, cioè leone rampante con corona sopra. GETS • DES • ESTATS • DE • NAMVR • 1696. R. Stemma Spinola fra due palme, e corona. P•C • F • DE• SPIN • C • DE • BROVAY • GO • ET • CA • GNL • DE • N.R Cioè : Philippe Charles Fraterie de Spinola, Comte de Bronciy, Gouverneur et Capitarne Général de Namur. D. M. 28. Raccolta Franchini. Olivieri, Monete ecc. degli Spinola, pag. 149, tav. XX, num. 5. 210. Gettone, o medaglia di rame. D. Nel campo le armi della Provincia di Namur. GETS • DES • ESTATS • DE • NAMVR • 1699. R. Nel centro lo stemma coronato degli Spinola. P • C • F • D • SPIN • C • DE • BRVAY • M • D • E • CAMP • GNL • GO • ET • C • G • DE • N. Cioè: Philippe Charles Frederic de Spinola, Corate de Brouay, Marechal de Camp, Général Gouverneur et Capitarne Général de Namur. D. M. 29. Caucih, Bollettino (li Numismatica, anno 1870, pag. 22, tav. I, num. 2. ( ‘057 ) LII. COSTANTINO GRIMALDI. Costantino Grimaldi appartiene al ramo di questa famiglia stabilitosi in Napoli, dove egli nacque nel 1667. Applicò in peculiar guisa allo studio della filosofia e della giurisprudenza, e sostenne celebri controversie. Pubblicò tre Risposte apologetiche alle Lettere di Benedetto Aletino (cioè del gesuita G. B. De Benedictis) in difesa della teologia scolastica, e le Considerazioni teologiche e 'politiche a prò3 degli degli editti di S. M. intorno alle rendite ecclesiastiche del Regno di Napoli. Mori nel 1750. 211. Med. bronzo. D. Busto. GRIMALDI • GONSTANTINVS • S • C • CON. R. Il sole splendente, ed un’aquila che vola verso lo stesso; sotto, fra un ramoscello, un animale; e nel campo lo stemma Grimaldi. CLARIORA. Calalogue de Welzl do Wellenheim, voi. II, pag, 675, num. 13805. LUI. * BERNABÒ MALASPINA. Nacque il 25 febbraio 1728, e fu marchese di Filattiera e Terrarossa, cavaliere di santo Stefano di Toscana, e Priore d’Ancona. Morì il 12 febbraio 1761. 212. Med. bronzo. ( 558 ) D. Busto a destra con corazza. BELNABOWS • V • MALASPINA • S • R • I • FI LACTER • ET TERRAERVBR • M. R. Veduta 'di un palazzo ; o sopra in un nastro : GLORIAE • MANENTI. Nell’ esergo: FLOR • A • FVND• EXTR A • GID • IOCCXIII. D. M. 89. Museo di Firenze Litta, Famiglia Malaspina. LIV. MARCELLO MALASPINA. Fratello di Bernabò, nacque il 10 dicembre 1089; c lu avvocato di chiaro nome, poi senatore (1721) e auditore generale di Siena (1722). « Estinta, la casa Medici, e succeduta in Toscana la casa di Lorena, fu eletto uditore della Consulta di Reggenza e destinato alla presidenza dei confini, per cui nel 1735 ebbe l’onore di pubblica medaglia con iscrizione analoga ». Appartenne alle Accademie degli Apatici e della Crusca ; e mandò alle stampe alcune poesie. Mori il 3 aprile 1757 ('). 213. Med. rame. D. Busto a destra. M • MARCELLVS • MALASPINA • SEN • AVD • GEN • SENAR • NVNfi • SVPERS. (’j Litta, Fam. Malaspina, tav. XII. ( 539 ) Sotto il busto: G. B. V. F. ii. La Scienza e la Giustizia che coronano un busto ; ed in giro: SEMPER • II0N0S ■ NOMENQVE • TVVM. Nel piedistallo del busto: TVTORI PINIVM. Nell’esergo: MDCCXXXV. D. M. 88. Raccolta Avignone. Museum Mazzuchellianum, voi. II, tav. CXCI1I, num. I; Litta, Famiglia Malaspina. LV. BELTRAME CRISTIANI. Nacque in Varese-Ligure nel 1702, e fu Gran Cancelliere della Lombardia Austriaca. E lodato dal Muratori qual « personaggio che per l’elevatezza della mente, per l’attività nell’operare e per le massime dell’onoratezza, inclinante tutta al pubblico bene, ha pochi pari > ('). Scrisse alcune opere politiche; e mori nel 1758. 214. Med. bronzo, fusa. D. La Giustizia e la Pace in piedi; e vicine ad un termine le armi dell’Impero e di Venezia. FINIBVS • LOMBARDIAE • AVSTRIACAE • ET • VENETAE • FELICITER • CONSTITVTIS. (’) Muratori, Annali, ann. 1712 e 1749. ( 540 ) i?. Nel campo: s • c. Intorno: BELTR • CO • CHRISTIANI • CONSIL • IMP • ET • REO • AC • T • INT • STAT • AVST • IN • ITAL • PLENIP. Nell’esergo: A • V • C. CIO • IDCCXXXV. D. M. 203. Museo Correr di Venezia (’). LVI. MANFREDO MALASPINA. Figlio di Bernabò, nacque il 18 aprile 1720. Fu cavaliere di santo Stefano in Toscana; coltivò gli studi letterarii ed archeologici, e fu aggregato a parecchie Accademie. Si ha di lui una orazione in lode di Ugone principe di Toscana. Mori il 2 gennaio 1787, e fu r ultimo del suo ramo (2). 215. Med. bronzo. D. Busto a dritta. MANFREDVS • MALASPINA • FILACTERMG • ET • TERR/ERVRR • MARCHIO • &. Sotto il busto: A. SELVI. F. (’) Debbo questa descrizione alla esimia cortesia del Conservatore di esso Museo, nob. cav. Nicolò Darozzi. (s) Litta, Fam. Malaspina, tav. XII. ( 341 ) R- Due figure in piedi e due putti. AVIS • ATAVISQVE • POTENS. Nell’esergo : MDCCXXXXV. D. M. 89. Raccolta Avignone. Museum Mazzuchellianum, voi. II, tav. CLXXXV, num. 4; Litta, Famiglia Malaspina. LVII. BALILLA. 216. Med. rame dorato. D- Il Balilla che scagliaci sasso. $ 5 • DICEMBRE '1746. R. Genova veduta dal mare ; e nell’ esergo : GIOVANNI • CARBONE FECE. D. M. 51. Raccolta Avignone. 217. Med. rame dorato. D. Il Balilla che scaglia il sasso (variante dalla precedente ). 5 • DICEMBRE ■ 1746. R. Genova vedutà dal mare (variante come sopra). Sotto: ( 542 ) GENOVA. Nell’ esergo : G. BERTI GA.LURA INC. D. M. 52. Raccolta Avignone. Enti ambo queste medaglie sono di recente fattura. LVIII. GIAN LUCA PALLAVICINO. Figlio di Criuseppe e di Livia Centurione-Oltramarino, nacque il 23 novembre 1G97. Sostenne per la Repubblica di Genova parecchie onorevoli ed importanti missioni, segnatamente rispetto alle cose di ^orsica. Servì nella marina cesarea l’imperatore Cailo ^ I nella guerra per la successione al regno di lolonia, e poscia in quella contro i turchi sul anubio con marinai ed attrezzi procuratisi di Genova e di V enezia. Ebbe quindi altri gradi nelle milizie imperiali; e nel 1750 fu nominato luogotenente, governatore e capitano generale della Lombardia Austriaca, « cui presiedette per tre anni con piande .sua riputazione ». Dimesso il governo(1753), fu nominato cavaliere del Toson d’oro, e poco appi es.>o (175-1) elevato al supremo onore negli eserciti di Feld-maresciallo. « Era altresi uomo di molta coltuia nelle lettere, ed aveva avuto presso di sè il Lami per Bibliotecario, che con gran rammarico asciò partile, non potendogli permettere di dire la ( m ) verità in quelle sale ove la simulazione e la dissimulazione sono una necessità ». Mori in Bologna il 27 settembre 1773 ('). 218. Med. bronzo. D. Busto a dritta con corazza, ed attorno: io • LVCAS • COMES • PALLAVICINVS • AVSTRIACAE • INSVBRIAE • GVRERNATOR • SVPREM. R. Pallade e Mercurio sedenti, allusivi ai meriti del Pallavicino nel governo politico e nel militare; ed in giro: QVIBVS • VNVM • OPVS • EST • HORAT. Nell’esergo: t ciò • io • cc • liii. U. M. 90. Museo di Parma. Litta, Famiglia Pallavicino. LIX. ANTONIO GIOLFI. Segretario dell’Accademia Ligustica di belle arti dal 1752 al 1796. 219. Med. oro. Questa medaglia veniva decretata dall’Accademia all’abate Gioiti il 10 gennaio 1761, per lo zelo col quale aveva atteso alla fondazione della medesima e con- (') Litta, Famiglia Pallavicino, tav. XIII. ( m ) tinuava a prestarle l’opera sua. E doveva essere quella che vedesi riportata dal eli. Staglieno alla tav. II, num. 3 della sua Illustrazione delle medaglie di essa Accademia, le quali noi pure descriveremo in alti a parte (*). LX. PASQUALE DE PAOLI. Generale dei Corsi; morto a Londra il 5 febbraio 1807. ~20. Med. stagno. D- Mezza figura a sinistra, armata di spada, pistole e bastone. I ’ascal • de • Paoli • General • des • Corses. R- ì eduta dell’isola di Corsica, e di un lembo d’Italia, a pianta di Corsica è scritto al centro: corse. Ed all intorno, procedendo da destra a sinistra: ALER . VECCHIO. BONIFACIO. A DIACI . SAOON .CALVI . NEBI . 3 . FIOR. Nel littorale italiano: ITALIE. E presso lo stesso: ILVO . PIOMBINO. D. M. 41. Raccolta Avignone. (') Voci. Staclie.no, Le medaglie dell’Accudmia Ligustica, pag. -20. ( 545 ) 221. Med. stagno. J). Mezza figura a sinistra, come sopra. Pascal • de • Paoli • Général ■ des • Corses. B. Veduta del mare e di una città bombardata ; e sopra due putti che tengono un bindello entro cui era scritto un qualche motto, ora illeggibile. D. M. 41. Raccolta Franchini. LXI. JACOPO DURAZZO. Fu ambasciatore cesareo presso la Repubblica di Venezia; e adunò la celebre collezione di stampe della quale il conte Bartolomeo Benincasa pubblicò in Parma, nel 178-4, la descrizione. 222. Med. bronzo, fusa. I). Busto a destra. IACOBVS • DVRACIVS • IANVENSIS. B. Apollo, seduto in trono in un tempio, il quale tiene colla destra la cetra, e porge la sinistra alle tre arti che gli stanno di faccia in piedi recando i loro simboli. Nell’esergo si legge: FAVOR • OMNIBVS • IDEM. D. M. 70. Gabinetto di S. M. il He, in Torino. ( S4G ) LXII. ALESSANDRO ED ANTONIOTTO BOTTA-ADORNO. 223. Med. argento e rame, coniata allorquando l’impe- ratore Leopoldo II restituì alla Lombardia Austriaca gli antichi privilegi. D. Corona di quercia, e nel campo: ANT - VICE • C0M1TI • AIMO • MED ALEX • BOTTA E • ADVRNO • TIC ALEX • CAVTIO • CREMON AD • LEOPOLDVM • II • AVO LEOATIS. R- La Lombardia che tiene colla destra tre corone in atto di dispensarle; un Fiume coricato a’ suoi piedi, e nel contorno: PROV • RESTITVTA . RESCRIPTO • OPT • PRINCIPIS. Nell’esergo: * CONVENTVS•INSVBR • A • M • DCC • XCI. L’epigrafe fu dettata dal eh. Francesco Fontana. D. M. 63. Spotorno, Arte epigrafica, voi. II, pag. 230; Litta, Famiglia Visconti. 224. Med. rame. D. Busto. ANTONIOTTVS • BOTTA • ADORNO • MARCHIO. ( 547 ) R- La Giustizia in piedi con elmo e spada nella destra, le bilancie nella-sinistra; ed il motto: IN • MEMORIA • /ETERNA • ERIT • IVSTVS. PSAL. 3. 17. Appendice alla Biblioteca Firmiana, pag. 81. LXIII. GIUSEPPE ALBARA. 225. Med. bronzo. D. Effigie a destra. GIUSEPPE • ALBARA • GENOVESE. B. Liscio. D. M. 41. Gabinetto di S. M. il Re, in Torino. LXIV. CAELO BARABINO. » 226. Nacque in Genova 1’ 11 febbraio 1768; e fu architetto del Comune dal 1797 al 1798, quindi dal 1818 al 1835, in cui addi 3 settembre cessò di vivere. Non è qui il luogo di enumerare gli stupendi edifìzi e gli abbellimenti onde questo insigne artista dotò la nostra città; bensì è da notare come egli cominciasse gloriosamente la propria carriera, guadagnando nel 1792 una medaglia d’oro del valsente di cinquanta zecchini, che l’Accademia Parmense di Belle Arti avea proposta a concorso per ohi meglio e più opportunamente divisasse un Luogo a reali diporti. La medaglia fu aggiudicata al Barattino con attesta- f ( US ) zione del 21 luglio detto anno; dove, a proposito dell opera da lui divisata,vsoggiugneasi « felice quella nazione che potesse aggiugnere alla propria gloria il possesso d’un simile monumento ». Alizori, Notizie dei Professori del disegno ecc., dalla fondazione dell’Accademia, voi. Ili, pag, 14.|6. é LXV. MARCELLO E GIROLAMO DURAZZO. 221. Med. rame. D. busto quasi di fronte. MARCELLUS • DURAZZO • JANUEN • PATRIAE • BONARUMQ • ART • OPT • MERITUS. H. VASSALLO. F. 1S01. -D. Busto a sinistra. HIERONYMO • DIGNO • MARCELLI • FILIO • MECOENATI • SUO • AMPLISSIMO. Nell’ esergo : ORATI • ANIMI • EROO FECIT • DICAVITQYE II, VASSALLO D. M. 51. Raccolta Avignone. LXVI. GIUSEPPE FRAVEGA. Ricco negoziante, ebbe gran parte.nei varii governi che succedettero alla rivoluzione del 1797. ( 549 ) 2.28. Med. argento e rame. B. Erme di fronte. « IOSEPHUS PRAVEGA H. VASSALLO • F. R. Rami di quercia e caduceo. GENUAE • AN • D ■ MDCCCIV • REIPUBLICAE • LIGUR • VII. D. M. 5ì. Raccolta Avignone. LXVII. ANDREA MASSENA. ' Generale di sommo grido ne’ fasti della Repubblica Francese e del Primo Impero. 229. Med. rame. D. Busto a sinistra., MASSENA • MARÉCHAL • DE • FRANGE • PRINGE • d’eSSLING. BARRE F. R. Corona di alloro e quercia, entro cui: RIVOLI ZURICH OENES ESSLING. NÉ ■ A • NICE ■ EX . 1755. MORT ■ EN • 1817. D. M. 41. Raccolta Avignone. t 230. Med. rame. D. Busto a dritta. ANDRE • MASSENA. E. GATTEAUX. R Nel campo: NÉ A • NICE EN • M • DCC • LVI1I MORT EN • M • DCCG • XVII GAI.ÈRIE • METALLIQUE DES • GRANDS • HOMMES • FRANCAIS. 1822. D. M. 41. Raccolta Avignone. LXVIII. LUIGI CORVETTO. Nato in Genova addi 11 luglio del 1756, fu eletto nel 1797 membro del Direttorio Esecutivo della Repubblica Ligure; indi Consigliere di Stato sotto Napoleone, e sotto Luigi XVIII, e finalmente Ministro delle finanze. Morì nel 1821, e fu sepolto nella parrocchiale di san Siro in Nervi. ( 551 ) 231. Med. argento. D. Scudo coronato come segue: lt Nel campo : A S • EXC. M.CR • LE • COMTF, CORVETTO MINISTRE • DES • FINANCES LES • FONCTIONNAIRES DES • MONNAIES MAI.- 1817. Nel contorno: DOMINE • SALVUM • FAC • REGEM. D. M. 38. Die Reichelsche Miinzsammlung in St, Petersburg, voi. VII, pag. 258, num. 1613. LXIX. GIO. .ANTONIO RAGGI. Ministro delle Finanze del Regno di Sardegna nel 1827. Mori nel 1855. 232. Med. argento e rame. D. Busto a destra. MARCHESE • GIO • ANT • RAGGI • PRIMO • SEGRET • DI ■ FINANZE. G. F. Atti Soc. Lio. St. Pìtbia, Voi. Vili. Fase. II. 37 ( W2 ) i?. Mercurio ed emblemi di commercio. TRIBUTO • DI • RICONOSCENZA • DELI.,’ AUTORE. Nell’esergo: G • FERRARIS • F • E • INV. D. M. 50. Kaccolta Avignone. BARTOLOMEO SEMINO. 233. Figlio di Ambrogio, nacque nel 1799 a Nizza di mare, ove il padre era Console della Repubblica Li-. gure. Nel 1823 passò in Persia, e nel 1828 era a servizio di quello Sciali, in qualità di ingegnere-idrografo, e colonnello capo dello Stato Maggiore. Prese gloriosa parte a diversi fatti d’armi ed assedii; e perciò lo Sciali gli rimisele insegne dell’Ordine del Sole e del Leone oltre una medaglia in suo onore. Nel 1835, caduto in disgrazia per invidia di emuli, si ritirò dal servizio e lasciò la Persia; indi morì a Smirne il 14 aprile 1852. Bulletin de la Société Geographiquo do Paris; anno 1855, voi. I, pag. 298. LXXI. NICOLÒ PAGANINI. « Il più valoroso, straordinario e rinomato violinista del secolo XIX » ('). Nacque in Genova il 24 febbraio 1784; morì a Nizza il 27 maggio 1839. 0 Fetis, Bioqr. etc., voi. VI, pag. iOfi. ( 553 ) 234. Med. argento e rame, coniatagli a Vienna. -0. Busto a dritta. NICOLAO • PAGANINI. Sotto il busto: J ■ LANG • F. Nell’esergo: VINDOBONA • MDCCCXXVm. R. Violino, archetto e musica, con corona di alloro. t PERITURIS • SONIS • NON • PERITURA • GLORIA. D. M. 43. Kaccolta Avignone. 235. Med. arg. e rame, fatta a Parigi nel 1831. D. Busto a dritta. FAMA • PAGANINI • NON • EST • PERITURA • PER • ANN0S. A. BOVY. F. R. Aquila con violino, archetto, paUna e corone. Sotto: VERBA • DESUNT. Attorno : PARISINSEES • PRjEDICANT • ET • 0RBIS ‘mdcccxxxi. D. M. 54. Raccolta Avignone. 236. Med. oro, argento e rame, fatta a Genova nel 1834. 1). Stemma civico, con testa di Giano coronata: 0RD0 • DEGVR • GENV. FERRARIS. ( 554 ) li. Nel campo : NIC • PAGANINO FIDICINI « evi • NEMO • PAR • FVIT CIVIQVE BENE • MERENTI A . MDCCCXXXlllI. I/iscrizione è del march. Vincenzo Serra. D. M. 50. Raccolta Avignono. LXXII. OTTAVIO ASSAROTTI. Nacque in Genova il 25 ottobre 1753, e fu il primo (1801) ad istruire i sordo-muti in Italia. Mori il 24 gennaio 1829, lasciando erede lo Stabilimento che ave\a eretto in patria nel 1802. La presente medaglia fu fatta coniare in Siena dal genovese P. Tommaso Pendola, direttore di quel-l’Istituto dei sordo-muti. 237. Med. argento e rame. D. Busto a destra. P • OTTAVIO • ASSAROTTI •' DELLE • SCUOLE • PIE. A. FABRIS D’UDINE F. R. Nel campo : ALLA • MEMORIA DEL • PADRE DEI • SORDO-MUTI ( 555 ) Attorno : L’ISTITUTO • DEI • SORDO-MUTI • DI • SIENA • M ■ DGCC • XXXXII. D. M. 49. Raccolta Avignone. LXXIII. MARCELLO SAPORITI. 238. Med. arg. e rame, fattagli coniare dalla città di Vigevano. D. Busto a dritta. MARCELLO • SAPORITI • MARCHIONI CIVITAS • VIGLEVAN ■ CONSÈNSV • OPT • PRINC. F. PUTIN'ATI. R. Edificio per le scuole, donato dal Saporiti alla detta città, sul quale si legge: AEDES • IN • LVDVM • LITTERARIVM • GRATIS • ADTRIBYTAE • INSTAVRATAE. Quindi, nel frontone dell’edificio: NEL . SAPERE . E . NELLA . VIRTÙ. LA . FELICITÀ. Nell’esergo lo stemma Saporiti accostato dalla data: ANNO MDCCCXXX. D. M. 58. Raccolta Avignone. Supplemento alla Gazzetta di Genova, anno 1831, num. 2i. ( o56 ) LXXIV. LUIGI MALASPINA. Marchese di Sarinazzaro e Scnldasole, nacque in Pavia il 19 agosto 1754; fu Decurione di quella città, e vi sostenne altri onorevoli uffici. Morì, ultimo del suo ramo, il 28 marzo 1835. 239. Med. rame. D. Busto a sinistra. ALOISIVS • MALASPINA • A • S • NAZAR • MARCH. F. PUTINATI. R' Facciata di un palazzo; e sopra: BONIS • ARTIB. Sotto: CONDITORI • AC • CIVI B • M • TICINENSES A • MDCCCXXXV. D. M. 43. Raccolta Avignone Litta, Famiglia Malaspina. LXXV. GIAN CARLO DI NEGRO. Figlio del patrizio Jacopo Andrea e di Laura Serra, nacque in Genova nel 1769. Assiduo cultore delle lettere, promotore d’ogni bell’arte, esempio singolarissimo di bontà e d’ospitale cortesia, fu in Italia e fuori degnamente onorato. Morì in età di anni 88, il 31 agosto 1857. Gli amici gli eressero ( »37 ) nella Biblioteca Civico-Beriana un monumento scolpito dal prof. Carlo Rubatto, e ne fecero la solenne dedicazione il 29 maggio 1861, pronunziando l’èlogio di Gian Carlo il comm. Antonio Crocco, e leggendo visi parecchie poesie di valorosi letterati: elogio e poesie che uscirono quindi a stampa raccolti in un bel volume decorato della fotografia del monumento ('). 240. Med. oro. D. Busti della Regina e del Re di Francia. MARIE • AMELIE ■ LOUlS • PHILIPPE • I. R. Corona di alloro, e nel campo: LA • REINE DES • FRANCAIS o A • Mn • LE • MARQUIS JEAN • CARLO • DI • NEGRO A • GÉNES LE • 20 ■ NOVEMBRE 1837. D. M. 52. Presso gli eredi Di Negro. LXXVI. ONORATO V GRIMALDI-MATIGNON. Principe di Monaco, dal 1819 al 1841. 241. Med. argento e rame, per la costruzione del ponte di Caréi. (') Genova, Tip. Sordo-muti, 1861. D. Busto del Principe a destra. HONORE • V - PRINCE • DE ■ MONACO. borrel. f. Nel campo, entro corona di quercia: PONS • CARREI * MVNIFICENTIA PRINCIPIS. C • A • DE • VILLAREY •PR.EFECTO. C • FORTIER • ARCII.™ 1838. E nell’esergo: monaco. d. M. 37. Raccolta Avignone. Rossi, Monete dei Grimaldi, pag. 79, tav. IX, num. 49. LXXVII. FEDERICO PESCHIERA. 242. Nacque in Genova il 12 agosto 1814, e fu pittore di singolare ingegno. Riconoscente scolare dell’Accademia Ligustica, fe’ dono alla medesima di una sua gran tela dell’ Apocalissi ; e n’ebbe in ricambio una medaglia d oro coniata al suo nome, decorata di ( 559 ) piedestallo e cornice d’argento, e spedita con lettera del Presidente Lorenzo Nicolò Pareto il 30 settembre 1845. Mori in viaggio presso a Nuova Orleans, il 7 ottobre 1854. D. Genio della Pittura in faccia all'erme di Giano , ed in alto: ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. Nell’ esergo: ACADEM • LIGUSTICA MDCCLVIII. R. Non avendo l’Accademia tenuta copia dell’epigrafe, non si può notare. D. M. i\. Alizeri, Notizie ecc., voi. Ili, pag. 195 e 227; Staglieno, pag. 20. LXXVIII. LORENZO COSTA. Nacque a Spezia il 18 ottobre 1798, e mori in Genova il 10 luglio 1861. Esimio poeta latino e italiano, cantò la impresa di Cristoforo Colombo, intitolando alla patria di quel Sommo il bel volume uscito nel 1846 dai tipi del Ponthenier. Il Municipio riconoscente , facea coniare in onore di lui la presente medaglia. 243. Med. oro, argento e rame. D. Stemma della città di Genova sostenuto da due Griffoni e sormontato dalla testa di Giano coronata. ( 560 ) R. Nel campo : LAVRENTIO • COSTAE DECVRIOM AVSVM • COLVMBI MVSIS • I’ATRIAEQ • TRADENTI OR DO • GENVENSIS AN • MDCCCXLVI. D. M. oo. Raccolta A\ignone. LXXIX. DOMENICO PARETO. Ambasciatore del Re di Sardegna presso la Sede nel 1848. ~44. Med. oro. D. Busto del Papa a sinistra. pivs • IX • PONT • MAX. N. CERBARA. R- ^ eduta di Gaeta. DOMINICO • PARETO • LEGATO • SABAVD • PIVM • P • M • ROMA • EXTORREM • CAIETAM • SEQVVTO • MDCCCXLVm. D. M. 82. Presso il marchese Domonico Paroto. Santa IX • A • ( »61 ) M*' - LXXX. * GIUSEPPE ISOLA. 245. Esimio pittore di storia, e professore-direttore nel-l’Accademia Ligustica di Belle Arti; aggiunse di recente alle tante e lodate opere sue il grande affresco della Scienza nell’ aula massima dell’ Università Genovese. La medaglia in oro, sotto descritta, gli fu deliberata il 9 gennaio 1859 dall’Accademia medesima, cui egli aveva rappresentata al Congresso artistico tenutosi l’anno avanti in Bruxelles. D. Genio della pittura, come al num. 242. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES Nell’ esergo: R. Nel campo: ACADEM • LIGUSTICA MDCCLVm. A GIUSEPPE • ISOLA INVIATO AL CONGRESSO DI BRUSSELLE MDCCCLVIII. D. M. 45. Presso il cav. prof. Giuseppe Isola. Staglieno, pag. 21. / ( 862 ) LXXXI. GIAN PIETRO VIEUSSEUX. Fondatore dell’ Antologia Italiana e dell’ Archivio Storico. Mori in Firenze il 28 aprile 1863. 246. Med. rame. D. Busto a sinistra. GIO • PIETRO • VIESSEUX • D’ONEGLIA (')• G. FERRARIS . F. R. Nel campo: PER • QUARANTANNI • BENEMERITO DELLA • CIVILTÀ • ITALIANA COMPIEVA • L* OTTANTESIMO • DELLA • VITA A’ • 29 • SETTEMBRE • 1859. D. M. 59. Raccolta Avignone. LXXXII. GIUSEPPE GARIBALDI. 247. Med. stagno. D. Busto a sinistra. GIUSEPPE • GARIBALDI • NATO • A • NIZZA • NEL • 180/. MASSOXET ED. R. Corona intrecciata di quercia e di alloro. GUERRA • PER • L’ INDIPENDENZA • ITALIANA • 1860. (’) Si avverta che nella me taglia sta realmente ed erroneamente scritto Vies-scux, in luogo di Vieussevx. ( 505 ) Nel campo: SBARCO • A • MARSALA IL 11 • DI • MAGGIO PRESA • DI • PALERMO IL • DÌ • 27 CAPI • DI • CORPI LA MASA • CARINI • STOCCO CAIROLI • NINO BIXIO ORSINI • ANFOSSI. D. M. 50. Raccolta Avignone. LXXXIII. CESARE LEOPOLDO BIXIO. L’Accademia Ligustica, con decreto del 12 settembre 1860, deliberava all’avv. cav. Bixio Vofferta della presente medaglia in segno di gratitudine, per aver egli difese vittoriosamente davanti ai tribunali le diverse ragioni dell’Accademia. Morì questo esimio giureconsulto in Genova il 27 dicembre 1863. 248. Med. oro. D. Il Genio della pittura su piedestallo, come al numero 242. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. Nell’ esergo : ACCADEMIA • LIGUSTICA. MDCCLVm. ( 564 ) H. Nel campo: CAES • LEOP • BIXIO OB • IURA • ACADEM IN • FORO • VINDICATA MDCCCLX. D. M. 41. Presso il cav. avv. Enrico Bixio, figlio del suddetto. Staglieno, pag. 21. lxxxiv. • GIROLAMO DA PASSANO. Attuale Ispettore delle Scuole Civiche di Genova. 249. Med. argento. D. Corona di alloro, ed in giro: SOCIETÀ • PEDAGOGICA • ITALIANA. Nel campo: TERZO CONGRESSO ITALIANO 1863. li. Corona, e nel campo: A GEROLAMO DA PASSANO. D. M. 39. Presso il cav. prof. Girolamo Da Passano. ( 568 ) 250. Med. argento. D. Emblemi scolastici, e stemma della città di Torino. vi • CONGRESSO • PEDAGOGICO • ITALIANO. R. Corona d’alloro ed intorno : ESPOSIZIONE • DIDATTICA • IN • TORINO. Nel campo: A GIROLAMO DA PASSANO D. M. 45. Presso il medesimo. LXXXV. AUGUSTO RIBOTY. Nato a Villafranca presso Nizza: senatore del Regno, ed attuale Ministro di Marina. 251. Med. oro, argento e bronzo. D. Busto a destra. AUGUSTO• RIBOTY. A. riEKOSl F. IN LUCCA. R. Corona navale nel campo; ed attorno: ONORÒ • L’ITALICO • NOME. Sotto : LISSA MDCCCLXVI. D. M. 50. Raccolta Avignone. Corriere Mercantile di Genova, anno 1867, num. 306. ( SCO ) LXXXVI. BIANCHERI GIUSEPPE. i / Deputato del Collegio di Ventimiglia, ed oggi Iiesi-della Camera dei Deputati al Parlamento Italiano. 252. Med. rame. D. Stemma di Ventimiglia coronato, ira due ìami di palma e di alloro. VENTIMIGLIA - OFFRE MDCCCLXVI. I,. MALUBERTI. R. Nel campo: A GIUSEPPE • BIANCHERI PROPUGNATORE NEL • PARLAMENTO ■ ITALIANO DELLA•STRADA•DEL• ROJA. D. M. 37. Rarcolta Avignone. LXXXVII. GIROLAMO BOCCARDO. Uno de’ più illustri scienziati onde si onoii l Ita , ed attuale Preside del R. Istituto Tecnico in Geno 253. Med. argento. D. Busto del Re a sinistra. VITTORIO • EMANVELE • II • RE • D* ITALIA. FERRARIS. ( 5(57 ) R AU’ ingiro : MINISTERO • D’AGRICOLTURA • INDUS • E • COMMERCIO PER • LAVORI • STATISTICI. E nel campo, entro corona d’alloro: * BOCCARDO GIROLAMO. D. M. 55. Presso il comm. prof. Girolamo Boccardo. 254. Med. oro e bronzo deliberata nell’aprile 1865 dai Delegati al Congresso Internazionale per la visita al Canalè marittimo di Suez, e dai medesimi offerta a Ferdinando di Lesseps del quale nel dritto presenta l’effìgie. Nel rovescio leggonsi disposti in quattro colonne i nomi dei Delegati suddetti, e fra gli altri per T Italia quelli dei genovesi : A • BARABINO. G • BOCCARDO. A • ISSEL. G. MILLO. L • PATRONI. D. M. 60. Presso il comm. Boccardo. 255. Med. argento. D. Stemma di Genova, ed intorno: QUINTO • CONGRESSO • PEDAGOGICO • ITALIANO. NelF esergo : 1868. Atti Soc. Lig. St. Patri*. Voi. Vili, Fase. II. 38 ( 568 ) R. In giro: ONORA • COGLI • STVDI • LA • PATRIA* E nel campo: BOCCARDO GEROLAMO. D. M. 42. Presso il medesimo. LXXXVIII. MARCELLO STAGLIENO Socio Promotore dell’Accademia Ligustica di Arti, e Presidente della medesima nel 1^7 1 \ dettò con somma diligenza ed affetto le emori ‘256. Med. argento dorato e semplice, e rame. D. Stemma dell’Accademia. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES 1751. R. Attorno, fra due rami d’alloro: L’ACCADEMIA • LIGUSTICA • DELLE • BELLE • ARTI. Nel campo: AL SUO • STORIOGRAFO MARCHESE Muo • STAGLIENO 1869. D. 0. D. M. 43. Presso il march. Staglieno; e Raccolta Avignone. doveva, 1V. B. V esemplare di questa medaglia da offrirsi al march. Sta„ io ’m0(jeSjja in conformità di deliberazione dell’ Accademia, essere d oro, però dello Storico non consentì che si mandasse ad effetto. ( 869 ) LXXXIX. DOMENICO CHIODO. Nacque in Genova il 30 ottobre 1823; e nell’agosto del 1801 fu nominato Direttore dei lavori dell’Arsenale della Spezia. Mori in questa città il 19 marzo 1870. 257. Med. argento e rame, commemorativa della prima immissione delle acque nei bacini di carenaggio del detto Arsenale. D. Busto a sinistra; ed attorno: A • DOMENICO • CHIODO-. LA • SPEZIA. Sotto il busto. A. PIEEONI DA LUCCA F. Nell’ esergo: 28 • agosto . 1869. R. Nel campo, fra due rami d’alloro e di quercia: AI MONUMENTI D*ITALIA AGGIUNSE L’ARSENALE DI SPEZIA. D. M. 50. Medagliere della R. Università di Genova; e Raccolta Franchini. ( 570 ) ATT| DI VALORE E FILANTROPICI XC. NICOLÒ REVELLO. p'tan° dei 1 ompieri in Genova, ebbe la seguente W agli a per aver domato l’incendio nella R. Zecca. ~oS. Med. argento. & Busto del re Carlo Felice. * <1 campo fra una corona di quercia e d'alloro: NICOLAO ■ REVELLO COERCITORI INCENDII MONETAE • GENVENSIS • CAL • NOV • MDCCCXXIX. M. 54. Gazzetta di Genova, anno 1830, num. 11. XCI. berxardo de gregori. Capitano marittimo di Camogli. Salvò il capitano ed nostromo della tartana francese Josephine, che si erano sommersi il 18 marzo 1834 a venti miglia da 1 ortofino. ( 571 ) 259. Med. oro. D. Busto del re Luigi Filippo. LOUIS • PHILIPPE • I • ROI • DES • FRANCAIS. R■ Attorno: MINISTERE • DE • LA • MARINE • E • DES • COLONIES. Nel campo: A GREGORI BERNARD CAPIT AINE DE • NAVIRE • SARDE POUR • AVOIR • SAUVÉ DES • MARINS • FRANCAIS o EN • DANGER • DE • PERIR DANS • LES • FLOTS 1834. D. M. 37. Presso la famiglia De Gregori, in Camogli. Gazzetta di Genova, anno 1834, num 44. 260. Med. argento, conferita per lo stesso motivo da papa Gregorio XVI al suddetto De Gregori, benché priva del costui nome. D. Busto del Papa a dritta. GREGORIVS • XVI • PONT • MAX • A • III. GIROMETTI. R. Il Salvatore che lava i piedi a san Pietro. TV • DOMINVS • ET • MAGISTER • EXEMPLVM • DEDI • VOBIS. CERBARA. D. M. 31. Presso la famiglia suddetta. ( 572 ) XGII. GIUSEPPE REPETTO. Capitano marittimo di Nervi. 261. Med. oro, per avere salvato l’equipaggio del brich inglese Normanton. D. Testa della Regina a sinistra. VICTORIA • D : 0 : BRITANNIARVM ■ REGINA • F : D : VYTON. RA. R. Attorno: FOR • SAVING • THE • CREW • OF • THE ■ BR1TISH • BRIO • NORMANTON. Nel campo: FROM • THE BRITISII GOVERNEMENT TO CAPT.N DON • JOSE RISPETTO OF • THE • SARDINIAN BRIG • CONSTANTINO 1846. D. M. io. Presso il signor Giuseppe Hepetto, in Genova. xeni. GIOVANNI RAZETO. Secondo di bordo e poi capitano marittimo, nativo di Gamogli. Il 28 maggio 1850 salvò nel porto di (re ( 573 ) nova certo Lorenzo Gardella in pericolo di annegare; e nel 1857 il brigantino napoletano Federico, provvedendolo di pennoni e d’altri oggetti. 262. Med. argento. D. Busto di Carlo Alberto a sinistra. CARLO • ALBERTO • RE • DI • SARDEGNA. R. Nel contorno: REGIA • SEGRETERIA • DI • STATO • DI • GUERRA • E • MARINA. Nel campo: A GIOVANNI • RAZETO SECONDO • DI • BORDO SALVÒ • LA • VITA AD • UN • GIOVANE ESPONENDO • LA • PROPRIA 1850. D. M. 39. Presso lo stesso. Sebbene la medaglia rechi il nome di Carlo Alberto, niuno ignora che il 1850 era già l’anno II del regno di Vittorio Emanuele. 263. Med. oro di prima classe, dell’ Ordine di Francesco I. D. Busto del re Francesco I a sinistra, entro corona civica. FRANCISCVS • I • REG • VTR • SIC • ET • HIER • REX. R. Tre gigli, del pari entro corona civica; ed attorno: DE • REGE • OPTIME • MERITO. D. M. 38. Presso lo stesso. ( 574 ) XGIV. GIROLAMO BRUZZONE. 264. Med. argento. D. Testa laureata di Napoleone a destra. NAPOLEON • III • EMPEREUR. ALBERT BARRE. - R. Nel campo, entro corona di dittamo: A M • J • BRUZZONE MÉDECIN GÉNES. Ed in giro: POUR • LES • SOINS • DONNÉS • AUX • BLESSÉS • FRANCAIS. * 1859 * D. M. i9. Presso il dolt. Girolamo Itruzzone. XGV. GIOVANNI BONO OLIVARI. Capitano marittimo di Gamogli. Ebbe la seguente medaglia, pei servigi da lui prestati in Varazze, il 30 giugno 1865, alla nave mercantile francese Saint Elme. 265. Med. oro. D. Busto di Napoleone III a destra. NAPOLEON • III • EMPEREUR. ( »75 ) Nel contorno: MINISTÉRE • DE • LA • MARINE • ET • DES • COLONIES. R. Mercurio e la Speranza; e nel campo: A GIOVANNI BONO OLLIVARI CAPITAINE DE • LA • MARINE MAR.DE • ITALIENNE SERVICES A • LA • MARINE MARCHANDE FRANCAISF. 1865. D. M. 29. Presso Io stesso capitano Olivari (erroneamente Ollivari nella med.). XGVI. GIOVANNI BADANO. Capitano marittimo di Genova. Salvò l’equipaggio del bastimento francese Notre Dame de Bon Port, abbruciato in mare il 4 settembre 1871. 266. Med. oro. D. In giro: MINISTÉRE • DE • LA • MARINE • ET • DES • COLONIES. f ( 376 ) Nel campo: A GIOVANNI BADANO CAPITAINE DU • NAVIRE • ITALIEN EMILIO • BARABINO SERVICES A • LA • MARINE MARCHANDE FRANCAISE 8 1871. ir*. Nel campo, in corona di quercia RÉPUBLIQUE FRANASSE. D. M. 37. Presso Io stesso cap. Badano, in Gonova. CLASSE QUARTA DONNE I. S. CATERINA FIESCHI-ADORNO. Nacque nel 1477 da Giacomo Fieschi e Francesca Di Negro. Giovinetta di sedici anni sposò Giuliano Adorno, premortole nel 1494, mentre essa visse fino al 15 settembre 1510. La sua vita di carità fra gli infermi dello Spedale di Pammatone, onde fu Priora nel 1489, il suo mirabile trattato del Purgatorio, son troppo noti perchè sia qui necessario lo spendervi parole d’encomio. 267. Med. argento, di forma ovale. D. La Beata in ginocchio alla quale apparisce Nostro Signore. 13 • CATERINA • D • GENOVA. ( 378 ) M. La Beata portata al cielo dagli angeli. Sotto si vedono alcuni letti con infermi, a simboleggiare l’Ospedale di Pammatone. SALVS • INFIRMORVM. A giudicarne dallo stile, questa medaglia si crederebbe opera dello scultore Francesco Schiafino. D. M. i\ per 37. Raccolta Avignone. -68. Med. bronzo, per la canonizzazione della Beata nel 1737. D. Ritratto del Papa. • CLEMENS • XII • P • M : A : VII. R. I santi Vincenzo de’ Paoli, Francesco Regis, Caterina da Genova e Giuliana Falconieri. ILLOS • ET • GLORIFICAVA MDCCXXXVU. 0. H. Le iniziali ci rivelano il nome dell’incisore Ottone Hamerano. D. M. 39. Raccolta Avignone. Venuti pag. 358, num. 2. IL TEODORINA CIBO. Moglie di Gherardo Usodimare, e madre di Peretta di cui al numero seguente. ( S79 ) 269. Med. bronzo. D. Testa a sinistra, con collana di perle dalla quale pende una croco quadrata. TEODORINA • CIBO. R. Liscio. D. M. 55. Gabinetto di S. M. il Re, in Torino. Trésor, etc. , Medailles italiennes, voi. II, tav. XXV, num. 7. III. PERETTA USODIMARE, Piglia di Gherardo e Teodorina Cibo summentovati, .sposò in prime nozze Alfonso Del Garretto marchese di Finale, ed in seconde Andrea D’Oria. 270. Med. bronzo. D. Busto a sinistra. PERETTA • VSVSMARIS. R. Liscio. D. M. 53. Gabinetto Imperiale di Vienna. Trésor etc., Medailles italiennes, voi. II, tav. XLII, num. 38; Catalogo della Collezione delle medaglie e ritratti del conte Achille Crispi di Ferrara, ms. presso di me. 271. Med. . . . Scoglio con albero e testuggine, e nave sulle acque. IN • MORA • ET • VELOCITATE. De Boodt, Symbola, etc., pag, 149. ( 580 ) IV. ELEONORA MALASPINA, 1 ’umogenita di Alberico marchese di Massa e Carrara, sposò nel li)15 il conte Scipione Fieschi, e morì poco dopo le nozze ('). 212. Med..... Candela, e cinque venti che ne agitano la fiamma. SPLENDOR • VANESCENS. De Boodt, Op. cit., pag. )8i. V. COSTANZA RANGONI-FREGOSO. I iglia del conte Nicolò e di Argentina Pallavicino del ramo di Zibello, sposò in prime nozze il marchese lommaso Caleagnini, ed in seconde Cesare di Giano I11 egoso, il quale era a’ servigi di re Francesco I. Fu donna celebrata per lo spirito e le grazie; Giulio Cesare Scaligero le dedicò le sue poesie latine, e Matteo Bandello compose presso di lei gran parte delle Novelle. Uccisole il secondo marito, per colpa, a quanto ne corse voce, del Marchese del Vasto governatore di Milano per Carlo V, Costanza passò in trancia per eccitare quel Re a vendicare l’assassinio (ì). 273. Med. bronzo. (’) Litta, Famiglia Malaspina, tav. XX. C) Id., Famiglia Rangoni, tav. VI. (581 ) D. Busto a sinistra. CONSTANTIA • FREGOSA • EX • RANGONIBVS. li. Liscio. 1). M. 80. Gabinetto Imperiale di Vienna; e Museo di Milano. Trésor etc., Medailles italiennes, voi. Il, tav. XLII, num. 5; Litta, Famiglia Uangoni, tav. I, num. 5. vi. IPPOLITA DEL CARRETTO. Figlia di Giovanni II Del Garretto, marchese di Savona e Finale (di cui al num 162) e moglie di Francesco di Sangro, duca di Torremaggiore. 274. Med. . . . Il sole e la luna. ME • TVIS • ORNARE. Do Boodt, Op. cit., pag. 180. VII. COSTANZA DI SANGRO-DEL CARRETTO. Figlia della precedente;, e moglie di Lelio Pingone marchese di Oriolo. 275. Med. . . . Terreno con tre termini a destra ed a sinistra. NEC • CITRA • NEC • VLTRA. De Boodt, Op. cit., pag. 163. ( 582 ) Vili. VITTORIA DEL CARRETTO-D’ ORIA. Figlia d’Antonio de Leyva, e moglie di Marcantonio Del Carretto-D’Oria, tìglio di Alfonso I Del Garretto e di Peretta Usodimare, come notammo al num. 163. 270. Med____ Globo collo Zodiaco in corona d’alloro ed il Sole presso all’artico; un’ala d’aquila a destra e testa di lince a sinistra. VFDET • ET • VOLAT. De Boodt, Op. cit., pag. in. IX. ZENOBIA DEL CARRETTO-D’ORIA. biglia unica di Marco Antonio e di Vittoria predetti, e moglie del Principe Giovanni Andrea D’Oria I. 277. Med. . . . Globo e Zodiaco accostati da un'ala e da una testuggine, e recati in alto dall’aquila doriesca. CELERITATE • ET • MORA. De Boodt, Op. cit., pag, 149. x. ELEONORA D’ ORIA. Principessa di Sulmona. 278. Med____ _ \ VIRGINIA DI-NEGF^O . • (N. 280), ( 583 ) Globo collo Zodiaco ed altri simboli; il cavallo Pe gaso e Bellerofonte. ALTA • ALATIS : PATENT. De Boodt, Op. cit, pag. 163. XI. ISABELLA NEGRONE-BRACELLI. 279. Med. rame, già prodotta al num. 182. D. Busto a sinistra. ANTONIVS • MARIA • BEACEL • ANN • L. R- Busto a destra della consorte. ISABELLA • NEGRONA • VXOR • ^T • ANN • XXXXIII. D. M. 44. •Museum Mazzucliellianum, voi. I, tav. LXV1I, num. 2. XII. VIRGINIA DE NEGRI. 280. Med. bronzo. D. Busto a sinistra, con collana. VIRGINEA • DE • NIGRIS • DICTA • A • PA ' '«TA ' A‘ R• Liscio. D. M. 68. Raccolta Avignone. XIII. DELIA SPINOLA. 281. Med. argento, fusa. 39 Atti Soc. Lig. St. Pmu, Voi. Vili. Fise- **• ( 584 ) D. Busto a sinistra. COM • DELIA • SPINOLA • ANOOSGIOLA • ANN • i". R. Una salamandra tra le fiamme. ARDEAM • DVM • LVCEAM. D. M. 42. Museo di Parma. Olivieri, Monete ecc., degli Spinola, pag. 154, tav. XIII, num. L XIV. placidia spinola-landi. Figlia di Filippo Spinola, e moglie del Principe Federico Landi cui sposò il 27 settembre 1598. 282. Med. rame, battuta forse in memorie di dette nozze. D. Stemma Landi-Spinola. DON • FED • LANDVS • PLAC • SPINOLA • SACRI • ROMANI • IMPERII • AG • VALLIS • TARI • PRINCIPES • IIH. R. Scoglio battuto dalle onde e dal vento, ed in uno svolazzo: AV • VESTRO • PESAR. Nel contorno: BARDI • MARCH • C0MPLANI • COM • ET • BARONES • TVRBIGIQVE • DOMINI. D. M. 75. R. Galleria di Firenze. Olivieri, Op. cit., pag. 152, tav, XXII; Pigorini, Mem. storiche numism. di Borgotaro, ecc., pag. 65, tav. III. ( 585 ; 283. Med. rame, coniata, in memoria della fondazione del monastero di Compiano Due mezzi busti a dritta. * PEDERIGVS • LANDVS • PLACIDIA • SPINVLA • VALLIS • TARI • PRINCIPES • BARDI • MARCHIONES • COMPLANI • COMS. R- Stemma Landi-Spinola. SVB • AVSPICIS • INVITISIMI • IMPERATORIS • RVDOLPHI • D • N • ■ * HOC • MONASTERIVM • CONDIDERVNT • DEDICATVM • SANTE • MARIE • A • S • 1599. D. M. 58. Poggiali, Memorie di Piacenza, voi. IX , tav. IV, num. 17; Olivieri, Op. cit., pag. 151, tav. XIX, num. 2; Pigorini, Mem. storiche numism. di Borgo-taro, ecc., pag. 64, tav. III. Nel quale ultimo però le leggende presentano qualche inesattezza. XV. CLELIA GRILLO-BORROMEO, Fondò in Milano una Accademia filosofica e letteraria, ove disputavasi di matematica, ed ove faceva esperienze l’insigne naturalista Vallisnieri. 284. Med. bronzo dorato. D. Busto a sinistra. CLOELIA • GRILLA • E • DVCIBVS • MONTIS • DRACONIS • COMES • BORROMEA • MATRONA • CL. R. Genova raffigurata in una donna sedente con corona ducale, e Minerva che le ne presenta una d’alloro. In alto: GLORIA • GENVENSIVM. ( 58G ) Neir esergo: GID • id cc • lii I. D. M. 93. Medagliere della R. Università di Genova. Museum Mazzuchellianum, voi. Il, tav. CC, num. 4. XVI. LIVIA D’ORIA-CARAFFA. 2S5. Figlia di Lazzaro e di Teresa D’Oria qm. Gio. Andrea, e moglie di Vincenzo Caraffa duca di Bruz-zasco. In morte di lei fu pubblicato un volume di prose e versi in Parma nel 1784. D. Busto a destra; ed attorno: LIVIA ■ AB • AVRIA • KARAPHA • S • R • I • ET • AMPHISSIENSIVM • PRINC. Nell’esergo: RAPTA • IV KAL- FEB. CID • IO • CCLXXVIII • AN • N • XXX11I1. R. La Carità seduta, che dispensa doni a varii fanciulli; e la Fede in piedi velata, che indica il cielo. Di fianco a destra: DILEX1T. Nell’esergo: CONIVGALIS • MONVMKNTVM AMORIS. Nel gradino su cui stanno le figure, le lettere: R. P. F. D. M. 73. Raccolta Avignone. ( '087 ) XVII. LUIGIA ZERBI. Danzatrice al Teatro da sant’Agostino nel 1798. 286. Med. stagno. D. Busto a sinistra. ALOYSIAE • ZERBI ■ EXIMIAE • CHORALISTRIAE. Sotto il busto: VA.SSA.L. R. Nel campo: DEMULCET • CURAS REVOLUTIS ARTE' • CHOREIS * GENUAE MDCCXCVIII. D. M. 50. Raccolta Avignone. Belgrano, Festo o giuochi dei genovesi, Dissert. Il, cap. I. XVIII. f MADDALENA DURAZZO. Figlia di Francesco e di Francesca Gastelbarco sposò Gian Francesco Melzi duca d’Eril, già vice-presidente della Repubblica Italiana. 287. Med. rame. D. Busto a dritta. MARCII • MARIA • DURAZZO • MARITATA • MELZI • ERIL • A • 1818. ( 588 ) Sotto il busto: NESTI F. lì. Busto a sinistra. LODOVICO • DI • GIO • FR • MELZI • ERIL • E • MARIA • DURAZZO • F • NATO • A • 1820. Sotto il busto: NESTI F. D. M. 68. Raccolta Avignone. XIX. GIOVANNA PODESTÀ-ALLEGRETTI. 288. Med. argento, per servigi prestati durante l’invasione del choléra-morbus. D. Busto del Re a destra. VITTORIO • EMANUELE • II. G. GALEAZZI F. li. Corona d’alloro e quercia; e nel campo a lettere incise: ALLEGRETTI GIOVANNA D. M. 35. Presso la stessa. ( 589 ) 289. Med. argento, eguale a quella già prodotta al N. 273. -0. Testa laureata di Napoleone a destra. NAPOLEON • III • EMPEREUR. ALBERT BARRE. R- Corona di dittamo, e nel campo a lettere di rilievo: A M.me • ALLEGRETTI JEANNE GÈNES. In giro: POUR • LES • SOINS • DONNÉS • AUX • BLESSÉS • FRANCAIS. » 1859 * D. M. 49. Presso la stessa. XX. CATERINA AYEGNO. 290. Accorse in compagnia di sua sorella Maria, entro un fragile burchiello, in aiuto dei soldati che sul vapore inglese il Creso venivano trasportati in Crimea. Il detto vapore salpato dal porto di Genova il 24 aprile 1855, rimase preda di un incendio nelle acque di San Fruttuoso a Capodimonte. Maria Avegno perì vittima del suo coraggio; Caterina scampata al pericolo, ebbe dal Governo Inglese una medaglia d’oro, della quale siamo dolenti di non poter dare la descrizione. ( 590 ) \ XXL GIOVANNA RONCO-PICASSO. 291. Med. argento. D. Testa laureata di Napoleone a destra. NAPOLEON • III • EMPEREUR. ALRERT BARRE. -ff. Nel campo, in corona di dittamo. A M." • PICASSO PRESID." • DE • LA • SOC." DES • BLESSÉS OÈNES. Ed all’intorno: POUR • LES • SOINS • DONNÉS • AUX • BLESSÉS • FRANCAIS. * 1859 * D. M. 40. Presso la stessa. 29*2. Med. argento, in tutto come al num. 288. Nel campo del rovescio: A M.“ • PICASSO JEANNE OÈNES. D. M. 49. Presso la medesima. ( 591 ) XXII. MARIA VERDINI '293. Med. argento, come al numero precedente. Nel campo del rovescio: A M.“' • VERDINI MARIE OÈNES. D. M. 49. Presso il cav. Vincenzo Picasso, Consolè Generale della Repubblica Argentina, in Genova. CLASSE QUINTA FATTI STORICI I. FILIPPO III RE DI FRANCIA. 294. Med..... D. Il Re marciando armato, e colla corona in capo. PHILIP • III • D • 0 • FRANCOR • REX • CHRISTIANIS. R. Il Re seduto con corona e scettro; due fanciulle inginocchiate a’suoi piedi. IANVENSIB • OBSESSIS • OPPVGXATIS • DOMITIS. Nell’ esergo : M • CC • LXXXV. De Bie, La France metallique, pag. 97, tav. XXVII, num. 5. ( 593 ) Questa medaglia non può essere altro che una invenzione di tempi posteriori ; giacché i Re di Francia non assunsero il titolo di Cristianissimi, se non a partire dal regno di Luigi XI e dal pontificato di Paolo II; nè d’altra parte Filippo III ebbe mai il dominio di Genova. La quale nel 1285 era governata dai Capitani del popolo Oberto Spinola e Oberto D’Oria. Siccome poi, di tale anno appunto, Filippo espugnò, dopo sette mesi di ostinato assedio, la città di Girona nella Spagna, cosi nasce il sospetto che là ove il De Bie lesse ianvensib. fosse per avventura scritto invece iervnensib. , gervndensib. , o somigliante parola; e che la medaglia (.se pure esiste od ha esistito mai) si riferisca precisamente al fatto sovraccennato, assai glorioso per quel Re. II. CARLO VI RE DI FRANCIA 295. Med..... D. Effigie del Re con corona. CAROLVS • VI • DEI • GRA. • FRANC • REX • CRISTIANISS. R. Il Re in piedi, ed una donna rappresentante la Liguria, che gli offre ubbidienza. LIGVRIA • SCEPTRO • GALLICO • LIBERE • SVBMISSA. Nell’esergo: M • CCCC • III. De Bie, Op. cit., pag. 122, tav. XXXVII, num. 14. Quantunque siavi luogo a dubitar molto anche della verità di questa medaglia, nè possa in ogni ( 594 ) modo ammettersene il sincronismo; pure dobbiam soggiungere che la Liguria, per volontaria dedizione, fu soggetta al re Carlo VI di Francia dal 1396 al 1409. III. FILIPPO MARIA VISCONTI. Duca di Milano, ecc. Tenne il dominio di Genova dal 1421 al 1436. 296. Med. argento e bronzo. D. Busto a dritta con berretto. PHIUPPVS • MARIA • ANGLVS • DVX • MEDIOLANI • ETCETERA • PAPIÉ • ANGLERIE • QVE • COMES • AC • GENVE • DOMINVS. B. Tre cavalieri armati, e veduta di diversi monumenti di architettura. Nell’esergo: OPVS • PISANI • PICTORIS. D. M. 100. Raccolta Avignone (esemplare in bronzo). Un esemplare in argento, assai bene cesellato era posseduto dal sig. Tòchon d’Anneci, il quale Io illustrò con apposito scritto, stampato in Parigi nel 1816. La medaglia, esposta in vendita, passò quindi in altro dei Musei di Francia. Tòchon, Notice etc.; Tr^sor etc., Medailles italiennes, voi. I • tov. I, num. 3. IV. LODOVICO MARIA SFORZA. Tenne la signoria di Genova dal 1494 al 1499. 297. Med. bronzo, battuta per commemorare il solenne ingresso del Duca in Genova nel 1498 (')• (') Le solennità ch’ebbero luogo in tale circostanza, possono leggersi descritte negli Annali del Giustiniani. ( 895 ) D. Busto a dritta. LVDOVICVS • MA • SF • VICO • DVX • BARI • DVG • GVBER. R. Il Duca seduto, con varii soldati avanti di esso , ed in lontananza la veduta di Genova. ‘ OPTIMO • CONSCILIO • SINE • ARMIS • RF.STITVTA. Nella base del tronco. p • DE CRETO. D. M. 40. Raccolta Avignone. Argelatus, De monetis Italie, voi. Ili, pag. 74, tav. XII, num. 2. V. LUIGI XII RE DI FRANCIA. Ebbe il dominio di Genova dal 1499 al 1512. 298. Med. bronzo. D. Busto a dritta. LVD • XII ■ FRANC • REX • IANVEQ • DOM. R. L’istrice, impresa speciale del Re, e sopra di essa una corona. VLTVS • AVOS • TROICE. D. M 48. Luchius, Sylloge etc., pag. 42; Senkeberg, Imperii Germanici ius ac possessio in Genua, pag. 34, tav. I c., num. 32. 299. Med. . . . , commemorativa dell’ingresso del Re in Genova, dopo sedata la rivolta di Paolo da Novi. ( 590 ) D. Busto del Re, armato e coronato. LVDOVICVS • D • G • FRANO • REX • PAPLE • G • ET • IANV.E • D. . R. Alveare a cui da molte parti concorrono le api. NON • VTITVR • ACVLEO • REX • GVI • PAREMVS. Nell’ esergo : M • D • VII. Do Bie, La Franco metallique, pag. 150, tav. XLIX, num. 8. VI. fortezza dello sperone. 300. Si legge nel Partenopeo, sotto l’anno 1536, che die vigesimo nono clecembris, inane, Dux (*) una cum amplissimo Collegio ad designatam Speroni munitionem ivit, ubi primum fundamenti lapulem ipse, quibusdam praecibus Divino auxilio implorato, jecit, ibique sui ipsius imaginem argenteam defodi fecit. Parthenopaeus, Annales ms. VII. BALUARDI DI GENOVA. 301. Da documenti dell’Archivio Governativo, i qualia suo tempo verranno fatti di pubblica ragione dal eh. prof. cav. Alizeri (*) che gentilmente ce ne co- (') Il Doge era Cristoforo Grimnldi-Rosso. (*) Nelle già citate Notizie (lei professori del disegno in Liguria dalle origini al secolo XV! ; attualmente in corso di stampa. ( 597 ) munica il contenuto, risultano pagate dal Comune di Genova all’orefice Peliegro da Zoagli, sotto la data del 3 gennaio 1537, lire 8 e soldi 10, per prezzo di una medaglia posta nel primo fondamento del Bastione, che certo è quello di san Tommaso. Vili. PORTA DELL’ARCO. 302. Il precitato Partenopeo racconta sotto il 1539 : Die XXV11 septeiribris, mane, re divina magnifice facta , amplissimum Collegium una cum Reipublicae Procuratoribus primum lapidem in fundamentum Portae arcuarne jecit, ubi et moneta argentea defossa fuit, quae ex altera parte signum Reipublicae Genuensis, ex altera vero effigiem Ducis Genuensium habebat cum hac inscriptione : ANDREAS • IVSTINIANVS • REIP • GENVENSIS • DVX • SEXTVS • A • LIBERTATE • RECVPERATA. Parthenopaeus, Annales ms. IX. FORTEZZA. DI GAVI. 303. Allo stesso cav. Alizeri siamo pure debitori della notizia di un altro pagamento fatto dal Comune allo Zoagli summentovato. Il documento reca la data del 20 settembre 1540, e dice che si contarono a maestro Pellegro lire 7 e soldi 5, per costo di una medaglia d’argento col ritratto e la soprascritta del Doge (Andrea Giustiniano), posta nei fondamenti delle opere di riparazione del Castello di Gavi. ( 598 ) X. PORTO DELL’ELBA. Fortificato da Cosimo II de’ Medici, a vantaggio dei toscani e dei liguri. 304. Med. bronzo dorato, creduta dall’Orsini opera di Domenico Poggini (*). D. Mezzo busto a destra. COSMVS • MED • R ■ P • FLOREN • DVX • II. R. Veduta dell’isola, ed in alto: ILVA RENASCENS. Attorno: THVSCORVM • ET • LIGVRVM • SECVRITATI. D. M. 41. Raccolta Avignone. Luchius, pag. 173; De Boodt, Svmbola, etc., pag. 45. XI. DISCORDIE CIVILI DI GENOVA. Queste discordie le quali teneano i nobili geno\e.si scissi fra i due Portici di san Luca e di san Pietio, furono felicemente composte da papa Gregorio XIII, coll’opera del cardinale Giovanni Morone. 305. Med. rame. D. Busto a sinistra in atto di benedire. OREOORIVS • XIII • PONT • MAX. (’) Ved. Orsini, Storia delle Monete della Casa De Medici, pag. 8. ( 599 ) R. La Giustizia, la Pace e l’Abbondanza. IVSTITIA • PAGEM • COPIAM ■ PAX • ATTVLIT. D. M. 45. Raccolte Avignone e Franchini. Luchius, Sylloge etc., pag. 246; Venuti, pag. 144, num. 34, Bonanni, voi. I, pag. 339, num. 32; Molinet, pag. 44. E da notare che in alcuni rovesci, nel piedistallo su cui siede la figura della Giustizia, è scritto l’anno : 1579. Inoltre il Luchio precitato (*) riporta una medàglia coniata nel Belgio col rovescio identico della precedente. 306. Med. rame. D. Busto a sinistra con berretto. IOANNES • CARDINALIS • MORONVS. R. Raggi che escono dalle nubi, e sopra: VOX • DE • COELO. Attorno : ET • TENEBRE • EVM • NON • COMPREHENDERVNT. D. M. 50. Raccolta Avignone. 307. Med. rame. D. Busto come sopra: IOANNES ■ CARDINALIS • MORONVS. (') Pag. 265. Atti Soc. Lig. St. Pitru, toI. Vili, Fase. II. 40 ( COO ) R. Albero di palma e due figure ai lati; ed in un nastro : VIRTVTE • ET • CONSTANTIA. D. M. 50. Museum Mazzuchellianum, voi. I, tav. LXXXI1, num.'5. 308. Med. bronzo. D. Busto come sopra. IOANNES • CARDINALIS • MORONVS. R> Il dio Marte e la Pace ; ed intorno : BELLI • ET • PACIS • AMATOR. D. M. 51. Raccolta Avignone. XII. MADONNA DI SAVONA. 309. Med. rame, di forma ovale. D. Effigie di papa Urbano VIII. URBANUS • Vili • PONT • MAX. R. N. S. della Misericordia col beato Botta ai piedi. MATER • MISERIQORD ■ SAONAE. Bonanni, voi. Il, pag. 563 e 601 ; Venuti, pag. 242, num. 60; Piccone, Storia di N. S. di Misericordia, pag. 235. ( COI ) XIII. MURA DI GENOVA. 310. Med. argento. ' D- La B. Vergine col Bambino in braccio, i quattro Santi Protettori della Città, e veduta della stessa. R. Stemma della Repubblica coi griffoni, sotto cui: 1626. Intorno: '4* DVX * F.T * GVBERNATORES * REIP * GENVENSIS. Questa medaglia è fattura dell’ orafo genovese Antonio Assereto. D. M. 130. L’originalo fa parte della Raccolta Franchini. Olivieri, Un medaglione storico genovese del 1626, Lettera all’egregio Luigi Franchini. XIV. RELIQUIE DI SAN GIO. BATTISTA. 311. Med. oro. D. Stemma della Repubblica. SERENISSIMA • REIPVBLIC.E • MVNVS • PVBLICVM. * lì. Effigie del Precursore colla data: M • DG • XLI • XXV • MAJ. Questa medaglia fu offerta dalla Repubblica a Giambattista Sasso, proposito di san Siro in San Remo. ( G02 ) il quale aveva donato alla Repubblica stessa un dito di san Giovanni. Mossi, Storia di San Romo, pag. 227. XV. CHIESA DELL’ALBERGO DEI POVERI. 312. Med. argento, posta soito la prima pietra di questa chiesa il 20 febbraio 1057. D. La Beata Vergine ed i quattro Protettori della Città. IMMACVLAT.E • CONCEPTIONIS • DEI PAR/E TEMPLI • AD • AVERTENDAM • PESTEM • PVBLICO • .ERE DEVOTI • FVNDAMENTA • LOCABANT. R. Stemma della Repubblica. DVX • GVBERNATORES • ET • PROCVRATORES • SERENISSIMAE REIPVBLIC/E • GENVEN • ALEXANDRO • SEPTIMO • P • P STEPHANO • CARDLI • DVRATIO • ARCHIEPISCOPO ANNO • SALVTIS • 1057. Banchero, Genova e le duo Riviere, pag. 7 e 23, num. I. XVI. PIRAMIDE INNALZATA A DISDORO « DEI CORSI. Nel 1GG2 alcuni soldati còrsi della Guardia del Papa avendo insultato in Roma l’ambasciatore Irancese Duca di Gréquy, convenne ad Alessandro "VII, onde ( G05 ) scongiurare mali maggiori, di concludere col re Luigi XIV un trattato, in forza del quale impegnavasi a nno tenere più i córsi a suo servigio, ed a fare innalzare in Roma stessa, di fronte al Corpo di guardia dei detti soldati una piramide che serbasse memoria di tale gastigo. Inoltre obbligavasi a spedire a Parigi il proprio nipote cardinale Chigi, per presentare le scuse al Re. Come fu stipulato così avvenne; ma la piramide, per interposizione di Clemente IX successore di Alessandro, e per consentimentodello stesso Luigi XIV, fu poi atterrata nel 1668. 313. Med. bronzo. D. Busto di Luigi XIV a destra. LUDOVIGUS • XIV • REX • CHRISTIAN1SSIMUS. li. Roma galeata e seduta, appoggiandosi allo scudo, mentre guarda alla piramide. Nello scudo si legge: ROMA. All’intorno, in alto: POENA • DE • G0RS1S • SUMPTA. E nell’esergo: POSITA • PYRAMIDE MDCLXIV. Modailles etc. du regno cntier de Louis le Grand, ann. 1664. 314. Med. bronzo. D. Busto come sopra. LUDOVICUS • XIV- REX ■ CHRISTIANISSIMU^. ( 004 ) Ii. II cardinale Chigi nell’atto di leggero un foglio al Re; entrambi seduti. In giro: CORSICUM • FACINUS • EXCUSATUM. E nell’ esergo : LEGATO • A • LATERE • MISSO XXVIII • JULII • MDCLXIV. Op. cit., ann. 16£4. 315. Med. bronzo. D. Busto come sopra. LUDOVICUS • XIIII • REX • CHRISTIANISSIMUS. lì. La Religione, e la piramide abbattuta a’ suoi piedi. VIOLATAE • MAJESTATIS • MONUMENTUM • ABOLITUM. Nell’esergo : PIETAS • OI’T • I’R • ERGA CLEMENTEM • IX M • DC • LXVIII. D. M. 40. Raccolta Avignone. Op. cit., ann. 1668. XVII. BOMBARDAMENTO DI GENOVA. Questo bombardamento, clic un superbo monarca di Francia fece patire a Genova, durò dal 17 al 28 maggio 1684, nel quale spazio di tempo caddero in ( 605 ) città 13,300 bombe. A cessarne gli orrori, la Repubblica, incapace di resistenza, soscrisse a patti onerosi, e mandò a Parigi il Doge con quattro senatori perchè presentassero a Luigi XIV le scuse di colpe eh’essa non aveva. 316. Med. rame. D. Busto a sinistra. LVDOVICVS • MAGNVS • REX • CHRISTIANISSIMVS. MOLART F. R. Giove in piedi, che scaglia i fulmini; veduta della squadra che lancia bombe, e di Genova che va in fiamme. VIBRATA • IN • SVPERBOS • FVLMINA. Nell’ esergo : GENVA • EMENDATA ANN • M ■ DC • LXXXIV. E. CHERON. D. M. 69. Raccolta Avignone. 317. Med. argento e rame. D. Busto a dritta. LUDOVIGUS • MAGNUS • REX • CHRISTIANISSIMUS. J. JIAVGER. F. R. Giove tra le nubi, che scaglia i fulmini; e veduta come sopra. VIBRATA • IN • SUPERBOS • FULMINA. ( C06 ) Nell’esergo: GENUA • EMENDATA M • DC • LXXXIV. D. M. il. Raccolta Avignone. In alcuni esemplari, sotto il busto è la lettera n. 318. Med. rame. D. Busto a dritta. LVDOVICVS • MAGNVS • REX • CIIRISTIANISSIMVS. R. R. Il Doge a cavallo ed in viaggio alla volta di Parigi, e veduta di Genova. DUX • LIGURUM • ACCERSITUS. Nell’esergo: M • D • C • LXXXV. HRETON. D. M. 69. Raccolta Avignone. 319. Med. argento e rame. D. Busto a dritta. LUDOVIGUS - MAGNUS • REX • CHRISTIANISSIMUS. J. MAVOER. F. R. Il Doge come sopra. DUX • LIGURUM • ACCERSITUS M • D • C • LXXXV. D. M. 41. Raccolta Avignone. In alcuni esemplari, sotto il busto: n. ( 607 ) 320. Med. rame. D. Busto a dritta. LVDOVICVS • MAGNVS • REX • CHRISTIANISSIMVS. M. M0LART. F. R. Il Doge ed i quattro senatori togati davanti al Re GENUA • OBSEQUENS. Nell’esergo: DVX • LEGATVS ■ ET • DEPRECATOR M • D • C • LXXXV. D. M. 72. Raccolta Avignone. 321. Med. argento e rame. D- Busto a dritta. LUDOVICUS • MAGNUS • REX • CHR1STIANISSIMUS. J. MAVGER. F. R. Come sopra GENUA • OBSEQUENS. Nell’esergo: DUX • LEGATUS • ET • DEPRECATOR M • D • C • LXXXV. D. M. 41. Raccolta Avignone. In alcuni esemplari, al solito, la lettera x. Medailles etc. du regne entier de Louis le Grand, anni 1681 e 1685; Mene strier, Ilist. du regne de Louis le Grand, num. 72-74. 322. Med. rame. D. Busto a dritta. LUDOVICUS • XIIII • RKX • CHRISTIAN1SSIMUS * J. MAVGER. F. R. In tutto come sopra. D. M. 41. Raccolta Franchini. ( (508 ) 323. Moti, rame, per ricordare la interposizione del Governatore di Milano, a cui Genova ebbe ricoiso. D. Busto a sinistra, con gran parrucca. IO • THOM • IlENRIQ ■ CABRERA • ET • TOL • CO • MELOAR ■ PRO • HISP ■ REO • IN • INSVB • IMP. Sotto il busto: 0. F. Forse queste iniziali ricordano il nome di Cesare b iorc ( ). R. Veduta delle mura e della Lanterna di Genova, di un’armata. PROVIDENTIA • ET • FORTITVDINE • IANVA • SERVATA. D. M. 60. Raccolto Avignone o Franchini. 324. Med. bronzo e zinco. D. Luigi XIV con manto reale e corona, nella destra la spada con suwi un globo, tando il medesimo colla sinistra. In alto : QUOD • LIBET • LICET A manca una città bombardata, e suvvi scritto. OENUA. A destra una città fortificata, e sopravi. luxemburg. Nell’ esergo : 1684. (’) Ved. Derlincr Dldtter, anno 1868, pag. 2 io. tenendo e addi- ' ( 609 ) R. Braccio sporgente da una cortina alzata, e tempestata di gigli, tenendo una spada ed un ramo d’olivo; e sotto: ELIGE. D. M. 58. Raccolta Franchini. Van Loon, Ilistoirc motallique dos Pays-Bas, voi. Ili, pag. 292. 325. Med. rame, per commemorare l’impegno del Re d’Inghilterra sollecitato dalla Repubblica. D. Busto di Guglielmo III a destra. WILHEL • III • D • G • MAG • P.RIT • FRAN • ET • HIB • REX. i. s. R. Nel campo, veduta delle seguenti contrade, il cui nome così si legge: GENVA — PALATIN • RHENI — BELG. — H1SP. A destra un ramo d’olivo abbattuto, celando un serpente; nel mezzo un altare, e sovr’esso la Bibbia ed il cappello (emblemi della libertà e della religione dei Paesi Bassi), sormontato da una mano che tiene una spada circondata da uno svolazzo in cui si legge: ANIMIS • OPIBUSQUE • PARATI. All’ ingiro : FELIX • QUEM • FACIUNT • ALIENA • PERICULA ■ CAUTUM. Nell’ esergo: SECl'RIUS • BELLUM PACE • DUBIA. MDCXCIII, D. M. 5G. Van Loon, Op. cit., voi. IV, pag. 153. ( 610 ) 32G. Med. rame. D. Il Re di Francia in trono, con canna da pescatore, in capo alla quale, al posto delTamo, è un cartello colla parola pax; mentre Minerva allontana alcuni belgi, dirigendo loro le parole clic si leggono in alto: NE • CREDITE • BELGI. Nell’esergo: ALIQUIS • LATET ERROR. R. Eguale al precedente. D. M. 56. Van Loon, Op. cit., voi. IV, pag. 153. Come se le molte medaglie sovra riferite, oltraggiose o satiriche, non fossero bastate a divulgare le tristi condizioni nelle quali era caduta la Repubblica di Genova, fu pure allora composta una epigrafe la quale venne riferita da parecchi autori, e fra gli altri dall’Haeberlin, (') c suona cosi: MANET • ET • APVD • GENVENSES • INDECLINABILE • GENV NEC • ENIM • CASVM • HVNC • NON • COGITATVM • DECLINARE POSSVNT GENVA • AD • GENVA II) • EST , DVX • SENATORESQVE • GENVENSIVM AD • GENVA •PROCVMBVNT REGIS NON • GALI LE jE • SED • GALLIAE NON • CIIRISTI • SEI) • CHRISTIANISSIMI CVIVS • STELLAM (') Griindliclie Historische-Politischc nachriclit von dcr Republik Genita, eie., Rag. »07. ( 611 ) NON • QVIDEM ■ POLAREM • SED • PYROBOLAREM IAM • ANTE • ANNViVI • IPSIS • ORIENTEM • VIDERVNT VENIVNT • HIC • ADORABVNDI • REGEM • NE • NOCEAT AMPLIVS AVRVM • THVSQVE • LIBERTATIS OLIM • INVICTAE • NVNC • DEVICTAE AFFERVNT• ET • OFFERVNT MYRRAM • TAMEN • SPLENDIDAE • SERVITVTIS • ET CRUCIS DONO • DOMVM • REFERVNT. 0 • PATER • PAPA • MISERERE • EORVM ET ■ PER • SOMNIVM • EOS • MONE REMEANTES • DOMVM NE ■ MEENT • MEDIOLANVM ILLIC • ENIM • IPSOS • EXPECTAT • IIERODES HISPANVS AD • GENICVLATIONEM • HANCCE • NOVAM / FREMENS • ET • TREMENS. XVIII. TEODORO DI NEWHOFF. Celebre avventuriero, nativo della contea di La Mark in Vestfalia, sbarcato in Corsica nel 1736, fu da quegli isolani ribelli a Genova proclamato Re. La signoria di lui ebbe termine definitivo nel 1743. o < V27. Med. rame. D. Busto a dritta. THEODORUS • I • D • G • REX ■ CORSICHE. ( 012 ) H. Stemma del Regno di Corsica. IN • TE • DOMINE • SPERAVI. 1738. D. M. 33. Raccolta Avignone. XIX. SOTTOMISSIONE DELLA CORSICA. % La Repubblica di Genova, trovandosi impotente a reprimere di per sè la ribellione dei corsi, implorò, dopo la proclamazione del re Teodoro, il patrocinio di Luigi XV di Francia; il quale spediva nell’isola (1737) buon nerbo di soldatesche comandate dal Cónte di Boissieux, che però in una battaglia presso Mariana rimaneva disfatto. Succedutogli il Marchese di Maillebois (1739), fu poi richiamato insieme colle truppe dal suo Re nel 1710, sotto pretesto che la Corsica ormai era pacificata. Ma dopo la sua partenza i moti che la seguente medaglia asserisce repressi, ricominciarono con veemenza maggiore; e tutti sanno come l’isola finisse coll’essere perduta per sempre da’ genovesi. 328. Med. rame. I). Busto a dritta. LUD • XV • REX • CIIRISTIANISS. V. M. La Corsica genuflessa ai piedi di Marte, che tiene uno stendardo pieno di gigli; ed all’indietro di essa Genova appoggiata allo scudo divisato dalla croce. REBELLES • CORSICA • MOTUS • COMPRESSI. (613) Nell’ esergo : . m • DCC • XL. E sul terreno, presso le figura di Marte: J. C. R. D. M. 40. Raccolta Avignone. XX. GUERRA DEGLI AUSTRO-SARDI CONTRO GENOVA. Durante questa guerra la Repubblica fu assai validamente sovvenuta dalla Francia. 329. Med. rame. D. Busto del re Carlo Emanuele III di Savoia, a sinistra. • CAR • EM • D • G • REX • SAR • CYP • ET • IER. lì. Una bilancia contenente in una coppa la pianta della cittadella d’Alessandria, che come più pesante si abbassa ; nell’ altra una torre ed un giglio, ed attaccato alla stessa un nastro, con suvvi le parole: f ET * GENVA. Sopra la bilancia: ATTAMEN • NON ■ SVFFICIT. ( 614 ) Ed attorno al campo: ARX • ALEX • LIBERATA • SVB • M • C.ARALIO • M • IO • MARTY • 1746. 0. M."32. Raccolta Avignone. Promis, Moneto ossidionali del Piemonte, pag. 18. 3:30. Med. . . . D. Due figure in piedi, esprimenti la Forza ed il Valore. Nell’esergo: EX • UTRAQUE • SALUS M • DCC • XLVII. li. Nel campo : DEO • AUSPICE RESPUBLICÀ • OENU^ENSIS INDECOR/E • SERVITUTIS • IMPATIENS # EXCUSSO • IIOSTIU.M • IMO • PR/EDONUM • IUGO AB • IIS • QUOS • SPOLIORUM • SPES • ET • CUPIDITAS IN • CIVITATEM • IMMERITAM • ARMAVERAT TERRA • MARIQUE • VII • DENUO • MENSIBUS OBSESSA • AC • PENE • OPPRESSA QUOTIDIANIS • PR.ELIIS VIRTUTE • ET • CONSTANTIA HUMANITATIS • ET • TEMPLORUM • VIOLATORES SUIS • ET • SOCIORUM • ARMIS REPRESSIT • DEBILITAVIT EXPULIT. D. M. 69. Journal de ce qui s’est passe à GAnes etc., I7Ì7. .(61» ) 331. Med. bronzo. D- Testa laureata a dritta. LUD • XV • REX • CHRISTIANISS. J. DUVIVIER. F. A\ Duo figure in piedi rappresentanti la Francia che collo scudo imbracciato protegge Genova. GENUA • LIBERATA. Nell’ esergo: M • DCC ■ XLVII. Sul terreno, presso la figura della Francia: I. C. R. D. M. 42. Raccolta Avignone. XXI. PACE DI AQUISGRANA. 332. Per la pace generale conclusa ad Aquisgrana il 18 ottobre 1748 tra la Francia, l’Inghilterra, la Spagna, l’Ungheria, la Sardegna, il Duca di Modena, la Repubblica di Genova e le Provincie Unite dei Paesi Bassi, fu battuta una medaglia, la quale è registrata nell’opera del Van Mieris, che fa seguito a quella del Van-Loon. Reker, Dascription de la... Collection de médailles etc., pag. 202, num. 1031. XXII. ■ FORTE DI SANTA TECLA IN SAN REMO. 333. Correndo l’anno 1755, nel baluardo di questo forte, che guarda verso levante, « benedetta dal proposito \tti Soc. Lio. St. Patbia, Voi. Vili, Fase. II. 41 ( filo ) Gollo una grossa pietra avente un grande incavo nel mozzo, veniva in questo riposta una reliquia della'beata Tecla, ed una medaglia d’argento, nel cui diiitto si vedeva lo stemma della Repubblica, e nel rovescio la leggenda : FRAXCISCU3 • MARIA • DORI A • GUHERNATOR • PRO • SER.MA • REPUB • ANNO 1755 ». Rossi, storia della città di S. nomo, pog. 53. XXIII. CESSIONE DELLA CORSICA. 9 Questa cessione fatta dalla Repubblica di Genova alla trancia, lu stipulata col trattato di Versaglia del 15 maggio 1768 ('). Le seguenti medaglie, coniate •lue anni appresso, sono intese a dimostrare quante 1 isola avvantaggiasse di già in così breve spazio nelle arti della pace. •334. Med. rame. D- Testa laureata del Re a destra. LUDOVICUS • XV • REX • CHRISTIANISSIMUS. C • N • RÓETTIERS • FILIUS • F. R- La Francia in piedi, nel mezzo ai campi della Corsica, presentando al Sole radiato e gigliato lo stemma dell’isola. QUAM • SUBLEVATAM • FINX • QUOD • AVELLATUR • FASCIA. (') Ved. D’Oria , Pasquale De' Paoli, pag. 269. (617 ) Nell’esergo: DICAT • VOVET • CONSECRAT CORS • CONSULT. M • DCC • LXX. C • N • ROETTIERS ■ FILIUS • P. D. M. 63. Raccolta Avignone. Trésor etc., Medailles frangaises, voi. Ili, tav. LI, num. 2. 335. Med. rame. D. Testa laureata a destra. LUDOVICO • DECIMO • QUINTO • PATRI • PATRLE. C • N • ROETTIERS • FILIUS • F. R. In tutto come al numero precedente. D. M. 63. Raccolta Franchini. XXIV. ONEGLIA. 33G. Med. . . . battuta a seguito di un conflitto ivi accaduto nel 1792 con la flotta francese; per cui cantava il Monti nella BasviUiana : Ed Oneglia che ancor combatte e fuma. D. Busto di un’eroina fregiata di palme e di allori, coU’emblema di Oneglia nell’elmo, ed intorno: FIDEI • ET • VIRTVTI ■ ONELIENSIVM. ( «18 ) R. Prospetto marittimo di Oneglia, c veduta dei suoi legni e di quelli dei nemici. OALL1S • TERRA • PROHIBITIS • MARI • VEXATIS. Pira, Storia di Oneglia, voi. Il, pag. 159. XXV. BATTAGLIA DI MONTENOTTE. 337. Med. rame. D. Busto di Napoleone a dritta, in uniforme di Generale. GAYRA.RD. F. R. La Vittoria volando colla spada nella destra, corona e palma nella sinistra; e nell’esergo: BATAILLE • DE • MONTENOTTE MDCCXCVI. A sinistra il primo e a destra il secondo dei nomi se guenti : JEUFFROY. P. — DENOX. Dm. D. M. 41. Raccolta Avignone. _ num 2 Trésor etc., Medailles de la Revolution Francaise, pag. , tav. > XXVI. COMBATTIMENTI DI MILLESIMO E DEGO. 338. Med. in rame. D. Ercole che uccide l’idra di Lerna. BATAILLE • DE • MILLESIMO • COMBAT • DE • DEOO. (019 ) R. Nel campo : LE PEUPLE FRANCAIS À ' l’armée d’italie. Attorno : LOI • DU • 6 • FLOREAL • AN • 4."E • DE • LA • REP. D. M. 43. Raccolta Avignono. Op. cit., pag. 79, tav. LX, num. 3. XXVII. CABLO GUGLIELMO FAIPOULT. Ministro di Francia presso la Repubblica di Genova. 339. Med. argento e rame. D. Busto a sinistra, ed ingiro: C • GUGLIELMO • FAIPOULT. Nell’esergo: LA • LIGURIA RICONOSCENTE. H. VASSALLO F. R. Busto di Napoleone a sinistra. NAPOLEONE • BONAPARTE. ( G20 ) Nell’ esergo: LA • LIGURIA RICONOSCENTE. H. VASSALLO F. D. M. 5L Raccolta Avignone. Op. cit., pag. 85, tav. LXIII, num. 6. XXVIII. POLIZIA DI GENOVA. 340. Med. rame, con anello. D. Bilancia, spada e ramo di palma. POLIZIA. li. Corona di quercia, con entro : rispetto ALLA LEGGE. D. M. 50. Raccolta Avignone. XXIX. ESENZIONE DALLA TASSA SULLE PORTE DELLA CITTÀ. 341. Med. rame dorato, argentato c semplice. D. Una corona di quercia. FINANZA • PORTE. V. La lettera V indica il cognome dell’incisore A assalto. ( 021 ) R- Corona di fiori. ENTRATA E * SORTITA LIBERA. D. M. 39. Raccolta Avignone. Nella quale stanno pure i seguenti steriini, riferentisi alla tassa medesima, e che forse sono opere anch’ essi del predetto Vassallo. Stcrlino quadrato, in ottone. Nel dritto: finanza - porte. Nel rovescio soldi quaranta. Altro tondo di rame: D. finanza - torte. II. soldi - sedeci. Altro tondo pure di rame: D. finanza - porte. R. soldi - quattro. Altro di minore spessore, ed altro di ottone, colla leggenda suddetta. XXX. FONDAZIONE DELLA REPUBBLICA CISALPINA. 342. Med. argento e rame. D. Busto di Napoleone a sinistra. ALL’ ITALICO H. VASSALLO. F. R. La Francia galeata imponendo il berretto frigio ali’Insubria guidata da un piccolo genio, e presentandole la Pace. L’ INSUBRIA • LIBERA. Nell’ esergo : IX • LUGLIO MDCCLXXXXVII. D. M. 49. Raccolta Avignone. Trésor etc., Médailles dola Róvolution Francaisa, pag. 84, tav. LX111, num. 7. ( 022 ) XXXI. COLONNA NAZIONALE. 3-13. Med. rame. D. Nel campo si legge: COLONNA NAZIONALE REPUD • LIGURE GIORNO ■ PRIMO ANNO. V. R. Nel campo: libertà EGUAGLIANZA MDCCCI XIV • GIUGNO. D. M. 38. guani 7^6 Raccolta Avignone. In un mio csomplare sta scritto nel contorno. reso Cataloguo des medailles etc. do Napoleon, ann. 1801. XXXII. UNIONE DELLA LIGURIA ALLA FRANCIA. 3-14. Med. argento e rame. D. Busto laureato a dritta. NAPOLEON • EMP • ET • ROI. andrieu. v. R. Napoleone avente all* indietro l'aquila, ed abbi ac ciando la Liguria, accanto alla quale è una prora di nave. ( 623 ) Pressu l’aquila e presso la prora: BRENET F. — DENON D. NelT esergo : LA • LIGURIE RÉUNIE • A • LA • FRANCE. MDCCCV. D. M. 41. Raccolto Avignone o Franchini. Presso quest’ultimo è l’esemplare in argento; il quale in luogo di andhieu f. ha: denon. die.t . Trésor etc, Médailles de l’Empire Franose, pag. 15, tav. VII, num. 9. XXXIII. ARRIVO DI NAPOLEONE IN GENOVA. 345. Med. oro, argento e rame. D. Busto di Napoleone a dritta. IMP • NAPOLEON • P • F • A • REX • ITAL. H. VASSALLO. F. R. Basto di Giano su colonna rostrata, ed emblemi di navigazione e commercio, sovra altri dei quali le lettere: m • 2 — h • v. FELICI • FAUSTOQ • ADVENTUI. Nell’ esergo: m • KAL • JUL • MDCCCV S • P • Q • LIGUR . D. M. 49. Raccolta Avignone. Trcsor otc., Médailles de l’Empire Francis, pag. 16, tav. Vili, num. 6; Catalogue des médailles otc. de Napoleon, ann. ! 805. ; Feste che si danno in Genova per la venuta di S. M. Napoleono I, pag. 38. ( m ) XXXIV. CRISTOFORO SALICETI. Ministro plenipotenziario di Francia in Genova. 3-16. Med. rame. D. Busto quasi di prospetto (*). CHR • SALICETI • SCIENTISSIMI^ ■ DON • ARTIUM * PATRONUS. Nell’ eserero : A • S • F. ■R. Nel campo : TANTO • VIRO • AUSPICI • SUO HIERONYMUS • VASSALLO HANC • GRATI • ANIMI • TESSERAM EXCUDEBAT • DICABAT GENUAE • A • MDCCCV. D. M. 47. Raccolta Avignone. XXXV. BATTESIMO DEL RE DI ROMA. 347. Med. rame. D. L’ Imperatore in piedi che tiene il figlio sopra il fonte battesimale; e nell’esergo: BAPTEME • DU • ROI • DE • ROME. MDCCCXI. (’) L’egregio cav. Federigo Alizeri possedè un boi modello del busto del Saliceti, che è di mano dello scultore Nicolò Traverso, o vedesi in tutto somigliantissimo a quello della presento medaglia. Ved. Notizie dei Professori ecc., dalla fondazione dell’Accademia, voi. Il, pag. 217. ( 625 ) Di fianco a sinistra: ANDIUEU. FEC1T. E sulla linea dell’esergo: LAF1TTE. DEL. All’intorno: A • L’E.MPERBUR ■ LES • BONNES • VILLES • DE • L’EMPIRE. Nel campo: quarantanove corone murali disposte in due circoli, ciascuna delle quali porta il nome di una città. 11 posto più elevato è occupato da quella di paris; al dissotto stanno rome et amsterdam; indi seguono per ordine alfabetico le altre. Nel primo circolo: ANVERS - ALEXANDRIE - AIX LA CUAPELLE - AMIENS - ANGEES -ANVEHS - BESANCON - BORDEAUX - BOURGES - BREME - BRUXELLES - CAEX - CLERS10ST - COLOGNE - DIJOX - FLORENCE -GAND - GÈNES - GENEVE - GRENOBLE - HAMBOURG - LARO-CIIELLE - LIÈGE - LILLE. Nel secondo circolo: LIVOURNE - LEUBECK - LYON - MARSEILLE - MAGENCE - METZ - montalba (Montauban) - montpelli (Montpellier) - nancy - NANTES - NICE - ORLÉANS - PARME - PLAISANCE - REIMS -RENNES - ROIEN - ROTTEUDAN - STRASBOURG - TOULOUSE -TOURS - TURIN - VERSAILLES. D. M. 68. Trésor etc., Médailles de l’Empirc, pag. 100, tav. L, num. 13. XXXVI. INCORONAZIONE DELLA MADONNA DI SAVONA. Questa solenne cerimonia ebbe luogo il mercoledì 10 maggio 1815. ( <>26 ) 348. Med. oro, argento e rame. D. Busto a sinistra. pivs • vii • p • m ■ AN ■ XVI. l'ASINATI. R. Il Pontefice ai piedi della Madonna, cui offre la corona. DEDIT • GLORI AM • IN • LOCO • ISTO. Nell’esergo: DEIPARAE • SIMVLACnVM . SAYONAE SOLEMNI • MTV CORONAVIT. D. M. 37. Raccolta Avignono. Gazzotta di Genova, anno <815, num, 35; Romondini, Pio VII P. M. in Genova occ., pag. 79. 349. Med. rame. D. La Madonna col beato Botta ai piedi. R. Nel campo: MATER MISERICORDLE SAVON/E A • PIO • VII • P • M SACRO • DIADEMATE REDIMITA 1815. D. M. 33. Raccolta Franchini. ( G27 ) XXXVII. INVASIONI DEL CHOLÈRA. # 350. Med. argento e rame, pei membri delle Commissioni sanitarie. D. Busto a dritta. REX • CAR • ALBERTVS. 0. GALEAZZI. F. R. Corona di rovere con entro: AEOROTANTIBVS CIVIBVS PRAESENTI • AVXILIO SVBLEVATIS MDCCCXXXV. D. M. 35. Raccolta Avignone. 351. Med. argento e rame, pei medici. D. Busto a dritta. REX • CAR • ALBERTVS. R. Corona di rovere con entro: OB • CIVES A•MORBO SERVATOS MDCCCXXXV. I). M. 35. ( 028 ) 352. Med. oro, argento e rame, con anello, distribuita in seguito all’epidemia del 18()6-67. D. Testa a sinistra. VITTORIO • EMANUELE • II • RE • D’ITALIA. A. M. INC. li. Due rami di quercia annodati con nastro; ed intorno : AI • BENEMERITI • DELLA • SALUTE • PUBBLICA. D. M. 35. Ebbe la medaglia d’oro il compianto arcivescovo Andrea Gharvaz, l’ebbero in argento il sindaco barone Andrea Podestà e l’assessore municipale com-mend. Antonio Merli, in rame gli avvocati Giorgio Ambrogio Molfìno e Stefano Castagnola deputati al Parlamento Nazionale. XXVIII. VOTO DEI CHIAVARESI ALLA MADONNA DELL’ORTO. 353. Med. argento e rame. T). La B. Vergine col Bambino. HORTVS • CONCLVSVS • MARIA • PATRONA • INCOMPARABILIS. li. Facciata del Tempio votata alla B. Vergine; ed intorno: CLAVARENSES • A • DIRO • CHOLERA • SERVATI • VOVEBANT. Nell’ esergo : II. LORENZ. F. ANNO • DOMINI 1837. D. M. 49. Raccolta Avignone. ( 029 ) XXIX. CORONAZIONE DELLA MADONNA DI LAMPEDUSA. 354. Med. argento e rame. D. La B. Vergine col Bambino, e santa Caterina egiziaca. MARIA • DOMINA • NOSTRA • A ■ LAMPEDVSA • IN • ORA • LIGVR. Nell’ esergo: FERDINANDO • A • SAB • R ■ P ■ DVC • IAN IOANNES • ARNALDI • DEDIC. NIC. CERBARA. F. ROM. / li Rami di rose e gigli nell’esergo; ed in alto: AN • XV • SAC • PRINC • GREGORI • XVI. Nel campo: AVREA • CORONA DECRETO • COLLEGII CAN • BASIL • VATIC. PER • IOANNEM • B • ARNALDI ANTISTITEM • VRB. D • AN • M • DCCC • XXXXV. D. M. 43. Raccolta Avignone. Gazzetta di Genova, anno 1845, num. 106. XL. PONTE SULLA MAGRA. 355. Med. rame. D. Veduta del Ponte, e sotto: LEGGE • DELLI • 14 • GIUGNO 1856. ( G30 ) E contiguo al secondo arco a sinistra: ItAVA. P. Sopra il Ponte: PRESSO • SAN • OENESIO. R. Fra due rami di alloro nel campo: AL • CONTE FRANCESCO • CATTANEO PROMOV1TORE • INDEFESSO DEL PONTE • SU • LA • MAGRA I • SARZANESI RICONOSCENTI. D. M. 46. Raccolta Avignone. XLI. MUSEO PRINCIPE ODONE. 356. Med. oro, argento e rame. D. Testa del Principe a sinistra. ODONE • P • R • DI • SAVOIA • DUCA • DI * MONFERRATO. E. CHIOSSON'E DIS. — O. COLLARETA. 1MC* li. Due rami d’alloro in corona, con al basso scudetti di Savoia e di Genova; e nel campo. al • re VITTORIO • EMANUELE • II DONANTE • IL • PRIVATO • MUSEO DEL • PRINCIPE • ODONE • AL • COMUNE DI • GENOVA • IL • MUNICIPIO MEMORE • E • CONOSCENTE MDCCCLXVI. ( 631 ) Sotto gli scudetti. E. CHIOSSONE DIS. — DE GIOVANNI INC. I). M. 62. Raccolta Avignone. XLII. CHIESA DELL’ IMMACOLATA IN GENOVA. 357. Nell’atto verbale di collocamento della prima pietra del Presbiterio di questa chiesa, a rogito del notaio Francesco Cosso, sotto la data del 19 maggio 1867, si legge che l’Arcivescovo Andrea Gharvaz, « assistito dai Rev.mi Canonici del Capitolo Metropolitano e Parroci di questa Città, ha proceduto alla benedizione, giusta il rito della S. R. Chiesa, delle fondamenta e costruzioni di questa chiesa da innalzarsi a Dio Ottimo Massimo in onore di Maria Vergine Immacolata, e poscia della prima pietra del Presbiterio, la quale è di forma rettangolare, che ha collocato sotto il pilastro inferiore in corna epistolae, la quale servirà di sostegno al grande arco del Presbiterio medesimo. Sotto detta pietra venne previamente posta una cassetta di rame, contenente una medaglia d’argento, colla seguente iscrizione commemorativa di questa cerimonia ». QU0D • ERAT • IN • VOTIS TEMPLUM • AD • HONOREM • MA RLE • S • POST • EIUS • IMMUNITATEM • A • LABE • PRIMEVA SUPREMO • ECCLESIA • Il'DICIO • ADSERTAM GENUENSES • MOLIMUR XIV • KAL • IUN • AN • MDCCCLXVII. Il rovescio della medaglia è liscio. Atti Soc. Lio. St. Patria. Vul. Vili, Fase II. 42 ( 652 ) 358. Med. rarae, per gli oblatori i quali donarono la somma necessaria all’acquisto di una decorazione di colonnette marmoree, destinate ad ornamento dell’attico della chiesa. D. Colonna con base e capitello, in giro alla quale: FECIT • FVLCRA • DOMVS • DOMINI. La colonna poi è accostata dalle parole: BEATAE VIRGINI MARIAE IMMAC. Nell’ esergo : MDCCCLXVIIT. GENVAE. R. Liscio, per incidervi il nome dell’oblatore, corrispondente a quello scolpito nella base della colonnetta provveduta mercè l’offerta del medesimo. D. M. 39. Raccolta Avignone. XLIII. STORIA DELLA REAL CASA DI SAVOIA PUBBLICATA IN GENOVA. Il giorno 17 maggio 1868, celebrandosi in Genova i solenni festeggiamenti per le nozze di S. A. R. il Principe Umberto colla Principessa Margherita di Savoia, il cav. Tommaso Ferrando, R. Tipografo, presentava al detto Principe la Storia della origine e grandezza italiana della Reai Casa di Savoia, dettata dal eli. comm. Michele Giuseppe Canale, e pubblicata dal Ferrando ( 635 ) medesimo, per quella circostanza, in due splendidi volumi (J). Il Re Vittorio Emanuele, in segno delTalto suo gradimento, facea quindi rimettere all’esimio tipografo la seguente. 359. Med. oro. D. Busto ad erma del Re a sinistra. VITTORIO • EMANUELE • II • RE • D’ITALIA. G. FERRARIS. Nel campo, in corona di quercia e d’alloro: A FERRANTE f) TOMMASO PER • L’EGREGIO • MAGISTERO TIPOGRAFICO XXII • APRILE MDCCCLXVIII. D. M. 56. Presso gli eredi Ferrando. Peso: Gr. 112. La data che si legge nella medaglia è quella degli sponsali dei Principi. XLIV. BARONE DE NERVO 360. Med. oro e rame, per l’opera Le comte Corvetto, sa vie, son temps, son ministère, edita in Parigi nel 1869 e dedicata alla Città di Genova. D. Stemma civico, fiancheggiato da’ grilli e sormontato dalla testa di Giano. (') Ved. Gazzetta di Genova del 18 maggio 1868. 0 Sic. ( 654 ) B. Nel campo, in corona d’alloro: AL BARONE • DE • NERVO BIOGRAFO • DEL • CORVETTO IL MUNICIPIO • DI • GENOVA MDCCCLXIX. D. M. 43. Raccolta Avignone. XLV. FERROVIA LIGURE OCCIDENTALE. 361. Med. argento e bronzo. D. Il Porto Maurizio personificato in un Genio alato, e volto a sinistra, tenendo colla destra un ramo d’olivo sopra un barile, presso cui è un caduceo. A dritta del riguardante è una locomotiva. Nell’ esergo : PIERONI F. R. All’intorno: INAUGURAZIONE • DELLA • FERROVIA • LIGURE • OCCIDENTALE. E nel campo: A PERENNE • MEMORIA IL • CONSIGLIO • PROVINCIALE DI • PORTO • MAURIZIO 1871. I). M. 50. Presso il Municipio di Genova (esemplare in bronzo). CLASSE SESTA MISCELLANEA ACCADEMIE LETTERARIE. ACCADEMIA DEGLI ADDORMENTATI. Fu istituita in Genova nel 1587 ('). 362. Med. . . . Oriuolo a sveglia, col fucile appresso, che risvegliando accende nel tempo stesso un lume. S0PIT0S • SVSCITAT. Ferro, Tealro d’imprese ecc., pag. 103-01. (') Yed. Atti, voi. IX, pag. 192. » ( 656 ) ARCADIA LIGUSTICA. La prima Arcadia fu istituita in Roma dei 1690, e tra’ suoi fondatori è da noverare il genovese Pompeo Figari. In Genova ebbe principio nel 1705. 363. Med..... Una zampogna fra rami d’alloro, ed alcune piante che sbucciano dal terreno. Intorno: RIVIERA • LIGVSTICA • COLONIA • DEGLI ■ ARCADI. Nell’ esergo : RESPONDERE • PARATI. Meandro, ossia il Sereniss. Benedetto Viale Doge di Genova (1719). 364. Med..... Una zampogna come sopra. ❖ • COLONIA • LIGUSTICA ■ D’ARCADIA. Nell’ esergo: RESPONDERE PARATI. Palla vicini, Saggio di poesie ecc. (1773). ACCADEMIA DEGLI INDUSTRIOSI. 365. Med..... D. Alveare con api, un albero, varii instrumenti di scienze ed arti; e fra due rami di quercia e due di alloro : FLORIFERIS • UT • APES • IN • SALTIBUS • OMNIA • LIBANT • OMNIA ■ NOS. ( 057 ) Nell’esergo: gl’ industriosi. Allii memoria di Luigi Sauli ecc., l’Accademia di lidie Lettere (1789,). ISTITUTO NAZIONALE POI ACCADEMIA IMPERIALE. Fu creato per legge del i.° ottobre 1797, in conformità dell’art. 312 della Costituzione promulgata il 14 settembre dell’anno stesso ('). 360. Nel Monitore Ligure dell’8 dicembre 1798 si riferisce che il Corpo Legistativo (Consiglio dei Sessanta), nella sessione del 6 stesso mese, adottava il seguente progetto di legge sul distintivo dei Membri componenti l’istituto medésimo. « 1.° I membri residenti dell’istituto Nazionale avranno una medaglia di rame dorato, di forma triangolare, con l’impronta da una parte della Libertà, e dall’altra la statua di Pallade incise, con le seguenti parole: membro residente dell’instituto nazionale; quale porteranno al collo con un nastro bicolore nazionale. » 2.° I membri associati avranno eguale medaglia, ed invece della parola residente vi sarà associato; quale porteranno in petto dal lato sinistro, con cappio di nastro color rosso. » 3.° Il Direttorio Esecutivo è incaricato di far incidere a spese della Nazione tante medaglie, quanti sono i membri residenti ed associati ». (') Ved. Memorie dell'Insliluto Liguri’, voi. 1, pag. 87. ( 658 ) 367. Med. argento e rame. D. Nel campo : INSTITUTO NAZIONALE LIGURE. R. Nel campo: FESTA DELLA SOVRANITÀ • DEL • POPOLO ANNO • II • REPUBBLI™. D. M. 48. Raccolta Avignone. Catalogue des médailles etc. de Napoleon; anno 1797. Nel Projet d’un réglement pour VAcademie de Gènes (1806), al capitolo IV, articolo 3.°, si dispone: Les Présidens seront décorés dans le lieu de leur séances, d’une médaille d’or suspendite à une chciine du me me metal. Chaque année les Présidens auront droit à une nouvelle médaille ; mais ils ne pourront point la porter après la cessa tion de leur oliarge. In conseguenza di ciò fu battuta la seguente. 368. Med. oro e rame, con anello. D. Busto di donna diademato, con corona di torri, a destra, e dietro la figura: GENUA. Nell’esergo : H. VASSALLO. F. R. In giro : GENUENSIS ■ AC A DEM • IMPER • SCIENT • BONAR • QUE . ARTIUNÌ MPCGOVT. ( 659 ) Nel campo, in corona di alloro: PRAESIDI DECUS. D. M. 50. Raccolta Avignone. Peso dell’esemplare in oro: Or. 53,100. Catalogue des médailles etc. de Napoleon, anno 1806. I conii ili questa medaglia si conservano dall’Accademia Ligustica di Belle Arti. 369. Med. oro, argento e rame (per premio). D. Busto come al numero precedente. R. Donna in piedi volta a sinistra, con corona e cornucopia; e dietro di essa un vaso con due palme. All’intorno: ART1UM • CULTUI • ET ■ INCREMENTO. Nell* esergo: ACADEMIA • IMPERIALIS A • MDCCCVili. H. VAS. F. D. M. 50. Haccolta Avignone. Peso dell’esemplare in oro: Gr. 16, 301. Catalogue cit., anno 1808. Il conio del rovescio si conserva presso la detta Accademia. II. ACCADEMIA LIGUSTICA DI BELLE ARTI. Fondata da alcuni patrizi, e precipuamente da Giovanni Francesco D'Oria, con approvazione dei Serenissimi Collegi, nel 1751. ( 640 ) 370. Med. argento. D. Stemma dell’Accademia, esprimente il busto di Giano e gli emblemi delle tre arti sorelle. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES • 1753. B. Stemma della Repubblica in targa barocca, sostenuto dai griffoni, e collocato sopra un fascio d’armi e bandiere. D. M. 5i. Raccolta Avignone. Staglieno, Le medaglie dell’Accademia Ligustica, tav. I, num. 2. 371. Med. argento. D. Stemma dell’Accademia come sopra. ET • VETERF.S • REVOCAVIT • ARTES • 1758. R. Stemma della Repubblica come sopra. D. M. 75. Gabinetto di S. M. il He, in Torino. Staglieno , pag, 0. 372. Med. argento. D. Stemma dell’Accademia. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES • 1795. R. Stemma della Repubblica. D. M. 76. Raccolta Avignone Staglieno, pag. 4, tav. I, num. I. Le medaglie precedenti vennero fuse sopra modelli gittati dall’orefice Francesco Maria Merlo, e punzonati e finiti dall’intagliatore Leopoldo Maria Mayer. Quella del 1795 inoltre fti lavorata dall’orefice Antonio Maria De Filippi. ( 641 ) 373. Med. oro, argento e rame. D. Stemma dell’Accademia, còme ai numeri precedenti. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. R. Stemma della Repubblica, come ai detti numeri. D. M. 39. Raccolto Avignone e Franchini. Staglieno, pag. 7, tav. II, num. 3. Questa medaglia fu la prima delle accademiche ad essere coniata alla Zecca; ed i conii vennero provveduti dalla liberalità del patrizio Giuseppe Maria Durazzo. Le coniazioni non sono anteriori al dicembre 1763. 374. Med. argento. D. Il Genio della pittura che presenta la tavolozza ed i pennelli al busto di Giano, presso il cui piedistallo si vedono vari emblemi delle arti; ed attorno: ET • VETERES • REVOCAVIT ■ ARTES. Nell’ esergo: ACADEMIA • LIGUSTICA MDCCLVIIT. 11. VASSALLO. F. R. Stemma della Repubblica; e nell’esergo: QUAESITUM • MERITIS. II. VASSALLO. F. L). M. 65 Staglieno, lav, II, num. i. Il conio esiste all’Accademia. ( 642 ) 375. Med. 01*0 e argento dorato. D. Il Genio della pittura, come sopra. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. Nell’ esergo : ACADEM • LIGUSTICA MDCCLVIII. H. VASSALLO. R. Stemma di Genova; e nelllesergo: QUAESITUM • MERITIS. H. VASSALLO. F. D. M. 41. Raccolta Franchini. Staglieno, tav. 11, num. 5. 376. Med. argento. D. Genio della pittura come al numero 374. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. Nell’esergo : ACADEMIA • LIGUSTICA MDCCLVIII. H. VASSALLO F. R. La Vigilanza seduta, con emblemi di Libertà e di belle arti. REDEUNT • SATURNIA • REGNA. VJRG . EGL . IV. ANNO • MDCCXCVII * XVIII • KAL • JUL. H. VASSALLO. Nell’ esergo : D. M. 65. Raccolta Avignone. Staglieno, tav. Ili, num. 6. ( 645 ) 377. Med. oro e argento. D. Genio della pittura ecc., come al numero 374. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. Nell’ esergo : ACADEM • LIGUSTICA MDCCLVIIL H. VASSALLO. F. R. La Vigilanza come al numero 376. REDEUNT•SATURNIA • REGNA. VIRO . EGL . IV. Nell’ esergo: ANNO • MDCCXCVII XVIII • KAL • JUL. H. VASSALLO. F. D. M. 4L Raccolte Avignone. Franchini e Varni. L’esemplare in oro, già presso Carlo Rossi, serbasi ora dall’Accademia. Staglieno, pag. <13, tav. HI, num. 7. 378. Med. argento e rame. D. Genio come sopra, ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. Nell’ esergo : ACADEMIA • LIGUSTICA MDCCLVIII. H. VASSALLO. F. R. In giro il verso di Lucano: NIL • ACTUM • CREDENS • DUM • QUID • SUPERESSET • AGENDUM. ( G44 ) B nel campo, in corona d’alloro: MERENTIBUS. 1). M. 65. Raccolta Avignone. Staglieno, tav. IV, num. 8. 379. Med. rame (imitazione; portando nel contorno la parola : copie). D. Genio come sopra. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. Nell’ esergo: i ACADEMIA • LIGUSTICA MDCCCLVIII. H. VASSALLO. F. R. In giro: ML • ACTUM • CREDENS • DUM • QUID • SUPER RSSET • AGENDUM. Nel campo, in corona d’alloro: MERENTIBUS. D. M. 63. Raccolta Avignone. Catalogue des médailles etc. de Napoleon, anno -1797; Staglieno, pag. 16. 380. Med. oro e argento. D. Genio come sopra. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. Ne ir esergo: ACADEM • LIGUSTICA MDCCCLVIII. H. VASSALLO. F. ( 645 ) li. In giro: NIL • ACTUM • CREDENS • DUM • QUID • SUPERESSET • AGENDUM. F nel campo, in corona d’alloro: MERENTIBUS. D. M. 41 Raccolta Avignone. Staglieno, tav. IV, num. 9. 381. Med. oro, argento e rame. D. Genio come sopra. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. Nell’ esergo: ACADEM • LIGUSTICA MDCCCLVIII. Manca il nome del Vassallo, perchè il conio si ruppe, e fu rifatto verso il 1823 da Antonio Ro-gerone. li. Stemma di Genova, come al numero 375 ; e nel-1’esergo: QUAESITUM • MERITIS. H. VASSALLO. F. D. M. 41. Raccolta Avignone. Staglieno, pag. 18, tav. V, num. 10. 382. Med. oro e argento. D. Stemma dell’ Accademia, come ai numeri 370-73. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. 1751. CANZAN1. ( 040 ) B. AU'ingiro: ✓ ACADEMIA • LIGVSTICA • BONARVM • ARTIVM • MDCCGLXII. Nel campo, in corona d’alloro: MERENT1BVS. D. M. 43. Raccolta Avignone. Staglieno, tav. V, num II. In alcuni esemplari manca la parola: mf.rentibvs. 383. Med. oro, argento e rame. B. Stemma dell’Accademia, come sopra. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. 1751. COLLARETA. Ii. Ali’ ingiro : ACADEMIA • LIGVSTICA • BONARVM • ARTIVM • MDCCCLXV. E nel campo, in corona d’alloro: MERENTIBVS. D. M. 37. Raccolta Avignone. 384. Med. oro, argento e rame, coniata in memoria di una visita del re Carlo Alberto all’Accademia, e del dono fattole di parecchi pregevolissimi gitti. B. Testa del Re, a destra. REX • KAROLVS • ALBERTVS • AVO. F. PUTINATI D. La Liguria che porge una corona al Genio delle \ ( 047 ) arti, ed è seduta presso una colonna rostrata su cui posa Terme di Giano. Superiormente alle figure si legge: STAT • SVVS • NVNC • ARTIBVS • HONOR. Nell’ esergo: ACADEMIA • LIGUSTICA. MDCCCXXXII . B nella base della colonna : F. P. D. M. 42. Raccolta Avignone. « Chi abbia ideata o disegnata la composizione (scrive a proposito di questa medaglia il diligentissimo march. Staglieno), non ho potuto trovare; solo è memoria che le parole furono suggerite dal eh. P. Gio. Battista Spo-torno. Di queste medaglie . . . furono battute quattro in oro, presentate alle LL. MM. il Re e la Regina, trenta in argento per alcuni della Corte ed altri personaggi, e quarantuna in rame distribuite fra gli Accademici » (*). 385. Med. oro, deliberata il 15 gennaio 1863, e presentata il 28 febbraio successivo al compianto Principe Odone di Savoia, col diploma di nomina dello stesso ad Accademico onorario. D. Stemma dell’Accademia, con emblemi di belle arti. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. 1751. CANZA.NI. (') Staglieno, Le medaglie ecc., pag. 23. Atti Soc. Lio. St. Patria, Voi. Vili, Fase. il. 4:ì ( 648 ) fi. All’ingiro: ACADÈMIA • LItìVSTICA • BONARVM • ARTI VÌVI • MDCCCLX1I. E nel campo, in corona d’alloro: ODONI PRINCIPI XVIII • KAL • FEBR MDCCCLXIII. D. M. 43. Staglieno, pag. 21. 386. Med. oro e bronzo. D. Stemma dell’Accademia, come al numero 382. ET • VETERES • REVOCAVIT • ARTES. 1751. CANZANI. R. All’ interno : L’ ACCADEMIA • LIGUSTICA • DELLE • BELLE • ARTI. E nel campo, in corona d’alloro: AD A.D0 D’ANDRADE DELLA •SCUOLA LIBERA • D’ ORNATO DIRETTORE MDCCCLXX. D. M. 43. Presso il, cav. prof. Alfredo D’Andrade, di Lisbona; e presso l’incisore Giuseppe De Giovanni. III. SOCIETÀ PATRIA. Fu istituita in Genova nel 1786-87, collo scopo di promuovere le arti e le manifatture della Liguria; e fu ( m ) Ia prima in Europa ad aprire pubbliche Esposizioni. Cadde nei rivolgimenti del 1797, e si tentò ristabilirla nel 1811 (*); ma lo fu effettivamente nel 1871. Negli Avvisi Patrii del 10 gennaio 1789 (2) si legge che la Società « desiderosa ... di secondare nel miglior modo possibile le brame espresse da’ virtuosi artisti, i quali nel ricevere il premio per le singolari manifatture presentate, preferirebbero al valore numerario di esso una medaglia caratteristica della Società Patria c della rimunerazione; si dispone d’ora in avanti di distribuire i premi relativi in medaglie d’ oro e d? argento. Occupata perciò attualmente a riflettere sopra varii bozzetti statile offerti, per adottare quello che sarà giudicato il più convenevole a formare ed esprimere lo stemma dell’instituto suo proprio, desidera e spera dalla benevolenza e dal genio de’ concittadini illuminati, che altre nuove idee o disegni le verranno forniti al fine suddetto. Intenderà pure con soddisfazione, che si producano i più abili fra gl’intagliatori de’ conii, che servono ad improntare le medaglie e monete, per l’eseguimento dell’accennato lavoro ». In quelli del 22 agosto (3) si ha quindi essersi allora « fatto presente (alla Società) il disegno . . . del patrizio ... ab. D. Gaspare Oderico, che n’era stato pregato, d’una medaglia dallo stesso immaginata »; e finalmente dagli Avvisi del 5 giugno 1790 (*) si rileva, che tale medaglia si stava coniando da Angelo Tessera. La qual medaglia è la seguente. (’) Gazzetta dì Genova del 184,1, num. 68. (*j Pag. 42. (3) Pag. 266. (*) Pag. 177. ( m ) 387. Med. oro, argento e rame. D. Busto di donna diademata, con corona turrita, a destra; e dietro della figura: GENVA. Nell’esergo : . M. 43. Raccolto Avignone e Varni (esemplari in argento). Questa medaglia fu deliberata nel 1802, sulla proposta del rimpianto march. Lorenzo Pareto, dal Municipio Genovese; il quale, a promuovere ognor più il lustro e l’incremento della patria Università, dispose che ogni anno se ne dovessero conferire tre esemplari, giusta i diversi metalli, ai tre studenti di ciascuna Facoltà che se ne fossero chiariti più meritevoli ('). La medaglia poi venne coniata in Torino dal comm. Demetrio Ganzani sovra disegno dell’illustre statuario prof. Santo Varni. 424. Med. argento e rame, per prendi diversi da conferirsi dal Municipio di Genova. D. Stemma di Genova sostenuto da griffoni, e sormontato dalla testa di Giano coronata. li. Due rami di alloro in corona, e campo vuoto da incidervi il nome. Attorno : ONORA - COGLI • STVDI • LA • PATRIA. D. M. 43. Raccolta Avignone. 425. Med. argento e rame, per premio ai maestri più benemeriti. D. Stemma di Genova, come sopra, ed intorno: COMITATO • LIGURE • PER • L’EDUCAZIONE • POPOLARE. 1869. (') Ved. Celcsia, Storia della Università di Gowca ecc., par. n, pàg. 385. ■■ ( G70 ) R. Due rami d’alloro, e campo liscio; con intorno: ONORA • COGLI • STVDI • LA • PATRIA. L>. M. 43. Presso l’incisore Giuseppe Do Giovanni. 426. Med. argento. D. Stemma di Andrea D’Oria coronato, cioè 1 aquila colla croce di sant’Andrea e le insegne del loson d’oro. In alto : COLLEGIO • ANDREA • D’ ORIA. E sotto: NERVI • PRESSO • GENOVA. R. Corona d’alloro e quercia, in campo vuoto. D. M. 42. Haccolta Avignone. 427. Med. argento come al numero precedente. D. M. 37. Raccolta Avignone. Queste medaglie furono coniate in Genova dall incisore Giovanni Carbone, e distribuite in premio agli alunni del Collegio il 30 aprile 1871. 428. Med. argento dorato e semplice, e rame. D. Caduceo, con emblemi d’arte e di musica, ed in giro: COLLEGIO • CONVITTO • DEBARBIERI. GENOVA. ( 671 ) It Corona di quercia c d’alloro in campo vuoto; ed attorno: VOLGI • GLI • STUDI -A; VIRTÙ. I). M. 39. Presso l’incisore Giuseppe De Giovanni. 429. Med. argento dorato e semplice, e rame. D. Caduceo in corona d’alloro; ed intorno: ONORE • E • GLORIA • ALLA • GIOVENTÙ • STUDIOSA. R. In giro: COLLEGIO • CONVITTO • COMMERCIALE • ARZENO. E nel campo: NEL PALAZZO DELLE PESCHIERE GENOVA. D. M. 36. Presso il suddetto incisore. 430. Med. argento e rame, da conferirsi in premio dal Direttore della Società Ginnastica. I). All’intorno: SOCIETÀ • GINNASTICA • C • COLOMBO. GENOVA. Nel campo, in corona d’alloro: AL VALORE GINNASTICO. R. All’intorno: * A • B0ZZAN0 • IN • MEMORIA * — / ( (>72 ) Nel campo: AL socio E sotto, alquanto spazio per incidervi il nome. n. M. 33. Presso il suddetto. 431. Med. rame. JD. Attorno si legge: SCUOLE • GRATUITE • PER • LE • OPERAIE. Nel campo: ISTITUITE — E — DIRETTE — DA — ALESSANDRO FRANCIOSI. Nell’esergo: GENOVA. R. Due rami di quercia annodati con nastro, campo vuoto; ed intorno: ONORE • agl’ INSEGNANTI • BENEMERITI. D. M. 35. Raccolta Avignone. 432. Med. rame. D. Leggende in tutto come sopra. R. Come al numero precedente; ed intorno. ALLE • OPERAIE • PIÙ • DISTINTE. D. M. 35. Raccolta Avignone. Queste medaglie cominciarono ad esseic disti i buite nel 1865. ( 673 ) 433. Med. argento, rame dorato e argentato, con anello. D. Nel campo: SCUOLE — INFANTILI — DI — GENOVA. R• Fra due rami di alloro: PREMIO. I). M. 23. Raccolta Avignone. Queste scuole furono aperte il 1.° agosto 1840; e la prima distribuzione delle sudilescritte medaglie ebbe luogo nel novembre 1860. 434. Med. rame, come sopra, con anello. D. Campo vuoto, ed all’intorno: ASILI • INFANTILI • DI ■ GENOVA. R. Fra due rami di quercia e d’alloro: AL — MERITO. U. M. 29. Raccolta Avignone. Fu sostituita alla precedente nel novembre 1860. 435. Med. rame dorato, argentato e semplice. D. All’ingiro: COMUNE • DI • SAN • FRUTTUOSO. E nel campo: AL • MERITO. R. Corona di quercia e d’alloro, e spazio vuoto nel centro. D. M. 33. Raccolta Avignone. ( 074 ) 430. Med. rame dorato, argentato e semplice, con anello. D. All’ingiro: ASILO • INFANTILE • NICOLÒ • AICARDI — CELLE-LIGURE. E spazio liscio nel campo, pel nome. R. Corona di quercia e d’alloro. In mezzo : AL • MERITO. D. M. 28. Raccolta Avignono. 437. Med. come sopra, con anello. D. Corona di quercia e d’alloro, con al centio la parola: premio. Nel campo: ASILO — INFANTILE — DI — SERRAVALLE-SCRI^ IA. D. M. 23. Raccolta Avignone. 438. Med. come sopra, con anello. D. Corona, come al numero precedente, e la paiola. PREMIO. R. Nel campo: ASILO — INFANTILE — NOVI. D. M. 23. Raccolta Avignono. ( 67S ) XI. ESPERIMENTI VULCANICI DEL PROF. PAOLO GORINI. Questi esperimenti ebbero luogo in Genova nella Palestra della Società Ginnastica Ligure, volgendo il mese di luglio, quando la stampa del nostro lavoro si trovava già molto inoltrata. Dobbiamo pertanto consegnare a questo luogo la descrizione della seguente medaglia offerta all’illustre Professore dagli operai che ebbero ad assisterlo nei preparativi degli Esperimenti medesimi (*). 439. Med. oro, con anello. 1). Nel campo: A PAOLO• GORINI •1872. Ed all’intorno: GLI • OPERAI • GENOVESI • AGLI • ESPERIMENTI • VULCANICI. R. Nel campo, entro corona: STIMA E GRATITUDINE. D. M. 24. Presso il prof. Goi'ini, ili Lodi. (’) Ved. il giornale genovese II Movimento, del 18 agosto 1872. ( 676 ) XII. FIERE CARNOVALESCHE E DI BENEFICENZA. 440. Med. stagno. D. Due figure in piedi rappresentanti Genova e Venezia. W ■ VENEZIA • w • GENOVA. li. All’intorno: SOCIETÀ ■ DEL • GAZZETTINO • GENOVA. E nel campo: 1.* — FIERA — FANTASTICA — CARNOVALE — 1868. D. M. 31. Raccolta Avignone. 441. Med. stagno. 1). Busto in caricatura a destra; ed intorno: VIVA • IL • SIGNOR • REGINA ! ! H. Nel campo, fra due rami di alloro e di rovere. l.A — FIERA —■' FANTASTICA — DI — GENOVA lì>6&. D. M. 30. Raccolta Avignone. 442. Med. stagno. D. Busto come sopra. SOCIET/E • DO • SCIO • REGINN-A. ( 077 ) lì. Nel campo: 2.A — FEA — DU — CARLEVA — DE — ZENA — 18G9. D. M. 30. Haccolta Franchini. 443. Med. stagno. B. Gonfalone sul quale si legge: 3.a — FIERA — FANTASTICA — DI —* GENOVA. R. Figura d’uomo in caricatura sopra un velocipede ; all’ indietro la Lanterna di Genova ed un tempio ; e sotto: SCIÒ • REGÌNNA. I). M. 30. Raccolta Avignone. 444. Med. stagno dorato e semplice. D. La Beneficenza seduta, fiancheggiata da due bambini, e con altro lattante. R. Attorno: FIERA • DI • BENEFICENZA. GENOVA. E nel campo: ASILI — INFANTILI — E — LATTANTI — 1870. D. M. 39. Raccolta Avignone. AGGIUNTE E CORREZIONI Il dubbio espresso fino dalla Prefazione che il nostro lavoro, per le molte difficoltà che gli sono inerenti, dovesse lasciare aperto l’adito a rettificazioni ed aggiunte, non era per certo infondato ; tanto è vero che noi stessi dobbiamo già sottoporne al lettore non poche, le quali siamo venuti adunando nel corso della stampa. Nè saremo per dolercene ; bensì molti additamenti ci auguriamo di ricevere dalla cortesia dei raccoglitori e studiosi, ad incremento della storia metallica della Liguria. Con questa opportunità emendiamo pure quei trascorsi di maggiore momento nei quali siamo caduti ; e confidiamo eziandio che i benevoli sappiano darcene perdonanza. Le nostre osservazioni cominciano del resto dalle medaglie di papa Sisto IV e di Giuliano Della Rovere; conciossiachè parecchie di esse vedonsi prodotte e descritte nelle Famiglie celebri del Litta ('). Tali medaglie sono: (') Famiglia Della Rovere, tav. VI. Atti Soc. Lig. St.. Patria. Voi. Vili. Fase. II. ( 080 ) per Sisto IV quelle da noi recate ai numeri 19,20,21, 25, 27, 28 e 30; per Giuliano Della Rovere, come papa, quelle riferite ai numeri 41, 43, 47, 49, 51, 53, 54, 57, CO, e come cardinale le altre distinte coi numeri 77 e 78. Nella stessa opera si notano eziandio degli esemplari in oro della medaglia num. 47; e si dice che i conii di essa, nonché di quella recata al num. 51, sono di Francesco Francia. Al num. 21 si corregga il vi in ve, cioè veneti. Alla medaglia poi prodotta al num. 27, ed esprimente nel rovescio « tre torri », ossia la rocca d’Ostia, si aggiunga la seguente recata dal eh. P. Guglielmotti, il cui egregio lavoro ci venne veduto più tardi. 447. Med. bronzo. D. Busto a sinistra, con triregno. SJXTVS • IIII • PONT • MAX • VRB • REST. i?. Tre torri, come al num. 27. IVL • CARD • NEPOS • IN • OSTIÒ • TIBERINO. D. M. 44. Guglielmotti, Della rocca d’Ostia, tav. I, Ielt. 13. Al num/57 si sopprima Y indicazione della Raccolta Avignone, ivi accennata per errore. Al num. 153 si aggiunga la citazione del De Boodt, Symbola, etc., pag. 87. Al num. 212, ove è belnap.ovvs, correggasi bernabovvs. Al num. 259, dopo l’epigrafe del dritto si aggiunga il nome dell’incisore de paulis; ed ivi stesso, dopo quella del rovescio si inserisca l’altro dell’incisore pincrf/i. Egualmente al num. 262, dopo la leggenda del dritto si ponga : g • ferraris • f. ( 681 ) Al num. 265 ove è detto : « Nel contorno », si corregga « R, All’intorno »; e per conseguenza si sopprima la lettera R. alla 3.a riga in capo alla pagina. Al num. 266, fra la 6.a e la 7.a riga della leggenda che occupa il campo del dritto, si aggiunga: barre. Ed allo stesso numero ove si legge fbanacise, si emendi FRANCA ISE. o Al num. 312: nno. Correggasi: non. Alla medaglia in oro del march. Domenico Pareto riferita al num. 244, vuoisi per la sua singolarità aggiungere il peso, che è di gr. 429. Oltre ciò dobbiam dire che una medaglia in tutto simile a questa, e destinata al signor Emilio De Meester già ministro del Belgio, il quale aveva, come il Pareto, seguito il Papa da Roma a Gaeta, può vedersi prodotta nel fascicolo testé comparso della Reme de la Numi-smatique du Belge (‘). Dove per ultimo si soggiunge che il Pontefice fece anche eseguire in bronzo un secondo esemplare di siffatte medaglie, perchè rimanesse depositato nel Vaticano. Fra le medaglie poi concernenti atti di valore ecc.. è pure da inserire la seguente. 448. Med. oro, ad Antonio Fossa di Savona, per avere salvati alcuni militari francesi nel tempo della guerra di Crimea. D. Busto a sinistra, ed in giro: NAPOLEON ■ III • EMPEREUR. CAQUÉ F. (’) Serie V, voi. IV, pag. l>22 e tav. XIX. ( (>82 ) & Nel campo : MINISTERE DE • LA • MARINE A • FOSSA CAPITAINE I>U • NAVIRE • SARDE LE • LUIDGI (’) SERVICES • RENDUES, A • DES • MILIT."KS FRANCAIS 1855. D. M. 27. Presso il detto cap. Fossa. E ira quelle prodotte al § XXXVII della Glasse V: 449. Med. argento dorato, conferita al dottore Giovanni all Olio, in benemerenza dei servigi da lui prestati durante l’epidemia colerica nel Comune di San Pier d’Arena. ■D- lesta a destra; ed in giro: VITTORIO • EMANUELE • II. G. FERRARIS F. fi- Nel campo, in corona di quercia e d’alloro: DOTT. DALL’ OLIO GIOVANNI 1855. r>. M. 36. Presso il medesimo. O Sic. Correggasi: Luigi. ( 683 ) Per ultimo la medaglia recata al num. 430 vorrebbe essere preceduta da questa. 450. Med. argento. D- Fascio romano nel centro, in corona di quercia e d’alloro, ed attorno: SOCIF.TÀ • GINNASTICA • CRISTOFORO • COLOMBO GENOVA. R. In giro : IN • OMAGGIO • E • RIC0N0.ZI • AL • SUO • DIRET.* • A • BOZZANO. E nel campo: ACCADEMIA 1871. D. M. 40. Presso il signor Angelo Mozzano. Fra le medaglie riportate nella Glasse II e III, ve ne hanno ben quattro (num. 97, 179, 189, 192) le quali recano le iniziali dell’ intagliatore p • p • r. Vuoisi ora avvertire quanto si legge in un recente e dotto articolo del comm. Michele Lopez sulle medaglie dei Duchi di Parma, laddove in una d’Ottavio Farnese e Margherita d’Austria egli riscontra le medesime lettere, interpretandole pietro paolo romano; il quale sarebbe lo stesso che Pier Paolo Galeotti di Roma, ripetutamente lodato dal Vasari (*). Finalmente avendo noi riferite in più Glassi parecchie medaglie di quel valente incisore che fu il nostro Girolamo Vassallo, reputiamo utile il soggiungere, che, sebbene non ne rechino il nome, crediamo pure fattura di lui le altre prodotte ai numeri 340, 343 e 367. Ger- (') Ved. il Periodico di numismatica e sfragistica ecc., anno 1872, pag. 159. / ( 684 ) tamen te poi, se venne mai eseguita, fu sua quella pei meni ni dell Istituto Nazionale, di cui toccammo sotto numeio 366, leggendosi «come nel Consiglio dei Giu-nion venisse proposto « che le medaglie distintivo del-ns ìtuto Nazionale, che dovranno esser fatte dall’ec-ÌnCÌSOre Psalli (sic), sieno d’oro » ('). le limiamo di concludere col porgere qui notizia a cuni altii lavori del Vassallo medesimo, i quali se on po eano capire nei limiti assegnati alla nostra De-paiono però da non pretermettersi affatto, sussuio di chi imprendesse a narrare la vita di un artefice che onorò tanto la patria (2). ( ) Ved. Gazzetta di Genova doIT’8 dicembre 1798. trip tini accenn* SU1 ^ssallo si leggono nella dotta opera delTAlizeri, Novo] li ^ ° e*so> * del disegno in Liguria dalla fondazione dell’ Accademia, Stefano S' n°ta ^ maestro nac(Iue di un orafo per nome fanfn-a J'*’ ^ O^0 Padr*no a* battesimo il patrizio Girolamo Durazzo rP„: f • nj,lluo patrie arti. « Frequentò giovinetto lrAccademia, ne’ cui he ^ n ! "i0-310. SOtt° Ìl 13 dicembre del 1788 ... . Oltre al disegno delle l’ss P-ftU 1() ^ ornamenti> e n’ebbe premio di piccola medaglia sul finire del-03 u,t0 Prec^^6sse il magistero del conio, e lo apprese per uffizi del ° . ' Pa*;r*Z10 da un Guilmar maestro in capo nella zecca di Milano. Rifat-» Aalente^in patria, formò i bei conii per le monete della Repubblica g e nel 1797 e nel 180ò, notabili per freschezza d'intaglio come per gusto omposizione finissimo - . . . II Governo Imperiale diede segno di pregiarlo mandandolo ad uffiziare nella zecca di Milano ; ed in quella città si rimase cat*ufa ^mpero, finché finì per suicidio. Ciò avvenne sullo >o i marzo del 1819. Nè ci è dato di narrarne più innanzi se non questo, Genou SU°^ ^en' *eSatar>o un tal Luigi Lorrea impiegato nella zecca di P p sito do conii giustamente encomiati dalf’Alizeri, soggiungo poi ch’io son i credere che al Vassallo sieno da ascriversi non solo i precitati, ma quanti n spaziano dal 1793, a cui si arrestano quelli di forma barocca, al 1805. parmi egualmente che sieno da attribuire al nostro valoroso artefice al-r ^ rame c*ie) oltre i già citali sotto il numero 341, serbansi nella ■nia Collezione; e sono i seguenti. 1. D. Veduta della Lanterna di Genova e del Lanternino del Molo Nuovo; ( 685 ) Diciamo adunque che nella nostra Iiaceolta serbiamo eziandio un sigillo incavato in ottone, che il Vassallo eseguì (1798) pel Ministero degli Interni e delle Finanze della Repubblica Ligure; il quale conformemente a quanto ebbe già occasione di accennarne il solerte amico nostro march. Staglieno, rappresenta la figura della Vigilanza, eguale a quella che s’incontra nel rovescio della medaglia da noi riferita al num. 376. « Solo vi si rimarca la soppressione degli emblemi delle scienze che le sono attorno, ed una diminuzione nell’altezza dell’enorme frigio berretto, onde dar luogo alla leggenda ministero • dell’interiore • e • delle • finanze , che gira attorno al sigillo, il cui diametro è di millimetri 41 ljr Inferiormente poi in luogo del millesimo leggesi: rep. ligure » ('). E sotto: H. vas. Nel Berliner Bldtter del 1868, pag. 293, si ha poi la descrizione di una medaglia eseguita da esso Vassallo sovra disegno di Domenico Antonio de Segueira, e destinata in premio agli alunni dell’Accademia di commercio e marina del Portogallo, ai quali però non venne cornucopia nel mezzo, ed all’ ingiro in alto : repubblica . ligure. — li. Nel campo, in una bella corona intessuta di spiche : gabella - grano. — D. M. 38. 2. D. Festoni di fiori sostenuti da teste di leone, ed entro un piccolo tondo: repubblica . ligure . 1805. — R. Ramo di vite con grappoli, ed entro di un altro tondino: finanza - vino. — D. M. 38. 3. D. AH’ ingiro : octroi . de . la . ville . de . gènes. Nel campo : vin . debauquement. E dal lato sinistro: D.0 in nesso. — R. Liscio.- — D. M. 40. 4. D. In giro: octroi .de. la. ville. de. gènes. E nel campo: vin - entrepòt. Sotto, a destra: D.0 in nesso. — R. Liscio. — D. M. 33. 5. D. All’intorno: finances.du.vin.de.gènes. — R. Nel campo: octroi. — D. M. 37. 6. D. Testa di donna nel centro; ed all’intorno: direction. de . gènes. — /(. Nel campo: droits - reunis. — D. M. 21. (') Staglieno, Le medaglie dell'Accademia Ligustica, pag. li. ( G8tì ) mai conferita. lale medaglia vedasi prodotta fra le portoghesi da Bernardo Lopez Fernandez, ed è come segue: 451. Med. . . . -0. Busto a dritta con uniforme militare; ed in giro: JOANNI • P0RTUG • ET • ALG • PRINC • REG * BONARUM • ART • MECOENATI • AUGUSTO. Nell’esergo : INGENII - SUI • SPECIMEN • C. H. VASSALLO. fi- Minerva sedente; presso di lei due putti ignudi con vani emblemi, e sotto a dritta: VASSALLO. In alto: PRAESIDIUM • ET • DULCE * DECUS. Fj nell’esergo: IV • KAL • JUL. MDCCCII. Finalmente notiamo come esistenti nella nostra Raccolta gli esemplari di due pezzi lavorati egualmente dal Vassallo, e riguardanti un progetto di monete da battere nella zecca di Genova. I conii relativi serbansi in quella di Parigi. 452. I ezzo di rame, il quale si crede un progetto di moneta da 80 franchi D.' Busto ad erme di Napoleone quasi di fronte; ed in giro: NAPOLEON • EMPEREUR. ( 087 ) Li. Aquila coronata, coi fulmini; ed intorno: EMPIRE ■ FRANCAIS. Nell’esergo: 1807. D. M. 33. 45*3. Pezzo di rame dorato. D. Busto come sopra. NAPOLEON • EMPEREUR. E sotto il busto: 1807. H. VAS. F. R. Aquila come sopra. EMPIRE • FRANCAIS. E nell’esergo: 100 • FRANCS. D. M. 32. Rimarrebbe ancora a dire d’alcune altre medaglie onde si lesse a più riprese notizia ne’ pubblici diarii ; se non che queste non vennero sinora effettivamente coniate. Tali sono: quella che il Quinto Congresso Pedagogico, « mosso da sentimenti di particolare riconoscenza verso il Municipio Genovese per la ricevuta ospitale accoglienza », deliberava di far coniare ad onore del medesimo ('); quella dell’ Associazione Ligure di Salvamento costituitasi nell’anno volgente; e l’altra che un Gomitato di cittadini si propone di distribuire agli italiani (’) Ved. Atti del Quinto Congresso Pedagogico ecc., pag. 181. ( 088 ) olie combatterono per la Francia nelle campagne del 1870-71 ('). Una medaglia in bronzo di gran modulo ebbe 1 ? li testé aggiudicata dalla Commissione Reale sopra 1 Jhj-sposizione Marittima tenutasi in Napoli nel 1871 la benemerita Società Economica di Chiavari (2); e ^ia d’altronde che con decreto del 20 febbraio 1S72 veniva conceduta in premio di servizi vaccinici una medaglia d’oro al dott. Lorenzo Mortola, e d’argento ai dottori Giuseppe Bacigalupo, Gio. Battista Garattini, Luigi Ghi-glini e Giuseppe Celle. Abbiamo pure che il Ministro della Pubblica Istruzione, con decreto dell’S d ottobie stesso anno, in seguito alla relazione del Giurì della IX Classe per la Esposizione didattica tenutasi in Napoli nell’occasione del Settimo Congresso Pedagogico, conferiva una medaglia d'argento alla Scuola Tecnica Orientale Municipale di Genova. (3). E per ultimo leggiamo nel Programma della Esposizione Agricola che avrà luogo in Genova nel marzo 1873, per cura del Comizio Agrario di questa città, che « gli espositori^ liguri concorreranno a premii consistenti in medaglie d argento, di bronzo », ecc. Ma di queste e di altre speriamo fornir contezza in un Supplemento che non può mancare. (’) Ved. Gazzetta di Genova del 12 agosto 1872. (s) Questa medaglia non reca però il nome della Società; ma è citata nts Atti della stessa, luglio 1872, pag. 46. (3) Ved. Gazzetta di Genova del 2 e 18 ottobre 1872. NOTA DELLE OPERE « CITATE CflMIi FONTI NELLA DESCRIZIONE DELLE MEDAGLIE Alcandro, o sia il Serenissimo Benedetto Viale, Doge . . . di Genova, coronato nella radunanza de’Pastori Arcadi della Colonia Ligustica; Genova, 1719. Alizeri Federigo, Notizie dei professori del disegno in Liguria, dalle origini al secolo. XVI, Genova, 1870-72. È tuttavia in corso di pubblicazione. Alizeri Federigo, Notizie dei professori ecc. dalla fondazione del-l’Accademia, Genova 1864-66. Volumi III. Alla memoria di Luigi Sauli, patrizio genovese, l’Accademia di belle lettere; Genova, 1789 (*). Un voi. Appendice alla Biblioteca Firmiana, contenente la raccolta di meda-daglie di uomini illustri; Milano, 1783. Un voi. Aiigelati Philippus, De monetis Italiae; Milano, 1750-59. Volumi VI. Avvisi, degli anni 1789, 1790, 1796. Genova. Atti del Quinto Congresso Pedagogico tenuto in Genova nel settembre 18G8; Genova. Un voi. Atti della Società Economica di Chiavari; Ivi, 1869 e 1S72. Atti della Società Ligure di Storia Patria; tomi IV e IX; Genova, 1866 e 1869.’ Banchero Giuseppe, Genova e le due Riviere; Genova, 1846. Volumi II. Becker Joseph Jacques, Description de la ... . collection de mé- (’} Vedansi per questa dala gli Amisi del 1789, a pag. 121. ( 690 ) dailles fiappées depuis les temps plus reculés jusqu’a nos jours; Amsterdam, 1854. Un voi. gerls Laurentius, Numismata Pontificum Romanorum aliorumque ecclesiasticorum rariora et elegantiora; Coln, 1704. Un voi. v AN0 ^UIGI Tommaso, Delle feste e dei giuochi dei genovesi. e . Archivio Storico Italiano, Terza Serie, voi. XV, pag. 474; Firenze, 1872. nincasa Bartolomeo, Descrizione della raccolta di stampe di S. E. H signor conte Jacopo Durazzo; Parma 1784. Un voi. i.iei Blattei f«r Miinz-Siegel-und Wappenlcunde; Berlino, 1808. vanni Philippi s, Numismata Pontificum Romanorum etc.; Roma, 1699. Volumi II. Bosm Luigi, Vita di Cristoforo Colombo; Milano, 1816. Un voi. icherius Columbus, Tabulae genealogicae Gentis Carrettensis; Vienna, 1/41. Un voi. Bulletin de la Societé Géographique de Paris; Parigi, 1855. anale Michele Giuseppe, Storia dell’Esposizione dei prodotti e delle manifatture nazionali fatta in Genova nel settembre del 1846; Genova, 1847. Un voi. Catalog der Ivunstsammlung des Freiherrn Cari Rolas du Rosey; Lipsia, 1863. Un voi. Catalogo del Museo Borghese. Ms. del 1784. Catalogo di monete, num. 9177; Lipsia, 1853. Un voi. Catalogo di ritratti e di medaglie di personaggi italiani, di cui ha fatta raccolta in Ferrara il conte Achille Crespi. Ms. del sec. XIX, presso di me. Catalogue de la grande collection de monnaies et médailles de M.r Leo-^ pold Welzl de Wellenheim; Vienna, 1844-45. Volumi III. Catalogue de monnaies ... et médailles des XV, XVI et XVII siè-eles etc.; Parigi, 1857. Un voi. Catalogue des médailles de l’histoire numismatique de Napoleon . . . depuis la bataille de Montenotte en 1796 jusqu’a nos jours; Parigi, 1840. Un voi. Catalogue des médailles modernes , . . de M. Poulhariés; Lione 1768. Un voi. Caucih A. R., Bullettino di Numismatica Italiana, anni 1867-70, Firenze, 1867-70. ( 691 ) Celesia Emanuele, Storia della Università di Genova del P. Lorenzo Isnardi, continuata fino a’ di nostri; Parte seconda; Genova, 1807. Un voi. Ciacconius Alphonsus, Yitae et res gestae Pontificum Romanorum et Cardinalium ; Roma, 1077. Volumi IV. Civiltà Cattolica, serie V, voi. Ili; Roma, 1862. Cordero ni San Quintino Giulio, Discorsi sopra argomenti spettanti a monete coniate in Italia nei secoli XIV e XVII. Nel tomo X, serie II, delle Memorie della R. Accademia delle Scienze in Torino; Ivi, 1847. Corriere Mercantile di Genova, anno 1867. Cottalasso Giuseppe, Saggio storico ecc. della città di Albenga ; Genova, 1820. Un voi. De Bie Jacques, La France métallique; Parigi, 1636; Un voi. De Boodt Anselmus, Symbola varia diversorum Principum; Praga; 1603. Un voi. De Brignali Nicolaus, Diversorum Cancelleriae ann. 1511-13. Cod. dell’Archivio Governativo. De Bry, Americae Rectio (dal Bossi). Durand Anthony, Médailles et jetons des numismates: Ginevra, 1805. Un voi. Durazzo Ippolito, Elogio storico di Cristoforo Colombo; Parma, 1781. Un voi. Elenco dei premiati nella Esposizione Industriale, aperta in Genova . . . nel febbraio 1854; Genova, 1857. Un voi. Ferro Giovanni, Teatro d’imprese; Venezia, 1633. Un voi. 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Projet d’un régieinent pour l’Académie de Gènes; Genova, 1806. Promis Domenico , Monete ossidionali del Piemonte edite ed illustrate. ( G94 ) Tvi ! 'im1'8 Mja zecca di gun,ì°' e ^c ^ conti e Rev„“11 v °; °g,,a’ 1772'73- Vo,"mi "• Rossi Gmm.1 “lm*"‘atlq“e Belge; Serie V, tomo IV; Brusselle, 1872. Rossi Girot ^°’ . °m del,a eittà cli Sanremo; Ivi, 1867. Un voi. 1868.^0 ^01°’ 6 ^ Grimaldi PrinciPi di Monaco; Oneglia, Rudolphus C a t? • rìicis t.) . ■ ■ 6Cen 1011S aev^ num^srnata virorum de rebus me- p mentorum memoriam servantia; Danzica, 18,2. ^ Meda‘17 qHBERG’ von SchuIthess-Rechberg’sche Munz-u. SE“n"Srm1^; ^esda, 1868-69. Volumi III. eÌL7eii* ^ermanici ius ac possessio in Genua Ligustica ^eiusque ditionibus; Annover, 1751. Un voi. Volumi II ° ^ArTJS1A’ brattato dell’arte epigrafica; Savona, 1813. a . • , 1 ARCELL0> Le medaglie dell'Accademia Ligustica di Belle Art! descntte ed iJJugtrate; Genoy^ ig67> ^ ^ S P emento al numero XXV della Gazzetta di Genova del 183L T:r° PAr MARIAj Museo-- - del signor canonico Manfredo Set-a, ecc.; Tortona, 1866. Un voi. e.auius numismatum modernorum Imius saeculi (ann. 1700-00), SuppWntum; Norimberga, 1710. Un voi. sconti NOtÌC6 SUr Une médailIe de PWIippe Maria Vi- sconti due de Milan; Parigi, 1816. Un voi. esor de numismatique et de glvptique, ou recueil général des mède P 1 moni^le^ Plerres gravées etc.; gravées sous là direction Paridi imi . ,00,re et ^)l,Pont> avec un texte par eh. Lenormant; gI I83^4- Vol"mi XX. Ved. i volumi oheraccl,indono : Me- ( 095 ) dailles italiennos; Mòdailles francaises; Médailles de la revolution francaise; Médailles de l’Empire francaise. Typotius Jacobus , Symbola varia diversorum Principum Sacrosanctae Ecclesiae; Praga, 1602. E la stessa opera, ediz. di Volfenbuttel, 1719, Un voi. Ughelli Ferdinandus, Italia Sacra; Venezia, 1717-22. Volumi X. Van-Loon Gerardus, Histoire metallique des XVII Provinces des Pays-Bas; Aja, 1713-37. Volumi V. Venuti Rodulphinus, Numismata Summorum Pontificum praestantiora ; Roma; 1744. Un voi. Verzeichniss der Miinzen-und Medaillen-Sammlung aus der Verlassen-schaft des Herrn Franz Joseph Freyhern von Bretfeld-Clumczansky ; Vienna, 1841-42. Volumi II. Zannetti Guido Antonio, Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia ; Bologna, 1774-89. Volumi V. Zucchetta Gio. Battista, Prima Parte dell’Arimmetica; Brescia, 1600. Un voi. Atti Soc. Lig. St. Patria. Voi. Vili, Fase II. 4G / INDICI! DELLE MEDAGLIE N. B. — In questo Indice e nei successivi i numeri corrispondono a quelli delle medaglie, salvo qualche raro caso nel quale sia indicata la pagina. Accademia degli Addormentati in Genova, 362. Accademia degli Industriosi ivi, 365. Accademia Imperiale ivi, 368,369. Accademia di commercio e marina del Portogallo, 451. Accademia Ligustica di Belle Arti, 219,242,245,248, 256,370 a 386. Adorno Antoniotto, doge di Genova, 157. Adriano V, papa, 7, 8. Aicardi Nicolò, 436. Albara Giuseppe, 225. Albergo dei Poveri in Genova, 413. Ambasciatore della Repubblica di Genova all’ Imperatore Ferdinando I pel Finale, 182. Aquisgrana (Paco di), 332. Arcadia Ligustica in Genova, 363, 364. Arco (Porta dell’) in Genova, 302. Arimmetica di G. B. Zucchetta, 178. Arrivo di Napoleone in Genova, 345. Arzeno. Vedi Collegio. Asili Infantili di Celle Ligure, 436; di Genova, 433, 434; e Lattanti. 444: di Novi-Ligure, 438 ; di Serravai le-Scri via, 437. i Assarotti Ottavio, 237. Assereto Girolamo, 186, 187. Avegno Caterina, 290. | Badano Giovanni, 266. Balduino Salvatore, 121. Balilla, 216, 217. Banca di Genova, 406. Barabino Alessandro, 254. Barabino Carlo, 226. Basso-Delia Rovere Girolamo, cardinale, 82. Bastione di san Tommaso, in Genova, 301. ( 098 ) Battaglia di Montenotte, 337. Battesimo del Re di Roma, 3-17. Benemeriti della salute pubblica, 352. Biancheri Giuseppe, 252. Bixio Cesare Leopoldo, 248 Boccardo Girolamo, 253, 254, 255. Bolle plumbee. Di Innocenzo IV, 6; di Nicolò V, 17; di Sisto IV, 32; di Giulio II, 65. Bombardamento di Genova, 316, a 326. Bonelli Gaetano, 394. Botta-Adorno Antoniotto, 223, 224. Bozzano Angelo, 430, 450. Bracelli Antonio Maria, 182. Bruzzone Girolamo, 264. Campofregoso. Vedi Fregoso. Carlo VI Re di Francia, Signore di Genova, 295. Carlo Alberto Re di Sardegna, 384. Carlotta, Regina di Cipro, accolta con altri personaggi liberalmente da Sisto IV, 21. Cattaneo Francesco, 355. Celle-Ligure. Vedi Asili Infantili. Cassini Gian Domen’co, 204 a 207. Chiavaresi (Voto dei) alla Madonna dell’Orto, 353. Chiavari. Vedi Società Economica. Chiesa dell’Albergo dei poveri in Genova, 312; dell’immacolata ivi, 357, 358. Chiodo Domenico, 257. Cholèra (invasioni del), 350 a 352. Clemente XIII, da alcuni ammesso fra i papi liguri, 74. Cibo Giulio, 170. Cibo Innocenzo , cardinale, 88 a 90. Cibo Odoardo, arcivescovo di Se-leucia, 110. Cibo Teodorina, 269. Cibo-Malaspina Alberico, 171, 172, 173. Cibo-Malaspina Francesco, 169. Cicala Giovanni Battista, cardinale, 94. Collegio Andrea D’Oria, 426, 427; Arzeno, 429; De Barbieri, 428; dei Gesuiti 420; Italiano delle ' fanciulle, 422; Militare, 416. Cristoforo Colombo, 132 a 138. Colonna Nazionale, 343. Combattimenti di Dego e Millesimo, 338. Comitato Ligure per l’educazione popolare, 425. Comizio Agrario di Genova, 391, e pag. 68S. Comune di Genova. Vedi Municipio. Conestaggio Girolamo, 148. Congresso Pedagogico in Genova, 400, e pag. 687. Congresso Tipografico di Bologna, 405. Corsica. Teodoro di Newkoff suo Re, 327; Sottomessa, 328; Ceduta alla Francia, 334, 335. Corvetto Luigi, 231. Costa Lorenzo, 243. Costaguta Gio. Battista, cardinale, 114. Costaguta Vincenzo., cardinale, 105. Crimea (Guerra di), 412. Cristiani Beltrame. 214. Dall’Olio Giovanni, 449. D’Andrade Alfredo, 386. Da Passano Girolamo, 210, 250. Da Vigo Battista, 147. G9!) De Barbieri. Vedi Collegio. Dego (Combattimento di;, 337, De Nervo Barone, 360. De Gregori Bernardo, 259, 2G0. De Marini Domenico, arcivescovo di Genova, 104. De Marini Leonardo, arcivescovo di Lanciano, 97. De Marini Tommaso, 179 a 181. De Paoli Pasquale, 220, 221. Del Carretto Alessandro, 1G7. Del Carretto Alfonso I, 158, 159. Dal Carretto Alfonso II, 165, 166. Del Carretto Carlo Domenico, cardinale, 87. Del Carretto Costanza, 272. Del Carretto Fabrizio, Gran Maestro della Religione di Rodi, 160, 161. Del Carretto Giovanni II, 162. Del Carretto Ippolita, 274. Del Carretto-Delia Rovere Orlando, arcivescovo, 86. Del Carretto-D'Oria Marco Antonio, 163, 164. Del Carretto-D’Oria Vittoria, 276. Del Carretto-D'Oria Zenobia, 277. Del Carretto Sforza Andrea, 168. Della Rovere Bartolomeo, cardinale, 81. Della Rovere Clemente, vescovo di Mende, 78. Della Rovere Francesco Maria I, 150 a 153. ■ Della Rovere Francesco Maria II, 154. Della Rovere Giovanni Francesco, arcivescovo di Torino, 85. Della Rovere Giuliano, cardinale, 27, e 75 a 78. Poi papa. Ved. Giulio li. Della Rovere Giulio Feltrio , cardinale, 95. De Negri Virginia, 280. Di Negro Gian Carlo, 240. Di Negro Stefano, 156. Discordie civili di Genova, 305 a 308. DoleraPantaleone, Prefetto dei Ministri degli infermi, 116 a 118. D' Oria Agostino, 190. D’Oria principe Andrea 1, 139 a 146. D’Oria Eleonora, 278. D’Oria Filippino 155. D’Oria Giovanni Andrea I, 183. D’Oria Girolamo, cardinale,92, 93. D’Oria Pagano, 184. D’Oria-Garaffa Livia, 285. Durazzo Jacopo, 222. Durazzo Girolamo, 227. Durazzo Maddalena, 287. Durazzo Marcello, 227. Elba (Porto dell’), 304. Epigrafe satirica sul Bombardamento di Genova, 326. Esenzione dalla Tassa sulle porte della città di Genova, 341. Esperimenti vulcanici del prof. Paolo Gorini, 439. Esposizione in Genova nel 1846, 392; nel 1854, 392 a 394. Esposizione Universale di Parigi del 1868, 397 a 399. Eutichiano (S.), papa', 1. Faipoult Carlo Guglielmo, 339. Ferrando Tommaso, 359. Ferreri Giuseppe, arcivescovo, 103. Ferrovia Ligure occidentale, 361. Fiere Carnevalesche e di Beneficenza, 440 a 444. ( Fiesclii Nicolò, cardinale, 84. Fiesclii-Adorno santa Caterina , 267, 268. Filippo III Re di Francia, erroneamente detto Signore di Genova, 294. Forte di santa Tecla in San Remo, 333. Fortezza dello Sperone, 300; di Gavi, 303. Fossa Antonio, 448. Franciosi Alessandro. Scuole.gratuite per le operaie da lui dirette, 431, 432. Fravega Giuseppe, 22S. Fregoso Battista, 131. Fregoso Giano, doge di Genòva, 149. Fregoso Paolo, cardinale, arcivescovo e doge di Genova, 83. Fregoso-Rangoni Costanza, 273. Garibaldi Giuseppe, 247. Gastaldi Girolamo, cardinale, 111. Gavi (Fortezza di), 303. Gentile Giacomo Filippo, vescovo di Novara, 128. Giubileo sotto papa Nicolò V, 11 a 14; sotto Sisto IV, 22 a 26. Giulio II, papa, 39 a 65. Giolfi Antonio, 219. Giovanni VI, Principe Reggente del Portogallo, 451. Giustiniani Benedetto, cardinale, 102. Giustiniani Vincenzo, Generale dei Domenicani, 99. Giustiniani Vincenzo, Marchese di Bassano, 199. GoriniPaolo. Ved. Esperimenti vulcanici. Grillo-Borromeo Clelia, 284. 700 ) Grimaldi Costantino, 211. Grimaldi Giovanni Battista, 192. Grimaldi Luca olim de Castro, 193. Grimaldi Nicolò, detto il Monarca, 177. Grimaldi Onorato II, Principe di Monaco, 202. Grimaldi-Ceba Nicolò, 177. Grimaldi-Matignon Onorato V, Principe di Monaco, 241. Guerra degli Austro-Sardi contro Genova, 329 a 331. Imperiale Giuseppe Renato, cardinale, 113. Incoronazione della Madonna di Lampedusa , 254 ; di Savona, 348, 349. Industriosi (Accademia degli), 365. Innocenzo IV, papa, 2 a 6. Innocenzo Vili, papa, 33 a 38. Interposizione della Spagna a favore di Genova, 323. Isola Giuseppe, 245. Issel Arturo, 254. Istituto Nazionale, 366, 367. Lambruschini Luigi, cardinale, 122 a 125, 417. Lattanti, 444. Lerc-ari Franco, 1S9. Lercari Nicolò Maria, cardinale, 120. Liceti Fortunio, 203. Liguria. Sua unione alla Francia, 344. Lomellino Angelo, 191. Lomellino Benedetto, cardinale, 98. Lomellino Giovanni Girolamo, cardinale, 106 a 108. Luigi XII Re di Francia, Signore di Genova, 298, 299. ( 701 ) Madonna di Savona, 309. Magra (Ponte sulla), 355. Malaspina Bernabò, 212 e pag G80. Malaspina Carlo, 208. Malaspina Eleonora, 272. Malaspina Ercole, 174. Malaspina Luigi, 239. Malaspina Manfredo, 215. Malaspina Marcello, 213. Massena Andrea, 229, 230. 1— I Medaglia decretata dal Quinto Congresso Pedagogico in onore del Municipio di Genova, pag. 687. Conferita a varii medici per servizi vaccinici, pag. 688 Id. alla Scuola Tecnica Orientale, ivi. Da coniarsi dal Comizio Agrario di Genova, per l’Esposizione del 1873, ivi. I Medaglia (Progetto di) per le campagne degli italiani in Francia nel 1870-71, pag. 687. Medaglie collo stemma Della Rovere , da battersi in Genova ad onore di papa Giulio II, 64. Medaglie dei Papi restituite, 74. Medaglie decretate dall’ Associazione Ligure di Salvamento, pag. 687. Medaglie nelle quali è notata l’età degli effigiati, 156,157,176,178, 182, 186,188, 191, 193. Millesimo (Combattimento di), 338. Millo Giacomo, 254. Monete (Progetto di) da fr. 80 e 100, ' 452, 453. Montenotte (Battaglia di), 337. Municipio di Genova, 397,398,400, 402 , 403. Mura di Genova, 310; di Roma, fatte costruire da papa Nicolò V, 10. Museo Principe Odone, 356. Negrone-Bracelli Isabella, 279. Nervi. Ved. Collegio A. D’ Oria. Newkoff Teodoro (di), re di Corsica, 327. Nicolò V, papa, 9 a 16. Novi Ligure. Vedi Asili Infantili. Oliva Paolo, Generale dei Gesuiti, 109. Olivari Giovanni Bono, 265. Olivari Ignazio, 412. Oneglia. Conflitto ivi colla flotta francese, 336. Orfanotrofio in Genova, 414. Pace di Aquisgrana, 332. Paganini Nicolò, 234 a 236. Pallavicino Alerame, Governatore del Conclave, 127. Pallavicino Giacomo Antonio , 130. Pallavicino Gian Luca, 218. Pallavicino Pier Francesco, vescovo d’Aleria, 96. Pareto Domenico, 244 e pag. 681. Patroni Lazzaro, 254. Peschiera Federico, 242. Pinello Domenico, cardinale, 101. Pinello Gian Vincenzo, 175. Pinello-Gherardi G. B. 176. Piramide innalzata in Roma a disdoro dei Corsi, 313 a 315. Podestà-Allegretti Giovanna, 258, 289. Polizia di Genova, 340. Ponte Gianicolense fatto costrurre da Sisto IV, 28. Ponte sulla Magra, 355. Porta dell’Arco in Genova, 302. Porto dell’ Elba, 304. ( Premii ai valorosi nella guerra contro il Duca di Savoia, 407 ; agli usseri del Collegio Militare, 416; agli studenti della Università, 423; diversi, 424; ai maestri più benemeriti, 425. Raggi Gio. Antonio, 232. Razeto Giovanni, 262, 263. Re di Roma. Yed. Battesimo. Reliquie di San Gio. Battista, 311. Repetto Giuseppe, 261. Repubblica Cisalpina, 342. Revello Nicolò, 258. Riboty Augusto, 251. Ricovero di Mendicità di Genova, in Paverano, 415. Ronco-Picasso Giovanna, 291, 292. Saliceti Cristoforo, 346. Salute (La) Giornale, 401. Saporiti Marcello, 238. San Remo. Forte di S. Tecla ivi, 333. Sansone-Riario Raffaele, cardinale, 79, 80. Santuario di Lampedusa, 354. Savoia (di) Principe Odone, 356,385. Savona (Incoronazione della Madonna di), 348, 349. Scaglia Cosma, 129. Scuole elementari di Genova, 402; di San Fruttuoso, 435; gratuite per le operaie, 431, 432; tecniche di Genova, 421, e pag. 688. Scuole Infantili. Vedi Asili Infantili. Seminario Arcivescovile in Genova, 417 a 419. Semino Bartolomeo, 233. Serravalle-Scrivia. Vedi Asili Infantili. 702 ) Sforza Lodovico Maria, Signore di Genova, 297. Sigillo del cardinale Giulio Feltrio Della Rovere, 95; del Ministero dell’interiore e delle Finanze, pag. 683. Siri Giambattista ed Alessandro, 201. Sisto IV, papa, 18 a 31, 447. Società del Tiro nazionale in Genova, 408 a 411. Società Economica di Chiavari, 389, 399, e pag. 688 ; di Savona, 390. Società Ginnastica Cristoforo Colombo, 430, 450. Società orto-agricola di Genova, 395, 396. Società Patria, in Genova, 387, 388. Sottomissione della Corsica, 328. Sperone (Fortezza dello), 300. Spinola Agostino, cardinale, 91. Spinola Ambrogio, 198. Spinola Battista, 194, Spinola Delia, 281. Spinola Federico, 195 a 197. Spinola Filippo, cardinale, 100. Spinola Filippo Carlo, 209, 210. Spinola Giorgio, cardinale, 119. Spinola Giambattista, 188. Spinola Giovanni Battista, cardinale, 112. Spinola Gio. Battista, cardinale, 115. Spinola Leonardo, 200. Spinola Marco Antonio, 185. Spinola Ugo, cardinale, 126. Spinola-Landi Placidia, 282 , 283. Staglieno Marcello, 256. Steriini per la Tassa sulle Porte della città di Genova, 341. Altri pel vino, il grano, ecc., pag. 684-85. ( 703 ) Storia della Reai Casa di Savoia pubblicata in Genova, 359. Tassa sulle Porte della città di Genova, 341. Tipografia Sordo-Muti in Genova, 404, 405. Torre al Varignano, 186. Unione della Liguria alla Francia, 344. Università di Genova, 423. Urbano VII, papa, 66 a 74. Usodimare Peretta, 270 , 271. Usseri del Collegio Militare, 423. Verdini Maria, 293. Visconti Filippo Maria, Signore di Genova, 296. Vieusseux Gian Pietro, 246. Zerbi Luigia, 286. Zucchetta Gio. Battista, 178. INCISORI ED ALTRI ARTISTI Andrieu, 344, 347. D. G., 256. Assereto Antonio, 310. Da Zoagli Pellegro, 301, 303. 1 De Filippi Antonio Maria, 372. Barre Albert, 229, 264, 266, 288, De Giovanni Giuseppe, 356, 386, 289, 291, e pag. 681. 395,396,408,409, 425, 428 a 430. Bartolucci G., 422. Denon, 337, 344. Bava, 355. De Paulis, 259, pag. 680. Borrel, 241. De Segueira Domenico Antonio , Bovy A., 235. 451. Brenet, 344. Breton, 318. F. M., 328. Fabris A., 237. Calvi G., 405. Fer. D. S. U. (Ferdinando da San- Camelio Vittorio, 21. t’Urbano), 205. * Canzani Domenico, 382 , 385 , 386, Ferraris, 236,253,391,303, 412, 420. 423. Ferraris G. 232 , 216 , 262 , 359, Caqué, 448. 402, 421, 449, pag. 680. Carbone Giovanni, 216, 426, 427, 434 a 43S. I. S., 325. Cerbara Nicolò, 63, 122, 123, 138, I. H., 114. 146, 234, 354 Cheron E., 109, 316. J. C. R , 328, 331. Chiossóne E., 356. Jeuffroi, 337. Citerni C., 208. Collareta G., 356, 383. H.,5. H. 0., 26S. H. V., Vedi Vassallo. . Hamerano, 105. Hamerano Gio., 114. Hamerano 0., 120. I L. I., 204. Lafìtte. 347. Lang I., 234. Lorenz H., 353. Lud. A., 191. Mal uberti L., 252. Martelli Filippo, 125. Massonet. 217. Mauger J., 317, 319, 321, 322. Mayer Leopoldo Maria, 370 a 372. Merlo Francesco Maria, ivi. Molart M., 316, 320. Nesti, 287. ' P. H. M., 31. P. P. R., 97, 179, 189,192. Interpretazione di queste lettere in Pietro Paolo (Galeotti) Romano, pag. 683. Pasinati, 348. Peruvier, 206. ( 70G ) | Piccioli, 126. Pieroni A„ 251, 257. 361. Pincret, 259, png. 680. Pisano Pittore, 296. Poggini Domenico, 304. Ponscarme H., 397, 398. Patinati F., 238, 239, 3S4, 389. R,, 318. R. P. F., 285. Raibolini Francesco, detto il Francia, 47, 51, 59, pag. 680. Roettiers O. N. figlio, 334, 335. Rogerone Antonio, 381. Schiaffino Francesco, 267. Selvi A. F., 116, 117, 215 Solari G. B., 137. Sperandio, 77, 81. Tessera Angelo, 387. Varni Santo, 423. Vassallo Girolamo, 227, 228, 286, 339, 341, 342, 345, 346, 36S, 369, 374 a 380, 388, 413, 451 a 453. Sigillo da lui fatto pel Ministero dell’Interiore ; e sue notizie biografiche, pag. 683-85. INDICE DELLE LEGGENDE A . BARABINO . G . BOCCARDO . A . ISSEL , G . MILLO . L . PaTRONJ. 254. A . BONO . MALVM 88. A . BOZZANO . IN . MEMORIA . AL . SOCIO. 430. A . DOMENICO . CHIODO . LA . SPEZIA - A . PIERONI . DA . LUCCA . F - 28 . agosto. 1869. 257 A . FERRANTE . TOMMASO . PER . L’EGREGIO . MAGISTERO . TIPOGRAFICO -XXII. APRILE . MDCCCLXVIII. 359. A . GEROLAMO . DA . PASSANO. 249. A . GIOVANNI . RAZETO . SECONDO . DI . BORDO . SALVÒ . LA . VITA . AD . UN . GIOVANE . ESPONENDO . LA . PROPRIA . 1850. 262. A . GIUSEPPE . BIANCHERI . PROPUGNATORE . NEL . PARLAMENTO . ITALIANO . DELLA . STRADA . DEL . ROJA. 252. A . GIUSEPPE . ISOLA . INVIATO . AL . CONGRESSO . DI . BRUSSELLE . MDCCCLVIII . 245. A . GREGORI . BERNARD . CAPITAINE . DE . NAV1RS . SARDE . POUR • AVOIR . SAUVÉ . DES . MARINS . FRANCAIS . EX . DAXC.ER . DE . PERIR . DANS . LES . FLOTS . - pincret. 259, e pag. 680. A . L’EMPEREUR . LES . BONNES . VILLES - PARIS - ROME . ET . AMSTERDAM -ANVERS . ALEXANDRIE . AIX . LA'. CHAPELLE . AMIENS . ANGERS . BESANCON . .....gènes.etc. 347. A . M . J . BRUZZONE . MÉDECIN - GÈNES - POUR . I.ES . SOINS . DONNÉS . AUX . BLESSÉS . FRANCAIS . 1859. 264. ( 708 ) A . MUK . ALLEGRETTI . JEANNE - GÈNES - POUR . LES . SOINS . DONNÉS . AUX . BLESSÉS . FRANCAIS . 1859. 289. A . M.MK • PICASSO . PRESID.'"' . DE . LA . SOC.” . DES . BLESSÉS - GÈNES - POUR . LES . SOINS . DONNÉS . AUX . BLESSÉS . FRANCAIS . 1859. 291. A . M.'IK . PICASSO . JEANNE . GÈNES. 292. A . M.aB . VERDINI . MARIE . GÈNES. 293. A . PAOLO . GORINI - 1872 - GLI . OPERAI . GENOVESI . AGLI . ESPERIMENTI . VULCANICI. 439. A . S . EXC . M “ . LE . COMTE . CORVETTO . MINISTRE . DES . FINANCES . LES FONCTIONNAIRES . DES . MONNAIES . MAI . 1817. - DOMINE . SALVUM . FAC . REGEM. 231. A . VIA . NE . TORSERIS. 84. ACADEM .LIGUSTICA. MDCCLVIII. 242. ACADEMIA . LIGUSTICA . BONARVM . ARTIVM . MDCCCLXII. 382, 385. ACADEMIA . LIGVSTICa . BONARVM . ARTIVM . MDCCCLXV . MERENTIBVS. 387. ACCINGE . GLADIO . TVO . SVPER . FEMVR . TVVM . POTENTISS. 32. AD . AD’ . D’ANDRADE . DELLA . SCUOLA . LIBERA . D’ORNATO .DIRETTORE mdccclxx. 386. AD . MELIORA. 162. ADRIANVS . V . PP . M. 7. AEDES . IN . LVDVM . LITTERARIVM . GRATIS . ADTRIBVTAE . INSTAVRATAE. 238. AEGROTANTIBVS. CIVIBVS . PRAESENTI. AVXILIO . SVBLEVATIS . MDCCCXXXV. 350. yET . an . xxvi. 186. ^ETERNA . VIRTVTE . PARANTVR. 93. AGOSTINO . D’ORIA . B . F . CORSICAM . REGENTE. 190. AI . MONUMENTI. D'iTALIA . AGGIUNSE . l’ ARSEVALE . DI . SPEZIA. 257. AI . BENEMERITI . DELLA . SALUTE . PUBBLICA. 352. AL . BARONE . DE . NERVO . BIOGRAFO . DEL . CORVETTO . IL . MUNICIPIO . DI . GENOVA . MDCCCLXIX. 360. AL . CONTE . FRANCESCO . CATTANEO . PROMOVITORE . INDEFESSO . DEL . PONTE . SU . LA . MAGRA . I. SARZANESI . RICONOSCENTI. 355. al.merito. 415, 434 a 436. AL . EE . VITTORIO . EMANUELE . II . DONANTE . IL . PRIVATO . MUSEO . DEL . PRINCIPE . ODONE . AL • COMUNE . DI . GENOVA . IL . MUNICIPIO . MEMORE . E CONOSCENTE . MDCCCLXVI. 326. ALEO.ET . ARCEO. 151. ALERAMES . EX . MARCHIONIBVS . PALLAVICINO . SACRI . PALAT . APLICI . PRAEFECTVS . ET . CONCLAVIS . GVBERNATOR . 1846. 127. ALIIS . SPRETIS . TE . SOLAM. 173. ALI.’ ITALICO - H . VASSALLO . F. 342. ( 709 ) ALLE . OPERAIE . PIÙ . DISTINTE. 432. ALLEGRETTI . GIOVANNA . 1854. 288. ALMA . ROMA . ANNO . IVBIL . 1475. 24. ALOIS . CARD . LAMBRVSCHINlVS . ABBAS . COMMD . FARFENSIS - NIC . CERBARA. 122. ALOISIO . LAMBRVSCHINIO . VIR. EMIN. PATRONO. PAVLO . DVRIO . ANTIST . PRAEF . VRBEVET. 124. ALOISIVS . LAMBRVSCHINlVS . CARD . EP . SAB . ABBAS . S . M . FaRF - NIC . CERBARA . F. 123. ALOISIVS . LAMBRVSCHINI . S . R . E . CARD . EPISC . SABINORVM- PHI . MARTELLI. f. 125. ALOISIVS . MALASPINA . A . S . NAZAR . MARCH. - PUTINATI. 239. ALOYSIAE . ZERBI . EXIMIAE . CHORALISTRIAE. - VASSAL.286. ALPH . II . PRINC . ET . VIC . PER . S . R . I . MAR . FINA . CLASTI. CO . 1564. 165. ALTA . ALATIS . PATENT. 278. AN . LOMELLINVS . DAVID . F . ET . B . CARD . FR . .ET . AN . LXV. - A . LVD . D. - 191 . ANDRE . MASSENA. - E . GATTEAUX. 230. ANDREAS . AB . AVRIA. - NIC . CERBARA . F. 146. ANDREAS . AVRIA . CLAS . PRAEF. 139. ANDREAS . AVRIA .P.P. 140. ANDREAS . DORIA .P.P. 141 a 143. ANDREAS . GVACIALOTIS. 16. ANDREAS . IVSTINIANVS . REIP . GENVENSIS . DVX . SEXTVS . A . LIBERTATE . RECVPERATA. 302. ANGLADIVS. 102. ANNO . A . NATIVITATE . SALVATORIS . DOMINI . NOSTRI . IESV . CHRISTI . MDLXX. 186. ANNO . DOMINI . M . C . D . LXXXIV. 33. ANNO .IVBILEI . MCCCCL . ALMA • ROMA. 11. ANNO. IVBIL . ALMA . ROMA. 1450. 13. ANNO . MCCCCLXXIIII. 81. ANNONA . PVBLICA. 42. ANTONIO . VICE . COMITI . AIMO . MED . ALEX . BOTTAE . ADVRNO . TIC . ALEX . CAVTIO . CREMON . AD . LEOPOLDVM . II. AVG . LEGATIS. 223. ANTONIOTTVS . BOTTA . ADORNO . MARCHIO. 224. ANTONIOTVS . ADVRNVS . AETATIS . AN . 40. 157-ANTONIVS . MARIA . BRACEL . AN . L. 182. APERVIT . ET . CLAVSIT . ANNO . IVBILEI . MDC. 101. ARCH . AVENION . ET . THESAV . GENERALIS . BONONIAJ3 . GVBERNATOR. 86. ARDEAM . DVM . LVCEAM. 281. ( 710 ) ARDVA . VIRTVTEM. 38. ARTIBVS . FOVENDIS . SOCIETAS . SAVONENSIS . MDCCCXXXIV. - O . GALEAZZI . f. 390. ARTIUM . CULTUI . ET . INCREMENTO. ACADEMIA . IMPERIALIS . A . MDCCCVIII. - H . VAS . F. 369. ARTIVM . CVLTVI . ET . INCREMENTO . SOCIETAS . PATRIA . MDCCLXXXVI. 387. ARTIUM . CULTUI . ET . INCREMENTO . SOCIETAS . PATRIA . MDCCLXXXVI. - H . VASS . F . 388. ARX . ALEX . LIBERATA . SVB . M . CARALIO . M . IO . MARTY . 1746. - ET. GENVA. -ATTAMEN . NON . SVFFICIT. 329. ASSERTORI . PONTIFICIAE . AVCTORITATS . ALTORI . INGENIORVM. 63. ASILI . INFANTILI . DI . GENOVA. 434. ASILI . INFANTILI . E . LATTANTI . 1870. 444. ASILO . INFANTILE . DI . SERRAVALLE-SCRIVIA. 437. ASILO . INFANTILE . NICOLÒ . AICARDI . CELLE-LIGURE. 436. ASILO . INFANTILE . NOVI. 438. ASSOCIAZIONE . AGRARIA . TORINO . XXV . AGOSTO . MDCCCXLII. - FERRARIS. 391. AV . VESTRO . PE*AR. - BARDI . MARCH . COMPLANI . COM . ET . BARONES . TVRBIGIQVE . DOMINI. 282. AVDITE . ME . TIMOREM . DOMINI . DOCEBO . VOS. 414. AUGVSTO . RIBOTY. - A . PIERONI . F . IN . LUCCA. 251. AVNQVE . OS . PESE 184. AVREA . CORONA . DECRETO . COLLEGII . CAN . BASIL . VATIC . PER ■ IACOB . PHIL . GENTILE . ANTISTEM . NOVARIEN DECORATA . MDCCCLVII. 128. AVREA . CORONA . DECRETO . COLLEGII . CAN . BASIL . VATIC . PER ■ IOANNEM . B • ARNALDI . ANTISTITEM . VRB . AN . M . DCCCXXXXV. 354. AVXILIVM . MEVM . A . DOMINO . MDXXIX. 156. AVE . DOMINA . ANGELORVM. 95. AVIS . ATAVISQVE . POTENS. MDCCCXXXV. 215. B . CATERINA . D . GENOVA. 267. B . NICOLAVS . DE . FLVE. 110. B . VIRGINI . IN . ECCLESIA . D . CAROLI . SACRVM. 114. BANCA . DI . GENOVA . 1844. 406. BAP . SPINOLA . D . SERRAVaLLIS. 194. BAPT . FVLGOS . IANVE . LIGVR . Q . DVX . PETR . DV . FIL. 131. BAPTEME . DU . ROI . DE . ROME . MDCCCXI. - ANDRIEU . FECIT . LAFITT ' DEL. 347. BATAILLE . DE . MILLESIMO . COMBAT. DE . DEGO. 338. BATAILLE . DE . MONTENOTTE . MDCCXCVI. 337. ( 7U ) BEATA . VIRGO . MARIA. 128. BELLI . ET . PACIS . AMATOR. 308. BENED . S . R . E . PRE . CARD . IVSTINIANVS .*BON . LEG . PAVLO . V . P . M . P. 102. BENEDICT . QVI . VEN1T . IN . NO . D. 40. BENEDICTVS . LOMELLINVS . S . R . E . CARD. 98. BERNABOVVS . V . MaLASPINA . S . R . I . FILACTER .ET . TERRAERVBR . M. 212 e pag. 680. BONIS . ARTIB . CONDITORI . AC . CIVI . B . M . TICINENSES . A . MDCCCXXXV. 239. BONIS . ARTIBVS . RELIGIONI . COLL . SOC . I £SV. - FERR ARIS. 420. BONON - MDCVC. 205. C . GUGLIELMO . FAIPOULT . LA . LIGURIA . RICONOSCENTE. - H . VASSALLO . F. 339. C . P . I . CHAM . DES . COMP . EN . BRA. 198. CAES . LEOP BIXIO . OB . IURA . ACADEM . IN . FORO. VINDICATA . MDCCCLX- 248. CAMERA . DI . COMMERCIO . DI . GENOVA - SCUOLE . TECNICHE - MULTEDO . BADANO. - G . FERRARIS . F. 421. CAPTA . SLVSA . CVM . PORTV . ET . TRIREMIBVS. 19 . AVG. 196. CAR . EM . D . G . REX . SAR . CYP . ET . IER. 329. CAR . MALASP . MAR . FOSD. - C . CITERNI . F. 208. CAR . S . P . AD . VINC. 75. CARLO . ALBERTO . RE . DI. SARDEGNA. - G . FERRARIS . F. 262 e pag. 680. CAROLVS . VI . DEI . GRA . FRANC . REX . CHRISTIANISS. 295. CEDVNT . TRIREMES . NAVIBVS . 1603. 135. CELERILÀ TE . ET . MORA. 277. v CESARIS . MAXIMIL . SEMPER . AVGV. 149. CHR . SALICETI . SCIENTISSIMA . BON . ARTIVM . PATRONUS - A . S . F. 346. CRISTOPHORO . COLOMBO. 132. CHRISTOPHORVS . COLOMB. - PETIT . F. 135 CHRISTOPHORVS . COLOMBO. - NIC. CERBARA. F. 138. CHRISTOPHORVS . COLVMBVS . GENVENSIS. 133. CHRISTOPHORVS . COLVMBVS . LIGVR . INDIARV . PRIM . INVENTR . ANNO . 1492. 134. oicioccxxxi. 119. CITA . APERITIO . BREVES . STERNAT . DIES. 23. CIVITA . VECHIA. 53 , 54. CLARIORA. 211. CLAVARENSES . A . DIRO . CHOLERA . SERVATI . VOVEBANT . ANNO . DOMINI . 1837. - H . LORENZ . F. 353. CLAVES . REGNI . CELORVM. 8. CLAVES . REGNI . CELORVM - S . PETRVS. 4. Atti Soc. Lio. St. Patria voi. Vili, Fase. II. i" ( 71*2 ) CLEMENS . DE . IiVVERE . ErS . MIMATEN. 78. CLEMENS . XII . P . M . A . VII. 268. CLOELIA . GRILLA . E . DVCIBVS . MONTIS . DRACONIS . COMES . BORROMEA . MATRONA. CL. 284. COLLEGIO . ANDREA . DORIA . NERVI . PRESSO . GENOVA. 426, 427. COLLEGIO . CONVITTO . DEBARBIETI . GENOVA. 428. COLLEGIO . CONVITTO . COMMERCIALE . ARZENO . NEL . PALAZZO . DELLE . PESCHIERE . GENOVA. 429. COLLEGIO . ITALIANO . DELLE . FANCIULLE . ISTITUITO . IN . GENOVA . LI . XI . NOVEMBRE . MDCCCL. 422. COLONIA . LIGUSTICA . D’ARCADIA. - RESPONDERE . PARATI. 364. COLONNA . NAZIONALE. - REPUB . LIGURE . GIORNO . PRIMO . ANNO . V. 343. COM . DELIA . SPINOLA . ANGOSCIOLA . ANN . LII . 281. COMES . PHILIPPINVS . D. 155. COGITATO . LIGURE . PER . L’EDUCAZIONE . POPOLARE . 1869. 425. COMUNE . DI . S . FRUTTUOSO. 435. CONCORD . ET . AMATOR PACIS . PON . MAX . PPP. 29. CONGRE . CLER . REG . S . PAVLI . DECOLL . S . PAVLO . APO . ET . 0 . SANCTIS. 102. constantia. 30. CONSTANTIA . FREGOSA . EX . RANGONIBVS. 273. • CONSTITVIT . EVM . DOMINVM . DOMVS . SV^E . ROMA. 26. CONTRA . STIMVLVM . NE . CALCITRES. 47. COR . EXEST . NVNQVAM . EX . CORDIS . REGINA . VOLANTVM. 192. CORSE . BASTIA . ALER . VECCHIO . BONIFACIO . ADIaCI . SAGON . CALVI . NEBI . S • fiOR. - ITALIE. - ILVO . PIOMBINO. 220. CORSICUM . FACINUS . EXCUSATUM . LEGATO . A . LATERE . MISSO . XXVIII. JULII. MDCLXIV. 314, COSMVS . MED . R . P . FLOREN . DVX . II. 304. Crimea. 1855.1856. 412. CRISTOFORO . COLOMBO. - G B . SOLARI . F. 136. CRISTOFORO . COLOMBO. - G . GIROMETTI . F. 137. CVRA . RERVM . PVBLICARVM. 28. D . O . M . HIERONIMVS . F . Q . M . IO . BAPT . VIVALDIS . AXERETI . FECIT . HANC . tvrrim. 186. B . 0 . M . SVM . D . BARTH . APOST . SACR . PP . CLER . REGV. 108. DEDIT . GLORIAM . IN . LOCO . ISTO . DEIPARAE . SIMVLACRVM . SAVONAE . SOLEMNI . RITV . CORONAVIT. 348. DEH ! . SIGNORE . SALVA. 194. DEMULCET . CURAS . REVOLUTIS . ARTE . CHOREIS. - GENUAE . MDCCXCVIII. 286. ( 713 ) DEO . AUSPICE . RESPUBLICA . GENUENSIS . INDECORJE . SERVITUTIS. IMPATIENS . EXCUSSO . HOSTIUM . IMO . PRAEDONUM . IUGO. etC. 330. DEO . ET . BEATE . VIRGINI. 161. DE . REG E . OPTIME . MERITO- 263. DEXTERA . DOMINI . FACIAT . VIRTVTEM. 69. DI • BENE . IN . MEGLIO. 169. 5. dicembre . 1746. 216, 217. DILEXIT. - CONIVGALIS . MONVMENTVM . AMORIS - R . P . F. 285. direction . de . génes. pag. 685. DIVO . PETRONIO . BONONIENSI . PASTORI . OPTIMO . PROTECTORI . MAX . HANC . BASILICAM . S . P . B. 106. DOCEBO . INIQVOS . V . T . ET . IMPII . AD . TE . CONVER. 76. DOMINE . ADIVVA . NOS . MODICE . FIDEI . QVARE . DVBITASTI. 25. DOMINIO . MARINVS . IAN . ANC . GVB 104. DOMINICO . PARETO . LEGATO • SABAVD . PIVM . IX . P . M . ROMA . EXTORREM . CAIETAM . SEQVVTO . A. MDCCCXLVIII. 244. DOMINICVS . S . R . E . CARD . PINELLVS . ARCHIPRESB. 101. DON . FED . LANDVS . PLAC . SPINOLA . SACRI . ROMANI . IMPERII . AC . VALLIS . TARI . PRINCIPES . IIII. 282. DORIA . ANDREAS. 145. DOS .IN . CANDORE. 121. DOTT . DALL’ OLIO . GIOVANNI . 1855. 449. DOiTS. REVNis. pag. 685. DVRABO. 88. DVRET . IN . EVVM. 82. DVX . ET . GVBERNAT . REIP . GENVjE . 1596. 187. DVX . ET . GVBERNATORES . REIP . GENVENSIS . 1626. 310. DVX . GVBERNATORES . ET . PROCVRATORES . SERENISSIMAE . REIPVBLICAE . GENVEN . ALEXANDRO . SEPTIMO .P.P. STEPHANO . CARD ' . DVRATIO . ARCHIEPISCOPO . ANNO . SALVTIS . 1657. 312. DUX . LIGURUM . ACCERSITUS . M . D . C . LXXXV. - BRETON. 318, 319. DVX . VALENT . PAR. FRANCIA . COM . CARLA . 1645. 202. ECCLESIA. 16, 29. ECCE . SIC . BENEDICETVR . HOMO. 36. EDUCANDO . SPERO. - E . BARTOLUCCI. 422. EFF . COSME . SCALIE . MCCCCLXXX. 129 EIVS . SEQVANT . QVE . SEQVIS. 129. ELEVABITVR . SVPER . COLLES . ISAIA . II . 1655. 107. ELIGE. 324. \ ( 714 ) EMPIRE . FRANCAIS .1807. 452 EMPIRE. FRANCAIS . 100. FRANCS. 453. EN . CVRAS . HOMINVM. 94. Ev • X'j!ÌCx) • £V)(;0£j3(ST(«. 17 1. ENTRATA . E . SORTITA . I.IRERA. 341. ESPOSIZIONE . ESTIVA . 1856. 395. ESPOSIZIONE . ESTIVA . 1857. 396. ESPOSIZIONE . DIDATTICA . DI . TORINO . A . GIROLAMO . DA . PASSANO. 250. Estote prudentes sicut serpentes, et simplices sicut columbae. Math. X, 16. 17o. ET BENEDICTI . ERVNT . QVI . AEDIFICAVERINT . TF. . TOT? . 13. 107. Et liabemus in cubo 172. ET . VETERES . REVOCAVIT . ARTES. 242, 373. ET . VETERES . REVOCAVIT . ARTES. 1751. 256. ET . VETERES . REVOCAVIT . ARTES . 1751. - CANZANI. 382, 385, 386. ET . VETERES . REVOCAVIT . ARTES . 1851. - COLLARETA. 283. ET . VETERES . REVuCAVIT . ARTES . 1753 370. ET . VETERES . REVOCAVIT . ARTES . 1758. 371. ET . VETERES . REVOCaVIT . ARTES . 1795. 372. ET . VETERES . REVOCAVIT . ARTES . ACADEM . LIGUSTICA . MDCCLVIII. 24.). ET . VETERES . REVOCAVIT . ARTES . ACADEMIA . LIGUSTICA . MDCCLVIII. 248. ET .VETERES . REVOCAVIT . ARTES . ACADEMIA . I.IGVSTICA . MDCCLVIII. - H . VASSALLO . f. 374 a 381. ETSI . ANNOSA . GERMINAT. 18. Etiamsi illi displiceat. 184. EX . UTRAQUE . SALUS . M . DCC . XLVII. 330. EXPOSITION . UNIVERSELLE . DE . MDCCCLXVII . A . PARIS. - RECOMPENSES. MUNICIPALITÉ . DE . GENES. 397, 398 EXPOSITION . UNIVERSELLE, DE . MDCCCLXVI. - POUR . SERVICES . RENDUS. SOCIÉTÉ . ECONOMIQUE . DE . CHIAVARE 399 EVTICHIANVS . I . PON. 1. F . D . SALVATOR . BALDVINVS . BARNABITA. 121. F . V. IVSTINIANVS . G . M . ORD . PR^ED. 99. F . FABRICIVS . DE . CARRETTO . MAGNVS . M . R 161. FACTA . COPIA . COELI. - FER . D . S . V. 205. FAMA . PAGANINI . NON . EST . PERITURA . PER . ANNOS. - A . BOVY . E- 235. FAVOR . OMNIBVS . IDEM. 222. 2.' . FEA . DU . CARLEVA . DE . ZENA . 1869. 442. FECIT . FVLCRA . DOMVS . DOMINI . BEATAE . MARIAE . VIRGINI . IMMAC MDCCCLXVIII . GENVAE. 358. * ( 713 ) FEDERICVS . LANDVS . PLACIDI A . SPINVLA . VALLIS . TARI . PRINCIPES . BARDI . MARCHIONES . COMPLANI . COMS. 283 FELICI . FAUSTOQ . ADVENTUI . Ili . KAL . JUL MDCCCV . S . P . Q . LIGUR. - M . 2. - h . v. 345. FELIX . QUEM . FACIUNT . ALIENA . PERICULA CAUTUM. - SECURIUS . BELLUM . pace . dubia . mdcxciii. 325, 326. FELIX . ROMA. 10. FERETRIA. 154. FESTA . DELLA . SOVRANITÀ . DEL . POPOLO . ANNO . II . REPUBBLI . 360. FIDEI . ET . VIRTVTI . ONELIENSIVM. 336. FIERA . DI . BENEFICENZA. - GENOVA. 444. 1.' . FIERA . FANTASTICA . DI . GENOVA . 1S68. 441. 3.v . FIERA . FANTASTICA . DI '. GENOVA. 443. FINANCES DU . VIN . DE . GÈNES. pag. 685. FINANZA . PORTE. - SOLDI . QUARANTA. 341. FINANZA . PORTE. - SOLDI . SEDECI. 341. FINANZA . PORTE. - SOLDI . QUATTRO. 341. finanza . vino. pag. 685. FINIBVS . LOMBARDIAE . AVSTRIACAE . ET . VENETAE . FELICITER . CONSTITVTIS. 244. FLORIFERIS . UT . APES . IN . SALTIBUS . OMNIA . LIBANT . OMNIA . NOS . - gl’ INDUSTRIOSI. 365. FOR . SAVING . THE . CREW . OF . THE . BRITISH . BRIG . NORMANTON. - FROM . THE . BRITISH . GOVERNEMENT . TO . CAPI"1 . DON . JOSE . REPETTO . OF . THE . SARDINIAN . BRIG . COSTANTINO . 1846. 261. FORTASSE . LICEBIT. 203. FORTUNIUS ’ LICETUS . MED . ET . PR . PRIM . PAT. 203. FRAN . DELLA . ROVERE . DI . SAVONA . M . CD . LXXI. 19. FRANC . MARIA . VRBINI . DVX . IIII. 151. FRANCISCVS . MARIA . VRBINI . DVX. 150. FRANCISCVS . MARIA . II . VRBINI . DVX . VI . ET . C. 154. FRANCISCVS . I . REG . VTR . SIC . ET . HIER . REX. 263 FRANCISCUS . MARIA. DORIA . GUBERNATOR . PRO . SER'1' . REPUB . ANNO . 1755 . 333. FRANCVS . LERCARIVS . R . CONS. - P . P R. 189. FVNDAVIT . ANO . IVBÌLEI . MDCLXXV. 111. GABELLA . GRANO, pag. 685. GALLIS . TERRA . PROHIBITIS . MARI . VEXATIS. 336. GAVDEO . FVTVRE . MVNITIONIS . MDXXXXI. 177. ( 716 ) GEN . RE. 73. GENOVA - G . BERTI . GAI.URA INC. 217. GENOVA. AGLI . SCIENZIATI . ITALIANI . 184(5. 137. GENOVA . AL . CAV . BONELLI . MDCCCLIV. 394. GENOVA . ALL’AGRICOLTURA . ED . ALLE . ARTI . NUTRICI . DEL . COMMERCIO G . GALEAZZI . F. 392. GENOVA . ALLE . ARTI . ED . ALL’ INDUSTRIA . MDCCCLIV. 393. GENUA. - H . VASSALLO . F. 3(58, 369, 388. GENUA. - fcjjela J?. 3S7. GENUA . LIBERATA . M . DCC . XLVII. 331 . GENUA . OBSEQUENS . DVX . LEGATVS . ET . DEPRECATOR . M . D . C . LXXXV. 320, 321. GENUA . PALATIN . RHENI . BELG . HISF. - ANIMIS . OPIBUSQUE . PARATI. 325. GENUAE . AN . D . MDCCCIV . REIPUBLICAE . LIGUR . VII. 228. GENUENSE . PTOCHOTROPHIUM . MERENTIBUS. - H . V . F. 413. GENUENSIS . ACADEM . IMPER . SCIENT . BONAR . ARTIUM . MDCCCVI. - PRAESIDI . DECUS. 368. GETS . DES . ESTATS . DE . NAMVR . 1696. 209. GETS . DES . ESTATS . DE . NAMVR . 1699. 210. Ttvc^ds . tpovLLxoi . eog . ot . orisiq . . axspxtoi . cog . a.i . ■Kspi^TBpa.i. l?o. GIO . PIETRO . VIESSEUX . D’ONEGLIA. - G . FERRARIS . F. 246. GIORG . CARD . SPINOLA . BON . A . LAT . LEG- 119. GIOVANNI . CARBONE . FECE. 216. GIVSEPPE . ALBARA . GENOVESE. 225. GIUSEPPE . GARIBALDI . NATO . A . NIZZA . NEL . 1807. >- MASSONET . ed. 247. GLANS . GENIVS . TAVRVS . SINGVLA . DICTA . IOVI. 1498. 85. GLORIA . GENVENSIVM . CIO . IO . CC . LIlI. 284. GLORIAE . MANENTI . FLOR . A . FVND . EXTR . A . CIO ■ IOCCXIII. 212-GLORIOSA . DICTA . SVNT . DE . TE . CIVITAS . DEI. 22. GREGORII . XVI . P . M . SVMMVS . CONSVLTOR . AD . NEGOTIA . PVBL . EXTERNA . ET . RERVM . SAC . EXTRAORDINARIA . DE . ECCLESIA . SABINORVM . OPTIME . MERITVS . MDCCCXLII. 123. GREGORIVS . XIII . PONT . MAX. 305 GREGORIVS . XVI . PONT . MAX . A . III. - GIROMETTI. 260. GREGORIVS . XVI . P . M . FRONTEM . REPARAVIT . M . DCCC . XLIIt. - O • GIROMETTI . F. 124 . GRIMALDI . CONSTANTINVS . S . C . CON. 211. GUERRA . PER . L’INDIPENDENZA . ITALIANA . 1860. 247. GUTTEMBERG . GASTALDI - SON . LUCE . FUOCO . CIVILTÀ . PROGRESSO. 405. ( 717 ) H . 0 . F • C . D . M . DE . MASSANES . EQVES . GALLVS . MDCC . XXXIV. 120. HADRIANVS . V . PONT . MAX. 8. HEC . DAMUS . IN . TERRIS . AETERNA . DABVNTVR . OLYMPO. 20. HIERO . AXERETVS . PR.EFECTVS . CORSIOE. 187. HIISRONIMVS . CONESTACIVS . MDX. 148. HIERONIMVS . S . R . E . PRESB . CARDIN . GASTALDVS. 111. HIERONYMO . DIGNO . MARCELLI . FILIO . MECOENATI . SUO . AMPLISSIMO GRATI . ANIMI . ERGO . FECIT DICAV1TQVE. - H . VASSALLO. 227. HOC . OPVS. 80. HONORATVS . II . D . G . PRINCEPS . MONOECI. 202. HONORE . V . PRINCE . DE . MONACO. - BORREL . F. 241. HORTVS . CONCLVSVS. - MARIA . PATRONA . INCOMPARABILIS. 353. HOS . ME . DIRIGITE . IN . LVCOS. 193. Ijumilitas. 114. HVNC . REGVNT . OMNIAQ . DOMANT. 189. I . DOMINIQ . CASSINI. - E . GATTEAUX. 208. I . DOMINICVS . CASSINI - PEUVIER . F. 202. I . P . OLIVA . SOC . IESV . PR . GEN . XI . PP . M . IV . A . SAC . CONC. 109. IACOBVS . ANTONIVS . PALLAVICINVS. 130. IACOBVS . DVRACIVS . IANVENSIS. 222. IANVS . II . DE CAMPO . F . DVX . IANVE. 149. IANVENSIB . OBSESSIS . OPPVGNATIS . DOMITIS . M . CC . LXXXV. 294. ILLOS . ET . GLORIFICAVA . MDCCXXXVII. - O . H. 268. ILLVMINARE . HIS. 117. ILLVMINAT . OMNEM . HOMINEM. 118. IMMACVLAT^E . CONCEPTIONIS . DEIPAR.E . TEMPLI. AD . AVERTENDAM . PESTEM PVBLICO . .ERE . DEVOTI . FVNDAMENTA . LOCABANT. 312. IMP . NAPOLEON . P . F . A . REX . ITaL. - H . VASSALLO . F. 345. IMPLEBIT . ORBEM. 112. * I . MR . S . * FVNDA . NOS . IN . PACE. 200. IN . ANTII . LITTORE . EXTRVCTA. 105. In cubo gralitudo. 1.1. IN . LEGE . DNI . MEDITABITVR . ET . FOLIVM . EIVS . NO . DEFLVE. 97. IN . MEMORIA . JETERNA . ERIT . IVSTVS. PSAL. 3. 17. 224. IN . MORA . ET . VELOCITATE. 271. IN . OMAGGIO . E • RICONO ' . AL . SUO . DIRET . A . BOZZANO. - ACCADEMIA 1871. 450. IN . ROMA 191. SOLEMNI . OPIFICORVM • PERICVLO . QVAESITVM . MERITIS . TEST1MONIVM TRIBVIT. 390. \ ( 718 ) IN . TE . DOMINE . SPERAVI . 173,S. 327. IN . VERBO . TVO. 74. INAUGURAZIONE . DELLA . FERROVIA . LIGURE . OCCIDENTALE. - A . PERENNE . MEMORIA . IL . CONSIGLIO . PROVINCIALE . DI . PORTO . MAURIZIO. 361. INCLINATA . RESURGIT 150. INGRESSVS . SVM . IN . INNOCENTIA . MEA. 35. INNOC . IIII . PONT . MA. 3. INNOC . P . p . x . IO . HIER . CARD . LOMELL1NO . LEG . HIER . BONCOMP . ARCHIEP . RP.ES1DE . etc. 106. INNOCENT . IV . PONT . MAX. 5. INNOCENTII . IANVENSIS . VIII . PONT . MAX. 35 . 37. innocentivs . mi . roN . max. 2. INNOCENTIVS . IIII . PONT . MAX. 4. INNOCENTIVS . PP . IIII. 6. INNOCENTIVS . VIII . PONT . MAX. 33, 34, 36. INOC . X . P . M . IO . IHERON . S . R . E . CARDIN . LOMEL1N . BON . LEG . D. 108. INSTITUTO . NAZIONALE . LIGURE. 367. IO . BAPT . S . CAES . CARD . SPINVLA . IA. 115. IO . BAPT . S . R . E . CARD . SPINOLA. 112. IO : BAPTISTA . ET . ALEXANDER . FRATRES . DE . SIRIS . NOBILES . SAONENSES . PATRITII . ROMANI ANNO . DOMINI . MDCXXXI. 201. IO . BAPTISTA . S . R . E . CARD . COSTAGVTVS . A . D . MDCC. 114. IO . BAPTISTA . SVCHETA . ASTATIS . 48 . AB . EIVS . ORTV . POST . CHRIST . 1550 . aprilis . 21. 178. IO . DOM . CaSSINVS . ARCHIGYM . BONON . PRIMAR . ASTRON . ET. R . ACAD. 205. IO . FRAN . RWERE . EPS . TAVR . ARCIS . HADRI . PREFCT. 85. IO . LVCAS . COMES . PALLAVICINVS . AVSTRIACAE . INSVBRIAE . GVBERNATOR . SVPREM. 218. IO . THOM . HENRIQ . CABRERA . ET . TOL . COM . MELEGAR . PRO . HISP . REG . IN . INSVB . IMP. - C . F. - 323. IOAN . BAPTISTA . SPINVLA . NAT . A . XXV. 188. IOANNES . BAPTISTA • GRIMALDVS - P . P . R. 192. IOANNES . BAPTISTA . PINELLVS . DE . GHERARDIS . VIR . NOBIL . GENVENSIS • DVC . AC . ELECTORIS . SAXONIAE . ET . CHORI . MVSICI . MGR • AETA . SU^E . 39. 176. IOANNES . CARDINALIS . MORONVS. 306 a 308. IOANNES . VINCENTIVS . PINELLVS . PATRICIVS . GENVENSIS. 175. 10SEPH . FERRERIVS . VICELEG . AVENION . A . D . MDCIX. 103. IOSEPHUS . FRAVEGA. - H . VASSALLO . F. 228. IPSE . FVNDAVIT . 1653. 108. ( 719 ) ISABELLA . NEGRONA . VXOIl . ;ET . AN . XXXXIII. 18*2. IVL . II . ARCIS . FVNDAT. 53 , 55. IVL . II . P . M . BONONIA . A . TYRANO . LIBERATA. 45. 1VL . CARD . NEPOS . IN . OSTIO . TIBERINO. 27, 447. IVL . EriSC . OSTIEN. 75. IVL . FELTRIVS . DE . RVVERE. 95. IVLIANVS . EPS . OSTIEN . CAR . S . P . AD . VINCVLA. 76, 78. IVLIANVS . RVVERE . S . PETRI . AD . VINCVLA . CARDINALIS . LIBERTATIS . ECCLESIASTICE . TVTOR. 77. IVLIVS . FELTR . DE . RVVERE . EP SCOPVS . ALBANVS . SANCTE . ROMANIE . ecclesiae-, cardi s’ 'lis . sancti . cristophori . castri . dvrantis . COMMENDATARIVS. 95. IVLIVS . II . LIGVR . SAON . PONT . MAX. 41. IVLIVS . II . PONT . MAX. - N . CERBaRA . F. 63. IVLIVS . LIGVR. papa . secvndvs. 3 , 40, 42, 44, 49, 51, 56, 58, 60 , 61, 62. IVLIVS . LIGVR . papa . SECVNDVS . mcccccvi. 43, 46, 59. IVLIVS . LIGVR . PONT . MAX. 50. IVLIVS . SECVNDVS . LIGVR . P . M. 47, 57. IVRI . REDDO. 55. IVSTITIA . ET . CLEMENTIA . COMPLEXE . SVNT . SE. 68. IVSTITIA . PACEM . COPIAM . PAX . ATTVLIT . 1579. 305. IVST.TIA . PAX . COPIA. 37. IVSTITIAE . PACIS . FIDEIQ . RECVPERATOR. 41. JOANNI . PORTUG . ET . ALG . PRINC . REG . BONARVM . ART . MECOENATI AUGUSTO . INGENII • SUI . SPECIMEN. - H . VASSALLO. 451. Kftl • £%0jU£V • tV ■ X'j/ìa. 172. L'ACCADEMIA . LIGUSTICA . DELLE . BELLE . ARTI. 386. L’ACCADEMIA . LIGUSTICA . DELLE . BELLE . ARTI . AL . SUO . STORIOGRAFO MARCHESE . MLL0 . STAGLIENO . 1869. - D . G. 256. L’ISTITUTO . DEI . SORDO-MUTI . IN . SIENA . MDCCCXXXXII . ALLA . MEMORIA DEL . PADRE . DEI . SORDO-MUTI . IN . ITALIA. 237. L’INSUBRIA . LIBERA . IX . LUGLIO . MDCCLXXXXVII. 342. LA . LIGURIE . RÉUNIE . A . LA . FRANCE . MDCCCV. 344. LA . REINE . DES . FRANCAIS . A . M \ LE . MARQUIS . JEAN . CARLO . DI . NEGRO A . GENES . LE . 20 . NOVEMBRE . 1837. 240. LA . SALUTE . GIORNALE. 401. LABOR . OMNIA . VINCIT . AB . A . MDCCCVI. - H. VASSALLO . F. 413. * ( 720 ) LAVRENTIO . COSTAE . DECVRIONI . AVSVM . COLVMBI . MVSIS . PATRI/EQ . TRADENTI . ORDO . GENVENSIS AN . MDCCCXLVI. 243. LEGGE . DELLI . 14 . GIUGNO . 1856. - BAVA . F. - PRESSO . SAN . GENESIO. 355. LEONAR . MARINVS ARCHIEPS . LANC. - P . P . R. 07. LEONARDVS . SPINVLA . DAP . F . VNVS . EX . GVB . F. E . SP.L* • S.TI . LVC. K . 1626. 200. LIBERTÀ . EGUAGLIANZA . MDCCCI . XIV . GIUGNO. 343. LIBERTAS . PVBLICA. 142. . LIGVRIA . SCEPTUO . GALLICO . LIBERE . SVBMISSA . MCCCCIII. 295. LIV A . AB . AVRIA . KARAPHA . S . R . I . ET . AMPHISSIENSIVM . PRINC . RAPTA . IV . KAL . FEB . CIO . IO . CCLXXVIII . AN . N . XXXIIII. 285. LODOVICO . DI . GIO . FR . MELZI . ERIL . E . MARIA . DURAZZO . F . NATO . A . 1820. - NESTI . F. 287. LOI . DU . 6 . FLOREAL . AN . 4.',K . DE . LA . REP. - LE . PEUPLE . FRANCAIS . a . l’armée . d’italie. 338. LOUIS . PHILIPPE . I . ROI . DES . FRANCAIS. - DE . PAULIS. 259 e pag. 680. LUD . XV . REX . CHRISTIANISS. - J . DUVIVIER . F. 331. LUD . XV . REX . CHRISTIANISS. - F . M. 328. LUDOVICO . DECIMO . QUINTO . PATRI . PATRI.®. - C . N . RÒETTIERS . FILIUS . f. 335. LUDOVICUS . MAGNUS . REX . CHRISTIANISSIMUS. - J . MAVGER . F. 317, 319, 321. LUDOVICUS . MAGNUS . REX . CHRISTIANISSIMUS. LI. 204. LUDOVICUS . XIIII . REX . CHRISTIANISSIMUS. - J . MAVGER . F. 322. LUDOVICUS . XIIII . REX . CHRISTIANISSIMUS. 315. LUDOVICUS . XIV . REX . CHRISTIANISSIMUS. 313 , 314. LUDOVICUS . XV . REX . CHRISTIANISSIMVS. - C . N . RÒETTIERS . FILIUS . F. 334. LVCAS . GRIMALDVS . AN . .ET . SV^5 . XXVII. 193. LVD . XII . FRANC . REX . IANVEQ . DOM. 298. LVDOVICVS . D . G . FRANC . REX . PAPIjE . C . ET . IANVyE . D. 299. LVDOVICVS . MA . SF . VICO . DVX . BARI . DVC . GVBER. 297. LVDOVICVS . MAGNVS . REX . CHRISTIANISSIMUS. - MOLART . F. 316. LVDOVICVS . MAGNVS . REX . CHRISTIANISSIMVS. - M . MOLART . F. 329. LVDOVICVS . MAGNVS . REX . CHRISTIANISSIMVS. - R. 318. LVMINARIA . VERE . FIDEI. 48. M . BABTISTA . RO . CHIRVRGICVS. 147. M . DC . XLI . XXV . MAJ. 311. M . MARCELLVS . MALASPINA . SEN . AVD . GEN . SENAR . NVNC . SVPEttS. S . B . V . F. 213. ( 721 ) MAGNIS . MARI . UEB . GESTIS . PATRI/E . REGNO . REGVSATO . LIBERTATE . LEGIBVS . CONSTITVTIS. 146. MANFREDVS . MALASPINA . FILACTERIyE . ET . TERR.ERVBR . MARCHIO . Q. - A . SELVI . F. 215. mansvetvdo. 98. MARCELLO . SAPORITI . MARCHIONI . CIVITAS . VIGLEVaN . CONSENSV . OPT . PIUNC. - F . PUTIN ATI. 238. MARCELLUS . DURAZZO . JANUEN . PATRIAE . BONARUMQ AllT . OPT . MERITUS. -H . VASSALLO . F . 1801. 227. MARCH . MARIA . DURAZZO . MARITATA . MELZI . ERIL . A . 1818. - NESTI • F. 287. MARCHESE . GIO . ANT . RAGGI . PRIMO . SEGRET . DI . FINANZE. 232. MARCVS . ANT DE . ORIA . EX . FAM . DE . CARETO . P . MELfHIAE . A ET . ANN . lix. 163. MARCVS . ANT . SPINOLA . COMES . TASSAROLI . 1567. 185. MARIA . DOMINA . NOSTRA . A . LAMPEDVSA . IN . ORA . LIGVR . FERDINANDO . A . SAB . R . P . DVC . IAN . IOANNES . ARNALDI . DEDIC. - NIC . CERBARA . F . ROM. 354. MARIE . AMELIE. - LOUIS . PHILIPPE ..I. ‘240. MASSENA . MARÉCHAL . DE . FRANCE . PRINCE . D’ESSLING. - BARRE . F. 228. MATER . MISERICORD . SAONAE. 309. MATER . MISERICORDIAE . SAVONAE . A . PIO . VII . P . M . SACRO . DIADEMATE . REDIMITA . 1815. 34 MDVIIII. 60. MDCXLVII. 105. ♦ ME . TViS . ORNARE. 274. MEDAGLIA . DI . PRESENZA. 406. MEMBRO . RESIDENTE . DELL’ INSTITUTO . NAZIONALE . (o ASSOCIATO) 366. merentibus. 378 , 379 , 382 , 383. MIHI . MEDELAM. 174. MINISTERE . DE . LA . MARINE ■ A . FOSSA . CAPITAINE . DU . NAVIRE . SARDE . LE . LUIDGI {SIC). - SERVICES . RENDUES . A . DES . MILIT'1’13 . FRANCAIS . 1855. 448. MINISTÉRE . DE . LA . MARINE . ET . DES . COLONIES . A . GIOVANNI . BADANO . CAPITAINE . DU . NAVIRE . ITALIEN . EMILIO . BARABINO . SERVICES . A . LA . MARINE . MARCHANDE . FRANCAISE . 1871. - BARRE. 266. MINISTÉRE . DE . LA . MARINE . ET . DES . COLONIES. - A . GIOVANNI . BONO . OLLIVARI . CAPITAINE . DE . LA . MARINE . MARUE . ITALIENNE *- SERVICES . A . LA MARINE . MARCHANDE . FRANCAISE . 1865. 265. MINISTERO . D’ AGRICOLTURA . INDUS. E . COMMERCIO . PER . LAVORI . STATISTICI. - COMUNE . DI . GENOVA. 403. ( 722 ) MINISTERO. D'AGRICOLTURA . INDUS . E . COMMERCIO . PER . LAVORI . STATISTICI . - BOCCARDO . GIROLAMO. 253. MINISTERO . D’ISTRUZIONE . PUBBLICA . AI . BENEMERITI . DELLA . EDUCAZIONE . POPOLARE. - SCUOLE . ELEMENTARI . DELLA . CITTÀ . DI . GENOVA. 1868. 402. MINISTERO . DELL’INTERIORE . E . DELLE . FINANZE - REP . LIGURE. - H . vas. pag. 685. MIRACVLVM . MEVM . IEHOVA . ANNO . 1604. 196. MODICE . FIDEI . QVARE . DVBITASTI . D . AD1VVA . NOS. 58. MOSTRA . DI . PRODOTT . DELL’ ARTE . DELLA . STAMPA. 405. NAPOLEON . EMPEPEUR. 452. NAPOLEON . EMPEREUR . 1807. - H . VAS . F. 453. NAPOLEON . EMP . ET . ROI. - ANDRIEU . F. 344. NAPOLEON . Ili . EMPEREUR. 265. NAPOLEON . Ili . EMPEREUR. - ALBERT . BARRE. 264, 289, 291. NAPOLEON . Ili . EMPEREUR. - CaQUÉ . F. 448. NAPOLEON . III . EMPEREUR. - H . PONSCARME . F. 397 a 399. NAPOLEONE . BONAPARTE . LA . LIGURIA . RICONOSCENTF. - H . VASSALLO . f. 339. NATVS . AN . MCCCCXLII . COGVRETI . AD . GENV AM . OBIIT . IN . VALLE . OLETI . APVD . HISPANOS . AN . MDVI. - SERIES . NVMISMATICA . VNIVERSALIS VIRORVM . ILLVSTRIVM . MDCCCXIX. - DVRAND . EDIDIT. 135. NATVS . AN . M . DC . XXV . PERINALDO . IN . NICAEAE . MASSILIENSIVM . COMITATV . OBIIT . AN . M . DCC . XII. - SERIES . NVMISMATICA . VIRORVM ILLVSTRIVM . M . DCCCXXII. - DVRAND . EDIDIT. 206. NATVS . GENVjE . PATRE . HVGONE . FLISCO . DE . COMITIBVS . LAVINIA pontifex, etc. 5. NATVS . SAVONAE . E . GENTE . ROBOREA . VVLGO . DELLA . ROVERE . PONT1FE electvs. etc. 31. NÉ. A .N:CE .EN .M. DCCLVIII. MORT.EN . VDCCCXVII. - GALÉRIE . METALLIQV • DES . GRANDS . HOMMES . FRANCAIS . 1822. 230. NE . CREDITE . BELGI - ALIQUIS . LATET . ERROR. 326. NE . EN . M .‘DC . XXV . A . PERINALDO . PRÈS . NICE . MORT . EN . M • DCC . XII GALÉRIE . METALLIQVE . DES . GRANDS . HOMMES . FRANCAIS . 1825. NE . QVID . NIMIS . M . D . LXXII. 188. NEC CITRA . NEC - VLTRA. 275. NEC . ICTV . NEC . IGNE. 166. NEL . SAPERE . E . NELLA . VIRTÙ . LA . FELICITÀ- 238. NIC . PAGANINO . FIDICINI . CVI . NEMO . PAR . FVIT . CIVIQVE . BENE . MERENTI A . M DCCCXXXII il. 236. ( 723 ) NICOLAO . PAGAMINI. - J . LANG . F- " VINDOBONA. . MDCCCXXVI NICOLAO . REVELLO . COERCITORI . INCENDII . MONETAE . GEN\E.'S NOV . MDCCCXXIX. 258. NICOLAVS . GRIMALDVS. 177. ..vn PRESB . CARDINALI» . NICOLAVS . MARIA . TIT . SS . IOANNIS . ET . LERCARI. - P . P . W. 120. NICOLAVS . PP . V. 17. NICOLAVS . PP . QVINTVS . TOMAS. 16. NICOLAVS . V . PONT . MAX. 9 , 10, 12, 13 , 15. NIL . ACTVM . CREDENS . DUM . QUID . SUPERESSET . AGENDUM. • ^ NOLLO . MORTEN . PECATORIS . SED . MAGIS . CONVERTATVR NON . CERNVNTVR . ET . ADSVNT. 100. NON . DEGENER . ADDAM. 153. NON . DEEST . GENEROSO . IN . PECTORE . VIRTVS. 152. NON . DORMIT . QVI . CVSTODIT. 140. 'NON . POTEST . ABSCONDI. 70. NON . VTITVR . ACVLEO . BEX . CVI . PAREMVS. 299 . NOVA . ORBIS . PARTE • VETERI . ADIECTA . VTRIVSQVE . COMMODIS 138. NVNQVAM . SICCABITVR . ESTV. 179. OB . CIVES . A . MORBO . SERVATOS . MDCCCXXX.V. 351. octroi. pag. 6.85. OCTROI . DE . LA . VILLE . DE . GÈNES. ÌVÌ. K XIT7T VET . 10//O. 11". ODOARD . CYBO . ARCH . SELEVC . NVNT . APS . AD . HL ^ ODONE . P . R . DI . SAVOIA . DUCA . DI . MONFERRATO. - E • CHI G . COLLARETA . INC. 356. ODONI . PRINCIPI . XVIII . KAL . FEBR . MDCCCLXIII. 3 OLIVARI . IGNAZIO . MARINARO. 412. OMNIA . FORTVN/E . COMMITTO. 183. OMNIBVS . GRATVS. 71. ONORA . COGLI . STVDI . LA . PATRIA. 400 , 401 , 424, 42o. ONORA . COGLI . STUDI . LA . PATRIA. - BOCCARDO • GEROLAJ ONORE . AGLI INSEGNANTI . BENEMERITI. 431. ONORE . E . GLORIA . ALLA . GIOVENTÙ • STUDIOSA. 429. ONORÒ . L ITALICO . NOME . LISSA. - MDCCCLXM. 251. OP . BAPTE . ELIE . DE . IANVA. 129. op . victoris . camelio . ve. 21 e pag. 680. OPVS . PISANI . pictoris. 296. OPVS . SPERANDEI. 77 , SI. ( 724 ) ORDO . DECVft . GENV. - FERRARIS. 23(5. OSCVLATE . SVNT. 49. P . C . F . D . SPIN . C . DE . BRVAY . M . DE . CAMP . GNL . GO . ET . C . G . DE . N. 210. P . C . F . DE . SPIN . C . DE . BROVAY . GO . ET'. CA . GNL . DE . N.". 209. P . DECRETO. 297. P . FRAN . PALLAVICINVS . EPS . ALERI.E . DESIG. 96. P . OTTAVIO . ASSAROTTI . DELLE . SCUOLE . PIE r A . FABRIS . D’UDINE . F. 237. P . P ANTA LEON . DOLERA. - A . F . SELVI . F. 116. PARCERE . SVBIECTIS . ET . DEBELLARE . SVPERBOS. 30. PARISIENSES . PRAEDICANT . ET . ORBIS . MDCCCXXXI . VERBA . DESUNT. 235. PASCAL . DE . PAOLI . GENERAL . DES . CORSES. 220, 221. PASCITE . QVI . IN . VOBIS . EST . GREGEM . DEI 59. PATRIO . ATHENyEO . MVNICIPIVM . GENVENSE . 1862. PATRONO . ECCL. . JANUENSIS . SEMINARIUM . JANUENSE. 417 a 419. PATRONO . OPT . S . P . SEPTEMPEDANVS . MDCCCXLIII. - VIRGINI . LVMINVM . SOSPITATRICI . COLL . BARNABITARVM . SACRVM. 125. PAVLVS . DE . CAM . FR . CAR . ET . DVX . IANVEN . XXXI. 83. PECVLIARES . AVDACIA . ET . VICTVS. 121 . PEDO . SERVATAS . OVES . AD . REQVIEM . AGO. 46. PER . QUARaNT’ ANNI . BENEMERITO . DELLA . CIVILTÀ . ITALIANA . COMPÌ ÈVA . L’OTTANTESIMO . DELLA .VI A . A . 29 . SETTEMBRE . 1859. 246. PERETTA . VSVSMARIS. 270. PERITURIS . SONIS . NON . PERITURA . GLORIA. 234. PETRE . PASCE . OVES . MEAS . S. 25. PHILIP- III . D . G . FRANCOR . REX . CHRISTIANIS. 294. PHILIPPVS . MARIA . ANGLVS . DVX . MEDIOLANI ETCETERA . PAPIE . ANGLERIE . QVE . COMES . AC . GENVE . DOMINVS. 296. PIVS . VII . P . M . AN . XVI. - PASINATI. 348. PIVS . IX . PONT . MAX. - N . CERBARA. 244. POEN^ . DE . CORSIS . SUMPT.E . POSITA . PYRAMIDE . MDCLXIV . ROMA. 313. POLIZIA. 340. PONS . CARREI . MVNIFICENTIA . PRINCIPIS . C . A . DE . VILLAREY . PROFECTO C . FORTIER . ARCH ° . 1838 - MONACO. 241. POP . QVIES . ET . SECVRITAS. 73. PORTVS . CENTVM . CELL^S. 51. POST . TENEBRAS . LVCEM. 50-POTIVS . MORI . QVAM . ABSTINERE. 159. PRAEMIA . VICTORIAE. 208. PRjEMIVM . VIRTVTIS. 407. ( 725 ; PRiESIDIVM . ET . DULCE . DECUS . IV . KAL . JUL . MDCCCII. - VASSALLO. 451 . PREMIATO . al . COSPETTO . DE . DOTTI D ITALIA • MDCCCXLVI. 392. PREMIO. 433, 437, 438. PROBANTVR . FORTES . IMPETV. 165. PROC . HONORIB . SS . DECESS . SVO . F . BORGIA. - F . CHERON. 109. PROTECTOR . MEVS. 157. PROV . RESTITVTA . RESCRIPTO . OPT . PRINCIPIS . CONVENTVS . INSVBR . ANN . MDCCXCI. 223. PROVIDENTIA . ET . FORTITVDINE . IANVa . SERVATA. 323. PUBBLICO . PREMIO . PER . DECRETO . DEL . COMIZIO . AGRARIO . DI . GENOVA. - ESP . 1845. 391. QUAESITUM . MERITIS. - H . VASSALLO. F. 371, 375, 381. QUAM . SUBLEVATAM . FINX . QUOD . AVELLATUR . FASCIA. - DICAT . VOVET . CONSECRAT . CORS . CONSULT . M . DCC . LXX. - C . N . ROETTIERS . FILIUS . f. 334, 335. QUANDO . VITTORIO . EMANUELE . II . INAUGURAVA . LA . VIA. FERRATA . LIGURE . SUBALPINA. 393. QVIBVS . VNVM . OPVS . EST . HORAT . CIO IO . CC . LIII. 218. QUINTO . CONGRESSO . PEDAGOGICO .ITALIANO . 1868. 255 , 400. QUOD . ERAT . IN . VOTIS . TEMPLUM . AD . HONOREM . MARI.E . S . POST . EIUS . IMMUNITATEM . A . LABE . PRIMEVA . SUPREMO ‘ ECCLESIA . JUDICIO . ADSERTAM . GENUENSES . MOLIMUR . XIV . KAL . JAN . AM . MDCCCLXVII. 357. * QUOD . LIBET . LICET. - GENUA. - LUXEMBURG . 1684. 324. QVOD . FELIX . PERPETVVMQVE . SIT . 1575. 190. QVOVSQVE . REGNET. 115. REBELLES . CORSICHE . MOTUS . COMPRESSI . M . DCC . XL . J . C . R. 328. REDEUNT . SATURNIA . REGNA. - VIRG . ECL . IV. - ANNO . MDCCXCVI . XVIII . KAL . JUL. - H . VASSALLO. 176 , 377. RDMS . BARTHOLOMEVS . DE . RWER . EPS . FERRARIEN . SIXTI . PP . IIII . NjEpos . & . c. 81. RELIGIONE . ET . CVSTODIA. 91. RELIGIONI . ET . STUDIIS . A . LAMBRUSCHINIUS . ARCHPUS. 417. RELIGIONI . ET . STUDIIS . FR . I . V . AIRENTI . ARCHPVS. 418. RELIGIONI . ET . STUDIIS . FR . P . M . TADINI . ARCHPUS. 419. REPUBBLICA . LIGURE, pag. 685. REPUBBLICA . LIGURE . 1805. ÌVÌ. RÉPUBLIQUE . FRANfAlSE. 266. RESERAVIT . ET. CLaVSIT . ANN . IVB . M . CD . L. 14. ( 72« ) RF.SrEXtT . BOMINVS . HVMIT.ITATEM. - I . H. 114. RESPICE . DOMINE . ET . PROTEGE. 114. REX . CAR . ALBERTVS. - G . GALEAZZI . F. 350, 351. REX . KAROLVS . ALBERTVS . AVG. - F . PUTINATI. 384. RIARIVS . RAFAEL . ANNOR . 27 . CARD . 1470. 79. RICOVERO . DI . MENDICITX . DI . GENOVA. 415. RISPETTO . ALLA . LEGGE. 340. RIVIERA . LIGVSTICA - COLONIA . DEGLI . ARCADI. - RESPONDERE . PARATI. 363. RIVOLI . ZURICH . GÉNF.S . ESSLING. - NÈ . A . NICE . EN . 1755. - MORT . EN . 1817. 229. ROMA. 72. ROMA. - G . P. 36. ROMA . DABIT . QVONDAM . QVAS . DAT . AVEN . CLAVES. 103. RWERE . ORLaNDVS. 86. S . C . BELTR . CO . CHRISTIANI . CONSIL . IMP . ET . REG . AC . T . INT . STaT . AVST . IN . ITAL . PLENIP . A . V . C. - CIO . IOCCXXXV. 214. S . MONTIS . VARALIS. - AN . XI . SAC . PRINC . PII . IX. 128. S . VINCENTIO . M . A . FVN . EXT . MDCXXII. 199. SALVS . INFIRMORVM. 267. SAPIENTI . ET . VIGILANTI. - PICCIOLI . F. 126. SBARCO . A . MARSALA . IL . 11 . DI . MAGGIO . PRESA . DI . PALERMO . IL . DÌ . 27 . CAPI . DI . CORPI. LA MASA . CARINI . STOCCO . CAIROLI . NINO BIXIO . ORSINI • ANFOSSI. 247. SCIÒ . REGINNA. 443. SCORSE . LA . DIANZI . FAVOLOSA . TERRA. 136. SCUOLE . GRATUITE . PER . LE . OPERAIE . INSTITUITE . E . DIRETTE . DA . ALESSANDRO . FRANCIOSI . GENOVA. 431 , 432. SCUOLE . INFANTILI . DI . GENOVA. 433. SECONDO . CONGRESSO . TIPOGRAFICO . ITALIANO . BOLOGNA . MDCCCLXVIIII . MOSTRA . DI . PRODOTTI . DELL’ARTE . DELLA . STAMPA 405. SECVRITAS . PUBLICA. 119. SEDE . VACANTE. 127. SEDEN . PAVLO .V.P.O.M.A.D. MDCV. 104. SEDI . ANNO . OCTO . DI . XX . OBIIT . XXV . MAR . MCCCCLIIII. 16. SEMINARIO . FARFENSI . CONSTITVTO . ANNO . MDCCCXXXVII. 122. SEMPER . HONOS . NOMENQVE . TVVM . TVTORI . FINIVM . MDCCXXXV. 213. SERENISSIMA . REIPVBLICAE . MVNVS . PVBLICVM. 311. SERVABO. 96. SIC . LVCEAT . LVX . VESTRA. 66. . ( 727 ) SINE.DVBIO. 100. SINE . FINE. 90. SIXTE . POTES. 30. SIXTVS . IIII . PONT . MAX. 18 , 23 , 24 , 20. SIXTVS . IIII . PON . M . ANO . IVBILEI. 22. SIXTVS . IIII . PONT . MAX . AN . IOBILEI. 25. SIXTVS . IIII . PONT . MAX . VRB . REST. 27, 447. SIXTVS . IIII . PONT . MAX . SACRI . CVLT. 19 , 20 , 21 , 30. SIXTVS . IIII . PONT . MAX . SACRI. CVLTOR. 28. SIXTVS . IIII . PONT . MAX . SACRI . CVLT . MCCC . I.XXXI. 30. SIXTVS . IIII . PONT . MAX. - P . H . M. 31. SIXTVS . PAPA . IIII. 32. SIXTVS . PP . IIII . VRBIS . RENOVATOR. 29. SOCIETÀ . DEL . GAZZETTINO . GENOVA .1.' FIERA . FANTASTICA . CARNOVALE . 1868. 440. SOCIETÀ . DEL . TIRO . FONDATA . NEL . 1852 . GENOVA. 408 , 409. SOCIETÀ . DEL . TIRO . NAZIONALE . IN . GENOVA . 28 . MARZO . 1852. 410 , 411. SOCIETÀ . GINNASTICA . C . COLOMBO . GENOVA. - AL . VALORE . GINNASTICO. 430. SOCIETÀ . GINNASTICA . CRISTOFORO . COLOMBO . GENOVA. 450. SOCIETÀ . ORTO-AGRICOLA . GENOVA. - DE . GIOVANNI. GIUS . F. 396, 395. SOCIETÀ . PEDAGOGICA . ITALIANA . TERZO . CONGRESSO . ITALIANO .1863. 249. SOCIETY . DO . SCIÒ . REGINN-A. 442. SOCIETAS . CLAVARENSIS . REI . AGRARIAE . COMMERCIIS . ET . OPIFICIIS . PROMOVENDIS . CIOIDCCLXXXXI. 389. SOLATVR . CONSCIENTIA . ET . FINIS. 164. SOPITOS . SVSCITAT. 362. spa . spe. 6, 17, 32, 65. SPLENDOR . VANESCENS. 272. SPONSVM . MEVM . DECORAVIT . CORONA . 1590. 67. STEPHANVS . DE . NIGRO . ANNO . AETATIS . SVAE . XXV. 156. STIMA . E . GRATITUDINE. 439. STAT . SVVS . NVNC . ARTIBVS . HONOR. - ACADEMIA . LIGVSTICA . MDCCCXXXII. - F . P. 384. SVB . AVSPICIS . INVITISSIMI . IMPERATORIS . RVDOLPHI . D . N . HOC . MONASTERIVM . CONDIDERVNT . DEDICATVM . SANTE . MARIE . A . S , 1599. 283. SVNT . HIC . SVA . PRAEMIA . LAVDI. 420. SVSTINE. 185. TANDEM . INHiERET . SPINVLIS . 1604. 198. Atti Soc. Lio. St. Patria. Voi. Vili Fase. II. 48 ( 728 ) TANTO . VIRO . AUSPICI . SUO . HIERONIMUS . VASSALLO . ffANC . GUATI . ANIMI . TESSERAM . EXCUDEBAT . DICABAT GENUAE . A . MDCCCV. 346. TEODORINA . CIBO. 269. TEMPLI . PETRI . INSTAVRACIO. 43. TEMPLVM . VIR . LAVRETI. 60. TERREOR . ASPECTV . DOMINI. 87. THEODORUS . I . D . G . REX . CORSICA. 327. THOMAS . DE . MARINIS. 180, 181. THOMAS . MARINVS . DVX . TERRAENOVAE. - P . P . R. 179. THVSCORVM . ET . LIGVRVM . SECVRITATI . ILVA . RENASCENS. 304. TIPOGRAFIA . SORDO-MUTI . DI . GENOVA. 403. TIPOGRAFIA . SORDO-MUTI . GENOVA. - G . CALVI . F. 405. TOMAS . LVGANO . DI . SARZANA . MCD . IIIL. 9. TRAXIT . DUXIT . DEDIT . 1604. 197. TRIBUTO . DI . RICONOSCENZA . DELL’ AUTORE. - FERRARIS . F . E . INC. 232. TV . DOMINVS . ET . MAGISTER. - EXEMPLVM . DEDI . VOBIS - G . CERBARA. 260. TVTELA. 57. URBANUS . VII . PONT . MAX. 309. VGO . S . R . E . CARD . SPINOLA. BONON . LEG . MDCCCXLII. 126. VLTOS . AVOS . TROIA. 298. VNA . SALVS. 116. VRBANVS . VII . PONT . MAX. 72 a 74. VRBANVS . VII . PONT . MAX . ANNO , I . 1590. 67 a 69. VRBANVS . VII . PONT . MAX . ANNO . I . MDLXXXX. 66. VT . GRAVIORA . AMCENIORIBVS . LENIRENTVR. 105. VT . SAPIENS . NAVTA. 120. VTROQVE . CLARESCERE . PVLCRVM. 158. V . SATVRN . SATELLITES PRIM . COGNITI . MDCLXXXVI. 204. VATICANVS . M. 43, 44. VATICANVS . MONS. 62. VENTIMIGLIA . OFFRE . MDCCCLXVI. - L . MALUBERTI. 252. VI . CONGRESSO . PEDAGOGICO . ITALIANO. 250. VI . CONGRESSO . PEDAGOGICO . ITALIANO. - ESPOSIZIONE . DIDATTICA IN TORINO. 1869. 404. VI . ET . RELIGIONE 167. VIA . IVL . Ili . ADIT . LON . M . ALTI. LXX . P . VATICANVS . P. 62. VIAS. TVAS . DOMINE . DEMONSTRA . MIHI. 139. VIBRATA . IN . SUPERBOS . FULMINA . GENV A . EMENDATA . MDCLXXXIV. 517. ( 729 ) VIBRATA . IN . SUPERBOS . FVLMINA . GENVA . EMENDATA . ANN . M . DC . LXXX1V - E.CHERON. 316. VICT.E . PEREMTO . SPINOLA . 26 . MAY. 195, 197. VICTAE . PEREMPTO . SPINOLA . 26 . MAY. 196. VICTORIA . D . G . BRITANNIARVM . REGINA . F . D. - VYTON . RA. 261. VICTRIX . CASTA . FIDES. 15. VIDET . ET . VOLAT. 276. VIGILANTIBVS. 92. VIN . ENTREPOT. pag. 685. VINCENTIVS . IVSTINIANVS. IOS . F . MAR . BASS. 199. VINCENTIVS . S . R . E . DIAC . CARD . COSTAGVTVS. - HAMERANVS . F. 105. VINCVNT . INDEBELLATV . RA. 1. VIGILATAE . MAJESTATIS . MONUMENTUM . ABOLITUM . PIETAS . OPT . PR . ERGA CLEMENTEM . IX . M . D . LXVIII. 315. VIRGINEA . DE . NIGRIS . DICTA . A . PA . jETA . AN . 47. 280. VIRTVS. 79. VIRTVS . SVPERAT . OMNIA. 130. VIRTVTE . ET. CONSTANTIA. 307. VIRTVTEM . EXTENDERE . PACTIS. 168-VIRTVTI . AVGVSTAE. 45. VITA . SVPERA. 77. VITAM . EXCOLVERE . PER . ARTES. - F . PUTINATI . F. 389. VITTORIO . EMANUELE . RE . D’ ITALIA. - A . M . INC. 352. VITTORIO . EMANUELE . II. - FERRARIS. 253 , 412. VITTORIO . EMANUELE . II . RE . D’ITALIA. - G . FERRARIS. 359 , 402, 403, 449. VITTORIO . EMANUELE . II - G . GALEAZZI . F. 288. VIVA . IL . SIGNOR . REGINA ! ! 441. VOLGI . GLI . STUDI . A . VIRTÙ. 418. VON . GVET . IN . BESSER. 170. VOX . DE . COELO. - ET . TENEBRE . EVM . NON . COMPREHENDERVNT. 306. I I W . VENEZIA . W . GENOVA. 440. WILHEL . Ili . D . G . MAG . BRIT . FRAN • ET . HIB . REX. - I . S. 325. I ___ - 1 ■ r-' \ DI UN MEDAGLIONE DI BONA. DI SAVOIA diario già stampati quasi per intero gli Indici che Precedono, allorché usci al pubblico la nona dispensa (*e|la più voitg encomiata opera del eh. Alizeri, Notizie f1 Profasori del disegno ecc.; nella quale, con mera-V1§lia e compiacenza grandissime leggemmo il documento di un medaglione di Bona di Savoia (‘). Il detto medaglione non ci riguarda proprio direttamente, ma ®° o per ciò che Galeazzo Maria Sforza, marito di Bona, In cj • ' 1^n°re di Genova, e più perchè quello straordinario pezzo d oro massiccio fu consegnato dai figli del qm. Ben-e 1 Sauli alla Zecca della nostra città, dove non tardò P0^ ^ermo a squagliarsi nei crogiuoli. Avremmo dunque 0 ^metterne il cenno alla comparsa di un Supple-’ se non si fosse trattato di tal cosa da intelaio al sommo tutti i cultori della Numismatica. (,) V0L h pag. 382. ( 752 ) Imperocché la medaglia in discorso è una delle sei che Galeazzo Maria fece fare intorno al 1471, e delle quali si legge il conto, in data del 3 marzo detto anno, pubblicato dal Muoni. Anzi dal calcolo istituito si rileverebbe essere la minore fra tutte, ivi indicata per la quinta e con queste parole: « Item una medalia con la effigia de • la nostra 111. Duchesa pex. m.r 153, onze 4, den. 12, vale ducati 10288 */2 » (*). Siffatte medaglie rilevavano in complesso a ducati 63488 7/16; e quattro di esse veggonsi poi riferite da Galeazzo medesimo, come esistenti nel suo Tesoro, in un diploma datato in Pavia il 4 marzo 1476: Quatuor medaliae aureae magni ponderis, valoris ducatorum circiter decem milia pro qualibet, quarum duae nostram et duae illustrissimae consortis nostrae effigiem sculptam habebant (2). Però la scritta che della presente medaglia ci ragiona parrà un mistero (cosi osserva lo stesso Alizeri), finché la Storia non ci rammenti i tesori spediti a Genova da Ludovico il Moro per aiutare le imprese di Carlo Vili. Nè taceremo quanto soggiunge il eh. Autore rispetto all’artefice del quale nel medaglione stesso leggeasi il nome; che fu Zanetto Bugatto pittore, valentissimo sopra tutti nel fare di ritratto, e per ciò appunto scelto da Galeazzo, fino dal 1467, a delineare le fattezze di Bona che era allora sua fidanzata. Or ecco senza piti il documento, che il cav. Alizeri ha (’) Muoni, Cenno sulla Zecca di Milano; nella Rivista della Numismatica Italiana, voi. I, pag. 361. Ved. anche Biondelli, La Zecca e le monete di Milano, pag. 135. H Ved. AIulazzani, Della Zecca di Milano; nella Rivista Europea del gennaio 18 44. ( 733 ) scoperto nel nostro Archivio Notarile fra i rogiti di Lorenzo Costa (<). Sul dosso del rogito: Intus est notatum instrumentum consignationis unius medaglie auri consignate Nicolao de Guirardis suprastanti Seche Communis Januensis per fthos heredes quondam Bendineli Sauli et socium B. Nel di dentro: Medaglia una auri in qua ab una parte sculpta est imago capitis et ab humeris supra unius mulieris et circum circa Utere legibiles que leguntur ut infra : BONA • VIGEGOMES • DVCISSA • MEDIOLANI • QVINTA • EIVS • VXOR • ab alia parte dicte medagie sculte sunt arbores tres pal-meiorum cum ziliis quatuor : in capite arboris ex dictis tribus existentis in medio Utere que leguntur ut infra: bona: et in capite aliarum duarum arborum alie litere que leguntur etiam ut infra: vice comes: et in medio dictarum arborum alie litere que etiam leguntur ut infra: dvcisa mli q vinta: et in fine: opvs • zaneti • pict. et ad pedes arborum predictarum litere que etiam leguntur ut infra • mit • zait. Omnibus notum sit sicut in loco infrascripto filii heredes qm. D. Bendineli Saidi et socius B. in pre-sentia mei Notarii publici et testium infrascriptorum consignauerunt dictam medagiam Nicolao de Guirardis qm. Vincentii suprastanti Seche Excelsi Communis Janue presenti et acceptanti dictam medagliam auri que ponderata per Bartholomeum de Plebe ponderatorem dicte Seche est in pondere libre centum terdecim uncia una et denarii duodecim (-). 1495 die veneris sexta (') Fogliazzo degli anni 1491-95. C) Abbiamo detto sopra che questa medaglia corrisponderebbe a quella che fu segnata a Milano col peso di marchi 153, once 4, denari 12. Difatti se pron- ( 754 ) nouembris in terciis in platea nobilium de Marinis nunc solite habitacionis Joannis Clot atamani : Testes Ambrosius Picus qm. Jeronimi dictus Joannes Clot Petrus Baptista de Vercio qm. Bauli Gregorius de Magnanis qm. Baptiste et Joannes d.e Illixùt alamanus iuuenes dicti Joannis Clot. diamo per base gli attuali pesi di Milano e di Genova, i quali per questa città non diversificano certamente, e por quella eziandio crediamo non debbano diversificare dai pesi del secolo XV, abbiamo elio il marco di Milano risponde a gr. 234. 9973, o la libbra di Genova a gr. 316. 75 (Ved. Rocca, Pesi nazionali e stranieri, pag. 57-58). Perciò marchi milanesi 153. 4. 12 equivalgono a chilogr. 36. 086, 77; e libbre di Genova 1 13. 1. 12 formano chilogr. 35. 832, 34. Fra i due pesi non vi ha quindi che la differenza di gr. 254, 43, cioè di circa un quarto di chilogramma; e la differenza si spiegherebbe abbastanza riflettendo che a Genova si doveva essere ben più severi nel pesare, ricevendo la medaglia in consegna, che non a Milano alla Corte del Duca. Poniamo i surriferiti riflessi nel novero di quelli che son dovuti alla cortesia non meno che alla dottrina del nostro egregio amico cav. Desimoni. FINITA DI STAMPARE LA PRESENTE DESCRIZIONE DELLE .MEDAGLIE IL XXVIII NOVEMBRE MDCCCLXXII. f RAFFRONTI STORICI SUI PROVVEDUTI SANITARI! ASTICE! E NUOVI NEL PORTO DI BRINDISI LETTERA DEL SOCIO PROF. ANGELO BO AL PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ Iella nell'adunanza generile dei 14 luglio 1872. Chiarissimo ^ignore, La S. V. Illustrissima colla graziosissima sua dei 20 corrente mi fa r onore d’invitarmi a leggere dinanzi a cotesta illustre Società di Storia Patria alcune notizie, che ho raccolte nell’occasione di un recente mio viaggio a Brindisi, per adempiere ad una missione datami dal Governo del Re diretta ad uno scopo puramente sanitario. Per la grande perspicacia di mente che Ella possiede, ha forse veduto che anche ragionando di sanità pubblica non si andava cosi discosti dallo scopo nobilissimo che la nostra Società si prefìgge, che è quello di farci rimontare alle istituzioni civili de’ tempi trascorsi per ritrarne utili ammaestramenti ai presenti che hanno ancora da quelle molto ad imparare; avvegnaché il progresso non consiste già nel correre sempre innanzi con lena più o meno affannata , ma nel soffermarsi sovente a guardare il passato e a tener conto dell’eredità degli avi nostri, verso i quali ci mostriamo sovente immemori o sconoscenti. ( 758 } r^eiciò avviene molte volte che antiche tradizioni sieno S, 111 °bll°’ c,ie Pure tornerebbero utilissime a’ dì 1,0 ° lc ^ei troPPo correre siasi abbandonata la buona stri ^ S6fU^110 a^re più perigliose od incerte. La no-a bn °Ttà lesP*n»e Affatto progresso, e perciò merita n ntto la grande fama di cui gode tra quante se »e contano di tal fatta in Italia. fratt*1<3* a^UIIe m°lti fatti a sostegno di quanto affermo, con^m a^)Unto dall’ordine di quegli studi ne’ quali ho a mnri^r ^laU Par^e c^e^a mia vita. Non tutti sanno, 0,ej.j. C° 1 esemPio, che Genova nostra fu la prima a mariTr 6 foiKlamenta di quel mirabile sistema sanitario monrì lm